giovaniPasc 16 - Piccole Ancelle del Sacro Cuore

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giovaniPasc 16 - Piccole Ancelle del Sacro Cuore
SE TT EM BR E —
OT TO BR E
20 06
N. 16
Benedetto XVI e il santo di
Assisi «Un playboy che si
aprì a Dio»
Castel Gandolfo 1/9/2006
San Francesco era un «playboy»,
ma poi è successo qualche cosa
che gli ha cambiato l’esistenza.
Benedetto XVI, in vacanza a
Castel Gandolfo, risponde a
braccio ai sacerdoti della diocesi
di Albano e, come spesso capita,
quando non è legato a un testo
scritto, appare particolarmente
incisivo.
«San Francesco, ha spiegato il
Pontefice, prima era quasi una
specie di playboy ma poi ha visto che questo non era sufficiente, ha capito che doveva allargare la sua vita aprendosi a Dio e
agli altri, ha sentito la voce del
Signore e man mano ha capito
cosa vuol dire costruire la casa
del Signore». Ovviamente il tema della risposta era legato alle
difficoltà di far pervenire il messaggio cristiano ai giovani di oggi, a come entrare in contatto
con loro. Il Papa ha detto che è
importante «che i giovani non
siano lasciati alle discoteche, ma
abbiano degli impegni, che pos-
sano fare qualcosa di bene - e sentendo di fare qualcosa di bene per
l'umanità, per un gruppo - sentano
l’impulso a trovare un'etica cristiana».Sempre riferendosi al santo di
Assisi, Benedetto XVI ha voluto
mettere qualche puntino sulle «i».
Bisogna «entrare nella personalità di
san Francesco», ha spiegato, e questo vuole dire «entrare in un contesto di tradizione cristiana, e, diciamo, svegliare la fede; conoscere
meglio da dove ha bevuto questo
santo perché non era solo un ambientalista o un pacifista, ma era
soprattutto un uomo convertito».
Si legge in filigrana tutto il fastidio
che può provare papa Ratzinger di
fronte a una lettura «secolarizzata»,
per non dire politicizzata, del santo
di Assisi. E infatti ha aggiunto: «Ho
letto con grande piacere che il
vescovo di Assisi, monsignor Sorrentino, proprio per ovviare a questo abuso della figura di san Francesco nell’occasione del giubileo della
sua conversione vuole indire un
“anno di conversione” per far vedere qual è la vera sfida; e forse
possiamo animare la gioventù a
cercare che cosa è la conversione,
collegandosi anche alla figura di san
Francesco ... ».
Il Papa ha voluto poi lanciare un
messaggio di fiducia sul futuro
della Chiesa: vivrà «nonostante
tante sofferenze e fallimenti».
È sopravvissuta in «duemila anni
di storia», superando nei secoli
passati le invasioni musulmane, le
correnti illuministe, Marx e Hitler
«che voleva distruggere il cattolicesimo». «La Chiesa vive - ha detto -. Abbiamo 2000 anni di storia
nonostante tante sofferenze e fallimenti». Ha ricordato le difficoltà
del passato superate via via dai
cristiani dell'Asia Minore, o a
quanto è «fiorente la Chiesa dell'Africa del Nord» a dispetto delle
«invasioni musulmane». «Rousseau
o Voltaire» pensarono che la Chiesa fosse agli sgoccioli; ma poi «il
XIX secolo fu il secolo dei santi,
delle congregazioni religiose.
La fede è più forte di tutte le correnti che vanno e vengono». Hitler «era convinto che solo un cattolico poteva distruggere il cattolicesimo» e lui poteva avere «tutti i
mezzi per farlo». Lo stesso avvenne con il propagarsi del marxismo; ma anche in questo caso «le
parole di Cristo» furono più forti
della visione marxista.
LA PAROLA DI DIO DA PREGARE E DA VIVERE
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TESTIMONI DI GESU’ RISORTO
Dal 16 al 20 ottobre prossimo si celebrerà a Verona il IV Convegno ecclesiale nazionale. Il tema
da approfondire: “Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”. Un convegno che vuole aiutare i cristiani a
ritrovare il ruolo che devono svolgere nel contesto della realtà storica in cui vivono e operano.
Dove ritrovare le radici della “speranza viva”? la Chiesa italiana si è soffermata a riflette sulla prima lettera di
Pietro, un testo di rara bellezza e di grande efficacia comunicativa.
