foscolo - Istituto Paritario Seneca

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FOSCOLO
- Ugo Foscolo (6 Febbraio 1778 - 10 Settembre 1827), fu uno scrittore e un poeta, vissuto
durante la turbolenta epoca della rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche. Le sue
opere (sonetti, odi, romanzi, opere teatrali) restano fra i capolavori della letteratura italiana
di sempre;
- Nasce il 6 febbraio 1778 nell’isola di Zante (Grecia): il padre è padre dottore di vascello,
la madre greca;
- Primogenito di 4 fratelli;
- Segue il padre a Spalato, studia presso il seminario poi a Venezia;
- Studia il greco, si appassiona alle traduzioni e agli ideali illuministici;
- Scrive i primi versi di stampo classico e arcadico, anche una tragedia.
- Primi contatti con la società letteraria nei salotti veneziani;
- Nel 1797 subisce una delusione politica nei confronti di Napoleone che dopo le
promesse di “liberazione” cede Venezia all’Austria;
- Va in esilio volontario a Milano, contatto con gli scrittori Parini e Monti (traduttor de’
traduttor d’Omero);
- Si trasferisce a Bologna, dove lavora come segretario: qui prepara il romanzo epistolare
“Ultime lettere di Jacopo Ortis” che viene pubblicato a sua insaputa;
- Nel 1799 si arruola come volontario nella Guardia Nazionale e combatte insieme ai
Francesi contro l’Austria, partecipa a battaglie, protesta per la paga, collabora alla stesura
del Codice napoleonico (raccolta di leggi, che servì da modello per i codici successivi);
- Vive un intenso periodo di attività letteraria tra il 1801 e il 1804: termina l’Ortis, varie
poesie amorose, traduzioni di opere in greco classico;
- Dramma del fratello Giovanni, a lui affidato, che si suicida per debiti;
- Si trasferisce in Francia dal 1804 al 1806;
- Segue l’esercito francese in lotta contro gli inglesi: intraprende però una relazione con
una lady inglese, dalla quale avrà una figlia, Floriana;
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- Fallisce il tentativo di invadere la Gran Gretagna;
- Ritorna a Parigi dove incontra il giovane Manzoni;
- Torna in Italia e ottiene l'incarico di docente di letteratura all'Università di Pavia;
- La cattedra venne subito dopo soppressa da Napoleone, ormai divenuto sospettoso di
ogni libero pensiero;
- Torna a Milano ma incontra difficoltà, anche economiche;
- Una sua tragedia (Aiace) viene rappresentata alla Scala, ma risulta un flop;
- Si ritira presso Firenze, a Bellosguardo, dove trascorre un periodo sereno e produttivo;
- Si dedica alle traduzioni e alle composizioni: Le Grazie e il Carme Dei Sepolcri;
- Dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte a Lipsia, nel novembre del 1813, Foscolo
ritornò a Milano e riprese il suo grado nell'esercito per difendere il Regno Italico, ma con
l'arrivo in città degli austriaci nel 1814 egli si rese conto che la sua speranza di una futura
Italia indipendente era cosa vana;
- Successivamente gli viene fatta una proposta di collaborazione dal governo austriaco,
ossia la direzione della rivista “La Biblioteca Italiana”, ma per non giurare fedeltà all’Austria
preferisce prendere la via dell’esilio;
- Va in esilio in Svizzera;
- Ricercato dalla polizia austriaca, riesce ad espatriare in Inghilterra;
- Qui si dedica al giornalismo e alla cultura e studia i grandi autori italiani: Dante, Petrarca
e Boccaccio;
- Problemi economici, cade in povertà: pieno di debiti e costretto ad una vita difficile, trova
il solo aiuto nella la figlia;
Nel 1827, malato di tubercolosi, muore a 49 anni;
Nel 1871 la salma viene trasferita a Firenze, nella chiesa di s. Croce, cuore della cultura
italiana;
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PENSIERO
- Nell'opera del Foscolo confluiscono aspetti illuministici, neoclassici e romantici;
- Foscolo nella sua concezione del mondo e della vita segue le dottrine materialistiche e
meccanicistiche dell’Illuminismo, secondo le quali il mondo è fatto di materia sottoposta ad
un processo incostante di trasformazione governato da leggi meccaniche.
- Anche l’uomo è soggetto alla stessa legge di dissolvimento della materia, perciò
compiuto il suo ciclo biologico, si annulla completamente come individuo.
- Per i filosofi dell’Illuminismo questa concezione materialistica della realtà e dell’uomo era
motivo di ottimismo perché liberava l’animo dalle superstizioni, dalla paura della morte,
inducendoli a vivere più serenamente, invece per il Foscolo queste teorie erano motivo di
pessimismo e disperazione.
- La visione materialistica, lo porta a considerare l’uomo come prigioniero della natura ,
che, compiuto il suo ciclo vitale, piomba nel "nulla" eterno. Così il Foscolo considera la
ragione un dono malefico della natura, causa di disperazione tale da trovare nel suicidio
l’unica liberazione possibile.
