Sarà Lolita a salvare il mondo?
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Sarà Lolita a salvare il mondo?
Immaginario sociale 21/11/2006 Sarà Lolita a salvare il mondo? Di Attilio Mangano "L'Iraq é una tragedia collettiva, per chi ha accettato la guerra e per chi vi si é opposto. A maggior ragione la salvezza di due ragazze innocenti riguarda tutti" (Stefano Folli, Il modello italiano, "Corrie re della sera", 12 settembre) La retorica dominante nella comunicazione di massa sulla guerra, l’Iraq, il terrorismo, la contrapposizione fra i fautori del ritiro delle truppe e i fautori dell'intervento, la tendenza a leggere tutto come se l’aspetto centrale fosse stare con Bush o contro, é un velo che copre e nasconde il bisogno di intelligenza critica e di “interpretazione ” etica, antropologica, culturale della stessa posta in gioco. Viene però crescendo l'attenzione e la riflessione di più vasta portata da parte di osservatori e studiosi, più preoccupati di spiegare e analizzare. D’altra parte se é vero che ciò che sta accadendo é una “tragedia collettiva” (Folli) servirà sempre più unire sentimento e razionalità critica perché maturi una catarsi che non sia rimozione ma purificazione. 1. Adriano Sofri si richiama all’ormai famoso concetto di Occidentalismo elaborato da Ian Buruma e Avishal Margalit per ricalco alla rovescia del classico Orientalismo di Edward Said, per ricordare che esso é una rappresentazione (un “immaginario” direi, mi si scusi l’insistenza su questa parola) in cui, recuperando in ciò la tradizione anti-occidentale della critica occidentale dell’Occidente di molta intelligentzia europea, domina un “impuro modo di vita” che sta contagiando il mondo musulmano: dentro il bisogno tragico di purezza del fondamentalista opera un fantasma immaginario che produce odio reale (ma anche altro: quando Glucksmann introduce il concetto di nichilismo e tira in ballo Dostojewski, adotta una nozione che rischia di essere generica, obietta Sofri; ma come non vedere nella”bella morte”di un kamikaze la ripresa di quel “viva la muerte” con cui i fascisti spagnoli rispondevano a Unamuno? come non vedere il filo segreto che connette l’odio antioccidentale con quella critica insieme virilista e nichilista del fascismo, l’eredità e la mescolanza di que lla tradizione antioccidentale dei rivoluzionari di destra?). Il virilismo militante dell’islamista jihad é rinvenibile nel modo stesso in cui rappresenta se stesso come “maschio valoroso e devoto all’assalto della gran prostituta occidentale”. In questo senso la guerra santa islamista è "in primo luogo una guerra di riconquista interna ... ridurre a nuova servitù donne che godevano di una libertà, o andavano conquistandosela”. La posta in gioco, lo si voglia o no, é la libertà delle donne. E’ vero che essa é “tutt’altro che costitutiva della storia occidentale” e che si possono elencare una per una le tante discriminazioni che la donna subisce (basterebbe limitarsi al nesso fra democrazia e condizione femminile, il voto alle donne é conquista di ieri) ma é altrettanto vero che “la segregazione femminile é ovunque impensabile. Le mutilazioni genitali sono sentite come violenza raccapricciante. Le bambine studiano, le ragazze frequentano in maggioranza gli studi superiori, e con i risultati più brillanti. Le donne dispongono della propria capigliatura e del proprio abbigliamento. I giovani si scelgono per amore”. Occorrerebbe insomma far tesoro dell' immagine rovesciata che ci rimanda lo specchio del fanatismo terrorista. “Il mondo delle puttane ebree e cristiane. Il mondo della gente che ama la vita e non la morte. L'Occidente cui ci iscriviamo non si dimentica dell'ingiustizia e della prepotenza : al contrario, non si dimentica nemmeno, per essercisi bruciato, dei disastri che covano nell’intenzione di rifare daccapo il mondo”. Non posso che ringraziare apertamente il carcerato Adriano Sofri per la chiarezza con cui spiega che un elemento della stessa “posta in gioco” é insieme la libertà delle donne e la libertà sessuale. (E sia consentito a un ex-sessantottino, sempre memore di quella folla strepitosa di studenti che nel Maggio francese scese in piazza contro l'espulsione di Cohn-Bendit, noto ebreotedesco, al grido di “siamo tutti ebrei tedeschi”, di suggerire provocatoriamente a chi si batte per la pace di farlo con la parola d’ordine:”siamo tutti puttane ebree e cristiane”.) 