Le norme alimentari

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Le norme alimentari
Nella Torah sono presenti criteri che regolamentano l’alimentazione ebraica, che classifica i cibi in proibiti o leciti
– kashèr o kósher – dando vita all’insieme di norme alimentari detta kasherut. Esse hanno soprattutto un significato educativo
in quanto “insegnano che ogni bene è dato da godere all’uomo non deve essere goduto direttamente, senza riflessione, ma
dopo avere in qualche modo considerato il significato dell’atto che compie.” (Riccardo Di Segni, Regole alimentari ebraiche,
p.28)
Principalmente le regole alimentari ebraiche permettono il consumo degli animali di terra con l’unghia fessa e la ruminazione, i
volatili, tranne i notturni e i rapaci (e tutti coloro che abbiano la zampa artigliata). Sono inoltre kósher gli animali d’acqua che
abbiano pinne e squame; sono quindi proibiti crostacei e frutti di mare. Caratteristica comune a tutti i tipi di animali è la
condizione della loro perfetta sanità. Sono invece illeciti tutti gli animali che strisciano e quasi tutti gli insetti, ad eccezione di
quelli che saltano, come cavallette e locuste, ma solo in situazioni estreme.
Gli animali, esclusi i pesci, devono essere uccisi secondo la procedura della shechitàh, atta a eliminare più sangue possibile.
Essa consiste nel taglio della trachea e dell’esofago, con una lama affilatissima, che non deve avere nessuna intaccatura.
Inoltre, per accertare l’eliminazione del sangue, ci sono due modi principali: la salatura e l’arrostitura. La salatura consiste nel
lavare la carne e cospargerla di sale per circa un’ora, permettendo così al sangue di fuoriuscire; l’arrostitura elimina il sangue
grazie alle alte temperature, con l’accortezza che esso non venga raccolto nel recipiente che contiene la carne, per questo si
usa spesso il barbecue.
Inoltre non è lecito consumare la carne e il latte (o latticini) nello stesso pasto, sulla base di un versetto del Deuteronomio che
recita:
Non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre.
( Dt 14,21)
È necessario, inoltre, che passino almeno sei ore dal consumo di uno dei due alimenti prima di potersi cibare dell’altro. Alcuni
fedeli preferiscono utilizzare recipienti e stoviglie distinti.
È anche preferibile non cibarsi di pietanze preparate con carne e pesce insieme. La frutta e gli ortaggi sono tutti considerati
kósher. Unica norma a riguarda è la proibizione di mangiare il primo frutto di un albero; questa particolare restrizione è
giustificata dall’idea che al Signore spetti ogni primogenito e quindi anche il primo frutto.
Il consumo di bevande alcoliche è lecito ma viene considerato kósher solo vino prodotto secondo una lavorazione rispettosa di
tutte le norme ebraiche, dal momento della spremitura dell’uva fino all’apertura della bottiglia.
Il certificato che attesta il rispetto delle norme alimentari ebraiche viene chiamato teudà.
Il Cristianesimo, sebbene nato dal ceppo ebraico, non ha fatto propri i divieti alimentari
della Torah. Gesù dice:
Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose
che escono dall’uomo a contaminarlo.
(Mc 7:14)
Nella prima lettera ai Corinzi San Paolo affronta ancora il tema del cibo, soffermandosi sulle carni “immolate al sacrificio”:
Tutto è lecito! Ma non tutto è utile! Tutto è lecito! Ma non tutto edifica. Nessuno cerchi l’utile proprio, ma quello altrui. Tutto ciò
che è in vendita sul mercato, mangiatelo pure senza indagare per motivo di coscienza, perché del Signore è la terra e tutto ciò
che essa contiene. Se qualcuno non credente vi invita e volete andare, mangiate tutto quello che vi viene posto davanti, senza
fare questioni per motivo di coscienza. Ma se qualcuno vi dicesse: “È carne immolata in sacrificio”, astenetevi dal mangiarne,
per riguardo a colui che vi ha avvertito e per motivo di coscienza; della coscienza, dico, non tua, ma dell’altro. Per qual motivo,
infatti, questa mia libertà dovrebbe esser sottoposta al giudizio della coscienza altrui? Se io con rendimento di grazie partecipo
alla mensa, perché dovrei essere biasimato per quello di cui rendo grazie?
(I Co 10:25-30)
Ci sono inoltre alcuni accorgimenti che prevedono l’attenzione verso ciò che gli altri considerano lecito o meno. Nella sua
epistola ai Romani, Paolo scrive:
Io so, e ne sono persuaso nel Signore Gesù, che nulla è immondo in se stesso; ma se uno ritiene qualcosa come immondo, per
lui è immondo. Ora se per il tuo cibo il tuo fratello resta turbato, tu non ti comporti più secondo carità. Guardati perciò dal
rovinare con il tuo cibo uno per il quale Cristo è morto! Non divenga motivo di biasimo il bene di cui godete! Il regno di Dio infatti
non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo.
