renzi a porta a porta rilancia lʼazzardo: «soldi a

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renzi a porta a porta rilancia lʼazzardo: «soldi a
d’Italia
RENZI A PORTA A PORTA RILANCIA LʼAZZARDO:
«SOLDI A MAGGIO O SONO UN BUFFONE»
ANNO LXII N.60
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Redazione
Il giorno dopo la conferenza stampa
della “svolta buona” Matteo Renzi è
ospite a Porta a Porta e ribadisce i
suoi intendimenti. A cominciare dallʼintenzione di non accettare come
oro colato i diktat europei. ”I soldi
non si possono spendere per il
patto di stabilità che è un patto di
stupidità”. Sarà un cavallo di battaglia di questo governo, un leit motiv
che serve al premier per fronteggiare le tante voci critiche con lʼEuropa di Bruxelles: dai grillini, alla
sinistra radicale, dalla lega a Fratelli
dʼItalia. “Noi dobbiamo rispettare
tutti gli impegni, compresi quelli che
abbiamo discusso. Noi il 3% lo rispettiamo ma facciamo una battaglia perché Ue veda unʼItalia
autorevole”. E aggiunge: “LʼEuropa
ha più bisogno dellʼItalia di quanto
lʼItalia ha bisogno dellʼEuropa” e
questo “me lo ha detto anche la
Merkel in modo molto chiaro”.
Rivendica un piglio decisionista
che, per molti osservatori, lo avvicina al Berlusconi dellʼesordio: ”Il
presidente del Consiglio deve
ascoltare Confindustria e sindacati?
Sì. Ma i soggetti che stanno intorno
ai famosi e favolosi tavoli di palazzo
Chigi, non possono pensare che le
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cose le decidono loro. Le cose le decidiamo noi. Ci pagano per questo.
Poi se sbaglio, pago io”. Si difende
dalle critiche, anche da quelle giunte
da Forza Italia: Brunetta dice che
sono peggio di Tremonti? “Nella
scala di insulti ʻtremontianoʼ venga
subito dopo ʻstalinistaʼ…”. E ancora:
”Basta leggere le paginate che scrive
Brunetta che dice ʻRenzi non è Mandrakeʼ. Lo so anche io, per il resto
non sono, come dice qualcuno, il figlio adottivo di Berlusconi. Ognuno
ha il babbo che ha…”. Difende lʼaccordo sulla legge elettorale fatto con
Berlusconi senza il quale, spiega, sa-
remmo ancora allʼimpasse: invece
quel patto avrebbe dato lo sprint finale al percorso delle riforme anche
se la nuova legge elettorale di innovativo ha poco o nulla. ”Se riusciamo
entro il 25 maggio, come vogliamo, a
fare la prima lettura della riforma del
Senato e chiudere la legge elettorale
– è il suo auspicio – dimostriamo che
riusciamo a cambiare la politica”.
Torna sulle consultazioni con Grillo
(“Ho fatto una grandissima fatica a
mordermi la lingua, avessi fatto ciò
che sentivo sarei saltato sul tavolo e
avrei detto non ho tempo da perdere,
ho un governo da fare”) e sullʼavvi-
venerdì 14/3/2014
cendamento con Letta che ha lasciato strascichi, anche personali,
pesanti (“Le questioni personali sono
in secondo piano. Dal punto di vita
politico ho totale certezza che il percorso fatto è stato assolutamente
condiviso da chi lo doveva condividere, non servono retroscena”). È sicuro di durare: quando si tornerà a
votare? “Nel 2018. Sono convinto
che questa classe politica in Parlamento ha lʼultima chance per dimostrare che può fare le cose”.
Ribadisce che cercherà voti anche
nel centrodestra, ma alle politiche e
non alle europee: ”Credo che alle europee sia difficile andare a scardinare
i voti degli altri, la partita vera è alle
politiche ed è lì che provo a conquistare lʼelettore del centrodestra”.
Sulla manovra annunciata dice che è
pronto a giocarsi la faccia: “Se il 27
maggio i soldi non arrivano, vuol dire
che Matteo Renzi è un buffone”.
Esclude la patrimoniale e anche prelievi sulle pensioni da 2500 euro:
“Lʼidea che uno che guadagna 23mila euro di pensione sia chiamato
a dare un contributo forse cʼè per
Cottarelli, ma io la escludo”. I margini
per far scende le aliquote fiscali? Ci
sono, avverte, ma solo se il governo
durerà.
