Abstract - Pontificia Università Urbaniana

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Abstract
Luigi Alici
Natura e persona: la “differenza” della libertà
Rifiutando l’equivoco di un rapporto inversamente proporzionale tra identità e differenza, è
possibile ricercare, oltre la trama delle differenze esterne e interne che plasmano la vita personale,
l’identità della persona umana nella forma di una differenza di secondo livello, che assegna allo
spirito lo statuto paradossale di “terzo positivo” (Kierkegaard). Da questo punto di vista l’antica
tensione di natura e cultura può essere ripensata nel punto d’intersezione – fragile e prezioso – tra
vita naturale e vita morale. Il munus della persona umana è di abitare responsabilmente la
differenza, senza poter mai assumere il punto di vista dello spettatore disinteressato. Emerge in
questo modo il nesso originario di libertà e reciprocità, che impedisce all’individuo di
autoaffermarsi come fondamento di se stesso. Cadono di conseguenza le antinomie artificiose
(“Persona o relazione”: aut aut) e le giustapposizioni estrinseche (“Persona, e anche relazione”: et
et), ed emerge una relazionalità costitutiva (“Persona, e quindi relazione”: itaque), in cui la
communicatio si traduce nella reciprocità dell’affidamento e della cura.
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Agata C. Amato Mangiameli
Tra pensiero moderno e diritto. Oltre l’individualismo possessivo
1. Una immensa riorganizzazione della cultura è quella che si compie nel moderno, ritrascrivendo
il rapporto io-mondo, il legame ragione-esperienza, la relazione linguaggio naturale-lingua
universale. A suo modo, questa immensa riorganizzazione costituisce il presupposto stesso delle
contemporanee trasformazioni tecnologiche del sapere.
Alcune tracce: l’invenzione della mente, l’attrattiva dell’armonia del pensiero con il pensiero,
l’interesse per il metodo e per le regole logiche.
2. Una grande rielaborazione giuridica è quella che si compie nel moderno, delineando il nuovo
rapporto norma-realtà, dovere-essere, certezza-giustizia. Questa grande rielaborazione ha a suo
presupposto l’autonomia del sapere, espressa dall’io penso, e l’autonomia dell’agire, quale diritto di
ogni essere razionale. È il diritto della particolarità del soggetto di trovarsi appagato, ovvero la
libertà soggettiva, a costituire il punto centrale della differenza tra l’antichità e l’età moderna, e a
conquistare il diritto nelle sue diverse manifestazioni. Tanto le caratteristiche del diritto (positività,
legalità, formalità), quanto gli attributi intrinseci (unità, generalità, stabilità), contribuiscono a fare
del diritto l’espressione della razionalità moderna e sono coerenti con quella radice individualistica
che è alla base dei diritti e degli ordinamenti.
Alcune tracce: l’impersonalità della legge, l’attenzione per le regole formali di organizzazione ed
esercizio del potere, l’affermazione dei diritti soggettivi.
3. Moderni o antimoderni? Nonostante le grandi invenzioni del moderno, nonostante l’io al centro e
il mondo alla periferia, lo sviluppo e la giustificazione del diritto sono stati pensati nel segno
dell’individualismo possessivo. Ciò ha fatto sì che la ricchezza, il potere, il prestigio, in ogni caso i
cd. beni esclusivi, venissero considerati come gli unici veri beni, sminuendo il piano personale e
accrescendo sul piano interpersonale conflitto ed esclusione.
Alcune tracce: il cittadino indipendente, il diritto di natura reale, l’acquisto di una persona-cosa.
4. Tra rapporti di eguaglianza o di supremazia/subordinazione, le due pretese moderne, tra loro
ovviamente contraddittorie: diritto è solo il diritto privato/diritto è solo il diritto pubblico, non
tengono conto delle tante nuance, tutte essenziali, del fenomeno giuridico, che non si esaurisce ora
nella dimensione orizzontale dei rapporti di diritto privato ora nella dimensione verticale dei
rapporti di diritto pubblico.
La rilettura della distinzione, a partire da un termine, la cui fortuna gli deriva dal pensiero
filosofico, politico, religioso, sociologico, ma che certamente è anche un concetto giuridico. Si tratta
della solidarietà.
