Processi di apprendimento/insegnamento e TD - Licia Landi

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Processi di apprendimento/insegnamento e TD - Licia Landi
Processi di apprendimento/insegnamento e TD - Licia Landi
Biografia dell'autrice
Licia Landi insegna italiano e latino al Liceo classico “Maffei” di Verona ed è supervisore di
tirocinio e docente di “Tecnologie didattiche ed educative” alla SSIS del Veneto (Università Ca’
Foscari di Venezia). Relatrice a convegni nazionali e internazionali, ha pubblicato saggi e
articoli su riviste specializzate e in volumi collettanei.
Le ricerche in corso riguardano: didattica del latino e dell’antico e tecnologie dell’informazione
e della comunicazione; insegnamento a distanza del latino.
Website: http://www.licialandi.com
E-mail: [email protected]
Modulo 2
Processi di apprendimento/insegnamento e TD
2.1 Ruolo delle TIC nei processi di apprendimento
2.1.1 TIC per la ricerca e la condivisione dell’informazione
Lo sviluppo delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) sta avendo un profondo effetto sul mondo
della scuola, perché consente di “rompere l'isolamento della classe e della scuola con il mondo esterno e con realtà
anche assai distanti utilizzando, in un processo formativo e nell'ambito di una metodologia didattica sperimentata,
risorse e informazioni disponibili in rete” .(Direttiva n. 318 del 4 ottobre 1995)
In questo quadro il World Wide Web, con le banche dati remote, con i siti d’interesse umanistico e
scientifico, con le biblioteche in linea, la posta elettronica, le liste di discussione a tema etc.,
rappresenta un efficace supporto all’insegnamento e all’apprendimento, purché non vi ci si accosti
semplicemente perché è di moda, senza le necessarie conoscenze e competenze.
“E’, invece, indispensabile individuare le ragioni per le quali è preferibile utilizzare Internet e le
sue risorse e delineare con chiarezza il progetto didattico: non è il mezzo in sé e per sé che permette
d’insegnare meglio, ma è la conoscenza delle sue caratteristiche e l’impiego delle sue potenzialità in
una specifica situazione didattica che può incrementare i risultati, abbreviare i tempi e favorire il
coinvolgimento dei discenti”. (Landi)
Per accedere alle informazioni è necessario imparare a conoscere la Rete, la sua struttura, le
possibili modalità di ricerca e mettere a punto delle efficaci strategie per il reperimento delle risorse
adatte all’insegnamento e/o all’apprendimento. A tal fine, si potrà scegliere tra gli indici per
argomenti e i motori di ricerca generici oppure si potranno trovare interessanti materiali,
incominciando la navigazione da un sito accreditato (per es. di una Università o BDP) o conosciuto
e seguendo i links ipertestuali presenti sulle pagine.
Gli indici per argomenti sono database in cui i documenti Web sono inseriti e indicizzati
intelligentemente e sono catalogati per categorie, come in Yahoo, About.com etc. Le “subject
directories” sono interrogabili o navigando l'albero gerarchico delle subcategorie o con ricerche per
parole. L’uso dei motori di ricerca generici può essere proficuo solo se si sanno selezionare
accuratamente delle parole chiave che descrivono precisamente l’oggetto da ricercare.
Nell’impostazione della query ci si può aiutare con i termini di ricerca speciali <<
http://it.altavista.com/help/adv_search/syntax>>.
Lo spirito della Rete è collaborativo; per questo, iscrivendosi a una lista di discussione (via e-mail)
dedicata a uno specifico ambito o, più in generale, alla scuola e chiedendo agli altri utenti di
segnalare dei siti, si ottengono con facilità preziose indicazioni. Le liste, come anche i newsgroups, sono i luoghi deputati alla messa in comune di esperienze e al confronto fra insegnanti e
costituiscono uno spazio privilegiato di condivisione.
Prendiamo
come
esempio
le
liste
di
discussione
Didaweb
<<http://www.didaweb.net/liste/index.php>>, dedicate non solo a tutti i gradi dell’istruzione e a
tutte le discipline, ma anche ai grandi temi della scuola di oggi, come l’educazione ambientale,
l’educazione permanente, l’interazione culturale, handicap e integrazione, la differenza sessuale, gli
insegnamenti italiani nel mondo, i temi trasversali etc.
I docenti iscritti alle liste Didaweb hanno contribuito attivamente alla realizzazione del “Centro
Risorse” “una vera e propria "guida", con l'intento non solo di facilitare il reperimento di siti
specifici e materiali utili alla didattica, da scaricare liberamente, ma di costituire davvero un centro
condiviso aperto alla collaborazione di tutti gli insegnanti che frequentano e "vivono" la rete”. (
Rabbone << http://www.didaweb.net/risorse/progetto.php>>)
2.1.2 TIC come amplificatore delle capacità di comunicazione
Le TIC permettono efficaci forme di comunicazione nella didattica quotidiana.
Consideriamo, per esempio, le presentazioni multimediali al computer che, grazie alla loro potenzialità e flessibilità
comunicativa, stanno imponendosi agli occhi degli educatori.
Esaminiamone in particolare gli aspetti comunicativi e didattici.
Gli aspetti comunicativi.
Le presentazioni consentono al docente, durante la lezione in classe, di attuare precise forme di interazione tra la
comunicazione verbale e non verbale. Il ricorso a sistemi visivi (come immagini fisse o in movimento, animazioni,
disegni, fotografie e grafici), uditivi (come la riproduzione di un brano musicale o la recitazione di un testo) e l’uso di
parole e/o numeri scritti aiuta gli studenti a interpretare correttamente il messaggio verbale orale dell’insegnante.
Per raggiungere questo obiettivo, il docente progetta con cura il proprio intervento <<2.5>> non solo in relazione ai
contenuti e ai tempi, ma anche alla messa in forma comunicativa, usando in modo pertinente la tecnologia, senza
lasciarsi catturare dai giochetti ipertecnologici. Inoltre, egli deve considerare la possibilità di usare, durante la lezione,
schemi comunicativi aperti e/o chiusi e prepara i materiali in stretta relazione a questa scelta.
Gli aspetti didattici
Le forme di interazione verbale e non verbale, di cui abbiamo parlato, non devono essere ridotte nei termini puramente
trasmissivi della classica lezione frontale, ma “curvate” a vantaggio di una didattica tesa all’attivazione di specifiche
capacità cognitive degli studenti, come i processi analitico-deduttivi e intuitivo-sintetici, mediante forme di interazione
dialogica.
Apprendimento con le presentazioni multimediali
Le presentazioni multimediali possono essere impiegate anche dagli studenti per realizzare dei prodotti comunicativi
(per esempio, una ricerca personale, un lavoro collaborativo, il percorso per l’Esame di Stato etc.) come prova del loro
apprendimento attivo e costruttivo.
La progettazione di una presentazione stimola la ricerca dei dati e attiva i processi di classificazione, di ordinamento, di
analisi, di valutazione ed esecutivi. <<2.5 Progettazione e realizzazione di presentazioni basate su TIC>>
La realizzazione di una presentazione contribuisce ad affinare e arricchire la competenza comunicativa verbale scritta e
orale , aiuta a conseguire la padronanza di diversi codici, come quelli grafici, visivi, statici e cinetici, iconici, simbolici ,
sonori, musicali (TIC amplificatore delle capacità espressive), invita a valutare la significatività e la pertinenza dei
contenuti e l’adeguatezza dei segni.
La riflessione sulle scelte contenutistiche, espressive e tecniche, la ricerca mirata di documentazione, la stesura
progettuale, la produzione di significanti verbali, visivi, uditivi, il conseguimento degli obiettivi comunicativi favorisce
negli studenti lo sviluppo di processi metacognitivi.
2.1.3 TIC come supporto ai processi di apprendimento collaborativi
Le TIC nell’apprendimento collaborativo (1)
L’impiego delle TIC nell’apprendimento collaborativo valorizza sia la dimensione comunicativa fra gli studenti sia le
interazioni sociali nella classe sia la negoziazione nella costruzione della conoscenza. L’apprendimento è, quindi,
un’attività cognitiva distribuita e modellata sugli scambi interpersonali e sugli strumenti tecnologici della mediazione.
Le TIC nell’apprendimento collaborativo (2)
Nel contesto educativo costruttivista <<2.3>> le TIC sono ambienti per la costruzione collaborativa della conoscenza
che permettono di affrontare questioni complesse, di confrontare le diverse interpretazioni, di mettere insieme e di
usufruire di una pluralità di abilità specifiche, proprie di tutti i membri di una classe o di un gruppo di apprendimento,
anche remoto, e di risolvere problemi. Per una più chiara comprensione consideriamo alcuni casi.
Software per le mappe concettuali
La costruzione di mappe concettuali collaborative <<2.3>> ha effetti positivi sulla coesione fra i componenti del gruppo
di lavoro e sul conseguimento di risultati cognitivi
I software progettati per lo scopo consentono di modificare i concetti e le proposizioni, di convertire la mappa in altri
formati elettronici e di stampare, in ogni fase di lavoro, il prodotto che può, così, essere più facilmente condiviso con gli
altri.
La costruzione di un ipertesto (1)
La costruzione di un ipertesto <<2.4>> in classe è per gli alunni un’attività forte di condivisione di un’esperienza e, per
questo, socializzante. Il lavoro collaborativo deve caratterizzare tutte le fasi del lavoro, a partire dalla progettazione e
dalla realizzazione dei materiali fino alla verifica e alla valutazione del prodotto finito.
La costruzione di un ipertesto (2)
La costruzione di un ipertesto fa emergere i diversi stili cognitivi degli studenti. Nel lavoro collaborativo essi
sperimentano il gioco delle interpretazioni, si interrogano, fanno ipotesi su quanto già sperimentato o rilevato, ricercano,
mediante la progettazione di mappe concettuali, connessioni tra i diversi domini di conoscenza e ricompongono per
soglie differenziali e divergenti la matrice unitaria dei saperi.
Micromondi
La costruzione collaborativa di micromondi <<2.2>> permette agli studenti, mediante la manipolazione e la
condivisione di oggetti anche tridimensionali, di inventare o raccontare storie, di creare ambienti virtuali, di realizzare
molteplici personaggi, ognuno caratterizzato in modo diverso, e di simulare esperimenti in campo scientifico.
Il giornalino scolastico
Gli alunni si dividono in “redazioni” che assumono compiti diversi (per esempio: racconti, inchieste, interviste, sport,
videogiochi, Internet, televisione, cinema etc.) e producono i propri pezzi, usando un programma di videoscrittura.
Collaborativamente decidono l’impaginazione e per la produzione utilizzano un programma di desktop publishing e di
grafica per le immagini.
Gli strumenti di Internet
Le TIC, come la posta elettronica, le liste di discussione, la chat, la videoconferenza, l’instant messaging etc., sono
luoghi privilegiati di negoziazione e condivisione di significati.
Inoltre, i programmi di posta elettronica non consentono solo l’invio e la ricezione di messaggi, ma anche di scambiare
altri materiali, di vario formato, sotto forma di file allegati, offrendosi così come efficace supporto per il lavoro
collaborativo a distanza.