Una lettera scritta intorno agli anni 80 d.C., una lettera che circola tra le comunità cristiane sottoposte a diverse prove e sofferenze, perseguitate, incomprese, accusate … i cristiani sono invitati allora da Pietro ad un atteggiamento di speranza, virtù che può generare dolcezza e rispetto tra loro e verso tutti. Soprattutto potrà suscitare in loro prontezza nel “rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”(cfr 1Pt 3,15a).
Per meglio comprendere...
Alla luce di questa Parola
diamo uno sguardo al mondo
col cuore in mano, perché, se
vogliamo parlare di speranza
viva, vera, efficace essa deve
toccare l’esistenza quotidiana in tutta la sua concretezza: dagli affetti al lavoro, dal
tempo libero all’impegno.
Speranza che si esprime
nell’accoglienza della fragilità
del nascituro e del bambino,
nella cura del malato, nell’assistenza all’incurabile, nel
soccorso al povero, nell’amore in famiglia, nel rispetto della cultura diversa e dell’ambiente …
Questo perché il cristiano
è nello stesso tempo membro
della Chiesa e cittadino in
senso pieno.
La speranza cristiana non
viene meno di fronte al dolore, alla sofferenza, al terrorismo suicida che ha creato ai
nostri giorni un’atmosfera di
paura e di sfiducia reciproca
tra i popoli.
La speranza cristiana è
incrollabile perché ha un nome: “Cristo!” - Cristo, nostra
speranza, è risorto - canta la
liturgia pasquale.
È questo fatto gioioso e inaudito che sta alla base della nostra
speranza.
Nel suo grande amore, Dio ci ha
rigenerati mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti per
una speranza viva, per una eredità che non si corrompe non si
macchia e non marcisce. (1Pt 1,3b 4).
Se vivi in prima persona la gioia di questo fatto inaudito, con la parola o con la
dolcezza, col sorriso o col perdono… a chiunque incontri e in
qualsiasi situazione, comunichi: Gesù Cristo risorto!
risorto! È qui con
noi. Soffre e gioisce. È caparra
della nostra personale risurrezioSr. Carla
ne.
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Fe d e ? P a r l i a m o n e
Credo in Dio Padre creatore del cielo e della terra …
L’universo dalle mille bellezze, dalle mille profondità.
Tempo di ricominciare
Grazie, Signore
per le settimane d’estate,
per le scoperte e gli incontri,
per la bellezza contemplata,
per il silenzio e l’amicizia,
per l’amore rinnovato e il riposo!
Grazie per questo tesoro:
lo conservo nel mio corpo
e nel mio cuore.
Ora è tempo di ricominciare:
bisogna ritornare alle cose ordinarie.
Ma non ritornerò alle cose di sempre,
alle pratiche del passato;
non ricomincerò con le mie abitudini.
Ritornerò con il desiderio di lottare,
con la voglia di amare,
con la debolezza che accoglie.
Ritornerò con la misericordia
ed un sorriso aperto,
con limpidezza e coraggio.
Ritornerò, ancora una volta,
con la gioia contagiosa del Vangelo.
Ora è tempo di ricominciare:
vieni con me, Signore!
Afferma lo scienziato Rubbia: “L’universo non è frutto del
caso, come qualcuno vorrebbe, non proviene da una materia
eterna, è stato creato in una frazione infinitesimale di secondo”. Nel fare tale affermazione, lo scienziato è partito dall’
evidenza oggi assolutamente conclusiva dell’inizio dello
spazio e del tempo. Il big bang, 15 miliardi di anni fa. Né
spazio né tempo avevano significato prima. Esiste quindi un
momento preciso a partire dal quale l’universo è stato creato.
Nulla esisteva prima di esso. La creazione dell’universo tutto
intero avvenne in un brevissimo istante.
La Bibbia - osserva Küng, teologo svizzero - non parla il
linguaggio scientifico dei fatti, ma quello metaforico delle
immagini. I due racconti biblici della creazione - il primo
scritto intorno al 900 a.c. e il secondo intorno al 500 a.c. non informano sull’origine dell’universo in senso scientifico.
Offrono invece una testimonianza alla fede sulla sua origine
ultima, che le scienze naturali non sono in grado di confermare né di confutare. E questa testimonianza afferma: all’inizio del mondo non sta il caso o l’arbitrio, un demone o una
cieca energia, sta invece Dio stesso, la sua intenzione buona
nei confronti della creazione.
