il mercato dei suini

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il mercato dei suini
Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura e alle Foreste
Struttura: Promozione dell’Agroalimentare Lombardo
Tel.02/67404.1
Fax. 02/67404.299
IL MERCATO DEI SUINI
PRODUZIONE E CONSUMO
Anno 2000
OSSERVATORIO AGROALIMENTARE LOMBARDO
QUADERNO n° 10
di
Ernesto Faravelli
Cosmino Giovanni Basile
IL MERCATO DEI SUINI
PRODUZIONE E CONSUMO
ERSAF - Promozione dell’Agroalimentare Lombardo
luglio 2001
4
INDICE
1. IL PATRIMONIO ZOOTECNICO IN LOMBARDIA (1990 - 2000) ....... 7
1.1 Bovini .............................................................................................................. 8
1.2 Ovini e caprini. ................................................................................................ 9
2. IL SETTORE SUINICOLO IN LOMBARDIA (1990 - 2000) ................... 10
2.1 La produzione . .............................................................................................. 10
2.2 Le aziende suinicole . ............................................................................................ 12
3. LA SITUAZIONE SANITARIA NAZIONALE (2000) ............................. 13
4. ANDAMENTO DEI PREZZI NELLE PRINCIPALI PIAZZE E PER LE
PRINCIPALI CLASSI DI SUINI (2000) ................................................... 14
4.1 Suini d’allevamento ...................................................................................... 15
4.2 Suni da macello ............................................................................................. 17
4.3 Carne suina .................................................................................................... 18
4.4 La sfida della tracciabilità ............................................................................. 19
4.5 La distribuzione ............................................................................................ 20
5. ANDAMENTO DEI PREZZI DEI CEREALI NELLE PRINCIPALI
PIAZZE NAZIONALI (2000) .......................................................................22
5.1 Granoturco nazionale .................................................................................... 22
5.2 Orzo nazionale . ............................................................................................. 24
5.3 Soja nazionale ............................................................................................... 25
5.4 Crusca e cruschello ....................................................................................... 26
6. LA STRUTTURA DEL SETTORE AGRICOLO NELL’UE
(1987 - 1999) ................................................................................................... 28
7. IL COMPARTO SUINICOLO DELL’UE NEL 2000 ................................. 31
7.1 La produzione .. ............................................................................................. 31
8. DISTRIBUZIONE E CARATTERISTICHE DELLA PRODUZIONE
SUINICOLA NELL’UE ................................................................................ 33
9. LA PRODUZIONE SUINICOLA DELL’UE NEL 2000 ............................ 35
10. IL MERCATO SUINICOLO DELL’UE NEL 2000 ................................... 37
10.1 La produzione è stata ridotta dalla crisi . ..................................................... 37
10.2 Esportazioni ................................................................................................ 38
5
10.3 Importazioni ................................................................................................ 38
11. LA SPESA SANITARIA DELL’UE ............................................................ 39
12. BILANCIO DI APPROVVIGIONAMENTO DEL SETTORE
SUINICOLO NELL’UE (1990 – 1999 ......................................................... 40
12.1 Produzione di carne suina ........................................................................... 40
12.2 Consumo totale e procapite di carne suina ................................................. 41
12.3 Tasso di autoapprovvigionamento .............................................................. 42
12.4 Esportazione di carne suina ........................................................................ 44
12.5 Importazione di carne suina ........................................................................ 46
12.6 Esportazione di suini vivi ........................................................................... 47
12.7 Importazione di suini vivi ........................................................................... 49
13. L’EURO SIAMO PRONTI ALLA SFIDA ................................................. 51
Riferimenti Bibliografici ................................................................................... 53
GRAFICI ............................................................................................................... 55
TABELLE ............................................................................................................... 57
6
1. IL PATRIMONIO ZOOTECNICO IN LOMBARDIA (1990 - 2000)
Patronio zootecnico in contrazione. Trend positivo solo per il settore suinicolo. Drastica
riduzione del numero delle aziende.
Alcuni settori della zootecnia lombarda, nel periodo 1990 – 2000, sono andati incontro ad
una castante contrazione. Dai dati provvisori diffusi dall’ISTAT (censimento 2000), la
flessione più importante ha riguardato il settore bovino (-17,23%), segue l’allevamento
equino che fa registrare -16,51%. Pressoché stabile il settore ovi-caprino dove il calo è
decisamente più modesto (-0,87%). In controtendenza il settore suinicolo che ha mostrato
un costante trend positivo che si è tradotto in un aumento del 33,46% nel periodo
considerato.
IL PATRIMONIO ZOOTECNICO IN LOMBARDIA (2000)
Anno
1990
2000
Variaz.
BOVINI
Capi
n°
1.960.565
1.622.737
-17,23
SUINI
Capi
n°
2.879.745
3.843.360
+33,46
OVI-CAPRINI
Capi
n°
146.466
145.189
-0,87
EQUINI
Capi
n°
23.717
19.801
-16,51
TOTALE
Capi
n°
5.010.493
5.631.087
+12,39
Fonte: ISTAT
Altro dato significativo dell’evoluzione di questo decennio, è rappresentato dalla drastica
riduzione del numero delle aziende che ha coinvolto tutti i settori della zootecnia lombarda,
con una flessione complessiva del 54,56%.
All’origine del fenomeno vi è senzaltro una tendenza alla concentrazione degli allevamenti,
ma anche il progressivo e massiccio abbandono delle piccole aziende e delle produzioni per
autoconsumo.
AZIENDE ZOOTECNICHE IN LOMBARDIA (2000)
Anno
1990
2000
Variaz.
BOVINI
Aziende
n°
34.920
19.238
-44,91
SUINI
Aziende
n°
15.880
7.079
-55,42
OVI-CAPRINI
Aziende
n°
8.660
5.258
-39,28
EQUINI
Aziende
n°
6.694
4.265
-36,29
TOTALE
Aziende
n°
66.154
35.840
-45,82
Fonte: ISTAT
Dai dati emerge che circa il 70% (1.123.652 capi) degli animali è allevato in sole tre
provincie (Brescia, Mantova e Cremona).
In particolare in provincia di Brescia si è registrato un forte sviluppo di tutti i principali
settori della zootecnia lombarda (bovini, suini e ovi-caprini).
7
1.1 BOVINI
Nel decennio esaminato, il patrimonio lombardo si è ridotto di oltre 300.000 capi.
Il settore è stato fortemente condizionato dalle note vicende riguardanti le “quote latte”.
Solo la provincia di Brescia, è riuscita a contenere la flessione (-5,2%) mentre tutte le altre
hanno registrato cali superiori al 10%.
IL PATRIMONIO BOVINO E BUFALINO IN LOMBARDIA (2000)
Province
1990
BOVINI
Capi
Aziende
n°
n°
2000
BOVINI
Capi
Aziende
n°
n°
BRESCIA
MANTOVA
CREMONA
BERGAMO
LODI
MILANO
PAVIA
SONDRIO
COMO
VARESE
LECCO
TOTALE
511.912
473.287
331.125
176.932
133.487
141.924
80.068
33.514
27.133
27.073
24.110
1.960.565
485.516
353.305
284.831
153.967
114.844
106.356
48.012
26.309
19.075
19.045
11.477
1.622.737
8.716
5.431
2.738
5.776
903
1.817
1.485
3.880
1.843
1.193
1.138
34.920
5.108
2.870
1.553
3.225
591
1.011
699
2.070
957
609
545
19.238
Variazione
capi
2000/90
%
Variazione
Aziende
2000/90
%
Incidenza
Capi
2000
%
-5,2
-25,4
-14,0
-13,0
-14,0
-25,1
-40,0
-21,5
-29,7
-29,7
-52,4
-17,2
-41,4
-47,2
-43,3
-44,2
-34,6
-44,4
-52,9
-46,6
-48,1
-49,0
-52,1
-44,9
29,9
21,8
17,6
9,5
7,1
6,6
3,0
1,6
1,2
1,2
0,7
100,0
Fonte: ISTAT
Il numero delle aziende è passato da 34.920 a 19.238 con un calo del 44,9% e l’andamento
negativo è stato generalizzato per tutte le provincie. (vedi tabella)
8
1.2 OVINI E CAPRINI
La produzione è essenzialmente concentrata in quattro provincie (Bergamo, Brescia, Sondrio e
Como) che assieme allevano il 70% di tutta la produzione regionale.
Il numero dei capi, dal 1990 al 2000, è rimasto praticamente invariato (-0,9%). In dettaglio
andamento positivo per le provincie (tradizionalmente più vocate) di Bergamo (+15,2%) e Brescia
(+14,4%).
L’andamento negativo, per quanto riguarda le aree dove tradizionalmente viene praticato questo
allevamento, è stato registrato nelle provincie di Sondrio (-14%), Como (-21,6%) e Lecco (-24,5%).
IL PATRIMONIO OVI-CAPRINO IN LOMBARDIA (2000)
Province
BERGAMO
BRESCIA
SONDRIO
COMO
MILANO
CREMONA
LECCO
VARESE
PAVIA
MANTOVA
LODI
TOTALE
1990
OVICAPRINI
Capi
Aziende
n°
n°
30.518
30.320
28.573
18.284
5.208
4.862
9.272
8.347
4.143
6.334
605
146.466
1.410
1.836
2.345
1.145
232
172
560
449
203
265
43
8.660
2000
OVICAPRINI
Capi
Aziende
n°
n°
35.149
34.692
24.576
14.330
7.394
7.027
6.999
6.858
3.794
2.870
1.500
145.189
1.077
1.237
1.425
551
104
67
283
250
88
152
24
5.258
Variazione
capi
2000/90
%
Variazione
Aziende
2000/90
%
Incidenza
Capi
2000
%
+15,2
+14,4
-14,0
-21,6
+42,0
+44,5
-24,5
-17,8
-8,4
-54,7
+147,9
-0,9
-23,6
-32,6
-39,2
-51,9
-55,2
-61,0
-49,5
-44,3
-56,7
-42,6
-44,2
-39,3
24,2
23,9
16,9
9,9
5,1
4,8
4,8
4,7
2,6
2,0
1,0
100,0
Fonte: ISTAT
9
2. IL SETTORE SUINICOLO IN LOMBARDIA (1990 - 2000)
Incremento del 33,5% dei capi allevati. Forte spinta all’intensivizzazione del settore. Crollo
del numero delle aziende.
La popolazione suinicola regionale, dal 1990 al 2000, è cresciuta di circa un milione di capi
con un incremento del 33,5%.
Il trend positivo ha riguardato praticamente tutto il periodo per poi attestarsi negli ultimi due
anni sui valori attuali.
Particolare rilievo assume il dato relativo alla drastica riduzione (-55,4%) che si è verificata
nel numero delle aziende che allevano suini.
Il fenomeno è imputabile sia all’uscita dal mercato delle aziende che non hanno saputo
raggiungere un’economia di scala consona alle attuali esigenze di produzione e si trasporto,
sia al progressivo abbandono della pratica di allevamento per autoconsumo famigliare.
2.1 LA PRODUZIONE
Nel 2000, la consistenza suinicola in Lombardia si è attestata a 3.843.360 capi allevati
(+33,5% rispetto al 1990).
L’andamento positivo si è registrato maggiormente nelle aree a forte vocazione suinicola
(Brescia, Mantova, Cremona, Lodi e Bergamo). In queste provincie si evidenzia la
maggior concentrazione di suini allevati e la maggior specializzazione degli allevamenti.
CONSISTENZA SUINICOLA IN LOMBARDIA (2000)
Province
BRESCIA
1990
SUINI
Capi
Aziende
n°
n°
2000
SUINI
Capi
Aziende
n°
n°
702.984
5.461
1.106.881
MANTOVA
797.183
1.104
CREMONA
471.175
677
LODI
335.018
PAVIA
257.895
BERGAMO
191.244
MILANO
Variazione Variazione
capi
Aziende
2000/90
2000/90
%
%
Incidenza
Capi
2000
%
2.293
+57,5
-58,0
28,8
1.012.589
653
+27,0
-40,9
26,3
670.239
345
42,2
-49,0
17,4
285
421.530
222
+25,8
-22,1
11,0
731
252.465
314
-2,1
-57,0
6,6
2.913
256.653
1.248
+34,2
-57,2
6,7
104.528
447
111.783
254
+6,9
-43,2
2,9
SONDRIO
5.536
2.960
2.283
1.014
-58,8
-65,7
0,1
LECCO
8.686
363
4.683
194
-46,1
-46,6
0,1
VARESE
2.221
278
1.313
144
-40,9
-48,2
0,0
COMO
3.275
661
2.941
398
-10,2
-39,8
0,1
2.879.745
15.880
3.843.360
7.079
+33,5
-55,4
100,0
TOTALE
Fonte: ISTAT
10
Nel dettaglio, l’aumento più significativo si è verificato nella provincia di Brescia passata
da 797.183 a 1.106.881 capi, con un incremento del patrimonio suinicolo del 57,5% rispetto
al censimento del 1990.