(Rm 14:2-4, 14-17)
Va detto però che, nel complesso panorama cristiano, esistono alcuni filoni, come quello avventista, che scelgono di sostenere
un’alimentazione lacto-ovo-vegana.
Questa pratica si fonda su quanto scritto nel libro della Genesi, dove si afferma che inizialmente l’indicazione divina era di
cibarsi prevalentemente di vegetali e frutta:
Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto che produce seme: saranno il
vostro cibo. (Gen 1, 29)
Successivamente, a causa delle colpe di Adamo ed Eva, del fratricidio di Caino e del diluvio universale, termina l’era in cui gli
uomini erano vegetariani e così Dio sigla una nuova alleanza con Noè:
Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le erbe verdi. Soltanto non mangerete la carne con la
sua vita, cioè il suo sangue. (Gen 9, 34)
Tuttavia, questa non sembra essere una concessione benevola, ma una conseguenza inevitabile del comportamento negativo
del genere umano. Il mangiare carne sembra un allontanamento da quella condizione privilegiata in cui vivevano Adamo ed Eva
nel paradiso terrestre.
Nell’Islam la moderazione nel cibarsi viene prescritta dal Corano:
Mangiate e bevete ma senza eccessi, ché Allah non ama chi eccede.
(Sura VII, 31)
È possibile mangiare animali, ma evitando lo spreco, perché essi sono utili e funzionali all’ordine del mondo:
Il bestiame lo ha creato per voi; vi dà calore e profitto, vi dà nutrimento. La sera quando tornano alla stalla, la mattina quando
vanno al pascolo, sono per voi spettacolo bello da vedere. Trasportano i vostri carichi in paesi che non raggiungereste senza
affanno degli animi, poiché il vostro Signore è buono e pietoso: cavalli, muli ed asini per cavalcatura e per ornamento, e altre
cose che non conoscete neppure, Egli crea. (Sura XVI, 5 – 8)
Il Corano impedisce il consumo di alcune carni, nominando con precisione quella del maiale, di rettili, anfibi, rapaci, insetti e
animali che posseggono denti canini, se non in caso di estrema necessità: Come già visto, inoltre, proibisce che vengano
consumate le carni sulle quali non sia stato invocato il nome di Dio. Da questo derivano una serie di norme alimentari che
stabiliscono che è halal, lecito, e ciò che è haram, interdetto:
Esclama: Non trovo soggetto di haram per un degustante, che li voglia assaporare, nei cibi cui mi viene fatta menzione durante
la rivelazione, salvo l’animale morto sa solo, il sangue sparso e la carne suina o dell’abominio su cui sia stato invocato altro
nome se non quello di Dio. Ma chi fosse obbligato a servirsene per necessità improrogabile senza essere, per questo, ribelle o
trasgressore, dal Signore sarà perdonato, che è abbondante nella misericordia” . (Sura VI, 146)
Non ci sono particolari divieti per piante, frutti e semi. Sono permesse tutte le creature acquatiche dotate di squame tolte
dall’acqua ancora vive, quindi non morte per cause naturali.
Sono considerati halal gli animali di terra con lo zoccolo fesso, come mucche, cammelli, pecore e capre. È possibile cibarsi
anche di animali selvatici come gazzelle e cervi. È permesso il consumo degli uccelli ricoperti di piume che non posseggono
artigli, come il pollo e il tacchino.
Tutti gli animali considerati leciti devono però essere uccisi secondo la macellazione rituale halal, che implica il taglio
simultaneo della giugulare, carotide e trachea, con un coltello di ferro molto affilato. Il gesto del taglio viene chiamato tadhkiya.
Inoltre, seguendo le indicazioni contenute nella Sunna, colui che compie l’azione della macellazione deve essere musulmano,
pronunciare il nome di Allah nel momento del taglio, accertarsi della fuoriuscita del sangue. L’animale, invece, deve mostrare
buoni segni di vita ed essere in salute al momento della macellazione ed essere rivolto verso la Ka’baa (Mecca).
È bene inoltre osservare alcuni atti quando si è a tavola, come quello di raccogliere e mangiare i pezzetti di cibo che
eventualmente
cadono
sulla
tovaglia,
masticare
a
lungo,
usare
la
mano
destra.
Non è opportuno, ad esempio, soffiare sul cibo per raffreddarlo, gettare un frutto senza averlo completamente mangiato e
sbucciare la frutta che è possibile mangiare con la buccia.
Le bevande alcoliche sono proibite:
Ti chiederanno del vino e del gioco d’azzardo. Di’: “in entrambi vi è grande peccato, unito ad un piccolo vantaggio per l’essere
umano; ma il male è molto maggiore del vantaggio”.
(Sura II; 219)
Viene quindi considerato intossicante bere alcolici, così come è haram mangiare a una tavola dove essi vengono serviti.