2.1.4 TIC come strumento di produttività individuale
In un ambiente d’apprendimento costruttivista la tecnologia svolge un ruolo preciso e riconosciuto nelle attività
quotidiane.
Secondo Jonassen (1996), poiché le caratteristiche fondamentali delle nuove tecnologie sono l’interattività e la capacità
di processare informazioni, l’apprendimento con il computer è un “mindtool”.
Jonassen definisce “mindtools gli strumenti basati sul computer e gli ambienti d’apprendimento adattati o sviluppati per
fungere da partners intellettuali del discente, per impegnare o facilitare il suo pensiero critico e promuovere un
apprendimento di più alto livello”.
L’utilizzo dei comuni software (come, per esempio, quelli multimediali, ipermediali, per la costruzione delle mappe
concettuali e per l’archiviazione dei dati, il foglio elettronico, la posta elettronica, la videoscrittura) impegna lo studente
a costruire e a rappresentare la conoscenza, a pensare e a risolvere dei problemi.
Esaminiamo, adesso, più specificamente quali sono i vantaggi che essi apportano, stimolando l’apprendimento
attivo, cominciando dai programmi di videoscrittura e di posta elettronica à stimolano l’abilità di scrittura, invitano a
prendere decisioni nella formulazione delle idee, motivano alla comunicazione.
I programmi per costruire le mappe concettuali à stimolano a organizzare le idee generate in una sessione di
brainstorming e a descrivere i concetti e le relazioni che intercorrono fra di loro.
I programmi di elaborazione ipertestuale e ipermediale à stimolano a raccogliere e a collegare le informazioni e a
rappresentare la conoscenza, impiegando, anche, diversi linguaggi.
I fogli elettronici e i programmi di archiviazione dati à i primi stimolano a prendere decisioni e a risolvere problemi,
quando le condizioni date cambiano; i secondi stimolano a strutturare, organizzare e a rappresentare la conoscenza.
Infine, vediamo quali possano essere i vantaggi dell’utilizzo di Internet:
Internet à stimola a esplorare, a risolvere i problemi, a condividere l’expertise e a collaborare per la costruzione della
conoscenza, a imparare a orientarsi nella complessità e a valutare, selezionare, conservare, organizzare e interpretare le
informazioni.
2.2 Apprendimento individualizzato
2.2.1 Sistemi adattivi
Il paradigma comportamentista
Una premessa centrale del comportamentismo è la concezione dell’apprendimento come un “condizionamento
operante” (Skinner), ovvero l'idea che è possibile spiegare il comportamento umano in termini di “risposte a degli
stimoli” e che, a seconda della natura dello stimolo, variano i tipi di risposta che possono essere provocati. In altre
parole, un individuo risponde a uno stimolo, comportandosi in un determinato modo. Qualunque cosa accada poi, ci
saranno notevoli probabilità che quel comportamento ricorra nuovamente e, se il comportamento è rinforzato, le
probabilità aumentano.
Le idee comportamentiste sono prevalenti in molte sfere dell'educazione e adottano una visione meccanicistica del
rapporto insegnamento - apprendimento.
Per questo, le applicazioni tecnologico-didattiche che si rifanno a questo paradigma e, in special modo, quelle che
concernono l’uso del computer seguono una sequenza ben definita:
•
l'apprendimento è suddiviso in una serie sequenziale di piccoli passi, ciascuno dei quali riguarda una
determinata parte del dominio di conoscenza o una particolare abilità (apprendimento graduale);
•
il computer assume il ruolo di “tutor” (insegnante): “il computer presenta un argomento, lo studente risponde,
il computer valuta la risposta e, dai risultati della valutazione, decide che cosa presentare successivamente”.
I programmi progettati secondo il paradigma comportamentista
I programmi progettati secondo il paradigma comportamentista sono comunemente chiamati, nel mondo aziendale,
Computer Based Training (CBT ), cioè addestramento basato sul computer.
Nel mondo della scuola, soprattutto in area anglosassone, fin dagli anni ’80, vengono utilizzati programmi definiti
Computer Aided Instruction (CAI).
In entrambi sono largamente impiegati gli esercizi (sotto forma di batterie di domande) del tipo “Vero/falso”, “Scelta
multipla”, “Fill-in-the-blank” e “Riordino di una sequenza”.
I programmi d’automazione dei test sono detti “Drill and practice” e per Mark Warschauer rispecchiano questo
fondamento logico:
•
l’affrontare ripetutamente lo stesso materiale didattico è benefico o addirittura essenziale per
l'apprendimento;
•
il computer è lo strumento ideale per proporre ripetutamente degli esercizi, dal momento che la
macchina non si stanca di presentare lo stesso materiale e può mostrare continuamente il feedback
predisposto;
•
il computer può presentare il materiale individualmente, permettendo a ogni studente di procedere con
il proprio ritmo e liberando il tempo-classe per altre attività.
Nell’ambito dell’insegnamento delle lingue, specie moderne, esistono molti software progettati espressamente per
promuovere l’apprendimento della grammatica e la conoscenza del vocabolario e per favorire l’acquisizione delle
quattro principali abilità linguistiche, ossia la lettura ( Reading), la comunicazione scritta (Writing), l’ascolto (Listening)
e la comunicazione orale (S peaking), Altri software, invece, si concentrano su competenze matematiche, come l’
aritmetica e l’algebra.
Anche se l’impiego di programmi “drill and practice” in taluni casi (per esempio, per l’ascolto e la comunicazione
scritta1 , per la ricostruzione linguistica2 e per l’apprendimento del lessico nei percorsi di Italiano L2) è molto
vantaggioso, tuttavia, dobbiamo sottolineare che, se, da un lato, questi software offrono agli studenti la possibilità di
esercitarsi in uno specifico ambito, dall’altro, se impiegati massicciamente, possono ingenerare nei discenti una
mentalità passiva, interessata soltanto alla risposta giusta, che non li motiva né a cercare le ragioni sottostanti né a
proporre soluzioni, in qualche modo, divergenti.
Questi programmi sono distribuiti in Cd-Rom o via rete e sono impiegati, come abbiamo visto, nei corsi CBT e CAI e,
ai fini dell’autovalutazione dell’apprendimento, nei corsi di e-learning.
1
“Multi-skill drill and practice programs”.
“Text Reconstruction”. I programmi di ricostruzione linguistica permettono agli studenti di manipolare le lettere, le
parole, le frasi o interi paragrafi per ricostruire il testo.
2
ITS
“Il cognitivismo H.I.P. (Human Information Processing), attraverso l’applicazione delle tecnologie dell’Intelligenza
Artificiale alla pratica dell’insegnamento, ha prodotto sistemi intelligenti tesi a replicare, nella mente dell’allievo,
conoscenze e abilità esperte in domini specifici, attraverso l’attivazione di strategie di dialogo socratico intercorrenti tra
l’utente e il sistema artificiale il quale, ancora una volta, gestisce l’interazione, e il cui modulo teacher assume, nei
confronti dell’allievo, ora funzioni di coacher, ora funzioni di adviser”. (Varisco 1995)
Gli studi intrapresi dagli psicologi dell’H.I.P. sono stati implementati nei sistemi intelligenti di insegnamento (ITS),
progettati per riprodurre le caratteristiche fondamentali del comportamento di un insegnante umano . Un ITS ha la
conoscenza del dominio, delle strategie di insegnamento e dei metodi didattici e ha l’obiettivo di modellare la
conoscenza del discente.
2.2.2 Sistemi reattivi <<http://www.itd.ge.cnr.it/corsotd2/lez_2.HTM>>
I software reattivi sono “ambienti che lasciano l’iniziativa in mano all’utente e si limitano ad eseguire elaborazioni o
svolgere funzioni in risposta ai comandi dell’utente. Gli studenti sono sollecitati a rispondere a domande, a risolvere
problemi o esercizi, oppure sono impegnati in attività creative rispetto alle quali il computer svolge il ruolo di
“amplificatore cognitivo”, potenziando alcune cruciali capacità intellettuali (come l’elaborazione di dati numerici e non,
la produzione di grafici e disegni, la composizione scritta, etc)”. (Persico)
A questo tipo di approccio corrispondono programmi progettati per uso didattico che si presentano come uno strumento
di
laboratorio
per
creare,
costruire,
riflettere
e
sperimentare.
Il software più famoso di questo tipo è LOGO, un ambiente di programmazione creato da Seymour Papert come
strumento per consentire l'esplorazione concreta di concetti logico- geometrici e la creazione di "micromondi" (di tipo
geometrico, ma anche linguistico). Un recente sviluppo di Logo è "Lego-Logo", ovvero l'uso del linguaggio Logo per
comandare
artefatti
Lego
costruiti
dai
ragazzi.
In campo geometrico, un altro ambiente di apprendimento è rappresentato da Cabrì, un programma francese che
permette di realizzare sullo schermo le costruzioni della geometria piana euclidea e di muoversi in un micromondo
geometrico,
nel
quale
esplorare
le
proprietà
dei
luoghi
geometrici.
Nella logica di ambienti di apprendimento rientrano anche i programmi di simulazione e i programmi orientati al
problem solving. Esaminiamoli brevemente.
I programmi di simulazione sono stati progettati per facilitare l'esplorazione di fenomeni fisici, chimici, biologici, socio
economici, storici etc. e sono basati sulla possibilità concessa allo studente di impostare liberamente i parametri del
fenomeno oggetto di studio e di verificarne le conseguenze.
Molto interessanti, nel campo della fisica, sono, per esempio, gli ambienti di simulazione che permettono lo studio,
tramite computer, di esperienze reali (ci sono anche dei sensori in grado di registrare variazioni di temperatura).
I programmi orientati al problem solving pongono lo studente in una situazione, di solito ludica, nella quale è richiesta
la risoluzione di un problema (che può essere legato a una specifica area disciplinare oppure essere di tipo logico) con
strumenti e materiali messigli a disposizione (in Ecolandia, per esempio, si deve decidere come attuare lo smaltimento
dei rifiuti in tre centri, Acquaforte, in campagna, Verdebosco, in montagna, e Pianarossa, in pianura).
Nel campo dell'educazione linguistica esistono software che sollecitano la riflessione dello studente su strutture e atti
linguistici, che gli offrono stimoli, lo aiutano nella produzione di testi e nella esplorazione della lingua.
Un esempio è WordProf << http://www.itd.ge.cnr.it/software/wordprof.htm>>, software per la didattica della
composizione dei testi, realizzato dall'ITD-CNR, (di cui esiste anche una versione francese ed una inglese) che funziona
da word-processor e offre alcune funzionalità specificamente didattiche, come repertori di testi organizzati per
parametri come tipo, intento comunicativo, stile; attività di scrittura assistita e guidata da domande (es. espansione di
testi, scrittura di paragrafi, progettazione di testi); esercizi su abilità specifiche di lettura e scrittura (cloze, riordino di
testi, individuazione di elementi in un testo, scrittura a quattro mani tra studente e computer, con il computer che
fornisce parole e frasi da integrare in un testo); funzionalità per annotare e revisionare un testo; semplici funzioni
statistiche per l'analisi dei testi scritti dagli studenti.