1 Immaginario sociale 21/11/2006 2. Barbara Spinelli, nel suo (quasi sempre) bellissimo articolo domenicale si richiama anche lei alla grande lezione occidentale della tragedia greca e parla di hybris a proposito di quella “dismisura” che sta “sotterraneamente scavando una fossa” al modo di pensare e di agire del terrorismo stesso. “E’ nell’Islam stesso che sta nascendo una resistenza al terrorismo, e in particolare nella diaspora dell’Islam che vive in Europa (20 milioni di abitanti) e che per la prima volta comincia ad alzare la testa e a dire il suo orrore, per le imprese di chi si permette di parlare e giudicare in suo nome”. E cita fra l’altro lo splendido esempio di una ragazza col velo in Francia che, intervistata dalla televisione, ha gridato “Non voglio che il mio velo sia macchiato di sangue ”. La posizione di Barbara Spinelli é totalmente favorevole al cosiddetto “metodo francese” e secondo me enfatizza una linea davvero ”a dismisura”, dichiarando che le preoccupazioni, in più ambienti manifestate, rispetto all’accettare adesioni pro-liberazione ostaggi come quelle di Hamas e degli Hezbollah sono tutto sommato “quisquilie” (...). Ma se si accetta di misurare l’aspetto sostanziale del suo discorso, quello inerente la prospettiva di un “Islam europeo” e di riconoscere la portata e la posta in gioco, si può almeno in parte tacere sull’enfasi di una sua presentazione ideologizzata in chiave anti-americana: in fin dei conti ha ragione lei quando sostiene che certe polemiche contro i pacifisti sono antiquate perché non riconoscono che “quasi senza accorgersene, essi stanno creando nell'Islam il più efficace fronte di resistenza contro chi l’ Islam lo ha sequestrato”. Quel che conta del suo discorso é, credo, il riconoscimento che “con quest’Islam europeo sarà sempre più importante parlare e agire per dividersi con esso i compiti, i doveri, le strategie”. Infine, conta in modo decisivo un doppio riconoscimento: il richiamo a un concetto di diaspora da un lato e quello alla figura di Lolita (di Nabokov) dall'altro. 3. “Quel che sta accadendo é la nascita di una diaspora indipendente dagli Stati arabi dagli Stati arabi, che chiede a voce alta la liberazione senza condizione degli ostaggi e che denuncia l’inumanità del crimine terrorista. Non é più un Islam d’emigrazione ma ha molte caratteristiche di un Islam d’esilio, fatto di decine di associazioni” scrive la Spinelli. E lo collega però al tempo stesso ad un movimento di opposizione che comunque le donne conducono fin dentro i paesi islamici. Questa diaspora “non é molto diversa dalla diaspora ebraica, che dopo la distruzione del tempio nel 70 d.c. tenne in vita e custodì la religione di un popolo per quasi duemila anni. Anche la diaspora musulmana difende la religione dei padri”. A me sembra di straordinaria importanza e risonanza questo richiamo alla diaspora proprio per la storia stessa dell’Occidente (e dell’‘Occidentalismo’ che vi si accompagna), il richiamo appunto a un intreccio continuo e permanente di “tradizione culturale ” (da difendere) e di mescolanza e commistione col mondo moderno e la sua innovazione: penso appunto alla autonomia religiosa della diaspora ebraica e al tempo stesso al contributo permanente che essa ha dato all’Occidente nella ridefinizione della sua cultura. Non dunque una tradizione agitata contro l’Occidente ma coniugata col suo percorso. Tanto più che la stessa Spinelli arriva a collegare la diaspora musulmana con la nostra storia e a dichiarare che essa é “la nostra occasione, il nostro patrimonio ”. Leggiamo ad alta voce queste parole bellissime: “I suoi figli e le sue figlie sono simili alle ragazze iraniane descritte da Azar Nafisi: Leggere Lolita a Teheran é il loro modello. Quel libro di luce sulla mente prigioniera nell’Islam é la loro forza, e la nostra. La libertà, l’autonomia, l’irriducibilità della persona: questi musulmani concittadini l’apprendono frequentando le nostre scuole e librerie. E’ in Occidente che leggono Lolita, Madame Bovary, Henry James." 