Apra l`allegato in formato PDF

Transcript

Apra l`allegato in formato PDF
23 Settembre 2015
Champagne Brut Nature 2006 Roederer
Denominazione: Champagne
Metodo: classico
Uvaggio: Pinot noir, Chardonnay
Fascia di prezzo: più di 50 €
Giudizio: 10
Onestà e verità per un vino puro terroir
Con quale “bollicina”, mi sono chiesto nei giorni scorsi, festeggiare, scrivendone, il mio 59°
compleanno? Per una data importante, perché 59 sono l’anticamera, l’annuncio di quei sessanta
che, se i potenti Dei vorranno, raggiungerò tra 12 mesi, così come non ascolterò musica banale e la
mia colonna sonora sarà sicuramente rappresentata dalle Suites per violoncello di Bach nella
classica versione di Pierre Fournier
o dalle Variazioni Goldberg dello stesso autore nella versione assorta del 1981 di Glenn Gould
o ancora dal Concerto per violoncello di Elgar nell’insuperabile interpretazione di Jacqueline Du
Pré
o, ancora, dalla Sonata D 959 di Schubert affidata alle magiche mani di Wilhelm Kempff
anche la bottiglia dovrà essere giocoforza importante. Una di quelle bottiglie che hanno segnato
questo mio vivace e indimenticabile 2015 ricco di assaggi memorabili.
Non potevo pertanto scegliere una “bollicina” qualsiasi, anche se francese, né tanto meno una di
quelle “imitazioni” italiche che hanno la presunzione di paragonarsi allo Champagne e affermano
talvolta, grazie ai risultati di provincialissime sfide fatte al Vinitaly all’interno di padiglioni
consortili, di essere addirittura migliori del modello francese. Sfide dimentiche del detto secondo il
quale “chi si loda s’imbroda”…
E se poi Franciacorta doveva proprio essere non poteva che portare il nome di due piccoli vignaioli
d’eccezione, Rizzini e Andrea Arici Colline della Stella, gente che lavora seriamente, senza darsi
arie da padreterno, in maniera ammirevole. Oppure Gatti e tra le case storiche ovviamente
Cavalleri, non altri…
Ho pertanto scelto (pur ricordando
commosso le emozioni – sì, cronista
gardesano, emozioni, perché i grandi
vini danno emozioni e se a te non le
suscitano vuol dire che sei piuttosto
arido… – che mi hanno regalato in
questo 2015 Champagne sensazionali
quali la Cuvée William Deutz 2006,
l’Amour de Deutz Rosé 2006, il Blanc
de Noir 2008 di Philipponnat, la Cuvée
Rare 2002 di Piper-Heidsieck) di
festeggiarmi provando a raccontarvi,
sono mesi che rimando questo
momento non sentendomi mai pronto
per farlo, uno Champagne che mi ha
letteralmente folgorato. Il cui ricordo è
legato ad una serata milanese
memorabile e perfetta.
Una di quelle serate in cui tu,
milanese, sei così orgoglioso di essere
nato (anche se ci hai vissuto solo dieci
anni) in quella città, che non vorresti
aver avuto i natali in nessuna altra
parte del mondo, si chiami Vienna,
Parigi, Londra, Varsavia, Berlino o, gli
dei me ne scampino, New York..
In una luminosa serata milanese di
qualche mese fa partecipai, non
ricordo il nome dell’Hotel del centro,
ma eravamo all’ottavo piano, il buffet
servito in terrazza, con il Duomo e la
Torre Velasca illuminati davanti a noi,
tanto che persino i francesi erano ammirati da tale panorama, ed io letteralmente commosso, alla
presentazione dello Champagne che ho scelto, ovvero lo Champagne Brut Nature 2006
Roederer, la mitica maison produttrice di un vino mito (purtroppo spesso appannaggio di burini
arricchiti, neo ricchi e cialtronaggine varia) come Cristal.
Il “menu” della serata, pardon, l’invito, prevedeva la presenza di tre personaggi a presentare la
nouvelle cuvée, il presidente della Maison, Frédéric Rouzaud, lo chef de cave Jean-Baptiste
Lécaillon ed un terzo nome al quale, distratto, non avevo fatto caso, quello di Philippe Starck.
Candidamente non pensavo di trovarmi di fronte ad un designer e architetto di fama planetaria, ed
ero più preoccupato al pensiero di quali qualità organolettiche avrebbe presentato il Brut Nature
2006 che al fatto che a disegnare l’etichetta e a seguire minuziosamente, passo dopo passo, il
progetto, insieme a Rouzaud e Lécaillon, fosse stato questo robusto e barbuto parigino del 1949.
Però…
quando
iniziò
la
presentazione, e nonostante i tre
francesi avessero avuto la bizzarra
idea di condurre la conferenza
stampa in inglese, nel buffo inglese
dei francesi, capii subito, non appena
Starck prese la parola, di trovarmi di
fronte ad un genio. Uno di quelli cui
bastano poche parole e pochi
concetti, espressi con assoluta
chiarezza e semplicità, per far capire
che appartengono ad un’altra
dimensione e sistema di pensiero, ad
una velocità e intensità del pensiero
che è di pochi. Dei geni come lui
appunto.