“In generale, la logica d'uso del computer come ambiente di apprendimento si basa sull'uso di software pensati con
esplicito scopo didattico ma che non sono, per scelta, autosufficienti dal punto di vista didattico, che prevedono anche
usi di gruppo (in taluni casi esclusivamente di gruppo) e che pongono lo o gli studenti in posizione attiva chiedendo loro
di costruire, manipolare, sperimentare, decidere”. (Persico)
2.3 Apprendimento collaborativo
2.3.1 Definizione di apprendimento collaborativo
L'assunto di base del costruttivismo è che la conoscenza non esiste in modo indipendente da chi impara ed è costruita.
Jonassen, in un articolo del 1991, sottolineando come molti docenti e psicologi cognitivi abbiano applicato il paradigma
costruttivista allo sviluppo degli ambienti di apprendimento, fornisce queste indicazioni progettuali:
1.
Creare
contesti
concreti
nei
quali
l’apprendimento
sia
pertinente;
2.
Mettere a fuoco approcci realistici per la risoluzione di problemi che riguardano il mondo reale;
3.
Il docente è un “allenatore” e analizza le strategie usate per risolvere questi problemi;
4.
Gli obiettivi istruttivi devono essere negoziati e non imposti;
5.
La valutazione dovrebbe servire come strumento di autovalutazione;
6.
Fornire strumenti e ambienti che aiutino i discenti a interpretare le molteplici prospettive del mondo;
7.
L’apprendimento dovrebbe essere controllato internamente e mediato dal discente.
In un altro saggio del 1994, Jonassen riepiloga quelle che egli definisce “le ripercussioni del costruttivismo sulla
progettazione didattica” e spiega che la costruzione della conoscenza può essere facilitata se si forniscono molteplici
rappresentazioni della realtà, perché si evitano le eccessive semplificazioni e si rappresenta, invece, la naturale
complessità del mondo reale.
Inoltre, gli ambienti di apprendimento costruttivisti valorizzano la costruzione della conoscenza e non la sua passiva
riproduzione, presentando compiti autentici in un contesto significativo, invece di un insegnamento astratto e
decontestualizzato. Essi offrono situazioni basate sul mondo reale o su dei casi, piuttosto che sequenze d’insegnamento
rigidamente predeterminate, e stimolano, così, l’abitudine alla riflessione sull’esperienza, sostenendo la costruzione
collaborativa della conoscenza, basata sul contesto e sul contenuto, mediante la negoziazione sociale.
Ed è proprio dalla collaborazione e dalla negoziazione sociale che vengono favoriti i processi d’apprendimento, perché,
attraverso il dialogo e l’esame delle diverse prospettive, il discente diventa “ben informato, in grado di pianificare e di
prendere decisioni e coinvolto” (Jonassen 1994). La costruzione dei significati va, quindi, negoziata e condivisa
all’interno di una “comunità d i discorso”, dove gli studenti, per esempio, nel lavoro di gruppo, discutono sulle strategie
necessarie per la risoluzione di un problema, esaminano le difficoltà incontrate e le possibili soluzioni alternative, si
confrontano con diversi punti di vista, discutono ed esplicitano il proprio pensiero. L’apprendimento collaborativo,
inoltre, offre la possibilità di fruire della ”zona di funzionamento psicologico, detta zona di sviluppo prossimale”
(Vygotskij), “zona cognitiva metaforica entro la quale uno studente riesce a svolgere con il sostegno (scaffolding) di un
adulto o in collaborazione con un pari più capace, attraverso la mediazione degli scambi comunicativi, compiti che non
sarebbe in grado di svolgere da solo. È nel momento in cui agisce socialmente con il linguaggio, che egli si appropria
di nuovi strumenti cognitivi che gli serviranno ad alimentare quell'"agire linguistico interiore" che gli permetterà di
risolvere in maniera autonoma problemi analoghi a quelli precedentemente affrontati con altri”(Varisco 1998).
2.3.2 Strategie di apprendimento collaborativo
Una situazione d’apprendimento collaborativo che si può presentare ripetutamente nella scuola di ogni genere e grado e
in relazione a diverse attività didattiche che coinvolgono le Tecnologie dell’informazione e della comunicazione è,
sicuramente, la progettazione e la costruzione delle mappe concettuali. Alle mappe, infatti, si ricorre nei vari stadi in cui
si articola la realizzazione di un ipertesto, nella fase di sistemazione delle informazioni e dei concetti, frutto di
un’attività di esplorazione in Rete e nel momento della ricerca d’informazioni in Internet, quando aiutano a individuare,
mediante le parole-concetto, le chiavi di investigazione più precise.
Vediamo di che cosa si tratta.
Le mappe concettuali sono degli strumenti per organizzare e rappresentare la conoscenza, che servono a “far emergere”
i significati dai materiali d’apprendimento e a rappresentare le relazioni concettuali proprie della conoscenza. Esse
includono i concetti (detti anche nodi), che, di norma, vengono racchiusi graficamente entro ovali o rettangoli, e le
relazioni1 che intercorrono fra loro (dette proposizioni2 ), indicate da una linea di congiunzione e specificate da una o più
parole (parole legame).
Nelle mappe i concetti sono rappresentati in modo gerarchico: quello più “inclusivo” (generale) 3 è posto in alto, mentre
quelli più specifici sono subordinati. Dal momento che la struttura gerarchica di un particolare dominio di conoscenza
dipende anche dal contesto di riferimento, il mettere a fuoco un aspetto o un problema particolare, piuttosto di un altro,
comporta la strutturazione della mappa in un certo modo e, conseguentemente, la sua modificazione, allorché la
focalizzazione cambia (Novak).
Inoltre, siccome la conoscenza consta di strutture interconnesse, tra i concetti collocati nei diversi domini di conoscenza
della mappa possono esserci delle relazioni (proposizioni). Queste devono essere messe concretamente in luce, a
prescindere dalle gerarchie individuate, mediante dei collegamenti incrociati, debitamente specificati da parole legame .
La mappa, infine, può essere completata con specifici esempi4 di eventi od oggetti che aiutano a chiarire il significato di
una struttura di proposizioni.
Le mappe concettuali furono sviluppate nel 1972 da Novak, con l’intento di cogliere le modificazioni nella
comprensione dei concetti scientifici da parte dei bambini, durante i dodici anni previsti dal sistema scolastico
americano.
Il programma di ricerca era basato sulla teoria dell’apprendimento di David P. Ausubel, un autentico pioniere nello
sviluppo della psicologia cognitiva, e, in particolare, su questi principi:
•
l'apprendimento avviene mediante l'assimilazione di nuovi concetti e proposizioni entro la cornice di
quelli già esistenti nella mente del discente;
•
“le conoscenze già in possesso dallo studente sono il singolo fattore più importante che influenza
l'apprendimento” (Ausubel); il docente deve scoprirle e organizzare, di conseguenza, il suo insegnamento.
Secondo Ausubel, esistono quattro tipi possibili di apprendimento (Ausubel): per scoperta, quando gli attributi dei
concetti sono identificati autonomamente dal discente, per ricezione, quando essi sono descritti mediante il linguaggio e
trasmessi al discente, meccanico, quando la nuova conoscenza viene acquisita per mezzo della semplice
memorizzazione ed è incorporata senza alcuna interazione con la conoscenza preesistente, e significativo5 , quando le
conoscenze primarie interagiscono con le nuove.
Più specificamente, “l’apprendimento significativo corrisponde a un sistema di attività in cui (e con
cui) l’allievo prende coscienza dei sistemi di significati, se ne appropria e li attribuisce agli eventi in
funzione delle sue esperienze” (Margiotta
<<http://helios.unive.it/~corc_sis/corsi/2002_2003/margiotta/download/lessicossis.pdf>>), e ha
luogo se:
•
il materiale d’apprendimento è concettualmente comprensibile, con un linguaggio e con degli esempi adeguati
alla preesistente conoscenza del discente;
•
la cornice concettuale entro cui si situa la nuova conoscenza è chiara;
•
Il discente è motivato ad apprendere significativamente.
Le mappe concettuali possono soddisfare queste condizioni, fungendo da organizzatori, ovvero da supporto che
permette di strutturare e rappresentare la conoscenza.
Costruire mappe concettuali collaborative
1
Le relazioni possono essere connessioni argomentative, causali, cronologiche, logiche etc.
La proposizione, quindi, identifica un’unità semantica in cui due o più concetti sono connessi tra loro per mezzo di
parole.
3
In realtà, fondamentale, chiave.
4
Gli esempi vengono posti alla fine di una struttura di proposizioni, quando il concetto, per successive differenziazioni,
diviene più preciso.
5
Purtroppo, come nota lo psicologo, la scuola non incoraggia e, talvolta, nemmeno valorizza l’apprendimento
significativo, lasciato quasi sempre all’iniziativa personale dello studente, ma favorisce quello meccanico, di tipo
passivo e a breve termine.
2
White e Gunstone suggeriscono di programmare l’attività attraverso sei fasi
1.
Cominciare con un argomento semplice e familiare per gli studenti6 , in modo che per loro sia facile
concentrarsi sul processo d’apprendimento. È bene, anche, selezionare solo pochi concetti;
2.
Mostrare alla classe la costruzione della mappa concettuale, servendosi della lavagna o, meglio, di un
computer collegato a un video proiettore;
3.
Incoraggiare gli studenti a pensare tutti i possibili collegamenti e a specificare il tipo di relazione che
intercorre fra i concetti;
4.
Essere costruttivi nelle critiche, dato che è improbabile che i primi tentativi di costruzione delle
mappe concettuali da parte degli studenti riescano bene;
5.
Suggerire una possibile struttura solo la prima volta, poi rendere indipendenti gli studenti, lasciando
loro l’iniziativa di scegliere i concetti, di strutturare le gerarchie e di individuare le relazioni,
intervenendo quando è necessario e facilitando il lavoro nei momenti di maggiore difficoltà;
6.
Chiarire fin da subito agli studenti che non esiste un unico modo corretto di elaborare una mappa.
Vediamo, ora, dettagliatamente come si costruisce una mappa concettuale, dopo aver identificato il/i dominio/i di
conoscenza.
Innanzitutto, si devono riconoscere i concetti chiave, annotandoli, dapprima, alla rinfusa e, successivamente, in modo
ordinato. Questa disposizione, anche se non definitiva, segna l’inizio del processo vero e proprio di costruzione della
mappa. Secondo Holley e Dansereau, è fondamentale che gli studenti rintraccino anche gli attributi dei concetti chiave e
ne rappresentino graficamente le relazioni, perché la mappa rappresenta, così, l’organizzazione spaziale della loro
conoscenza.
La mappa concettuale preliminare si può costruire:
•
o usando la lavagna e i gessi (in tal caso, si tratta di un lavoro “a perdere”, che non può essere conservato a
lungo),
•
o con la carta e la penna,
•
o con carta, forbici, colla e pennarelli,
•
o scrivendo i concetti e le loro relazioni su dei Post-it da attaccare su un cartellone appeso alle pareti dell’aula,
•
o con gli strumenti da disegno di Word,
•
o con uno specifico programma per il computer.