5. Perché ultramoderni. L’odierna giustificazione dell’obbligatorietà normativa deve essere capace
di integrare creativamente quelle dimensioni del moderno che sono da considerare acquisizioni
irrinunciabili e quelle altre che sono state sacrificate sull’altare della modernità. Questo sforzo
critico diventa tanto più prezioso se si considerano le nuove forme del dominio, che trascendono i
confini nazionali, assumono un carattere opaco e diventano pure forme di manipolazione di
individui e collettività, rispetto alle quali è perciò importante la riproposizione di forme istituzionali
(lo Stato, l’Unione Europea, la Comunità Internazionale) e di relazioni giuridiche (tra cittadini, tra
cittadini europei, tra stranieri) all’insegna della pacifica convivenza, dell’integrazione e della
solidarietà.
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Dariusch Atighetchi
Autonomia e uguaglianza della donna: lo scontro nella riflessione bioetica tra modernità e società
religiose-tradizionali
Il primato del principio di autonomia è caratteristico della bioetica “occidentale” ed è il risultato del
particolare processo giuridico-liberale di una parte di questo mondo. Viceversa nelle aree
tradizionali del mondo, come quelle islamiche, nelle quali la componente giuridico-religiosa rimane
preponderante, il principio di autonomia “occidentale” trova forti ostacoli applicativi a partire dal
caso della donna malata, a motivo del diverso ruolo e posizione della donna in queste società.
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Laura Boella
Oltre l’individualismo: l’empatia alla prova
Nel mondo contemporaneo si è aperto uno spazio tra "io" e "noi", lo spazio occupato dall'appello
etico. politico, mediatico all'empatia. L'empatia ha conosciuto negli ultimi 15 anni una notevole
fortuna in quanto capacità che attesta l'originaria relazionalità umana. Sono balzate in primo piano,
le sue implicazioni etico-pratiche, oggetto di interesse da parte delle cosiddette "neuroscienze
sociali". Oggi disponiamo di una "scienza dell'empatia" che ha individuato i circuiti cerebrali
associati al riconoscimento e alla condivisione di stati emotivi e mentali altrui e ai comportamenti
associativi e cooperativi. Nonostante sia al centro del dibattito pubblico, non è sempre chiaro dove
stia esattamente nel mondo contemporaneo l'empatia. L'ampliamento della nozione di empatia in
direzione della sua valenza pro-sociale, evidente negli studi sulle sue basi neurobiologiche, ma
altrettanto forte negli entusiasmi suscitati dall'estensione planetaria della rete e dalla scala globale
degli scambi economici e culturali, ha messo in ombra l'indagine rigorosa delle caratteristiche dei
vissuti ad essa corrispondenti. Occorre rilanciare la ricerca sull'esperienza reale della relazionalità
umana, che non è solo una condizione ontologica, ma viene vissuta giorno per giorno nelle
molteplici attività e passività, nelle scelte o non scelte della vita reale.
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Francesco Botturi
Individuale, impersonale, interpersonale. Problemi della singolarità
La questione dell’individualismo attraversa la storia della filosofia a partire dal XVII secolo,
innestando un processo evolutivo-dissolutivo ancora da comprendere. L’individualismo è una teoria
dell’individualità che mette in crisi l’idea predicamentale di essa, quale singolarità partecipe di una
natura condivisa. Secondo A. Renaut la teoria moderna dell’individualità separata ha la sua fonte e
il suo modello speculativi nella monadologia di Leibniz, temperata dal sistematico contesto della
teodicea, cioè della armonia prestabilita dell’universo monadico e delle sue relazioni interne. Il
principio individualista manifesta la sua logica di separazione nell’empirismo, in cui il quadro
metafisico di compensazione viene meno. Dello svuotamento metafisico dell’ “io senza soggetto”
empirista risente la problematica nietzschiana dell’individualità, che assume un nuovo significato
nel contesto della critica al nichilismo. Nel contemporaneo è G. Deleuze che, in diretta connessione
con il progetto nietzschiano del nichilismo compiuto rilegge l’ontologia dell’individualità alla luce
del sovvertimento “antiplatonico” del primato dell’identità: critica radicale dell’analogia (e del suo
universo di similitudine e partecipazione), scomposizione di univocismo della ripetizione e
equivocismo della differenza, impostazione schizo-analitica di una antropologia dell’impersonale.
A questo esito si può rispondere ripensando l’individualità in una chiave antropologica che
riguadagni la relazionalità genetica dell’individualità e che evidenzi l’energia generativa della
relazione, dando così ragioni fenomenologiche al modello ontologico della differenza e della
somiglianza.