Ancora attacchi a Simone Cristicchi: ha raccontato la verità sulle foibe e quindi “è amico dei fascisti”
Francesco Signoretta
«Il mestiere dellʼartista non è fare politica, non è fare lotta. Molto più semplicemente è quello di raccontare
delle storie, limitandosi a constatare
anche lʼesistenza di alcune “zone grigie” di una storia molto complicata e
intricata, per poi lasciare al pubblico
la libertà di farsi unʼopinione in merito,
o di approfondire lʼargomento una
volta fuori dal teatro. Se i contestatori,
magari mossi dalle ragioni della propria ideologia, non lo capiscono, non
è un problema nostro». Con queste
parole Simone Cristicchi, sulla sua
pagina Facebook, mette un punto
fermo sulla incredibile vicenda delle
contestazioni al suo spettacolo, “Magazzino 18″, che non è gradito dalla
sinistra radicale e dalla sinistra snob
perché parla della tragedia delle
Foibe, una tragedia che porta la firma
dei partigiani comunisti di Tito. Lʼartista è costretto a dare ancora una rispiosta allʼennesima recensione
sempre «in perfetta linea con altre
provenienti da analoghe penne e le
provocazioni alla “le foibe sono ancora aperte per voi” che mi becco da
un poʼ di tempo a questa parte». Stavolta la recensione è firmata da Piero
Purini, “storico” di area rossa, tanto da
essere ripreso da tutti i siti dellʼantifascismo militante come la prova dellʼinganno di Cristicchi. La tesi di Purini
arriva a dire che sullʼesodo «abbia
giocato molto di più la paura di un sistema economico-politico demonizzato dal fascismo, dalla chiesa e
dallʼinfluente DC che di là dal confine
spingeva per la partenza del maggior
numero di persone». La risposta di
Cristicchi è forte: «Peccato che gli storici ne danno un quadro del tutto di-
verso, per non dire opposto. E non
solo gli storici italiani. Ecco infatti cosa
dice in proposito la relazione mista di
storici italiani e sloveni sui rapporti tra
i rispettivi popoli tra il 1880 e il 1956:
“Fra le ragioni dellʼesodo vanno tenute soprattutto presenti lʼoppressione esercitata da un regime la cui
natura totalitaria impediva anche la libera espressione dellʼidentità nazionale, il rigetto dei mutamenti
nellʼegemonia nazionale e sociale nellʼarea”…». E non solo, ricorda Cristicchi, citando fonti storiche e studiosi
autorevoli: «A ciò si aggiunse il deteriorarsi delle condizioni di vita, tipico
dei sistemi socialisti, ma legato pure
allʼinterruzione coatta dei rapporti con
Trieste, che innescarono il timore per
gli italiani dellʼIstria di rimanere definitivamente dalla parte sbagliata della
“cortina di ferro”…». Parole queste
che a una certa sinistra negazionista
danno molto fastidio. «Ma Purini – aggiunge Cristicchi – non si ferma alle
nostre dimenticanze. Dice di più. Nello
specifico che “Magazzino 18″ sarebbe unʼoperazione teatrale molto
furba con uno scopo politico più che
evidente. E che tale scopo consisterebbe nella “costruzione della memoria condivisa pseudo-pacificatrice” per
imporre una sorta di “uguaglianza tra i
morti”. Insomma, “Magazzino 18″ parlando degli infoibati di nazionalità italiana e degli esuli giuliani e dalmati
sarebbe per lui (come per gli altri sulla
sua stessa lunghezza dʼonda) uno dei
sintomi “più che evidenti” di una riabilitazione del fascismo». E qui si torna
ai fantasmi, alle solite motivazioni di
una sinistra che non sa crescere e che
perciò tenta di mettere il bavaglio agli
artisti liberi, come Simone Cristicchi.
La Bce gela subito lʼottimismo renziano: «Il deficit
è ancora troppo alto, lʼItalia non ha fatto progressi»
2
Secolo
d’Italia
VENERDì 14 MARZO 2014
Desiree Ragazzi
Allʼindomani della presentazione alla Camera della sua ricetta economica, a Matteo
Renzi arriva la doccia fredda.
A gelare i suoi entusiasmi ci
pensa la Bce che, scrivendo a
Roma, chiede di fare “i passi
necessari” per rientrare nel
deficit e assicurare che il debito sia messo “in traiettoria
discendente”. La Bce scrive
che finora lʼItalia «non ha fatto
tangibili progressi rispetto alla
raccomandazione della Commissione Ue» di far scendere
il deficit, rimasto al 3% nel
2013 contro il 2,6% raccomandato dallʼEuropa. Cʼè
anche qualche piccola previsione ottimistica: in Italia,
Spagna e Malta il bilancio
strutturale questʼanno dovrebbe migliorare «in qualche
misura più di quanto atteso
nellʼautunno 2013, anche se
pur sempre meno dei requisiti
posti dal Patto di stabilità». La
Bce rifacendosi ai dati della
Commissione europea nota
però che, nel complesso
dellʼEurozona, il miglioramento
strutturale sarà pari «solo allo
0,13% del Pil», appena un
quarto dello 0,5% previsto dal
Patto. In altri sette Paesi (Belgio, Germania, Estonia, Francia, Lussemburgo, Olanda e
Slovenia) il bilancio strutturale
«dovrebbe migliorare meno o
peggiorare più» di quanto atteso in autunno. Nel bottino
mensile la Bce scrive poi che
gli Stati membri dellʼEurozona
dovrebbero risanare il bilancio
«con una composizione dellʼaggiustamento favorevole
alla crescita». E spiega che
sarebbe «opportuno che le
autorità nazionali procedano
nella risoluta attuazione di riforme strutturali» mirate «ad
agevolare lʼattività imprenditoriale e promuovere lʼoccupazione, affinché aumenti il
potenziale di crescita». Eurotower poi lima la stima dellʼinflazione in Eurolandia allʼ1%
per questʼanno e si dice “de-
terminata” a mantenere i tassi
bassi ed intervenire se necessario. Riviste al rialzo le stime
di crescita dellʼEurozona, a
1,2% per il 2014 (dallʼ1,1% precedente), a 1,5% per il 2015 e
1,8% per il 2015. LʼIstat conferma lʼinflazione in Italia allo
0,5% a febbraio, ai minimi dal
2009. Ma il carrello della spesa
cresce il doppio dellʼinflazione
e si attesta allʼ1%. Il tasso
annuo dʼinflazione risulta così
quasi dimezzato a confronto
con appena cinque mesi fa. A
settembre infatti era ancora
allo 0,9%. Inoltre, guardando le
serie dellʼIstat, emerge come la
frenata di febbraio arrivi dopo
tre mesi di stallo, con lʼindice
annuo, fermo allo 0,7%; mentre
non si registrava un calo congiunturale da novembre. LʼIstat
sottolinea come la decelerazione, che ha portato il tasso ai
minimi da due anni e quattro
mesi, sia stata provocata dalle
”componenti più volatili”, come
appunto energia e cibo fresco
(al netto dei quali lʼinflazione di
fondo resta stazionaria allʼ1%).