Nel Buddhismo non esistono veri e propri divieti riguardo il cibo, bensì
raccomandazioni. Anche se non è direttamente prescritta, l’astensione dalla carne è considerata come un valore finalizzato a
salvare la vita a un essere senziente:
Mangiare carne spegne il seme della grande compassione. (Mahaparinirvana Sutra)
Nel 55° discorso del Buddha, tratto dal testo Pali, egli parla in maniera negativa del consumo di carne, specie se “visto, sentito
o sospettato”, quindi quando il cibarsi di animali è un atto consapevole.
Inoltre è bene evitare di alimentare meccanismi di eccessiva commercializzazione del cibo, come ricorda una frase del XIV
Dalai Lama:
Gli animali uccidono solo quando hanno fame e questo è un atteggiamento assai diverso da quello degli uomini, che
sopprimono milioni di animali solo in nome del profitto.
Vi sono quindi diverse interpretazione del principio buddhista di astenersi dall’uccidere o nuocere altri esseri viventi. C’è chi
scegli uno stile di vita vegetariano, chi invece consuma anche le carni solo nella misura necessaria, senza però prendere parte
al processo di uccisione degli animali. Sembra infatti che il Buddha stesso, prima di morire, si sia cibato di carne di maiale,
perché gli era stata offerta, nell’ottica del non sprecare la vita. Soeishu, un testo del buddhismo giapponese Tendai recita:
La bocca di un monaco è come un forno. Proprio come il forno brucia senza distinzioni il legno di sandalo e lo sterco di vacca,
la nostra bocca dovrebbe essere uguale. Non vi dovrebbe essere alcuna distinzione tra il cibo raffinato e quello semplice e
ordinario. Dovremmo essere soddisfatti di qualsiasi cosa riceviamo.
Per il raggiungimento completo dell’illuminazione, ottemperando alle virtù retta azione e retta via, sarebbe auspicabile inoltre
non consumare né produrre alcolici, rinunciando quindi ad ogni attività che alteri il corpo e la mente o che produca la morte di
animali e di uomini.
Le tradizioni religiose che fanno capo all’Induismo condividono generalmente la dottrina
della nonviolenza – ahimsa, privilegiando quindi un’alimentazione senza carne. Ogni infrazione di questa legge provoca una
reazione karmica, una pena da scontare nella vita successiva in un essere umano, reincarnazione, o in un essere vivente,
trasmigrazione.
Considerata la disgustosa origine della carne e la crudeltà di incatenare e di uccidere le creature, è necessario astenersi dal
mangiare carne. (Testo Veda , Manu-samhita)
La pratica più diffusa è il vegetarianesimo e, ove possibile, il veganesimo, che vieta anche il consumi dei derivati animali.
Queste pratiche sono considerate una vittoria dello spirito sulla materia.
Ci sono inoltre anche altre motivazioni a sostegno del non consumo di carni animali.
Sembrerebbe infatti, secondo la spiritualità induista, che la paura e l’aggressività provate dall’animale durante l’uccisione si
imprimano profondamente nelle sue carni. Questo porterebbe chi ne consuma a sviluppare tratti animaleschi, in conseguenza
alla legge di causa-effetto del karma. Ciò non sarebbe quindi conforme alla legge del dharma, in cui numerosi Veda chiamano
l’uomo a trascendere la propria natura animalesca.
Come noto a molti, la vacca è un animale sacro, di cui in India è proibito il consumo anche dall’articolo 48 della Costituzione. Ci
sarebbero diverse ragione che spiegherebbero il divieto, prima fra tutte l’estrema utilità dell’animale nell’arare i campi e per la
concimazione. Inoltre, alcune divinità hindu sono associate a un toro, come Shiva, o a una vacca, come Krishna, che ne è il
guardiano. In più, anche la figura materna è associata alla vacca; infatti, come la madre nutre i suoi figli, anche la mucca
produce alcuni elementi centrali, come il latte e il burro, essenziali, oltre che per l’alimentazione, anche per le offerte, puja, alle
divinità. Ogni elemento della vacca è utile all’uomo. Con lo sterco e l’urina, infatti, si provvede alla pulizia e alla cura degli
ambienti antistanti agli edifici sacri.
Infine, secondo il testo Bhagavad gita, è vietato il consumo di cibi come aglio e cipolla, nonché di bevande alcoliche; sostanze
che altererebbero la lucidità della mente.
Anche il Sikhismo segue delle precise regole alimentari, prescritte dal libro sacro Guru
Granth Sahib, che indicano delle posizioni per lo più vegetariane:
Se dite che Dio risiede in tutti, perché uccidete una chioccia?
(Guru Granth Sahib, 1375)
Se sangue o carne sono consumati da un essere umano, come può il suo cuore essere puro?
(Guru Granth Sahib, 140)
Inoltre è proibito fumare e bere alcolici, in quanto sostanze che alterano la mente e danneggiano la salute dell’uomo.