UGO FOSCOLO LA VITA (cenni) Ugo Foscolo nasce a Zacinto, isola

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UGO FOSCOLO LA VITA (cenni) Ugo Foscolo nasce a Zacinto, isola
UGO FOSCOLO
LA VITA (cenni)
Ugo Foscolo nasce a Zacinto, isola dell’arcipelago greco il 6 febbraio 1778, da Andrea, medico di
origine veneziana e da Diamantina Spatis. Compie i primi studi nel seminario di Spalato,
rivelandosi irrequieto e ribelle, ma dotato di straordinario ingegno. Dopo la morte del padre torna
per un breve periodo a Zante, poi ritorna a Venezia dove completa i propri studi. Frequenta i salotti
letterari di due gentildonne veneziane, Giustina Renier e Isabella Teotochi, conosce il Cesarotti, il
Pindemone ed altri letterati dell’epoca. In questi anni, caratterizzati da frequenti amori e passioni,
egli incomincia la sua attività poetica e matura un ideale poetico rivoluzionario e libertario, che lo
rende sospetto alle autorità del governo veneto. Si rifugia prima sui Colli Euganei, poi a Bologna
(dove si arruola nell’esercito napoleonico tra i Cacciatori a cavallo), poi ritorna a Venezia. Deluso
politicamente dalla cessione di Venezia all’Austria da parte di Napoleone Bonaparte con il trattato
di Campoformio, malvisto dalle autorità venete ed austriache, ripara a Milano dove incontra e
frequenta il Parini, il Monti, il Lomonaco, fondando insieme un giornale di ispirazione tipicamente
giacobina, il “Monitore italiano”. Nel 1798, si trasferisce nuovamente a Bologna, dove incomincia a
stampare l’Ortis , ma la stampa resterà interrotta perché, in seguito alla campagna antinapoleonica
degli Austro-Russi, il poeta riprende servizio nell’esercito rivoluzionario, fedele, nonostante
l’amarezza per Campoformio, al proprio ideale di patria e di democrazia. Convinto che almeno
l’onore, bene irrinunciabile, sia conservabile con le armi, nonostante la caduta delle illusioni
illuministiche, combatte contro gli Austriaci in Lombardia e in Liguria. Prosegue l’attività letteraria
(Odi, Sonetti, le Traduzioni, il carme Dei Sepolcri). Al culmine della carriera letteraria viene
nominato professore di eloquenza italiana e latina all’Università di Pavia, ma non potrà mai
cominciare effettivamente l’insegnamento, perché la cattedra viene subito soppressa. Andrà a
Firenze, dove vivrà uno dei momenti più interessanti della sua vicenda biografica e letteraria. In
seguito alla caduta Del Regno italico, rifiuta di collaborare con il governo austriaco che gli ha
offerto la direzione di una rivista letteraria ed emigra in Svizzera. Ricercato dagli Austriaci. si
trasferisce a Londra; ma ben presto il soggiorno londinese diventa difficile per le ristrettezze
economiche e per l’amarezza derivante dalle delusioni politiche e letterarie, completamente
sfiduciato nei confronti degli ideali, rifiuta la proposta del Pellico di collaborare al “Conciliatore”.
Finirà i suoi giorni in un sobborgo londinese nel 1827; nel 1871 le sue spoglie saranno trasferite in
Santa Croce di Firenze, la chiesa che ospita le tombe dei grandi, com’egli stesso scrive nei Sepolcri.