Redazione
Sì unanime dellʼaula della Camera allʼordine del giorno bipartisan per “realizzare tutte le
iniziative utili per ottenere nel più
breve tempo possibile il rientro in
Patria con onore di Massimiliano
Latorre e Salvatore Girone, assicurando nel contempo a loro e
alle loro famiglie tutto il sostegno
e la assistenza dovuti in ogni
sede, in coerenza con il principio
dellʼimmunità funzionale”. Lʼodg è
riferito al decreto legge di proroga
delle missioni internazionali. In
base al testo approvato, il governo risulta poi impegnato “a definire come una priorità della
propria politica estera e delle sue
relazioni internazionali, la rapida
soluzione della vicenda dei nostri
due Fucilieri di Marina; ad assumere, sia a livello internazionale,
sia presso le autorità indiane,
tutte le iniziative politiche, diplomatiche e giudiziarie, incluso il
sollecito avvio della procedura finalizzata allʼarbitrato internazionale, che si rendano necessarie
per una soluzione rispettosa del
diritto internazionale e dei diritti
dei due Marò e del nostro Paese,
con il convinto coinvolgimento
dellʼOnu, della Nato e dellʼUnione
europea, in coerenza con la
competenza internazionale sulla
vicenda”.
Anche il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che si è recata a
New Delhi per incontrare Latorre
e Girone, ha parlato della necessità di uno “sforzo unitario” che
faccia “sentire il più possibile la
forte voce di tutta lʼItalia”. Pinotti
ha sottolineato il carattere privato
della visita in India che si conclu-
derà oggi, frutto essenzialmente
della necessità di conoscere personalmente i due militari. “Oltre a
leggere il dossier sulla vicenda –
ha spiegato – era importante
farmi raccontare da chi vive questa terribile storia da due anni la
situazione, il loro pensiero, se
concordavano con le decisioni
che il governo sta prendendo,
perché su questo è fondamentale che ci sia unità di intenti”. E
da Delhi il ministro ha ricordato
un caposaldo della strategia governativa, quello legato allʼinternazionalizzazione del caso, di cui
è stata investita lʼUnione europea
(Ue), e che eʼ stato da lei stessa
sollevato una decina di giorni fa
anche nella riunione interministeriale della Nato a Bruxelles.
La visita del ministri Pinotti ai due
marò è stata giudicata “apprezzabile” dal vicepresidente del Senato
Maurizio Gasparri. “Bisogna esigere – ha aggiunto – un immediato
rientro in Italia dei nostri militari e
lʼiniziativa parlamentare di qualche
settimana fa puntava a questo
obiettivo, convinta nellʼunire tutte
le forze per raggiungere il giusto
scopo e imporre allʼIndia lʼabbandono di un atteggiamento inaccettabile”.
“I marò tornino in Patria con onore”:
sì della Camera a un odg bipartisan.
Il ministro Pinotti a New Delhi
Guerra Usa-Ue sui prodotti tipici: e di mezzo
ci va il finto parmigiano prodotto in America
VENERDì 14 MARZO 2014
Redazione
Non chiamatelo Parmigiano o
meglio Parmesan come dicono gli americani. E basta
usare il nome Feta per un prodotto che non viene dalla Grecia.
E
così
via
per
Gorgonzola, Asiago, Fontina,
Grana. Una guerra tra chi difende la tipicità dei prodotti
europei e che invece vorrebbe
commercializzarli con lo
stesso nome, ma con una fattura meno "nobile". Gli Stati
Uniti si ribellano dunque all'Europa e alla sua intenzione
di proibire la stessa denominazione per prodotti che non
hanno le caratteristiche tipiche richieste. La battaglia
sarà all'ultima fetta di formaggio, che prodotto in Usa potrà
chiamarsi allo stesso modo
del blasonato rivale prodotto
nei luoghi europei che ne
danno la denominazione tipica. La contesa nasce dal
fatto che sugli scaffali americani finiscono formaggi prodotti in loco che passano
invece come provenienti dall'Europa perché il nome è lo
Secolo
d’Italia
stesso. Ma d'altronde come
scrive un giornale "un po' di
formaggio
grattato
sulla
pasta? Non suona esattamente come del Parmigiano
sulla pasta". "Non avrei idea
di come chiamare il mio parmigiano se fossi costretto a
trovare un nuovo nome" commenta Errico Auricchio,
presidente del gruppo con
sede in Wisconsin BelGioioso
Cheese Inc., e che 30 anni fa
decise di iniziare a commercializzare il suo formaggio
negli Stati Uniti. In realtà la
questione è molto più complicata e va ben oltre il semplice
utilizzo di un nome. In ballo
c'è un giro d'affari da quattro
miliardi di dollari e l'intenzione
dell'Unione Europea andrebbe ad affossare la produzione interna di formaggio
oltre a confondere i consumatori. "È sorprendente - ha
detto Jim Mulhern, presidente
della federazione dei produttori nazionali di latte - che gli
Europei stiano cercando di riprendersi prodotti diventati
popolari negli altri paesi". Per
ora l'Unione Europea ne sta
solo discutendo ma appare
chiaro che vuole portare in
Usa la stessa politica messa
in atto in Canada e in America
centrale dove è proibito usare
alcuni nomi di formaggi a
meno che non siano stati prodotti in Europa. Secondo gli
accordi in vigore con il Canada, per i formaggi prodotti
localmente si deve aggiungere il prefisso 'simil', ad
esempio 'Simil-feta'. E la battaglia dei nomi non si fermera'
solo al formaggio, presto
nuovi provvedimenti potrebbero interessare anche il prosciutto, le arance valenziane,
il salame, lo yogurt greco.
che può dare lʼassenso alla
sperimentazione, oppure avviarne una a proprie spese,
oppure opporsi «sic et simpliciter» alla sperimentazione e
in tale ultimo caso, del dissenso dellʼazienda viene data
pubblicità sul sito dellʼAifa. In
caso di esito positivo, il far-
maco viene autorizzato a carico del Ssn ma nel frattempo
il farmaco può essere utilizzato «off label» sin dallʼavvio
della sperimentazione. Se i
dati anche parziali della sperimentazione fossero negativi
ovvero facessero emergere la
non sicurezza del farmaco
Aifa, ha spiegato Lorenzin,
potrà con immediatezza cancellare il farmaco dallʼelenco,
vietandone definitivamente
lʼutilizzo «off label».