Se i Post-it permettono di lavorare con un cartellone qualsiasi e di spostare facilmente i concetti al bisogno
(l’operazione è ricorrente, quando ci si misura con la costruzione di una organizzazione concettuale), i programmi
specifici per il computer7 offrono le condizioni ottimali di lavoro, perché ogni intervento può essere effettuato
velocemente e agevolmente.
I software progettati per la costruzione delle mappe concettuali appartengono, come abbiamo visto nel punto
<<2.1.4>>, alla categoria dei “mindtools” (Jonassen 1996) e consentono di modificare i concetti e le proposizioni,
di spostare, in caso di necessità, gruppi interi di concetti con le loro relazioni, di convertire la mappa in altri formati
elettronici, come, per esempio, in un’immagine o in una pagina in HTML, e di stampare, in ogni fase di lavoro, il
prodotto che può, così, essere più facilmente condiviso con gli altri.
Il docente deve organizzare gli studenti in piccoli gruppi, perché l’attività collaborativa è un modo efficace per
generare discussioni e stimolare i discenti a giustificare le proprie scelte (cioè, la propria mappa) ai pari. La
6
Secondo queste indicazioni, per imparare a costruire una mappa concettuale, è bene cimentarsi, almeno per le prime
volte, con un dominio di conoscenza noto e identificare, al suo interno, un preciso segmento di testo o un determinato
problema.
7
Come, per esempio, Smart Idea <<http://www.smarttech.com/products/smartideas/index.asp>>, Inspiration:
<<http://www.inspiration.com/ >>, The Brain <<http://www.thebrain.com/ >>
discussione diviene argomentazione e il confronto aiuta gli studenti a raggiungere una migliore comprensione della
struttura della loro conoscenza e a identificare i propri errori concettuali.
Una volta costruita e revisionata la mappa preliminare, si cercano i possibili collegamenti incrociati tra i diversi
domini di conoscenza. Durante questa fase gli studenti devono riconoscere in modo selettivo le relazioni fra i
concetti e descriverle con appropriate parole-legame. Il successo di questa operazione dipende dalla loro
consapevolezza che la conoscenza consta di strutture interconnesse (apprendimento significativo), mentre le
difficoltà derivano, soprattutto, da un’inveterata abitudine all’apprendimento meccanico. Infatti, come sottolinea
Novak, le cosiddette differenze nello stile di apprendimento sono per lo più differenze nei modelli di
apprendimento.
In ogni fase del lavoro di costruzione della mappa si possono aggiungere dei concetti non considerati
precedentemente, e tale incremento è particolarmente rilevante quando si tratta di collegamenti incrociati divergenti
rispetto all’impostazione iniziale, perché manifesta originalità e creatività di pensiero da parte dei discenti.
Le mappe concettuali nella didattica e nell’ apprendimento
White e Gunstone hanno identificato sei usi principali delle mappe concettuali da parte del docente:
1.
Saggiare la comprensione di aspetti specifici di un argomento;
2.
Verificare se i discenti comprendono lo scopo dell’insegnamento;
3.
Accertare se i discenti sono in grado di collegare i concetti;
4.
Identificare i cambiamenti apportati dagli studenti nelle relazioni fra i concetti;
5.
Individuare quali concetti siano considerati chiave dai discenti;
6.
Incoraggiare discussioni (costruttive) fra gli studenti.
L’insegnante, può, altresì, ricorrere alle mappe per stimolare la generazione d’idee in una sessione di
brainstorming, per rappresentare graficamente e in modo coinciso le conoscenze, per favorire l’apprendimento dei
discenti, mediante l’integrazione esplicita della nuova conoscenza nella preesistente, per promuovere la
metacognizione (cioè, far riflettere gli alunni sulla struttura della conoscenza e sul suo processo di produzione), per
comunicare idee complesse, per disegnare una struttura complessa, come quella di un ipertesto <<2.4>>, per
accertare la comprensione o per diagnosticare un errore d’interpretazione degli studenti, per valutare il loro grado
di concettualizzazione.
La costruzione di mappe concettuali collaborative può avere effetti positivi sulla coesione fra i componenti del
gruppo di lavoro, sullo sviluppo di una visione condivisa e sul conseguimento di risultati cognitivi.
2.3.3 Apprendimento collaborativo in rete
La Rete con la sua straordinaria ricchezza di fonti informative, con la posta elettronica, le liste di discussione a tema
etc., è un ambiente d’apprendimento in cui gli studenti possono ricercare, selezionare ed elaborare varie informazioni,
interagire e apprendere insieme e collaborare anche con altre classi remote <<2.3.4>>. Inoltre, le risorse di Internet,
con l’ipermedialità e l’interattività, con la compresenza di più canali e il coinvolgimento di diversi codici, stimolano nei
discenti vari atteggiamenti cognitivi e potenziano le loro possibilità comunicative. Tuttavia, dal momento che l’accesso
ai dati non espande automaticamente la conoscenza (anche se è indubbio che la navigazione libera offre agli studenti la
possibilità di apprendere incidentalmente), i docenti devono proporre alla propria classe specifiche attività che aiutino
gli allievi ad acquisire senso critico e a raggiungere le mete cognitive.
Un’attività significativa è, per esempio, la recensione e la valutazione critica delle risorse visitate, che può essere
compiuta proficuamente in gruppi di lavoro collaborativi. Gli studenti possono analizzare i materiali raccolti sulla base
della qualità dei contenuti, dell’organizzazione e dello stile, ma anche, esprimere una valutazione dell’efficacia didattica
della risorsa e individuare gli obiettivi che l’oggetto analizzato aiuta a raggiungere, dando prova così, di capacità
riflessiva sulla propria azione e insieme metacognitiva.
2.3.4 Condizioni di uso a scuola
“Collaborare (co-labore) vuol dire lavorare insieme, il che implica una condivisione di compiti, e
una esplicita intenzione di "aggiungere valore" - per creare qualcosa di nuovo o differente attraverso
un processo collaborativo deliberato e strutturato, in contrasto con un semplice scambio di
informazioni o esecuzione di istruzioni. Un'ampia definizione di apprendimento collaborativo
potrebbe essere l'acquisizione da parte degli individui di conoscenze, abilità o atteggiamenti che
sono il risultato di un'interazione di gruppo, o, detto più chiaramente, un apprendimento individuale
come
risultato
di
un
processo
di
gruppo”
(Kaye).
”Una collaborazione di successo prevede un qualche accordo su obiettivi e valori comuni, il mettere
insieme competenze individuali a vantaggio del gruppo come un tutt'uno, l'autonomia di chi
apprende nello scegliere con chi lavorare e la flessibilità nell'organizzazione di gruppo” (Kaye).
”Perché ci sia un'efficace collaborazione o cooperazione, ci deve essere una reale interdipendenza
tra i membri di un gruppo nella realizzazione di un compito, un impegno nel mutuo aiuto, un senso
di responsabilità per il gruppo e i suoi obiettivi e deve essere posta attenzione alle abilità sociali e
interpersonali nello sviluppo dei processi di gruppo” (Kaye).
L’apprendimento collaborativo nell'ambito della classe e fra più classi (Riel)
Le reti telematiche permettono di realizzare progetti didattici che riguardano non solo le singole classi, ma anche più
classi, in un modo che si avvicina molto ai programmi di apprendimento collaborativo destinati alla singola classe.
Secondo Sharan e Hertz-Lazarowitz l'organizzazione di gruppi di studio nell'ambito della classe deve essere coordinata
sulla base di quattro dimensioni della vita scolastica:
1. La strutturazione della classe in un "raggruppamento di gruppi";
2. L'uso di mansioni formative variegate nello studio collaborativo per gruppi;
3. Il ricorso a comunicazioni multilaterali fra studenti e lo stimolo a sviluppare capacità attive di apprendimento;
4. Scambi fra l'insegnante e ciascuno dei gruppi.
In questo modello, l'insegnante suddivide la classe in gruppi a cui assegna specifiche mansioni. I gruppi di studenti
collaborano alla progettazione e alla realizzazione del compito, stilano una relazione da presentare alla classe e
all’insegnante per la discussione e la valutazione. Mentre gli appartenenti al medesimo gruppo lavorano insieme,
l'interazione fra i vari gruppi è limitata.
La struttura del Circolo di Apprendimento (Riel) applica una simile procedura al lavoro fra più classi, con una
successione delle attività molto simile a quella del modello di apprendimento collaborativo riguardante la singola
classe, proposta da Sharan.
Un Circolo di Apprendimento è formato da un numero limitato di classi che interagiscono via rete per conseguire un
obiettivo comune e contribuire al risultato finale complessivo e ciascuna classe costituisce un gruppo a sé.
Tuttavia, i Circoli di Apprendimento si discostano dal modello di apprendimento collaborativo della classe per il ruolo
dell'insegnante e per l'interazione fra i gruppi.
Nei Circoli di Apprendimento i gruppi sono le singole classi composte dagli insegnanti e dagli studenti. Gli insegnanti
collaborano con gli studenti nella progettazione delle attività e non hanno il controllo globale sull'orientamento
definitivo del progetto, non conoscendo nel dettaglio quale sarà il contributo delle altre classi remote. Questa
condizione determina, da un lato, un cambiamento nei rapporti di autorità tra l’insegnante e la propria classe e,
dall’altro, la sperimentazione in prima persona delle occasioni di apprendimento che si sviluppano e trasformano grazie
all'interazione e alla collaborazione.
Nei Circoli di Apprendimento, inoltre, la comunicazione fra gruppi è maggiore di quanto non accada nel modello di
apprendimento collaborativo. Ogni classe sviluppa un progetto e prepara una relazione da sottoporre a tutti gli
appartenenti al Circolo, analogamente a quanto avviene nello schema di Sharan. Per realizzare il progetto, però, gli
studenti richiedono l'aiuto di altri gruppi e offrono in cambio collaborazione ai loro progetti. Così facendo, ogni gruppo
contribuisce contemporaneamente al lavoro di altre classi e ciascuno dei progetti del Circolo di Apprendimento
rappresenta il lavoro collettivo di tutti i partecipanti. Come osserva Riel “questa impostazione crea collaborazione
all'interno di un gruppo in modo analogo al contesto di apprendimento collaborativo, ma produce altresì schemi di
lavoro collaborativo tra i gruppi”. “Le reti telematiche si offrono, quindi, come un metodo nuovo per organizzare
l'apprendimento collaborativo nell'ambito della classe e fra più classi” e aiutano sia gli studenti sia gli insegnanti a
sperimentare stimolanti forme di collaborazione con altri gruppi che si trovano in località remote.
Come sostiene Riel, “diversi studi hanno documentato i cambiamenti che avvengono nelle capacità di lettura,
composizione, scientifiche e di risoluzione di problemi degli studenti che lavorano in rete telematica con compagni
residenti in località remote”, perché “l'istruzione è un processo interattivo attraverso cui le menti pensanti raggiungono
nuove conoscenze grazie all'interazione”.
