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Il mercato dei trasporti dal lato dell’offerta oggi. Francesco Del Vecchio L’offerta di servizi di trasporto oggi risente di nuovi orientamenti che ne ridisegnano il perimetro ed anche la natura. Oggi si parla tanto di liberalizzazione, regolamentazione, contratti di servizio. Che cosa significano questi concetti? Quali cambiamenti sottostanno ad essi? I servizi di trasporto hanno costituito tradizionalmente un’attività fortemente governata dagli Stati. Anche quando non rivestivano il carattere di servizio pubblico ed erano gestiti dai privati, essi sono stati sempre soggetti ad un forte intervento degli Stati, sicuramente in termini di regolamentazione, ma anche in termini di più o meno accentuato protezionismo (autotrasporto, trasporto marittimo di linea, trasporto aereo negli USA prima della deregulation). Ma, in linea di massima, c’era una separazione tra quelli che erano considerati servizi pubblici e quelli che non lo erano. Quelli che erano considerati servizi pubblici di regola erano anche gestiti dagli Stati (direttamente dalla PA o da aziende ad hoc: municipalizzate, “aziende autonome”). Nella politica economica il concetto di servizio pubblico occupava un posto di rilievo. Servizio pubblico inteso come? Certamente come un servizio di cui lo Stato riconosce la rilevanza per tutti i cittadini o per una parte significativa di essi e si prefigge di assicurarne l’erogazione ad essi indistintamente, con tariffe prestabilite e pubbliche, anche se il servizio viene prodotto in perdita. In termini di economia del benessere, si dimostra che il deficit finanziario è almeno coperto dai benefici sociali generati dalla erogazione del servizio. Tale deficit in termini finanziari è coperto dalla collettività. Esso rientra pertanto nella sfera di azione del decisore politico. Il servizio pubblico è una decisione politica. Finora il concetto di servizio pubblico ancora permane. Esso viene anche affermato a livello di Comunità Europea. A livello di Unione Europea ad esempio il concetto di servizio pubblico è citato: • nel trattato CE: o nell’articolo 16, che affida alla Comunità e agli Stati membri la responsabilità di assicurare, attraverso le loro politiche, che i servizi d'interesse economico generale possano assolvere i loro compiti. e o nell'articolo 86, che riconosce implicitamente agli Stati membri il diritto di imporre specifici obblighi di servizio pubblico agli operatori economici. Esso stabilisce un principio fondamentale che garantisce che i servizi di interesse economico generale possano continuare ad essere prestati e sviluppati nel mercato comune. I prestatori di servizi di interesse generale sono esentati dal rispetto delle norme del trattato nella misura in cui ciò sia strettamente necessario per l'assolvimento della loro missione di interesse generale. Pertanto, in caso di controversia, l'assolvimento di una missione di servizio pubblico può effettivamente prevalere sull'applicazione delle norme comunitarie, comprese quelle in materia di mercato interno e concorrenza. • Nell'articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, secondo il quale l'Unione riconosce e rispetta l'accesso ai servizi d'interesse economico generale al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell'Unione stessa. 1 Recentemente le istituzioni comunitarie hanno anche coniato la definizione che oggi va di moda di servizio universale. Esso definisce un insieme di esigenze di interesse generale cui dovrebbero essere assoggettate, nell'intera Comunità, le attività come le telecomunicazioni o le poste, ad esempio. Ne discendono precisi obblighi nell'intento di garantire a tutti e dappertutto l'accesso a determinate prestazioni essenziali, di qualità ed a prezzi ragionevoli (Sito Web Unione Europea). In Italia è stato introdotto ed è disciplinato dal D.P.R. n° 318/1997 (Regolamento per l'attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni). Ciò posto, bisogna vedere che cosa entra in questo concetto, bisogna vedere quale è il perimetro oggi rispetto ad ieri. Ma prima vediamone gli aspetti più strettamente giuridico-contrattuali. Fermo restando il tradizionale concetto di servizio pubblico, oggi quello che cambia sono le modalità di produzione del servizio. Gli Stati stanno decidendo che non è il loro mestiere la gestione diretta di tali servizi. Ne affidano pertanto la gestione a soggetti giuridicamente distinti da essi – pubblici, semiprivati, privati. Ma non è questo che conta. Ciò che conta sono i contratti di servizio, stipulati tra lo Stato e il gestore. In essi si stabiliscono diritti ed obblighi delle parti. In sintesi lo Stato affida la gestione dei servizi ad un soggetto, che li produce