''La mia proposta - ha spiegato il ministro - è rispettosa
del parametro dell'esistenza
di studi di livello secondo,
posto a tutela dei pazienti ma
anche del diritto di privativa
industriale delle aziende
(quindi i brevetti) poiché queste possono non dare il consenso alla sperimentazione,
ma in tal caso subiscono una
sorta di gogna.
Ma è anche efficace nel permettere ad AIFA di permettere
provvisoriamente l'utilizzo 'off
label' di un farmaco anche
prima della conclusione delle
sperimentazioni di secondo livello''.
Lorenzin: pronto il ddl per i farmaci fuori registrazione
per evitare altri casi come il cartello Novartis-Roche
Redazione
Il ministro della salute Beatrice
Lorenzin porterà nel prossimo
consiglio dei ministri di una
norma che ha l'obiettivo di evitare altri casi come quello del
cartello Novartis-Roche a
danno del servizio sanitario
nazionale. La norma regolamenterà l'uso fuori registrazione (off label) dei farmaci
''garantendo la ricerca ma
anche la sicurezza dei pazienti''. La disciplina attuale, a
tutela dei pazienti, vieta lʼutilizzo «off label» di un farmaco
se non sussistano sperimentazioni cliniche almeno di fase
seconda (secondo la legge
244 del 2007). Per non rimuovere questo vincolo, ma permettere di avviare anche
dʼufficio sperimentazioni cliniche su farmaci da utilizzare
«off label», la proposta della
Lorenzin prevede, in presenza
di un farmaco utilizzato «off
label» in altri Paesi, la possibilità per lʼAifa di iniziare dʼufficio la sperimentazione clinica,
finanziandola con propri fondi.
LʼAifa possiede circa 3 milioni
di euro annui per bandi nel
campo dei test. LʼAifa contatta
lʼazienda titolare di brevetto
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Gaza, la reazione israeliana all'aggressione costringe
la Jihad a chiedere il cessate il fuoco
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Secolo
d’Italia
Antonio Pannullo
Dopo l'aggressione dei terroristi islamici
di mercoledì sul territorio israeliano,
l'aviazione di Gerusalemme ha colpito
in risposta al lancio di razzi nel sud
della Striscia di Gaza. Lo ha detto
l'esercito. «Abbiamo risposto e continueremo a rispondere - ha spiegato il
portavoce militare Peter Lerner - in
modo da eliminare le minacce che ci
circondano». Fonti locali hanno confermato l'attacco dell'aviazione israeliana
a Rafah nel sud della Striscia, dove si
avrebbero tre feriti, di cui uno in modo
serio. Altre fonti palestinesi, citate dai
media israeliani, sostengono che tra i
siti colpiti si sarebbe un tunnel di contrabbando e una postazione nascosta
per il lancio dei razzi. Poco fa, un razzo
lanciato da Gaza è esploso nell'area di
Ashqelon, dove sono risuonate le sirene di allarme. Dei razzi lanciati da
Gaza, almeno uno - secondo l'esercito
- è stato intercettato dal sistema di difesa Iron Dome. Altri razzi sono invece
caduti in aree aperte tra Ashqelon e
Ashdod. Al momento non ci sono notizie di feriti. Per precauzione il comune
di Ashdod ha deciso di spostare classi
di studenti in scuole attrezzate con rifugi. Alla fine la Jihad islamica e le altre
fazioni presenti nella Striscia hanno
raggiunto una tregua con Israele grazie
alla mediazione egiziana. Lo dicono
fonti locali che citano un comunicato
della stessa Jihad secondo il quale la
tregua sarebbe già in atto. Le fazioni si
sono impegnate nel cessate il fuoco a
patto che non ci siano più attacchi da
parte di Israele. «Se abbiamo pace,
Gaza avrà pace», hanno fatto sapere
fonti israeliane, citate da Ynet. Però
l'ala militare della Jihad islamica - che
ha rivendicato il lancio dei razzi su
Israele - ha postato su YouTube un
video con un messaggio in ebraico nel
quale ammonisce l'esercito israeliano a
non entrare a Gaza. «Le Brigate Al
Quds sono pronte - è detto ai soldati nel
messaggio, secondo quanto scrive il
Jerusalem Post - alla vostra invasione e
se arriverete non avrete altra opzione
che morire o essere fatti prigionieri.
Non avrete mai sicurezza nella "vostra"
terra. Non sacrificate la vostra vita per i
vostri capi. Vi invitiamo - è detto ancora
da un uomo armato e mascherato - ad
andare via dalla nostra terra e cercarvi
una nuova patria». Subito dopo l'attacco della Jihad, gli Stati Uniti hanno
condannato l'aggressione dei terroristi,
ha affermato la portavoce del Dipartimento di Stato, aggiungendo che «non
c'è alcuna giustificazione per tali attacchi». Gli Stati Uniti «chiedono la cessazione immediata di tali attacchi
terroristici», ha aggiunto ancora la portavoce, sottolineando anche che
«Israele, come ogni Nazione, ha il diritto di difendersi».