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Marina Calloni
Oltre se stessi. Intersoggettività e relazione
Soggettività rimanda all’essere e al farsi del soggetto individualizzato. Tuttavia, quando si enuncia
la parola “soggetto”, si esprimono due opposte determinazioni. Soggetto (dal latino subjectus) è
infatti un concetto polisemico che rimanda tanto al significato passivo del soggiacimento, quanto
alla prospettiva dinamica di un’attività individualizzante. La connessione fra soggettività e
individualità riconduce pertanto ad azioni contrastanti, seppur dialetticamente cogenti:
assoggettamento, alienazione, emancipazione, autonomia e relazione.
A partire da tali assunti, la presente relazione intende riprendere alcuni temi presenti nel dibattito
contemporaneo su soggettività, individualità e identità, focalizzandosi in particolare sulla critica al
liberalismo assoluto, al comunitarismo identitario e all’etnocentrismo omologante. Le relazioni fra
generi e fra culture saranno prese come esempi capaci di rimandare tanto a storie di soggezione,
subordinazione e dipendenza, quanto a potenzialità per nuove forme di soggettività includenti,
consapevoli, portatrici di diversità e di rispetto tanto nella sfera privata, quanto nel dominio
pubblico. La (inter)soggettività non può che essere un continuo oltrepassamento dei propri confini,
fisici e psichici, nell’incontro con l’alterità.
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Marco Cangiotti
Dalla sfera privata alla sfera del diritto alla privacy. Evoluzione e distorsione dello spazio pubblico?
L’articolo pone e a confronto la categoria tradizionale di “privatezza” con quella di privacy assunta
nella sua evoluzione giuridica e filosofica più recente. Dopo avere mostrato le due diverse
antropologie filosofiche che stanno alla base delle due diverse categorie, la prima fondata sul
concetto personalistico di individuo e la seconda su quello solipsistico, l’articolo analizza la
ricaduta che il modello della privacy produce a livello politico, ricaduta che risiede nel rischio di
una letale deformazione dello spazio pubblico democratico.
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Adriana Cavarero
Archeologia del soggetto
In un saggio su Elias Canetti, Susan Sontag afferma che “dare sovranità dell’orecchio è un tema
costante, consciamente arcaicizzante degli ultimi lavori di Canetti. Implicitamente egli riafferma il
divario arcaico dell’opposizione fra cultura ebraica e cultura greca, fra cultura dell’orecchio e
cultura dell’occhio, fra il morale e l’estetico”. Il doppio accento sulla parola ‘arcaico’ solleva una
questione interessante. Sontag intende dire che le culture dell’orecchio sono intrinsecamente
arcaiche? O che il tema della sovranità dell’orecchio sull’occhio, del vocale sul semantico, convoca
necessariamente una fenomenologia dell’arcaico? Interrogativi del genere si prestano a una
riformulazione filosofica interessante, soprattutto se si mette a tema la questione del soggetto.
Ovvero: la distinzione, se non l’opposizione, fra la sovranità dell’orecchio e quella dell’occhio
producono due diversi modelli di soggettività? A fronte del ben noto soggetto astratto e universale
della tradizione oculocentrica, che il cosiddetto ‘momento cartesiano’ rappresenta esemplarmente,
quali caratteri emergono da un’ontologia dell’umano che privilegi invece l’orecchio e la voce?
Sviluppandosi attraverso una rilettura dei testi autobiografici di Canetti, fatti reagire con un saggio
sul linguaggio di R. Barthes e confrontati con la celebre figura della voce demonica udita da
Socrate, l’indagine mostra come l’elemento acustico/vocale apra effettivamente ad una ontologia
relazionale - attenta all’unicità e alla pluralità - che potrebbe configurarsi come un modello
alternativo rispetto all’archeologia classica del soggetto.
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Vittorio Cigoli
All’inizio è la relazione. La ricerca clinica generazionale
Il contributo si apre con una riflessione su due quadri di famiglia (Family Tree, di Frida Kahlo, e
Famiglia di acrobati con scimmia, di Pablo Picasso) per occuparsi di concezioni della mente e volti
del relazionale. Alle sue origini il pensiero psicologico è caratterizzato da una visione monadica
della mente che fonda tanto la visione psicoanalitica, quanto quella behaviorista. Il concetto di
sistema apre poi lo spazio epistemologico per lo studio delle relazioni familiari, fino alla svolta
costruttivista-narrativista. Il focus della ricerca psicosociale e clinica di Vittorio Cigoli ed Eugenia
Scabini è invece la matrice comune (il famigliare) che caratterizza le diverse forme familiari.