Anche la provincia di Mantova con più di un milione di capi ha evidenziato una forte
crescita (+27%). Importante pure l’aumento che si è realizzato nelle provincie di Cremona
(+42,2%), di Lodi (+25,8%) e di Bergamo (+34,2%).
Nello stesso periodo, la situazione è rimasta pressoché costante in provincia di Milano
(+6,9%) e di Pavia, (-2,1%).
Un andamento negativo, hanno mostrato invece le provincie che, per struttura territoriale,
non sono specializzate nell’allevamento suinicolo intensivo.
Le provincie di Sondrio (-58,8%), Lecco (-46,1%), Varese (-40,9%) e Como (-10,2%)
hanno ormai una popolazione suinicola irrisoria, rispetto al livello produttivo regionale.
“Nella lettura del dato dobbiamo tener presente che il censimento fotografa la situazione
di un giorno quello in cui il censimento viene appunto effettuato. È quindi forzatamente
viziato da una sottostima del numero di capi effettivamente prodotti invece nel corso di
un’intera annata, soprattutto per quanto riguarda gli allevamenti a ciclo breve come,
maiali, conigli, polli ecc.. Per avere un’idea dell’effettiva consistenza del settore suinicolo
lombardo dovremo aggiungere al dato censuario 400.00 500.000 capi.”
CONSISTENZA SUINICOLA IN LOMBARDIA (2000)
Capi
1.200.000
1.100.000
1.000.000
900.000
2000
800.000
1990
700.000
600.000
500.000
400.000
300.000
200.000
100.000
COMO
VARESE
LECCO
SONDRIO
MILANO
BERGAMO
PAVIA
LODI
CREMONA
BRESCIA
MANTOVA
0
11
2.2 LE AZIENDE SUINICOLE
Il numero delle aziende suinicole è sensibilmente diminuito in questo ultimo decennio
facendo registrare una perdita di 8.801 unità (-55,4%).
Il fenomeno ha interessato tutte le provincie lombarde con intensità, ma con significative
differenze.
Significativa la situazione della provincia di Brescia, dove, al forte aumento del numero dei
capi allevati (+57,5%) è corrisposto una drastica riduzione del numero delle aziende (58%).
Analogo, anche se meno marcato, il trend nelle provincie di Cremona (-49%), Mantova (40,9%)e Lodi (-22,1%).
In discesa, il numero delle aziende, anche nelle altre provincie dove l’allevamento del suino
è meno importante.
12
3. LA SITUAZIONE SANITARIA NAZIONALE (2000)
Nessun problema sanitario importante per gli allevamenti di suini. Pochi focolai accertati e
tempestivamente controllati.
PESTE SUINA CLASSICA
In provincia di Cagliari, nel mese di gennaio è stato accertato un focolaio di peste suina
classica, sono stati abbattuti e distrutti 50 capi suini.
PESTE SUINA AFRICANA
Nel mese di gennaio sono stati accertati due focolai di peste suina africana in provincia di
Nuoro, 22 capi suini sonostati abbattuti e distrutti.
VESCICOLARE
Nel mese di marzo, sono stati accertati due focolai in due stalle di sosta nel mantovano e
precisamente a Moglia e S. Benedetto Po. Sono stati abbattuti e distrutti complessivamente
23 suini.
AUJESKY
Nessun allevamento colpito nel 2000.
13
4. ANDAMENTO DEI PREZZI NELLE PRINCIPALI PIAZZE E PER LE
PRINCIPALI CLASSI DI SUINI 2000
Forte aumento dei prezzi, (+20%) nel secondo semestre. La crisi del settore bovino (BSE)
fa lievitare i prezzi dei suini.
Nel 2000, il trend dei prezzi dei suini, sui principali mercati nazionali, (dopo l’andamento
negativo che degli ultimi due anni) è stato soddisfacente.
Le quotazioni hanno seguito, durante l’anno, un percorso a doppia velocità. Relativamente
basse nel primo semestre, in crescita esponenziale nel secondo.
Il 2000 ha segnato la fine della crisi del settore?
Mercato di Milano - Trend prezzi suini grassi
Lire7Kg
2.700
2.500
2.300
2.100
1.900
1.700
1.500
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
da 144 Kg
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
156/176 Kg
Il calo della produzione, in tutti i principali bacini della Comunità Europea e la ripresa del
mercato negli Stati Uniti, hanno fatto lievitare i prezzi in tutta l’Europa.
I prezzi molto alti registrati nelle principali aree di produzione europea, nostre tradizionali
concorrenti, hanno spinto i macellatori ad approvvigionarsi sul mercato nazionale che
assicurava prezzi più vantaggiosi e un prodotto più consono alla produzione del prosciutto
tipico italiano.
L’effetto della crisi della mucca pazza BSE (Encelopatia Spongiforme Bovina), ha travolto
gli equilibri mercantili europei e mondiali.
14
Si è determinato un brusco sbilanciamento dei consumi a favore delle carni alternative a
quelle bovine, suine, equine e ovi-caprine con incrementi del 30 - 40%.
La carne di maiale è stata molto richiesta sul mercato (+ 18%) ed i prezzi hanno cominciato
a salire (+ 25%). L’ottimismo attuale non deve comunque far perdere di vista, quello che nel
futuro potrà essere il nuovo scenario del settore.
L’allargamento dell’UE avrà inizio nel 2004: bisogna prepararsi fin dora ai nuovi equilibri
mercantili che si verranno a creare, per non essere poi penalizzati.
4.1 SUINI D’ALLEVAMENTO
Il 2000, è iniziato positivamente per il mercato dei suini d’allevamento. Su tutte le principali
piazze nazionali il mercato dei suini da ristallo si è presentato molto attivo, per tutto il mese
di gennaio e i prezzi sono aumentati particolarmente per le categorie di peso più leggero.
Le quotazioni sono salite sensibilmente anche durante il mese di febbraio. Le voci dei 15 e
dei 25 chili hanno raggiunto il livello più alto dell’anno 2000, rispettivamente con 6.050 e
5.000 Lire/chilo (quotazione del 25/02/01 - mercato di Milano) guadagnando 350 Lire/chilo
in un solo mese e con un incremento superiore al 30% rispetto alle quotazioni dello stesso
periodo del 1999.
MILANO 2000 - SUINI D'ALLEVAMENTO
Lire/Kg
6.500
6.000
5.500
5.000
4.500
4.000
3.500
3.000
2.500
< a 15 Kg
da 25 Kg
da 30 Kg
da 40 Kg
da 50 Kg
da 65 Kg
22/12/00
08/12/00
24/11/00
10/11/00
27/10/00
13/10/00
29/09/00
15/09/00
01/09/00
18/08/00
04/08/00
21/07/00
07/07/00
23/06/00
09/06/00
26/05/00
12/05/00
28/04/00
14/04/00
31/03/00
17/03/00
03/03/00
18/02/00
04/02/00
21/01/00
07/01/00
2.000
da 80 Kg
Nel mese di marzo si è esaurita la corsa al rialzo degli animali da vita, condizionato ad
inizio mese, dalla pesantezza di mercato dei suini grassi da macelleria. Il primo trimestre si
è chiuso in positivo solo per lattonzoli e magroni fino ai 65 chili.
15
Il secondo trimestre 2000, è stato caratterizzato dall’andamento negativo dei capi più
leggeri.
Il listino, dei capi da vita di 15 chili è passato da 6.050 Lire/chilo (quotazione del 7 aprile
sul mercato di Milano) a 5.400 Lire/chilo (quotazione del 30 giugno), perdendo 650
Lire/chilo.
La perdita è stata più contenuta per le altre categorie, - 450 Lire/chilo per i suini di 25 chili e
- 400 Lire/chilo per la voce dei 30 chili. Le altre voci del listino, nello stesso periodo, hanno
registrato un lieve movimento positivo.
Nel terzo trimestre, la situazione è rimasta ancora pesante. I prezzi dei capi più leggeri
hanno continuato a scendere, anche se in modo meno marcato rispetto, trimestre precedente.
Un piccolo segnale positivo si è registrato solo nel mese di luglio con incrementi,
comunque, poco entusiasmanti. Dopo un breve periodo di stabilità (agosto) il mercato ha
ricominciato a manifestare nuovi segni di pesantezza (settembre) in particolar modo per le
categorie più leggere. La categoria dei 15 chili ha perso oltre 500 Lire/chilo in un solo mese.
L’ultimo trimestre del 2000 è iniziato al ribasso soprattutto per le taglie più leggere,
penalizzate dalla scarsa richiesta da parte degli ingrassatori.
I prezzi, nel mese di ottobre, dei capi più leggeri (15 e 25 chili) hanno raggiunto il livello
più basso dell’anno, rispettivamente con 4.850 Lire/chilo e 4.100 Lire/chilo (Borsa di
Milano).
Nel mese di novembre, esaurita la fase discendente, la lancetta dei mercati nazionali, è
ritornata a puntare verso l’alto (dal basso si può soltanto risalire) mettendo fine a una
dinamica negativa protrattasi per diverse settimane.
La domanda molto sostenuta, ha fatto lievitare i prezzi di tutti i capi da ristallo facendo
registrare, negli ultimi due mesi dell’anno, incrementi di oltre 900 Lire/chilo, per i capi più
leggeri. Meno marcata ma pur sempre positiva, la tendenza delle altre voci d’allevamento.
16
4.2 SUINI DA MACELLO
Il tradizionale calo dei consumi del dopo feste di fine ed inizio anno, si è presentato
puntualmente e i prezzi di tutti i suini pesanti sono diminuiti.
L’esubero dell’offerta e la contrazione della domanda hanno continuato a deprimere i listini
dei suini grassi, macelleria compresa. Sulla piazza di Milano, la categoria dei 156 chili
passa da 2.420 Lire/chilo (quotazione del 7 gennaio) a 2.190 Lire/chilo (quotazione del 4
febbraio), perdendo 230 Lire/chilo (oltre il 10%).
MILANO 2000 - SUINI DA MACELLO
Lirre/Kg
3.100
3.000
2.900
2.800
2.700
2.600
2.500
2.400
2.300
2.200
2.100
2.000
1.900
1.800
1.700
90/115 Kg
da 115 Kg
da 130 Kg
da 144 Kg
da 156/176 Kg
22/12/00
08/12/00
24/11/00
10/11/00
27/10/00
13/10/00
29/09/00
15/09/00
01/09/00
18/08/00
04/08/00
21/07/00
07/07/00
23/06/00
09/06/00
26/05/00
12/05/00
28/04/00
14/04/00
31/03/00
17/03/00
03/03/00
18/02/00
04/02/00
21/01/00
07/01/00
1.600
> 176 Kg
Il raffronto tendenziale dei prezzi ha evidenziato comunque un divario positivo rispetto a
gennaio 1999 del +21%.
Nel mese di febbraio, il ciclo negativo si interrompe. Sia i grassi da macelleria che i suini di
taglia più pesante, trascinati dall’andamento positivo dei prosciutti e delle altre produzione
tipiche nazionali, hanno guadagnato oltre 100 Lire/chilo.
Il primo trimestre si chiude all’insegna della stabilità. I grassi da 156 chilogrammi, sul
mercato di Milano, hanno mantenuto una quotazione sotto le 2.200 Lire/chilo franco
partenza. Prezzi inferiori rispetto al mese di gennaio, ma nettamente al di sopra (+ 24%) dei
valori di marzo 1999.
Nel secondo trimestre i listini nazionali, hanno confermato una situazione di debolezza.
Le quotazioni sono rimaste su livelli giudicati assolutamente insoddisfacenti dal mondo
produttivo, il prezzo della categoria più pregiata (156/176 chili) è rimasto, per tutto il
periodo, al di sotto delle 2.100 Lire/chilo.
17
Estremamente critica la situazione nelle prime due sedute del mese di giugno, quando i
prezzi della voce di maggior pregio (156/176 chili) sono scesi al di sotto delle 1.900 Lire.
Tuttavia, il confronto delle quotazioni su base annua, evidenzia una situazione nettamente
migliore rispetto allo stesso periodo del 1999. Nella seconda parte del mese di giugno, la
tendenza negativa si è invertita della prima decade del mese e i prezzi seppur lievemente,
hanno cominciato a salire.
Nel terzo trimestre, il brusco calo delle produzioni nazionali e Comunitaria, soffia
positivamente sui mercati ed i prezzi cominciano a volare. Alla borsa merci di Milano i
grassi da 156/176 chili passano da 2.130 Lire/chilo a 2.700 Lire/chilo nel solo mese di
settembre, con un incremento del 27%.