Redazione
Pieno sostegno del Parlamento Ue alle
sanzioni contro la Russia se non si ritira immediatamente dalla Crimea. E
quindi sì a congelamento dei beni, divieto di viaggio, embargo armi e tecnologie dual-use, ma anche stretta
applicazione delle norme anti-riclaggio
e giro di vite sulle società energetiche
russe. La plenaria ha approvato la risoluzione bi-partisan che «condanna
fermamente» quella che viene definita
«l'aggressione russa e l'invasione della
Crimea» definendo del tutto infondate
le giustificazioni di Mosca. Il testo è firmato dai popolari del Ppe, i socialisti
dello S&D, i liberal-democratici dell'Alde, dai Verdi e dai conservatori dell'Ecr. I parlamentari definiscono
«autoproclamate e illegittime» le autorità in Crimea che hanno indetto un referendum che «viola le costituzioni di
Ucraina e Crimea». Plauso dei parlamentari per il pacchetto di aiuti finan-
ziari europei da 11 miliardi e raccomandazione ai 28 per rendere «la Ue
meno dipendente dal petrolio e dal gas
russi», chiedendo anche di prepararsi
alle ritorsioni della Russia. All'offensiva
contro Mosca si aggiunge, oltre la Ue,
anche l'Ocse, che ha annunciato di
aver sospeso momentaneamente il
processo di adesione della Russia e di
voler rafforzare la cooperazione con
l'Ucraina. «Dopo una riunione del consiglio di governance il 12 marzo l'Ocse
ha rinviato le attività legate al processo
di adesione della Federazione Russa,
per il momento». In una nota diffusa a
Parigi, si aggiunge che il Consiglio ha
convenuto che l'Ocse debba rispondere positivamente alla richiesta dell'Ucraina di rafforzare ulteriormente la
cooperazione esistente. «Su richiesta
dei membri dell'organizzazione - si
legge ancora - il Segretario generale
ha informato la Federazione russa».
La Russia, che coopera con l'Ocse dal
1992, ha ufficialmente chiesto di diventare membro dell'organizzazione
nel 1996. I Paesi Ocse hanno approvato l'avvio di negoziati di adesione
con Mosca nel 2007. La Russia da
parte sua ribadisce che se per la questione ucraina verranno decise sanzioni internazionali contro la Russia,
Mosca «agirà in maniera simmetrica»,
ha scritto Interfax citando il vice ministro dell'Economia russo Alexei Likacev.
VENERDì 14 MARZO 2014
Afghanistan, raffica
di attentati e omicidi.
Azioni criminali in aumento
dall'anno scorso
Ucraina, l'europarlamento lancia un ultimatum
alla Russia, l'Ocse sospende i negoziati con Mosca
Redazione
La polizia afghana ha sventato un attacco suicida ai danni del consolato
dell'India a Kandahar City, capoluogo
della omonima provincia meridionale,
riuscendo ad uccidere il terrorista
prima che raggiungesse il suo obiettivo. Lo riferisce l'agenzia di stampa
Pajhwok. Ahmad Zia Durani, portavoce della polizia provinciale, ha indicato che l'incidente è avvenuto verso
le 13 quando gli agenti hanno localizzato l'attentatore che stava dirigendosi verso una strada su cui si
trovano il consolato indiano e quello
iraniano. Nello scontro a fuoco avvenuto ad alcune centinaia di metri di distanza dall'obiettivo, ha precisato il
portavoce, l'autore dell'attacco è stato
ucciso ed il giubbotto che indossava il
militante non è esploso. Martedì nella
stessa provincia di Kandahar tre terroristi suicidi sono stati uccisi mentre
tentavano di attaccare la sede del Dipartimento nazionale per la sicurezza. Militanti armati, probabilmente
talebani, hanno ucciso mercoledì
nella provincia settentrionale afghana
di Faryab tre attivisti impegnati nella
campagna elettorale del candidato
presidenziale Abdullah Abdullah. Secondo il portavoce del governo provinciale i tre sono stati presi di mira
mentre ritornavano a casa dopo aver
assistito ai funerali del vice-presidente afghano Mohammad Qasim
Fahim. L'opposizione armata in Afghanistan ha fatto largo uso lo scorso
anno di attacchi suicidi, con una casistica in aumento rispetto all'anno precedente. Emerge da un rapporto
preparato dalla Missione delle Nazioni Unite di assistenza all'Afghanistan (Unama) per il Consiglio di
Sicurezza. Nel 2013, si legge nel rapporto, gli incidenti con terroristi suicidi
sono stati 107, di cui 18 a Kabul, rispetto ai 101 del 2012 (7 a Kabul).
Aumentano i delitti nel Napoletano:
arriva l'Antimafia
VENERDì 14 MARZO 2014
Secolo
d’Italia
Redazione
L'analisi della commissione
parlamentare Antimafia è partita da un dato: in provincia di
Napoli gli omicidi registrati dall'inizio del 2114 «sono il doppio
rispetto ai primi tre mesi dello
scorso anno». Ore di confronto
con magistrati e forze dell'ordine per capire cosa c'è dietro
questi delitti, che il presidente
della commissione, Rosy
Bindi, non ha esitato a definire
“inquietanti", soprattutto per le
modalità con le quali sono stati
compiuti. «Siamo venuti per
capire cosa è accaduto», ha
detto ai giornalisti l'onorevole
Bindi. Una spirale di violenza con uomini uccisi e poi dati alle
fiamme - dietro la quale vi sarebbe lo scontro tra «senatori
e nuove leve della camorra»
per il controllo dei «flussi finanziari» provenienti dalle
molteplici attività controllate
dalla malavita organizzata.
«C'è una piena consapevolezza della situazione da parte
delle forze dell'ordine e della
magistratura - ha assicurato la
Bindi - e abbiamo molto apprezzato il grande coordinamento
che
c'è,
un
coordinamento che può essere
preso a modello». Allargando
però l'esame delle attività della
malavita organizzata – ha
detto ancora la Bindi, «che
ormai riguardano tutta Italia»,
bisogna prendere atto che è
«in atto un salto di qualità dei
poteri mafiosi che accanto ai
tradizionali strumenti delle
estorsioni e della droga»;
mafie e camorre che sono
sempre più capaci di infiltrarsi
nell'economia legale «e nella
pubblica amministrazione».