Credere nel Creatore del mondo significa affermare, con
fondata fiducia, che mondo e uomo non restano senza la
spiegazione della loro origine ultima, che uomo e mondo non
sono caos ma cosmo, perché hanno una sicurezza prima e
ultima in Dio in quanto loro origine, autore e creatore.
Scrive il card. Tettamanzi, arcivescovo di Milano:
“Confessare la nostra fede in Dio, Creatore del cielo e della
terra, significa guardare a tutta la realtà creata con profondo
rispetto, allontanando da noi l’orgoglio e l’avidità che la
deturpano e impegnandoci a custodirla e a coltivarla, usandone con cuore umile e grato, sollecito dei diritti e dei bisogni
di tutti”.
Quello che ci è chiesto è un autentico “sguardo contemplativo” perché - come recita il salmo 18,1 - “ I cieli narrano
la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il
firmamento”. Questo nostro mondo, questo “universo dalle
mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bellezze e dalle mille
profondità” (Paolo VI), è un riverbero e un riflesso di Dio,
del suo amore.
da: il Credo dei giovani
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GIOVANI CHE SI INCONTRANO - Albania 2006
mento anche con attività molto
elementari e spontanee. Questo mi ha fatto capire quanto
poco basta per creare un’atmosfera di accoglienza e di
gioia nello stare assieme.
L’esperienza missionaria in terra albanese è durata solo quindici giorni
ma per intensità di avvenimenti, incontri e situazioni vissute sembra sia
stata molto di più.
Guidate dalla frase del Vangelo “Vi riconosceranno da come vi amerete”,
io, Jessica, Lorenza e Rosanna accompagnate da sr. Gisella e da sr. Michela,
abbiamo cercato di portare la gioia, l’unione e la serenità unite alla creatività e alla fantasia dell’intero “gruppo Giovani PASC” in terra di missione e…
secondo me, ci siamo riuscite. Infatti, abbiamo cercato di trasmettere alle
ragazze, ai bambini e ad ogni persona che abbiamo incontrato, l’amore gli
uni per gli altri, la gioia dello stare assieme e del costruire assieme un
incontro, un’attività, un’amicizia.
L’esperienza in terra albanese è stata per me molto importante e formativa per numerosi motivi.
Il primo e il più importante di questi è stato il rapporto di amicizia e di
collaborazione instaurati con le ragazze animatrici albanesi. Non è stato un
nostro insegnare a fare le attività, ma un incontro di storie, di caratteri, uno
scambio di idee. Abbiamo incontrato i loro sguardi, ascoltato le loro parole in
un ammirevole italiano (al confronto del nostro insufficiente albanese), stretto le loro mani per condividere le loro aspettative e i loro sogni. Profondi e
significativi sono stati i momenti di formazione, di condivisione e di preghiera, durante i quali ci sono stati suggeriti molti spunti di riflessione che speriamo accompagnino noi e le ragazze albanesi anche ora, che il nostro stare
insieme si è concluso.
Altrettanto intensa e importante è stata l’attività con i bambini. Io, assieme ad Ida, un’animatrice albanese, mi sono occupata dei momenti di preghiera sviluppati intorno ai seguenti temi: sogno, perdono e amicizia e che
aprivano ogni giornata di attività. Inoltre ho aiutato, sempre insieme a Ida, i
bambini a dipingere la propria maglietta.
Stando con i bambini mi hanno colpito la loro semplicità, il loro coinvolgi-
Ultimo aspetto, ma tutt’altro
che meno importante, sono
state le uscite per visitare
alcuni paesi non lontano da
Plug. Questo mi ha permesso
di conoscere, seppur parzialmente, la realtà albanese nei
suoi aspetti logistici, economici
e naturali. Senza dubbio ci
sono molte cose da migliorare
se non addirittura da costruire,
dal nulla. Ci vorrà molto tempo,
pazienza e soprattutto educazione al credere in ciò che si
sta facendo. Al credere che
nulla si costruisce senza sudore e sacrificio. Mi sono però
convinta che, anche l’Albania,
è una terra ricca di risorse da
sfruttare e valorizzare.
L’aspetto più bello e più
importante di questa esperienza, che porterò sempre con
me, è l’aver imparato a donare, costruire, seminare, lavorare con gli altri e per gli altri
senza aspettarmi nulla in cambio. Ciò mi ha fatto crescere
molto come persona.
Nel cuore c’è il desiderio di
ritornare in terra albanese e mi
auguro che il futuro mi riserverà questa possibilità.