Aumenti sostenuti anche per le altre voci dei grassi, capi magri da macelleria compresi,
questi ultimi hanno registrato un incremento di circa 500 Lire/chilo nel periodo considerato.
L’ultimo trimestre è stato dominato dalla scoperta di casi di BSE praticamente in tutti i paesi
dell’UE. I consumi di carne bovina sono crollati nel giro di pochi giorni e il brusco
spostamento dei consumi ha di conseguenza avvantaggiato il comparto suinicolo.
La forte richiesta di carne suina, ha spinto i prezzi al rialzo. La categoria dei suini da
macello più pregiata (156/176 chili) ha raggiunto, nel mese di dicembre (prima seduta della
Borsa merci di Milano) le 3.000 Lire/chilo, quotazione che poi è stata mantenuta per tutto il
mese.
Per dare un’idea dell’entità del fenomeno, quotazioni analoghe sono rintracciabili solo
tornando indietro di quattro anni e anche in quel caso, determinate da analoga situazione.
4.3 CARNE SUINA
Prezzi stazionari per tutti i tagli all’inizio dell’anno con poche pressioni all’acquisto. I tagli
da consumo e le spalle destinate alla lavorazione industriale hanno confermato, per tutto il
mese di gennaio, una fase di debolezza.
Andamento difficile anche in febbraio, per i pezzi staccati da industria mentre le carni da
consumo (lombi, quotati 7.000 Lire/chilo) sono aumentate di 300 Lire/chilo. Positivo anche
l’andamento dei prosciutti freschi, in genere di quelli destinati alle produzioni tipiche.
Andamento stazionario dei tagli industriali nel mese di marzo, mentre il calo degli ordini
sulla piazza di Modena ha frenato il listino dei prosciutti, inclusi quelli destinati alle
produzioni tipiche, determinando una perdita di 300 Lire/Kg in un solo mese.
Nel secondo trimestre, dopo la pausa di riflessione, della quaresima e di Pasqua, (periodi
tradizionalmente poco favorevoli al consumo di maiale), i listini dei prosciutti freschi hanno
ripreso a marciare, stabili gli altri tagli industriali e i lombi.
18
Il terzo trimestre è iniziato con sensibili rialzi delle carni industriali, + 300 Lire/chilo per i
tagli destinati alla trasformazione, (Borsa di Modena, seduta del 3 luglio) e dei tagli da
consumo (+ 500 Lire/chilo per i lombi) favoriti dal buon andamento meteorologico e dai
vacanzieri, soprattutto tedeschi, che si sono riversati nelle nostre località turistiche.
Nel mese di settembre i pochi scambi all’ingrosso realizzati nel circuito delle carni ed un
sufficiente livello delle scorte nelle celle frigorifere hanno creato tanta incertezza tra gli
operatori.
Nell’ultimo trimestre l’effetto “mucca pazza” ha stravolto i mercati delle carni, provocando
forti ribassi per la carne bovina e grande richiesta di carne suina.
I prezzi dei tagli destinati alla lavorazione industriale e in particolare dei tagli al consumo
hanno registrato in questo periodo un trend sempre in salita. In particolare il listino dei
lombi, nell’ultima seduta dell’anno del 27 dicembre ha raggiunto la soglia delle 10.000
Lire/chilo con un incremento del 43% rispetto alle prime quotazioni dell’anno.
4.4 LA SFIDA DELLA TRACCIABILITÀ
Nel 2000, l’emergenza “mucca pazza” ha rilanciato il tema della “tracciabilità” degli
alimenti e di un sistema di certificazione/etichettatura che garantisca il consumatore sulla
salubrità dell’intera catena produttiva.
L’emergenza BSE, insegna che i sistemi di controllo sulla qualità non possono essere
settoriali o limitati alle fasi di emergenza, ma coinvolgono in modo permanente tutta la
filiera.
Gli allevatori possono garantire corretti sistemi produttivi nelle loro stalle, ma poiché la
carne è frutto del lavoro di diversi soggetti, garanzie concrete ai consumatori possono venire
solo dalla trasparenza di processi produttivi controllati e certificati, ossia lungo tutta la
filiera produttiva, fino ad arrivare al consumatore.
Servono dunque interventi “di sistema” a tutela della qualità. Questa materia è peraltro
regolamentata giuridicamente dall’UE (certificazione di qualità, norme internazionali ISO
9000, norme (Haccp = sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici) ecc).
In questi ultimi anni, molto è stato fatto dall’UE in materia di controlli sanitari e sulla
tracciabilità degli alimenti e molti paesi comunitari stanno riorganizzando la loro
produzione agricola e zootecnica.
ESEMPIO DI TRACCIABILITÀ
Per quanto riguarda la carne suina, in Francia è stato progettato un sistema di
tracciabilità per rassicurare il consumatore. Il metodo permette di individuare l’origine
della carcassa in qualsiasi stadio della distribuzione.
19
I parametri presi in considerazione sono:
- Alimentazione, Razza Luogo d’allevamento,
- Condizioni di trasporto,
- Informazioni qualità sull’animale - Macellazione,
- Numero di lotto,
- Data d’acquisto.
Alla Nascita: il suinetto viene tatuato all’orecchio entro il primo mese di vita. Il tatuaggio
riporta il numero d’allevamento e il giorno di nascita,
Durante il Trasporto: Il numero d’allevamento viene scritto sull’animale prima di essere
trasportato al macello. Il maiale che ha avuto problemi sanitari
durante l’allevamento viene identificato allo stesso modo.
Alla Macellazione: una etichetta con un codice a barre è fissata su ogni mezzena
dell’animale. Il codice a barre riporta tutte le informazioni relative
all’allevamento e alle caratteristiche qualitative della carcassa.
Le Informazione per il cliente: lettura al cliente dell’etichetta con codice a barre fissata
sulla mezzena dell’animale.
In Macelleria: il certificato di garanzia che riporta il numero di lotto e, i dati dell’allevatore
che ha prodotto quella carcassa.viene esposto sul banco della carne, in
modo visibile al consumatore.
4.5 CONSUMI E DISTRIBUZIONE
In Italia, nel 1999, i consumi di carne hanno raggiunto 80,9 Kg/procapite, in leggera
diminuzione rispetto al 1998.
Il 38% circa è rappresentato da carne suina (35,1 Kg/procapite/anno), percentuale che
comprende sia il consumo di carne fresca che i prodotti stagionati (salumi, ecc.)
Nel 2000, il consumo di carne è mutato radicalmente in conseguenza alla crisi della “mucca
pazza” che non solo ha spostato bruscamente l’interesse del consumatore verso le carni
alternative a quelle bovine, (suine, equine, ovi-caprine) ma ha anche sicuramente portato ad
un ridimensionamento complessivo degli acquisti di carne.
Per tale motivo in tutta l’Europa, è nata la necessità di produrre carni secondo precisi
disciplinari di produzione capaci di assicurare la rintracciabilità del prodotto.
20
Orientamenti e tendenze espressi a livello di consumo finale si ripropongono ai differenti
anelli della filiera, ma hanno come diretto e principale interlocutore la fase della
distribuzione - ingrosso - dettaglio, che ha acquisito negli ultimi anni un ruolo sempre più
rilevante rispetto alle fasi “a monte” dell’industria e dell’agricoltura.
Nella filiera della carne suina italiana, si conferma la tendenza alla vendita a libero servizio,
supermercati, ipermercati e discount, a scapito del dettaglio tradizionale (macellerie). I
canali moderni, infatti, veicolano la quota maggioritaria dei consumi tradizionali.
Lo sviluppo della distribuzione moderna, inoltre ha ridotto i margini operativi tanto delle
industrie che delle imprese agricole, sottraendo spazio soprattutto alle numerose imprese di
macellazione - trasformazione di piccole e piccolissime dimensioni.
Queste imprese incontrano grandi difficoltà a soddisfare le attuali richieste della
distribuzione moderna in termini di prezzo, qualità percepita, quantità, standard di servizio e
innovazione di prodotto.
I soggetti privilegiati nei rapporti con la distribuzione sono invece le grandi industrie e
sempre più i fornitori esteri, trainati anche dal fatto che molte catene di ipermercati e
discount sono in mani straniere.
Tuttavia, il dettaglio tradizionale, con circa 40.000 macellerie, nonostante la progressiva
contrazione della rete, rappresenta ancora oggi il canale principale per la vendita al
consumo.
I punti di forza di questo canale sono il rapporto di fiducia con il consumatore e la
personalizzazione del servizio offerto.
Consumo di carne in Italia (Kg/procapite/anno)
Carne
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Suina
32,0
32,3
33,4
33,7
33,2
33,1
35,0
34,4
36,3
35,1
Bovina
25,9
26,2
25,2
26,1
25,9
25,9
23,6
24,2
24,0
24,7
Avicola
19,7
20,0
19,7
19,2
18,8
18,4
18,6
18,6
18,1
17,7
Ovicaprina
1,8
1,9
1,9
1,8
1,8
1,7
1,7
1,7
1,6
1,6
Equina
1,3
1,3
1,4
1,3
1,3
1,3
1,3
1,3
1,2
1,1
3,8
84,5
4,0
85,7
4,2
85,8
4,2
86,3
4,2
85,2
4,3
84,7
4,3
84,5
4,4
84,6
4,3
85,5
4,3
84,5
Altre carni
Totale
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
21
5. ANDAMENTO DEI PREZZI DEI CEREALI NELLE PRINCIPALI PIAZZE
NAZIONALI (2000)
I prezzi della soja (spinti dalla messa al bando delle farine animali) aumentano del 33,8%
rispetto al 1999. Sensibile aumento della Crusca (+17%) e lieve aumento dell’orzo (+5,%),
mentre i prezzi del mais scendono del 7,4%.
5.1 GRANOTURCO NAZIONALE
Il 2000, parte all’insegna della calma per il comparto del granoturco. Le prime quotazioni
del mais ibrido nazionale si sono attestate attorno alle 26.500 Lire/q (mercato di Milano), in
un contesto generale di una ridotta attività di scambio su tutti i mercati.
L’astensione della domanda industriale, per tutto il mese di gennaio, ha frenato il listino con
prezzi al ribasso sia sul mercato di Milano (- 600 Lire/Kg) che negli altri mercati nazionali.
L’ibrido comune, alla Borsa merci di Milano, si è fermato al di sotto delle 26.000 Lire/q per
pronta consegna. In questo periodo, la situazione è stata ulteriormente appesantita
dall’offerta eccessiva nazionale ed estera. L’Andamento negativo è proseguito per tutto il
mese di febbraio, il quadro congiunturale di questo periodo, ha creato negli operatori un
atteggiamento prudente e i prezzi hanno viaggiato sull’onda delle 26.000 Lire/q.
MILANO 2000 - GRANOTURCO NAZIONALE
Lire/Kg
300
290
280
270
260
250
20/12/00
06/12/00
22/11/00
08/11/00
25/10/00
11/10/00
27/09/00
13/09/00
30/08/00
16/08/00
02/08/00
19/07/00
05/07/00
21/06/00
07/06/00
24/05/00
10/05/00
26/04/00
12/04/00
29/03/00
15/03/00
01/03/00
16/02/00
02/02/00
19/01/00
05/01/00
240
Il primo trimestre si è chiuso in leggera ripresa. Alla Borsa di Milano, nella seduta del 30
marzo, il mais nazionale ha guadagnato 400 Lire/Kg rispetto alla settimana precedente. A
trascinare il listino nazionale è stato il prodotto francese, (che a causa di alcune difficoltà di
22
imbarco nei porti ha raggiunto, in questo periodo, le 29.000 Lire/q contrariamente al
prodotto nazionale quotato intorno alle 26.000 Lire/q).
Nel secondo trimestre il prezzo del granoturco (molto competitivo rispetto al prodotto
francese) ha guadagnato terreno raggiungendo le 28.600 Lire/q nella seduta del 17 maggio
alla borsa merci di Milano. La buona domanda industriale ha rianimato i mercati in tutto il
periodo e i prezzi si sono mantenuti su livelli soddisfacenti.
Il terzo trimestre è iniziato molto bene per il mais. Le forti tensioni che hanno continuato ad
interessare la Francia e i ridotti volumi dell’offerta nei centri nazionali hanno spinto verso
l’alto i listini del prodotto nazionale.
Alla borsa merci di Milano, (seduta del 26 luglio) i prezzi hanno raggiunto le 29.700 Lire/q
con un incremento del 4% rispetto alla settimana precedente.
Nel mese di agosto e settembre, le ottime rese dei nuovi raccolti hanno condizionato
fortemente il mercato. Le quotazioni al ribasso si sono confermate per tutto il periodo, i
prezzi sono passati da 27.900 Lire/q di inizio agosto a 24.300 Lire/q di fine settembre,
perdendo in due mesi 3.600 Lire/q.
