Il cinema classico - Filosofia Roccella

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Il cinema classico - Filosofia Roccella
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Theorein_ Alessandra Mallamo
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Cinema/pensiero/filosofia_ Appunti 1
a partire dalla riflessione di Gilles Deleuze
Il cinema delle origini: immagine in movimento
Il cinema delle origini, al pari del periodo che definiamo preistoria, deve essere definito più
correttamente “precinema” poiché in esso non si erano ancora affermate quelle
caratteristiche dell’arte cinematografica che ci permettono di riconoscerla come tale.
Esso è caratterizzato da una prospettiva fondamentalmente teatrale, nel senso che lo
spazio del quadro è considerato uno spazio chiuso in cui si registra un momento o avviene
un fatto limitato in se stesso.
Il primo cinema dei Fratelli Lumière è caratterizzato da:
• immagine “documentaristica” (anche se una certa messa in scena è sempre presente)
• naturalismo, nel senso che il tempo e lo spazio coincidono con la durata reale
dell’azione che viene filmata. La ripresa è fissa.
• Deleuze definisce tale cinema come il cinema dell’immagine in movimento, intendendo
con questa espressione il fatto che la macchina da presa (mdp) non fa altro che
registrare passivamente un frammento spazio-temporale che le è sostanzialmente
estraneo.
• gli elementi caratterizzanti i primi contenuti di questa nuova forma di sperimentazione
visiva, sulla scia delle invenzioni che sono nate a partire dal 1700, non sono più i
mondi nuovi che sempre erano stati sottratti alla vista, ma al contrario momenti della
quotidianità in cui si riflette però un preciso ordine simbolico.
• L’uscita dalla fabbrica e L’arrivo del treno stanno sintomaticamente a riassumere la
piega di un’epoca dove le forme della dimensione socio-economica e le possibilità di
progresso vengono radicalmente rivoluzionate rispetto alle epoche precedenti.
Il cinema di Méliès è radicalmente diverso per contenuti e stili ed è basato sullo
sfruttamento delle potenzialità fantastiche dell’immagine, è il cinema dell’irrealtà opposto
alla realtà ripresa dai Lumière.
In esso viene messa in scena un’azione ben organizzata e chiusa in se stessa, al pari di
un numero teatrale, che però evidenzia, ancora una volta, la fiducia illimitata nelle
potenzialità dell’uomo e la convinzione che sia possibile dominare la natura, in questo
caso, lo spazio e il tempo, l’ordine naturale delle cose.
In entrambi i casi la ripresa è fissa e non c’è alcun tipo di montaggio tra le immagini.
(approfondimento: Lo stupore della scoperta di Fernando di Giammatteo)
Il cinema classico: immagine-movimento
Secondo Deleuze, l’immagine in movimento diventa immagine-movimento nel momento in
cui si esce dall’idea che il cinema debba imitare perfettamente la percezione naturale, o al
massimo, ingannarla.
la ripresa fissa, il piano immobile, il tempo uniforme vengono sostituiti grazie
all’introduzione dei movimenti di macchina, dagli spostamenti della macchina che
determinano inquadrature diverse (approfondimento: L’inquadratura), e dal montaggio.
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Il piano, cioè lo spazio dell’immagine definito dentro i bordi dello schermo, cesserà di
essere una categoria solamente spaziale che riprende una durata in cui avviene qualcosa,
ma sarà una sezione mobile, ovvero qualcosa in cui si determina non solo lo spazio ma
anche il tempo, come movimento.
la mdp non è più un occhio che guarda un movimento, ma è essa stessa produttrice di
movimento.
Il movimento ottenuto attraverso piani diversi e attraverso il montaggio permette ora di
mettere in scena una narrazione.
Il racconto è il movimento stesso del film, nel senso che il film classico è qualcosa che da
una situazione iniziale, S, passa a una situazione nuova, S’, attraverso un’azione, A. O
viceversa, qualcosa che da un’azione A determina una S a cui corrisponde una nuova
azione A’.
Si tratta, anche a questo livello, di cogliere il procedere del movimento come narrazione di
un mutamento nel tempo.
Per poter raccontare il mutamento si utilizza il montaggio.