Vengono così delineate le coordinate del modello Relazionale-Simbolico, che va oltre
l’individualismo, ma anche oltre la concezione diadica che orienta ad esempio l’Infant Research. Il
modello, al cui centro si situa il concetto di generatività, fa riferimento alla persona come “essere in
relazione con” e si fonda su tre principi: organizzativo, simbolico, dinamico.
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Gianni Colzani
Uomo e donna nel disegno di Dio. Comunione nella differenza.
Si propone una riflessione sulla comunione nella differenza tra uomo e donna, entro la visione
crisitana della persona, che è totalmente centrata nella storia della salvezza, cioè su Cristo creatore e
redentore.
La riflessione sul racconto biblico di Adamo ed Eva, sia nella forma del testo sacerdotale che nel
racconto jahwista, consente di comprendere che la pienezza dell’umano si ha solo nella presenza di
uomo e donna e che la loro interdipendenza appartiene al disegno di Dio.
La ulteriore riflessione su alcuni testi di Paolo (quali 1Cor 14,34-35; Col 3,18-19; Ef 5,21-24;1Tm
2,8-15; Tt 2,3-5) consente di delineare la comunione nell’amore come un cammino tra reciprocità e
irriducibilità.
La ricerca cristiana sulla relazione uomo-donna lega strettamente l’esperienza umana della vita
come vita sessuata e l’esperienza religiosa dell’amore di Dio.
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Lorella Congiunti
Il termine “natura” nel dibattito contemporaneo: note per un bilancio semantico
L’intervento si propone di tracciare una sorta di bilancio consuntivo sugli usi e i significati attribuiti
al termine “natura” nel dibattito contemporaneo. Si rileva innanzitutto uno scarso riferimento al
termine stesso, sovente semplicemente archiviato dai progetti di de-naturalizzazione. Di contro,
però, sono anche presenti attenzioni ecologiche di rispetto della natura e dei suoi equilibri. La
natura svolge dunque ruoli opposti nelle diverse coppie concettuali, quali natura-cultura, naturatecnica. Si propone infine una sorta di bilancio preventivo, nel quale porre all’attenzione la
ricchezza del termine, a partire dalla sua etimologia, e insieme l’ampiezza dei suoi significati che,
se non distinti, rendono i discorsi sulla natura semplicemente equivoci.
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Gabriella Cotta
Ripensare il soggetto tra relazionalità e relazionismo
Il contributo esamina due polarità che appaiono divergere radicalmente pur segnando entrambe in
profondità il panorama culturale, le prassi, le politiche, le rivendicazioni odierne. Si tratta del
paradigma individualistico da una parte e, dall’altra, di quello che definisco paradigma
‘relazionistico’. Mentre il primo ha come suo fuoco teoretico l’individuo ontologicamente
autoreferenziale, il secondo considera l’essere umano come il prodotto di relazioni. Nel testo
presentato si evidenzia come entrambe queste derive giungano ad esiti dissolutivi dell’umano, il
primo in un orizzonte sociobiologistico, il secondo nella affermazione del possibile trasmigrare
dell’umano in inumano o sovrumano, e nella dissoluzione di ogni senso dato dell’umano fin nelle
caratteristiche corporee sessuate. L’analisi prosegue analizzando le aporie che sorgono sia
all’interno di un orizzonte a-relazionale sia in uno totalmente relazionistico, per giungere a proporre
alcune riflessioni sulla necessità di affrontare nuovamente la via del ripensamento della relazionalità
ontologica da cui entrambi i paradigmi descritti avevano preso decisamente le distanze.
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Franca D’Agostini
Identità logica, identità naturale e identità politica
Il mio intervento delinea un breve percorso dai problemi dell’identità in logica e metafisica
all’identità naturale, e da questa all’identità politica. Canonicamente, esistono due nozioni logiche
di identità: come esistenza (a = a se e solo se esiste qualche x che è a) e come discernibilità (x = y se
e solo se x e y hanno le stesse proprietà). Entrambe hanno chiari fondamenti metafisici e
naturalistici, ed entrambe suscitano un certo numero di difficoltà. Cercherò di far vedere come nelle
questioni identitarie di natura politica queste difficoltà siano ancora attive, e suscitino violenza e
discriminazione, promuovendo la legittimazione razionale (presuntivamente ‘logica’) dell’una e
dell’altra.