Malavita che riceve un consenso sociale perché – ha aggiunto Rosy Bindi – «se lo
Stato è presente nella repressione, con la magistratura e le
forze dell'ordine, altrettanto
non riesce ad esserlo nel riconoscere, assicurare e garantire
i diritti-doveri di cittadinanza».
Comunque da Napoli la commissione Antimafia ha ricordato che «l'efficacia dell'azione
della magistratura e delle forze
dell'ordine non può essere ricompensata con sottorganici e
la mancanza di risorse adeguate per fare le indagini» ma
c'è anche «la necessità di intervenire sul processo penale,
sulle norme che riguardano
reati spia. Nel nostro Paese
abbiamo una prescrizione - ha
concluso la presidente dell'Antimafia – per i reati di corruzione che non ci consente di
aggredirli come sarebbe necessario».
Redazione
La minaccia è concreta. E i toni
non lasciano spazio a dubbi.
L'Europa lancia un altolà agli
Usa: fermate, davvero, la Nsa e i
suoi programmi di sorveglianza di
massa, altrimenti il Parlamento
europeo potrebbe decidere di
non approvare l'accordo di libero
scambio con gli Usa. E la Ue dovrebbe reagire sospendendo
«immediatamente» gli accordi
"Swift"e "Safe Harbour" che regolano lo scambio di dati di banche e imprese tra le due sponde
dell'Atlantico.
Il monito, messo sul tappeto dalla
plenaria dell'Eurocamera che ha
approvato a stragrande maggioranza (544 si', 78 no e 60 astenuti) la risoluzione a chiusura
della sua inchiesta sul Datagate,
difficilmente potrà essere igno-
rato dagli Stati Uniti. Nel corso
delle 16 audizioni che hanno dimostrato l'ampiezza dello spionaggio americano, con tanto di
testimonianza scritta di Edward
Snowden che ha denunciato le
pressioni americane perché alcuni paesi europei modificassero
le loro leggi per permettere la
sorveglianza e perché nella Ue
gli fosse negato l'asilo, è emerso
il problema nella sua globalità.
Così i parlamentari hanno deciso
di scrivere che l'ok dell'Eurocamera al Ttip, l'accordo di libero
scambio, «potrebbe essere minacciato fino a quando la coltre
delle attività della sorveglianza di
massa, le intercettazioni delle comunicazioni nelle istituzioni dell'Ue e le rappresentanze
diplomatiche non saranno completamente fermate». Non solo. I
parlamentari europei chiedono
anche il lancio di un "Programma europeo per la protezione degli informatori", in
pratica una rassicurazione per i
futuri Snowden che decidessero
di saltare il fosso e seguire le
orme dell'illustre predecessore.
La risoluzione sul caso Datagate
arriva, peraltro, nello stesso
giorno in cui la plenaria appoggia a larghissima maggioranza
anche il progetto di riforma europea del sistema di protezione dei
dati tuttora bloccato al Consiglio
dalle resistenze di Londra, ma
anche di Berlino. Il Parlamento
ha comunque inserito la moltiplicazione delle sanzioni per chi
volesse ignorare la “data protection“ Ue: multe fino a 100 milioni
di euro o equivalenti al 5 per
cento del fatturato mondiale.
Altolà della Ue agli Usa: fermate lo spionaggio
dell'Nsa o salta l'accordo di libero scambio
5
Dieci milioni di euro
dalla vendita
delle auto blu
Redazione
Vale 10 milioni di euro l'asta
delle auto blu della Pubblica
Amministrazione voluta da
Renzi. A fare i calcoli è Carlo
Flamment, presidente del
Formez, l'istituto incaricato,
tra l'altro, anche del cosiddetto "censimento" delle auto
della pubblica amministrazione, secondo il quale la
vendita «avrà un effetto
esemplare, con un impatto
sui costi delle pubbliche amministrazioni molto maggiore
del ricavato in sé per sé».
Complessivamente le auto
blu utilizzate dalla Pubblica
Amministrazione a livello
centrale e locale sono 6.2006.300, un numero dimezzato
rispetto al 2010, anno in cui è
iniziato
il
monitoraggio.
«Questa diminuzione spiega
Flamment - ha permesso nei
quattro anni al 2013 un risparmio di circa 260 milioni
l'anno, dovuto non solo alla
dismissione delle auto, ma ai
risparmi soprattutto in termini
di personale». Il costo di
un'auto blu è ad oggi compreso tra i 70.000 e i 100.000
euro l'anno, ma di questi il 20
per cento dipende dalla benzina, dalla gestione e dalla
manutenzione, mentre il restante 80 per cento dipende
dal costo degli autisti. «Il risparmio grosso è nel personale», insiste Flamment.
Finora le vendite non sono
state molte, anche perché
mancava una procedura seppur indicativa. Più che altro la
diminuzione del numero è
stata determinata da restituzione di noleggi. Ora però
una procedura esiste, l'asta
indicata dal presidente del
Consiglio, quindi molte delle
auto in proprietà, circa il 75
per cent0 delle oltre 6.000,
potranno essere effettivamente vendute.