2.4 Didattica basata su progetti interdisciplinari
Che cos’è un progetto interdisciplinare
“L’interdisciplinarità consiste nell'interazione di due o più discipline per la soluzione di un problema. In essa avviene
l'integrazione dell'assetto sintattico delle diverse discipline che condividono strumentazioni, metodologie di ricerca e
modi di indagare. Le discipline non condividono ancora l'assetto concettuale.
L’approccio interdisciplinare si ha quando, per risolvere un problema complesso, due o più ricercatori afferenti a
discipline diverse, interagiscono condividendo gli strumenti e i metodi di indagine di entrambe. La condivisione non si
limita al livello operativo (come nell'approccio pluridisciplinare), ma comprende anche quello metodologico. Con
l’interdisciplinarità i diversi campi del sapere dialogano integrando le proprie strutture sintattiche allo scopo di trovare
la migliore soluzione al problema dato.
Una didattica interdisciplinare non può che essere una didattica per problemi e tendere ad apprendimenti per scoperta. È
rintracciabile, perciò, per lo più nelle scuole “sperimentali” aperte all'innovazione curricolare, e naturalmente da singoli
insegnanti interessati alla ricerca” (Tessaro).
Perché progettare e costruire un ipertesto interdisciplinare con la classe?
La scelta, da parte dei docenti, di progettare un ipertesto interdisciplinare con la propria classe non può essere disgiunta
da uno scenario educativo in cui la didattica valorizza gli aspetti metacognitivi e cooperativi e l’apprendimento è
significativo.
Come abbiamo visto nell’unità tematica <<2.1.4>>, i programmi di elaborazione ipertestuale e ipermediale sono
considerati da Jonassen (1996) dei “mindtools”, perché fungono da partners intellettuali del discente. La creazione di un
ipertesto è, infatti, perfettamente allineata con la teoria dell'apprendimento costruttivista, dal momento che gli studenti
interagiscono con gli ambienti ipermediali negoziando il loro punto di vista sull'argomento, costruendo la loro
conoscenza e associando i dati. Questa attività di progettazione, inoltre, pone in sinergico rapporto diversi stili di
apprendimento, incoraggia la creatività, stimola gli studenti a pensare criticamente e, nello stesso tempo, a imparare
attivamente.
I discenti partecipano, interpretano la loro precedente conoscenza, la applicano per risolvere specifici problemi,
“inventano” il modo migliore di presentare e di organizzare il materiale, ripassano e revisionano incessantemente la loro
base di conoscenza per incorporare i nuovi concetti che hanno incontrato nella continua ricerca richiesta dalla
progettazione ipertestuale.
Come Jonassen (1996) sottolinea, “gli studenti che costruiscono un ipermedia sono attivamente impegnati nella
creazione di rappresentazioni della loro comprensione”; inoltre, essi sperimentano diverse modalità espressive e
acquisiscono o manifestano abilità complesse1 .
Carver, Lehrer, Connell e Ericksen nel loro saggio indicano alcune di queste abilità:
Abilità di gestione del progetto
1
•
Creare una time-line (tabella di marcia) per il completamento del progetto;
•
Assegnare risorse e tempi alle diverse parti del progetto;
•
Assegnare dei ruoli ai membri dei gruppi.
“Sarebbe più giusto definirle come strategie di padronanza dei propri processi di costruzione della
conoscenza e del sapere, ossia procedure di controllo di che cosa si conosce e di come si conosce. Siamo
con questo nell’ambito delle ricerche sulla metacognizione, ovvero di quelle strategie che lo studente deve
organizzare, esprimere e validare continuamente per sviluppare, applicare, allargare, correggere ciò che
impara o che ha imparato” , da “Glossario di Scienze della Formazione” a cura di Umberto Margiotta:
http://helios.unive.it/~corc_sis/corsi/2002_2003/margiotta/download/lessicossis.pdf
Abilità di ricerca
•
Determinare la natura del problema e come la ricerca deve essere organizzata;
•
Porre ponderate domande riguardo alla struttura, ai modelli, ai casi, al valore e ai ruoli;
•
Ricercare informazioni usando fonti di informazione testuali, elettroniche e illustrate;
•
Sviluppare nuove informazioni con interviste, questionari e altri metodi di rilevazione;
•
Analizzare
e
spiegare
le
informazioni
raccolte
per
identificare
e
interpretare
i
modelli.
Abilità di organizzazione e di rappresentazione
•
Decidere come segmentare e mettere in sequenza le informazioni per renderle comprensibili;
•
Decidere come l’informazione sarà rappresentata (testi, immagini, filmati, audio etc.);
•
Decidere come l’informazione sarà organizzata (gerarchia, sequenza) e come sarà collegata.
Abilità di presentazione
•
Tracciare il progetto nella presentazione e rendere operanti le idee in formato multimediale;
•
Suscitare e mantenere l’interesse del pubblico di riferimento.
Abilità di riflessione
•
Valutare il programma e i processi sottesi alla sua creazione;
•
Revisionare il progetto mediante il feedback.
Anche se non tutte queste abilità vengono sempre coinvolte, la costruzione di un ipertesto interdisciplinare rappresenta,
comunque, una complessa combinazione di conoscenze, competenze e capacità e un crocevia epistemologico, nel quale
si intersecano, potenziandosi, il paradigma conoscitivo costruttivista e la dimensione progettuale e operativa e in cui le
discipline condividono e scambiano le diverse modalità di produrre sintesi.
La scrittura ipertestuale
La scrittura ipertestuale deve seguire un percorso esecutivo, scandito da alcune precise fasi che rendono possibile la
pratica attuazione del piano. Il percorso, per la sua natura progettuale, non può essere rigidamente sequenziale ma è
reticolare, potendo ogni momento del processo svilupparsi in parallelo o incrociarsi o alternarsi con un altro, secondo le
necessità (per es. incrementi concettuali, approfondimenti etc.).
Le fasi (Costa 1999a) rispecchiano il processo di scrittura, con l'aggiunta delle varianti dovute alla tecnologia,
e sono:
1.
2.
3.
4.
5.
la fase preliminare
la fase propositiva
la fase organizzativa
la fase realizzativa
la fase di revisione finale
Vediamole nel dettaglio.
La fase preliminare, a cui partecipano più docenti e gli studenti, è finalizzata all'impostazione complessiva del progetto
e alla individuazione delle tecnologie e delle risorse necessarie per la sua realizzazione. In essa vengono considerati il
tipo di testo da realizzare e le sue caratteristiche generali in relazione, non solo, all'organizzazione del lavoro scolastico
e alla effettiva e concreta disponibilità di risorse, ma, soprattutto, a specifici obiettivi formativi, come, per esempio,
l'acquisizione di conoscenze specifiche e di abilità, la sollecitazione di processi cognitivi etc..
In questa fase vengono scelte le informazioni, vengono fissati i criteri che guideranno il lavoro operativo sul testo, si
danno le prime indicazioni sulla organizzazione relazionale dei concetti. Per agevolare il passaggio alla fase successiva
e per rendere più incisivo e significativo il processo cognitivo è bene ricorrere alla costruzione di mappe concettuali
<<2.3>> che rendono possibile la rappresentazione della conoscenza mediante i nodi, le relazioni e le parole legame.
Nella fase propositiva gli studenti ricercano il materiale bibliografico e iconografico, consultano varie fonti informative
(dai libri ai siti Internet), producono disegni e selezionano, eventualmente, brani musicali o spezzoni video.
Per materializzare le idee, si passa alla produzione cartacea. E’ bene completare le operazioni già intraprese con la
progettazione delle mappe concettuali, scrivendo bozze di lavoro, preparando delle scalette e facendo gli schizzi dello
storyboard2 . Le scalette aiutano a ordinare le idee mediante l’organizzazione delle attività da svolgere, mentre lo
storyboard prefigura l’elaborazione ipermediale, riportando, sotto forma di schizzo, gli oggetti presenti in ognuna delle
pagine che comporranno l’ipertesto (non solo il testo, le immagini, l’audio, il video, ma anche l’interfaccia, i titoli, i
sottotitoli e i colori che faciliteranno l’orientamento del lettore, i bottoni di navigazione, le parole calde, i collegamenti
etc.). Perché lo storyboard sia significativo, è necessario disegnare la mappa concettuale di tutto il progetto e
trasformarla in mappa di navigazione, con l’indicazione precisa dei nodi principali e delle relazioni che intercorrono fra
i concetti, che fungeranno da collegamenti (link) nell’ipertesto. A seconda di come è organizzata la mappa sarà
strutturato l’ipertesto.
Esaminiamo alcuni dei tipi più comuni:
•
La struttura gerarchica: le informazioni sono collocate a livelli distinti e i links permettono una
navigazione strutturata all'interno di uno schema ad albero;
•
La struttura semigerarchica: le informazioni sono collocate a livelli distinti, ma i links permettono una
navigazione parzialmente destrutturata all'interno di uno schema ad albero navigabile anche
trasversalmente (cfr. i collegamenti incrociati nella mappa concettuale);
•
Ipertesto puro (Rete): le informazioni sono idealmente tutte allo stesso livello e i links permettono una
navigazione libera e destrutturata. Non ci sono restrizioni nella trama delle connessioni fra gli
argomenti e in questa organizzazione dalla forma libera possono essere realizzate pienamente le
potenzialità associative dell'ipertesto. Questa struttura, presentando in ogni pagina diverse possibilità
di scelta di percorsi, può provocare il disorientamento e il sovraccarico cognitivo del lettore 3 .
In questa fase il lavoro comincia a delinearsi con chiarezza e gli studenti iniziano a scrivere i testi cooperativamente,
confrontandosi e collaborando nel gruppo dei pari.
La fase organizzativa è la naturale continuazione di quella preliminare, poiché ha come obiettivo la realizzabilità delle
condizioni di produzione.
In questa fase sono necessarie le attrezzature di base, un apposito spazio laboratoriale, alcuni software specifici per lo
sviluppo, per la cattura e l’elaborazione delle immagini, per l'editing di video e audio, delle raccolte di immagini digitali
e di testi in formato elettronico etc.. È evidente che l'utilizzo di particolari tecnologie e software deve essere
commisurato alle effettive competenze degli studenti. Sebbene in certe scuole si sia soliti affidarsi, per l'elaborazione
informatica dell'ipertesto, a tecnici o a esperti esterni, è preferibile, invece, realizzare un prodotto interamente creato dal
docente e dagli studenti, anche se più modesto dal punto di vista tecnico. Per questa ragione, salvo casi particolari, è
opportuno usare dei software semplici e non troppo complicati, invece di ambienti di sviluppo professionale che, oltre a
essere molto costosi, richiedono una grande perizia e sono, per questo, molto dispendiosi in termini di tempo.
Nella fase realizzativa si dà forma compiuta al progetto di scrittura. Si riprendono le idee della fase preliminare e i testi
scritti in quella propositiva, si controllano i dati, eventualmente se ne aggiungono di nuovi, si discutono i collegamenti,
si aggiungono immagini, si definisce la mappa di navigazione, apportando, talvolta, dei cambiamenti rispetto a quanto
ipotizzato nella fase propositiva.