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Costantino Esposito
C'è qualcosa di insuperabile nell'umano?
L'intervento si propone di approfondire le duplice contestazione critica cui oggi è sottoposto il
concetto di "umano" considerato nella sua unicità e irriducibilità: quella che ricolloca l'essere
umano nella sintassi biologica della specie animale e quella che lo identifica con un processo di
auto-produzione storico/culturale/ambientale del "sé".
A livello storico si individuano i tre modelli che hanno riscosso più successo rispetto all'esigenza
degli esseri umani di sapere se essi sono in definitiva "unici" per sé stessi (cioè esistenti con un
senso irriducibile della loro persona) e soprattutto per qualcun altro: il modello di Spinoza, il
modello di Kant e il modello orientale-cibernetico.
A livello fenomenologico, l'interrogativo che si pone a questo riguardo è se si possano
legittimamente individuare, all'interno dell'esperienza, dei "punti di resistenza" rispetto alla
negazione dell'unicità e iriducibilità dell'umano. Si propongono esemplificativamente tre esperienze
significative a riguardo: 1) la capacità degli esseri umani di porre la domanda del significato; 2)
l'eccedenza del permanente desiderio dell'altro sui bisogni che mirano a risolversi in una
corrispettiva soddisfazione, 3) la competenza tipica degli esseri umani di pensare il "niente".
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Adriano Fabris
I paradossi della soggettività e l’etica della relazione
Sto parlando. Io sto parlando. È un’affermazione performativa. Sto facendo quello che dico e sto
dicendo quello che faccio. È una verità incontrovertibile, questa? È un dato di fatto che non può
essere superato? È il fondamento ultimo di ogni mio dire e pensare?
A queste domande la filosofia dell’età moderna risponde di sì. È questo in definitiva il senso del
cogito, ergo sum di Cartesio. Ma fare dell’io, dell’io nell’atto di parlare e di pensare, il fondamento
della conoscenza e della manipolazione di tutto, comporta, se viene compiuto in un certo modo, la
caduta in una serie di paradossi. Si tratta di paradossi anzitutto teorici, certo, ma che insieme hanno
conseguenze pratiche ben precise. Sono paradossi nei quali siamo coinvolti soprattutto noi, oggi.
Lo scopo del mio intervento è di mettere in luce e di discutere alcuni di questi paradossi. Cercherò
poi d’individuare una possibile via d’uscita: una via d’uscita che vada oltre l’individualismo, e che
si muova nell’ottica di un pensiero e di una pratica della relazione.
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Olivia Guaraldo
Vulnerabilità, dipendenza e felicità: la politica oltre la sovranità.
A partire dalla produzione teorica più recente della pensatrice americana Judith Butler relativa alla
vulnerabilità come cifra dell’umano argomenterò in favore di un ripensamento del soggetto in
termini ‘non sovrani’. Facendo interagire le posizioni di Butler con le riflessioni di Hannah Arendt
relative all’agire politico come esperienza di libertà e di felicità, proporrò – in contrasto con quanto
dice la teoria politica classica - di concepire la politica come ambito privilegiato della relazione che
può darsi solo a patto di rifiutare la pretesa che sovranità su di sé e autonomia siano le
caratteristiche delle soggettività agenti.
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Hille Haker
Transcending Liberalism – avoiding Communitarianism: Human Rights and Dignity in Bioethics
Liberal ethics presupposes a concept of the sovereign, independent individual who is able to make
choices that concur with his or her overall goal of freedom and well-being. While mainstream
bioethics does not deny its close ties with liberalism, the ‘liberal’ dimension of bioethics is often
spelled out as political rather than economic liberalism. Given the economic undercurrent of many
medical services, bioethics must acknowledge, however, that it not only assumes negative freedom
rights of an individual over against political regulations, but also promotes a concept of the self that
is tailored to the model of consumption of economic goods. Communitarian ethics, here discussed
as care ethics, criticizes autonomy as preference-autonomy and counters it with the concept of
embeddedness and interdependence that demands the acknowledgment of positive rights to care.
But like its counterpart that has no moral criterion for the rights patients can claim, care ethics does
not offer a moral criterion of which needs demand the care and are hence justified.
My paper therefore proposes a new approach of a qualified universalism based on human rights. It
takes up the politically and globally accepted framework of human rights but confronts it with the
experiences in different contexts, cultures, and value systems. Taking up the valuable insights of
liberalism and communitarianism, I argue that only a concept of vulnerable agency is equipped to
deal with the interdependence of human beings, ultimately to be spelled out in view of the ethics of
dignity.