Nell’ultimo trimestre l’andamento è stato poco soddisfacente per gli operatori del settore.
La pressione esercitata dai venditori, a fronte di una domanda poco attiva ha spinto verso il
basso il listino. Il prezzo è rimasto sempre al di sotto delle 26.000 Lire/q con quotazioni
scontate e prive di quel sentimento contrattuale che generalmente è la caratteristica del
mercato attivo.
Su base annua, il prezzo del mais ha registrato un ribasso del 7,4% rispetto al 1999,
passando da 28.500 (prezzo medio annuo 1999) a 26.400 Lire/quintale (prezzo medio annuo
2000).
23
5.2 ORZO NAZIONALE
Per tutto il mese di gennaio l’offerta estera ha fortemente condizionato l’andamento
mercantile dell’orzo. Il prodotto inglese e francese, molto competitivo rispetto al prodotto
nostrano, ha creato sui mercati nazionali forti tensioni.
Il mese di febbraio è stato meno ingolfato a seguito di una ridotta offerta estera e i prezzi
sono tornati a salire, alla borsa merci di Milano l’orzo nazionale è stato quotato 29.800
Lire/q (seduta del 23 febbraio).
Lire/Kg
MILANO 2000 - ORZO NAZIONALE p.s. 61-65
Lire/kg
330
320
310
300
290
280
270
non quotato
260
250
240
20/12/00
06/12/00
22/11/00
08/11/00
25/10/00
11/10/00
27/09/00
13/09/00
30/08/00
16/08/00
02/08/00
19/07/00
05/07/00
21/06/00
07/06/00
24/05/00
10/05/00
26/04/00
12/04/00
29/03/00
15/03/00
01/03/00
16/02/00
02/02/00
19/01/00
05/01/00
230
Prezzi ancora in ripresa nell’ultimo mese del primo trimestre. A fronte di una offerta
limitata e di una domanda sostenuta, il listino dell’orzo è rimasto elevato fino alla metà del
mese maggio. Nel grafico, l’assenza di un tratto della curva è dovuta al fatto che in tale
intervallo di tempo l’orzo non è stato quotato.
Dopo la sosta dovuta alle operazioni del nuovo raccolto, le quotazioni dell’orzo hanno
mostrato poco interesse della domanda. L’effetto della nuova produzione si è fatto sentire
fino alla fine del terzo trimestre. In questo periodo, su tutti i mercati nazionali, il listino è
rimasto sotto la soglia delle 28.000 Lire/q.
Andamento molto positivo nell’ultimo periodo dell’anno. La buona qualità del prodotto
nazionale e la scarsa pressione dell’offerta estera hanno trascinato verso l’alto i prezzi su
tutte le principali piazze nazionali.
Le quotazioni di fine anno hanno raggiunto, dopo diversi mesi, la soglia delle 30.000
Lire/q.
24
Complessivamente il 2000 è stato un anno buono per l’orzo.
Su base annua l’orzo è passato da 27.200 Lire/quintale del 1999 a 28.700 Lire/quintale nel
2000, con un incremento del 5,5%.
5.3 SOJA NAZIONALE
Quadro congiunturale poco attivo nel comparto della soja integrale nazionale (umidità 14%,
corpi estranei 2%) per le prime sedute dell’anno, quotata sotto le 40.000 Lire/q. Più vivace
il mercato nel mese di febbraio e marzo con prezzi al rialzo. (vedi grafico)
Nel secondo trimestre l’andamento favorevole, per la forte richiesta delle industrie
mangimistiche ha portato i listini a oscillare intorno alle 48.000 Lire/q.
MILANO 2000 - SOJA NAZIONALE
Lire/Kg
580
570
560
550
540
530
520
510
500
490
480
470
460
450
440
430
420
410
400
390
20/12/00
06/12/00
22/11/00
08/11/00
25/10/00
11/10/00
27/09/00
13/09/00
30/08/00
16/08/00
02/08/00
19/07/00
05/07/00
21/06/00
07/06/00
24/05/00
10/05/00
26/04/00
12/04/00
29/03/00
15/03/00
01/03/00
16/02/00
02/02/00
19/01/00
05/01/00
380
Il terzo trimestre è iniziato con prezzi in ribasso su tutte le principali piazze nazionali. Nelle
sedute del mese di luglio le quotazioni sono sempre state al di sotto delle 43.200 Lire/q
registrando un calo del 10% rispetto al mese di marzo. In controtendenza i mesi di agosto e
settembre durante questo periodo i prezzi hanno ricominciato a salire raggiungendo le
49.400 Lire/q (due sedute di settembre).
Andamento estremamente positivo nell’ultimo trimestre. La messa al bando delle farine
animali in seguito alla BSE e la forte richiesta delle industrie mangimistiche ha dato vivacità
al mercato.
25
I prezzi sono aumentati sensibilmente, su tutte le piazze principali nazionali,
raggiungendo le 56.900 Lire/q (Borsa di Milano, seduta del 13 dicembre).
La media annua dei prezzi della soja si è attestata a 46.700 Lire/q con un incremento del
33,8% rispetto all’anno precedente.
5.4 CRUSCA E CRUSCHELLO
Nel 2000, l’andamento dei prezzi del comparto della crusca è stato molto positivo, le
quotazioni si sono mantenute relativamente alte su tutti i principali mercati nazionali.
L’anno è iniziato con prezzi leggermente in salita, e alla fine di gennaio le crusche avevano
guadagnato 2.300 Lire/q, passando da 20.200 Lire/q a 22.500 Lire/q.
MILANO 2000 - CRUSCA E CRUSCHELLO
Lire/Kg
300
290
280
270
260
250
240
230
220
210
200
190
180
170
160
20/12/00
06/12/00
22/11/00
08/11/00
25/10/00
11/10/00
27/09/00
13/09/00
30/08/00
16/08/00
02/08/00
19/07/00
05/07/00
21/06/00
07/06/00
24/05/00
10/05/00
26/04/00
12/04/00
29/03/00
15/03/00
01/03/00
16/02/00
02/02/00
19/01/00
05/01/00
150
L’andamento è stato meno favorevole nei mesi di febbraio e marzo, durante il periodo i
listini hanno subito oscillazioni tra le 17.500 Lire/q e le 21.000 Lire/q.
Nel secondo trimestre, la situazione è rimasta favorevole (con quotazioni superiori alle
25.000 Lire/q) fino all’inizio di maggio, poi il listino è andato in caduta libera fino toccare
le 16.200 Lire/q perdendo praticamente quanto aveva guadagnato durante il mese di aprile.
Nel terzo trimestre il listino della crusca ha continuato a mantenersi su livelli molto bassi.
Gli operatori hanno dimostrato scarso interesse all’acquisto e i prezzi nel complesso sono
rimasti al di sotto delle 20.000 Lire/q.
Il divieto dell’uso delle farine animali ha dato poi ossigeno anche al comparto dei cruscami
e nel quarto trimestre i listini della crusca sono aumentati sensibilmente.
La ripresa della domanda e la scarsità dell’offerta hanno spinto la crusca di frumento tenero
oltre il livello delle 25.000 Lire/q.
26
I prezzi (Borsa di Milano) sono passati da 17.400 Lire/q (quotazione dell’11 ottobre) a
29.400 Lire/q (quotazione del 27 dicembre) guadagnando 12.000 Lire/q negli ultimi tre
mesi dell’anno e registrando un incremento del 69%.
Complessivamente anche la crusca ha mostrato un andamento positivo. La media annua dei
prezzi è passata da 17.600 Lire/quintale del 1999 a 20.600 Lire/quintale del 2000 (+ 17%).
27
6. LA STRUTTURA DEL SETTORE AGRICOLO NELL’UE (1987/1997)
Drastica riduzione della manodopera in agricoltura. Le nuove tecnologie e la
concentrazione degli allevamenti hanno incrementato fortemente la produttività.
La situazione dell’agricoltura comunitaria si è profondamente modificata negli ultimi trenta
anni.
La diminuzione del numero degli occupati nel settore agricolo e l’aumento del loro grado di
istruzione, la specializzazione crescente del settore, la ristrutturazione del patrimonio
zootecnico e la concentrazione dell’allevamento, hanno favorito la crescita della produttività
e la riduzione della manodopera agricola.
Nella Comunità Europea, un lavoratore agricolo su quattro è Italiano:
Nel 1997, il 25,6% dei lavoratori agricoli dell’UE-15 appartengono all’Italia, seguono
Spagna (15,6%), Francia (13,6%) e Germania (9,4%), insieme rappresentano oltre il 60%
dei lavoratori di tutta la Comunità.
Molto importante è anche la situazione in Grecia (8,5%) e Portogallo (7,4%).
In soli 10 anni, (1987 – 1997) il numero dei lavoratori del settore agricolo dell’UE-12 è
diminuito del 29%. Il calo più significativo si è registrato in Portogallo (-47%) dove si è
assistito ad un vero e proprio esodo dalle campagne, in Germania (-36%) in Francia (-34%)
e in Spagna (-32%), ribasso più limitato in Italia (-16%), in Olanda (-11%) e in Danimarca
(-12%).
Nell’UE, l’80% della manodopera è familiare:
L’agricoltutra europea è caratterizzata dalla forte presenza di manodopera famigliare.
Nel 1997, la manodopera famigliare rappresentava l’80% della manodopera totale dell’UE15. In alcuni paesi della Comunità, la manodopera famigliare, è stata addirittura superiore al
90%: in Austria (91%), in Irlanda (93%) e in Finlandia (95%). Meno marcata nel Regno
Unito (62%) e in Danimarca (60%).
La manodopera non famigliare, impiegata occasionalmente, nel 1997 (per conto terzi),
rappresentava solo il 10 % della manodopera totale dell’UE-15. Poco superiore in Spagna
(17%), in Italia (12%) e in Grecia (11%).
Il settore agricolo europeo è caratterizzato anche dall’età avanzata degli occupati. Nel 1997,
oltre il 38% degli occupati permanenti in agricoltura supera i 55 anni; Grecia ed Italia in
testa con oltre il 46%, la Spagna si ferma al 39,1%, Francia, Olanda e Finlandia sono
allineati al 25%, l’Austria non supera il 20%.
28
Manodopera agricola nell’UE-15 (1987/1997)
Occupati Variazione Manodopera
Manodopera non
in
famigliare
Famigliare Totale
Agricoltura
Totale
1997 (%)
1997
1987/97
1997
Regolare Occasional
%
%
e
Italia
Spagna
Francia
Germania
Grecia
Portogallo
Regno Unito
Olanda
Irlanda
Austria
Finlandia
Danimarca
Belgio
Svezia
Lussemburgo
UE-15
1.798.000
1.099.000
958.000
657.000
597.000
520.000
416.000
209.000
202.000
178.000
126
98.000
79.000
82.000
5.000
7.023.000
-16
-32
-34
-36
-30
-47
-21
-11
-20
:
:
-12
-22
:
-25
-29
85,7
70,8
77,0
72,0
87,6
82,7
62,3
73,7
93,0
90,9
95,0
60,4
87,4
76,8
86,0
79,2
2,8
11,9
14,7
25,7
1,1
8,7
33,2
21,1
4,4
7,7
1,6
35,2
10,9
19,5
12,0
11,5
11,5
17,2
8,3
2,3
11,3
8,6
4,5
5,2
2,5
1,4
3,4
4,4
1,7
3,7
2,0
9,3
Manodopera
> a 55 anni
di età
1997
46,8
39,1
25,4
29,7
46,5
51,9
31,4
24,5
36,4
21,3
23,5
27,7
28,3
34,1
30,7
38,3
Concentrazione degli allevamenti nell’UE, ma forte diversità nazionale:
Tra il 1987 ed il 1997 il numero delle vacche da latte è sensibilmente diminuito nell’UE (23,7%), in conseguenza delle quote stabilite nel 1984. (vedi tabella)
L’andamento negativo è generalizzato a tutti i paesi membri, costretti a diminuire la loro
produzione per via del surplus produttivo della Comunità.
Tra i principali bacini di produzioni, i ribassi più significativi si sono registrati in Belgio (31,2%), in Spagna (-29,7%) in Francia (-27,8%), in Germania (-23,7%) e in Olanda (21,8%). In Italia il numero delle vacche da latte si è ridotto del 21,1%.
Nello stesso periodo la classe d’ampiezza media nazionale è aumentata (+24,9 capi per
allevamento). In dettaglio, è il Regno Unito in testa con una media di capi allevati per
allevamento di 68,2, seguono la Danimarca con 50,8 capi e l’Olanda con 44,1 capi. L’Italia,
nel 1997, presenta una media di 21 capi per allevamento.
