Omosessualità in transizione: aspetti sociali e clinici Marco Maria
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Omosessualità in transizione: aspetti sociali e clinici Marco Maria
Omosessualità in transizione: aspetti sociali e clinici Marco Maria Boccacci Collegandomi chiaramente alla cornice concettuale di questo convegno sono qui per aprire una piccola finestra sulle relazioni omosessuali, l'omosessualità e la terapia di coppia con persone dello stesso sesso. Ci sembra interessante parlarne oggi per vari motivi. Uno puramente casuale ma importante da ricordare, ovvero che oggi, diciassette maggio, ricorre la giornata internazionale contro l'omo/transfobia. Un altro più didattico legato ai contenuti che queste argomentazioni complesse portano con sé, contenuti importanti se si parla di percorsi clinici per l'uomo contemporaneo. Nodi concettuali centrali della dissertazione sono il cambiamento dal perché l'omosessualità al come l'omosessualità all'interno della narrazione della vita del paziente e la terapia individuale e di coppia con persone lgbt. Inoltre tutta una serie di argomenti inevitabilmente interconnessi, che sembrano sullo sfondo ma sono in realtà fondanti, che riguardano i delicati equilibri che sottostanno alla formazione del senso di identità personale, il significato profondo della patologia come fonte di sofferenza per il paziente ma anche come equilibrio raggiunto e difeso strenuamente e come difesa in se. In ultimo le dinamiche metamorfiche della terapia cioè perché e come la terapia diventi strumento di cambiamento e come possa realmente portare il paziente ad accettare che esistono altri mondi ed altri modi. Per quanto riguarda l'omosessualità credo che sia innovativo e politicamente importante aver spostato la prospettiva da oggetto clinico di cui chiedersi l'eziologia e valutarne la normalità, ad espressione sana accanto alla scelta eterosessuale della sessualità in genere, aspetto risignificato insieme a tutti gli altri aspetti relazionali e personali sulla base dei modelli operativi interni della persona, le sue simbolizzazioni affettive ed aree di conflitto. Una caratteristica a fianco alle altre che differenzia una persona dall'altra solo perché appunto differente, ma che rientra in un discorso di costruzione della propria identità e contatto con i propri vissuti emotivi con le difficoltà annesse dunque più allargate che riguardano tutti allo stesso modo nelle proprie individualità. Come afferma Rigliano1: "L'omosessualità, nella nostra cultura è inquietante perché chiama in causa la plastica indeterminatezza dello sviluppo umano. Contrariamente a certa ideologia organicistica oggi dilagante, nulla dimostra, infatti, che i processi affettivi siano stabiliti biologicamente-geneticamente, cerebralmente, biochimicamente. Essi sono invece il frutto dell'elaborazione psichica che l'individuo sviluppa interagendo con le persone significative, all'interno delle strutture sociali e culturali in cui cresce. [...] E' l'insieme delle rappresentazioni di relazioni e d'emozioni che si sono avute e si possono avere con l'altro significativo che va incontro a un'evoluzione, la quale andrà via via specificandosi ulteriormente in immagini sempre più numerose e precise, compresi il genere e il sesso. [...] sono le emozioni relazionali che stabiliscono l'ordine di importanza delle figure in grado di realizzare la promessa di cambiamento di sé, e prima di tutto di una realizzazione emotiva. [...] E' questo che inquieta: che si possa dar libero corso a ciò che si sente, che si ami la persona verso cui ci si sente portati" (Rigliano, 2001, pp. 41-42). I rapporti tra la psicoanalisi e l'omosessualità non sono stati semplici e armoniosi per lunghi anni. Al contrario proprio dalla psicoanalisi e dalla psichiatria sono nate forme di discriminazioni importanti che hanno per lungo tempo ostacolato un'integrazione della sessualità omosessuale all'interno del ventaglio sano di possibilità che la persona incontrava nel suo sviluppo. Sebbene Freud (1905) non abbia mai preso una posizione patologizzante ma anzi possibilista, al contrario di altri autori convinti e ferventi sostenitori dell'equazione omosessualità = malattia/deg ene razione, come ad esempio, Krafft-Ebing (1886), il clima socioculturale religiosamente e scientificamente influenzato del novecento non ha favorito