Il montaggio si compone di tre grandi operazioni: selezione, assemblaggio, raccordo1,
esse hanno lo scopo di ottenere, a partire da elementi in partenza separati, una totalità,
ossia il film.
Selezionando e assemblando secondo una certa regola, che nel cinema classico è
stabilita dei raccordi, si lavora sulle immagini-movimento per far apparire un tutto, una
durata, un’idea, ovvero un’immagine del tempo.
Una delle prime forme di montaggio si definisce alternato parallelo e si basa soprattutto su
rapporti binari, cioè su un’opposizione tra un protagonista e un antagonista ben definiti.
Il film è concepito come una rottura dell’equilibrio tra le parti e procede verso un tutto dove
si afferma alla fine il punto di vista e il mondo del protagonista a discapito dell’antagonista,
si restaura e si afferma una grande unità organica.
Le parti si relazionano tra di loro entrando in conflitto, minacciando l’unità dell’insieme, il
“buono” incarna e protegge tale unità, il cattivo la vuole distruggere. (v. Griffith, Nascita di
una Nazione)
Il film classico, in genere, è il racconto del disfacimento e della restaurazione di una forma:
una situazione viene ristabilita attraverso una dualità. Alla fine ciò che si vede è
l’affermazione di qualcosa che all’inizio è stato messo in crisi: da questo dualismo nasce la
narrazione come espressione di un tutto organico di cui le parti, le tante individualità
incarnate dai personaggi, non fanno altro che confermare l’unità per opposizione
(dinamica protagonista/antagonista) o per convergenza (protagonista/amici del
protagonista).
Ogni parte è data come un fenomeno indipendente, essa incarna l’affermazione di un’idea
secondo cui ogni cosa verrà riassemblata nel corso della storia. Emerge qui anche una
concezione della Storia, come composizione organica tra elementi diversi tra loro.
L’idea classica del montaggio esprime questa concezione, poiché considera il ritmo delle
immagini come qualcosa che è sostanzialmente empirico ed estetico, utile ai fini di
qualcos’altro che può essere la narrazione di una storia o l’affermazione di una idea.
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Per un approfondimento sul montaggio vedi http://cineclick.utetuniversita.it/linguaggio/montaggio/
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Secondo la scuola sovietica, in particolare nelle ricerche di S.Eisenstein, il montaggio
mette in luce la struttura essenziale dell’esistente, ovvero il suo essere intrinsecamente
luogo di sviluppo dell’opposizione e della contraddizione che fa accrescere la vita. Il
modello esemplare è quello della cellula, che sviluppa l’organismo per separazione
continua. Le parti quindi non sono più fenomeni indipendenti ma dipendono da una stessa
causa generale, ciò vale per la Natura e per la Storia (per esempio, la divisione tra i ricchi
e i poveri dipende dallo sfruttamento sociale).
Il montaggio è, da una parte, lo strumento attraverso cui si scompone l’oggetto, per poi
essere ricomposto in un’unità superiore (che non è semplice riunione delle parti); dall’altra
esso garantisce la relazione e il vivere simultaneo di elementi che altrimenti vivrebbero
lontani temporalmente e spazialmente, nonché concettualmente.
Il montaggio è da intendersi come il principio basilare della creazione artistica, in sintonia
con lo stesso principio della percezione umana delle cose, che avviene per frammenti. Il
montaggio sta alla base della raffigurazione stessa. Esso non riguarda solo il cinema, ma
l’arte in generale, la tesi è che: “nel singolo ambito di un’opera, nella sua composizione e
nei metodi di questa, sia necessario esprimere l’elemento della rappresentazione
contemporaneamente a quello dell’immagine generalizzante, e come sia indispensabile
che entrambi questi elementi siano indissolubilmente uniti e penetrino l’uno nell’altro”.
Il tutto si riflette in ogni parte e ogni parte ha in sé l’insieme.
Ogni momento successivo spiega e accresce quelli precedenti. Il passaggio avviene per
salti qualitativi, che determinano un cambio di forma. Non c’è soltanto unità organica e
ordinata degli opposti ma un passaggio a una dimensione nuova che determina un
cambiamento di qualità.
