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Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR
settimanale diretto da luigi amicone
anno 20 | numero 25 | 25 giugno 2014 |  2,00
EDITORIALE
governo a gonfie vele, pAESE SENZA OSSIGENO
I primi cento giorni di Renzi son stati
un affare, ma la svolta ancora non c’è
I
l fatto che persino Grillo si sia piegato a trattare la dice lunga sulla salute politica del “rottamatore”. Matteo Renzi taglia il traguardo dei
primi cento giorni di governo con il vento che gli gonfia le vele. Della
legittimità (giornali proni, cancellerie internazionali in sollucchero, 40,8
per cento di elettori in brodo di giuggiole). E del comando (minoranza Pd
ridotta alla marginalità). «Mentre qualcuno passa le giornate a ragionare
di cosa fa un senatore – dice l’amato leader – cercando i famosi 15 minuti
di celebrità, noi stiamo rivoluzionando l’Italia».
Nei fatti, ad oggi, la rivoluzione si limita agli 80 euro arrivati in busta
paga ai lavoratori dipendenti con redditi compresi tra 8 mila e 24 mila euro lordi l’anno. Mentre i contribuenti italiani restano il popolo europeo sottoposto al più alto incremento di pressione fiscale e con il debito pubblico
che – non causa “mazzette” ma grazie ai costi dello Stato – continua la sua
ascesa (siamo oramai alle soglie del 140 per cento del Pil) e in aprile ha raggiunto il livello record di 2.146,4 miliardi (più 26,2 miliardi rispetto a marzo). Fate conto che in base al fiscal compact, il patto finanziario europeo per
il quale ci siamo impegnati ad abbattere il debito di tre punti ogni anno, per Il debito pubblico continua
vent’anni, portandolo al 60 per cento a salire e si avvicina ormai
al 140 PER CENTO del Pil. COSA
del Pil, a partire dal 2015 i contribuenSignifica? significa Che
ti italiani dovrebbero pagare ogni anoccorre cambiare lo stato
no, per vent’anni, suppergiù il doppio
dei 54,5 miliardi di euro, tra imposte, tasse e tributi, versati lo scorso 16 giugno. Impresa impossibile, dunque degna, direbbe la Merkel. Ma insomma,
solo questo dato basta e avanza a ricordarci che l’unica rivoluzione sarebbe
il rovesciamento come un calzino del modello di Stato incentrato su Roma
e sulla pletora di corpaccioni che lo compongono. Sotto questo profilo Renzi sta ancora promettendo molto e facendo poco.
In compenso, per arginare la campagna ideologica che si nutre delle
inchieste di giornata, Renzi ha “personalizzato” la lotta alla corruzione,
spingendo nuove leggi e inventandosi i Raffaele Cantone (Expo di Milano)
facenti funzione di superprefetti, superdirettori di lavori pubblici, supermagistrati inquirenti. Una linea commissariale leguleia – come ammette
quella parte di magistratura non corrotta da ambizioni di gloria e di carriera personali – che non è la soluzione ma è parte del problema sprechi, inefficienze, corruttele, che caratterizzano il “sistema Italia”.
Dunque: perché Renzi non riprende il percorso della scomposizione e ricomposizione dello Stato italiano su basi federali? Perché non ritorna sulla
via della definizione dei “costi standard”, specie in settori come la sanità che
pesa per l’80 per cento sui bilanci pubblici? Perché non libera la scuola dal
disastro dello statalismo? Perché, per dirla con Pierluigi Battista, «sta rottamando tutto, ma non la sudditanza al giustizialismo» che seguita ad attribuire alla magistratura una supplenza politica “salvifica”, soffoca
la società e castra ogni ripresa di libertà e intraprendenza economica?
MINUTI
A tre metri
dal crocefisso
Roma. Una chiesa al quartiere Prati, una sera di giugno. Appena oltre il portone, sulla parete destra, c’è
un crocefisso di legno. Molti di quelli che escono da Messa si avvicinano,
guardano al volto di Cristo, ne accarezzano i piedi trafitti. Tante carezze
nel tempo hanno corroso i piedi di
legno, che ora sono ricoperti d’oro.
Io osservo, da un angolo accanto a
una colonna.
La Messa è finita, la chiesa è quasi
vuota ormai, si spengono le luci.
Quando arriva una donna con i capelli grigi ma ancora forte, e massiccia. Lei non si accosta al crocefisso come gli altri, a capo chino. Ferma
e diritta, a tre metri di distanza, lo
guarda; con sul volto una espressione
grave e fiera. Come una che ricordi a
Dio: tu, lo sai, hai promesso.
Promesso che il marito guarisca, forse, o che un figlio che se ne è andato ritorni. Ciò che mi colpisce è lo
sguardo, non di supplica, ma come
di profonda e battagliera certezza.
Resta ferma la donna almeno un minuto in quel suo silenzioso apostrofare il Cristo in croce. Poi si segna e
se ne va, sempre a testa alta, il passo
lento e sicuro.
Che sia così, mi chiedo, che bisogna
pregare? Con la totale fermezza vista in faccia a questa sconosciuta:
che nemmeno per un istante pareva
dubitare che Dio la possa, se lo vuole, esaudire.
Si tratta solo di ricordarglielo, a
Dio, e di insistere. Si tratta solo, pazienti, certi, di aspettare.
Marina Corradi
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SOMMARIO
08 PRIMALINEA DOVE CI PORTA MARE NOSTRUM? | BORSELLI, GROTTI
NUMERO
anno 20 | numero 25 | 25 giugno 2014 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
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L’esercito del terrore
islamista conquista metà
Siria e Iraq. E ora lancia
la sfida all’Occidente
LA SETTIMANA
20 ESTERI LA “CROCIATA” ISLAMISTA
Minuti
Marina Corradi............................3
Foglietto
Alfredo Mantovano...........7
Presa d’aria
Paolo Togni..................................... 38
Mamma Oca
Annalena Valenti............... 39
Acta Martyrum
Emmanuele Michela.. 44
Sport über alles
Fred Perri.......................................... 46
14 INTERNI NUOVE TASSE. QUANTO CI
COSTANO? | RIGAMONTI
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano.................. 47
Mischia ordinata
Annalisa Teggi........................50
RUBRICHE
26 ESTERI REPORTAGE DAL VENEZUELA
32 SOCIETÀ VIAGGIO NELLE PERIFERIE. AMAZZONIA | GHEDDO
Stili di vita........................................... 38
Per Piacere.........................................41
Motorpedia........................................42
Lettere al direttore.......... 46
Taz&Bao................................................48
Foto: AP/LaPresse, Corbis, Pime
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 20 – N. 25 dal 19 al 25 giugno 2014
DIRETTORE RESPONSABILE:
LUIGI AMICONE
REDAZIONE: Laura Borselli, Rodolfo Casadei
(inviato speciale), Caterina Giojelli,
Daniele Guarneri, Pietro Piccinini
IN COPERTINA: Foto Corbis
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FOGLIETTO
di Alfredo Mantovano
pubblica amministrazione
Ciò che la mannaia del
governo sulle prefetture
non riesce a capire
Foto: Ansa
L
a pubblica amministrazione è entrata
nel mirino di Renzi fin dal primo
giorno di governo. In coerenza con
l’annuncio, l’ultimo Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge
presentato come la chiave di volta per un
rapporto fra Stato e cittadino finalmente efficiente e celere. Mi fermo solo su un
passaggio di una riforma ampia e ambiziosa: quello dedicato alle prefetture e alle articolazioni periferiche dei ministeri.
Esso prevede che restino in vita le prefetture delle città capoluogo di regione, con
qualche aggiunta qua e là (si parla in tutto di 40 prefetture sopravviventi), e che
gli uffici delle altre amministrazioni siano accorpati, con la gestione unitaria
dei servizi strumentali.
Presumendo che il prefinora non sono mancate le riforme,
sidente del Consiglio
ma la loro applicazione: misure
faccia sul serio e conimportanti
varate da altri esecutivi
dividendone lo sforzo
sono rimaste sulla carta perché
nelle linee di massima,
è il caso però di riflettealcune burocrazie le hanno fermate
re su qualche dettaglio.
Ho trascorso al Viminale otto anni e le prefetture italiane invece che miglioramezzo. Incontrando centinaia di prefet- re il reclutamento e la formazione? Ogni
ti, più volte mi sono chiesto come aves- prefettura svolge compiti che esigono una
se fatto chi mi stava di fronte a ricevere distanza corta dal cittadino: si pensi alla
quell’incarico; il “principio delle carte a cosiddetta depenalizzazione, cioè alle sanposto” prevale di frequente su quello del- zioni che una volta erano penali, ora sono
la soluzione del problema sottoposto alla amministrative, e che vengono irrogate da
loro attenzione; con tante lodevoli ecce- questi uffici; risponde a efficienza che il
zioni, non sono e non si rendono simpa- diretto interessato che voglia far valere le
tici, specializzati – come sembrano – a op- sue ragioni si sposti dal capoluogo di proporre l’inerzia rispetto a ogni novità, con vincia a quello di regione? Si pensi ai beni
uno spirito di corpo che è più autoreferen- confiscati o alle pratiche di cittadinanza: è
zialità che orgoglio di appartenenza. Tut- ragionevole un solo ufficio per un’intera
to ciò però attiene alle modalità di reclu- regione? Siamo convinti che l’accorpamentamento, di avanzamento e di formazione: to cancelli lentezze e ritardi? Non viene il
è ragione valida per sopprimere i 2/3 del- dubbio che un unico ufficio abbia una fi-
Il ministro
della Pubblica
amministrazione
Marianna Madia
la più lunga rispetto a quattro o cinque?
Ci sono modi e mezzi per ridare efficienza alle amministrazioni, in particolare alle prefetture. Alle fine degli anni Novanta fu varato – con enfasi pari a quella
attuale – l’Ufficio territoriale del governo, che riqualificava ogni prefettura in
una sorta di sportello unico di tutti gli uffici periferici dello Stato, a cominciare da
quelli finanziari: non è mai diventato operativo. È utile chiedersi come mai: intanto per evitare che, fra leggi dello Stato e
decreti delegati, anche all’attuale riforma tocchi la stessa sorte; e poi per recuperare quel che si può di quell’impianto,
che è ancora legge. Ciò che finora è mancato non sono state le riforme, ma la loro applicazione: misure importanti varate
dagli esecutivi Letta, Monti e perfino Berlusconi sono rimaste sulla carta perché alcune burocrazie, cui non erano gradite, ne
hanno rallentato, se non fermato, i decreti attuativi. Questo vuol dire che una decisa e paziente azione di governo con gli
strumenti che si hanno a disposizione –
che sono tanti – pesa incomparabilmente
di più di una megariforma allo stadio iniziale. Il cui effetto rischia di essere solo la
soppressione di larga parte della struttura amministrativa decentrata dello Stato,
senza nulla che la sostituisca. A quel punto, sempre presumendo che il presidente
del Consiglio faccia sul serio, non funzionerebbe neanche lo spot.
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I limiti di una missione che salva vite e mette
all’angolo la politica. Incapace di gestire l’emergenza
immigrazione e di farsi ascoltare in Europa
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DI laura borselli
Deriva
Dove ci porta Mare Nostrum?
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MEDIterraneo
Mare Nostrum
è stata lanciata
nell’ottobre scorso
dopo che 300 persone
hanno perso la vita
nell’ennesima tragedia
del mare. Costa oltre
9 milioni di euro
al mese al nostro
ministero
della Difesa
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«I
l fatto interessante è
che da quando esiste
questa operazione è
diminuito molto il
numero degli incidenti in mare». Chiedendo al capitano di vascello Vianello
se gli sbarchi di immigrati salpati dalle
coste libiche siano aumentati o diminuiti con l’operazione Mare Nostrum non si
può che ricevere la risposta d’onore di un
ufficiale. Il capitano parla di 56 mila persone tratte in salvo da quando è in corso
l’operazione, circa 43 mila dalle navi della marina, le altre da mezzi che a vario
titolo hanno cooperato, come mercantili e altre forze armate. Non è qui, non è
su una delle navi che ogni giorno pattugliano le nostre coste e cercano di avvicinare i barconi di disperati scongiurandone il capovolgimento, che si deve veni-
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re a cercare l’eco della polemica che travolge Mare Nostrum, l’operazione iniziata il 13 ottobre scorso, dopo che circa trecento persone morirono nell’incendio e
nel naufragio del barcone con cui cercavano di raggiungere l’Italia. Tornano vive
le immagini raccapriccianti di quei giorni, le storie di madri incinte restituite dal
mare giorni dopo la morte, bambini falciati dal fuoco o inghiottiti dall’acqua.
Fino alla schiera ordinata e tragica dei
corpi disposti sul molo e delle bare per un
simbolico funerale. Un corredo iconografico terribile e toccante che condiziona
enormemente il dibattito sull’immigrazione nel nostro paese e più ancora quello sulla gestione degli sbarchi.
Sono passati nove mesi da quando è
stata lanciata un’operazione che si prefiggeva il duplice scopo, come ricorda a Tempi ancora il capitano Vianello, di far fronte
a un’emergenza umanitaria sorvegliando
le acque dello stretto di Sicilia ma anche di
offrire un contributo significativo al traffico di migranti. In pratica: salvare i disperati e catturare gli scafisti stroncandone
gli affari. E nonostante il governo faccia
sapere che dall’inizio dell’anno sono stati assicurati alla giustizia almeno un centinaio di delinquenti, ad oggi la seconda
parte del messaggio sembra non funzionare a dovere, quanto meno in termini di
deterrenza. Basti pensare che i prezzi per
i biglietti dei viaggi della speranza sono
addirittura diminuiti, arrivando anche a
meno di mille euro. «Certo che i prezzi
dei biglietti sono diminuiti», dice a Tempi Alfredo Mantici, ex direttore dell’ufficio
analisi del Sisde oggi direttore del portale
di geopolitica Lookout News. «I trafficanti
vedono i nostri telegiornali e sentono che
Mare Nostrum non è un’operazione conce-
MEDIterraneo PRIMALINEA
Secondo i dati della
Marina sono circa
56 mila le persone tratte
in salvo da quando
è in corso l’operazione,
circa 43 mila dalle nostre
navi e le altre da mezzi
che hanno cooperato
fermare mare nostrum? è un po’ come minacciare uno
sciopero delle ambulanze: inimmaginabile a meno di
assumersi la responsabilità di centinaia di morti
anni di carcere i prezzi aumenterebbero.
Poi dobbiamo accettare che quando queste
persone arrivano sulle nostre coste sono
un nostro problema».
Pochi giorni fa il sottosegretario alla
presidenza del Consiglio Graziano Delrio ha ribadito l’importanza di Mare
Nostrum, un’operazione che, secondo i
numeri forniti dal ministro della Difesa
Roberta Pinotti, costa all’Italia poco più
di 9 milioni di euro al mese. L’operazione
non si chiude, come chiedevano la Lega
e Forza Italia, ma occorre ragionare per
superarla e migliorarla «nel senso di renderla pienamente europea e non più una
missione emergenziale».
pita per frenare le ondate migratorie clandestine e a metà del tragitto ci sono le navi
italiane». Solo venerdì scorso la Marina ha
intercettato un gommone affondato a circa 40 miglia dalle coste della Libia (il corrispondente di circa 60 km). Dieci corpi
recuperati, 39 persone salvate e decine di
dispersi. È il copione che si ripete ormai
quotidianamente in un momento in cui
la bella stagione favorisce la navigazione
e in cui le guerre africane e mediorientali
portano masse di disperati a premere sulle coste di una Libia ormai fuori controllo.
«Se vogliamo incidere sul fenomeno –
riprende pragmaticamente Mantici – dobbiamo colpire chi ha in mano il rubinetto
dei flussi, ovvero i trafficanti di uomini. I
quali impongono un prezzo da pagare per
il biglietto che non è solo il corrispettivo
di quanto vogliono guadagnare, ma anche
di quello che rischiano. Se rischiassero 30
Le minacce di Alfano
Pochi giorni dopo il ministro dell’Interno
Angelino Alfano tornava a minacciare la
sospensione dell’operazione. Che è un po’
come minacciare uno sciopero delle ambulanze: un’opzione inimmaginabile a meno
di assumersi la responsabilità di centinaia di morti innocenti. La minaccia dovrebbe servire a scuotere un’Europa indiscutibilmente assente. Il governo italiano chiede che una sede dell’agenzia Frontex sia
trasferita in Italia e che si occupi della
missione (adeguatamente finanziata, perché ad oggi ha un budget di 80 milioni
mentre Mare Nostrum costa trecentomila
euro al giorno...). Insomma: il vertice europeo sull’immigrazione del 25-26 giugno si
annuncia ricco di argomenti.