Un oceano di silenzio
Di quella serata, a parte l’intermezzo di un tale, “il solito rompicoglioni” ebbero a commentare due
carneadi petulanti, che intervenne nella discussione in francese, invitando Rouzaud, Lécaillon e
Starck ad esprimersi nella loro lingua, nella lingua dell’amore, dello Champagne, della civiltà e non
in quella del business (invito che Starck accolse con gioia stringendo la mano di quel pedante
francisant e proseguendo con lui la conversazione nella lingua di Rabelais e Louis Ferdinand
Destouches…) ricordo l’amabile signorile gentilezza dell’importatore di Roederer, il barone Sagna,
la rivelazione che il vino, pur essendo una griffe Roederer, non costava come un Cristal, ma “solo”
55 euro più Iva a ristoranti ed enoteche, e soprattutto, insieme alle chiacchiere in terrazza con il mio
Maestro Cesare Pillon, ricordo che quello Champagne mi piacque da morire. Tanto che ne bevvi,
sfruttando, “da sbafatore”, direbbe la Baresani, la generosità dell’ospite, circa una bottiglia e mezza.
Cosa mi colpì in quel Brut Nature 2006? Qui per
rispondere compiutamente bisognerebbe citare
testualmente quello che viene raccontato sulla
genesi del vino sul sito Internet della Maison,
ovvero che “La cuvée Brut Nature 2006 est une
rencontre : celle d’un terroir historique avec une
année remarquable, celle d’une Maison à l’écoute
de la nature avec un grand créateur, un homme
libre”.
E ancora, parole dello chef de cave, che “Le brut
nature n’est que la conséquence de la matière
exceptionnelle du vin de ce côté crémeux,
enveloppé, velours, qui ne nécessite aucun dosage
et qui révèle le vin dans sa plus grande pureté“. E
poi “Honnêteté et Vérité” recentrent sur un vin
de propriétaire ; un millésime solaire “atypique” ;
une terre singulière, argileuse et caillouteuse ; une
maturité aboutie”.
L’ascolto della natura, dicono in Roederer,
valorizza la singolarità di ogni parcella (sono ben
410 distribuite su 240 ettari di vigna) e si accorda
con un principio caro a Philippe Starck: la verità.
Ed il grande creatore, architetto, genio,
sollecitando questo procedere, ovvero raccolta di
ogni parcella con pressatura e vinificazione
separata, di modo da disporre di una vastissima gamma di possibilità aromatiche, a disposizione del
grande chef de cave, in questa sua ricerca di autenticità non poteva che condurre a creare una cuvée
“singolare, giusta, onesta”.
Ad uno Champagne tutto “terroir”, secco, privo di orpelli, basato su un Pinot noir molto maturo
posto su vigne orientate a sud e come raccontano alla Maison, nel 2006, annata molto fredda
d’inverno e canicolare in luglio, seguita da un agosto fresco e piovoso e da un settembre molto
soleggiato e secco, i Pinot noir del particolare terroir “de Cumières se révèlent d’une maturité,
d’une profondeur et d’une texture exceptionnelles. Leur caractère fruité et généreux conduit le Chef
de Caves à « se laisser guider par la nature » et, par conséquent, à ne pas doser. Ces raisins
constitueront le cœur de ce nouveau vin concocté avec Philippe Starck “.
Aggiungeteci un’attenzione crescente ai principi della biodinamica, ed ecco un vino
straordinariamente dritto e puro, un vino “che lascia parlare il terroir come se ne avesse catturato lo
spirito”, con Pinot noir molto vinosi e senza ricorso alla malolattica, e un pizzico di Chardonay, per
un vino tutta freschezza, integrità, verità. Un vino a proposito del quale Starck ha osservato: “quale
che sia il soggetto, non bisogna lavorarci attorno ma puntare al centro. Se io avessi accettato di
limitarmi a lavorare all’habillage della bottiglia, non sarei entrato nella verità del soggetto”.
E questo Champagne ha la
folgorazione assoluta della
verità, una verità, osservava
Guido Piovene in Verità e
menzogna (libro del 1975 di
un’attualità
sconvolgente),
che “dissecca e brucia” e l’ho
trovato meraviglioso perché
sincero, essenziale, schietto
sino all’osso.
Proverò a descriverlo, a
ricostruire con le mie povere
parole le emozioni che mi ha
regalato, già quella sera
milanese e poi quando l’ho
degustato/bevuto
attentamente e analiticamente
in compagnia della mia Musa:
colore paglierino dorato,
perlage finissimo, danzante “a nuvolette” nel bicchiere e sin dal primo impatto ecco emergere,
trionfare elementi inconfondibili quali eleganza, essenzialità, finezza, equilibrio e complessità,
purezza e integrità, un’apoteosi di sale e mineralità.
Certo, poi ci sono, e banale mi sembra renderne conto ed elencarle, le sfumature olfattive, mandorla
fresca, agrumi (mandarino in particolare e buccia di cedro), un tocco di ananas, e poi miele
d’acacia, pesca noce, un ricordo di gelsomino, una toccata e fuga in un’antica pasticceria con
annessa sala da thè, ma sono banalità a fronte di un insieme che mostra una coerenza, una
precisione, una sfericità, un equilibrio quasi incredibili.
E poi che bocca, Mesdames et messieurs, diretta, salata, croccante, quasi una sorta di pietra liquida
con la profondità e la precisione di un laser, l’eleganza ed il rilievo di un merletto, la delicatezza sul
palato di un petalo di rosa, con la freschezza acida di un ananas appena colto e tagliato, la ricchezza
di sapore e la solennità di un oceano di silenzio, la dolcezza infinita di un abbraccio.
Uno Champagne capolavoro che non ha bisogno di parole, essenziale com’è, anzi l’essenza di uno
Champagne vero, pensato e sognato da un uomo di genio come Philippe Starck… Un uomo che ci
indica, con semplicità e poesia, la possibilità di un’altra vita, di un’altra dimensione, più autentica,
più serena, del vivere…
Un’altra vita