Elena da Monselice PD
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Il seme della speranza
Quando penso al Kenya, mi
viene in mente che ho dei fratelli neri e che mi chiedono di
pregare per loro. Ricordo le
notti trascorse lì, dove ho imparato a non subire il tempo, ma
ad assumerlo con decisione e
fermezza. Più la notte avanzava,
più pensavo a loro e cercavo di
comprendere tutta la loro
tristezza o la loro gioia, sentivo
di pregare con loro e per loro.
Molto spesso le mie preghiere erano senza vita. Non mi
sentivo in comunione. Agivo,
facevo qualcosa per loro, ma
non comprendevo la loro situazione reale.
Tacevo davanti a loro, ma il
mio cuore era aperto a cogliere
la loro disperazione esistenziale.
Mi domandavano pane, un
servizio
materiale,
oppure
niente.
Mi chiesi: “di che
cosa
parlano?”. Al di là delle parole,
percepii la loro fame d’amore.
Mi scoprii divenuta più sensibile, attenta e silenziosa. Stavo
imparando a guardarli e ad
amarli..
È stata dura. Ho sperimentato il senso tragico della mia
esistenza. Mi sentivo come in
pericolo, povera e colpevole.
Avevo soprattutto fame della
luce e della vita di Dio, mi
sentivo obbligata ad abbandonarmi e lasciarmi lavorare dal
suo amore.
Sento di voler ringraziare
questi fratelli perché, tramite
loro, e per grazia di Dio, durante la notte ho imparato a pregare, mi hanno reso più sensibile alla loro sofferenza e capace di gridarla a Dio.
Hanno reso più sicure le
radici della mia fede, più forte
quel seme di speranza che mi
porto dentro.
Floriana da Arezzo
I simpatici ragazzi delle foto sono
della parrocchia di San Giorgio a Liri.
Ci hanno comunicato il loro cammino di
amicizia e di formazione insieme a
suor Anna Santa e il proprio parroco
don Pius.
Venuti a conoscenza dei progetti che
le Piccole Ancelle del Sacro Cuore
cercano di realizzare con l’aiuto di tanti amici italiani, in Kenya, Albania e
Ecuador, si sono dati da fare preparando loro stessi ramoscelli d’ulivo che
distribuito ai fedeli, raccogliendo generose offerte che, hanno poi devoluto
alle nostre missioni. Così anche loro si
sono sentiti missionari nella Chiesa e
nel mondo.
Complimenti ragazzi!
Continuate, ad incontrarvi.
Non abbiate paura di affacciarvi sul
mondo, con la tanta voglia, che già
avete dimostrato, di portare uno spruzzo d’amore, e poi un altro… un altro
ancora … e così via in un mondo bisognoso di calore umano, solidarietà e
amore cristiano.
sr. Annarita
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Arcobaleno di anime
Non spetta a voi conoscere i
tempi e i momenti che il Padre
ha riservato alla sua scelta, ma
avrete forza dallo Spirito Santo
che scenderà su di voi e mi sarete TESTIMONI a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la
Samaria e fino agli estremi
confini della terra”. Atti 1, 7-8
La sola testimonianza è già
di per sé un’emozione inebriante. Lo è ancora di più se
questa emozione contempla
l’essere testimoni di un’esperienza di umanità e di missione, diffondere agli altri, rimasti
ad aspettarti, la propria gioia di
servizio e leggere nei loro occhi
il desiderio di venire in futuro
con te…
Partire con il cuore sereno
ed umile, questo mi ero prefissa. Avevo detto (e scritto) che
sarei andata in quella terra
affascinante che è l’Albania,
così vicina, ma apparentemente così lontana, senza troppe
aspettative, senza pregiudizi,
senza preconcetti. E con
questo animo sono partita,
lasciando a casa la mia innata
iperattività.
In fondo, me lo sentivo che
sarei tornata entusiasta. Tutti
mi avevano parlato di un’esperienza incredibile. Tuttavia, la
missione è sempre una sorpresa e, per mantenerla tale, ho
evitato di fare troppe domande
per tacitare la mia curiosità e
la mia insicurezza; l’Albania
volevo scoprirla attraverso i
miei occhi.
Tante le riflessioni al ritorno, i “perché” soprattutto si
affollavano nella mente.
E poi una strana pacatezza,
figlia di un’esperienza umanamente forte in mezzo a “donne
e uomini non solo gente” che
erano proprio lì in quel momento, perché Dio aveva stabilito
un nostro incontro con loro,
secondo il Suo disegno.