Il semestre italiano di presidenza, in
questo senso, condensa molte (fin troppo generose) speranze. L’Italia punta a
una revisione della cosiddetta Convenzione di Dublino, quel regolamento europeo
che stabilisce quale sia lo Stato competente a valutare la domanda di asilo di un
migrante secondo la Convenzione di Ginevra, solitamente quello in cui il migrante ha raggiunto per la prima volta l’Unione Europea. «Difficile pensare che in un
semestre di presidenza, tanto più come
quello che si appresta a presiedere l’Italia con la gran parte delle direzioni ancora da assegnare dopo le elezioni del 26
maggio, si possano addirittura modificare delle Convenzioni. Però lo spazio per
degli atti intermedi c’è e deve esserci»,
osserva Natale Forlani, direttore generale
dell’Immigrazione del ministero del Lavoro. «Mare Nostrum ha dei limiti grandi –
riprende Forlani –, che vanno al di là delle
responsabilità italiane: il 90 per cento dei
flussi migratori passa da una Libia senza
governo e senza interlocutori istituzionali. C’è poi una lunga storia di responsabilità europea, che non si è mai preoccupata di controllare flussi migratori che hanno al loro interno elementi di pericolosità
molto elevata, in cui non mancano le infiltrazioni criminali o terroristiche. Arrivano i disperati dell’Africa subsahariana e
sull’arrivo di questi disperati in Libia non
solo non si controlla, ma si lucra. Ci vuole una autorevolezza persuasiva di intervento che non può che essere europea».
«Se non governiamo il fenomeno – riprende Mantici – siamo destinati a subirlo.
Occorre ostacolare le partenze con accordi con i governi dei paesi di partenza. Non
è impossibile fare un accordo con la Tunisia, coi banditi delle milizie libiche usando i nostri servizi segreti».
La storia di Klodiana
Klodiana Cuka è albanese. È arrivata in Italia nel 1992 con la legge Martelli. Per una
decina di anni, mentre passava dal lavoro di sarta, cameriera fino a quello di studentessa universitaria e poi dottoranda,
ha avuto scritto “collaboratrice domestica” sulla carta di identità. La sua vocazione l’ha trovata come fondatrice e direttrice di Integra, una Onlus titolare di servizi
per favorire l’integrazione degli immigrati. Dopo l’emergenza seguita alla cosiddetta primavera araba, Integra vince la gestione per il triennio 2014-2016 di alcuni progetti per l’assistenza ai richiedenti l’asilo
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Forlani (ministero del lavoro): «Parliamo ancora di
immigrazione come se fossimo fermi a dieci anni fa.
l’incidenza dei flussi via mare sul totale è minima»
secondo i fondi Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Nelle piccole strutture di accoglienza gestite
da Integra nei dintorni di Lecce (appartamenti con al massimo otto persone) stanno immigrati che per sei mesi vengono
assistiti nella procedura di richiesta di asilo dopo la permanenza nei grandi centri
di accoglienza come Mineo e Bari. In loro
Klodiana rivede spezzoni della sua storia,
quando erano lei e i suoi connazionali a
scappare per inventarsi un futuro. Qui, in
questo periodo cruciale che segue la fase di
emergenza, qualcuno impara a scrivere un
curriculum, a cercare un lavoro; gli altri,
la maggior parte, si preparano ad andarsene. L’esperienza di Klodiana e dei suoi colleghi conferma infatti quello che mostrano i dati: la gran parte dei migranti che
arriva in Italia (l’80 per cento di essi ha le
caratteristiche per ottenere l’asilo) punta
a stabilirsi nel Nord Europa. «Queste persone devono essere considerate profughi
dell’Europa», osserva Klodiana auspicando anche lei la revisione della convenzione di Dublino.
Un anno fa la visita del Papa
L’8 luglio prossimo sarà passato un anno
esatto dalla visita di papa Francesco a Lampedusa. Un evento eccezionale, con la Messa celebrata usando una barca come altare e un’omelia sferzante, nei confronti
dell’indifferenza («quanti di noi hanno
pianto vedendo quelle immagini di naufragi?», chiedeva il pontefice) e dei mercanti di uomini che sfruttano la sofferenza e le speranze dei propri fratelli. «La rete
internazionale dei trafficanti di uomini
– riprende Mantici – è pericolosa quanto
quella dei trafficanti di droga e come tale
va colpita. Dobbiamo liberarci dall’immagine “romantica” delle famiglie con bambini che stanno sulle spiagge libiche ad
aspettare le barche verso una vita migliore. La realtà è che ci sono persone e intere
famiglie, deportate, e buttate su dei barco12
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ni da cui non si sa se usciranno vivi».
Ancora oggi, a un anno dalla visita
del Papa a Lampedusa, e nel corso dell’ennesima estate di sbarchi la linea la detta sempre l’emergenza, così ha spazio il
gioco delle parti in cui si nasconde colpevolmente la politica, con da un lato quelli che paventano una “invasione” da cui
difendersi e dall’altra i profeti di un buonismo che è tutto fuorché una politica seria
di accoglienza. «Il dibattito sull’immigrazione in Italia è un po’ datato – conclude
Natale Forlani. Si tende a identificare l’immigrazione con le barche, ma l’incidenza
dei flussi via mare sul complesso dell’immigrazione che interessa il nostro paese è
minima. L’Italia è un paese che ha i numeri di una comunità matura di accoglienza, con quasi 5 milioni di residenti di origine straniera, di cui la metà sono europei, ossia il prodotto della libera circolazione. I bisogni di queste persone sono diversi. Sono persone che hanno i requisiti di
welfare che abbiamo noi, a cui garantiamo
cure mediche, sostegno al reddito. Ecco,
gli altri paesi europei si stanno ponendo il
problema della sostenibilità dei neocomunitari. Noi parliamo ancora di immigrazione come se fossimo fermi a dieci anni
fa, quando c’era il lavoro e una domanda di professionalità che erano proprio gli
immigrati a soddisfare». n
parla padre mussie zerai
Dall’inferno si può
solo scappare
Il sacerdote eritreo “angelo dei profughi” spiega
cosa spinge i suoi connazionali a imbarcarsi. «Per
chi chiede asilo occorre un corridoio umanitario»
«M
Nostrum è costata
molto ma ha anche salvato più di 30 mila vite
umane. Ovvio che questa non è la risposta definitiva al problema dei disperati
che salgono sui barconi né è la migliore che si potesse dare». Padre Mussie
Zerai sa quel che dice quando parla di
barconi, profughi e salvataggi in mare.
Sacerdote cattolico che vive tra Roma
e Svizzera, è soprannominato “l’angelo
dei profughi”, perché chi sale sugli scafi nella speranza di raggiungere l’Euroare
pa come prima cosa chiama lui per chiedere aiuto quando i bastimenti rischiano di affondare. Essendo di nazionalità
eritrea, come la maggior parte di coloro
che sbarcano sulle nostre coste (sono 16
mila quelli arrivati dall’inizio dell’anno,
seguiti da siriani, cittadini del Mali e del
Gambia), sa perché centinaia e centinaia
di giovani rischiano la vita pur di arrivare nel nostro paese e conosce anche un
modo migliore «per impiegare le risorse
destinate a Mare Nostrum e alla sicurezza in Libia».
MEDIterraneo PRIMALINEA
La gran parte dei
migranti che sbarcano
sulle coste italiane
ha le caratteristiche
per ottenere l’asilo
e poi prosegue il proprio
viaggio verso i paesi
del Nord Europa
una volta sbarcati, ma di solito queste
persone non vogliono restare in Italia:
tentano di proseguire il loro cammino
verso il nord Europa.
L’Italia ha varato l’operazione Mare
Nostrum nell’ottobre scorso. Molti però
sono critici sulla sua efficacia.
Mare Nostrum è costata molto, è vero,
ma ha anche salvato più di 30 mila
vite umane. Ovvio che non è la risposta
migliore che si potesse dare. È da molto
tempo infatti che noi chiediamo di attuare una soluzione migliore.
Quale?
Padre Zerai, cosa spinge tanti eritrei a
rischiare la vita pur di venire in Europa?
In Eritrea manca qualsiasi tipo di
libertà. Ai giovani viene rubato il futuro
perché li si obbliga a intraprendere un
servizio militare infinito, che è diventato
di fatto una schiavitù legalizzata.
Si spieghi meglio.
In Eritrea per colpa del regime non c’è
libertà di stampa, di movimento, di organizzarsi in associazioni o movimenti o
partiti politici, non c’è libertà di niente.
Puoi solo aderire all’unico partito che sorregge il regime, è vietato anche pensarla
diversamente, non c’è libertà di espressione o di dissenso. Neanche di coscienza.
Perché scelgono i barconi che salpano
dalla Libia?
Non li scelgono: non è possibile lasciare il paese legalmente perché il regime
non rilascia passaporti o visti. La gente
è costretta a scappare ma anche durante
la fuga verso il Sudan o l’Etiopia rischia
la vita. In passato tanti sono stati uccisi
al confine e se non muoiono per mano
dei militari, muoiono di fame o di sete o
sbranati da animali feroci. Una volta arrivati in Sudan, poi, c’è il pericolo di essere rapiti dai trafficanti di esseri umani:
esistono bande in combutta con alcuni
poliziotti corrotti che li sequestrano per
chiedere riscatti. Se superano questi pericoli devono attraversare il deserto della
Libia, un’altra enorme insidia, e non farsi prendere dai militari libici. Tanti muoiono nel deserto. I barconi sono solo l’ultima fatica.
Perché il regime permette che scappino
così tante persone?
Perché ci guadagna. Ogni cittadino
eritreo che vive al di fuori dei confini
nazionali, e che per un qualunque motivo ha a che fare con l’ambasciata, come
per avere un certificato, è costretto prima a pagare il 2 per cento del suo stipendio al regime, anche se è disoccupato. C’è
dell’altro: spesso ad organizzare il viaggio dall’Eritrea sono proprio membri del
regime corrotto, che accompagnano fuori i profughi anche con le auto di Stato. È
un vero affare per loro.
Quando si avvicinano all’Italia sui barconi, poi, chiamano lei.
Sì. L’unica cosa che posso fare per chi
mi chiama è avvertire la Guardia costiera
italiana, come successo anche ieri e l’altro ieri, per evitare che i barconi affondino. Cerco di dare loro una mano, anche
Aprire un corridoio umanitario per
le persone che richiedono asilo. Chi arriva da noi, infatti, cerca di ottenere lo status di rifugiato. Perché allora non risparmiamo loro le avversità e il rischio di
morire organizzando convogli umanitari con la responsabilità della comunità
europea per smistare i richiedenti asilo
in tutta Europa? Questo corridoio potrebbe partire in Sudan o in Etiopia o anche
in Libia attraverso le ambasciate, dove esaminare le richieste di asilo. Così si impedirebbe che tutto il peso dei rifugiati ricada sull’Italia e gli altri paesi del Mediterraneo e si permetterebbe a queste persone di non rischiare la vita. Spenderemmo
meno soldi e avremmo più sicurezza: per
noi e per i profughi.
I vescovi eritrei hanno da poco pubblicato una lettera pastorale il cui succo è
che non ci sarebbe bisogno di emigrare
se si vivesse in un paese decente.
È chiaro che la soluzione migliore per
tutti i rifugiati sarebbe la possibilità di
vivere in pace e tranquillità nel proprio
paese d’origine. Questo è il sogno di tutti
ma finché non si avvera ci devono essere
soluzioni intermedie. Noi speriamo che la
comunità internazionale aiuti l’Eritrea a
mettere fine allo stato di guerra con l’Etiopia per il problema dei confini. Quando
si risolverà questo punto, speriamo che il
regime cambi qualcosa.
[lg]
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INTERNI
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MANO AL PORTAFOGLIO
| Foto: Agf
La stangata
alle porte
La legge di stabilità 2014 ha rivoluzionato per la terza volta
in tre anni l’imposizione locale su rifiuti e casa. È pronta per
il debutto assoluto l’Imposta unica comunale. E il verdetto
degli esperti è unanime. Costa molto di più delle precedenti
e a farne maggiormente le spese sono le famiglie numerose
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DI MATTEO RIGAMONTI
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INTERNI MANO AL PORTAFOGLIO
Il premier Renzi
ha ammesso che «sulla
Tasi ci ho capito poco.
Sembra si faccia
di tutto per rendere
tutto più complicato»
sono state approvate 629
nuove norme fiscali. In pratica una norma alla settimana. Come se la certezza del
diritto in questo paese fosse
destinata a non trovare mai pieno ed effettivo riconoscimento. L’ultimo capitolo in
ordine di tempo dell’interminabile elenco di nuove leggi e leggine che hanno a
più riprese sconvolto la serenità dei contribuenti italiani è rappresentato dalla Legge
di stabilità 2014, che ha rivoluzionato per
la terza volta negli ultimi 3 anni l’imposizione locale sui rifiuti e sulla casa. Due tasse che garantiscono allo Stato un gettito di
oltre 30 miliardi di euro l’anno. Per la precisione: l’Imu, l’Imposta municipale unica voluta dal governo Monti, nel 2012 ha
assicurato all’erario 23,7 miliardi di euro,
ha certificato il ministero delle Finanze
(qualcosa meno nel 2013). Secondo la Cgia gno gli italiani avrebbero dovuto pagardi Mestre, nel 2013 dalla Tassa comunale ne la prima tranche, un acconto pari al
sui rifiuti e sui servizi (Tares) sono arriva- 50 per cento dell’importo totale, ma non
ti altri 8 miliardi. Quest’anno farà il suo è stato possibile per tutti. Molti Comudebutto assoluto un nuovissimo balzello. ni, infatti, complici i rinnovi delle giunÈ la Iuc, acronimo di Imposta unica comu- te amministrative del maggio scorso non
nale, che si regge su tre gambe: la Tassa sui hanno fatto in tempo a deliberare le aliquote entro il termine preservizi indivisibili (Tasi), quelvisto per legge (23 maggio).
la sui rifiuti (Tari), che sostiRisultato: solo 2.251 amminituirà la Tares, e l’Imu, che nel
su 8.057 l’hanno fatfrattempo è rimasta solo per le
PER CENTO strazioni
to, praticamente una su quatprime case di lusso. La Tasi serdei Comuni che
tro, di cui il 40 per cento
ve a finanziare i pubblici servihanno già deliberato
nel Nord del paese. In totazi come la pulizia e l’illuminale aliquote hanno
le 7,1 milioni di contribuenzione delle strade, il trasporto
deciso (è loro diritto) di non adottare
ti su 17.9 che avrebbero dovuscolastico o l’anagrafe. Devono
detrazioni o correttivi
to pagare.
pagarla tutti i proprietari di
per aiutare le famiIl condizionale è d’obbliimmobili, prime case compreglie in difficoltà
go, perché nemmeno tutti
se. Sulla carta, non è un’imposta patrimoniale come l’Imu, ma di fatto questi Comuni hanno predisposto per
così è vista dai contribuenti italiani. E non tempo gli appositi bollettini di pagamena torto, se si considera che la Tasi replica le to da spedire via posta. Lo faranno, assicumodalità di calcolo, ma anche le sperequa- ra una nota del Consiglio dei ministri, ma
a «decorrere dal 2015». Tra un anno. Quezioni, dell’Imu.
Le scadenze: la tassa è nuova ma c’è sti sono i tempi “normali” per lo Stato itagià una prima eccezione. Entro il 16 giu- liano. Al momento l’unica possibilità per
58
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fare il versamento della prima rata della
Tasi è stata tramite modello F24 direttamente in banca.
Nessuna sanzione. Per il momento
E per chi sbaglia quali sono le sanzioni?
Non sono previste, rassicurano dal ministero dell’Economia. Perlomeno non fino
al 30 giugno. Ma i sindacati chiedono
più tempo. Vogliono che i Comuni concedano un differimento di 30 giorni per
il pagamento di quanto dovuto, come ha
già fatto, per esempio, Vicenza. Nel caso
della Tasi, infatti, sono evidenti le «obiettive condizioni di incertezza delle norme
fiscali», che legittimano il rinvio. Talmente «obiettive» che anche il premier Renzi ha dovuto ammettere che «sulla Tasi
ci ho capito poco. Oggi in Italia sembra si
faccia di tutto per rendere tutto più complicato. Sembra che tutto sia finalizzato a
rendere il pagamento delle tasse un incubo. L’anno prossimo vi renderò più semplice pagarle». Per i sindaci appena eletti ci
sarà tempo fino al 31 luglio per deliberare le nuove aliquote; i cittadini dei 5.806
Foto: AP/LaPresse
T
ra il 2008 e il 2014, in Italia,
Quanto costano
Tasi e Tari?
Single
(50 mq)
Famiglia
(un figlio, 108 mq)
Famiglia
(tre figli 120 mq)
Imu
2012
Tasi
2014
Differenza
(in euro)
35,20
116,04
80,84
110
+1,6%
+19,8%
321,20
421,24
100,04
302,4
+2,1%
+15,8%
573,60
620,72
47,12
384
+3,4%
+24,4%
Fonte: Caf Cisl Lombardia su un comune
della provincia di Milano
Foto: AP/LaPresse
PER MASSIMILIANO CASTO
Il problema è che «nel
calcolo della Tasi
non è mai considerato
il reddito», ma solo
i metri quadrati della
Abitazione e il numero di
persone che vi risiedono
Comuni dove pagare la Tasi non è ancora stato possibile potranno farlo con scadenza della prima tranche il 16 ottobre.