Regione Puglia: sì unanime contro la chiusura
dello Sportello di Equitalia a Barletta
6
Secolo
d’Italia
Redazione
Il Consiglio regionale della Puglia
ha approvato allʼunanimità l'ordine
del giorno, di cui è primo firmatario
il vicepresidente Nino Marmo
(consigliere di Pdl-Forza Italia) e
sottoscritto anche da tutti gli altri
consiglieri della Bat (Barletta, Andria, Trani) – Giovanni Alfarano,
Filippo Caracciolo, Ruggiero Mennea, Francesco Pastore – in cui
«fa voti perché il presidente della
Giunta e il presidente del Consiglio
intervengano sui vertici di Equitalia
e la Direzione regionale affinché si
receda dalla decisione della programmata chiusura dello Sportello
di Barletta, che danneggerebbe
anche i numerosi vicini centri urbani della provincia Bat, evitando
di arrecare un considerevole
danno ai cittadini utenti che sareb-
bero costretti a onerosi spostamenti; di considerare urgente, al
contrario, lʼiniziativa di potenziamento dei servizi forniti ai cittadini
e dei dipendenti, dotando e completando la sede di Barletta, già attualmente adeguata e funzionale,
con lʼimplementazione di strumenti
di maggiore sicurezza e postazioni
per lʼesame riservato di determinate pratiche al fine di favorire e
non complicare la reciproca interlocuzione». Di forte rilievo la premessa che così recita: «Equitalia,
la società pubblica - 51% Agenzia
delle Entrate e 49% Inps - incaricata della riscossione nazionale
dei tributi, attraverso le “cartelle
esattoriali”, di norma da pagare
entro cinque giorni, ha provocato,
in tutta Italia, un clima di tensione
sociale che raramente si era per-
cepito così rilevante e omogeneo
nel territorio. Per attuare il recupero dei crediti e colpire i contribuenti morosi ricorre allo
strumento delle procedure esecutive quali ipoteche immobiliari, pignoramenti di stipendi e conti
bancari, fermi amministrative (le
cosiddette “ganasce fiscali”) sui
beni mobili registrati (ad esempio
autovetture), senza ricorrere al
giudice, ma direttamente come
stabilito dal legislatore. Attraverso
tali procedure non si determina alcuna distinzione tra chi volutamente evade le imposte da chi,
invece, a causa della difficile situazione economica, è in situazione di oggettiva difficoltà.
Questa situazione ha provocato ai
malcapitati senso di fallimento,
paura, impotenza, disperazione,
causando suicidi di imprenditori e
lavoratori, costringendo commercianti a licenziare finanche i propri
figli, oppure costringendoli a chiudere lʼattività perché non in grado
di pagare le famose “cartelle” soggette alle suddette procedure vessatorie ed ulteriormente gravate
da elevati interessi moratori, aggi
(fino al 9%), compensi, sanzioni e
diritti vari. Ciò nonostante, la riscossione dei tributi riguarda soprattutto i cittadini ed è necessaria
per contrastare quanti vogliono
sottrarsi ai doveri fiscali».
Redazione
«Sono trascorsi diciotto anni dallʼultima volta che il Consiglio regionale
del Lazio ha affrontato il tema della
gestione delle risorse idriche. Prendo
atto con soddisfazione delle risultanze del movimento referendario
che ci ha fornito uno stimolo in più,
sottolineando quelle linee di principio
che sono da noi tutti condivise e che
non possono e non devono essere
messe in discussione». Lo dichiara il
consigliere di Forza Italia Giuseppe
Simeone che così prosegue: «Il valore dellʼacqua, come sancito dalla
stessa legge 6 del ʼ96, non è mai
stato messo in discussione. Lʼacqua
è un bene comune e nessuno lo ha
mai negato. Ma allo stesso tempo
non possiamo negare che per una
maggiore efficienza ed efficacia del
servizio fosse indispensabile procedere ad una razionalizzazione del sistema, ad una industrializzazione
dellʼapparato di distribuzione, ad una
suddivisione accurata dei bacini in
base anche alle caratteristiche dei
territori, ad una razionalizzazione
della gestione. Basti pensare che
prima del 1996 avevamo 500 gestioni
per 385 Comuni con una frammentazione che rendeva caotico il sistema.
La proposta di legge referendaria,
oggi arrivata in aula, si basa su principi generali che ci trovano pienamente
concordi.
Dobbiamo
approvare questo testo ma è indispensabile apportare degli aggiustamenti normativi. Serve chiarezza su
alcuni articoli che devono essere resi
più attuali e comprensibili anche in
combinato disposto con la legge nazionale. Ci auguriamo – conclude Simeone – che questa fase di confronto
e partecipazione possa rendere più
chiara e applicabile la proposta. Apprezzo lʼintervento di maggioranza e
dellʼassessore per arrivare alla definizione di un testo unanime. Forza
Italia vuole lavorare per arrivare alla
redazione di un testo unico e condiviso ma soprattutto capace di garantire la sicurezza dei cittadini, che
passa per un servizio efficiente e razionale».
Risorse idriche nel Lazio: sì al referendum
ma occorrono delle modifiche
VENERDì 14 MARZO 2014
Droga a Milano:
no alle “stanze del buco"
Redazione
«Stupisce che autorevoli esponenti della maggioranza arancione immaginino di affrontare il
problema della tossicodipendenza
e quelli ad essa legati, come il
forte degrado della città, con
lʼapertura di stanze del buco. Loro
vogliono aprire narcosale o stanze
salvavita». Lo dichiara Giulio Gallera, consigliere comunale di Milano e coordinatore cittadino di
Forza Italia, nel commentare la
mozione depositata in Consiglio
comunale da Radicali, Sel e Pd,
per l'istituzione di “stanze salvavita”. «La ricetta di Forza Italia, invece – continua Gallera – per
salvare la vita di chi fa uso di stupefacenti è combattere in maniera
decisiva e con tutti gli strumenti a
nostra disposizione il grave fenomeno dello spaccio a Milano, e
questo è possibile solo con un
maggiore presidio del territorio. È
evidente che a Milano stiamo assistendo ad una recrudescenza
del fenomeno dello spaccio, i numerosi fatti di cronaca degli ultimi
mesi lo dimostrano. È da qui che
bisogna partire. Pisapia non
ascolti i “cattivi” consiglieri della
sua maggioranza che in nome
dellʼideologia vogliono trasformare
Milano nello “Zoo di Berlino”. Riporti, invece, i vigili a pattugliare le
periferie con presidi mobili e
chieda il ritorno dei militari nelle
vie della nostra città. Rendiamo la
vita difficile agli spacciatori, questa
è la nostra prevenzione».