Vivendo con e attraverso i
gesti, le parole, gli sguardi del
popolo albanese, credo di
avere imparato piccole grandi
cose che prima consideravo
importanti, ma non nel loro significato così relativo
Da quando ho rimesso piede
in Italia, non è passato un solo giorno
che il mio pensiero non sia volato in
Albania, a ricordare “quell’arcobaleno
di anime” che ha vissuto con noi la
gioia dello stare insieme in nome di un
unico Dio, anche se chiamato, con altri
nomi differenti.
Lorenza da Arezzo
PAGINA 7
Mal d’Africa
Prima della partenza per la missione in Kenya,
diverse persone mi hanno detto che al mio ritorno
avrei sofferto del cosiddetto “mal d’Africa”…
Ovviamente mi domandavo cosa fosse questo
male di cui tutti mi parlavano per sentito dire…
Bene, ora lo so: è una vera malattia dalla quale
non si può guarire, un virus che penetra nel sangue,
gira per il corpo, dal cuore al cervello, allo stomaco…
Se ci fosse una definizione sul dizionario dovrebbe esserci scritto: patologia virale che colpisce
l’intero organismo, provocando un arricchimento
profondo delle emozioni più autentiche e semplici
dell’uomo, e producendo notevoli, lenti, intensi
cambiamenti nell’affrontare e guardare la vita.
Mai avrei pensato che questa esperienza potesse risultare così unica ed indescrivibile!
Cause del “mal d’Africa”: dal momento in cui si
atterra con l’aereo in Kenya, si viene assaliti da così
tante sensazioni nuove, diverse, forti, rare, che
descriverle fedelmente è quasi impossibile, perché
si è di fronte ad una realtà che solo se si vive si può
capire ed amare: è un mondo totalmente differente
dalla realtà che conosciamo. Dai più piccoli dettagli
ai più grandi aspetti della vita, il Kenya offre un’infinità di scoperte e preziose diversità alle quali ci si
adatta non senza fatica, perché lo scenario è
realmente impensabile ed incredibile.
Il Kenya è un paese incantevole: lo stupore e la
meraviglia si insinuano nella mente tanto da lasciare stregato chiunque passi attraverso quel territorio
rosso, per la terra, e verde, per la natura, attraverso
quei paesaggi suggestivi ed i panorami selvaggi,
attraverso luoghi che l’armonia della natura e di
animali insoliti rende spettacolari. Camminando per
la strada si incontra tanta gente, così ospitale e
gentile, gioiosa e sorridente, colorata nel vestire,
forte e sobria nel comportamento, che desidera
comunicare, condividere, conoscere.
Ciò che mi ha colpito e commosso di più è
proprio la gente, tutte le persone che abbiamo
incrociato e conosciuto, con le quali abbiamo parlato, lavorato, passato del tempo; questa è la loro più
grande ricchezza: stare insieme! Trascorrere alcune
ore insieme, condividere la propria vita, comunicare,
ascoltare, cantare, pregare … Uomini e donne che
affrontano con estrema serenità, dignità e rispetto
tutte le difficoltà che la vita ha messo loro di fronte,
che guardano negli occhi l’altro per stabilire un vero
contatto, che hanno fede e speranza, che sono poveri di mezzi ma assai ricchi di spirito, che hanno
una rara passione per la vita, che non demordono
ma vanno avanti dando importanza ad ogni gesto.
Per non parlare dei bambini: così tanti, belli,
allegri, curiosi, che chiedono solo attenzioni ed af-
fetto, che si stupiscono delle piccole cose, che gioiscono
per semplici gesti, che adorano giocare in compagnia, che
sono già più grandi di quanto in realtà non siano…
Naturalmente è capitato che alcune persone ci guardassero con diffidenza, timore e sospetto, ma è successo
in luoghi di estrema povertà e miseria: è accaduto a Korogocho, uno degli slum nell’area urbana di Nairobi, dove
non c’è mancanza solo di beni materiali, ma anche di valori morali, per cui ciò che emerge è l’assenza di speranza,
di fede, e prevale una rassegnazione pura ed una sopravvivenza forzata.
Di fronte a quella realtà non poteva non nascere un
generale senso di confusione ed impotenza… Non è semplice riuscire ad esprimere certi stati d’animo tanto devastanti, perché nel riportare situazioni in cui si ritrovano
solo tristezza, sopportazione, fame, povertà assoluta, pur
con mille racconti dalle infinite sfumature ed informazioni
dai minuziosi dettagli o con un eloquente reportage di
foto e filmino, risulta davvero difficile rendere il dolore intenso e le emozioni contrastanti che pervadono il cuore.