La realizzazione porta a compimento ciò che è stato progettato, ma è anche disponibile a mettere ancora in discussione
2
Termine proprio del cinema e della televisione: sequenza di bozzetti, immagini e, talora, didascalie che
condensano la trama di un film o di un programma televisivo
3
Per evitare il senso di smarrimento si possono usare degli strumenti di orientamento, come il bottone “history”,
che permette di ripercorrere il percorso di navigazione compiuto fino a quel momento, si possono contrassegnare i
percorsi con uno specifico colore di sfondo o un’ immagine emblematica etc.
e a integrare ciò che è stato precedentemente stabilito.
La fase della revisione finale
Durante il processo di scrittura il testo viene più volte rivisto. Distinguiamo, a questo proposito, una revisione
rielaborativa, in itinere, e una revisione al termine dell'intera produzione, durante la quale si esamina il prodotto
complessivo con particolare riguardo alla navigazione, alle connessioni, all'interazione etc.
Dopo la revisione, l'ipertesto viene trasferito su un supporto che sarà, a seconda della grandezza, un floppy disk o un
CD-ROM oppure, se il software di sviluppo lo consente, viene “uploadato” (caricato) in un sito Web.
La valutazione
L’introduzione delle nuove tecnologie nella scuola comporta la necessità di predisporre nuovi parametri di valutazione,
che devono essere coerenti con una didattica non più fondata sulla trasmissione nozionistica, ma che stimola i ragazzi a
ricercare, a collegare e a essere consapevoli protagonisti del proprio apprendimento. Non si possono più cogliere e
valutare solo le prestazioni, ma si devono tenere presenti anche gli aspetti qualitativi, processuali, metacognitivi e
collaborativi e si deve pensare, inoltre, a forme corrette di autovalutazione che orientino l’apprendimento del discente.
Se prendiamo in esame un percorso progettuale come quello presentato, è bene considerare una valutazione
diagnostica dei prerequisiti cognitivi e affettivo-motivazionali degli studenti, una valutazione formativa, in itinere, che
permetta al/ai docente/i di attivare le opportune procedure correttive, e una valutazione sommativa che funga da
bilancio consuntivo degli apprendimenti specifici, disciplinari e trasversali. Ovviamente, in un percorso basato sul
sapere e sul saper fare, su varie forme espressive e su diversi linguaggi, su attività di ricerca e di collaborazione non si
terrà soltanto conto delle tradizionali prove scritte e orali, ma si utilizzeranno strumenti in grado di descrivere quanto si
è osservato, come griglie e schede personali.
L’ipertesto costruito dagli studenti sarà valutato secondo i criteri di pertinenza, efficacia ed efficienza, con particolare
riguardo alla correttezza concettuale e culturale dei testi prodotti, all’architettura complessiva, ai linguaggi usati e al
rapporto tra gli obiettivi del percorso e la realizzazione testuale.
2.5 Progettazione e realizzazione di presentazioni basate su TIC
Le presentazioni al computer, basate su uno dei tanti pacchetti software che l’industria informatica mette a disposizione
dell’utenza, sono tecnicamente facili da realizzare, ma molto vantaggiose dal punto di vista didattico, perché possono
essere impiegate in diverse situazioni comunicative << 2.1.2>>, si prestano, per la loro caratteristica multimediale, a
contenere svariati argomenti disciplinari e possono promuovere conoscenze e abilità negli studenti.
2.5.2 Strumenti di presentazione basate su TIC
Microsoft PowerPoint << http://www.microsoft.com/italy/office/powerpoint/default.asp >> fa parte della suite “Office”
di Microsoft ed è il programma di presentazione più popolare non solo nel mondo del lavoro, ma anche in quello
scolastico e accademico. È un programma di facile impiego, flessibile, dotato di maschere già pronte (templates), di
immagini, grafici e clip art, di spazi atti a contenere le note e che, in più, dà la possibilità ai docenti di preparare delle
dispense per gli allievi e offre molte altre opzioni per adattare una presentazione all’uditorio.
Microsoft Producer (per XP) <<http://www.microsoft.com/italy/office/powerpoint/producer/default.asp>>
Il primo tool completo che permette anche agli utenti meno esperti di creare, modificare e distribuire presentazioni
multimediali di carattere professionale. L'utilizzo combinato di PowerPoint, del codice HTML e dei tools audio e video
di Windows Media consente di realizzare comunicazioni di grande effetto.
Microsoft Producer offre agli utenti la possibilità di:
• creare e modificare qualsiasi presentazione multimediale
• combinare e sincronizzare in un'unica presentazione e attraverso un unico strumento contributi audio e video,
slides PowerPoint e immagini;
• semplificare l'apprendimento dell' utilizzo del programma tramite wizards disponibili;
• sviluppare rapidamente presentazioni multimediali;
• registrare presentazioni audio e video personalizzate e sincronizzarle con presentazioni animate di PowerPoint;
• semplificare la creazione e la modifica di video clip e permettere di archiviare su nastro contenuti ed eventi
"live", attraverso strumenti di acquisizione video.
Durante le operazioni di importazione delle presentazioni in formato PowerPoint è possibile creare automaticamente
utili indici dei contenuti facilmente modificabili.
Una volta completata una presentazione, gli utenti hanno la possibilità di distribuirla in modo semplice e rapido tramite
la funzione di pubblicazione.
Corel Word Perfect Office 2002 <<http://www.wordperfect.com/ >>
Soluzione completa, orientata ad una utenza professionale, ha un costo elevato e non è disponibile in lingua italiana.
Il componente della suite dedicato alle presentazioni multimediali è di alta qualità, dispone di moltissimi templates e di
wizards che ne facilitano l’ uso, può utilizzare files Mp3 e Wma ed esportare tutto il lavoro svolto in formato Flash,
pronto per essere utilizzato sul Web
Lotus SmartSuite 9.7
<<www.ibm.it>>
Il componente della suite, dedicato alle presentazioni multimediali, è Freelance Graphics. Esso ha una buona
compatibilità con i files di Powerpoint e permette la stampa di slides con spazi riservati per le annotazioni a penna).
Sun StarOffice (costo intorno a 100 euro) << http://wwws.sun.com/software/star/staroffice/6.0/ >> e OpenOffice 1
(gratuito) << www.openoffice.org >>
Le due suites nascono dallo stesso progetto, sono state scritte da Sun Microsystem; la prima offre, in più, un
voluminoso manuale cartaceo, un supporto tecnico, un database e alcuni add-on (fonts, templates e clipart).
Sono entrambe in italiano.
Il componente dedicato alle presentazioni multimediali si chiama Impress, apre senza particolare difficoltà quasi tutte le
presentazioni create con Powerpoint, e dispone di numerosi wizard e modelli di diapositive. Esporta anche in formato
Html, ma in modo poco utilizzabile, di fatto, poiché il file che viene generato è costituito da una serie di immagini in
formato gif, che appesantiscono il caricamenti della pagina web.
Incomedia << http://www.incomedia.it/pro6/show.html >>
Incomedia Professional 6.0 è un tool ricco di strumenti utili e di facile utilizzo.
La suite comprende diversi programmi, ognuno con sue peculiari caratteristiche e integrabile con gli altri componenti.
Il componente della suite, dedicato alle presentazioni multimediali, si chiama Incomedia Show; esso dà la possibilità
all'utente di creare diapositive (sia statiche sia animate) al cui interno è possibile inserire diversi elementi quali
immagini, sfondi, testi, animazioni, suoni e brevi filmati.
2.5.1 Preparazione di una comunicazione didattica
La preparazione di un’applicazione per la didattica è un processo che richiede un’attenta progettazione. Per questa
ragione, va pianificata con cura in tutte le sue fasi, tenendo presente i fattori che ne accrescono l'efficacia comunicativa,
limitando il sovraccarico delle informazioni e presentando i dati in modo conciso e adeguato agli obiettivi.
Progettare la presentazione
Nella fase di progettazione della presentazione, prima della sua generazione, si dovranno considerare i destinatari, le
loro conoscenze, capacità e competenze, i loro interessi, la loro motivazione etc., in modo da calibrare l’intervento sulle
reali necessità dell’uditorio.
Inoltre, si valuteranno quali sono i modi comunicativi verbali e multimediali adatti, come strutturare l’intervento, il
tempo a disposizione, il luogo (aula, laboratorio multimediale etc.) e le caratteristiche ambientali (proiettore fisso o
mobile; possibilità o meno di semioscurare l’ambiente; disposizione dei posti). La presa in considerazione di tutti questi
fattori è di valido aiuto nella scelta degli argomenti e dei contenuti e nella valutazione preventiva delle condizioni che
possono determinare l’efficacia della presentazione.
La problematizzazione dell’intervento è un altro momento fondamentale della progettazione e implica una ricognizione
critica delle informazioni, dei dati, delle eventuali espansioni multimediali e delle variabili del processo di
insegnamento e apprendimento. Questo stadio è scandito da alcune domande, come, per esempio:
• Quali sono gli obiettivi?
• Quali sono gli aspetti fondamentali dell’argomento e quali i concetti chiave?
• Quale è il metodo didattico (lezione frontale, lezione dialogata e interattiva, esercitazione, risoluzione di un
problema etc.)?
• Come aiutare la comprensione degli studenti ?
• Come stimolare la loro partecipazione?
• Come è strutturato l’intervento?
• Quali sono i riferimenti, i collegamenti, gli esempi, i particolari e/o le generalizzazioni etc.?
• Quali sono i metodi e gli strumenti di controllo e valutazione?
• È prevista la consegna di dispense agli studenti come completamento della presentazione?
Le ragioni per cui molti docenti decidono di usare le slides durante le lezioni sono diverse, ma, essenzialmente, si
possono riassumere in queste tre categorie: alcuni adoperano la presentazione per aiutare gli allievi a organizzare i loro
appunti, altri impiegano largamente immagini di vario tipo per rendere più efficace la loro lezione, altri ancora
utilizzano le diapositive come profilo della lezione, per delineare chiaramente agli studenti il focus dell’intervento
didattico.
Organizzare la presentazione
In questa fase si cercano i materiali utili alla realizzazione delle diapositive. Per evitare sprechi di tempo, è bene
preparare una sorta di scaletta in cui vengono registrate le unità di contenuto, la loro successione, le eventuali
espansioni multimediali, l’articolazione e la durata della proiezione di ogni slide. Nello schema viene aggiunta, in
corrispondenza di ciascuna diapositiva, anche l’indicazione dei libri, dei testi e delle fonti necessarie a sviluppare i
nuclei concettuali e/o contenutistici.
Se si utilizzano immagini e/o brani audio e/o spezzoni video tratti da un Cd_Rom o da Internet, è necessario accertarsi
che quei materiali non siano soggetti ai diritti d’autore. In ogni caso, è buona regola citare la fonte di provenienza.