da subito una visione complessa della personalità umana come costruzione relativa di significati soggettivi, ma spesso omologandosi al modello positivista ha indagato l'uomo con criteri fintamente oggettivi che volevano mettere ordine li dove invece sarebbe stato più opportuno ragionare secondo un criterio di complessità e variabilità. Molti anni di scontri e confronti sono dovuti passare per far si che fosse possibile ragionare in un modo più sfaccettato sull'argomento. Un esempio potrebbe essere il diffondersi alla fine dell'ultimo secolo della queer theory, una disciplina accademica post moderna che colpì anche l’immaginario di molti analisti per lo più psicologi. La teoria sopracitata si pose come elemento di rottura sfidando gli assunti impliciti che sottostanno alle categorie binarie convenzionali di mascolinità-femminilità o omosessualità-eterosessualità. I teorici di questo movimento richiamarono l’attenzione sui modi con cui le identità possono essere costruite socialmente attraverso la storia (Foucault 1976), il linguaggio e i costumi e la maggior parte di loro non ritenne che queste identità avessero origine da fattori biologici o “essenzialisti”. Or dunque la teoria degli analisti postmoderni gay spostò il focus: non più “perché” l’omosessualità ma “come” l’omosessualità (Corbett, 1997). In fondo questo cambio prospettico sembra in armonia con un cambiamento epistemologico più generale da una psicologia monopersonale e contenutistica di impronta freudiana ad una più relativistica e bi-personale che vede la costruzione di significati come un processo calato non solo nel “là” ed “allora” ma anche nel “qui ed ora” dell'area di pensiero-azione. Ad oggi ancora regna tra gli stessi psicoterapeuti un alto livello di confusione in merito alla questione. Nonostante negli anni dunque la comunità scientifica internazionale abbia escluso l'omosessualità dal manuale dei disturbi psichiatrici e grandi passi avanti siano stati fatti a livello di integrazione e rispetto, sia per quanto riguarda gli stessi analisti omosessuali sia per quanto riguarda i pazienti, è bene non sottovalutare il potere della discriminazione che nasce dalle radici inconsce e irrazionali della società, ancora forte e pervasivo quando si parla di questo delicato argomento. In molti paesi del mondo l'omosessualità viene ancora punita con il carcere o con la morte. Questo deve far riflettere. Basti pensare a paesi come l'Iran e l'Arabia Saudita dove ancora oggi l'omosessualità tra persone maggiorenni e consenzienti viene condannata violentemente. Nel cosiddetto mondo occidentale la situazione sta lentamente migliorando e sicuramente non è paragonabile a quella dei paesi mediorientali, ma nonostante tutto le continue campagne di sensibilizzazione sono ancora necessarie. Dunque la nostra società si sta attrezzando, ma ancora l'omofobia dilagante scoraggia e rattrista tanto quanto la battaglia ancora non vinta per i diritti negati. La terapia di coppia condotta con persone dello stesso sesso rimane alla luce di questi dati un campo di informazione importante poiché fa emergere proprio questo senso di normalizzazione che vede le coppie omosessuali alle prese con dinamiche che ad uno sguardo più allargato sembrano riguardare poi tutte le coppie. Analizzando in seguito il significato profondo della relazione di coppia questo concetto sembrerà più chiaro. Inizia per fortuna oggi a farsi strada la consapevolezza del fatto che l'identità, e quindi anche le espressioni della sessualità, siano costruite socialmente e personalmente attraverso un processo che si nutre costantemente di una rinegoziazione tra mondo interno e contesto sociale affettivo di riferimento, risignificando i vari aspetti della persona a livello individuale e sociale sulla base dei suoi modelli operativi interni e delle simbolizzazioni affettive di riferimento. Se proprio la psicoanalisi e la psichiatria una volta hanno divulgato forme di insana informazione in merito all'argomento è importante politicamente, socialmente e scientificamente sottolineare come proprio da queste discipline cliniche nasca oggi un tentativo coraggioso di cambiamento prospettico epistemologico che parte dall'osservazione e dalla pratica clinica e dalla elaborazione teorica. Linee guida appropriate per lavorare con persone omosessuali sono state prodotte negli ultimi anni partendo