29
Il settore suinicolo, nel periodo considerato ha avuto un trend variabile a secondo del paese.
Tra i principali paesi di produzione, una forte riduzione si è registrata in Germania (-24,4%)
ed in Olanda (-15,8%), mentre l’incremento è stato esplosivo in Francia (+23,4%) ed in
Spagna (+11,6%).
Positivo l’andamento in Danimarca (+20,7%) e in Belgio (+10,8%), pressoché stabile il
parcosuinicolo in Italia (+0,8%). Anche la classe media d’ampiezza è molto variabile; si
passa da 176 capi/allevamento dell’Olanda ai 7 capi per allevamento del Portogallo.
Considerando la situazione italiana, la classe media d’ampiezza di allevamento si attesta a
24,2 capi per allevamento. (vada tabella)
Vacche Lattifere
Ovini
Suini
Evoluzione
Classe
Evoluzione
Classe
Evoluzione
Classe
del
d’ampiezza
del
d’ampiezza
del
d’ampiezza
patrimonio
media
patrimonio
media
patrimonio
media
1987/97
1997
1987/97
1997
1987/97
1997
%
capi
%
capi
%
capi
Italia
Spagna
Francia
Germania
Grecia
Portogallo
Regno Unito
Olanda
Irlanda
Austria
Finlandia
Danimarca
Belgio
Svezia
Lussemburgo
UE-15
-21,1
-29,7
-27,8
-23,7
-39,2
-11,4
-18,5
-21,8
-17,2
:
:
-17,3
-31,2
:
-28,2
7.023.000
21,0
13,2
29,8
28,3
7,6
8,0
68,2
44,1
33,1
8,4
12,7
50,8
32,3
29,6
36,2
+33,9
-1,1
-5,6
+34,1
+1,0
+13,1
+9,4
+48,8
+61,2
:
:
+41,3
-16,8
:
+29,9
-29
84,6
191,3
98,2
56,5
56,1
39,3
488,7
74,2
182,3
20,4
39,9
36,8
30,9
46,9
34,8
+0,8
+11,6
+23,4
-24,4
-11,7
+5,8
+0,8
-15,8
+86,1
:
:
+20,7
+10,8
:
-17,2
79,2
24,2
32,2
77,2
40,4
11,8
7,1
89,7
175,6
95,3
16,6
39,4
107,3
93,2
45,2
37,8
38,3
30
7. IL COMPARTO SUINICOLO DELL’UE NEL 2000
Patrimonio suinicolo in contrazione (-1,1%). In controtendenza la Danimarca con +6,1%.
Nel 2000, il patrimonio suinicolo dell’UE ha subito una leggera flessione. Il calo della
produzione comunitaria ha dato equilibrio ai mercati europei e i prezzi hanno evidenziato un
andamento positivo che non si vedeva dal 1997. Le prospettive di produzione sono in
diminuzione anche per il 2001 e ciò fa pensare ad un mercato ancor più equilibrato.
7.1 LA PRODUZIONE
Sul piano numerico, nel 2000, il parco suinicolo dell’EU-15, si è attestato a 122.896.000
capi, con un leggero calo (-1,1%) rispetto al 1999 (vedi tabella).
Il parco riproduttori, si è posizionato a quota 12.502.000 scrofe, (- 0,7% rispetto all’anno
precedente), ciò fa pensare ad una ulteriore riduzione della consistenza suinicola europea
anche nel 2001.
Consistenza del patrimonio suinicolo nell’Ue (2000)
SUINI
Germania
Spagna
Francia
Olanda
Danimarca
Italia
Belgio
Regno Unito
Austria
Portogallo
Svezia
Irlanda
Finlandia
Grecia
Lussemburgo
UE-15
2000
n°
25.775.000
22.435.000
1.5921.000
12.822.000
12.642.000
8.329.000
7.266.000
5.948.000
3.348.000
2.338.000
1.896.000
1.731.000
1.456.000
906.000
83.000
VAR
1999
%
-0,9
+0,1
-0,5
-2,4
+6,1
-0,9
-0,8
-15,5
-2,5
-0,5
-6,2
-1,8
-2,5
=
+1,2
122.898.000
-1,1
SCROFE
VAR
2000
1999
%
2.527.000
-2,1
2.478.000
+2,0
1.457.000
-0,7
1.272.000
-3,6
1.344.000
+7,0
708.000
+0,6
715.000
-0,7
653.000
-12,9
324.000
-2,7
324.000
-0,9
206.000
=
185.000
-0,5
181.000
-2,7
120.000
=
8.000
-11,1
12.502.000
-0,7
SCROFE COPERTE
VAR
2000
1999
%
1.749.000
-1,1
1.636.000
+3,2
1.030.000
-0,1
834.000
-3,7
861.000
+6,6
557.000
+0,7
546.000
+0,6
461.000
-11,9
222.000
-0,4
198.000
-1,0
142.000
-2,1
133.000
+0,8
133.000
-0,7
71.000
=
6.000
-14,3
8.579.000
-0,1
In controtendenza rispetto ai valori europei la situazione della Danimarca che, nonostante i
problemi di carattere sanitario, aumenta sia il patrimonio suinicolo (+ 6,1%), che il parco
31
riproduttori delle scrofe (+7%). La produzione danese si avvicina così rapidamente a quella
olandese e, essendo quest’ultima in calo, tende a superarla.
Dei ben noti problemi sanitari, la situazione è stata particolarmente difficile nel Regno
Unito; il parco suinicolo inglese si è ridotto del 15,5%, forte diminuzione anche nel
comparto delle scrofe (-12,9%), ciò porterà inevitabilmente ad una sensibile contrazione del
settore anche nel 2001.
I maggiori produttori europei, Germania (-0,9), Spagna (+0,1%), Francia (-0,5%), Italia
(-0,9%) e Belgio (-0,8%) sono rimasti pressoché invariati. In Spagna ed in Italia il numero
delle scrofe è aumentato rispettivamente del 2% e dello 0,6% ciò dovrebbe portare ad un
timido rilancio della produzione.
Continua la contrazione del patrimonio suinicolo Olandese che perde il 2,4% rispetto al
1999. Le esigenze di salvaguardia ambientale hanno costretto il governo dei paesi bassi ad
imporre normative molto restrittive in materia di smaltimento e spandimento delle deiezioni
zootecniche, ciò ha fatalmente portato ad una contrazione anche del patrimonio suinicolo.
32
8.
DISTRIBUZIONE E CARATTERISTICHE
SUINICOLA NELL’UE
DELLA
PRODUZIONE
Il 70% della produzione suinicola dell’UE è concentrato in cinque Stati Membri.
In questi paesi la densità di allevamento è superiore al livello generalmente considerato
sostenibili dal punto di vista ambientale.
La produzione comunitaria è fortemente concentrata in alcune zone. Il 70% della
popolazione suinicola proviene da cinque Stati membri, il 21% dalla sola Germania.
All’interno di questi Stati membri, la concentrazione in determinate regioni fa sì che un
notevole numero di suini viva in stretta vicinanza.
In Spagna, ad esempio, un terzo della popolazione suinicola totale è localizzata in
Catalogna, in Belgio il 95% si trova nella Regione fiamminga, nei Paesi Bassi il 90% vive
nelle regioni orientali e meridionali e in Germania il 65% è concentrato nei tre Lander della
Baviera, Bassa Sassonia e Renania settentrionale - Vestfalia. In tutte queste zone, ad
eccezione della Catalogna, la densità negli allevamenti supera il livello generalmente
considerato sostenibile da un punto di vista ambientale (1,4 UB/ha).
Più in generale, la suinicoltura è diventata altamente specializzata: i suinetti vengono
svezzati precocemente e commercializzati al minor costo e peso possibili. Ingrassati
mediante una dieta standard fino a un determinato peso e in base a cicli di produzione
rigidamente stabili, vengono poi venduti sul mercato libero e destinati al consumo nell’UE o
all’esportazione. Questo tipo di produzione è redditizio unicamente su una scala sempre più
vasta giacché i margini sono strettissimi per effetto della concorrenza interna e estera.
Ciò ha determinato un forte incremento del numero medio di suini allevati per azienda e
della percentuale di aziende di grandi dimensioni. Durante il periodo l990 - 1995 il numero
medio di suini per azienda è cresciuto del 68% in Belgio, del 59% in Spagna e del 36% nei
Paesi Bassi. In Germania tale crescita è stata meno marcata (19%) a causa delle
ristrutturazioni avvenute dopo la riunificazione.
La specializzazione attuata in taluni Stati membri, come nei Paesi Bassi, comporta il
trasferimento dei suinetti dall’azienda che li ha prodotti a quella che provvederà ad
ingrassarli, nei sistemi a ciclo chiuso, come quelli prevalenti in Danimarca, vengono
limitati al massimo il numero degli spostamenti e di conseguenza il rischio epidemiologico.
Le autorità dei Paesi Bassi sono ben consapevoli delle ripercussioni di una suinicoltura
altamente intensiva e hanno di recente varato una normativa intesa a ridurre il numero di
suini. A partire dal 1998 è stato introdotto un sistema che fissa un numero massimo di suini
che ogni azienda ha il diritto di allevare; il sistema impone una generale riduzione del 10%
del numero di suini per azienda. Dal 1° gennaio 2000, i massimali assegnati per il 1998
dovranno essere ridotti del 15%.
33
In aggiunta l’impatto finanziario di ogni futura epidemia (ad esempio, la peste suina classica
del “97) sulle casse dello Stato verrà limitato grazie ad un prelievo a carico dei suinico1tori
introdotto nel 1998 per coprire i costi della lotta contro le epizoozie negli allevamenti di
suini. Le organizzazioni dei produttori di carni suine hanno fatto ricorso, con successo
contro queste normative.
Agli inizi del 2000 il Governo olandese ha sottoposto all’approvazione del parlamento
nazionale un nuovo progetto di normativa. Secondo le autorità olandesi, questa nuova
proposta ha tenuto conto dell’esito dei procedimenti giudiziari.
34
9. LA PRODUZIONE SUINICOLA DELL’UE NEL 2000
In flessione la produzione di carne suina (-3%). Ma l’offerta è ancora superiore alla
domanda.
Nel 2000, la produzione suinicola dell’Unione Europea è diminuita del 3% rispetto al 1999.
Malgrado questo ribasso, le tonnellate di carne suina prodotte sono state molto elevate
rispetto al fabbisogno della Comunità.
A partire da ottobre, la crisi del settore bovino, conseguente all’individuazionedi casi di
BSE ha spinto parte dei consumatori verso la carne di maiale, ha sbilanciato l’equilibrio
domanda/offerta
Produzione suinicola nell’unione europea nel 2000
REGIONI
UE
1999
n°
PRODUZIONE SUINICOLA
VARIAZ.
2000
2000/99
n°
%
GERMANIA
41.880.000
40.696.000
-2,8
SPAGNA
35.188.000
35.128.000
-0,2
FRANCIA
27.059.000
26.648.000
-1,5
PAESI BASSI
23.479.000
22.654.000
-3,5
DANIMARCA
22.873.000
22.414.000
-2,0
REGNO UNITO
14.716.000
12.372.000
-15,9
ITALIA
11.855.000
11.895.000
+0,3
BELGIO
10.917.000
11.173.000
+2,3
AUSTRIA
5.234.000
5.062.000
-3,3
PORTOGALLO
4.965.000
4.930.000
-0,7
IRLANDA
3.547.000
3.273.000
-7,7
SVEZIA
3.798.000
3.250.000
-14,4
GRECIA
2.180.000
2.197.000
+0,8
FINLANDIA
2.173.000
2.052.000
-5,6
132.000
136.000
+3,0
209.996.000
203.880.000
-2,9
LUSSEMBURGO
TOTALE UE-15
Elaborazioni ERSAL da fonte Eurostat
L’andamento della produzione è stato diverso nei vari paesi europei.
Il primo produttore rimane ancora la Germania con 40.696.000 maiali, ma con un calo del
3% circa. La produzione tedesca, in flessione da diversi anni, rischia negli anni a venire di
essere superata da quella spagnola.
Con 35.128.000 suini prodotti, la Spagna è il secondo produttore europeo. Durante il 2000,
ha mantenuto lo stesso livello produttivo dell’anno precedente (-0,2%); ciò si è verificato in
quanto la crisi del 1999 che ha fermato la crescita continua che veniva registrata ormai, da
diversi anni.
35
Deficitaria per un terzo del suo fabbisogno, l’Italia non ha dato comunque segnali di
crescita. La sua produzione nel 2000, è rimasta pressoché invariata rispetto al 1999.
Significativo, il calo registrato in Olanda (-3,5%), Danimarca (-2,0%) e Francia (-1,5%).