secondo le regole del servizio pubblico, a fronte delle quali riceve dallo Stato il relativo compenso. Lo Stato si limita a vigilare a che le aziende esercenti rispettino il contratto di servizio, ed in particolare le caratteristiche di servizio pubblico. Pertanto, lo Stato da un lato liberalizza, dall’altro regola. Liberalizza, vale a dire pone il servizio sul mercato. Ma – come è noto - il concetto può essere inteso in due modi. Il primo. Lo Stato pone il servizio sul mercato ed esso diviene aperto alla concorrenza, viene fornito secondo le regole della concorrenza. Se non c’è la convenienza può anche non essere fornito, oppure essere fornito con livelli e standard compatibili con la redditività economica aziendale (ad esempio, non viene più effettuato il servizio aereo Roma-Pantelleria, oppure viene fornito solo d’estate quando c’è una domanda adeguata, con velivoli di un certo tipo, ecc.). Il secondo. Il servizio mantiene il carattere di servizio pubblico, però la gestione viene affidata ad imprese giuridicamente e magari anche economicamente private. Non ci sono le condizioni affinché la concorrenza si svolga nel mercato. Essa allora si realizza soltanto nella fase di affidamento del servizio. Ad esempio il servizio di trasporto ferroviario fra Roma e Viterbo non può essere esercitato da più imprese in concorrenza tra di loro. Allora viene fatta una gara e l’impresa aggiudicataria effettuerà il servizio. Nel primo caso si parla di concorrenza nel mercato, nel secondo caso si parla di concorrenza per il mercato (E. Musso e altri). È questo allora il punto: nel momento in cui si parla di liberalizzazione è importante soffermarsi sul primo significato del termine, quello della concorrenza nel mercato. In questo caso infatti significa che lo Stato decide che un determinato servizio non è più servizio pubblico. Interviene il mercato, il quale secondo le sue regole prende in mano la gestione del servizio, le cui sorti sono affidate alle sue regole,. come detto sopra. Cambia allora il perimetro. Alla luce di questo, torniamo allora al concetto di servizio pubblico. Ciò che a noi interessa indagare è questo: oggi il concetto di servizio pubblico è ancora dominante? Il perimetro del servizio pubblico va restringendosi? 2 Lo Stato, posto di fronte ad una serie di contratti di servizio pubblico relativi ad altrettanti servizi pubblici da erogare, constata che sostiene un determinato costo. Tale costo è inevitabilmente pagato dalla collettività. Se tutta o larga parte di tale collettività già si autoproduce il servizio, magari con livelli di qualità superiori, si pone per lo Stato un problema di efficienza allocativa della ricchezza dei cittadini. Più nello specifico, si può ritenere che il perimetro di servizio pubblico si assottigli nella misura in cui si allarga il benessere dei cittadini e la loro capacità di acquistare il servizio a prezzi e livelli di qualità superiori a quelli proposti dall’offerta erogata in termini di servizio pubblico (ad esempio si preferisce spostarsi con la propria auto dotata di tutti i moderni confort anziché con il treno, che impone orari prefissati, accessibilità/connettività molto più limitate, ecc.). Si tratta di un tipico caso di “bene inferiore”. Ma lo Stato, sulla base di quali valutazioni decide che determinati servizi non sono più servizio pubblico? Sicuramente – tra le altre - sulla base del criterio del costo: l’onere della fornitura di un servizio per lo Stato è superiore ai benefici interni ed esterni complessivamente valutati. Il mercato può fornire lo stesso servizio con modalità diverse, alternative, meno costose, più efficaci ed efficienti, con un livello di servizio migliore. Il livello di benessere della collettività le permette di prodursi o acquistare il servizio con modalità e livelli di servizio superiori a quanto fatto dallo Stato secondo le regole del servizio pubblico. Si tratta da parte dello Stato di effettuare valutazioni in termini e di costo-opportunità. (e di trade-off). Consideriamo il trasporto ferroviario Fu scoperto un secolo fa che non riusciva a stare da solo sul mercato. O, più precisamente, che non riusciva a stare sul mercato con una offerta di servizi che non si incontrava con la corrispondente domanda né in termini di quantità né in termini di prezzo. Questa offerta di servizi è stata sempre più configurata come servizio pubblico e quindi come tale non modificabile secondo le regole del mercato. Era tale in quanto non c’erano le alternative modali. Fino a che la motorizzazione privata non si è sviluppata in maniera capillare e con costi accessibili a tutti gli strati sociali, lo Stato ha mantenuto il servizio pubblico, prima solo ferroviario e poi, con lo sviluppo della tecnica su