4. E ancora: “E’ qui che scoprono perfino se stessi, quando leggono i racconti di Sharazade che tanti paesi arabo- musulmani hanno censurato o gli splendidi, scettici versi di Khayyam: "O sacerdote muftì.! Noi siamo di te più abili e accorti con tutta l'ebbrezza nostra di te noi siamo più sobri, Noi beviam sangue di vigna e tu sangue d'uomini bevi: Sii giusto un istante; chi dunque é il più sanguinario?". 2 Immaginario sociale 21/11/2006 5. Chi dunque é il più sanguinario? Interrogativo tremendo che può sempre essere strumentalizzato ad arte per incrudelire a propria volta e che però deve circolare come domanda da cento milioni per la coscienza critica dell' Occidente. Leggo con piacere che la grande signora Rossana Rossanda, che pure ha snobbato con ben scarsa finezza il suo collega Barenghi - che chiedeva candidamente se tra una libertà imposta da un’occupazione e le teste mozzate non fosse comunque la prima a dover essere scelta- mostra almeno di non gradire la vignetta di Vauro contro Bertinotti, scrivendo apertamente che non le piace “la bassa polemica contro chi nell'opposizione ha ritenuto giusto di far fronte comune per ottenere un riscatto. La diversità del giudizio politico é una cosa, l’acredine e la litigiosità di cui la sinistra radicale dà prova ad ogni occasione sgomenta”. Il suo ultimo editoriale si intitola “Ragioniamo se ci riesce” ed é in parte un accorato tentativo di reazione contro le semplificazioni che circolano e che rischiano di dar luogo a una “messa in mora della ragione ”, un tentativo che personalmente non convince: chi invita a distinguere e fare differenze tra i terrorismi, dubita che esista una centrale internazionale, riconosce che il fondamentalismo fa presa su masse diseredate, afferma che la bushiana guerra preventiva alimenta il terrorismo anziché distruggerlo, sostiene che l’attacco a un presidio occupante é un atto di resistenza, che un kamikaze per arrivare a tanta disperazione deve pur costringere a chiederci se non sia anche responsabilità nostra essere arrivati a tali abissi, é per questo a favore dei terroristi? No, non é un terrorista, cara Rossanda, ma continua a riprodurre a sua volta una catena infinita di semplificazioni, in cui la sua critica (da sinistra) anti-occidentale dell'occidente costituisce involontariamente l’altra faccia di quella che nasce dall'odio fondamentalista. “Ma come mettere in atto delle politiche invece che delle armi verso l’enorme mondo musulmano che abbiamo di fronte senza farsi queste domande?” chiede Rossanda. Ci mancherebbe. Non é peccato mortale fare domande e seminare dubbi, anzi é un dovere democratico. Chiedo però a Rossanda se davvero lei fa delle domande o indica delle risposte nel modo più tipico e strumentale. Tre righe dopo polemizza contro il governo che non ascolta, e fin qui va benissimo, ma addirittura “riceve con onore il Quisling iracheno ”. Ho letto bene, si, mi sono stropicciato gli occhi e ho riletto, c'é scritto proprio Quisling; in nome di quale residua ideologia si può paragonare un capo di governo provvisorio, installato dagli occupanti americani per meriti politici anti-Saddam, a un Quisling, se non sostenendo implicitamente che americani e nazisti sono la stessa cosa? Solo perché é amico degli americani, o, per dirla nel gergo “agente della CIA”? Cosa direbbe Rossanda se oggi qualcuno definisse, con le sue stesse motivazioni, Ferruccio Parri age nte dello spionaggio inglese e Alcide De Gasperi un Quisling messo in piedi dagli occupanti americani? “Ragioniamo, se ci riesce”, titola Rossanda. Appunto. Senza paraocchi. Nella pagina seguente de "Il manifesto" si legge un’intervista a Jalal Talabani, leader dell’Unione patriottica del Kurdistan, presente a Genova (al festival de “L’Unità”, non a un meeting di “Forza Italia”): il nostro leader kurdo progressista e di sinistra dichiara che gli americani se ne stanno per andare, che si sta costruendo una democrazia etc. Il giornalista titola tutto ciò “deliri del leader kurdo”.... sembra di leggere le volgarità di Indymedia, quando proponeva di fucilare Barenghi dopo un processo popolare. 