MEMORIA sul Concorso universitario di professore
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MEMORIA sul Concorso universitario di professore
MEMORIA sul Concorso universitario di professore associato ICAR14 Composizione Architettonica ed Urbana Università degli Studi di Napoli FEDERICO II Candidato prof. Antonio Rossetti Dopo un primo intervento alimentato da una lettera molto critica del prof. Antonio Rossetti, architetto, su “la Repubblica” di giovedì 27.settembre u.s., nei riguardi del concorso di professore associato, dal medesimo non vinto, docenti, ricercatori, borsisti ed architetti, hanno a ragione imperversato, sulla prima pagina e su quelle intere, per oltre dieci giorni, con lettere, commenti, interviste e vari scritti, che riportavano le variegate sfaccettature della grave situazione dell’Università italiana, allo stato fortemente ingessata. L’accorata lettera del professor Rossetti mi ha particolarmente colpito, più delle considerazioni dei colleghi su Repubblica. E’ dall’esame di questa comunicazione che intendo iniziare, proprio perché membro della suddetta Commissione di concorso, perché eletto. E solo con la lettera di Rossetti che, risvegliando memoria e percezioni, ricordo anche quanto in maniera quasi sommersa ed impercettibile, si è svolto a latere del concorso. Vorrei prefiggermi innanzitutto di far emergere quanto viene denunciato dal Rossetti, come interpretazione di un malessere, che all’interno paludato mondo universitario, è in effetti un malessere che viene da lontano, ed è strutturale. Tale emersione può e deve avvenire anche attraverso il percorso narrativo del mio personale diario di commissario di concorso a cattedra, che al di là della interpretazione di quanto presente nella rituale ed arcaica procedura amministrativa dei verbali del concorso, vuole individuare e raccontare quanto dalla lettura degli atti sfugge, perché non detto, perché non riportato, perché non ammesso, perché non percepito. Ho vissuto dall’interno, con il massimo rispetto ed attenzione, questa esperienza, durata ben sedici giorni, attento più alla produzione dei candidati ed alle loro considerazioni, che ad altro. Le ingerenze prima del concorso; L’uso degli spazi interdipartimentali: trasparenza e pari opportunità negate; le interferenze palesi ed occulte affiorate; i procedimenti attivati con le votazioni; sono i punti nodali della mia trattazione. Ho vissuto dall’interno, come già detto, immerso fino allo spasimo questa esperienza. A tarda età ho perso qualcosa, perché credo sempre meno nell’Università. Le ingerenze prima del concorso. Prima che il concorso iniziasse, il Preside, prof. Benedetto Gravagnuolo, poiché i dipartimenti di progettazione Architettonica in Facoltà sono due, dimenticando che i concorsi universitari sono tutti indistintamente sottoposti a valutazione comparativa, attivando il confronto fra tutti i candidati, a qualunque dipartimento appartenessero, inopportunamente faceva sapere che lui avrebbe preferito che si nominasse un idoneo per dipartimento. Ciò, come se i migliori fossero equamente distribuiti tra i due dipartimenti. E i candidati non appartenenti ai due dipartimenti? E quelli non di Napoli ? Tutti stupidi a-priori? Non solo. Altro desiderio questa volta del Magnifico, ma espresso attraverso il verbo del Preside, o almeno così Lui diceva, era che gli idonei fossero giovani e non anziani. Come se questo fosse riportato e dettato nelle regole concorsuali. Il Preside, che è uno storico, dovrebbe ricordare che un architetto, certo non dei minori, diceva che l’architettura è un mestiere per vecchi. Forse il Magnifico, che è un matematico, non lo sa, ma il Preside dovrebbe saperlo. Da quanto dirò, questi pre-giudizi del Preside, il quale dice nella sua intervista a Repubblica di non aver saputo nulla del concorso, incideranno invece in maniera pesantissima sull’esito del concorso stesso. Gli spazi della Biblioteca interdipartimentale e l’intorno. Il concorso si è svolto negli spazi del Dipartimento di progettazione ambientale, specificamente nella Biblioteca interdipartimentale, molto ben attrezzati per audizioni, e con schedari, scaffalature e schermo per proiezioni. I primi 9 candidati in ordine alfabetico tengono a turno nell’aula dello spazio Biblioteca la loro lezione, accessibile a tutti nel rispetto della