gomma, estendendoli anche ai servizi collettivi su gomma. Oggi la motorizzazione privata è alla portata di tutti e genera benefici individuali per molti aspetti superiori al beneficio del servizio pubblico. Il servizio pubblico rischia di essere in molti casi uno spreco di risorse. Al limite, andrebbe eliminato, allo scopo di non creare una offerta dove già i cittadini si autoproducono il servizio, e quindi generando una duplicazione di costi. Tuttavia si vede che in tutti i Paesi sviluppati, negli Stati Uniti in primis, dove la motorizzazione privata è sviluppatissima da tempo e con costi inferiori a quelli europei, il servizio pubblico permane. Negli Stati Uniti nel 2004 l’ammontare totale di risorse di natura corrente a disposizione del Trasporto Pubblico Locale (TPL) sono state pari ad oltre 29 miliardi di dollari. Le tariffe coprono il 33% dei costi. Il resto è coperto dagli Stati, dagli Enti locali e dal Governo federale. Sempre negli Stati Uniti il contributo pubblico alle spese per investimenti per il TPL si attesta ad un livello pari a circa il 70% ed il restante 30% è costituito dalle risorse generate dal sistema quali le emissioni di titoli obbligazionari, i fondi non direttamente correlati con il servizio di trasporto derivanti dalle operazioni degli Enti del Trasporto (es: pubblicità) e dal gettito fiscale introitato dall’imposizione fiscale degli stessi Enti del Trasporto. (Differenze e analogie tra i sistemi di fi nanziamento del trasporto pubblico in Europa e negli Stati Uniti – ASSTRA, 2007). Potrebbe sembrare strano, pensando agli Stati Uniti come al Paese del liberismo e delle liberalizzazioni e all’Europa come all’Area dello statalismo imperante Ma, in linea generale – come dimostra il suddetto studio - le sovvenzioni pubbliche ai servizi di trasporto di interesse pubblico in America non sono inferiori agli standard europei. 3 Allora, evidentemente, il mantenimento del servizio pubblico risponde oggi ad una nuova esigenza. Lo sviluppo eccessivo della mobilità privata ribalta i livelli di convenienza e di minimo costo per la collettività in quanto il suo incremento porta alla nascita di nuovi costi, quelli esterni, di congestione ed ambientali. La bilancia allora ritorna a pendere a favore del servizio pubblico. Abbiamo inteso finora il concetto di servizio pubblico in maniera più o meno implicita riferito alla mobilità delle persone. Ma pensiamo un attimo al trasporto merci. E’ senza ombra di dubbio considerato un’attività economica che deve obbedire alle regole del mercato. Effettivamente, il trasporto delle merci è un segmento della logistica, la quale è al servizio della produzione di beni e servizi a livello globale. E’ un sistema aperto che opera e che deve operare senza alterazioni imposte dall’esterno. Ma lanciamo a questo punto una provocazione accademica. Se la crescita continua del trasporto delle merci con prevalente utilizzo della modalità stradale comincia a provocare diseconomie esterne in termini di congestione e di costi ambientali, nonché di costi finanziari a carico della collettività per la costruzione e manutenzione delle strade, può intervenire lo Stato per correggere tale evoluzione che genera costi enormi per la collettività?. L’alterativa tecnica più efficace è comunemente considerata l’intermodalità (o trasporto combinato che dir si voglia nelle sue varie forme), vale a dire la combinazione di più modi di trasporto che privilegino quelli con più ampie economie di scala e di risparmio in termini di congestione e di costi esterni ambientali. Tuttavia, in molti casi tali tecniche non incontrano la convenienza economica degli operatori. Allora, secondo la logica espressa precedentemente, anche il trasporto combinato può essere considerato un servizio pubblico, o meglio, per dirla con le parole della Unione Europea, di “interesse economico generale”. E, se si guarda un po’ in giro per l’Europa, si constata che gli Stati, a vario titolo e sotto varie forme, sovvenzionano generosamente il trasporto combinato (P. Spirito., Le politiche e gli strumenti per uno sviluppo sostenibile dell'intermodalità – Atti riunione scientifica SIET 2007). Magari si potranno elaborare delle priorità sulla base delle diverse forme ed ambiti (autostrada viaggiante, trasporto dei semirimorchi, ecc.) Per concludere: il concetto di servizio pubblico è un concetto relativo, non assoluto. E’ un concetto flessibile, da adattare alle situazioni e ai diversi periodi storici e di sviluppo tecnologico ed economico. Sono gli Stati che devono avere idonei strumenti di valutazione e comparazione dei costi e dei vantaggi delle diverse alternative. Sempre con l’obiettivo finale della riduzione del costo (generalizzato) globale del trasporto (Forte). 4