Ma quanto costerà la Tasi sulla prima casa
alle famiglie italiane? Qualcuno ha provato a fare i conti e gli esiti sono stati dei più
disparati. Basti pensare che c’è chi afferma che la Tasi sulla prima casa aumenterà rispetto all’Imu e chi afferma il contrario. Banca d’Italia ha stimato un possibile
aumento fino al 60 per cento della tassazione sulla casa, se i comuni dovessero scegliere l’aliquota del 2,5 per mille. Il ministro dell’Economia commentando questa
stima ai microfoni di Radio 24 ha dichiarato: «L’aumento era atteso». E ha aggiun-
Tari Differenza Differenza
2014
2013
2010
Fonte: Ref Ricerche, media dei capoluoghi
di provincia che hanno già deliberato le aliquote
se il conto sarà più salato dell’Imu oppure
no. Il computo è stato fatto su uno dei tanti comuni dell’hinterland milanese che
ha adottato l’aliquota massima del 3,3
per mille con delle detrazioni. Il risultato
lascia pochi dubbi e sembrerebbe confermare le stime della Banca d’Italia. Un single in un’abitazione di 50 metri quadrati oggi paga 116,04 euro di Tasi a fronte
dei 35,20 di Imu del 2012: 80,84 euro in
più. Una famiglia con un figlio a carico in
un appartamento di 108 metri quadrati
ne paga 421,24, rispetto ai 321,20 di Imu:
100,04 euro in più. In un appartamento
di 120 metri quadrati, una famiglia con
tre figli a carico paga 620,72 euro di Tasi
rispetto ai 573,60 euro dell’Imu: 47,12
euro in più. Aumenti che in certi casi inizierebbero a rosicchiare percentuali significative del famoso bonus da 80 euro al
mese che Renzi ha messo in busta paga a
maggio. Per chi l’ha ricevuto. «Conti alla
mano sembrerebbe che si vada verso un
inasprimento della pressione fiscale sulle abitazioni principali», spiega Vincenzo
Addio alle detrazioni
Vita a Tempi. «Speriamo almeno che non
Il motivo di maggiore incertezza nello sti- tutti i sindaci applichino le aliquote più
mare la Tasi è rappresentato dal fatto che, elevate». Secondo il coordinatore «molto
dipenderà dall’evoluzione delmentre l’Imu sulla prima casa
la situazione economica itaprevedeva una detrazione fisliana». Ma se il paese non torsa di 200 euro più 50 euro per
na a crescere è facile attenderogni figlio a carico con meno
MILIARDI
si batoste dalla Tasi.
di 26 anni fino a un massimo
di euro è il gettito
di 400 euro, la Tasi lascia libegarantito alla Stato
Oggettiva ingiustizia
ri i Comuni di stabilire da sé
dalle due tasse sui
rifiuti e sulla casa:
eventuali detrazioni. Il timoInoltre, prosegue Vita, ci sono
per la precisione 23,7
re è che queste detrazioni posComuni che hanno già abbasmiliardi dall’Imu
sano essere inferiori a quelle
sato l’importo della detrazioe altri 8 miliardi
previste in passato. E il Sole
ne sui figli a carico «da 50
dalla Tares
a 40, 30 o anche 20 euro,
24 Ore lo ha confermato: dei
2.251 Comuni che hanno deliberato le restringendo l’età per goderne da 26 a 18
aliquote, nel 58 per cento dei casi si può anni». I più penalizzati, spiega il coorditranquillamente parlare di totale assen- natore dei Caf Cisl, sono i proprietari delza di detrazioni. Tempi ha chiesto a Vin- le abitazioni con rendite catastali inferiocenzo Vita, coordinatore dei Caf Cisl in ri agli 800 euro, quindi quegli appartaLombardia, di provare a fare un calcolo di menti non di lusso che offrono un tetto
quanto costerà la Tasi sulla prima casa e a larga parte del ceto medio italiano. E,
to: «Starà ai Comuni stabilire quale aliquota adottare». Già, e qui casca l’asino: moltissimi Comuni che hanno già deliberato le aliquote hanno optato per quelle più
elevate. Qualcuno ha addirittura superato il 2,5 per mille con una ulteriore maggiorazione dello 0,8 come consentito dalla
legge, a patto di introdurre delle detrazioni. È il caso, per esempio, dei capoluoghi
di provincia come Torino, Bergamo, Venezia, Rimini, Reggio Emilia, Bologna, Parma, Piacenza, La Spezia, Genova e Napoli
che hanno spinto l’aliquota fino al 3,3 per
mille. Con la premessa che il progressivo
taglio dei trasferimenti statali ai Comuni è
inarrestabile, la logica conseguenza è che
per far quadrare i bilanci ai sindaci non
resta che inasprire le aliquote per assicurarsi gettiti maggiori o perlomeno in linea
con quelli degli anni passati. Soprattutto,
perché quei soldi servono per pagare servizi indispensabili alla comunità. Per inciso,
l’aliquota minima è del 1 per mille, ma è
difficile credere che qualcuno l’adotterà.
31,7
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INTERNI MANO AL PORTAFOGLIO
naturalmente, le famiglie numerose che
hanno tanti figli a carico. «Un’oggettiva
ingiustizia che non tiene conto della realtà», sentenzia Giuseppe Butturini, presidente dell’Associazione nazionale famiglie numerose.
Il problema, spiega a Tempi il commercialista Massimiliano Casto, è che
«nel calcolo della Tasi non è mai considerato il reddito», ma solo i metri quadrati dell’abitazione e il numero di persone
che vi risiedono. «C’è però una bella differenza se a vivere sotto lo stesso tetto, in
un appartamento di 100 metri quadrati,
sono una coppia con due redditi e un solo
un totale di 110 euro. Il conto è più salato per chi ha figli a carico: la famiglia con
un figlio paga 2,8 euro al metro quadrato,
che fanno 302,4 euro in un appartamento di 108 metri quadrati. Quella con tre
figli ancora di più: 3,2 euro al metro quadrato per un appartamento di 120 metri
quadrati, che fanno 384 euro in totale. Il
rincaro, dunque, è nel primo caso dell’1,6
per cento rispetto al 2013, l’anno in cui la
Tares ha fatto il suo debutto, del 2,1 per
cento nel secondo e del 3,4 nel terzo. Ma
se andiamo a paragonare il conto rispetto
al 2010, gli aumenti lievitano, esasperando le diseguaglianze: più 19,8 per cento
TASI O TARI, A PAGARE DI PIù SONO LE FAMIGLIE NUMEROSE.
LE VECCHIE DETRAZIONI SONO DIMINUITE NELLA MIGLIORE
DELLE IPOTESI; PIù REALISTICAMENTE SONO PROPRIO SPARITE
figlio, piuttosto che una famiglia numerosa che può fare affidamento su un solo
reddito». Ma su questo il fisco italiano ci
sente solo da un orecchio.
Chi inquina paga
Anche per la tassa sui rifiuti (Tari) la situazione è analoga. Non tutte le amministrazioni hanno già deliberato le aliquote. Una volta decise stabiliranno le scadenze di pagamento della Tari prevedendo almeno due rate a scadenza semestrale in modo differenziato rispetto alla Tasi.
Secondo un primo studio di Ref Ricerche
condotto tra i comuni capoluogo di provincia, quello che è certo è che gli aumenti rispetto alla Tares ci sono e sono maggiori soprattutto per i nuclei familiari più
numerosi. Che, ancora una volta, pagano
dazio più di tutti a una fiscalità che si conferma particolarmente miope di fronte ai
redditi reali e ai carichi familiari. Ecco
qualche esempio: l’importo della Tari per
un appartamento da 50 metri quadrati posseduto da un single è mediamente pari a 2,2 euro al metro quadrato, per
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per il single, più 15,8 per la famiglia composta di tre persone e più 24,4 per cento
per quella composta da cinque.
Sono i risultati di una tassa che è stata confezionata per soddisfare il principio
europeo del “chi inquina paga” e le famiglie numerose, ancora una volta, pagano
più di tutte le altre.
In attesa della riforma del fisco
La possibilità di applicare «riduzioni e agevolazioni», almeno in linea teorica, «esiste e la normativa che disciplina l’applicazione della Tari riserva agli enti locali un ampio margine di discrezionalità»,
spiega a Tempi Francesca Signori di Ref
Ricerche. Ma, come nel caso della Tasi,
i margini di manovra delle amministrazioni comunali, provate dai tagli ai trasferimenti, sono il più delle volte esigui.
In questo caso ancor di più perché il gettito della Tari deve assicurare, per legge,
la copertura integrale dei costi del servizio di trattamento dei rifiuti. Con tanti
saluti a ogni serio tentativo da parte dei
sindaci di introdurre correttivi significa-
tivi, specie per le famiglie numerose e il
ceto medio. Fortunatamente, prosegue
Signori, non mancano esempi di Comuni virtuosi, che approfittano della libertà concessa loro per configurare riduzioni e agevolazioni «in modo da tener conto del reddito familiare o della capacità
contributiva come risulta dall’indicatore della situazione economica equivalente (Isee)». Anche se il più delle volte si tratta di un’asticella sotto la quale non sono
in molti a poter passare. Il caso che colpisce più in positivo è forse quello di Cremona, «dove è riconosciuta una riduzione del
20 per cento ad anziani e famiglie numerose, a patto però, che abbiano un reddito Irpef al di sotto di una determinata
soglia», che è di 90.684 euro per chi ha più
di due figli fiscalmente a carico, aumentato di 2.738 euro per ogni figlio successivo.
A Cremona l’esenzione è concessa anche
«ai nuclei familiari composti da soli pensionati e familiari fiscalmente a carico
con reddito derivante esclusivamente da
pensioni, assegni sociali, invalidità civile
e reversibilità. Nel comune di Macerata,
invece, la riduzione – il cui costo è coperto dalla fiscalità generale – è riconosciuta
in generale alle famiglie in disagio economico, individuato in un livello di Isee inferiore o uguale a 7.500 euro, valore raddoppiato nel caso di nuclei familiari con quattro o più componenti: l’ammontare della
riduzione è pari rispettivamente al 30 e al
20 per cento. Infine, nel caso di Savona le
riduzioni sono concesse alle utenze domestiche di residenti con un indicatore Isee
non superiore all’importo annuo del trattamento minimo di pensione Inps (maggiorato di 1.500 euro nel caso l’occupante sia pensionato)». È per questo che l’Associazione famiglie numerose ha invitato i
cittadini dei comuni che non hanno ancora deliberato su Tasi e Tari a chiedere di
introdurre detrazioni e correttivi. È sempre qualcosa, in attesa che il fisco italiano
sia finalmente riformato. n
ESTERI
COPERTINA
Il califfato
che avanza
Prima Fallujah, poi Mosul e presto «marceremo
su Baghdad». L’Isil controlla un vastissimo
territorio che va dall’Iraq alla Siria. Non più
cellule terroriste ma un vero e proprio esercito
di islamisti pronto ad affrontare l’Occidente
|
DI LEONE GROTTI
Il califfato islamico sognato
dall’Isi per l’Iraq fin dal 2006
oggi è realtà. Sotto la guida di
Abu Bakr Al Baghdadi, a quel
primo progetto si è aggiunta
la Siria, e il gruppo si è evoluto
nell’Isil, Stato islamico dell’Iraq
e del Levante. L’Isil ha in mano
un territorio che si estende per
almeno 500 chilometri, dall’Iraq
alla Siria settentrionale senza
soluzione di continuità
ESTERI COPERTINA
L
a scorsa settimana, quando i
terroristi islamici hanno conquistato la seconda città più
grande dell’Iraq, Mosul, rubato alle banche centinaia di
milioni di dollari, liberato
dalle carceri 2.500 persone, confiscato i
mezzi e le armi dell’esercito iracheno,
almeno 500 mila cittadini sono fuggiti
terrorizzati. Molti, invece, sono rimasti.
Hanno lanciato pietre contro i 40 mila
soldati dell’esercito iracheno che hanno
battuto in ritirata dalla sera alla mattina,
senza preavviso, e hanno appeso questo
cartello su un ponte di Mosul: «Il governatorato di Ninive vi accoglie». A fianco
sventolava il manifesto che ritrae la bandiera nera degli islamisti e la scritta: «Non
c’è altro Dio al di fuori di Allah».
Il califfato islamico sognato fin dal
2006 dall’allora nascente Stato islamico
dell’Iraq (Isi), oggi è realtà sotto la guida
di Abu Bakr Al Baghdadi, che lo guida dal
2010 e a quel primo progetto ha aggiunto
la Siria, trasformando il gruppo in Stato
islamico dell’Iraq e del Levante (Isil). Con
la presa di Mosul, l’Isil è ormai in possesso di un vastissimo territorio che si estende per almeno 500 chilometri e che va
dall’Iraq alla Siria settentrionale senza
soluzione di continuità: il confine nazionale tracciato da Sykes e Picot, i diplomatici inglese e francese che nel 1916 divisero il vecchio Medio Oriente ottomano
in Stati arabi controllati dall’Occidente,
non ha più alcun senso ed esiste soltanto sulla carta. L’esercito jihadista, perché
di vere e proprie truppe militarizzate si
tratta, torna così alle origini: dall’Iraq era
entrato in Siria e ora dalla Siria invade
l’Iraq. Cogliendo al volo l’occasione fornita dalla cosiddetta “Primavera araba” che
nel 2011 ha colpito Damasco, tramutata
in guerra civile dalle tante milizie finanziate principalmente da Arabia Saudita
e Qatar che vorrebbero vedere il governo filo-sciita di Assad cadere, l’Isil ha conquistato una dopo l’altra importanti città
del nord come Raqqa e Deir Ezzor. Approfittando dell’immobilismo di Barack Obama, che da anni discute se armare i ribelli “buoni” dando di fatto il tempo ai terroristi di diventare ancora più forti, l’Isil ha
consolidato il suo potere in Siria. E sfruttando l’incapacità di governare del premier iracheno Al Maliki, che ha favorito
gli sciiti in ogni modo a danno dei sunniti, ha preso prima Fallujah, a gennaio, e
ora Mosul. Esercito iracheno e jihadisti si
contendono diverse città, ma questo non
è che l’inizio perché già il portavoce dei
terroristi Abu Mohammed Al Adnani ha
promesso: «Marceremo su Baghdad».
22
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Per sapere che cosa significhi nella realtà di tutti i giorni il califfato islamico non è necessario tornare indietro
al VII secolo, ai tempi del primo califfo Abu Bakr o del quarto (primo per gli
sciiti), Ali, cugino e genero del profeta
Maometto. Già dal 2013, infatti, l’Isil ha
trasformato in un califfato Raqqa e le
testimonianze che giungono dalla città
I luoghi degli scontri
sono tutt’altro che rassicuranti. I cittadini devono rispettare un rigido decalogo
Zone completamente
islamico: le donne non possono portare
o parzialmente controllate
i pantaloni, ma devono vestire il burqa e
da Al Qaeda
l’abaya. Truccarsi è vietato, fumare è vietato, esporre nelle vetrine dei negozi abiti
Zone ancora contese
femminili è vietato. Gli uomini non possono portare i jeans, non possono fumare
sigarette, non possono acconciarsi i capelli in modo moderno, gli imprenditori che
hanno assunto nel loro negozio delle donne devono chiudere. Infine, chiunque citi
il nome dell’“Esercito islamico dell’Iraq e
Egitto
del Levante” riceve 70 frustate. La legge
dello Stato viene sostituita dalla sharia,
amministrata da corti islamiche. Secondo il quotidiano Al Rai Al Youm, a febbraFonte: Corriere della sera
io in città è stata lapidata a morte una
ragazza: era iscritta a Facebook, un atto immorale «di granLa legge dello Stato viene
de malvagità».
sostituita dalla sharia
Il tributo umiliante
e per i cristiani non c’è
Le cose non vanno meglio per
i cristiani. Come previsto dal
possibilità di salvezza.
Corano, a febbraio i terroristi
Ma anche i musulmani
hanno fatto loro questa proposta pubblicando un editto:
moderati rischiano:
o vi convertite all’islam o ve
ne andate dal paese o paga«viviamo nel terrore»
te il tributo umiliante (gizya)
per mantenere la vostra religione ed esse- vava su una di queste e saccheggiato l’inre protetti dallo Stato islamico. Così, i più terno dei luoghi di culto. Inoltre, la chiericchi sono ora costretti a versare ai loro sa greco-cattolica dedicata a Nostra signo«protettori» 13 grammi d’oro puro (cir- ra dell’annunciazione è stata simbolicaca 400 euro), i meno abbienti 200 euro mente trasformata nel quartiere generae i poveri 100. Chi non può pagare deve le degli islamisti.