LA POETICA
Foscolo fu lo scrittore che più compiutamente incarnò, nell’Italia tra fine Settecento e inizio
Ottocento, i tratti di un’età di transizione, tra rivoluzione e restaurazione, razionalismo e culto del
sentimento, Classicismo e Romanticismo. Nelle sue opere questi elementi s’intrecciano in vario
modo. Possiamo rintracciare in Foscolo alcuni motivi fondamentali che si ritrovano in tutta la
cultura europea nel passaggio dall’Illuminismo al Romanticismo. Tra questi:
 la denuncia dell’intellettualismo e la rivendicazione del valore del sentimento;
 l’amore per la libertà, il ripudio del cosmopolitismo e l’ideale della patria-nazione;
 la continuazione in chiave pessimistica del materialismo settecentesco e, parallelamente,
l’esigenza di ridare sacralità e certezza agli ideali delusi dal corso della storia;
 l’idealizzazione (classicistica) dell’armonia, della grazia e, parallelamente, la (romantica)
tensione al sublime;
1  i miti romantici dell’esilio, dell’individuo eroico in urto col mondo, del poeta-vate (cantore
del popolo e del suo tempo);
 gli altri miti neoclassici della bellezza rasserenatrice, della poesia istitutrice di civiltà,
dell’antica Ellade come sede di una vita più armoniosa e vera.
Il sentimentalismo, il nazionalismo, il materialismo e lo spiritualismo sono invece i caratteri tipici
della letteratura “preromantica” di cui Foscolo può essere considerato un interprete. A questi
elementi di fondo si aggiungono altri motivi più specifici:
 la sensibilità per i paesaggi orridi e le rovine, per la potenza distruttrice della natura;
 romantico è anche il gusto foscoliano per il sublime (soprattutto nel carme dei Sepolcri esso
diviene espressione di un animo grande, mosso da forti passioni);
 lo stile è teso, concitato, denso, a volte frammentario, tragico, altisonante;
 il forte senso d’insoddisfazione e d’inquietudine che trapela da moltissime sue pagine.
Sul piano intellettuale, Foscolo si era formato alle idee illuministiche; ma questa formazione viene
poi da lui rivissuta con passionalità e con quegli accenti dolenti che sono tipici del primo
Romanticismo. La fiducia nel progresso appare in lui fin dall’inizio incrinata; alla ragione
illuministica si accompagna costantemente il sentimento romantico quale criterio di conoscenza
della realtà. Alla fine egli diviene il poeta della continua oscillazione tra ragione e cuore. Infatti la
ragione gli offre le “verità” filosofiche dell’Illuminismo (ogni cosa muore, nulla vale la pena del
vivere), ma il cuore alimenta le “illusioni” di virtù, amore, patria, bellezza, poesia. Questi motivi
caratterizzano sia i sonetti giovanili, specie Alla sera e In morte del fratello Giovanni, sia le Ultime
lettere di Jacopo Ortis.
Per diversi altri aspetti, Foscolo appare un autore classicista. Egli guarda all’antico come a un
mondo ideale e perfetto, come a un esempio di superiore equilibrio tra passioni e dominio razionale
di esse. In lui, perciò, i miti dell’antichità rivivono non per un omaggio alle mode letterarie
dell’epoca ( come avveniva per esempio in molte opere di Vincenzo Monti), bensì per un profondo
bisogno spirituale. Infatti, la serenità dei classici lo aiuta a placare l’inquietudine e la disarmonia
interiore. Foscolo sente il fascino dell’antico in quanto sfera lontana, irraggiungibile, a cui tendere
con infinita nostalgia: il suo classicismo è perciò venato di romanticismo (è un classicismo
romantico) come avviene in diversi grandi autori di quell’epoca, come i tedeschi Wolfgang Goethe
e Friedrich Holderlin e l’inglese John Keats.
ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS
L’Ortis è un romanzo epistolare: appartiene cioè a uno dei generi più fortunati della narrativa
settecentesca, [ Pamela (1740-42) di Samuel Richardson, Nuova Eloisa (1761) di Jean-Jacques
Rousseau, Le relazioni pericolose (1782) del francese Choderlos de Laclos, I dolori del giovane
Werther di Goethe (1774)]. Proprio dal romanzo di Goethe riprende alcuni elementi tematici
(l’amore infelice, il suicidio, le illusioni) tipici della generazione preromantica. La narrazione
dell’opera di Foscolo prende spunto da un fatto di cronaca realmente avvenuto a Padova nel marzo
1796, ovvero il suicidio dello studente friulano Girolamo Ortis. Foscolo lo trasformò in un giovane
patriota veneziano che, fra l’11 ottobre 1797 e il 25 marzo 1799, fugge in volontariato esilio da
Venezia dopo il trattato di Campoformio. Nella solitudine della campagna dei Colli Euganei
conosce Teresa e se ne innamora, pur sapendo che la fanciulla è già promessa a un altro uomo
(Odoardo). Jacopo viaggia per l’Italia e ovunque si trova a contemplare il panorama sconfortante di
una nazione divisa e sottomessa allo straniero. Infine , tornato nella sua terra, dove Teresa nel
frattempo ha sposato Odoardo, si uccide. Tutto ciò emerge da una serie di 67 lettere indirizzate da
Jacopo all’amico Lorenzo Alderani (un personaggio immaginario). Di Lorenzo non sono però
fornite le risposte: in tal modo acquista maggiore risalto la dimensione soggettiva del protagonistanarratore, a discapito dell’oggettività del resoconto.
Alla base del racconto sta la “delusione di fronte alla storia” che accomunò molti intellettuali tra
Settecento e Ottocento. Le grandi promesse e poi i tradimenti della Rivoluzione francese, seguiti
2 dall’avventura – presto mutatasi in dispotismo – di Napoleone, si riflettono nei pensieri e nella
vicenda del protagonista Jacopo. E così il suo libro diviene il “testamento” del XVIII secolo, il suo
grido di dolore davanti alla caduta di tutte le sue illusioni. Foscolo ha evidenziato questa delusione,
storica e politica, nel suicidio del protagonista: la sua scelta di uccidersi rappresenta anzitutto
l’impossibilità di vivere in una patria “asservita”, “tradita”. Napoleone, nel romanzo, appare da un
lato l’eroe capace di rovesciare il corso della storia, ma contemporaneamente – dopo Campoformio
– è individuato come il traditore della causa italiana. Per le forti implicazioni storico-politiche il
romanzo è da considerarsi, sotto certi aspetti, la prima opera davvero moderna della nostra
letteratura
- perché sceglie il genere quasi del tutto nuovo del romanzo,
- perché mette a nudo l’io dell’autore,
- perché parla dei problemi concreti della contemporaneità, dal punto di vista storico-politico
ed esistenziale,
- perché, per la prima volta nel panorama letterario dell’epoca, un personaggio di stampo
classico-alfieriano è assunto come testimone critico del proprio tempo e calato nel vivo
tessuto della realtà contemporanea, di una storia in divenire.
Da qui il vivo successo del libro, molto influente nella formazione di intellettuali e pubblico
dell’età risorgimentale.
Sul piano dell’intreccio, nel romanzo sono presenti due componimenti narrative:
a. la vicenda amorosa, prevalente nella prima parte, la più vicina alla primitiva stesura del
1797;
b. la vicenda politica, che caratterizza soprattutto la seconda parte, sulla quale l’autore lavorò
più intensamente nella stesura del 1802.
Malgrado la compresenza di due temi così diversi, l’Ortis è però un libro unitario e, quindi,
artisticamente felice. L’unità di fondo è data dal fatto che nel romanzo ci sono due oggetti di
desiderio su cui si si basa la passione di Jacopo: il desiderio per Teresa (motivo amoroso); il
desiderio della patria (motivo politico). Entrambi vengono sottratti a Jacopo per ragioni di
utilitarismo pratico: la patria è perduta a causa del tornaconto politico di Napoleone (il personaggio
resta però innominato nell’arco di tutto il libro); Teresa invece destinata dal padre a un altro uomo.
Il romanzo si conclude del romanzo, con il suicidio di Jacopo. Gli studiosi hanno interpretato in vari
modi questo epilogo:
 secondo alcuni, il suicidio è l’estremo gesto (alfieriano) di protesta contro il destino;
 secondo altri, è un segno di immaturità psicologica da parte del protagonista, che si rifiuta di
prendere atto della realtà delle cose;
 esso rivelerebbe anche la fuga del letterato dalla situazione storico-sociale. Il protagonista
incarna, infatti, la crisi dell’intellettuale nel mondo “borghese” di fine Ottocento.