Realizzare una presentazione
La realizzazione della presentazione prevede la stesura dei testi verbali e l’introduzione nelle slides delle possibili
espansioni multimediali.
Per quanto riguarda i testi, bisogna tenere presente che le slides non devono sostituire la lezione, ma accompagnarla. Per
questa ragione, vanno evitati i testi lunghi (fatti salvi i casi in cui il testo deve essere letto integralmente o consultato,
come quando si tratta di brani d’autore) e si devono preferire annotazioni, frasi o parole chiave. Nella diapositiva il testo
può essere organizzato secondo lo schema del ”triangolo rovesciato", che convoglia le informazioni, come un imbuto, a
partire da quelle generali fino alle particolari. Altre opzioni per l'organizzazione delle informazioni includono: la causa
e l'effetto, dal problema alla soluzione, dal concetto all'applicazione, la sequenza temporale etc.
Ogni slide dovrebbe contenere un solo argomento principale. Questa strategia di progettazione richiede di presentare i
concetti principali, lasciando alla esposizione orale le informazioni più dettagliate, di sostegno. Se, tuttavia, si desidera
inserire i particolari, questi vanno presentati come elenchi puntati. In ogni caso, è raccomandabile non superare il limite
di 40 parole per diapositiva e aiutare l'orientamento degli allievi, usando titoli e sottotitoli.
Nella preparazione dei materiali, è consigliabile collegare sempre i concetti che si presentano a quelli già in possesso
del studenti, per rendere il loro apprendimento significativo. Una presentazione ben costruita avrà una introduzione, per
mettere di studenti a proprio agio, una consistente parte centrale dedicata ai contenuti e ai concetti fondamentali e una
conclusione per riesaminare i punti principali.
La semplice visione delle diapositive può essere un'attività molto passiva, soprattutto se pensiamo che gli studenti
mantengono l'attenzione desta per non più di venti minuti. Per questa ragione si devono considerare alcune strategie che
favoriscono l'apprendimento attivo, come proporre un esercizio, delle domande che promuovono la discussione, uno
studio di caso etc. e che servono, anche, come valutazioni informali per determinare il grado di comprensione degli
alunni.
Se il docente deve tracciare sulla lavagna degli schemi anche complessi, può risparmiare molto tempo preparando, in
successione, una serie di diapositive che presentano le varie fasi in cui si articola la costruzione dello schema e
inserendone alcune con degli errori. Chiedendo agli studenti di intervenire e di commentare ogni passaggio e mostrando
loro la slide successiva, solo dopo aver ricevuto la risposta esatta o avere ascoltato una spiegazione convincente, egli
può prevenire la prevedibile obiezione che in questo modo gli alunni non possono più contribuire attivamente alla
costruzione dello schema.
Alcune avvertenze per la realizzazione
Una volta che si è pianificata la lezione sulla base degli obiettivi, la presentazione può essere più o meno “tecnologica”,
a seconda che si inseriscano semplici o complesse espansioni multimediali; in ogni caso, non bisogna dimenticare che la
parte multimediale deve essere strettamente correlata al progetto didattico e che i giochetti ipertecnologici, specie
quando sono inutili, non aiutano gli obiettivi didattici, ma distraggono gli studenti dal prestare attenzione a ciò che
veramente importante.
Per quanto riguarda i testi scritti, è consigliabile limitare l'uso dei caratteri serif (come Times, Times New Roman, etc.)
ai titoli o ai sottotitoli, perché le variazioni di grossezza delle linee creano dei problemi di visualizzazione, e usare,
invece, fonts come Helvetica o Arial.
Le lettere maiuscole devono essere impiegate solo quando è strettamente necessario, perché sono difficili da leggere e si
confondono con gli acronimi. Il testo non deve essere sottolineato, perché la sottolineatura, di solito, serve a indicare un
link ipertestuale. Per dare enfasi al testo è bene usare il grassetto, il corsivo e, soprattutto, i colori. La grandezza del font
deve essere mantenuta il più grande possibile: il minimo raccomandato è 24 punti. Per essere sicuri che la presentazione
sia chiaramente visibile, è opportuno controllarne la proiezione dal fondo della stanza dove verrà mostrata. E’, inoltre,
necessario rendere le diapositive il più semplice possibile: come regola non si dovrebbero superare le nove linee di
testo, compresi il titolo e il sottotitolo.
Altro consiglio: creare un semplice schema, con tre o quattro colori e scegliere un colore costante per i titoli, i sottotitoli
e il testo, perché l'occhio è disturbato dai continui cambi e, inoltre, l'uso eccessivo di colori confonde chi osserva. Si
deve, poi, selezionare un background o un tema adatto alla presentazione, prestando attenzione, prima di scegliere un
template messo a disposizione dal software, che non catturi troppo lo sguardo, perché il testo e le immagini selezionate
devono essere il focus della presentazione. I testi chiari su uno sfondo scuro sono più facili da leggere, ma richiedono
una stanza oscurata. Non si devono mescolare diapositive con sfondo chiaro e scuro, perché la differente brillantezza
sforzerà la vista del pubblico; inoltre, per una nitida immagine, è bene evitare l'uso degli effetti tridimensionali.
Area 2.1
Quale ruolo possono giocare le Tic sui processi di apprendimento
A.Calvani
Sommario
Ci si chiede che rapporto possa esistere tra Tic e processi di apprendimento.
Le tecnologie migliorano l’apprendimento o no? Si intende sgombrare il campo da alcune
“mitologie” che avvolgono questo interrogativo..
Ci si avvale di alcuni riferimenti attinti dall’ergonomia e dall’analisi in ambito storico del rapporto
mente-media.
Si forniscono suggerimenti e criteri di “ergonomia didattica”, con esempi di cose da evitare e di
strade percorribili
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Area 2.1
Quale ruolo possono giocare le Tic sui processi di apprendimento
A.Calvani
Le Tecnologie favoriscono l’apprendimento?
Cominciamo da un oggetto di controversia. Le tecnologie “fanno bene” o “fanno male”?
Siamo di fronte ad una disputa infinita, che periodicamente si rinnova..
Recentemente alcune ricerche, ad esempio del Ministero dell’Istruzione britannico e di alcuni
ricercatori del MIT, mostrano che dove è stato introdotto il computer il rendimento è calato. Sul
versante opposto si stanno schierando altri soggetti, secondo cui i dati parlerebbero invece a favore
di una crescita degli apprendimenti
Per chi è interessato Cfr .http://punto-informatico.it/p.asp?i=42714
http://punto-informatico.it/p.asp?i=42054
Sgombrare dalla mitologia
La questione del “fanno bene, fanno male” è un ritornello vecchio e mal fondato. E’ il presupposto
stesso su cui si fonda la domanda che è sbagliato. Si è indotti infatti a pensare che, i media
intrinsecamente abbiano, effetti positivi o negativi. A questo atteggiamento va contrapposta una
posizione di segno antitetico:
Tra tecnologie e processi cognitivi non esiste alcuna relazione che agisca in senso
DETERMINISTICO.
Questa affermazione non va intesa nel senso che non esista alcun tipo di condizionamento, ma nel
senso che l’orientamento della relazione in termini di effetti sulla struttura cognitiva o conoscitiva
non è dato a priori, non appartiene cioè alla tecnologia in sé; esso assume un senso in funzione di
alcune variabili esterne (contesto culturale, didattico, cognitivo ed anche durata delle pratiche
d’uso).
Altri miti contigui
Appare straordinario rilevare come il mondo dei media continui a rimanere avvolto da un alone di
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ingenue credenze.
Altri aspetti dello stesso corredo mitologico inducono fallacemente a pensare che tanto
più è sofisticata la tecnologia
maggiore è l’interattività
maggiore è la quantità di comunicazione
......
tanto maggiore è
l’ apprendimento
Tecnologie come potenzialità
Ma allora cosa rispondere alla domanda: “le tecnologie accrescono l’apprendimento?”
Se andiamo a cercare le posizioni della ricerca più avveduta, la risposta si può così sintetizzare:
potenzialmente si, probabilmente no.
Che cosa vuol dire?
Potenzialmente si: Che cosa vuol dire?
Che le tecnologie non hanno effetti intrinseci, però presentano “condizioni d’innesco” (come si dice
nel linguaggio tecnico: affordances” ) che possono tradursi in potenzialità.
Alcune potenzialità possono produrre effetti a breve termine, altre nei tempi medi e lunghi, in
funzione della particolare integrazione di tecnologie e pratiche culturali che vengono a stabilirsi e
sedimentarsi.
Probabilmente no: che cosa vuol dire?
Se le potenzialità non sono opportunamente portate alla luce ed integrate con altri fattori è del tutto
verosimile pensare che le tecnologie, non favoriscano gli apprendimenti, quando addirittura non li
impoveriscano.
Un’introduzione selvaggia del computer nella scuola, al di fuori di una mirata collocazione
educativa, in un contesto educativo complessivamente troppo acquiescente verso il soddisfacimento
di bisogni immediati dell’alunno, contribuirà globalmente ad uno scadimento della riflessività, a
favore di attività superficiale del tipo “mordi e fuggi”, identificando lo “smanettamento”
dell’allievo con reale apprendimento.
Capire
La questione non è dunque di provare se le tecnologie fanno bene o male (troveremo di volta in
volta sia gli uni e gli altri effetti nella realtà, a seconda di come le tecnologie sono “giocate” nel
contesto-…) ma di capire come impiegare le affordances in funzione delle problematiche ed istanze
educative che riteniamo importante affrontare e soddisfare.
Affordances
Dove stanno le concrete affordances che le tecnologie offrono all’ apprendimento?
Abbiamo bisogno di qualche strumento orientativo: un po’ di attenzione alla “fenomenologia di
fruizione” dei diversi media, ad alcune nozioni di ergonomia, e di alcune riflessioni sulla
contestualizzabilità educativa dei media.
Fenomenologia dei media: Lettura di un libro:
Esistono sicuramente anche alcuni vincoli nella struttura stessa del mezzo.
Leggere, guardare la televisione, usare il computer: quali differenze sono rilevabili nella
tipologia di fruizione di questi media?
Quando si legge un libro l’occhio si dispone all'esame dei dati in modo analitico-lineare,
avanzando secondo la sequenza prestabilita dalle linee del testo. Si ha anche la possibilità di
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soffermarsi e di tornare indietro, qui è la mente che controlla il ritmo dell’attività; ad essa è
inoltre consentito molto spazio per l’elaborazione simbolica; il soggetto deve tradurre
interiormente il testo in immagini o significati, deve costruire un senso che non è già
rappresentato.
Fruizione televisiva e lettura sullo schermo
Quando si guarda la televisione l’occhio non procede linearmente ma salta qua e là, afferrando a
“sguardi diffusi“. Le immagini già date rimangono per lo più in superficie, nella memoria
eidetica, in attesa di essere sostituite dalle nuove che sopraggiungono.
Quando si usa il computer il focus è sull’azione che compie il soggetto: la percezione si
concentra sugli effetti della propria azione motoria (digitazione, movimento con il mouse, casco
virtuale ecc..).