Il califfato, però, non è un incubo solo
convertirsi, andarsene o morire. I cristiani inoltre devono evitare «di portare per i cristiani ma anche per i musulmani.
la croce o altri simboli legati alla Bibbia Almeno tre uomini, secondo quanto prenei mercati e nelle piazze dove ci siano visto dalla sharia, sono già stati crocifisdei musulmani». Non possono suonare le si in piazza per avere «ucciso dei musulcampane delle chiese, «utilizzare altopar- mani». La prima crocifissione, avvenuta
lanti per far sentire la preghiera» e «cele- a marzo, è stata giustificata così: «Giudibrare i loro riti fuori dalle chiese». Allo chiamo le persone e le puniamo seconstesso modo «devono obbedire alle rego- do la sharia, che ci guida nel portare
le imposte dall’Isil, come a quelle legate la responsabilità di preservare i genuialla discrezione nel modo di vestirsi». Infi- ni insegnamenti dell’islam». I musulmane, le chiese distrutte dagli stessi terrori- ni di Raqqa hanno descritto a un giorsti «non potranno essere restaurate». Que- nalista del Guardian la loro nuova vita:
sta annotazione finale dell’editto non è «Oggi viviamo in uno stato di paura e terdi poco conto se si considera che dal 2013 rore. Noi siamo musulmani ma la nostra
gli islamisti hanno attaccato due chie- religione guida la vita delle persone, non
se a Raqqa, distrutto la croce che si tro- può essere imposta con la forza». E anco-
T
Turchia
Hasakah
Aleppo
Mosul
Raqqa
Hama
Erbil
Iran
Kirkuk
Kirkuk
Milizie curde
Peshmerga schierate
“a protezione” della
città irachena
Deir Ezzor
Homs
Tikrit
Samarra
SIRIA
Damasco
IRAQ
Provincia di Baiji
Jihadisti starebbero
prendendo il controllo
dell’area petrolifera
Baghdad
Giordania
Arabia Saudita
Bassora
Frontiera
Giordania/Iraq
Forze dell’esercito
giordano ammassate
lungo il confine
Tikrit
Centinaia di poliziotti
iracheni catturati
dai miliziani qaedisti
Mosul
Postazioni dei
jihadisti bombardate
dalle forze aeree
irachene
Samarra
La città principale
della provincia di Salah
al-Din accerchiata
dai guerriglieri
Baghdad
I miliziani qaedisti
dell’Isil in marcia verso
la capitale.
Ormai a meno di 70 km
Le principali organizzazioni
terroriste e il “loro” impero
Al Qaeda centrale
Affiliati diretti
Alleati
Nelle pagine precedenti foto: Corbis
ra: «L’Isil ha bandito la musica, ora si può
ascoltare solo il Corano. Anche le sigarette sono state bandite: se trovano un locale
dove vengono vendute lo bruciano, imprigionano il negoziante e lo frustano».
Anche chi non partecipa alla preghiera
del venerdì viene frustato in piazza.
«Voglio diventare un mujaheddin»
Questi echi di un mondo che credevamo finito molti secoli fa non riguarda
però solo la Siria e l’Iraq. I gruppi affiliati o legati ad Al Qaeda, che sembravano deboli e sconfitti fino a pochi anni fa,
sono tornati in auge in tutto il mondo.
Basta citare qualche nome: Boko Haram
in Nigeria, Al Shabaab in Somalia e Kenya, Aqmi nel Maghreb, Ansar Dine in
Mali, i talebani in Afghanistan e Pakistan. L’Isil non fa parte di questi perché
si è staccato da Al Qaeda, ha rifiutato la
leadership di Al Zawahiri (successore di
Bin Laden) e in diverse province siriane
combatte attivamente la fazione qaedista di Al Nusra. In questi scontri “fratricidi” sono già morti migliaia di miliziani.
Frizioni e divergenze tra i gruppi islamisti non fermeranno però l’avanzata di
questa internazionale jihadista, perché
l’obiettivo non è semplicemente Baghdad o Damasco, come dichiarato a tempi.
it dal giornalista della Stampa Domenico
Quirico: «Il califfato non è il frutto della visione di un imam svitato che arringa in una moschea, ma una strategia che
l’Occidente non riesce a capire. Da una
parte è la creazione di un vero e proprio
Stato fondato sulle regole dell’islam più
radicale, dall’altra una base logistica per
sfidare gli Stati islamici confinanti (che
loro definiscono traditori) e poi affrontare l’Occidente. Non hanno paura del confronto militare e confermano di essere
in grado di porci una sfida globale». Questo è proprio quello che l’Occidente non
vuole vedere: «La nuova Al Qaeda ha alza-
to il livello del confronto e i suoi obiettivi. Non siamo più di fronte a cellule di
terroristi ma a eserciti che si muovono
dal Sahara alla Mesopotamia. L’Occidente però non li capisce – continua Quirico –, non riesce a comprendere che loro
non hanno interessi economici o politici.
A muovere la storia infatti non c’è solo
questo: c’è anche la religione. Purtroppo
gli occidentali, e gli americani per primi,
non vogliono capirlo». Eppure basterebbe ascoltare le loro parole. Un religioso
sunnita dell’Isil educava così i bambini
della provincia siriana di Idlib nel 2013:
«I cristiani sono infedeli. Obama è infedele. Chi dice che Gesù è figlio di Maria è
un miscredente e va scannato». Un altro
imam faceva ripetere a bambini di dieci anni: «Allah è il nostro maestro, loro
invece non hanno maestri. Il loro cattivo
maestro è l’America e malvagio è il loro
destino. Da grande voglio diventare un
mujaheddin». n
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23
ESTERI COPERTINA
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DI RODOLFO CASADEI
E l’America spera
negli ayatollah
Obama non farà nulla per difendere Baghdad.
Anzi, lascerà all’Iran il compito di salvare il paese.
Con tutti i rischi che gli Stati Uniti ben conoscono
N
un governo amico dell’Iran e molto fredo, gli Stati Uniti non interverranno
massicciamente in difesa del do nei confronti di Washington. Da qui
governo iracheno di Al Maliki sot- la necessità di cambiare strategia: piutto assedio, tutt’al più faranno l’indispen- tosto che lasciar scivolare l’Iraq, con tutsabile perché lo Stato islamico dell’Iraq te le sue armi e il suo petrolio, nella sfee del Levante (Isil) non vinca completa- ra d’influenza iraniana, per l’America è
mente la partita. Per una ragione che molto meglio veder realizzato quel “pia- Le strategie di Washington
pochi sono disposti a confessare e che no B” di cui molti parlarono negli anni Dall’Ucraina alla Siria all’Iraq, la politila retorica anti-jihadista dell’ammini- più caldi della crisi interna irachena, ca estera americana appare sempre più
strazione americana occulta accurata- quelli fra il 2005 il 2007. Cioè la sparti- basata sulla lezione imparata dagli erromente: l’avanzata dei terroristi sunniti zione del paese fra sunniti, sciiti e cur- ri del passato: impantana i tuoi nemici
è funzionale alla politica
(Russia, Iran) come tu fosti
degli Stati Uniti in Medio
impantanato (Vietnam,
la politica estera americana appare
Oriente dopo il ritiro delle
Afghanistan, Iraq). Che Isil
sempre più basata sulla lezione imparata
loro truppe dall’Iraq, connon sia isolato come si vuol
dagli errori del passato: impantana i tuoi
cluso nel dicembre 2011.
far credere lo si può capire
nemici (Russia, Iran) come tu fosti
Sul posto sarebbero dovuda molti indizi. Mentre si
te restare alcune migliascontrano sanguinosamenimpantanato (Vietnam, Afghanistan, Iraq)
ia di unità a garantire la
te con le truppe di Baghstabilità del paese e a far progredire l’ad- di, le tre componenti etno-religiose tenu- dad, i suoi uomini hanno solo scaramucdestramento delle forze locali, ma il pri- te insieme con la forza da Saddam Hus- ce minori coi curdi, che grazie all’offensimo ministro sciita, anche per le pres- sein. Non essendo più possibile esercita- va in corso si sono impadroniti di Kirkuk
sioni di Teheran, non raggiunse alcun re sull’Iraq la propria influenza, gli Sta- e di altre posizioni strategiche da metaccordo con Obama e l’esodo americano ti Uniti puntano sul piano B per assesta- tere al servizio di un Kurdistan indipenfu totale. Otto anni di occupazione mili- re all’Iran un doppio colpo: non solo sot- dente. Gli ostaggi turchi sono stati rilatare, una guerra costata 139 mila mor- traggono agli ayatollah un alleato strate- sciati e Ankara non ha nessuna intenzioti (di cui 4.400 americani) e 130 miliardi gico, ma li spingono verso un intervento ne di intervenire, mentre i ribelli del vecdi dollari spesi per armare e addestrare militare diretto per salvare tale alleato, chio Baath e alcune milizie tribali sunl’esercito iracheno post-Saddam hanno con tutti i rischi di impantanamento che nite combattono a fianco degli uomini
prodotto l’ascesa al potere a Baghdad di gli americani ben conoscono.
dell’Isil. Su Washington splende il sole.
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Foto: AP/LaPresse
Obama non può dire queste cose ad
alta voce, ma le dicono per lui gli editorialisti del New York Times. Scrive Thomas Friedman: «È stato l’Iran ad armare le milizie sciite con gli ordigni esplosivi che hanno ucciso e ferito tanti soldati
americani. L’Iran voleva che ce ne andassimo. Ed è stato ancora l’Iran a fare pressioni su Maliki perché non firmasse l’accordo che avrebbe dato copertura legale
alla presenza delle nostre truppe. L’Iran
voleva essere l’egemone regionale. Bene,
generale Suleimani (il comandante delle truppe speciali iraniane, ndr), “Questa birra è per te”. Ora sono le tue forze a
essere sovraesposte in Siria, Libano e Iraq,
mentre le nostre sono tornate a casa. Buona fortuna. Con l’Iran ancora sottoposto a sanzioni e le sue forze impegnate a
combattere insieme a quelle di Hezbollah in Siria, Libano e Iraq, beh, diciamolo: vantaggio per l’America».
ESTERI REPORTAGE
Il declino funesto
di un mezzo Chávez
I beni di prima necessità scarseggiano, i market
sono presi d’assalto, la criminalità è triplicata.
«Non parliamo di incapacità di Maduro. Questa
è una strategia per tenere sottomesso il popolo
alla sua volontà». Viaggio tra le vie di Caracas
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DI ALESSIO FALSAVILLA
ESTERI REPORTAGE
O
cchi azzurri violentemente
bistrati di nero. Un ovale
da madonna fiorentina. La
bocca piccola ma le labbra tumide da vera miss.
Unica concessione all’informalità: i lunghi capelli castani chiari
portati lisci e poco curati. Che ci fa una
foto come questa fra i 44 ritratti di giovani sorridenti, mestamente allineati nelle loro lapidi di cartone ricoperte di cellophane, nel simbolico cimitero di Plaza
Altamira dedicato ai caduti delle manifestazioni che dal febbraio scorso chiedono
le dimissioni del presidente chavista Nicolas Maduro? Prima di Hugo Chávez (salito al potere nel 1999 e passato a miglior
vita, ancora presidente, nel marzo 2013)
il Venezuela era il paese del petrolio scialacquato, delle donne più belle del pianeta (è il paese col maggior numero di Miss
Mondo e il secondo dietro agli Stati Uniti
per Miss Universo), delle masse diseredate (è venezuelana la più grande agglomerazione urbana informale di tutta l’America latina, Petare, alle porte di Caracas,
che ha più di un milione di abitanti), della corruzione endemica. Dopo Chávez e
con l’eredità del suo operettistico “socialismo bolivariano” il Venezuela è il paese in
cui la gestione politicizzata, assistenzialistica e incompetente della rendita petrolifera farà letteratura per secoli a venire; dove i poveri sono poveri come prima
ma più fanatizzati, manipolati e moralmente corrotti di prima; dove la corruzione si è ingrassata in parallelo all’aumento del prezzo del barile di petrolio,
(il paese è classificato al 160esimo posto
su 177 stati da Transparency International); dove la criminalità è triplicata in 15
anni e le donne più belle del mondo muoiono assassinate: è successo a Monica Spear Moots, Miss Venezuela nel 2004, uccisa a gennaio da rapinatori durante una
vacanza. E alla donna della foto in piazza Altamira: Génesis Carmona, Miss Turismo Carabobo 2013, ferita a morte in
febbraio da un pistolero filogovernativo
mentre partecipava a una manifestazione per le dimissioni di Maduro nella città di Valencia.
Così un volto che doveva stare sui
megacartelloni della pubblicità o nelle
pagine delle riviste glamour, emblema
seriale della perfezione effimera e disimpegnata, è diventato un vero viso di persona, consegnato alla memoria come tutti i volti di coloro che si sacrificano per
una causa: come quelli di Bassil, di Delia,
di Wilmer, di Giselle e di tutti gli altri qui
ricordati. «Cristo ha dato la vita per noi,
noi abbiamo dato la vita per il Venezue-
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la», sta scritto su un cartello che sovrasta Ci sono 44 ritratti
le lapidi cartonate. Poco più in là una Ver- di giovani sorridenti,
gine Maria a grandezza naturale, protet- mestamente allineati
nelle loro lapidi di
ta da una copertura in plexiglass, guarda cartone ricoperte
afflitta una croce formata con le foto dei di cellophane, nel
simbolico cimitero
caduti posta ai suoi piedi.
Le manifestazioni sono cominciate il di Plaza Altamira
4 febbraio nelle università per protestare dedicato ai caduti
delle manifestazioni
contro episodi di criminalità nei campus, che dal febbraio scorso
hanno coinvolto in breve tempo i partiti di chiedono le dimissioni
opposizione e spesso sono diventate “gua- del presidente Nicolas
rimbas”, episodi insurrezionali a base di Maduro (a destra)
barricate di legname vario e pneumatici
incendiati, talvolta con lancio di oggetti
contundenti o incendiari contro la guardia nazionale. A parte gli scontri di piazza
e gli arresti di manifestanti, il governo ha
reagito accusando di cospirazione volta ad
assassinare il presidente i leader dell’opposizione, che venLA MAGISTRATURA È
gono arrestati di settimana in
SUBORDINATA ALL’ESECUTIVO.
settimana. In Venezuela funziona così: Maduro va in tivù
NON ESISTE LIBERTà DI
e accusa di “magnicidio”, cioè
attentato mortale al capo dello
INFORMAZIONE E I MEDIA
Stato, qualche avversario poliDELL’OPPOSIZIONE SONO
tico; nel giro di 48 ore al massimo il Procuratore generale
STATI CHIUSI UNO A UNO.
della Repubblica, l’ineffabile
L’INFLAZIONE? ALLE STELLE
signora Luisa Ortega, emette
un mandato di arresto contro
le persone menzionate che ricalca esattamente le accuse del presidente. Una volta, al tempo di Chávez, ci fu una donna
giudice che non si sottomise all’uso politico della giustizia: la signora Maria Luisa
Afiuni liberò un accusato che era in carcerazione preventiva da tre anni, in violazione della legge. Fu fatta arrestare e incarcerata in una prigione comune, dove venne violentata.
Dopo l’esproprio dei negozi
La subordinazione della magistratura all’esecutivo, così come la museruola
messa alla libertà di informazione con la
chiusura di radio e tv vicine all’opposizione e una legge sulla “responsabilità sociale” dell’informazione fatta per intimidire i giornalisti, erano pratica corrente già
al tempo di Chávez. Cos’ha fatto in più
Maduro, eletto fra contestazioni e ricorsi nel marzo 2013, per meritarsi la richiesta di dimissioni? In un anno di presidenza la situazione economica è peggiorata
drammaticamente. L’inflazione ha toccato il 56,7 per cento, la più alta del mondo, e quest’anno andrà ancora peggio.
L’indice di penuria di molti beni di prima
necessità è arrivato al 30 per cento: latte,
pane, zucchero, caffè, farina di mais, carne bovina, carta igienica, tovaglioli di carta, mancano spessissimo. Anche in centro
città molti hotel non includono più la prima colazione fra i servizi offerti, perché
non hanno la certezza di disporre quotidianamente del necessario. Lunghe file si
formano davanti ai supermercati, per lo
più gestiti dallo Stato dopo gli espropri
degli anni scorsi, quando arriva la notizia
che un prodotto è apparso sui banconi.
Poi c’è il tasso di povertà, che dopo essere
diminuito negli anni passati l’anno scorso ha ripreso a salire: l’Istituto nazionale di statistica ha reso noto che la povertà relativa è passata dal 21,2 per cento del
2012 al 27,3 e quella assoluta dal 7,1 al 9,8
per cento. In un paese dove il salario mini-
Foto: Rodolfo Casadei, Ansa, nelle due pagine precedenti foto Corbis
le donne più belle del mondo
muoiono assassinate:
Miss Venezuela 2004 l’hanno
uccisa dei rapinatori; Miss
Turismo Carabobo 2013 È
stata ammazzata da un
pistolero filogovernativo
mentre lei manifestava
per le dimissioni di Maduro
mo è fissato in 4.200 bolivares mensili, il
costo del paniere dei prodotti alimentari
di base ammonta a 10.444 bolivares.
Sulle responsabilità delle due dilaganti crisi, quella economica e quella della sicurezza, non tutti a Caracas la pensano allo stesso modo. Nei pressi di piazza
Venezuela, nel centro della capitale, alle
10 di mattina di un sabato si snoda una
coda di 200 metri di aspiranti acquirenti di generi di prima necessità. L’entrata
al cortile che porta al grande magazzino
è sorvegliata da militari che imbracciano
armi automatiche. Paulo viene da La Dolorita, una frazione dell’immenso barrio di
Petare. Nel suo borgo il consenso al chavismo si aggira sul 70 per cento: «La colpa è dell’opposizione, che incoraggia gli
studenti universitari a fare queste proteste violente per screditare il presidente.