I will conclude with a discussion between Paul Ricœur and Emmanuel Levinas about the concept of
the ‘moral self’. Both authors acknowledge the social nature of the individual, but they offer
different solutions to the claims others make – and may make – on the moral self. It is the capability
to respond responsibly to someone else’s plea to be cared for that constitutes the moral self. The
implication for bioethics is that the self must be seen in the dialectic between passivity
(vulnerability) and activity (agency), which is necessarily entangled in relations with others who are
vulnerable agents, too.
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Ronit Irshai
Beyond Collectivism – Jewish Law and Homosexuality
In the two iterations of the Holiness Code, in Leviticus 18 and Leviticus 22, the Torah explicitly
prohibits homosexual intercourse between men. But Judaism always reads divine injunctions
through an exegetical prism.
We can better understand how rabbis today deal with homosexuality if we consider it from the
perspective of the link between religion and morality. Orthodoxy is dominated by the Aqedah
("Sacrificial" imperative) theology, which holds that even though morality has an autonomous
status, if a divine injunction is prima facie immoral, the obligation to obey it remains in force. We
look at several facets of this issue, including the attitude towards homosexual individuals and the
scope of the behaviors covered by the ban.
A manifesto published in 2010 over the signatures of many Orthodox rabbis emphasizes the total
religious ban on any and all expressions of disrespect, hatred, or violence towards homosexuals.
They can be members of the religious communities, and take part in religious rituals. Only the
sexual act itself is prohibited, and not the homoerotic feelings and orientation.
The Conservative Movement, on the other hand, has no use for aqeda theology—not even its most
rightwing adherents. Although liberal and more traditional Conservative rabbis disagree as to the
conclusion, they all explicitly discuss the problem of the moral essence of a deity who can or cannot
command homosexuals not to realize their sexual orientation. The position of the more traditional,
rightwing Conservative rabbis is not that far from the Orthodox stance, except that they relate
explicitly to the moral issue of avoiding full sexual relations. But more liberal Conservative rabbis
would like to relax the absolute ban on physical intimacy in the name of human dignity, which is a
well-known judicial principle within Jewish law (halakhah).
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Roberto Marchesini
Dialogo Ergo Sum. Da un’ontologia riflessiva a un’ontologia relazionale
Il contributo mira a porre in luce come l’evento ontopoietico sia sempre eteroriferito - in termini di
un vero e proprio dialogo ergo sum – e come questo non significhi passiva assunzione della forma
impressa dal mondo, ma emergenza morfopoietica, riconducibile alla capacità di riconoscere il
proprio corpo come teatro di rappresentazione, in cui l’essere umano e le alterità, posti in
un’interfaccia ibridativa, definiscono nuovi predicati. Nel panorama italiano, le ricerche di autori
della relazione come Francesco Remotti, Ugo Fabietti (nel campo antropologico), Vittorio Gallese
(nel campo delle neuroscienze), Lev Vygotskij, John Bolbwi (nel campo psicologico) e Gregory
Bateson (nell’ambito filosofico) hanno rotto la solipsia proiettiva riconoscendo come l’identità sia
sempre frutto di un dialogo intersoggettivo. L’oltreuomo postumanistico non è pertanto quell’entità
autopoietica e disgiuntiva che usciva dal manifesto pichiano, bensì un’entità che costruisce il
proprio corpo simbolico attraverso la coniugazione con le alterità, che ribadisce cioè la propria
stretta dipendenza dal dialogo con il non umano. L’alterità come epifania, concetto frutto delle mie
ricerche nel campo della zooantropologia, ci mostra allora l’impossibilità di comprendere l’umano
enucleandolo dalla relazione con il non umano, ammettendo peraltro una situazione dialogica con il
non umano e una sua co-fattorialità nella realizzazione dell’umano. In questo senso occorre parlare
di approccio postumanistico giacché a essere messo in mora è proprio quel pensiero umanistico che
pretendeva di fondare l’umano iuxta propria principia. È innegabile e comprensibile allora che
queste figure insolite facciano emergere nuove esperienze del sublime e tuttavia, come l’infinito era
presente ancor prima che la rivoluzione scientifica ce lo gettasse innanzi, allo stesso modo
l’ibridazione con il non umano non è l’esito del darwinismo ma la rivelazione del suo atelier. Siamo
sempre stati ibridi, forse ancor prima che i nostri progenitori rinegoziassero la nostra soglia
morfopoietica scheggiando una selce.