La Francia, subisce il primo stop, dopo quindici anni di crescita continua e la sua
produzione ritorna al di sotto di 27.000.000 capi. Per la Danimarca il calo produttivo è
momentaneo. L’incremento del patrimonio suinicolo in generale e del parco riproduttori in
particolare, registrati nel 2000, porteranno questo paese, nel 2001, ad una forte ripresa.
Il Belgio ha segnato nell’anno un aumento del 2%. Con evidenza ha ritrovato il livello
normale di produzione dopo il disastro della diossina.
In forte difficoltà il Regno Unito, a causa principalmente della sua scarsa competitività. La
produzione inglese, nel 2000, ha perso quasi il 16%. All’inizio del 2001 l’epidemia dell’afta
epizootica, ha aggravato la situazione, rendendo ancora più incerto il futuro degli allevatori
britannici.
36
10. IL MERCATO SUINICOLO DELL’UE NEL 2000
Forte aumento dei prezzi dei suini vivi e della carne suina, in tutti i paesi europei. Al bando
le farine di carne nall’alimentazione dei suini.
Nel 2000, forte aumento dei prezzi dei suini vivi e della carne suina, in tutti i paesi della
Comunità Europea (+26,8).
L’aumento dei prezzi è stato più sensibile in Olanda (+35,7%) e Belgio (+36,1%), seguono
la Danimarca (+27%), la Spagna (+27%), la Germania (+26%) e la Francia (+22%).
Meno marcato l’aumento nel nostro paese (+19%).
Prezzi sui mercati suinicoli europei
REGIONI
UE
1999
PREZZI DEI SUINI
2000
VARIAZ.
2000/99
%
GERMANIA (DM)
2,24
2,82
+25,9
SPAGNA (Pts)
187
237
+26,7
FRANCIA (FF)
7,50
9,16
+22,9
PAESI BASSI (FI)
2,07
2,81
+35,7
DANIMARCA (CD)
7,76
9,86
+27,1
REGNO UNITO (£ St.)
0,80
0,96
+20,0
ITALIA (Lire)
2562
3041
+18,7
BELGIO (FB)
41,03
55,85
+36,1
AUSTRIA (Sh.)
15,92
19,72
+23,9
PORTOGALLO (Esc.)
241
300
+24,5
IRLANDA (£ Irl.)
0,82
1,02
+24,4
SVEZIA (Sek)
10,79
12,39
+14,8
GRECIA (Dra)
487
566
+16,2
FINLANDIA (MF)
7,07
8,01
+13,3
56,88
65,16
+14,6
1,12
1,42
+26,8
LUSSEMBURGO (Flux)
MEDIA UE-15 (Ecu)
Elaborazioni ERSAL da fonte Eurostat
10.1 La produzione è stata ridotta dalla crisi:
Nel 2000, la produzione di carne suina nell’UE è diminuita del 3% rispetto al 1999,
ritornando agli stessi livelli produttivi del 1998.
Il benefici registrati sul mercato sono stati significatici, ciò hanno concorso oltre al calo
produttivo anche l’elevato aumento dei consumi e il mantenimento dell’esportazione verso i
paesi terzi, malgrado la soppressione pressoché totale delle restituzioni.
37
Nell’autunno 2000, la diffidenza dei consumatori verso la carne bovina, in conseguenza
all’esplosione dell’BSE (Encefalopatia Spongiforme Bovina) ha spostato la domanda verso
la carne suina, ovina e avicunicola. Il consumo di carne bovina si è ridotto del 30% in
Francia, del 50% in Germania e Spagna e fino al 60% in Italia.
10.2 Esportazioni:
Le esportazioni nel 2000, si sono mantenute sugli stessi livelli del 1999, (1.500.000 tonn di
carne suina).
Il Giappone, principale mercato di esportazione della Danimarca, in seguito ai problemi
sanitari che si sono verificati nella Corea del Sud, ha aumentato sensibilmente nel 2000 la
quota di importazione di carne suina.
Nel 2000, il Giappone ha importato dall’UE 360.000 tonn di carne (278.000 solo dalla
Danimarca) di cui l’88% è costituito da pezzi staccati disossati.
La Russia, nella seconda metà dell’anno, ha importato massicciamente da alcuni paesi
dell’UE, ciò ha permesso alla Comunità di alleggerire il tasso di produzione interna.
Nel 2000, la russia ha importato dall’Ue, 462.000 tonn di carne suina di cui il 57% di
carcasse.
A partire dalla metà del ‘99 sono state ridotte le super restituzioni, per l’aiuto alimentare
speciale alla Russia.
Per cui nel 2000, più dell’80% dell’esportazione europea è stata realizzata senza
restituzione.
Nella seconda metà del 2000, malgrado l’aumento dei prezzi, la competitività dell’UE ha
beneficiato dell’elevata quotazione del dollaro e degli alti prezzi che sono stati registrati sul
mercato del Blocco Nord Americano.
10.3 Importazioni:
Le importazione da parte dell’UE dai paesi terzi, sono state limitate (circa 60.000 tonn di
carne suina importata), inferiori quindi alle quantità importate nel 1999.
38
11. LA SPESA SANITARIA DELL’UE
Bilancio in rosso della Comunità per misure eccezionali di sostegno al mercato. Rischi
elevati in una zootecnia altamente intensiva.
L’organizzazione comune del mercato nel settore delle carni suine fornisce normalmente
un sostegno al mercato soltanto di limitata entità.
In caso di epidemie (ad esempio, peste suina classica (PSQ)), la spesa sostenuta dalla
Comunità per le misure eccezionali di sostegno e per la bonifica sanitaria comporta un
enorme incremento dell’onere a carico del bilancio.
Ai bilanci 1997 e 1998, sono stati complessivamente imputati 570 Mio ECU per misure
eccezionali di sostegno del mercato e 80,5 Mio ECU per misure di carattere sanitario.
Numero di suini abbattuti nel quadro delle misure eccezionali di sostegno del mercato
nell’UE (1997 - 1998)
Spagna
Olanda
Germania
Belgio
Regolamento
(CE)
n° 2375/98
Regolamento
(CE)
n° 541/98
Regolamento
(CE)
n° 1030/97
Regolamento
(CE)
n° 1497/97
510.000
3.800.000
158.000
94.000
4.562.000
-
2.730.000
-
-
2.730.000
Suini all’ingrasso
695.000
2.585.000
102.500
84.000
3.466500
Scrofe di riforma
11.000
25.000
-
-
36.000
Suini Razza Iberica
11.500
-
-
-
11.500
1.227.500
9.140.000
260.500
178.000
Suinetti
Lattonzoli
Totale
Totale
10.806.000
Elaborazione Ersale - Fonte: DG VI D3 per le misure di mercato.
In seguito all’epidemia di peste suina classica del 1997/98 verificatesi in Olanda, sono state
ritirate dal mercato circa 12 milioni di suini, ciò ha portato ad una riduzione dell’offerta pari
a 1 milione di tonnellate di carne di maiale.
È noto che per avere accesso ai mercati mondiali, le carni suine devono provenire da una
zona di elevato livello sanitario, (come definito dall’Ufficio internazionale delle epizoozie)
vale a dire indenne, tra l’altro, dalla peste suina classica.
39
12. BILANCIO DI APPROVVIGIONAMENTO DEL SETTORE SUINICOLO
NELL’UE (1990 - 1999)
Bilancio positivo. In crescita produzione, consumi ed esportazione. In calo esportazione di
suini vivi e importazione di carne suina.
12.1 Produzione di carne suina:
Nel periodo, 1990/1999, la produzione di carne suina nell’UE, è progressivamente
aumentata. Considerando l’UE-15, tra il 1994 ed il 1999, la produzione ha avuto un
incremento di circa 1.700.000 tonnellate.
I due paesi che hanno fatto registrare gli aumenti più importanti sono stati la Spagna
(+1.146.1 00 tonnellate di carne e la Francia (+556.000 tonnellate).
Cospicui gli incrementi di produzione di Danimarca (+501.000 tonnellate di carne) e
Belgio (+307.000).
In Germania, la produzione di carne suina è salita di 837.800 tonnellate, ma ciò assume
poca rilevanza in conseguenza dell’unificazione.
Produzione interna lorda di carne suina nell'UE (*1000 t)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
747,0
893,0
934,0
976,0
992,0 1.029,0 1.050,0 1.042,0 1.095,0 1.054,3
Belgio e
Lussemburgo
Danimarca
1.208,0 1.272,0 1.383,0 1.524,0 1.539,0 1.517,0 1.527,0 1.574,0 1.698,0 1.709,0
Germania
3.142,0 3.785,9 3.467,4 3.574,0 3.461,5 3.429,6 3.435,4 3.505,3 3.745,9 3.979,8
Grecia
146,7
152,8
153,0
147,0
142,2
143,8
141,4
143,8
141,9
139,3
Spagna
1.771,8 1.868,8 1.902,0 2.065,3 2.197,3 2.171,6 2.360,8 2.420,7 2.749,2 2.918,1
Francia
1.817,0 1.860,0 1.950,0 2.134,0 2.117,0 2.140,0 2.148,9 2.228,4 2.333,1 2.373,9
Irlanda
160,0
169,0
189,0
201,0
207,0
207,0
221,0
243,0
251,0
256,0
Italia
1.211,0 1.224,0 1.228,0 1.265,0 1.295,0 1.276,0 1.349,0 1.355,0 1.330,0 1.391,0
Olanda
1.904,0 1.806,0 1.865,0 1.972,0 1.927,0 1.885,0 1.895,0 1.402,0 1.826,0 1.851,0
Austria
:
:
:
475,8
473,0
453,7
461,9
465,4
488,1
500,0
278,0
263,0
265,0
304,0
301,0
284,0
292,0
306,0
332,0
333,0
Finlandia
:
:
:
:
170,7
167,6
171,8
179,7
184,5
181,9
Svezia
:
:
:
:
307,7
310,5
320,6
332,4
332,8
329,1
Portogallo
Regno Unito
UE-15
952,6
:
994,8 1.007,0 1.013,5 1.053,9 1.009,8
:
:
993,4 1.092,4 1.149,8 1.044,0
: 16.184,3 16.024,6 16.368,2 16.290,1 17.657,3 18.060,4
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
L’Italia, nello stesso periodo, nonostante la non autosufficienza, ha registrato un percorso
pressoché stabile, con un incremento di produzione di solo 200 tonnellate di carne suina.
40
12.2 Consumo totale e procapite di carne suina:
Tra il 1990 ed il 1999, il consumo totale di carne suina nell’UE è aumentato sensibilmente.
Nel 1999, nella UE-15 sono stati consumate 18.060.400 tonnellate di carne suina, livello
mai raggiunto.
I livelli più alti di consumo si evidenziano in Germania, con oltre 4.000.000 tonnellate, in
Spagna, con 2.600.000 tonnellate e Francia con 2.300.000 tonnellate di carne suina. Questi
paesi sono anche i maggiori produttori della Comunità. Segue l’Italia con 2.000.000
tonnellate.
Consistente anche il consumo interno di Olanda, Danimarca e Belgio.
Negli altri paesi dell’UE-15 il consumo interno di carne suina è sensibilmente più modesto.
Consumo totale di carne suina nell'UE (*1000 t)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Lussemburgo
465,0
497,0
526,0
524,0
514,0
491,0
496,0
454,0
489,0
474,7
Danimarca
330,0
334,0
334,0
334,0
329,0
335,0
340,0
301,0
334,0
349,0
Belgio e
Germania
Grecia
3.643,5 4.383,8 4.387,6 4.553,9 4.520,4 4.482,2 4.482,1 4.412,8 4.597,5 4.661,6
213,1
210,2
236,0
227,5
236,3
258,9
258,2
259,9
277,1
339,2
Spagna
1.833,6 1.926,2 1.939,0 2.048,5 2.123,9 2.161,0 2.199,4 2.235,5 2.556,2 2.601,6
Francia
2.101,0 2.110,0 2.148,0 2.194,0 2.089,0 2.083,0 2.096,6 2.071,2 2.243,7 2.247,2
Irlanda
Italia
124,0
134,0
132,0
127,0
132,0
136,0
137,0
140,0
137,0
135,0
1.814,0 1.833,0 1.900,0 1.918,0 1.899,0 1.894,0 2.006,0 1.978,0 2.122,0 2.081,0
Olanda
681,0
663,0
670,0
690,0
681,0
714,0
755,0
634,0
668,0
654,0
Austria
:
:
:
466,0
448,8
457,3
460,7
451,3
463,8
467,3
296,0
288,0
300,0
329,0
345,0
344,0
367,0
379,0
419,0
434,0
Finlandia
:
:
:
:
152,0
164,0
169,9
166,0
175,2
177,5
Svezia
:
:
:
:
:
317,0
312,8
319,0
334,0
326,1
Portogallo
Regno Unito
UE-15
1.381,4 1.375,0 1.352,9 1.353,7 1.385,7 1.352,9 1.404,7 1.375,8 1.410,6 1.361,8
:
:
:
:
: 15.190,3 15.485,4 15.177,5 16.227,1 16.310,0
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
Procapite, ogni cittadino dell’UE consuma mediamente oltre 43 chili di carne suina, contro
i 21 chili di carne avicola, 20 chili di carne bovina e 3,7 chili di carne ovi-caprina.