Poi c’è la guerra economica degli imprenditori contro il governo che li obbliga a
servire il popolo: investono nella finanza i dollari anziché usarli per produrre
le merci o per importare, accaparrano i
prodotti in attesa che il prezzo aumenti o li vendono di contrabbando e al mercato parallelo». È esattamente, parola per
parola, quello che la propaganda governativa ripete tutti i giorni. Ma basta spostar-
si un po’ più in giù nella fila e si incontra
Marta, un’impiegata di Chacao, la municipalità storicamente antichavista dove si
trova anche piazza Altamira (il nome con
cui è conosciuta quella che ufficialmente
si chiamerebbe piazza Francia), per ascoltare un discorso diametralmente opposto al primo: «Questa penuria è tutta colpa del governo, della sua politica di controllo dei prezzi e dei cambi. Non concedono alle imprese abbastanza dollari per
importare le merci, perché se li sono rubati tutti loro, e coi prezzi troppo bassi i produttori hanno smesso di produrre, perché non hanno più margini di profitto.
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ESTERI REPORTAGE
«Quella di Maduro è una strategia
deliberata per sottomettere la società
e realizzare il totalitarismo»,
ha affermato con coraggio
l’arcivescovo emerito di Los Teques
e di Maracaibo Ovidio Perez Morales
do Chávez salì al potere nel 1999 il barile di petrolio si pagava 9 dollari, oggi il
suo epigono Maduro beneficia di un barile a 107 dollari, eppure le finanze pubbliche sono in rovina. Il fatto è che il numero dei dipendenti della Pdvsa, la società di
Stato per gli idrocarburi, è passato dai 45
mila di allora ai 115 mila di oggi, ma nello stesso periodo la produzione è scesa da
3,4 milioni di barili al giorno a 2,5. Inoltre alcune centinaia di migliaia di barili
di petrolio venezuelano vengono ceduti a
prezzi di favore a Cuba e a paesi dei Caraibi e dell’America centrale per ragioni politiche. Pdvsa ha accumulato debiti per
48,3 miliardi di dollari e ha costi di produzione fra i più alti della regione. Poi c’è
il buco nero rappresentato dai sussidi al
prezzo della benzina: in Venezuela costa
NEL 1999 IL BARILE DI PETROLIO SI PAGAVA
9 DOLLARI. OGGI 107 DOLLARI. E NONOSTANTE
QUESTO LE FINANZE PUBBLICHE SONO IN ROVINA
quantità inferiori a quelle richieste dalle
imprese. Il risultato è che sul mercato arriva una quantità ridotta di prodotti, che
vengono subito accaparrati: la gente teme
che per molto tempo non li rivedrà. Le
imprese non accaparrano nulla, i controlli statali sono asfissianti. Il problema che
si è aggiunto dall’ottobre scorso è che i
dollari veri arrivano sempre più raramente: anche quando la transazione è approvata e l’impresa opera a partire dall’“assegno” che si ritrova in mano, lo Stato tarda a versare la cifra approvata». Per questa ragione molte compagnie aeree straniere hanno sospeso i voli nelle ultime
settimane: sono creditrici di una cifra che
sta fra i 2 e i 3 miliardi di dollari. E come
mai lo Stato non paga? Il Venezuela non
è forse un grande produttore di petrolio, che costituisce il 96 per cento del suo
export? Il problema sta proprio lì. Quan30
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circa 0,1 bolivar al litro, cioè 1,1 centesimi di euro al cambio ufficiale, 0,11 centesimi al cambio parallelo. Lo Stato finanzia il consumatore, e questo lo ricambia
col contrabbando con gli stati confinanti,
Colombia e Brasile. Si va dai “bachaqueros”, i piccoli contrabbandieri che di notte varcano il confine con la Colombia con
una tanica a testa, ai grandi traffici organizzati dagli alti gradi dell’esercito e dalla guardia di frontiera. Infine, il grande
sifone rappresentato dalle frodi nell’ambito del Cadivi: un’inchiesta parlamentare ha appurato che nel solo triennio 20112013 la bellezza di 20 miliardi di dollari sono stati sottratti da false imprese che
con false richieste per importazioni (per
quelle di medicinali salvavita si poteva
scroccare il favoloso cambio di 1 dollaro
ogni 6,3 bolivares) hanno ottenuto l’accesso alla valuta. La Procura generale della
Repubblica, sempre molto sollecita quando si tratta di mandati di arresto contro
gli oppositori, per questa gigantesca truffa non ha finora incriminato nessuno. Il
che lascia capire molte cose.
A un anno dalle elezioni
Non tutti sono d’accordo che questi fatti
dimostrino semplicemente l’incompetenza e la corruzione dominanti nel sistema
del socialismo bolivariano. C’è chi afferma che questa sia una strategia deliberata per sottomettere la società e realizzare il totalitarismo. Fra loro un coraggioso presule come l’arcivescovo emerito di
Los Teques e di Maracaibo Ovidio Perez
Morales: «Io non ho mai creduto alla
tesi dell’incapacità del governo», dichiara. «Quella che sembra inefficienza è la
messa in pratica di un progetto che mira
a distruggere l’impresa privata e ad assorbirla nello Stato. L’alta inflazione, la penuria, tutto è funzionale alla conquista del
controllo dell’economia. Le code davanti ai supermercati non tolgono il sonno al governo: abituano il popolo a stare
sottomesso e a dipendere completamente dal governo. Adesso introdurranno le
tessere del razionamento, e tanta gente
le accoglierà con sollievo. Diranno: “Ora
non dobbiamo più fare la coda”». I chavisti, però, secondo i sondaggi non rappresentano più la maggioranza dei venezuelani. L’Instituto Venezolano de Analisis de
Datos (Ivad) afferma che alla fine del marzo scorso solo il 36,7 per cento dei cittadini si dichiarava allineato col Partito socialista unito, che egemonizza il governo,
mentre il 47,3 per cento appoggiava l’opposizione unita. Un anno prima, all’indomani della morte di Hugo Chávez i suoi
eredi potevano contare sul 55,9 per cento
del consenso, e l’opposizione solo sul 31,6.
Le elezioni politiche sono previste per la
fine dell’anno prossimo. Ma il Venezuela
reggerà fino alla scadenza elettorale? Nessuno lo sa, nessuno osa fare previsioni. n
Foto: Rodolfo Casadei
Oppure producono per il mercato parallelo o per il contrabbando. In questo paese stiamo imparando tutti a vivere così».
Ha ragione Marta e ha torto Paulo.
Spiega Ignacio Gutierrez, economista del
Centro Politica Publica: «In Venezuela il
mercato dei cambi non è libero, un’impresa che ha bisogno di importare deve
fare richiesta dei dollari necessari a un
ente governativo che prima si chiamava
Cadivi e adesso si chiama Cencoex. Esso
alle imprese pratica un tasso di 50 bolivares per un dollaro, molto lontano dal tasso di cambio ufficiale, che è di 6,3 bolivares per un dollaro, ma migliore del cambio sul mercato parallelo, che è di 87 bolivares per un dollaro. Però le imprese che
fanno richiesta sono tante, e l’ente approva solo alcune transazioni e spesso per
società
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periferie/3
| Foto: Pime
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DI PIERO GHEDDO
Ore di canoa
per difendere
i miei indios
È l’unico sacerdote per 30 mila abitanti dispersi
lungo i fiumi della foresta amazzonica.
Pedro Belcredi del Pime insegna alla “sue”
tribù l’agricoltura e la pastorizia. E un modo
cristiano per combattere la guerra delle terre
M
no nelle “riserve” degli indios, per evandi cui parla papa Francesco gelizzare, iniziare scuole e opere di proquando invita la Chiesa e i cri- mozione sociale. Si sono spesso trovati di
stiani a non rimanere chiusi nell’ovile di fronte alla deforestazione e occupazione
Cristo, ma ad uscire per evangelizzare, di territori degli indios da parte di compasoprattutto i più poveri, isolati e abban- gnie multinazionali. Ecco come la Chiesa
donati dalla società. Ecco un esempio, evangelizza e difende gli indios. Dal 1996
che ho visitato parecchie volte nei miei padre Pedro Belcredi è nello stato di Amaviaggi missionari. L’Amazzonia brasilia- zonas (con capitale Manaus), nella diocena è estesa 14 volte la nostra Italia, i mis- si di Parintins, fondata dai missionari del
sionari sono presenti in modo sistemati- Pime nel 1955, estesa come l’Italia settenco solo da 50-60 anni. All’inizio del Nove- trionale con circa 250 mila abitanti, quacento, le diocesi dell’Amazzonia erano si tutti battezzati ma non ancora evangetre, Belem, Manaus e Santarem; oggi sono lizzati. Parintins ha un vescovo italiano,
una cinquantina. Il popolo è battezzato monsignor Giuliano Frigeni (dal 1999),
e credente perché il battesimo era diffu- ma ormai la diocesi ha un buon numero
so dai “missionari itineranti”, che battez- di giovani sacerdoti locali (14 più altri 14
zavano tutti, istruivano, nominavano un missionari stranieri).
L’immenso territorio è
catechista locale e prosetutto foresta e fiumi, i tre
guivano nelle loro visite
in viaggio
quarti sono “riserve” degli
apostoliche. Il battesimo e
Seguendo l’invito
indios Sateré-Maué, dove si
la devozione alla Madonna
di papa Francesco
entra solo con il permesso
e al Santo protettore sono
Continua il viaggio
nelle periferie esidel governo. In queste sterdevozioni e segni che hanstenziali. Nel numero
minate pianure amazzonino mantenuto la fede.
23 di Tempi Rodolfo
che si combatte la “guerra
I missionari del Pime
Casadei ha raccontadelle terre”, che è stata la
sono in Amazzonia dal
to la vita della tribù
africana dei tupurì;
prima “battaglia” di padre
1948, vi hanno fondanel numero 24,
Pedro. L’ho intervistato a
to due diocesi (Macapà e
Monica Mondo
Milano nell’autunno 2013,
Parintins) e 18-19 parrocha raccontato le
mentre stava ritornando
chie a Manaus. Col perperiferie di Roma.
in Amazzonia dopo una
messo del governo entraolte sono le “periferie esistenziali”
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breve vacanza in Italia. Padre Belcredi è parroco di Barreirinha, una cittadina con 10 mila abitanti e altri 20 mila
dispersi lungo i fiumi e nelle foreste. Nella riserva degli indios Sateré-Maué ci sono
8-9.000 abitanti e la scuola tecnica e agricola di San Pedro (insegna l’agricoltura e
la pastorizia per legare gli indios alla terra) con i due padri Enrico Uggé (il fondatore della scuola negli anni Settanta, spesso a Parintins per altri impegni) e il prete
diocesano don Rivaldo da Costa.
La “guerra delle terre”
Ho visitato diverse volte Barreirinha:
padre Pedro è l’unico sacerdote, con lui
alcune suore di Madre Teresa che fanno un ottimo lavoro. La parrocchia è fra
due fiumi affluenti del Rio delle Amazzoni, il Rio Ramos e l’Andirà, con in mezzo l’isola di Parintins, sede della diocesi, che dista da Manaus 7-8 ore di navigazione col battello statale. Poi c’è la riserva
degli indios molto più estesa. La deforestazione sistematica in Amazzonia è iniziata dopo la Seconda Guerra mondiale
e specialmente nel tempo della dittatura militare in Brasile (1964-1988), quando il governo di Brasilia affittava dei territori immensi alle ditte brasiliane o straniere, libere di sfruttare i terreni, che in
teoria dovevano impegnarsi a rispettare
le terre “riservate” alle varie tribù degli
indios. Ma c’erano scarsi controlli di questi impegni, per cui nascevano spesso piccole guerre che coinvolgevano i missionari, quasi sempre gli unici stranieri a contatto con gli indios.
La storia di padre Belcredi è comune
a quella di tanti altri missionari. «Nei primi tempi che ero a Barreirinha – racconta padre Pedro – un bel giorno ho visto
arrivare a Parintins una dimostrazione
di popolo indio, che ha percorso le vie
della cittadina e si è fermata davanti alla
chiesa, agitando cartelli e striscioni: “Noi
indios ringraziamo padre Pedro perché
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si interessa dei nostri problemi”. Venivano da Ariaù, un grosso villaggio indio
(300 famiglie) a sei ore di barca, li avevo
già visitati. Mi hanno detto che si era presentato nel villaggio un tale Manfredini
(figlio di italiani da molto tempo in Brasile) accompagnato dalla polizia. Aveva
mostrato al capo villaggio e ad altri l’atto del governo che lo rendeva proprietario di tutta la terra da lui comperata
e pagata. Manfredini voleva mandar via
gli indios e disboscare la foresta. Alle proteste degli indios, la polizia ha bruciato alcune case, distruggendone altre. La
gente si era spaventata ed era venuta da
me perché non si fidano di nessun altro,
dato che le autorità avevano firmato quella vendi«LA DEFORESTAZIONE DI QUESTE TERRE
ta. Sono venuti a chiederNON È SOLO UN PROBLEMA AMBIENTALE.
mi cosa fare perché volevacrea problemi morali, culturali
no difendersi con le armi».
e psIcologici. SOLO CON L’AIUTO DI DIO
Naturalmente padre Pedro
ha subito escluso una resi- POTREMO RISOLVERE QUESTO PROBLEMA»
stenza armata. È andato
a Parintins a parlare con la Commissio- sono affermare le proprie ragioni senne diocesana per la pastorale della terra, za ricorrere alla violenza della polizia o
che esiste anche a Manaus e in altre dio- alle armi di chi si ribella. Insomma, hancesi dove si verificano questi contrasti fra no visto che c’è un popolo pronto a ribelindios e nuovi proprietari delle loro ter- larsi, la Chiesa lo appoggia e fa propaganre. Padre Pedro ha fatto venire da Manaus da a livello locale e nazionale contro queanche due avvocati competenti e altri del- sta ingiustizia. La distruzione della forela Commissione. Insieme al sindaco di sta si è fermata, ma il problema non era
Barreirinha sono andati tutti nella fore- risolto. Le autorità avevano riconosciuto
sta dove si trova il villaggio di Ariaù, han- che il nuovo proprietario non poteva fare
no fatto una riunione durata ore e ore quello che voleva, ma gli indios avevano
e hanno scoperto che anche il sindaco e dovuto riconoscere che Manfredini era il
altre autorità statali erano d’accordo con legittimo proprietario delle loro terre. Gli
Manfredini, che aveva comperato il ter- indios di Ariaù sono rimasti nel loro vilreno degli indios e dato soldi a questo e laggio e nelle loro terre, ma la deforestaquello per le loro campagne politiche.
zione è continuata in modo più nascosto,
cioè in terre più lontane e isolate che gli
La denuncia della Chiesa brasiliana
indios attualmente non usano. Quasi un
Continua padre Pedro: «Manfredini ha anno dopo, siamo venuti a conoscenza di
comperato legalmente la terra, ma gli questo, abbiamo chiamato le autorità e le
indios hanno il diritto di occupare la abbiamo portate sul posto a vedere, ma
terra che hanno da sempre, quindi non secondo loro tutto era a posto e non hansi può mandarli via. Ragionando si pos- no nemmeno voluto vedere tutto il fron-
Foto: Pime
società periferie/3
Foto: Pime
A lato, padre Pedro
Belcredi il giorno
della sua partenza
per l’Amazzonia
e, più a sinistra,
insieme alle suore
di Madre Teresa
nella sua parrocchia
di Barreirinha,
nella diocesi
di Parintins
(Amazzonia, Brasile)
te della deforestazione. A loro interessava solo che gli indios non piantassero più
grane, per paura che i giornali ne avrebbero parlato. Allora, i nostri di Parintins
sono andati con degli esperti di Manaus,
hanno fotografato di nascosto la deforestazione col pericolo di buscarsi una fucilata, hanno fatto anche un filmino, poi
trasmesso dalla televisione cattolica e da
altre, dove si vede un fronte di vari chilometri con decine di motoseghe che stanno tagliando gli alberi della foresta; c’erano circa 200 montagnette di tronchi già
pronti per essere portati via. Ci sono molti fiumi e affluenti e loro sanno come far
arrivare questi tronchi in un porto attrezzato per caricarli sulle navi che li portano
fuori del Brasile o nel Brasile del sud senza pagare niente. Hanno dei grandi trattori che portano via i tronchi con tutti i
rami, poi tagliano e buttano via il materiale inutile, mettono i tronchi su chiatte
e di notte li fanno passare in questi fiumi.
Noi ci siamo dati da fare – continua padre
Belcredi – e abbiamo fatto un documentario nel quale si dimostra che la distruzione è totale, tagliano anche alberi protetti che non si potrebbero tagliare. E così
facendo lasciano il deserto, una terra fragile che causerà inondazioni e altri mali.
Un altro crimine è che chiudono gli igarapè, piccoli affluenti dei fiumi, da dove
passano i pesci per andare a deporre le
uova; buttano olio bruciato e altro veleno
nei fiumi. Abbiamo filmato tutto questo
con molti rischi e lo abbiamo presentato
alle autorità provando le nostre accuse».