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Ardian Ndreca
L’elogio della differenza prima. Il gender come teoria dei ruoli
Il presente contributo è un’analisi critica del tema gender nella filosofia di J. Butler, intesa come
una rifrazione delle istanze del femminismo secondo l’indice del post-strutturalismo. Questa
prospettiva ermeneutica, libera da una relazione fondante con una struttura naturale e un logos, dove
l’individualità viene autodeterminata dal desiderio e dalla fantasia, proietta orizzonti inediti che
implicano fini politici. Il rifiuto della natura porta ad una visione performativa del gender, che
attraverso la reiterazione insiste per riformulare le norme esistenti. La questione del riconoscimento
(Anerkennung) di genere in J. Butler, consegue la propria giustificazione da un soggettivismo
autoreferenziale e apre orizzonti inquietanti per la società e per la normatività giuridica.
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Godfrey Igwebuike Onah
Man and Woman in Igbo Traditional Religion and Culture. Beyond the Issues of Equality and
Rights
L’autore propone un’ermeneutica della Cultura e Religione tradizionale degli Igbo, un grande
gruppo etnico in Nigeria. L’analisi dei ruoli distinti di uomo e donna, soprattutto nella vita familiare
e nei riti religiosi, consentono di cogliere una dinamica di complementarità che precede il discorso
teorico sulla uguaglianza o sui diritti. L’autore affronta la tematica secondo la duplice prospettiva
della antropologia culturale e della antropologia filosofica. Convinto che nelle diverse culture infatti
è possibile cogliere i tratti della comune natura umana, l’autore sostiene nella conclusione
l’impossibilità di comprendere l’identità dell’uomo o della donna senza riferimento l’una all’altra, e
propone quindi la relazione uomo-donna nella vita familiare come modello per lo superamento
dell’individualismo contemporaneo.
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Laura Palazzani
Le tecnologie emergenti e le nuove sfide all’identità: percorsi in bioetica
La velocità e dinamicità dell’evoluzione, la complessità e l’ampiezza delle applicazioni, l’incertezza
e la invasività delle nuove tecnologie emergenti aprono nuovi capitoli della bioetica e nuove sfide
all’identità umana.
A partire da una breve descrizione di alcuni percorsi delle nuove tecnologie e di alcune
applicazioni, si analizza il contesto del dibattito teorico tra i c.d. ‘perfezionisti’ o bio-ottimisti
tecnofili che esaltano la ‘salute/vita perfetta’ (con istanze individualistiche e post-individualistiche)
e gli ‘anti-perfezionisti’ o bio-pessimisti tecnofobi che avanzano alcune critiche all’esaltazione delle
perfezione dell’uomo/umanità.
Si tratta di tecnologie che hanno indubbiamente alcuni benefici sia per gli individui che per la
società presente e futura, sul piano medico ma anche personale e sociale. Ma al tempo stesso aprono
numerose sfide e rischi per la c.d. ‘vulnerabilità tecnologica’, a diversi livelli. Il contributo intende
mettere a fuoco la questione antropologica dell’identità dell’uomo, elemento centrale nella
determinazione dei limiti di manipolazione/alterazione dell’uomo e della natura umana per la
considerazione dei problemi etici e giuridici emergenti della integrità del corpo e della
mente/sicurezza, autonomia/libertà, privacy o confidenzialità, compimento, giustizia o equità e non
discriminazione.
Si evidenzia la necessità di ripensare l’identità relazionale nell’era della tecno-scienza,
nell’orizzonte dei diritti umani. È questo l’orizzonte che si sta delineando per un’innovativa
‘governance’ delle tecnologie in condizioni di imprevedibilità del progresso: un orizzonte basato
sulla triangolazione scienza-etica-società, che sappia ancorare il diritto alla consultazione scientifica
aggiornata, alla valutazione etica bilanciata e al sentire sociale. La regolazione sarà chiamata a
calibrare, nella specificità delle diverse tecnologie, quali strumenti siano necessari per difendere
l’uomo e la sua identità, per garantire le condizioni della libertà personale e della giustizia, nello
spettro che include la regolazione a volte limitativa o permissiva.