Brainframes
Secondo D. De Kerckhove a ciascuna di queste modalità basiche di frequentazione mediale
corrispondono determinati “brainframes”, cioè strutture neurologiche predisposte ad acquisire
ed elaborare informazioni secondo modalità specifiche.
I tre brainframes che vengono a coesistere nella mente del giovane contemporaneo sono
essenzialmente tre, quello:
alfabetico
televisivo
cibernetico
Brainframes in conflitto?
Questa analisi fornisce già elementi di riflessione interessante. I brainframes possono entrare in
conflitto tra di loro? E’ possibile ad esempio che il fatto le migliaia di ore di frequentazione
televisiva che un bambino si porta alle spalle quando arriva alla scuola elementare possa
interferire sulle capacità attentive, richieste dal brainframe alfabetico? L’abitudine a processare i
dati secondo una modalità “a sguardi rapidi e diffusi” non potrebbe essere di ostacolo alla
lettura?
Ecco un bel problema aperto alla ricerca ed alla riflessione degli educatori …..
Cognizione esperenziale e riflessiva
Atre suggestioni ci vengono dall’ergonomia (quella disciplina che studia anche il problema dei
carichi cognitivi).
Secondo Norman possiamo distinguere l’attività conoscitiva individuando in essa due polarità
principali, a seconda di quanto essa sia più o meno vincolata all’azione diretta: cognizione di tipo
esperenziale e di tipo riflessivo.
Interazione e riflessività
Dinanzi a certe interfacce siamo catturati dalla situazione ed interagiamo intensamente con essa,
come nei casi del pilota da corsa o dell’utilizzatore di un videogioco “spara e fuggi”; qui le
reazioni sono automatiche e rimane pochissimo spazio per la riflessione. In altri momenti invece,
come dinanzi ad un libro, ci distacchiamo riflessivamente; la nostra attività conoscitiva si
conduce tra questi due limiti, tra un “essere presi” dalla situazione ed un distaccarci da essa
attraverso forme di speculazione decantata.
Dalle osservazioni di Norman si può desumere che un ambiente troppo interattivo non è
funzionale alla riflessività: funzioni cognitive più alte sono disabilitate a favore di processi di
livello essenzialmente percettivo e motorio
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Mente-medium nella storia
Altri suggerimenti si possono desumere da ricerche storico-culturali sul rapporto
mente-medium, che si sono intensificate negli ultimi decenni.
Sin dai primordi l’uomo ha allestito intorno a sé un vasto armamentario di "artefatti”
che servono di supporti per la comunicazione o per l'attività del pensiero (artefatti
"cognitivi). Mentre si stabiliscono nuovi equilibri tra udito e vista il carico cognitivo
può essere spostato su supporti esterni mentre altre funzioni o potenzialità interne
della mente, sino a quel momento latenti, possono adesso trovare una migliore
opportunità di manifestazione;.
Tecnologia e timore
Quando una nuova tecnologia cognitiva appare nella storia (si pensi alla scrittura ed
alla stampa) si avverte, più o meno inconsciamente, che un assetto cognitivo e
culturale consolidato viene minacciato; si generano allora quei gridi di allarme, così
ricorrenti nella storia, derivanti dal timore di dover perdere qualcosa di profondo, che
riguarda sia la propria mente che la propria cultura.
Il caso della scrittura
Un caso emblematico è quello della scrittura, trattata dallo stesso Platone, che
presenta il primo caso di ergonomia cognitiva.
Platone sottolineava come la scrittura avrebbe prodotto l’indebolimento della
memoria ; in pratica Platone rivolgeva alla scrittura critiche che per certi aspetti sono
simili a quelle che vengono oggi avanzate all’uso delle macchinette calcolatrici nella
scuola primaria: è infatti noto come si tenda a limitare il loro uso in quanto esso
indebolisce la capacità mnemonica di calcolo.
Mente macchina: potenzialità imprevedibili
Tuttavia il sistema mente-macchina non agisce sempre e necessariamente in forma
puramente compensatoria; esso può anche autonomamente liberare potenzialità
cognitive e creative non prevedibili.
Platone non poteva immaginare che, a fronte di una perdita delle capacità mnemoniche, la
diffusione della scrittura, all’interno di pratiche culturali che si sedimenteranno nel tempo, avrebbe
contribuito a favorire altre abilità cognitive (attraverso la possibilità dell’analisi retrospettiva sul
linguaggio la scrittura ha aperto la strada al pensiero analitico, caratterizzante il pensiero
occidentale)..
Contesto
La tecnologia si colloca dunque sempre e comunque all'interno di un sistema in cui gran parte è
dato da componenti extratecnologiche. Ora su questi fattori extratecnologici (sociali, culturali,
educativi) che possono interagire-integrarsi variamente con la tecnologia va orientata l'attenzione di
chi allestisce ambienti educativi. Sono il luogo in cui si generano le scelte primarie (di valore) che
possono illuminare di senso (o non senso) l'impiego della tecnologia stessa (a fini formativi o no).
Quali fattori extratecnologici?
Quali sono questi fattori extratecnologici? Ne indichiamo alcuni:
-pratiche e convenzioni sociali di uso
-atteggiamenti ed aspettative degli attori implicati
-modelli organizzativi e gestionali
-trame di rapporti sociali e sistemi relazionali sottesi all'uso delle tecnologie
-consegne di lavoro e modelli didattici che vi vengono affiancati.
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Tecnologie e contesti
Le tecnologie possono assumere (incorporare) valenze proprie del contesto culturale o anche
discostarsi rispetto a pratiche consuete per interventi più o meno intenzionalmente ricercati. Una
stessa tecnologia può essere una cosa diversa in un diverso contesto d'uso, in rapporto a un mutato
setting di fattori extratecnologici (ad esempio aspettative, diversa trama organizzativa ed
interpersonale).
Contestualizzazione didattica
Ovviamente in tutto ciò grande importanza ha la contestualizzazione didattica.
Per fare un esempio banale. Un CD Rom che presenta un archivio storico informatizzato può fornire
una massa di dati grezzi di nessuna utilità,. Può diventare un prezioso supporto didattico in funzione
di alcune ipotesi storiche a cui, quei dati potrebbero consentire di rispondere. Se l’insegnante ha
delle ipotesi ed intravede il rapporto tra esse e quei dati, ecco allora che quello strumento diventa
interessante. Quele è dunque il punto di partenza? L’ipotesi dell’insegnante.
Ergonomia didattica: la saturazione tecnologica
Una vera ergonomia didattica dovrebbe in primo luogo garantire che l’interazione uomo macchina
non tenda al ribasso, salvaguardando invece la qualità dei processi cognitivi.
Un computer può assorbire gran parte dell'attenzione per l'attrazione che l'interfaccia di per sé o il
piacere di manipolare esercita (fig 1.a); per esempio un bambino che si muove in un ipermedia può
essere attratto dagli effetti spettacolari che si producono ai suoi "click" da ignorare completamente
la comprensione delle informazioni che ha dinanzi;
problema da risolvere
Fig.1a
medium
mente
il medium assorbe buona parte del carico cognitivo che viene così sottratto all'investimento sul problema da risolvere;
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La delega cognitiva al mezzo
In altri casi, anche per l'effetto di un atteggiamento sbagliato verso la macchina, può prevalere una
sorta di "delega" del pensiero allo strumento (rinunciando all'impiego di quelle modalità cognitive
alte che devono presiedere al suo impiego); in questo modo il soggetto si affida alla macchina
(fig.1b).
problema da risolvere
Fig.1b
medium
mente
il medium è oggetto di una "delega" da parte del soggetto che rinuncia così a riflettere, affidandosi allo strumento;
Sinergia tra mente e mezzo
Solo in certe situazioni tra mente e macchina si crea una buona sinergia, vengono ad agire in pieno
concerto per la risoluzione del problema; la mente si appoggia al supporto tecnologico che non
assorbe più attenzione, è diventato “invisibile”: in talmodo la tecnologie è un amplificatore
cognitivo (fig 1.c).
Fig.1c
sinergia mentemedium
problema da risolvere
mente e medium si interfacciano sinergicamente, coadiuvandosi nella soluzione del problema; il medium non sottrae
energie all'investimento cognitivo ma anzi ne consente un'amplificazione: si pone in sinergia con la mente per la
soluzione del problema.
Ergonomia didattica: elementi minimi
Possiamo allora sostenere che in ogni situazione di apprendimento sostenuta da tecnologie
avremmo bisogno di controllare alcune condizioni minime di base, che:
- il problema da risolvere garantisca un buon livello di attività cognitiva e che giustifichi l'impiego
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del mezzo per la sua risoluzione;
- il rapporto con l'interfaccia non assorba di per sé troppa energia a scapito della soluzione del
problema;
- il soggetto non venga indotto a delegare le funzioni cognitive interne allo strumento;
- mente e medium agiscano in sinergia in vista della soluzione del problema;
- il contesto didattico circostante sia adeguatamente orientato, evitando fattori di dispersione
interferenti con la soluzione del problema.
Per concludere evidenziamo alcune della attività non pertinenti ed alcuni usi appropriati delle tic in
ambito educativo:
Esempi: le cose più importanti da non fare
Fare leggere (studiare) lunghi testi sequenziali sul monitor quando è più comodo il testo stampato
Usare una tecnologia sofisticata quando si può usare una più semplice (es fare un disegno al
computer quando si può facilmente farlo a mano, usare calcolo automatico quando si può fare a
mente ecc…)
Far impiegare modelli ed procedure automatizzate quando non se ne sia precedentemente compreso
il meccanismo interno
Confondere tempo dedicato al computer, navigazione ecc.. con apprendimento ed interiorizzazione
Ricorrere ad ambienti edulcorati, carichi di multimedialità, al di fuori di una chiara concezione delle
finalità didattiche
Far acquisire dati da Internet, senza controllo critico e riflessione sull’attendibilità
dell’informazione
Esempi: strade da praticare
Far usare ambienti di scrittura nell’intento di accrescere quantitativamente la produzione di testi, il
piacere dello scrivere e gli spazi per la riflessività (rilettura) sul testo
Impiegare la macchina come supporto di calcolo, quando le operazioni basilari di calcolo si siano
già comprese, per risolvere problemi complessi (che non potrebbero essere risolti senza una
tecnologia adeguata …)
Impiegare le tecnologie per favorire atteggiamenti orientati alla organizzazione razionale delle
informazioni
Usare Internet come ambiente di consultazione integrata con altre fonti, accompagnando tali attività
con una riflessione sul grado di affidabilità delle informazioni.
Impiegare la tecnologia a scopi di ricerca estetica e visiva, una volta che sia acquisita la manualità
grafica (trasformazioni estetiche dell’immagine, modellazione tridimensionale ecc…)
Elaborare percorsi con materiali individualizzati per soggetti in difficoltà
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Far comunicare allievi via Internet nell’ambito di un quadro mirante a favorire lo sviluppo
interculturale.
Per approfondimenti su queste problematiche cfri A.Calvani, Educazione, Comunicazione e nuovi
media. Per una pedagogia del Cyberspazio, Utet, Torino, 2001.
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