A livello stilistico il linguaggio è enfatico e ricco di metafore.
I SONETTI.
I componimenti foscoliani nascono da una situazione sentimentale vissuta, di volta in volta diversa,
ma sempre accesa e passionata: ciascun testo dipinge il vissuto del poeta: un istante di vita interiore,
singolarmente intenso.
Nei sonetti giovanili ricorrono pochi temi dominanti:
 il sentimento patriottico;
 l’implacabile passione amorosa;
 il disordine morale e il contrasto interiore che conducono all’invocazione della morte e alla
meditazione del suicidio;
3  l’ansia del poeta che affida alla letteratura il suo desiderio di libertà e di gloria.
I quattro sonetti maggiori sono: Alla sera, A Zacinto, Alla Musa, In morte del fratello Giovanni. In
essi la dolorosa tematica autobiografica è filtrata attraverso una meditazione più pacata e universale:
il discorso poetico si fa così più intenso e insieme più armonioso, più vibrante e raccolto.
LE ODI.
Le due odi, A Luigia Pallavicini caduta da cavallo (1799) e soprattutto All’amica risanata (18021803), segnano, in forme diverse, il passaggio di Foscolo alla maturità poetica. Se infatti nei sonetti
il poeta guarda al proprio mondo interiore, con le sue passioni e la sua soggettiva verità, nelle odi il
tema dominante è la bellezza femminile: essa appare come manifestazione di un’armonia segreta
dell’universo e di una verità ideale che la poesia attinge al di fuori della storia. La bellezza svolge
dunque un’altissima funzione rispetto all’animo umano avvolto nelle passioni terrene perchè la
bellezza conforta e rasserena.
DEI SEPOLCRI
Il capolavoro di Foscolo, il carme Dei sepolcri, è un poemetto in endecasillabi sciolti. Si
combinano in esso più generi:
 anzitutto l’epistola in versi, visto che l’opera è dedicata in epigrafe “ A Ippolito
Pindemonte” (l’amico poeta veronese che risponderà al carme foscoliano con il poemetto I
cimiteri, 1806, rimasto incompiuto);
 il genere del poemetto didascalico, dalle vaste visioni storiche e sociali (come il Giorno di
Parini);
 un’elegia sepolcrale (sull’esempio dei poeti inglesi del Settecento).
Benché nei Sepolcri siano presenti tutti questi generi, Foscolo ne parla come di un carme: ripreso
dal latino carmen, il termine indicava in età classica una forma di poesia solenne e religiosa; usando
questa parola Foscolo voleva indicare una forma rinnovata di poesia classica, a metà tra la lirica e
l’epica, della quale non trovava adeguati esempi tra i moderni. Secondo il Foscolo la poesia classica
ha la capacità di parlare “alla fantasia e al cuore”; è un’arte pura, primitiva che permette ai poeti di
poetare con l’immaginazione.
I Sepolcri furono composti a Milano nel 1806 e pubblicati nel 1807. L’opera prende spunto dalle
conversazioni intercorse tra l’autore e l’amico Ippolito Pindemonte. Quest’ultimo aveva poco prima
abbozzato un poemetto in ottave, I cimiteri: analogo rispetto ai Sepolcri era il tema, identica
l’occasione da cui prendeva spunto il canto, ovvero l’Editto napoleonico di Saint-Cloud, del 1804,
ma esteso all’Italia nel 1806. (Per motivi sia igienici sia sociali e politici, l’editto aveva proibito
l’usanza di seppellire i cadaveri delle persone illustri nelle chiese; aveva inoltre vietato l’usanza di
abbellire le tombe degli aristocratici con lapidi e altri segni di distinzione).