- Tuttavia il Foscolo non soccombe al pessimismo e alla disperazione, ma reagisce
vigorosamente, creandosi una nuova fede in valori universali, che danno un fine ed un
significato alla vita dell’uomo. Questi valori universali sono la bellezza, l’amore, la libertà,
la patria, la virtù, l’eroismo, la poesia, l’arte, la gloria, tutti sentimenti che i filosofi
materialistici e scettici chiamavano "illusioni", cioè idee vane.
- Si avvicina così a nuove tendenze letterarie di quel periodo, come il Neoclassicismo e il
Romanticismo;
- Temi che desume dal Neoclassicismo sono:
– Riscoperta del mondo classico;
– La “moda” dell’Egitto e dell’antichità:
– Il bello come aderenza ai canoni classici;
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- Grazie alla nuova sensibilità Romantica c’è una:
– Riscoperta della “persona” come centro di tutto;
– Modernità e nuovo senso del “bello”;
– Rilettura del “sentimento” come metro per misurare tutto;
- Lo stile del Foscolo è frammentato, soggetto a continui rimaneggiamenti e che dà
sempre l'impressione di essere incompleto, imperfetto, quasi a sottolineare l'ansia e
l'inquietudine proprie della sua stessa vita.
- Analogamente, Foscolo non riesce a dare unità alle sue concezioni, che vengono
anch'esse ritoccate secondo necessità - anche spesso di carattere politico.
- Tuttavia, riconosciamo alcuni motivi fondamentali, che compaiono, a volte in maniera
implicita, nelle sue creazioni:
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1. L'eternità della poesia, ma anche dell'arte in genere, come forza per superare la
fugacità della vita;
2. La compassione e il tema del ricordo, legato al ruolo dei sepolcri;
3. L'amor di patria e la ricerca di un'identità nazionale;
- Nella poesia i sogni e le illusioni diventano eterni e quindi trovano una loro consistenza,
e possono diventare realtà.
- La sua è una poesia serenatrice, il poeta è il poeta vate, sacerdote della dottrina delle
illusioni, che insegna all'uomo come coltivare nobili ideali - perché celebra le azioni
virtuose dei grandi del passato, delle gesta gloriose degli eroi.
- Le due odi neoclassiche celebrano la bellezza ideale femminile, richiamando i temi della
mitologia greca, chiamando a partecipare le figure divine del mondo greco e portando la
figura della donna in una dimensione atemporale, sacra, ideale.
- Nei sonetti sono protagonisti i temi della patria, della mitologia, dell'infanzia e della morte.
OPERE
Le opere principali sono:
- Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1802-1803).
Prima esperienza cospicua dell’operosità del Foscolo è costituita da "Le ultime lettere di
Jacopo Ortis", un romanzo epistolare a carattere autobiografico.
Attraverso le lettere dirette da Jacopo all’amico Lorenzo Alderoni, il Foscolo narra le
vicende dolorose dello spirito del suo personaggio, che è travagliato dalla sorte della sua
patria, Venezia, vilmente ceduta all’Austria e da un suo infelice amore per una fanciulla,
Teresa, già promessa sposa di un altro giovane.
Jacopo Ortis così per sfuggire all’amore e alle persecuzioni viaggia per molte regioni
d’Italia; infine tornerà a trovare Teresa e deciderà di uccidersi .
Il tono dell’Ortis è caldo, appassionato, ma quasi scontato: infatti il personaggio non arriva
al suo gesto attraverso un processo spirituale, ma ha già deciso il suicidio sin dalle prime
pagine.
Il valore dell’Ortis è principalmente autobiografico ed è facile riconoscere in Jacopo Ortis il
Foscolo della giovinezza. Esso è uno dei libri più significativi della nuova letteratura ed ha
un grande valore spirituale; rispecchia la concezione pessimistica del Foscolo nei confronti
della vita. Troviamo quindi in quest’opera il tono più alto del pessimismo foscoliano, il
suicidio; considerato come una forma di liberazione e di protesta. Liberazione, nei
confronti della vita; protesta nei confronti della natura che ha destinato l’uomo all’infelicità.
- I sonetti (1803).
Pur essendo contemporanei all’Ortis, I Sonetti, rappresentano il secondo momento dello
svolgimento spirituale e artistico del Foscolo, quello del superamento del pessimismo e
della virile accettazione della realtà. Nei sonetti maggiori il Foscolo appare mutato,
disposto ad accettare virilmente la realtà e il dolor. Essi sono quattro: "Alla Musa", "A
Zacinto", "In Morte del fratello Giovanni" e "Alla sera".
In queste opere si nota che per il Foscolo le meditazioni sulla natura sono suggerite dalla
vista di un paesaggio come avviene nel sonetto "Alla Sera". In esso è il calar delle
tenebre, sia di un sereno tramonto estivo sia di una cupa sera invernale, le cui ombre che
scendono dal cielo nevoso sembrano allungarsi inquiete ed inghiottire tutto l’universo, a
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spingere i pensieri del poeta "sull’orme che vanno al nulla eterno". L’alternanza è costante,
nei "Sonetti", all’immaginazione della tenebrosa sera invernale di "Alla Sera" si
contrappongono le limpide nubi e le fronde di "A Zacinto" che evocano la serenità del
paesaggio classico.