pubblicità del concorso. E difatti in questa aula, alcune persone assistono alle prime 9 lezioni pubbliche. In alcuni momenti sono anche presenti docenti, che accedono direttamente alle spalle della commissione, dal Dipartimento di Progettazione Urbana, nello spazio aula della Biblioteca interdipartimentale. Gli ultimi 3 candidati, Rossetti, Santangelo e Szanizlò, tennero separatamente la loro lezione in una piccola stanza di servizio, priva di posti a sedere e priva dello schermo per proiettare la lezione, senza che il Presidente ci desse una motivazione logica di questo cambiamento, anche perché l’aula precedentemente usata era libera. Ciò che allora mi apparve ininfluente, solo ora mi appare in altra luce perché, ricordando, ricostruendo a posteriori gli eventi, nessuna persona assistè quindi alle lezioni, e la Biblioteca era deserta come non era accaduto nei giorni precedenti. L’assenza di pubblico è imputabile al fatto che la porta della Biblioteca era chiusa, non solo per gli studenti, come afferma il professor Scarano, nell’intervista a Repubblica, ma per tutti. Pertanto, ripensando a posteriori a quanto avvenuto, non vi é dubbio che tra il carattere, la dimensione e l’organizzazione degli spazi messi a disposizione dei primi 9 candidati ed il piccolo spazio messo a disposizione degli ultimi 3 candidati, e per giunta anche privo di attrezzature, vi è stata una forte sperequazione nell’uso sociale degli spazi a disposizione dei candidati e della commissione. Pertanto, per concludere si può confermare l’intestazione del paragrafo, ampliandolo con questo slogan: gli spazi della Biblioteca interdipartimentale e della piccola stanza adibita ad ufficio: trasparenza e pari opportunità negate. Le interferenze. Occulte e/o palesi. Il Presidente, ritrovandosi in commissione con uno zoccolo duro formato da tre docenti di formazione accademica napoletana, e cioè lo stesso Scarano, D’Auria ed il sottoscritto, riteneva che si potesse rapidamente giungere ad un risultato concordato. Ciò che però il Presidente non considerò è che inizialmente i due commissari, professori associati Arcidiacono e Sajeva, con il sottoscritto Borrelli avessero palesemente ed espressamente dichiarato la loro volontà di votare per il professore Antonio Rossetti. Tali dichiarazioni, come il professore Sajeva mi ha fatto capire, avevano reso il presidente estremamente preoccupato; infatti ricordo che Sajeva fu, come dirò, purtroppo richiamato per i suoi giudizi troppo favorevoli al candidato Rossetti. Dopo la lettura dei curricula e l’esame dei titoli, in commissione, il Presidente mi disse che dall’alto gli era stato chiesto di avere un occhio di riguardo per la candidata Santangelo, figlia del notaio, credendo di mettermi in imbarazzo circa il voto. Ebbi la sensazione che gli altri commissari non avessero alcun imbarazzo al riguardo, o perché già preceduti da analoga informativa oppure perché disinformati, perché quello che preoccuvava il presidente era il mio voto. I procedimenti attivati con le votazioni. Rispetto alla lettera di Rossetti, ove Egli dice testualmente…La commissione è formata dai professori ordinari Scarano, D’Auria e Borrelli di Napoli e dai professori associati Sajeva di Roma e Arcidiacono di Reggio Calabria…Contro di me e la Maraventano hanno votato, naturalmente, i tre napoletani…. devo una piccola precisazione, nella sostanza ininfluente, per il resto del discorso che andrò poi a fare: due dei tre commissari sono napoletani per formazione universitaria, ma di fatto da una vita hanno le loro cattedre così incardinate: D’Auria a Firenze e Borrelli ad Aversa. Non é questo il punto nodale, è invece l’altro. In scienza e coscienza ho votato per Antonio Rossetti in funzione del suo valore indiscusso e per il tempo che da sempre con ottimi risultati dedica alla ricerca ed alla didattica. Fondamentalmente, dalla lettera del Rossetti, si evince che pur avendo consultato il verbale del concorso e pur avendone fatta una completa autopsia, ritengo che Egli non abbia assolutamente potuto rintracciare come i cinque commissari avevano distribuito nominalmente i 10 voti a loro assegnati. Ed in effetti ciò sarebbe cosa santa e giusta! E’ quindi solo con il mio personale diario che intendo rispondere indirettamente alla domanda, e fondamentalmente alla non vittoria del Rossetti che tutti ritenevano il migliore. Al verbale mancano nella sostanza integralmente i riporti integrali delle fasi interlocutorie del procedimento. …..