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Ina Praetorius
Natality as a New Anthropological Paradigm. Reflections of a Protestant Christian
Although Christians have been worshipping Jesus Christ as the born natal God for centuries,
natality is a blind spot in Christian theology still today. The text first considers this fact and tries
giving a tentative answer to the question why there has not been a philosophy or theology of our
human beginning for centuries. It then deals with the positive question of what it means to be born.
To finish there are created some links between the biblical tradition, the theme of the conference
“beyond individualism” and the wide space of new ideas that opens up when theologians decide to
break the taboo that has been established around birth and its impacts on human existence.
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Massimo Recalcati
L’enigma del figlio
L’essere umano non si genera da sé, tutti noi proveniamo dall’Altro. L’enigma del figlio si
costituisce come possibilità di dare una forma nuova alla forma che l’Altro ci ha dato.
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Samir Somaya
Beyond Individualism, Beyond Identity.
L'autore propone una riflessione sulla questione dell'identità nel contesto indiano ed induista, a
partire dalla propria personale condizione, facendo in modo particolare riferimento alla esperienza
educativa vissuta nelle Istituzioni accademiche fondate dalla sua famiglia (Somaiya Vidyavihar and
Somaiya Ayurvihar) i cui 40.000 studenti provengono da varie condizioni sociali, religiose,
culturali e il cui motto è “Knowledge alone liberates”.
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Muhammad Tufail Salik
Women, freedom and morality. From an Islamic perspective.
The lecture concerns the status of woman, the question of her freedom and the constraints or
consideration of morality pertaining to her freedom. Accordingly, it is divided into three sections.
Section-I deals with the status of woman in the light of the Quran and the Sunnah and also the
principles of Ijma (consensus of juristic opinions) and qiyas (juristic analogy) according to the
Sunni tradition.
The underlying theme is that both man and woman are of the same origin and therefore of the same
nature. They both are good and peaceful by nature. It is the environment (i.e. the home, the school
or the society) that has its positive or negative effects on their mental makeup and moral character.
This section highlights:
1. The equality of man and woman in both spiritual (religious) and material (socio-legal)
spheres; and sex being a Divine blessing is a natural phenomenon and cannot as such serve
as the basis of discrimination between man and woman.
2. The dignity of women as a wife and for this purpose a brief analysis of Islamic view of
marriage is made in order to determine the status of woman in the socio-legal framework of
Islam.
Section-II deals with the freedom of woman in Islamic society. Woman is a free human person, free
to choose her partner, free to possess property and dispose it and free to perform her religious and
social obligations at her own sweet will.
Section-III deals with the moral constraints of the freedom of woman. Freedom and responsibility
are interdependent. Freedom does not mean license to do whatever is at one’s fancy. Freedom
entails responsibility. Freedom therefore must not amount to sexual anarchy and moral chaos
leading to the destruction of human personality and society and ultimately humanity.
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Stefania Travagnin
Yin & Yang dynamics and the concept of Kong: Understanding ‘becoming’ and ‘being’ in Chinese
philosophy and religions.
The idea of identity in early Chinese thought is multilayered, and thus implies a discussion on the
relations and tension between ‘becoming/changing’ and ‘being/unchanging’. Gender distinction is
another theme addressed in this paper: women and the feminine have been condemned in the
religious sphere through, for instance, allusion to impurities of the female body. At the same time,
women have also been dignified in the religious pantheons; if we look at Chinese traditional
religions, like Daoism and Buddhism, we see a plethora of female deities. When it comes to
Buddhist doctrine though, the concept of emptiness brings in equality between social and biological
differences, and on a certain respect nullifies the Confucian distinction of female and male societal
roles.
This paper will refer to important classical texts in Chinese philosophy and religion, and look at
Daoist, Confucian and Buddhist notions that explain the dynamics between differences, define the
parameters of individualism, and propose alternative ideas of identity on the metaphysical,
cosmological, ontological and social levels.
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Giovanni Ventimiglia
Identità e differenza di genere fra Platone e Aristotele
La relazione analizza anzitutto le risposte, diverse e alternative, di Platone e di Aristotele alla
domanda: che cosa è l'uomo? Di seguito applica i paradigmi di Platone e di Aristotele per analizzare
alcune risposte contemporanee alla domanda: che cosa sono la "donna" e l'"uomo"? In particolare
vengono analizzate le risposte tipiche del femminismo radicale - che appaiono platoniche - e, in
seguito, quelle del femminismo post-moderno - che sembrano aristoteliche ma non lo sono. Le
conclusioni rilevano alcune contraddizioni insite in questa ultima corrente di pensiero.