Una nuova coscienza di popolo
La storia è poi continuata con altre denunzie e lanci di notizie a livello nazionale da
parte di radio e tv cattoliche e non solo. Le
autorità nazionali e locali sono intervenute diverse volte per frenare questa deforestazione, ma al massimo hanno ottenuto
che i villaggi degli indios potessero rimanere nelle terre attorno. Il fenomeno va
avanti, ed è dimostrato dal fatto che negli
ultimi cinquant’anni la foresta amazzonica che occupava il 95-96 per cento del territorio amazzonico, oggi è ridotta a circa
l’82-84 per cento e questo non preoccupa
quasi più l’opinione pubblica brasiliana.
E poi, la corruzione nelle amministrazioni nazionali e locali del Brasile è sempre
tanta e, con il boom economico degli scorsi anni, pare addirittura in crescita.
Chiedo a padre Pedro se è sempre
impegnato per difendere indios e foreste. «Sì, sono impegnato perché, se die-
tro tutto questo non ci fosse la Chiesa,
nessuno là nelle foreste amazzoniche
avrebbe la fiducia del popolo, l’autorità e il peso mediatico di fare quello che
facciamo noi missionari. Certo non posso fare tutti i passi e le azioni necessarie, ma ci sono i laici che si impegnano
e anche molti volontari. Un esempio è il
dottor Renato Soto di Manaus, un medico che da quando si interessa dei diritti
degli indios è stato minacciato di morte
e gli hanno mitragliato la casa dicendogli: “O smetti di interessarti a loro oppure ti ammazziamo”. È una persona semplice e come lui ce ne sono tante altre che
sanno di rischiare la vita, ma continuano a difendere questa popolazione. Ma
solo con l’aiuto di Dio si potrà giungere
a vere soluzioni. Io cerco di mantenere in
me lo spirito di Gesù Cristo, di perdonare
le offese, di vivere in pace, di voler bene
anche ai peccatori, ma anche di denunziare il peccato. Però il delitto rimane. Tra
l’altro, l’irruzione violenta e disumana
del mondo moderno in un ambiente tradizionale come quello del popolo amazzonico, crea anche altri problemi morali, culturali e psicologici. Lo stato brasiliano del Parà che confina con il nostro e
con il mare, ha permesso di distruggere
gran parte della sua foresta. Adesso tocca al nostro stato di Amazonas. Dopo aver
distrutto le foreste, vogliono fare coltivazioni sterminate di soia, che impoveriscono il fragile terreno. In 50 anni l’Amazzonia potrebbe essere il nuovo deserto del
Sahara». «Le battaglie fatte dalla Chiesa
nell’ultimo mezzo secolo in difesa del territorio amazzonico hanno dato coscienza a questo popolo delle gravi ingiustizie
che si compiono contro il loro futuro. Ma
il nostro compito è anche e soprattutto
quello di educarli a mantenere uno spirito evangelico di pace, affinché non diventino a loro volta violenti e incomincino a
odiare e a pensare che con le armi si possano risolvere tutti i problemi». n
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PAGINA A CURA DI ETD
LO SCUDETTO
DELLA QUALITà
Cogetech e Genoa in prima fila nella lotta al match
fixing con una certificazione antifrode perseguibile da
ogni squadra. Che renderà più sicuro il modo di giocare
D
Mondiali di calcio sono cominciati. Le polemiche sui ritardi, gli scioperi e i
moti di piazza che hanno occupato le cronache sportive fino a pochi giorni fa, hanno lasciato spazio ai risultati delle nazionali. E per gli appassionati scommettitori cambierà qualcosa? Fabio Schiavolin, amministratore delegato di Cogetech spa, ha risposto a qualche domanda.
opo tanta attesa i
Dottor Schiavolin, che risultati vi aspettate da questo Mondiale?
I Mondiali sono uno degli eventi sportivi più attesi in grado di catalizzare l’attenzione di sportivi e appassionati di
scommesse e di far registrare pertanto
un incremento apprezzabile della raccolta di scommesse. Le ultime due edizioni
(2006 e 2010) hanno generato un aumento delle puntate
INTEGRITY TOUR È UN PROGETTO DI
rispettivamente del 19 e del 10
INFORMAZIONE E PREVENZIONE AL
per cento. Quest’anno la nostra
aspettativa è quella di restaMATCH FIXING CHE HA L’OBIETTIVO
re in linea con il dato di quatDI TUTELARE LO SPORT. IL GENOA
tro anni fa, con un potenziale
È
LA
PRIMA SQUADRA DI SERIE A CHE
incremento grazie a un palinHA PARTECIPATO ALL’INIZIATIVA
sesto più ampio e considerato
che Brasile 2014 sarà un Mondiale da “second screen” con match visibili condotto in collaborazione con Sportradar
non solo in tv ma anche su tablet o smar- (società leader mondiale nel monitoraggio
tphone per essere sempre aggiornati in delle quote e dei flussi di gioco) e Genoa.
tempo reale su tutte le partite.
L’obiettivo principale è la tutela dello sport
e degli sportivi penalizzati dalle frodi sia
Qualche settimana fa il New York Times
in termini finanziari sia di immagine. Il
ha evidenziato la facilità con cui i giorischio della perdita di fiducia da parte
catori d’azzardo professionisti siano in
degli scommettitori è sempre più reale. Per
grado di “aggiustare” i match. Sotto inquesti motivi è fondamentale raggiungechiesta sono finite alcune gare di Sudare una consapevolezza del fenomeno, una
frica 2010 e l’allerta è calata su Brasile
corretta informazione e una sempre più
2014. Cogetech spa è stata la prima sodiffusa abitudine a riconoscere, e quindi a
cietà italiana a coinvolgere una squadra
combattere, ogni comportamento “sospetdi serie A (Genoa Cfc di cui è sponsor
to” che possa danneggiare la credibilità del
di maglia con il brand iZiplay) su questo
calcio e dei suoi protagonisti.
tema. Ci racconta quest’esperienza?
L’“Integrity Tour” è un progetto di inforIn cosa consiste questa “Certificazione
mazione e prevenzione al match fixing
antifrode”? È uno strumento realmente
utile ed estendibile ad altre
squadre di Serie A?
Possiamo
considerarlo
una sorta di “Scudetto della
qualità” che certifica la messa in sicurezza del club rossoblu contro i rischi del match
fixing, ponendo il Genoa in
prima fila nella lotta alle frodi sportive e nelle campagne
promosse dai massimi organismi sportivi a livello nazionale e internazionale (Fifa, Uefa
e Figc). È un punto di partenza di un modello perseguibile
da altri club interessati a intraprendere lo stesso percorso.
Questione ludopatie. Per
molte persone l’unico modo
per “salvare” gli utenti del gaming
dall’ossessione del gioco è quello di vietarlo. Come rispondete a questo e come
vi rivolgete ai giocatori?
La storia insegna che il proibizionismo
non ha mai giovato a nessuno. Piuttosto
è necessario lavorare insieme su legalità
e comunicazione. Nelle nostre campagne
pubblicitarie siamo stati i primi a enfatizzare l’aspetto ludico e social puntando tutto sull’ironia e sulla schiettezza affermando che la fortuna non esiste. Il settore deve
impegnarsi per una costante cooperazione tra Operatori e Monopoli che devono
partecipare costruttivamente alla riforma
dell’intero settore. Ora attendiamo i decreti della delega fiscale approvata nel febbraio scorso dal Parlamento: dal prelievo erariale unico sui singoli giochi a un ulteriore
allargamento del palinsesto, fino a un’armonizzazione giuridica che non consenta a chi è privo di concessioni e autorizzazioni di aprire e chiudere continuamente
agenzie di gioco, magari a pochi passi dai
centri autorizzati e a condizioni di quota e
di palinsesto migliore.
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STILI DI VITA
CINEMA
NECESSITà E URGENZA?
I decreti legge di Renzi il furbo
Edge Of Tomorrow –
Senza domani,
di Doug Liman
PRESA D’ARIA
di Paolo Togni
L
Costituzione (art. 77) rende legittima l’emanazione di decreti legge solo in
casi di necessità e urgenza. L’articolo 15 della legge 400/88, comma 3, parla chiaro: il contenuto dei decreti legge «deve essere specifico, omogeneo».
La Corte Costituzionale, con le sentenze 171/2007, 128/2008 e soprattutto con la
22/2012, ha affermato che è illegittimo (quindi nullo e non applicabile) il decreto
legge qualora non ne sia esaurientemente documentata la necessità e l’urgenza,
o il suo contenuto non sia omogeneo.
Venerdì 13 il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge dal titolo
“Disposizioni urgenti in materia di agricoltura e tutela dell’ambiente”, del quale appare assai difficile documentare la necessità e urgenza, ed è assolutamente
inesistente l’omogeneità di contenuto. Sull’elaborazione della parte ambientale
il ministro ha posto (per vergogna?) un assoluto embargo su qualunque informazione, tanto che le norme sono state elaborate non dal competente ufficio legislativo, ma dai collaboratori personali del capo di Gabinetto.
Ma quello che più stupisce sono alcune norme inserite nel testo: per esempio
la titolarità della nomina del direttore del Parco delle Cinque Terre da parte del
ministro (in deroga; e dov’è l’urgenza? Nel fare una marchetta a Orlando? Certo
il ministro della Giustizia è meL’ULTIMO DECRETO LEGGE DEL
glio tenerselo buono); e alcuni
piccoli, irragionevoli aggiustaGOVERNO TRA LE TANTE COSE
menti delle autorità di bacino
STABILIVA LA TITOLARITà
fatti solo per meschine questioDELLA NOMINA DEL DIRETTORE
ni di potere. Ci sono poi delle
DEL PARCO DELLE CINQUE TERRE
pecche più grosse nella proceAL MINISTRO. E QUESTA è UNA
dura di requisizione di alcuni
depositi di rifiuti: mi riservo di
COSA URGENTE E NECESSARIA?
tornare meglio sull’argomento
una volta visto un testo pubblicato. Certo che Renzi scrive poco per quanto parli
molto. Annunzi sì, ma testi niente: è proprio fiorentino!
In questa vicenda, come in altre che sono in corso, sorprende la pochezza della squadra del leader: la presidenza ha un ufficio, il Dagl, che a parte qualche porcheria che si era voluta fare non è mai stato sorpreso, finora, in debito di qualità
negli interventi. Quando era diretto da fior di giuristi. Le ultime voci provenienti dal ministero dell’Ambiente informano che il ministro sta procedendo verso lo
spostamento della sede. Vi ragguaglierò. Narra una leggenda romana che il ministro che cambia sede non rientrerà mai più in alcun governo. La leggenda fino a
oggi si è sempre avverata. Staremo a vedere: in caso di ulteriore conferma, dal trasferimento non verrà alcun bene al ministro. All’Italia sì.
[email protected]
a
HUMUS IN FABULA
CAR SHARING
Il servizio Enjoy
di Eni sbarca a Roma
La capitale amplia l’offerta di
car sharing, la soluzione di mobilità sostenibile che permette ai
cittadini di condividere l’uso di
un parco vetture distribuito sulla città. Dopo il servizio dell’amministrazione comunale e quello
privato di car2go, arriva a Roma anche Enjoy, progetto realizzato dall’Eni in partnership con
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Fiat e Trenitalia. Il servizio ha
preso il via ufficialmente il 5 giugno mettendo a disposizione una
flotta di 300 Fiat 500 che passeranno a breve a 600. Le modalità e le caratteristiche del car
sharing firmato Eni sono semplici: basta iscriversi gratuitamente al sito internet enjoy.eni.com,
quindi visualizzare l’auto più vicina e prenotarla con l’app per
smartphone (Android, iOS e a
breve anche per Windows Phone) o tramite pc. E se non avete
uno smartphone non preoccupatevi: basterà chiamare il numero
verde 800.900.700 per cercare la vettura più comoda o acce-
L’immortale Tom
Cruise merita
In guerra contro mostri
alieni, un soldato è costretto a rivivere sempre la
stessa giornata.
Blockbuster un po’ caotico
e fracassone ma nel complesso non malaccio. È stato castigato al botteghino
ma un’occhiata la merita,
per l’eterno trentacinquenne Tom Cruise in un ruolo d’azione che cita in più
di un momento Mission
Impossible ma soprattutto per Emily Blunt, novella
Lara Croft che ha carisma
e picchia duro. Confezio-
HOME VIDEO
C’era una volta a New York,
di James Gray
Film d’altri tempi
Nella New York degli anni Venti, una giovane polacca
arriva assieme alla sorella in
cerca di fortuna.
Duro melodramma diretto dal
James Gray di Two Lovers.
Messinscena perfetta e narrazione classica, ripropone il tema caro al regista di Little
Odessa: il sogno americano inseguito dagli ultimi, spesso immigrati in cerca di fortuna.
Film d’altri tempi: un grande
affresco d’epoca dove convivono il racconto della miseria e
l’ansia di riscatto.
dere all’auto individuata tramite
codice sul parabrezza e spie luminose che indicano lo stato: “in
uso”, “prenotata” e “disponibile”.
Come per i suoi concorrenti, anche le auto di Enjoy hanno libero
accesso in zona Ztl e possono essere rilasciate al termine dell’utilizzo (oppure anche in modalità
“sosta”) in qualsiasi parcheggio
consentito all’interno dell’area
coperta dal servizio (che per Roma è di circa 100 chilometri
quadrati): sulle strisce blu, gratuitamente, e nei 50 parcheggi Enjoy riservati. Il costo dell’utilizzo della vettura? 25 centesimi al
minuto per i primi 50 chilometri,
dopo i quali si applica un ulteriore costo di 25 centesimi al chilometro, e 10 centesimi al minuto
quando si decide di lasciare l’auto noleggiata in modalità sosta.
«Sono molto soddisfatto dell’arrivo di Enjoy a Roma», ha affermato il sindaco Ignazio Marino.
«A Roma ci sono 978 auto private ogni 1.000 adulti, numeri
enormi se confrontati con quelli di capitali come Parigi, Londra
o Berlino. L’obiettivo è ridurre il
traffico e l’inquinamento mettendo a disposizione dei romani
strumenti di mobilità condivisa e
un trasporto pubblico in grado di
soddisfare tutte le esigenze».
IN VACANZA
ne curata, ritmo forsennato
e tante citazioni: la prima
parte, in cui Tom rivive continuamente la stessa giornata, prende le mosse da
Ricomincio da capo ed è assai spiazzante. Non si capisce se si è dentro un videogame, se l’azione è vera o
virtuale. Poi la narrazione
si normalizza e alcuni momenti sono sin troppo pre-
vedibili. Tanti omaggi alla
sci-fi moderna: dai mostri simili ad Alien (però non particolarmente furbi) a Starship
Troopers, il bel film di Verhoeven in cui gli umani lottavano contro insettoni giganti. E
ancora: Inception e Oblivion,
l’immancabile Avatar. visti da Simone Fortunato
SPORTELLO INPS
In collaborazione con
DOMANDA & RISPOSTA
Tutto quello che
bisogna sapere
Requisiti per la pensione
Si possono riscattare gli anni di
Siss (Scuola di specializzazione
all’insegnamento secondario)? Mi
sono informata e ho avuto risposte totalmente discordanti.
FlaviaV.
Sì, anche i diplomi di specializzazione conseguiti dopo la lau-
invia il tuo quesito a
[email protected]
Lezioni estive
a Marinedda
Il regista
Doug Liman
MAMMA OCA
di Annalena Valenti
E
mentre il ministro Giannini pensa ai mesi estivi come «al buco nell’ozono che si crea tra il 9
giugno e il 5 settembre» minacciandoci con sogni di scuola aperta anche
d’estate, noi viviamo il tempo estivo alla scuola di vita di Marinedda. Il buco
dell’ozono a casa mia ha sempre coinciso con step di crescita accelerata, figli e nipoti hanno imparato a camminare, a scalare, a nuotare, a leggere
libri mai aperti, a osservare e domandare del mondo e anche ad annoiarsi.
Il Gio, che ha quasi tredici anni, questa
estate vuole imparare a cucinare. Ha
cominciato con sugo rosso al basilico
e frittata. Con piccole digressioni dovute a parole magiche che quando le pronunci, «metti un velo d’olio», un adolescente maschio calciatore si fa largo
tra i fornelli, «velo? Come il magico velo che ha fatto Pirlo per Marchisio, presa, stoccata, gooooal, e l’Italia passa in
vantaggio!!!». Sugo comunque italianamente buono, frittata da perfezionare,
zucchine taglio perfetto. Si impara, si
cresce, con qualche fissa generazionale: «Ma se tutto quello che trovi in mare è tuo (leggenda familiare dovuta alla
lettura di troppi romanzi d’avventura),
vuoi dire che se trovo un Iphone 5s, ovviamente ben chiuso nella scatola, me
lo posso tenere?». Si impara, si cresce,
si lanciano messaggi, libertà d’azione e
di creazione e qualcuno dedicato a te:
questa è la ricetta del tempo estivo, creativo perché totalmente libero.
mammaoca.com
rea possono essere riscattati ai
fini pensionistici, purché di durata non inferiore a due anni. La
Siss rientra tra i corsi riscattabili ai fini previdenziali in base
alle normative.
all’Istituto. Tale comunicazione
spetta al datore e può essere effettuata attraverso il Contact
Center oppure utilizzando l’apposita procedura telematica disponibile su www.inps.it.