- Le odi.
Le odi del Foscolo sono due: "A Luigia Pallavicini caduta da cavallo" (1800) e "All’amica
risanata" (1802).
Esse sono considerate il primo manifestarsi del risorgere del Foscolo alla vita, il
superamento cioè del momento dell’Ortis cupo e disperato fino al suicidio, con la
consolazione del dolore nel culto della bellezza e nell’accettazione virile dell’umana
esistenza.
L’ode "A Luigia Pallavicini svolge uno dei motivi più cari al Foscolo, quello della bellezza
"serenatrice", sentita cioè, come balsamo e conforto dell’uomo; essa però è trattata
superficialmente perché la bellezza è contemplata esteriormente come armonia di forma e
piacere visivo, più che consolazione e lenimento del dolore, come invece avviene nella
seconda ode "All’amica risanata".
Rispetto alla prima, la seconda ode, alla bellezza "serenatrice" aggiunge un altro motivo
quello della poesia "eternatrice". La bellezza come tutte le cose di questo mondo è
anch’essa peritura, sottoposta alla legge universale della materia. Ma a salvarne lo
splendore e il ricordo interviene la poesia, che le dona l’immortalità, poiché essa vince
l’oscurità e la morte. Quindi da queste opere si evince la concezione foscoliana della
poesia, che è eternatrice , l’unica in grado di opporsi all’immutabile destino umano.
- I Sepolcri (1807).
Il carme dei "Sepolcri" è un opera didascalica e lirica: didascalica perché mira a inculcare il
culto delle tombe, dimostrandone il valore ideale e l’utilità civile, ma è anche un opera
lirica, perché esprime i sentimenti profondi del poeta, la sua concezione pessimistica, ma
nello stesso tempo agonistica, eroica e costruttiva della vita. Il Foscolo afferma
inizialmente che le tombe sono, dal punto di vista razionale, inutili, perché con la morte
finisce tutto; ma contro le affermazioni della ragione insorge il sentimento, il quale afferma
che le tombe sono necessarie, perché sono "tramite di corrispondenza di amorosi sensi tra
l’estinto e i vivi", e segno della sopravvivenza ideale dell’estinto nel ricordo dei vivi, a
condizione però che l’estinto abbia lasciato ai suoi un’eredità di affetti, ossia un buon
ricordo di sé, altrimenti su di lui scende l’oblio totale. Egli considera il culto dei morti nato
con la civiltà e segno di civiltà.
I sepolcri svolgono il motivo centrale del Romanticismo che consiste nel sentimento
drammatico della vita confortato nella fede nelle "illusioni".
Il motivo unitario del carme è il sentimento della vita che trionfa sulla morte , accostato
tuttavia al sentimento del dolore e del nulla eterno, infatti i "Sepolcri" sono pressoché la
continua coesistenza dei due sentimenti di dolore e di morte, che si accompagnano come
la luce accompagna l’ombra.
- Le Grazie.
Poemetto, cui Foscolo lavorò soprattutto nel 1812 e '13, ebbe una lavorazione piuttosto
difficile, interrotta prima dal ritorno dell'autore a Milano il '13, poi dalla sconfitta francese e
dunque dal suo esilio, per cui l'opera restò incompiuta e comunque anche quanto aveva
già scritto risulta piuttosto frammentario e non definitivo.
Composto da tre inni correlati fra loro e ispirati alle tre dee Venere, Vesta e Pallade, con
un richiamo evidente alla scultura neo-classica di Antonio Canova cui è dedicata l'opera, il
progetto, inizialmente inteso come un unico lungo inno, narra nella prima parte intitolata a
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Venere, l'apparizione nel mar Egeo delle tre Grazie, le quali riescono a comunicare agli
uomini il valore della Bellezza, allontanandoli dallo stato primitivo: e qui v'è l'allegoria della
nascita della civiltà greca classica. Il secondo inno, a Vesta, si racconta di un rito
effettuato nella Firenza rinascimentale da tre donne, rappresentanti le città italiane di
Firenze, Bologna e Milano, in onore delle Grazie: ciò sta a significare il passaggio della
cultura classica in Italia. Il terzo inno invece, dedicato a Pallade, il più indefinito e
incompiuto, presenta la problematica dell'attuale perdita di valore della Bellezza nella
società civile, che dunque si imbarbarisce provocando la fuga delle Grazie ad Atlantide:
ma Pallade convince le dee a tornare fra gli uomini celandosi il volto con un velo (passo
vv.153-207), perchè non le vedano gli indegni.
Lo stile è dotto, letterario, al punto da sembrare calcolato piuttosto che sentito dal poeta,
esprimendo la nostalgia di un atteso ma mai avvenuto riscatto della civiltà italiana.
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