“ogni commissario, per legge, deve fare una dichiarazione di voto, che deve essere riportata in verbale”…. Le cose si sarebbero dovute svolgere in questa maniera: Il commissario A vota per il candidato Z Il commissario A vota per il candidato W e così via. Ciò a norma doveva essere a carico del segretario professor Arcidiacono:”… infatti gli adempimenti relativi ai verbali devono essere a carico del commissario segretario e contestualmente alle operazioni certificate i verbali devono contenere indicazioni precise di tutti gli atti compiuti, delle discussioni avvenute e delle conclusioni cui la Commissione perveniva nel corso di ciascuna seduta. Ciò non è avvenuto poiché dopo la comunicazione del presidente sulle interferenze dall’alto, nella commissione si creò uno stato di stallo, con confusi e talvolta accesi scambi di opinioni tra i commissari. Non mancò anche l’episodio di un commissario ripreso perché, come detto, si era eccessivamente sbilanciato sul candidato Rossetti con i suoi giudizi. Dopo una fase di disagio e di tensione si intravidero come possibili vincitori: Maraventano, Rossetti, Santangelo e Szaniszlò. Su questi quattro nomi si discusse animatamente per molto tempo, finché il Presidente, prendendo tutti in contropiede, anticipò che la Maraventano non avrebbe dovuto vincere, anche se in possesso di un buon curriculum, mentre uno degli idonei sarebbe dovuto essere senz’altro Szaniszlò, evidentemente, ritengo, per motivi di politica dipartimentale ,anche se con uno scarso curriculum, riguardo alla ricerca , ma una lunga attività didattica. Rimanevano quindi Rossetti e Santangelo. Ancora il Presidente, ricordando quanto detto dal Preside prima che il concorso iniziasse, faceva notare che il Rossetti era anziano e del medesimo Dipartimento di Szaniszlò. Queste affermazioni aprivano ovviamente la strada alla Santangelo che, rispetto al Rossetti, aveva palesemente titoli di gran lunga inferiori sia per quanto concerneva la ricerca, e sia per quanto concerneva la didattica, giusta le valutazioni comparative, così come la lettera inviata dal Rossetti a Repubblica, molto veridicamente elenca. Poiché nulla di tutto ciò è stato verbalizzato, e considerato che a queste affermazioni la discussione si infervorò, ancora una volta il Presidente, senza neanche tener conto delle preferenze che oralmente ciascun commissario tentava di esprimere, prendendo tutti alla sprovvista, indicava al Segretario, pronto a verbalizzare, l’esito a tutti noto. Perciò concludo rispondendo al Rossetti che forse la lettura di questo mio breve diario del concorso gli dovrebbe chiarire perché nei verbali non ha ritrovato il perché non abbia conseguito la vittoria. E chiarisca anche perché ogni commissario può dire di aver votato per chiunque dei candidati, poiché nella realtà la votazione, come prevista dalla legge universitaria non c’è stata. L’ultima mia considerazione è una domanda al Ministro Fabio Mussi che avrebbe richiesto al Magnifico di formare una commissione d’inchiesta. Da quanto detto, che è sacrosantemente vero, inviterei il Magnifico a non scomodare persone onorabilissime ma scelte da Lui, e dunque sottoposte ad un inutile onere, il risultato del quale è già noto, anche se non so se la commissione sia stata già formata, od abbia iniziato i lavori. Chiami invece un critico di architettura di chiara fama, naturalmente non schierato, e gli faccia leggere ed analizzare ed esprimersi “veramente” sulla qualità e quantità dei curricula dei quattro candidati suddetti. L’ultima naturale mia risposta è per quanti si domanderanno perché Gaetano Borrelli scriva a Repubblica dopo un mese dalla lettera di Rossetti? Perché ricordare, per me che sono abbastanza anziano, quanto successo un anno fa, non è stato semplice, ma, in parola, molto faticoso. E’la prima volta che ciò mi accade, e dopo la lettura della lettera di Rossetti ed i molteplici interventi su Repubblica, soltanto dopo una prima rapida consultazione del brogliaccio del mio diario personale del concorso, la mia più grande rabbia, è stata quella di non essere riuscito a rendere esplicito il mio voto nel verbale, come del resto il medesimo Rossetti ha ritenuto. In fede Gaetano Borrelli