Spagna, Danimarca e Germania mostrano i livelli più elevati rispettivamente con 66,1,
65,8 e 56,8 chili/procapite/anno.
Rilevanti anche i tassi di Francia (37,2 chili/procapite/anno), Olanda (41,6) e Belgio
(44,6).
41
In Italia, negli ultimi anni, il consumo di carne suina si è attestato sopra i 35
chili/procapite/anno. A differenza dei maggiori patners europei, l’Italia è un paese
deficitario di carne suina, il rapporto produzione/consumo è fortemente sbilanciato verso
quest’ultimo.
Consumo di carne suina nell'UE (Kg/procapite/anno)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Belgio e
Lussemburgo
45,0
47,9
50,5
50,1
48,9
46,6
47,0
42,9
46,1
44,6
Danimarca
64,2
64,9
64,7
64,5
63,3
64,2
64,8
57,1
63,1
65,8
Germania
58,2
55,0
54,6
56,3
55,6
55,0
54,8
53,8
56,0
56,8
Grecia
21,1
20,6
22,9
22,0
22,7
24,8
24,7
24,8
26,4
32,3
Spagna
49,0
51,4
51,6
54,5
56,5
57,4
58,4
59,3
66,3
66,1
Francia
37,1
37,1
37,5
38,1
36,2
35,9
36,0
35,4
37,7
37,2
Irlanda
35,3
38,1
37,3
35,6
36,9
37,8
37,9
38,4
37,2
36,3
Italia
32,0
32,3
33,4
33,7
33,2
33,1
35,0
34,4
36,3
35,1
Olanda
45,7
44,2
44,3
45,3
44,4
46,3
48,7
40,7
42,7
41,6
Austria
:
:
:
58,6
56,0
56,9
57,2
56,0
57,4
57,8
Portogallo
29,9
29,1
30,4
33,3
34,9
34,7
38,1
38,1
42,1
43,5
Finlandia
:
:
:
:
29,9
32,2
33,2
32,3
34,0
34,4
Svezia
:
:
:
:
:
36,1
35,6
36,1
37,7
36,8
24,1
23,8
23,4
23,3
23,8
23,2
23,7
23,4
23,9
23,0
:
:
:
:
:
41,7
42,5
40,9
43,4
43,7
Regno Unito
UE-15
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
42
12.3 Tasso di autoapprovvigionamento:
Il tasso di autosufficienza di carne suina nell’UE ha mostrato nel complesso un trend al
rialzo, raggiungendo il 110,7% nel 1999. Offerta ampiamente superiore alla domanda.
Nel dettaglio, la Danimarca è nettamente in testa con un tasso di autoapprovvigionamento
di circa il 500%, segueno l’Olanda 283% e Belgio 222%.
Tasso di autoapprovvigionamento nell'UE (%)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Lussemburgo
160,6
179,7
177,6
186,3
193,0
209,6
211,7
229,5
223,9
222,1
Danimarca
366,1
380,8
414,1
456,3
467,8
452,8
449,1
522,9
508,4
489,7
Germania
86,2
86,4
79,0
78,5
76,6
76,5
76,9
79,4
81,5
85,4
Grecia
68,9
72,7
64,8
64,6
60,2
55,5
54,8
55,3
51,2
41,1
Spagna
96,6
97,0
98,1
100,8
103,5
104,4
107,3
108,3
107,6
112,2
Francia
86,5
88,2
90,8
97,3
101,3
102,7
102,5
107,6
104,0
105,6
Irlanda
129,0
126,1
143,2
158,3
156,8
152,2
161,3
173,6
183,2
189,6
66,8
66,8
64,6
66,0
68,2
67,4
67,5
68,5
62,7
66,8
Olanda
279,6
272,4
278,4
285,8
283,0
264,0
251,0
221,1
273,4
283,0
Austria
:
:
:
102,1
105,4
99,2
100,3
103,1
105,2
107,0
93,9
91,3
88,3
92,4
87,2
82,6
77,2
80,7
79,2
76,7
Finlandia
:
:
:
:
112,3
102,0
101,2
108,2
105,3
102,5
Svezia
:
:
:
:
:
97,7
101,9
104,2
99,6
100,9
69,0
72,3
74,4
74,9
76,1
74,6
71,5
79,4
81,5
76,7
:
:
:
:
106,0
105,7
107,3
108,8
110,7
Belgio e
Italia
Portogallo
Regno Unito
UE-15
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
Forte crescita di Spagna e Francia che, nel decennio considerato, raggiungono
l’autosufficienza e si propongono come futuri esportatori.
La Germania, pur essendo il primo produttore europeo, non raggiunge l’autosufficienza ed
è costretta ad importare per coprire il fabbisogno interno.
Il trend italiano, negli ultimi dieci anni, è rimasto invariato (il valore del 1999 è esattamente
uguale al valore del 1990) con il 66,8%, di autoapprovvigionamento.
43
12.4 Esportazione di carne suina:
Dal 1990 al 1999, la curva di esportazione della Comunità europea è decisamente positiva.
Nel 1999, sono stati esportati oltre cinque milioni di tonnellate di carne suina con un
incremento del 26,8% rispetto al 1996 (anno in cui si è formata l’UE-15).
Considerando l’UE-12 la progressione è ancora più marcata.
Esportazione totale di carne suina dell'UE (*1000 t)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Lussemburgo
394,0
477,0
492,0
549,0
582,0
928,0
656,0
676,0
698,0
623,5
Danimarca
872,0
967,0 1.027,0 1.149,0 1.238,0 1.179,0 1.142,0 1.297,0 1.298,0 1.374,0
Germania
387,0
254,4
159,1
204,4
240,4
226,9
221,3
261,6
379,0
518,1
Grecia
0,9
0,8
1,6
3,5
3,6
2,6
251,4
3,0
8,6
2,4
Spagna
9,5
15,1
31,8
68,1
116,6
143,9
4,0
255,1
277,6
394,3
Francia
210,0
252,0
295,0
367,0
453,0
506,0
541,0
585,4
568,8
632,1
Irlanda
53,0
66,0
94,0
100,0
102,0
99,0
103,0
109,0
135,0
148,0
Italia
41,0
44,0
46,0
56,0
67,0
77,0
90,0
98,0
96,0
123,0
Olanda
1.027,0
998,0
991,0 1.126,0 1.080,0
992,0
972,0
Austria
:
:
:
13,6
25,8
37,9
59,4
77,7
95,8
134,9
5,0
6,0
5,0
7,0
8,0
10,0
11,0
13,0
14,0
13,0
Finlandia
:
:
:
:
21,5
19,7
17,9
24,1
20,7
23,1
Svezia
:
:
:
:
:
23,9
37,0
47,0
40,8
48,6
58,8
82,9
97,7
115,8
136,7
160,1
167,4
236,8
287,1
241,2
:
:
:
:
:
Belgio e
Portogallo
Regno Unito
UE-15
847,0 1.080,0 1.142,0
: 4.273,4 4.530,7 4.999,4 5.418,2
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
La Danimarca è il principale paese esportatore (oltre un milione di tonnellate di carne)
tuttora comunque in crescita ed è passata dalle 872.000 tonn di carne suina esportate del “90
alle 1.374.000 tonn del “99 con un incremento del 57,6%.
I paesi terzi sono suoi clienti per il 46% dell’esportazione totale, mentre il rimanente 54%
viene distribuito all’interno dei paesi dell’UE.
Al secondo posto troviamo l’Olanda. Il percorso olandese (in questo decennio) è stato
molto difficile in seguito ai diversi problemi sanitari, ciò ha condizionato negativamente
tutto il settore. Nel 1990/91 la quantità di carne esportata dall’Olanda era superiore a quella
danese, dal 93 la situazione si è invertita.
Il 90% dell’esportazione olandese avviene all’interno dell’UE.
Al contrario la Francia dirige il 60% della carne suina prodotta al di fuori dei confini
dell’Unione.
Il trend della Spagna, nel periodo considerato, è stato assolutamente esplosivo. La
produzione spagnola è passata da 9.500 tonn del “90 alle 394.300 tonn del “99. L’83% del
prodotto spagnolo viene esportato all’interno dell’UE.
44
Positivi anche i risultati raggiunti dall’Italia, che triplica le quantità esportate passando
dalle 41.000 tonn del “90 alle 123.000 tonn del “99. Bisogna chiarire, le derrate che escono
dal nostro paese sono costituite essenzialmente da prodotti trasformati (prosciutti e salumi
vari), destinati principalmente ai mercati europei. Il 73,2% della quantità totale viene
esportata all’interno della Comunità e solo il 26,8% in altri paesi (Giappone, Stati Uniti
ecc.).
Esportazione di carne suina all'interno dell'UE (*1000 t)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Lussemburgo
382,0
465,0
478,0
516,0
547,0
591,0
598,0
582,0
609,0
576,6
Danimarca
561,0
610,0
702,0
729,0
718,0
799,0
741,0
834,0
803,0
741,0
Germania
139,0
139,3
147,3
142,7
152,9
181,6
194,7
231,3
307,7
342,6
0,2
0,2
0,2
0,1
0,2
0,6
224,8
0,2
0,1
0,1
Belgio e
Grecia
Spagna
5,7
11,0
26,8
59,4
102,8
128,6
0,4
223,6
246,0
326,8
Francia
172,0
213,0
261,0
306,0
337,0
395,0
403,0
444,2
404,3
375,0
Irlanda
47,0
60,0
85,0
91,0
81,0
86,0
86,0
94,0
119,0
109,0
Italia
32,0
35,0
38,0
46,0
52,0
64,0
75,0
84,0
79,0
90,0
Olanda
974,0
947,0
940,0
895,0 1.007,0
924,0
885,0
Austria
:
:
:
:
:
np
np
47,0
0,0
68,2
0,0
0,0
0,0
1,0
2,0
2,0
3,0
3,0
4,0
3,0
Finlandia
:
:
:
:
:
3,0
6,0
11,1
4,7
4,9
Svezia
:
:
:
:
:
12,7
24,9
33,3
25,4
30,2
56,2
79,0
94,9
109,6
119,9
136,8
134,7
202,2
247,6
200,9
:
:
:
:
:
Portogallo
Regno Unito
UE-15
793,0 1.011,0 1.024,0
: 3.376,5 3.582,9 3.860,8 3.892,3
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
45
12.5 Importazione di carne suina:
Il paese maggior importatore di carne suina della Comunità è la Germania (oltre un milione
di tonn), segueno l’Italia (736.000 tonn) il Regno Unito (554.000 tonn) e la Francia
(498.000 tonn).
L’approvvigionamento di questi paesi avviene principalmente all’interno dell’UE (oltre il
98% del totale), irrisoria la quantità di carne importata da Paesi Terzi.