Gigi Proietti di nuovo mattatore
su RaiUno in autunno
Secolo
VENERDì 14 MARZO 2014
d’Italia
Redazione
Un “One man show” di Gigi Proietti prossimamente
su Rai Uno? A darlo per possibile, anzi per probabile, è lo stesso mattatore: «Voglio vedere se è
possibile fare un mio show in televisione, su Rai1,
è tanto che me lo chiedono e questa volta penso
di accettare», ha dichiarato alle agenzie che subito hanno diffuso l'annuncio che fa piacere a milioni di suo fan. «Sarebbero una, due, al massimo
tre serate», preannuncia, «riprenderei cose del
mio repertorio, prima che lo facciano altri, con elementi di attualità ma senza esagerare: non è che
si debba fare solo satira sull'attualità, solo parodia
politica, si può portare in scena anche altro», promette Proietti. La certezza arriverà entro un mese,
presume Proeitti, «anche perché lo show andrebbe in onda in autunno inoltrato».«Caro Gigi
Proietti per i Numero Uno come te, @RaiUno è
sempre pronta. Sarà la volta buona?”: immediata
la risposta via social di Giancarlo Leone. Di repertorio in cui pescare Proietti ne ha più che in abbondanza, basta elencare la lunga serie di
successi sui palcoscenici ottenuti con questa formula: da “A me gli occhi, please” del 1976, riportato in scena a più riprese e sempre con lo stesso
successo, a “Come mi piace” del 1983; da ”Leggero leggero” del 1991 a “Prove per un recital” del
1996 e “Io, Tòto e gli altri” del 2002. Del resto la
formula in tv Proietti l'ha praticata già, sempre con
la Rai, già nel 1982 con “Attore, amore mio”, primo
“one man show” mandato in onda dalla televisione
italiana. Aspettiamo con ansia la performance di
un grande uomo di teatro, anhe se lo show in
prima serata non sarà l'unica presenza di Proietti
su Rai1 nel prossimo futuro: «Ho finito da poco di
girare la fiction in quattro puntate con la regia di
Luca Manfredi, con il quale eravamo reduci della
miniserie “L'ultimo Papa Re”. Quattro mesi di la-
7
voro - sottolinea Proietti - per una fiction bella robusta (“Un cuore matto” in quattro puntate che
andrà in onda all'inizio della stagione prossima su
Rai1». Non bastasse Proietti debutta nei prossimi
giorni, il 18 marzo, al romano Teatro Golden con la
regia di “Remember me?”, commedia dell'americano Sam Bobrick: «È stato un bel giochino, è una
commedia molto carina che ho diretto con piacere
per dare una mano ai colleghi», spiega Proietti, riferendosi agli interpreti Sebastiano Somma e Sandra Collodel.
A trent'anni dalla morte di Hergé in libreria esce un Tintin inedito
Redazione
Torna Tintin, il giovane reporter belga
che insieme al suo cagnolino Milù è
protagonista di avventure in ogni
parte del globo. A trentʼanni dalla
morte del suo ideatore, il disegnatore
belga Hergé, esce in libreria un Tintin
inedito. È la prima versione de "Le
sette sfere di cristallo", le strisce in
bianco e nero di un episodio de "Le
Avventure di Tintin" pubblicate sul
quotidiano belga Le Soir tra il 1943 e
il 1944. Lʼalbo a colori di questa serie
è uscito 1948 ma con qualche modifica rispetto alla versione originale. La
nuova opera intitolata "La maledizione di Rascar Capac" presenta lʼintegralità della storia originale de "Le
sette sfere di cristallo" del 1943 accompagnata da schizzi preparatori e
documenti dellʼepoca che mettono in
evidenza le ricerche di Hergé in particolare sulla civiltà Incas. Ci sono
anche i commenti di Philippe Goddin,
ex segretario generale della Fondazione Hergé, sul processo creativo e
il contesto storico. Il libro è stato pubblicato dalle edizioni Casterman (del
gruppo Gallimard), editore storico di
Tintin, in partenariato con Moulinsart,
società che è titolare dei diritti dellʼopera di Hergé. Un secondo capitolo
dovrebbe uscire il prossimo autunno,
insieme ad altre edizioni speciali in
occasione dellʼ80esimo anniversario
della prima edizione de "Le Avventure
di Tintin", "I sigari del Faraone" del
1934. I diritti dʼautore del personaggio
di Tintin (la cui fortunata serie ha venduto 230 milioni di copie in tutto il
mondo) diventeranno di pubblico dominio nel 2053, a settantʼanni dalla
morte del suo ideatore. Le storie di
Tintin hanno appassionato milioni di
ragazzi. Di lui non si conosce nulla,
né famiglia né l'età; viene dichiarata
solo la sua professione, quella appunto di reporter, anche se non lo vediamo mai a lavoro. Per "ovviare" alla
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Antonio Triolo
Ugo Lisi
contraddizione data da un personaggio costantemente impegnato in
viaggi attorno al mondo senza una
evidente fonte di reddito, Hergé lo fa
partecipare (nella sua prima avventura in due parti) a una fortunata caccia al tesoro, che (evidentemente)
permette a lui e ai suoi soci di vivere
di rendita.
Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà
Redazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503
mail: [email protected]
Amministrazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/688171
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7 agosto 1990 n. 250