Ho da poco assunto una lavoratrice domestica extracomunitaria
e l’ho iscritta all’Inps. Pochi giorni
fa mi ha comunicato di aver cambiato casa. Devo comunicarvelo?
Daniela M.
Sono nata il 2-10-1958. Ho lavorato 7 mesi durante il liceo con
contributi Inps di cui ho chiesto
la ricongiunzione. Sono stata assunta a tempo indeterminato come dirigente medico di II livello
nel marzo 1988. Ho riscattato gli
8,5 anni di studi universitari. Posso usufruire dell’“Opzione donna”
per la pensione?
Elisa D.
Solo nel caso in cui il lavoratore
domestico risiede presso il datore e cambia domicilio è necessario effettuare la comunicazione
Lei compie 57 anni nell’ottobre 2015 e quindi va oltre il termine previsto per il pensionamento che dovrebbe essere nel
dicembre 2015 (finestra mobile + aspettativa di vita). Ad
ogni buon conto, i fattori che
influiscono sulla data di pensionamento sono molteplici e
cambiano in base alla storia lavorativa personale e non solo. Le consigliamo, per una consulenza specifica, di fissare un
appuntamento con un operatore della sede Inps di appartenenza, chiamando il Contact
Center (803164 da rete fissa –
06164164 da rete mobile).
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Tempi
Leggi il settimanale
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Aggiorna
Beppe Grillo e Casaleggio?
Meluzzi: «Il M5S è una setta
messianica e millenarista»
di Francesco Amicone
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Bergomi e Spagna ’82: «La forza
era il gruppo. Come nella
Nazionale di quest’anno»
di Luigi Amicone
di Luigi Amicone
Nazionale di quest’anno»
era il gruppo. Come nella
Bergomi e Spagna ’82: «La forza
di Luigi Amicone
per la famiglia»
le magnifiche giornate milanesi
Papa: «Come ho vissuto
di Carlo Candiani
Seguici su
«Una follia anche economica»
Bologna, referundum anti-paritarie.
di Antonio Simone
del nuovo compagno di cella
Simone: Il segreto (rivoluzionario)
TUTTI GLI ARTICOLI
di Oscar Giannino
di religione
spread, ormai è una guerra
Giannino: Altro che debiti e
PER PIACERE
Nisida – Cucina Partenopea Verace
Sfizi e altre ghiottonerie
napoletane. A Milano
IN BOCCA ALL’ESPERTO
AMICI MIEI
libri
Costanza Miriano
e il buonumore
senza nostalgia
Costanza Miriano nel suo libro
più recente, Obbedire è meglio
(Sonzogno, 176 pagine, 15 euro), mette insieme le due tecniche di racconto che prediligo.
La prima è di raccontare i fatti
propri mescolandoli ai fatti degli altri. Sembra strano ma tanti
ignorano quali sono i livelli di attenzione. Il primo livello è quando si raccontano i fatti propri
(uno si chiede perché, ma è così). Il secondo livello è quando si
raccontano i fatti degli altri. Il
terzo è quando si usano immagini, parabole, metafore, fiabe.
Il quarto livello, il più basso, è
quando si fanno teorie: in genere chi scrive ha studiato all’università ed ha assimilato il metodo scientifico, crede di essere
almeno un piccolo Aristotele e
riesce a far stramazzare di noia
anche il più volenteroso lettore.
Costanza ti seduce raccontandoti tutti i guai che ha combinato lungo la giornata assieme alla descrizione pittoresca di ciò
che fa e non fa una sua amica e
poi… Questo è il punto: ciò che
spunta alla fine. Siamo condotti
alla conclusione portati da una
corrente di buonumore, come se
andassimo nel paese dei balocchi e invece ci si trova ai vertici
di un trattato di ascetica e mistica ovvero di un corso di teoria e tecnica della spiritualità e
santificazione. In fondo Costanza viene incontro ad un’esigenza
forte e urgente che è la domanda di come ci si possa identificare con Cristo vivendo con
molti figli, con l’orario d’ufficio,
con le difficoltà del traffico, con
i mille impegni necessari o superflui e dovendo pagare tante
tasse. Se uno scorre nel messale le festività dei santi trova una
sequenza di personaggi meravi-
di Tommaso Farina
A
Milano, per la cucina partenopea verace, fermatevi qui. La
Campania culinaria non è solo pizza, per quanto buona:
è anche pesce, involtini, formaggi, sfizi da piluccare. La famiglia Matrone lo sa bene. A Milano da una vita, i Matrone sono
imparentati con un bravissimo produttore di mozzarella di bufala campana della zona più tipica. Oltre al loro negozio di ghiottonerie napoletane, hanno cercato di mandare avanti un’attività
di ristorazione. Questo ristorante si chiama Nisida, e ha due sedi:
una al quartiere Isola, in via Porro Lambertenghi, e una più periferica, in via Salvatore Pianell (famoso patriota dal nome tronco),
che è quella dove siamo stati.
Il locale è moderno, simpatico, ben rinfrescato dall’aria condizionata. Da bere, una quindicina di vini campani, anche inusuali. Da mangiare, una carta di specialità tipiche e di pizze, anch’esse realizzate secondo la scuola napoletana.
Non ci sono antipasti, ma “sfizi”, che poi sono la stessa cosa.
Per esempio, c’è il “Fritto Italiano”: peperoni, zucchine e melanzane in pastella, con piccoli supplì alla provola, crocchette (anzi,
crocché) e fettine di mozzarella impanate. Un piattarello sanculotto e popolare, realizzato con leggerezza. Se no, parmigianina
di melanzane; melanzane a funghetto; rotolo di scarole.
Di primo, monumentale la porzione degli spaghetti alla Nerano, coi fiori di zucca. Semplici e corretti i paccheri con pomodorini e ricotta. Elementare la napoletanissima, misconosciuta pasta con patate e provola.
Coi secondi piatti, planiamo su un concreto, sodo polpo alla
luciana, servito nella pignata di coccio. In alternativa, la tortiera
di alici, l’hamburger con la provola, il baccalà o il fritto di pesce.
Ci sono poi le pizze, e anche una monumentale scelta di panini,
che si mangiano al tavolo e fanno da piatto unico, accompagnati da un contorno. Chiusura a base di pastiera napoletana e torta
caprese, ortodosse entrambe. Spesa? Circa 40 euro a capoccia. Meno con la sola pizza. Un’esperienza divertente.
Per informazioni
Nisida – Cucina Partenopea Verace
www.nisidaverace.it
Via Salvatore Pianell, 43 – Milano
Tel. 02 6428387 – Aperto tutti i giorni
gliosi (fondatori, regnanti, monaci, papi…) nessuno dei quali
ha condotto una vita simile alla
nostra. E allora bisogna trovare la strada, occorre inventarsela e Costanza ci racconta come
se la inventa lei e ti offre una pista senza farti faticare. Abbiamo un bel dire che la gente dovrebbe leggere di più, ma ci
rendiamo conto qual è il genere di vita di un cittadino medio?
Nell’800 si leggeva molto ma si
aveva anche il tempo di un personaggio agreste di Tolstoj. Come si può pretendere che nei
piccoli spazi di tempo disponibili uno si legga un mattone che
forse leggerebbe volentieri se
fosse in campagna su una sedia
a dondolo? Perciò viva Costanza
Miriano che ti seduce facendoti ridere e poi ti mette in testa
lo stile di un vero mistico. Morale: quest’estate portatevi sotto
l’ombrellone Obbedire è meglio.
Imparerete ad essere contenti di ciò che avete e ad evitare
la nostalgia del magari: magari non mi fossi sposato, magari
avessi studiato ingegneria… Oggi, adesso ho davanti il quadro
della mia vocazione: sta nella
mia vita così com’è. Là imparo
ad amare Dio e gli altri e posso
farlo sorridendo.
MUSICA
Un Beethoven fresco
e appassionato
Il legame tra le Sinfonie beethoveniane e l’Auditorium Parco
della Musica è forte e duraturo.
Nel 2001 il ciclo completo con i
Berliner Philharmoniker guidati da un Caudio Abbado i cui segni della malattia erano già molto evidenti. Altri grandi direttori
si son succeduti negli anni e le
Nove Sinfonie hanno edificato la musica nella Capitale. Cosi è stato per l’esecuzione della Seconda e Terza dirette dalla
bacchetta di Georges Prêtre alla testa dell’Orchestra di Santa
Cecilia, tratte da un’altra lunga
“maratona Beethoven” del settembre 2007, sempre a Roma,
e da poco immortalata in una
splendida registrazione riproposta dagli archivi dell’Accademia.
Una preziosa pubblicazione in tiratura limitata in cui è possibile
ascoltare un Beethoven fresco,
appassionato e mai retorico, diretto con intensità e vitalità dal
direttore francese la cui vita
musicale avanza in giovinezza.
Mario Leone
@maestroleone
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motorpedia
WWW.RED-LIVE.IT
A CURA DI
DUE RUOTE IN MENO
Yamaha MT-125
Arriva puntuale in periodo di pagelle, anche se per averla occorrerà attendere fino ad agosto, mese in cui la Yamaha MT-125 sarà nelle concessionarie. Nata da una costola della sportiva YZR-125, la MT-125 è una naked aggressiva e moderna, con soluzioni tecniche pregiate come la forcella a steli
rovesciati o il computer di bordo azionabile direttamente dal manubrio, una
chicca per la categoria. Ottimamente rifinita ed equipaggiata con un moderno motore monocilindrico raffreddato a liquido capace di 15 cavalli (limite di
legge), la MT-125 ha tutte le carte in regola per far tornare la voglia di moto
ai più giovani. Unica pecca: la mancanza dell’ABS. Costa 4.190 euro. [sc]
42
| 25 giugno 2014 |
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LA S1 AUDI OFFRE I CONTENUTI PIù INTERESSANTI
DEI MODELLI DI CILINDRATA E PREzzO SUPERIORI
Il punto di partenza per
gli amanti delle sportive
I
l mondo delle sportive Audi è considerato
il punto di arrivo per molti automobilisti: con la S1 può diventare il punto di
partenza. Dei modelli di cilindrata e prezzo
superiori, infatti, la S1 ripropone i contenuti più interessanti, in primis le prestazioni:
grazie al motore quattro cilindri in linea da
1984 cc con turbocompressore e ai suoi 170
kW (231 cavalli) di potenza massima, l’accelerazione da 0 a 100 km/h richiede soltanto 5,9 secondi, mentre la velocità massima
di 250 km/h non rischia di deludere nemmeno chi porterà la S1 tra i cor231 CAVALLI DI doli di una pista. La tecnoloPOTENZA MASSIMA; gia TFSI, che associa iniezione
ACCELERAZIONE DA 0 diretta e turbocompressione,
A 100 IN 5,9 SECONDI; permette di ottenere consuVELOCITà MASSIMA mi ragionevoli (dichiarati 7,3
DI 250 KM/H E l/100 km nel ciclo combinaCONSUMO DI 7,3 LITRI to), pesi ridotti e prestazioni
OGNI 100 CHILOMETRI molto interessanti.
GRAZIE A PESI MINORI
Della dotazione di serie
fa parte la trazione integrale
quattro, che agisce attraverso una frizione a
lamelle con controllo idraulico, migliorando
la stabilità e la gestione della potenza sulle
ruote, oltre a ridurre i fenomeni di sovrasterzo e sottosterzo.
La S1, che in versione Sportback offre
anche la comodità delle cinque porte, ha
L’Audi S1
un abitacolo relativamente spazioso e molin versione
to ben fatto, con qualificanti tocchi sportiSportback
vi che piaceranno soprattutto alla clientela
offre anche la
dei giovani adulti. Il cambio a 6 marce, l’unicomodità delle
cinque porte
ca opzione possibile, è preciso negli innesti,
complemento adeguato del motore, punto
di forza dell’auto: sornione ai bassi regimi,
quindi adatto anche alla città, non è mai difficile da trattare, nemmeno quando sfodera
tutti i 231 cavalli di potenza massima, che
permettono alla S1 di sfidare senza timori
reverenziali modelli di potenza e cilindrata
ben superiori. La lista degli optional è come
da tradizione Audi molto ricca e per tutti i
gusti: il consiglio è di non rinunciare al pacchetto look quattro per gli esterni e per gli
interni, né ai cerchi in lega da 18”.
Edoardo Margiotta
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ACTA
MARTYRUM
I CRISTIANI GIAPPONESI “RIEMERSI” DAL NULLA
Un popolo fedele
sopravvissuto a due
secoli di repressioni
DI EMMANUELE MICHELA
E
rano increduli i padri missionari
francesi quando nel 1865 entrarono nel porto di Nagasaki, e per
le celebrazioni del Venerdì Santo si trovarono circondati da migliaia di fedeli
con gli occhi a mandorla. Era da almeno
due secoli che il Giappone non conosceva preti, una dura repressione aveva decimato la comunità cattolica fiorita a partire dall’arrivo di Francesco Saverio, nel
1549. Eppure qualcosa si era conservato: i “kakure kirishitan”, i cristiani nascosti, avevano difeso la loro fede dalle persecuzioni, e quando il paese fu riaperto
agli stranieri, i credenti presero coraggio
e uscirono dalla clandestinità. «Possiamo
salutare Gesù e santa Maria?», chiesero
alcuni contadini a uno stupito padre Petitjean, missionario raccolto in preghiera presso la chiesa di Oura: quegli agricoltori erano soltanto i primi fedeli a farsi
riconoscere dai nuovi padri. Le cronache
dell’epoca raccontano che per le celebrazioni pasquali di quell’anno, solo a Nagasaki c’erano 10 mila fedeli in attesa dei
sacerdoti europei.
La storia della Chiesa giapponese è
fatta di dolore e sangue, quello dei tantissimi martiri che furono trapassati dalle spade del governo locale: gli shogun
temevano che il cristianesimo potesse
essere un braccio occidentale per sfondare nelle città nipponiche e quindi lo
osteggiarono non appena iniziò a dif-
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fondersi. Le prime repressioni iniziarono a fine Cinquecento, quando nel paese
si contava che i seguaci di Cristo fossero già 300 mila, ma l’ostracizzazione più
terribile arrivò sotto lo shogunato Tokugawa, a inizio Seicento: ogni opera di
evangelizzazione dei sacerdoti stranieri venne bloccata e i missionari espulsi,
il culto cristiano venne dichiarato fuorilegge, alcune chiese vennero demolite. Iniziò lì l’epoca dei “kakure kirishitan”: qualcuno fuggì nelle isole nel sud
del paese, i preti vennero uccisi, numerosi credenti iniziarono a vivere la fede
in segreto. In alcuni santuari sono ancora visibili i cartelli che venivano affissi
agli incroci delle strade, dove si assegnavano ricompense diverse a chi avesse denunciato un sacerdote o un cristiano. A
questo faceva seguito la pratica del “fumi-e”: un credente veniva messo davanti
a un’immagine sacra ed era costretto a
calpestarla per aver salva la vita.
Di padre in figlio
Lo scorso gennaio papa Francesco, durante una catechesi sul battesimo, ha
preso come esempio proprio la storia della comunità cristiana del Giappone: l’immersione nell’acqua santa era per loro il
primo passo per trasmettere il legame
con Cristo di padre in figlio, in un’epoca in cui non c’erano più sacerdoti. «Il
popolo di Dio trasmette la fede, battez-
ALL’INIZIO DEL CINQUECENTO
ERANO IN 300 MILA. POI GLI
SHOGUN LI HANNO UCCISI.
NON TUTTI PERò. QUANDO NEL
1865 I PADRI MISSIONARI
SBARCARONO NEL PORTO DI
NAGASAKI, SI RITROVARONO
CIRCONDATI DA MIGLIAIA DI
FEDELI CHE FINO AD ALLORA
ERANO RIMASTI NASCOSTI
za i suoi figli e va avanti», diceva il Pontefice: i giapponesi «avevano mantenuto,
pur nel segreto, un forte spirito comunitario, perché il battesimo li aveva fatti diventare un solo corpo in Cristo: erano isolati e nascosti, ma erano sempre
membra del popolo di Dio, membra della Chiesa». C’erano anche altri gesti con
cui la fede veniva alimentata nella segretezza: anzitutto il “kontatzu”, il rosario,
officiato dal capofamiglia. Poi la preghiera di fronte ad alcune figure sacre: per
Foto: Sintesi/Photoshot
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Foto: Sintesi/Photoshot
La dea Kannon,
un simbolo del Buddha
misericordioso dalle
sembianze femminili.
Era venerata dai
cristiani come se fosse
la figura della Madonna.
non farsi scoprire, le croci venivano nascoste dietro alle effigi di Buddha, mentre tanti fedeli tenevano in casa una statuetta della dea Kannon, un simbolo del
Buddha misericordioso dalle sembianze femminili sotto cui si celava la figura
della Madonna.