Importazione totale di carne suina dell'UE (*1000 t)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Belgio e
Lussemburgo
75,0
57,0
66,0
80,0
83,0
86,0
90,0
106,0
111,0
97,4
Danimarca
14,0
10,0
9,0
18,0
20,0
25,0
36,0
61,0
41,0
55,0
Germania
673,5
822,0
Grecia
67,1
57,4
84,4
84,0
97,4
117,4
120,5
118,3
143,4
201,8
Spagna
54,3
63,9
59,4
50,6
47,1
50,0
56,8
89,5
92,6
100,4
Francia
440,0
444,0
449,0
410,0
416,0
446,0
435,0
437,9
485,0
498,7
Irlanda
961,7 1.113,2 1.156,2 1.107,3 1.098,9 1.110,6 1.156,8 1.061,9
18,0
19,0
21,0
14,0
18,0
23,0
29,0
29,0
32,0
33,0
523,0
545,0
604,0
603,0
597,0
626,0
686,0
681,0
808,0
736,0
Olanda
48,0
70,0
77,0
67,0
88,0
84,0
102,0
106,0
111,0
125,0
Austria
:
:
:
1,7
2,0
37,8
47,9
54,3
60,7
82,3
23,0
28,0
44,0
37,0
47,0
56,0
62,0
72,0
85,0
84,0
Finlandia
:
:
:
:
2,2
12,1
15,5
12,6
13,1
16,8
Svezia
:
:
:
:
15,3
31,2
31,0
34,9
42,5
47,5
495,2
479,8
462,4
473,9
478,0
520,4
576,7
522,7
543,5
554,2
:
:
:
:
Italia
Portogallo
Regno Unito
UE-15
: 3.222,2 3.387,3 3.435,8 3.725,6 3.694,0
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
Importazione di carne suina dall'interno dell'UE (*1000 t)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Belgio e
Lussemburgo
72,0
55,0
65,0
80,0
82,0
86,0
90,0
105,0
110,0
96,9
Danimarca
13,0
9,0
8,0
16,0
18,0
24,0
35,0
60,0
40,0
55,0
Germania
648,0
802,0
Grecia
65,2
56,3
83,6
83,1
96,7
117,2
119,8
118,0
143,3
201,7
Spagna
52,4
61,4
55,0
48,7
43,5
47,1
48,7
75,5
83,1
20,8
Francia
434,0
439,0
444,0
408,0
413,0
443,0
437,9
430,2
476,0
488,0
Irlanda
939,4 1.102,3 1.145,8 1.098,9 1.087,5 1.096,6 1.146,2 1.050,2
18,0
19,0
21,0
14,0
17,0
23,0
29,0
29,0
32,0
33,0
516,0
541,0
601,0
603,0
596,0
622,0
672,0
666,0
795,0
725,0
Olanda
47,0
70,0
77,0
66,0
87,0
83,0
102,0
105,0
110,0
124,0
Austria
:
:
:
:
:
:
47,9
43,0
:
76,2
0,0
0,0
0,0
36,0
47,0
56,0
72,0
72,0
85,0
84,0
Finlandia
:
:
:
:
:
0,2
15,4
12,4
13,1
16,8
Svezia
:
:
:
:
24,5
22,5
29,1
33,5
41,5
46,0
491,8
475,2
458,7
471,9
485,3
519,0
559,0
519,8
538,7
549,0
:
:
:
:
:
:
Italia
Portogallo
Regno Unito
UE-15
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
: 3.366,0 3.613,9 3.566,6
46
Negli altri principali bacini di produzione (Danimarca, Olanda, Belgio e Spagna il
rapporto esportazione/importazione è molto alto, essendo questi decisamente orientati
all’esportazione.
12.6 Esportazione di suini vivi:
La commercializzazione dei suini vivi allevati nella Comunità avviene quasi completamente
all’interno degli Stati Membri.
Di 495.200 tonn, 492.600 vengono venduti all’interno dell’UE (99,5%) e solo lo 0,5%
attraversa il confine comunitario.
Esportazione di suini vivi dell'UE (*1000 t)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Belgio e
Lussemburgo
47,0
63,0
69,0
57,0
57,0
60,0
51,0
48,0
55,0
88,7
Danimarca
1,0
7,0
13,0
20,0
18,0
22,0
32,0
51,0
66,0
67,0
Germania
59,0
64,5
42,2
48,4
31,8
28,0
33,3
31,6
55,7
52,7
Grecia
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Spagna
5,7
10,2
12,9
21,2
32,6
29,1
34,3
30,9
27,4
53,9
Francia
14,0
13,0
20,0
24,0
23,0
23,0
18,6
22,7
23,6
17,2
Irlanda
3,0
5,0
7,0
5,0
6,0
9,0
29,0
30,0
23,0
18,0
Italia
1,0
1,0
1,0
0,0
1,0
1,0
0,0
1,0
2,0
4,0
Olanda
249,0
230,0
299,0
249,0
268,0
284,0
294,0
47,0
116,0
178,0
Austria
:
:
:
0,2
0,4
1,4
1,9
1,8
3,2
2,8
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
2,0
2,0
1,0
2,0
Finlandia
:
:
:
:
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Svezia
:
:
:
:
0,0
0,0
0,0
1,3
0,5
1,9
10,3
21,1
29,8
19,2
24,5
31,2
25,6
25,9
19,1
9,0
:
:
:
:
:
:
521,7
293,2
392,5
495,2
Portogallo
Regno Unito
UE-15
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
Il principale paese esportatore di suini vivi rimane l’Olanda (nonostante i problemi sanitari)
con il 35,9% del totale.
Seguono Belgio, Danimarca, Spagna e Francia che esportano la loro produzione
completamente negli Stati Membri.
Le vendite di suini vivi dell’Italia sono modeste (0,8% del totale). Ciò è dovuto,
essenzialmente, alle particolari caratteristiche del suino italiano (suino pesante di 160/180
chili),poco adatto per il consumo fresco e calibrato invece per la produzione dei salumi
tipici nazionali.
47
Esportazione di suini vivi all'interno dell'UE (*1000 t)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Belgio e
Lussemburgo
47,0
63,0
69,0
57,0
57,0
60,0
51,0
48,0
55,0
88,7
Danimarca
1,0
7,0
13,0
20,0
18,0
22,0
32,0
51,0
66,0
67,0
Germania
46,0
56,0
41,9
47,9
31,1
27,5
32,7
31,0
54,2
51,8
Grecia
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Spagna
5,7
10,2
12,9
21,2
32,6
29,1
34,3
30,9
27,4
53,9
Francia
13,0
13,0
20,0
24,0
24,0
23,0
18,5
22,5
23,4
17,0
Irlanda
3,0
5,0
7,0
5,0
6,0
9,0
29,0
30,0
23,0
18,0
Italia
1,0
1,0
0,0
0,0
1,0
1,0
0,0
1,0
2,0
4,0
Olanda
249,0
230,0
299,0
248,0
263,0
280,0
293,0
47,0
115,0
177,0
Austria
:
:
:
:
:
:
0,0
1,8
0,0
2,5
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
2,0
2,0
1,0
2,0
Finlandia
:
:
:
:
:
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Svezia
:
:
:
:
:
0,0
0,0
1,2
0,5
1,9
9,8
20,7
29,3
18,8
23,9
30,5
25,3
25,5
18,8
8,8
:
:
:
:
:
:
517,8
291,9
386,3
492,6
Portogallo
Regno Unito
UE-15
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
48
12.7 Importazione di suini vivi:
Avviene quasi totalmente all’interno degli Stati Membri (99,7%).
Nell’ambito comunitario, la Germania è il maggior importatore (39,4%), segue l’Italia.
Tuttavia, per il nostro paese, è necessario sottolineare il trend decrescente delle
importazioni.
Importazione di suini vivi dell'UE (*1000 t)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Belgio e
Lussemburgo
87,0
84,0
87,0
74,0
78,0
66,0
61,0
30,0
36,0
27,7
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
274,0
91,2
159,7
120,1
174,3
200,4
232,8
90,1
143,9
186,3
Grecia
0,2
0,2
0,2
0,1
0,3
0,3
0,3
0,8
0,4
0,5
Spagna
22,7
18,8
22,9
21,9
28,7
32,3
31,1
11,3
22,6
28,1
Francia
68,0
71,0
64,0
41,0
32,0
28,0
31,1
13,0
18,0
20,8
Irlanda
2,0
17,0
23,0
17,0
15,0
14,0
19,0
8,0
12,0
14,0
122,0
109,0
115,0
106,0
75,0
70,0
61,0
41,0
82,0
81,0
5,0
15,0
18,0
26,0
14,0
21,0
24,0
20,0
15,0
38,0
Danimarca
Germania
Italia
Olanda
Austria
:
:
:
0,0
0,0
5,1
12,2
11,1
14,6
22,4
1,0
0,0
0,0
3,0
15,0
21,0
35,0
26,0
28,0
42,0
Finlandia
:
:
:
:
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Svezia
:
:
:
:
0,0
0,0
0,1
0,0
0,0
0,0
3,9
4,8
6,0
4,3
5,5
0,0
30,1
27,7
24,5
12,5
:
:
:
:
:
:
537,7
279,0
397,0
473,3
Portogallo
Regno Unito
UE-15
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
Per quanto riguarda gli altri principali paesi a forte vocazione suinicola, il livello delle
importazioni segue un andamento decisamente modesto, mentre la Danimarca non importa
per nulla.
49
Importazione di suini vivi all'interno dell'UE (*1000 t)
UE
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
Belgio e
Lussemburgo
86,0
84,0
87,0
74,0
78,0
66,0
61,0
30,0
36,0
27,7
Danimarca
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Germania
71,0
89,3
159,5
120,0
174,2
200,4
232,8
86,6
142,4
186,3
Grecia
0,2
0,1
0,1
0,0
0,2
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
Spagna
22,7
18,4
22,9
21,9
28,7
32,3
31,1
11,0
22,5
28,0
Francia
67,0
71,0
64,0
41,0
41,0
28,0
31,8
12,5
17,6
21,0
Irlanda
2,0
17,0
23,0
17,0
15,0
14,0
19,0
8,0
12,0
14,0
113,0
105,0
112,0
106,0
75,0
70,0
61,0
40,0
82,0
81,0
Olanda
5,0
15,0
18,0
26,0
14,0
21,0
24,0
19,0
15,0
38,0
Austria
:
:
:
:
:
:
0,0
11,1
0,0
21,3
0,0
0,0
0,0
3,0
15,0
21,0
35,0
26,0
28,0
42,0
Finlandia
:
:
:
:
:
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Svezia
:
:
:
:
:
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
3,9
4,8
6,0
4,3
5,5
13,5
30,1
27,7
24,5
12,5
:
:
:
:
:
:
Italia
Portogallo
Regno Unito
UE-15
526,1
272,2
380,3
472,1
Elaborazione ERSAL su fonte Eurostat
50
13. L’EURO, SIAMO PRONTI ALLA SFIGA
A partire dal 1° gennaio 2002 in tutti i paesi della Comunità europea, sarà messa in
circolazione la nuova divisa, l’EURO.
Sarà un evento che entrerà nella storia dell’economia mondiale e nella vita di centinaia di
milioni di cittadini europei.
Non sarà possibile emettere né incassare assegni in valuta nazionale con data successiva al
1° gennaio. Eventuali assegni in valuta nazionale ricevuti prima del 31 dicembre 2001
potranno invece essere ancora incassati all’inizio del 2002, ma al cliente verrà corrisposto il
controvalore in Euro.
Ogni cittadino dovrà abituarsi a usare nuove banconote e monete e a valutare i decimali. I
decimali dell’Euro sono due e due bisogna usarne. I prezzi dei mercati suinicoli dovranno
avere due decimali, anche se al momento c’è chi sostiene che per maggior comodità
inizialmente si potrebbero applicare tre decimali: sarebbe errato.
Come si compila un assegno in Euro:
È necessario ricordare che vanno considerati sempre la virgola e i valori fino ai centesimi
(due cifre dopo la virgola).
Due sono le possibilità. Nel caso di valori con decimali, l’importo in cifre si scrive
indicando dopo la virgola i centesimi (esempio: Euro 156,16), mentre nell’importo in lettere
i centesimi vanno scritti in cifre dopo la barra (Centocinquantasei/16).
Nel caso di valori a cifra tonda, anche se l’importo non prevede decimali vanno indicati
con un doppio zero i centesimi (esempio: Euro 156,00) e nella parte in lettere si deve
scrivere (Centocinquantasei/00).
Date importanti:
- 31 dicembre 2001: si chiude il periodo di transizione, iniziato il 1° gennaio 1999;
- 1° gennaio 2002: l’Euro diventa la nuova moneta dei 12 paesi dell’Unione monetaria. Da
oggi bilanci, fatture e contabilità vanno espressi solo ed esclusivamente
in Euro. Iniziano a circolare le nuove banconote in Euro. I Bancomat
erogano solo banconote in Euro e si possono emettere solo assegni in
Euro. I conti correnti sono già stati automaticamente e gratuitamente
convertiti in Euro.
51
- fino al 28 febbraio 2002: è il periodo della cosiddetta “doppia circolazione”: si può fare la
spesa scon due valute (la Lira e l’Euro). Nei supermercati e nei
negozi si può pagare ancora in Lire ma verrà dato il resto in
Euro. I commercianti possono cambiare le monete e le
banconote in Lire presso gli sportelli del sistema bancario e
postale nonché presso le filiali della Banca d’Italia.
- dal 1° marzo 2002: fine del corso legale della Lira e addio della Lira in tasca. La valuta
nazionale non potrà più essere utilizzata per operazioni commerciali
di qualsiasi natura.
- fino al 1° marzo 2012: è ancora possibile convertire gratuitamente banconote e monete in
Lire presso tutte le filiali della Banca d’Italia.
52
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- Anas notizie, varie pubblicazioni
- Assessorato Agricoltura Regione Foreste della Lombardia
- C.R.P.A. notizie
- Eurostat - Informazioni Internet
- Industrie delle carni
- Informazioni ISMEA
- Quotidiano sole 24ore (Finanza e Mercati - Agrisole)
- Tecni-Porc, varie pubblicazioni
- Baromètre-Porc, varie pubblicazioni
- Porc Magazine
53