6. Emma Bonino interviene a sua volta per ricordare che si stanno mettendo in moto dei processi particolarmente significativi ma ben poco conosciuti. La spettacolarizzazione mediatica degli attentati e delle bombe é ben conosciuta e ricercata dagli stessi terroristi ma il risultato é spesso sconcertante. “Che oggi ci siano familiari i nomi e i volti di Osama Bin Laden e dei suoi luogotenenti ... ma che nessuno sappia chi siano i dissidenti Saad Ibrahim, Isham Kassem, Aktiam Nasse, Ghassam Charbel e tanti altri, vale a dire i Vaclav Havel del mondo arabo, é il paradigma di questa realtà”. Eppure, belle notizie da dare ci sarebbero, insiste, con elenco di iniziative, conferenze internazionali contro le mutilazioni genitali a Nairobi, la nuova legislazione sulla donna 3 Immaginario sociale 21/11/2006 in Marocco, altre nuove leggi in Giordania contro il delitto d'onore, la discussione sul diritto di voto alle donne in Kuwait. Anche la sua é una proposta, come quella della Spinelli, di dialogo con l’Islam moderato, a partire però dal fatto legislativo, politico ed economico di “sostenere concretamente chi cerca in quei paesi di dare un futuro diverso a milioni di donne e bambine minacciate nella loro integrità fisica”. Angolazione in parte diversa, senza dubbio. Ma non so se abbia un positivo senso politico distinguere il “modello francese”, il modello Bonino, il modello italiano, al di là delle soggettività e dei governi che incarnano le linee dentro strategie diplomatiche, statuali, di alleanze che sono certo differenti. Perché la scelta di sostituire la politica alle armi non sia una mera petizione per continuare a marcare distanze ma una strategia che si avvale di strumenti molteplici di aiuto, di persuasione, di appoggio, ma anche di condanna, di critica, di isolamento. Se dobbiamo e possiamo riconoscere nelle ragazze di Teheran che leggono Lolita le portatrici di una volontà di liberazione e di una cultura dell'innovazione, allo stesso modo dei ragazzi di Bagdad che scrivono i loro blog a tutto il mondo, dobbiamo fare i conti proprio con quell’immaginario alla rovescia che fa dell'occidentalismo una colpa e scegliere: scegliere le puttane ebree e cristiane della diaspora appunto, in quella storia complicata, sanguinosa eppure gloriosa che ci riguarda tutti, scegliere la difesa della libertà della donna, capire che la vecchia talpa ha scavato ancora e che la memorabile canzone di Gianna Nannini “Ragazzo dell’Europa” già molti anni fa spiegava come e perché il ragazzo di Parigi e quello di Praga, il berlinese e il kossovaro sono tutti cittadini del mondo, come lo é la ragazza col velo che non vuole sporcarlo di sangue, scegliere la diaspora che sopravvive e trasforma, l'occidente della libertà. Perché, cara Spinelli, non si può scegliere “il modello francese” quando può portare a risultati positivi e disinteressarsi dei ragazzi di Teheran quando scendono in piazza contro il khomeinismo e per il diritto di passeggiare mano nella mano con le ragazze. Io credo che sia lo stesso processo, quello che poi porta anche a dire “niente Hamas, niente hezbollah”, se proprio si vuole salvare la storia di quella diaspora ebraica che ha fatto la storia occidentale 7. Adriano Sofri. “Abbiamo di fronte una questione pratica: se e in che misura l'occidente riesca a non dissomigliare troppo dall’idea che ha di se stesso. Se e in che misura riesca a far corrispondere ai fatti alle sue dichiarazioni universali. Forse la libertà occidentale non sa esistere senza la povertà e la schiavitù di tanta parte del mondo. E’ un sospetto da prendere sul serio. Dopotutto si concesse un tempo insopportabile all’idea che il comunismo dovesse solo correggere gli errori dei propri esperimenti reali. Forse la libertà occidentale può diventare la libertà di tutti. Era una questione di giustizia. Ora é diventata una questione di vita e di morte” Adriano Sofri, “11 settembre, quel giorno in cui il mondo é cambiato, in “La Repubblica”, sabato 11 settembre 2004 Barbara Spinelli, “L’Islam sequestrato”, in “La Stampa”, domenica 12 settembre 2004 Rossana Rossanda, “Ragioniamo se ci riesce”, in “Il Manifesto”, 12 settembre 2004 Emma Bonino, “I primi frutti dei diritti civili”, “Il Corriere Della Sera”, 12 settembre2004 4