La fede, insomma, si tramandava anche attraverso gesti piccoli e silenziosi,
perpetuati in segretezza. Ma le testimonianze più profonde arrivarono da coloro che divennero martiri, in una persecuzione che per efferatezza ricorda
quella che colpì le prime comunità cristiane sotto l’Impero Romano. Il primo
episodio particolarmente cruento avvenne nel 1597, quando 26 cristiani vennero
crocifissi sulla collina di Tateyama: erano francescani e gesuiti, europei e giapponesi. Sono stati proclamati santi da
Pio IX, nel 1862: secondo la Passio uno
di loro, Paolo Miki, continuava a predicare anche quando era in croce. Qualche
anno dopo la persecuzione s’avvicinò alla sua fase più dura e uno degli episodi
che più spesso si racconta è quanto accadde nel 1603, anno in cui venne decapitato Simone Takeda, samurai convertito al servizio di un feudatario cristiano.
La moglie, Agnese, fu costretta ad assistere alla scena e non abiurò, ma piena
di amore raccolse la testa dell’uomo e
l’abbracciò: la commozione che suscitò
la scena non impedì però alla donna di
essere martirizzata poco dopo.
Il dono dello specchio magico
Per seguire invece la sua vocazione a entrare nella Compagnia di Gesù, Pietro Kibe intraprese un lunghissimo viaggio
verso Roma, passando per Gerusalemme:
una volta ordinato, tornò clandestinamente in Giappone, ma nel 1639 venne
catturato e condannato a morte «perché
non voleva rinnegare la propria fede e incoraggiava i catechisti martoriati accanto a lui», recitano le cronache. Tra i 188
beati che nel 2008 vennero proclamati da
Benedetto XVI, stupisce trovare tanto intere famiglie quanto esponenti della no-
biltà, samurai che accettarono di morire
pur di rimanere fedeli al Vangelo.
L’avversione del Giappone verso i cristiani è proseguita fino al Novecento:
solo con la riforma costituzionale succesiva alla Seconda Guerra mondiale è
caduto del tutto l’editto. Il prossimo anno si ricorderanno i 150 anni dalla “riemersione” dei “kakure kirishitan” e nella città di Nagasaki nascerà un museo
per raccontare le loro storie: sorgerà non
lontano da un altro museo, quello che ricorda il bombardamento del 1945, scelta non casuale poiché tantissimi furono
i cattolici morti a causa dell’atomica. E
mentre i vescovi nipponici sperano che
l’interesse di papa Francesco per l’Oriente lo porti presto anche in visita in Giappone, oggi il paese guarda ai cattolici
con un occhio di riguardo: c’è un progetto per far riconoscere come “patrimonio
dell’umanità” alcune delle chiese edificate tra il 16esimo e il 19esimo secolo,
tra cui anche la cattedrale di Oura, quella della “riemersione”. E se lo scopo può
essere prevalentemente turistico, inequivocabile è stata invece la visita del
premier Abe in Vaticano. In dono al Santo Padre, il presidente ha portato uno
“specchio magico”, copia di quelli in uso
tra i cristiani perseguitati: dietro alla superficie lucida si nascondeva una croce
e un’immagine di Gesù, visibile soltanto
in controluce.
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LETTERE
AL DIRETTORE
Irriducibili nonni 2.0 e
una rassegna di lettori
intelligenti e grati
H
Francesco, parlando ai grandi amici del Rinnovamento nello Spirito allo stadio
olimpico di Roma, ha osservato bonariamente che
tra le belle testimonianze da lui ascoltate mancava quella dei NONNI. La cosa mi ha fatto particolarmente piacere
perché, proprio in queste settimane, abbiamo dato vita, insieme a un gruppo di amici “nonni”, a una associazione che,
con baldanza giovanilistica, abbiamo denominato “NONNI
2.0”. Nello statuto abbiamo scritto che desideriamo valorizzare il ruolo dei nonni «quali custodi
della memoria e attivi testimoni delle
virtù e delle esperienze che, alla prova
del tempo e della vita, si sono dimostrate utili per affrontare la sfide personali e sociali del tempo presente. In
tale prospettiva l’associazione è innanzitutto impegnata a vigilare affinché
sia ovunque tutelata la libertà di educazione e venga assicurata ai nipoti e
alle future generazioni una formazione» che tenga conto dei princìpi di realtà, natura e ragione. I primi passi di
questa nuova intrapresa ci hanno fatto vedere che l’impegno educativo serve innanzitutto a noi, per tenerci giovani e capaci di una saggia presenza,
memori di ciò che proclama il salmo
91: «Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atrii del nostro Dio. Nella vecchiaia
daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto è
retto il Signore». Per chi vuole saperne
di più: [email protected].
Giuseppe Zola Milano
o notato che papa
Bella questa degli irriducibili nonni!
Vi aspettiamo allo stand di Tempi al
Meeting di Rimini, dove mi dicono vi
incontrerete baldanzosi il giorno 27
agosto, ore 15.
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Riguardo al caso di quel marito che
tempo fa ha “cambiato sesso” e alla questione se il suo matrimonio sia
ancora valido o meno, Avvenire ha
pubblicato un articolo dal titolo “Ma
quel matrimonio non c’è più”. Ma se
una persona ha cambiato i genitali non significa che ha cambiato sesso; come io non divento un elefante
se mi faccio mettere una proboscide.
Il sesso biologico non si cambia mai;
è qualcosa di determinato dalla natura che rimane per sempre. Altrimenti daremmo ragione ai propugnatori
dell’ideologia del “gender”, che infatti
stanno esultando. Marco Ceccarelli Roma
di Fred Perri
DA UN COLLEGA INVIATO
Da un collega missing in action in Brasile, ricevo e volentieri pubblico.
aro Fred P., sono da dieci giorni qui e mi è crollato un mito. Ci hanno ingannato per decenni con
Vinicius de Moraes, quando la banda passò, la ragazza di Ipanema, i bambini che giocano a calcio agli
angoli delle strade, le tope di Copacabana. Tutto falso.
C
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Innanzitutto del calcio non gliene frega nulla. O meglio
ci sono 50 milioni a cui frega, gli altri 150 non sono sintonizzati. A San Paolo, dove i taxisti non conoscono neanche la via all’angolo di quella dove stanno, nessuno
mi ha chiesto qualcosa di calcio. Però neanche mi hanno fregato. Fossi un brasiliano a Roma non potrei dire
la stessa cosa. Non ho ancora visto una bella topa locale.
Foto: Ansa
In Brasile nulla è come ce l’hanno venduto
e sappiamo con chi bisogna prendersela
[email protected]
Logica inoppugnabile. E perciò
estranea al relativista pensiero.
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Ho deciso di investire 5 milioni di euri in remunerative attività i cui proventi mi faranno diventare ricco. È un
mio diritto. Così potrò mantenere tre
o quattro mogli alle quali darò una
schiera di figli per almeno due squadre
di calcio. Avere figli è un mio diritto
(a proposito: come mai nessuno ancora ha mai pensato di rendere legale la
poligamia? Nella patria del diritto non
vedo come ciò non debba essere riconosciuto). Qualora poi, considerando la
mia non più giovane età unita magari
ad altri contrattempi, io non sia in grado di concretizzare il diritto di cui sopra, sarò lieto, pur senza soddisfazione
alcuna, di ricorrere all’ultima sentenza dell’alta corte (rigorosamente minuscolo), usando la fecondazione eterologa. È un mio diritto. Chi disse che il
giorno in cui ogni desiderio (lecito, per
carità) si trasformerà in diritto, quel
giorno segnerà l’inizio della fine?
Alberto Inversetti Gallarate
L’intelligenza dei nostri lettori è
prova dell’adagio sul diavolo e sulle
sue famose pentole senza coperchi.
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Sono un’affezionata lettrice di Tempi, ma dopo aver letto l’ultimo numero, oggi, non ho resistito al fiotto di
gratitudine che mi porta a ringraziare lei e tutti quelli della sua redazione,
da Emanuele Boffi che vorrei conoscere di persona per abbracciare calorosamente ad Annalisa Teggi a Laura
Borselli, a Marina Corradi, a Pippo Corigliano, Fred Perri e tutti gli altri per
Le “conseguenze” dell’Incarnazione
Tutti siamo chiamati a identificarci
con Cristo. Anche io che sono niente
CARTOLINA DAL PARADISO
di Pippo Corigliano
G
rande Ratzinger. Ogni volta che leggo pagine scritte da lui c’è una freccia che mi
colpisce. Scrive: «Nel Vecchio Testamento tra Dio e l’uomo non c’è comunione:
la trascendenza del Creatore è insormontabile». Solo in seguito, con l’Incarnazione di Dio, l’uomo entra in comunione con Gesù. Il nostro punto d’arrivo è san Paolo quando dice: «Vivo, ma non sono più io che vivo: è Cristo che vive in me» (Gal 2,20).
La legge, le tradizioni sono legate all’Antico Testamento, nel Nuovo si apre, in più, il
grande spazio dell’interiorità, del dialogo con Dio che è diventato “Abbà”, Papà, Padre nostro e non più l’Innominabile. Ci colpiscono e stimiamo le tradizioni ebraiche
e le preghiere musulmane. Noi abbiamo le parole del cuore con un Dio che si presenta come Sacro Cuore. La vocazione del cristiano è l’identificazione con Gesù, che avviene soprattutto col sacramento della Comunione. La comunione con Dio! Chi ha
questo dono? In quale religione c’è qualcosa di simile? Dice Ratzinger: «Ricevere il
Signore nell’Eucaristia significa entrare nell’essere di Cristo». Anch’io che non sono
nulla, non ho nulla, non so nulla, sono chiamato a quest’identificazione ma l’iniziativa non è mia. È Gesù che pilota la barca, io sono un garzone che pulisce il ponte. La
mia preghiera è il silenzio perché Gesù parli, perché Maria mi accudisca. Occorre gridare perché i cristiani ambiscano a quest’identificazione. Tutto il resto (la vita matrimoniale, professionale, civile, politica) ci viene dato in sovrappiù.
l’acutezza, la scanzonata lieta ironia,
il sano realismo che apre e non chiude la mente, ma soprattutto per l’aiuto grandissimo al giudizio sui fatti, che
ci fa stare al mondo con cognizione
di causa, ringraziando Dio per il dono
della ragione e del cuore che ci fa essere uomini contenti di esserlo. Il suo
è un settimanale unico, nessuno scrive
così, è un miracolo poter leggere di cose belle e brutte sempre con un punto
di fuga, sempre riaffermando la bellez-
za del nostro essere «uomini ad immagine del creatore, fatti poco meno degli angeli». Sono una pianista, ho a che
fare con la Bellezza di una delle forme d’arte più immediate ed esaltanti
che ci siano, ma la lettura del suo giornale mi commuove a un livello altissimo, come una delle Polacche di Chopin. Grazie tantissimo di cuore. Cecilia Clemente via internet
Commossa, la redazione ringrazia.
Foto: Ansa
SPORT ÜBER ALLES
La più carina si è rivelata croata. Per me a Copacabana i
bambini che giocano a pallone e le ragazze con i tanga
li portano con i furgoni quando arrivano i turisti. Però
malgrado tutto è un grande e affascinante paese, nelle
sue contraddizioni e nelle sue diversità.
Il problema è che sono arrivati i giornalisti italiani,
specialmente i Grandi Inviati che hanno cominciato a
menarla con le favelas, i disperati, i reietti, oppure con
il folklore locale. Belin, mi è venuta l’ulcera. Mai una
parola su quanto fa di buono tanta gente.
Caro Fred P. è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve
pur farlo. Per cui vado avanti. Ti abbraccio forte. Comportati bene, vecchio bastardo.
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taz&bao
Il mio
calcio
libero
«Regolarmente ogni quattro anni il campionato mondiale
di calcio si dimostra un evento che affascina centinaia di
milioni di persone. Nessun altro avvenimento sulla terra
può avere un effetto altrettanto vasto, il che dimostra che
questa manifestazione sportiva tocca un qualche elemento
primordiale dell’umanità e viene da chiedersi su cosa si
fondi tutto questo potere di un gioco. Il pessimista dirà
che è come nell’antica Roma. La parola d’ordine della
massa era: panem et circenses, pane e circo. Il pane e il
gioco sarebbero dunque i contenuti vitali di una società
decadente che non ha altri obiettivi più elevati. Ma se
anche si accettasse questa spiegazione, essa non sarebbe
assolutamente sufficiente. Ci si dovrebbe chiedere ancora:
in cosa risiede il fascino di un gioco che assume la stessa
importanza del pane? Si potrebbe rispondere, facendo
ancora riferimento alla Roma antica, che la richiesta di
pane e gioco era in realtà l’espressione del desiderio di
una vita paradisiaca, di una vita di sazietà senza affanni
e di una libertà appagata. Perché è questo che s’intende
in ultima analisi con il gioco: un’azione completamente
libera, senza scopo e senza costrizione, che al tempo stesso
impegna e occupa tutte le forze dell’uomo. In questo senso
il gioco sarebbe una sorta di tentato ritorno al Paradiso:
l’evasione dalla serietà schiavizzante della vita quotidiana
e della necessità di guadagnarsi il pane, per vivere la libera
serietà di ciò che non è obbligatorio e perciò è bello».
Joseph Ratzinger testo raccolto nel libro
Cercate le cose di lassù (Edizioni Paoline, 1986)
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| Foto: Sintesi/Photoshot
MISCHIA
ORDINATA
PREPARANDO LA MATURITà
Quelle voci del passato
che ci guidano in battaglia
di Annalisa Teggi
«Così vid’i’ adunar la bella scola» (Inferno, canto IV)
C
Mondiali del Brasile sono in pieno svolgimento; i cinque finalisti del premio Strega sono stati scelti;
e Miss Italia ha aperto le selezioni. E tra tutte queste competizioni d’inizio estate, voi siete nel bel mezzo di un esame. Ma anche se sono in gioco dei voti e delle valutazioni, per
voi non si tratta di una competizione: perché
fare la maturità è una passeggiata. No, non
sto dicendo che è facile e da prendere sotto
gamba. Dico invece che è una
marcia; al ritmo di tutta quel- PRIMA DELL’INFERNO DANTE VISITA IL LIMBO E INCONTRA
la combriccola di grandi uomi- GLI SPIRITI DELL’ANTICHITà. Fa scorta di luce, parole
ni che avete conosciuto in que- sagge. e SOLO DOPO PROSEGUE IL SUO LUNGO VIAGGIO
sti anni. Dal sintetico Pitagora
che enunciò verità chiare e tonde… come un in mente il film We were soldiers. Chi di voi
triangolo; al più loquace Pirandello che mise non l’ha visto interromperà qui la lettura e si
in scena verità non meno eclatanti, su quanto procurerà immediatamente il dvd. Mel Gibla nostra persona non sia affatto così chiara e son interpreta il comandante Hal G. Moore,
tonda. Le scienze, la grammatica, la storia e che prima di partire per il Vietnam fa quela geografia vi hanno mostrato che questo no- sta promessa ai suoi soldati: «Non vi posso gastro mondo è un tumulto impetuoso di forze, rantire che vi riporterò tutti vivi a casa, ma
attraversato da luci e ombre, in cui ognuno giuro solennemente davanti a voi e a Dio ondeve fare la sua parte e, soprattutto, scegliere nipotente che al momento di combattere io
una parte. Occorre stringere alleanze.
sarò il primo a scendere sul campo di battaPrima di tuffarsi appieno nell’Inferno, glia e sarò l’ultimo ad abbandonarlo. E non
Dante visita il Limbo e incontra i grandi spi- mi lascerò nessuno di voi alle spalle. Vivi o
riti dell’antichità: in loro compagnia si sen- morti, vi giuro, ritorneremo tutti insieme a
te come dentro un recinto di luce che vince casa. E che Dio mi aiuti».
le tenebre circostanti. Definisce quel gruppo
La regia ci fa vedere che è proprio così:
«la bella scola» e cammina con loro per un il piede del comandante Moore è il primo a
po’. Dovrà scendere fin nel buio più profon- scendere dall’elicottero sul campo di guerra
do, ma prima Dante fa questa passeggiata di ed è l’ultimo a risalire, solo dopo aver verifiricognizione, ascoltando attento le strategie cato che tutti i suoi uomini (feriti, morti o sodi chi ha già attraversato le prove del vive- lo sfiniti) sono con lui. A suo tempo, io ho fatre terreno. Fa scorta di luce e parole sagge. to l’esame di maturità come fosse una corsa a
Poi esce da questo accampamento protetto e ostacoli; solo dopo, scontrandomi via via con
prosegue il suo viaggio. Non so come vi sia circostanze che mi hanno fatto battere in ristata spiegata la scuola finora, ma certo è che tirata o tremare, ho intuito che tutte le voci
l’illusione ottica più grave che possa nuocer- che avevo studiato sui libri erano come quel
vi è pensare che tutto ciò che avete studiato piede che resta fino all’ultimo sul campo di
(nomi, numeri, formule, filosofi, poeti) siano battaglia; sono voci che – pur del passato –
dall’altra parte della barricata, cioè siano il non ci hanno abbandonato, perché sanno
nemico da vincere.
che noi siamo ancora in mezzo allo scontro.
Uso la metafora della battaglia perché ho Non sono il nemico, loro sono il comandante.
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ari maturandi, i