da una visione completamente opposta a quella dell'inizio, sessista ed eteronormativa, una visione agita e dannosa che ha negli anni prodotto svariati e gravi errori di valutazione e clinici sulla pelle di molti pazienti omosessuali e che direttamente ed indirettamente ha influenzato in modo distorto il pensiero e le ideologie sociali. Linee guida che hanno permesso agli addetti ai lavori di poter evitare grossolani errori che avrebbero potuto non aiutare il paziente omosessuale ma addirittura danneggiarlo. Linee guida tutt’altro che scontate dati i molti pregiudizi che ancora adesso i terapeuti conservano nei confronti dei diversi orientamenti sessuali (Bartlett, Smith, King, 2009; Lingiardi, Capozzi, 2004; Lingiardi, Nardelli, 2011) e dati i comportamenti irresponsabili agiti in passato. Basti pensare che psicoanalisti come Ovesey (1969) davano al paziente addirittura degli ultimatum nel caso non si fosse impegnato per lo meno ad agire con un eterosessuale nonostante le pulsioni percepite in senso contrario. E basti pensare come ancora ad oggi proliferino deliranti campagne a favore delle cosiddette terapie riparative, difese nonostante l'evidente infondatezza scientifica, teorica e clinica. Già infatti gli studi portati avanti da Kinsey tra il 1940 e il 1950 dimostrarono la totale fallimentarietà delle terapie riparative. All'interno dell'ampio campione analizzato, solo qualcuno aveva accettato di cambiare atteggiamento forzandosi, ma di base nessun soggetto aveva cambiato orientamento sessuale realmente. Punti fondamentali come l'omofobia interiorizzata dal paziente, un'attenzione ai fattori di stress specifici (minority stress), il non dare per scontato l'orientamento sessuale del paziente, il gender stress o gender confusion, un'attenzione all'incompatibilità di alcuni strumenti psicometrici di vecchia generazione, la centralità delle dinamiche di coming out vanno ormai tenuti in seria considerazione quando si lavora con le persone lgbt e mettono il clinico nelle condizioni di portare avanti un lavoro adeguato. Lavoro terapeutico applicabile al singolo come chiaramente in modo differente alla coppia. Mitchell, nel 1981, scriveva: “se l’omosessualità fosse considerata alla stregua di qualunque materiale clinico, ci renderemmo conto che le fantasie e i comportamenti omosessuali riflettono una molteplicità di temi e di significati, l’analisi dei quali, permette al paziente di operare le proprie scelte in modo libero rispetto a fattori di influenza espliciti e impliciti” (pp. 63-80). Secondo alcuni autori (Brown,1996; Johnson, 1993; Messing, Schoemberg, Stephens,1984) il terapeuta soggetto a bias antiomosessuale potrà più facilmente mettere in atto i seguenti errori e danneggiare o comunque non aiutare affatto il paziente che con fiducia si è aperto a lui per es. attraverso: - fornire un intervento di qualità inferiore - minimizzare o esacerbare la rilevanza dell’orientamento sessuale - cambiare argomento quando ci si avvicina a tematiche lgb - svalutare i vissuti e le esperienza dell’utente - ostacolarlo nel fare nuove esperienze - rassicurarlo rispetto al fatto che non è omosessuale in quanto non rientra in criteri arbitrariamente scelti - credere o suggerire che l’omosessualità sia una fase - rinforzare l’omofobia interiorizzata - incorrere in errori di tecnica e scelte inappropriate - perseguire più o meno consapevolmente il fine di modificare l’orientamento sessuale con conseguenza dannose sulla persona. La terapia di coppia come intervento in particolare e nello specifico con persone dello stesso sesso, con la sua multiassialità transferale si presta come condizione privilegiata per osservare ancora meglio quali sono le psicodinamiche attraverso le quali l'individuo costruisce la propria identità e le proprie relazioni che diventano poi proprio lo strumento principe per conservare quell'identità e dunque anche i suoi tratti patologici in un senso di mancanza di autonomia e benessere. L'osservazione di queste dinamiche fa capire bene come l'omosessualità al pari del resto venga vissuta e risignificata sulla base dell’intersoggettività, tassello fondamentale per la genesi e lo sviluppo della personalità dell’uomo (Di Sauro, 2009). Continua…. Il lettore può trovare l’articolo intero nel volume: Di Sauro R. Mura A. (2015), Quale psicoterapia per l’uomo d’oggi, Aracne, Roma