Nel film di Eisenstein, Ottobre, la coscienza che esprimono i soviet nella scena
“dionisiaca” di Ottobre, dove i bolscevichi distruggono le cantine dello Zar per impedire che
la gente del popolo porti via il vino, mostra il salto qualitativo verso una nuova forma della
Storia: dopo la Rivoluzione tutte le parti coinvolte verranno modificate, il popolo sarà
qualcosa di diverso, sarà elevato verso una nuova potenza, verso una nuova storia, verso
altri comportamenti che non sono più quelli di prima, a differenza della restaurazione di
un’unità perduta (come accade in Griffith), la prospettiva è qui rivolta al tempo in un senso
totalmente diverso: esso è inteso come futuro in fieri, simboleggiato perfettamente
dall’immagine del bambino che si siede sul trono.
Il montaggio ha la caratteristica di essere essenziale e non estrinseco poiché non si limita
a mostrare l’esistente nella sua opposizione fattuale, ma riesce a creare qualcosa di
nuovo, a mostrare qualcosa di nuovo, cioè le associazioni tra cose, le relazioni, facendo
vedere come l’immagine tenda sempre a superare se stessa verso nuove dimensioni,
questo accade, per esempio, nella scena di Ottobre dove le statue e le sculture religiose si
sovrappongono alle immagini dei vessilli dello Zar, a dire che quello era un potere basato
sull’idolatria dell’individuo e del lusso.
Ma in che modo il montaggio è la forma essenziale, coestensiva, al contenuto che mette in
scena?
• Nel senso che esso riproduce il funzionamento della vita, come continuo
accrescimento che avviene per opposizioni e separazioni, grazie al cui rapporto
dialettico (scientifico, secondo Eisenstein) si ha uno sviluppo.
• Nel senso che mostra il pensiero delle immagini, ovvero la coscienza delle cose nelle
cose stesse, attraverso di esse.
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Nel senso che il meccanismo provocato dal montaggio è il modo con cui può
manifestarsi l’idea del Tutto. L’accostamento delle inquadrature che mostra processi
narrativi e intellettuali funziona perché fa fuoriuscire la singola immagine da se stessa
e, in un certo senso, ci costringe a pensare alla totalità. Il tutto è la totalità organica che
si pone opponendo e superando tutte le proprie parti senza annullarle. Il montaggio
esiste già nel funzionamento del pensiero, infatti la totalità percepita è una totalità
intellettuale.
“Il tutto può essere solo pensato, perché è la rappresentazione indiretta del tempo che
deriva dal movimento”(Deleuze)
Non si tratta di un’effetto logico-deduttivo, ma sintetico: è l’effetto dinamico - l’impressione
- delle immagini sulla nostra mente.
Questo è uno dei motivi che spiega il significato dell’espressione “montaggio delle
attrazioni”, coniata da Eisenstein. L’immagine-movimento deve essere come uno choc per
lo spettatore, “il cinema sovietico deve spaccare i crani” (Eisenstein) e costringerlo a
pensare oltre ciò che sa, ovvero oltre la sua percezione quotidiana-naturale delle cose.
A un “cinema intellettuale” così concepito si correla “un’intelligenza emozionale”, un
“pensiero sensoriale”, che l’artista russo riassume nel concetto di “patetico”, cioè elemento
di puro “pathos”, capace di convogliare il pensiero attraverso le emozioni.
L’attrazione è quindi una modalità con cui coinvolgere lo spettatore nel pensiero, ma essa
è anche da intendersi in senso associativo: “l’associazione di immagini come legge di
attrazione newtoniana” (Deleuze) che permette alla coscienza di raggiungere una nuova
dimensione: attraverso il “patetico” la comprensione del tutto, il legame tra l’uomo e il
mondo, l’immagine del tempo.
Pensare non è solo la capacità logica di dedurre formalmente i pensieri gli uni dagli altri,
ma è essere capaci di cogliere intellettualmente il tutto (naturale e storico) nel suo
continuo mutamento secondo la sua legge. Secondo i registi sovietici (Eisestein e Vertov,
in primis) il cinema era l’elemento che avrebbe dato all’uomo la capacità di pensare in un
modo nuovo.