Il “mal d’Africa” esiste, avvince e coinvolge: la malinconia e la nostalgia possono lasciare senza fiato, ma la forza
e la dignità che ho osservato in quelle persone mi danno il
coraggio e la fermezza di valorizzare il patrimonio di esperienze, valori umani e religiosi, emozioni che mi hanno
arricchito in questa missione.
Elisabetta da Roma
PAGINA 8
Pagina
Dal Kenya ai giovani pasc
Sì, voi non siete
come gli altri visitatori
che ho incontrato provenienti dall’ Italia.
Il vostro modo di
essere e di fare ha
cambiato la mia esperienza in Italia e perfino ha dato una risposta alla domanda che
da sempre mi interpella.
Quando ero in
Italia ho vissuto molte
belle esperienze che
mi hanno aiutato a
crescere umanamente
e nella fede. Tra
queste c’è quella con i
giovani italiani. In alcune parti d’Italia ci sono pochi giovani che
vanno in Chiesa e non sono interessati a Dio. Nelle Chiese si trovano molte persone anziane. Questa constatazione è stata così forte
che ho iniziato a domandarmi “Come si può evangelizzare i giovani
italiani?”.
Il vostro arrivo qui, nelle nostre comunità del Kenia, ha portato
una risposta che mi ha reso veramente felice.
Anche se molti giovani sono come quelli descritti sopra, ci sono
però i “Giovani PASC” che assomigliano a una specie di “rosa” che
sta sbocciando e crescendo in un “deserto”. In voi vedo la speranza di una nuova evangelizzazione. Voi siete come una piccola
“luce” nel buio totale. Voi non avete paura del buio e insieme dite
“io credo”. Ringrazio Dio che vi dona questo “coraggio” nel mondo
di oggi. Continuate ad ascoltare la “Parola di Dio” perché Dio con
voi e in voi sta creando qualcosa di nuovo.
Non dico queste parole solo per farvi piacere, ma la vostra
presenza, i piccoli gesti di preghiera, l’essere insieme, il condividere insieme … mi hanno commosso. È stata un’esperienza veramente speciale per me.
Ringrazio la Madre Generale e il suo Consiglio che hanno fatto
diventare realtà la possibilità di condividere il carisma con i Laici.
Giovani PASC continuiamo a camminare insieme!
Sr. Nancy
Se vuoi conoscere il gruppo dei
GiovaniPasc . Contattaci:
•Sr. Annarita Spaccini
via G. Cocci, 60 - 52100 Arezzo
E-mail: [email protected]
•Sr. Daniela Littamè
via XI Settembre, 34 06012 Città di Castello Pg
E-mail: [email protected]
•Sr. Michela Agostini
via Amendola, 20 - 61100 Pesaro
E-mail: [email protected]
LA STORIA DELLA MATITA
Il bambino guardava la nonna che stava
scrivendo una lettera. A un certo punto le
domandò:
-Stai scrivendo una storia che è capitata a noi?
E che magari parla di me.
La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse
al nipote:
-E' vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia,
più importante delle parole, è la matita con la
quale scrivo. Vorrei che la usassi tu quando
sarai cresciuto.
Incuriosito il bambino guardò la matita, senza
trovarvi alcunchè di speciale.
-Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto
nella mia vita!
-Dipende dal modo in cui guardi le cose.
Questa matita possiede 5 qualità: se riuscirai a
trasporle nell'esistenza, sarai sempre una persona in pace col mondo. Prima qualità:puoi fare
grandi cose, ma non devi mai dimenticare che
esiste una Mano che guida i tuoi
passi, 'Dio?: ecco come chiamiamo questa
mano! Egli deve condurti sempre verso la Sua
volontà.
Seconda qualità: di tanto in tanto, devo
interrompere la scrittura e usare il temperino.
E' un'azione che provoca una certa sofferenza
alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perchè devi imparare a sopportare
alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo
migliore.
Terza qualità:il tratto della matita ci permette
di usare una gomma per cancellare ciò che è
sbagliato. Correggere un'azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di
negativo:anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia.
Quarta qualità: ciò che è realmente importante
nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in
essa. Dunque, presta sempre attenzione a
quello che accade dentro di te.
Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia
sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò
che farai nella vita, lascerà una traccia: di conseguenza, impegnati per avere piena coscienza
di ogni tua azione.
da "Sono come il fiume che scorre"
di Paulo Coelho 2006
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