L’Editto suscitò vivaci discussioni. Pindemonte, cattolico, era in disaccordo con tali disposizioni.
Foscolo dapprima si era dichiarato d’accordo con la legge, assumendo la parte del filosofo scettico e
disincantato (la morte cancella tutto, dunque non bisogna prestare nessuna cura particolare alla
tomba). In seguito, tuttavia, aveva cambiato opinione: le ragioni democratiche (una tomba uguale
per tutti) cedettero il passo al valore esemplare di civiltà rappresentato dai funebri monumenti
dedicati ai grandi uomini. Il carme Dei sepolcri rappresenta appunto la sdegnata reazione morale
del poeta contro l’Editto di Saint-Cloud e, in senso più generale, il frutto delle lunghe meditazioni
filosofiche sul senso della vita e della morte. A questi temi già s’ispiravano le immagini della
“illacrimata sepoltura” nel sonetto A Zacinto e delle “ossa” dell’altro sonetto In morte del fratello
Giovanni.
Per Foscolo il sepolcro è importante per l’aldiquà: diviene cioè un incitamento alle egregie cose,
caricandosi così di un significato politico ecco perché ne predica non la resurrezione dei corpi ma le
virtù. Le “urne de’ forti”, cioè le tombe dei grandi italiani sepolti in Santa Croce, a Firenze,
4 contribuiscono infatti ad alimentare, nei contemporanei, l’amor di patria e l’emulazione della virtù e
delle gloriose imprese di quei famosi personaggi.
Foscolo tratterà nell’ultima parte del carme i grandi miti alimentati dalla poesia. Nei versi, dal v.226
in poi, intessuti di ricordi classici e mitologici, canta infatti il resistente mito dell’antica città di
Troia, distrutta dai guerrieri greci, ma perennemente viva nella memoria grazie al canto dei poeti, in
primo luogo Omero. Dunque ciò che resta oltre il tempo, oltre le sue distruzioni, oltre la tomba
stessa, destinata a sparire anch’essa, è la poesia, è il bello dell’arte, che rende eterno ciò che l’uomo
ha di più caro e di più puro. In questo modo la morte finisce per trasformarsi in ricerca di vita, in
un’estrema dichiarazione della volontà di sopravvivere, benché soltanto nel ricordo e nella poesia.
E’ difficile riassumere i contenuti dei Sepolcri perché il testo si sviluppa per transizioni cioè da
balzi in avanti del discorso, da passaggi audaci, inattesi, difficili (transizioni, appunto) da un
argomento all’altro. Questi passaggi spesso sono affidati o a modificazioni di lingua o a particelle
che acquistano senso e vita diversa secondo il tempo e il luogo in cui son collocate (un esempio di
transizione affidato al Ma è al verso 23, pur al verso 51, dalla congiunzione e ai versi 226 e 235).
LE GRAZIE
I tre inni del carme foscoliano non sono dedicati alle Grazie, bensì ad altre tre divinità femminili:
 Venere, simbolo della natura universale (la bella natura apparente);
 Vesta, dea del focolare domestico (il cuore eterno che anima i cuori gentili) e degli affetti
devoti;
 Pallade Atena, dea delle arti consolatrici e maestra degli ingegni.
I tre inni sono ambientati in luoghi diversi: si va dalla Grecia primitiva all’Italia contemporanea, per
giungere infine al mitico paese di Atlantide, dove Pallade si rifugia.
Quello di Foscolo è un classicismo “etico”, nel senso che l’antichità viene assunta come lo scenario
più adatto per insegnare ai lettori “il vero ed il bello morale”. Nei suoi versi disegna l’ideale di un
mondo alternativo, che riscatta (appunto grazie alla bellezza) l’originaria barbarie degli uomini,
assoggettandola alle virtù simboleggiate dalle Grazie, ovvero “gioventù”, “amor coniugale”,
“ospitalità”, “pietà filiale”.
Le Grazie costituiscono, almeno sul piano della poetica, il coronamento e il vertice dell’opera di
Ugo Foscolo..
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