La ricetta medica

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La ricetta medica
Medicina di Base
La ricetta medica
Chi può e chi deve prescrivere e come farlo
Filippo Anelli
08
L’Ordine dei Medici di Bari, nella seduta del Consiglio
Direttivo del 6 aprile 2006 dapprima e poi nel corso dell’Assemblea del 27 aprile 2006, ha approvato il documento, di
seguito riportato, sugli aspetti deontologici della prescrizione. Esso rappresenta un punto di partenza per sviluppare
una discussione sulla professione e fornire uno strumento di
riflessione e di dibattito sugli interventi anche di natura legislativa che la Regione si appresta ad adottare.
In un panorama come quello odierno caratterizzato sempre dalla preoccupazione della sostenibilità economica del
nostro sistema sanitario, l’Ordine dei Medici di Bari intende
richiamare l’attenzione sulla professione medica come perno
per garantire la tutela della salute ai pugliesi.
Una preoccupazione che ha indotto la Regione Puglia ad
emanare un “Regolamento per le Prescrizioni ed il
Monitoraggio in materia di Assistenza Sanitaria”, pubblicato sul BURP il 17 novembre 2003, come “atto di indirizzo e coordinamento” per la definizione di “linee guida e di
prime misure uniformi in materia di formazione, informazione ed appropriata prescrizione delle prestazioni mediche,
farmaceutiche, specialistiche ed ospedaliere, finalizzate
all’integrazione comprensoriale dell’assistenza sanitaria”.
Con questo regolamento la Regione Puglia ha stabilito
che nella nostra regione “la prescrizione farmaceutica sul
modulario del SSR è redatta di norma dal Medico di Medicina Generale (MMG) e dal Pediatra di Libera Scelta
(PLS). I Medici ospedalieri, Universitari e gli specialisti
ambulatoriali, nella proposta di prescrizione farmaceutica
che deve essere indirizzata al Medico di assistenza primaria,
sono tenuti ad indicare esclusivamente il principio attivo e
non il nome commerciale della specialità medicinale, nel
rispetto delle note CUF”.
Invece “la richiesta di prestazioni specialistiche e di diagnostica, da eseguirsi entro trenta giorni dalla dimissione
ospedaliera, deve essere redatta direttamente dal medico
ospedaliero sul ricettario unico regionale. Nel caso di visita
specialistica ambulatoriale, gli approfondimenti diagnostici
ritenuti necessari per la risposta al quesito del medico curante sono prescritti direttamente dal medico specialista sul
ricettario unico regionale”.
Notiziario
Luglio 2006
Foto Jean Gaumy
Il Consiglio di Stato con sentenza n. 362 depositata in
data 31 gennaio 2006, ha riconosciuto valide le tesi adottate dalla Regione Puglia per la definizione del
Regolamento Regionale n. 17 del 2003, ed ha respinto,
così, il ricorso di alcune organizzazioni sindacali che avevano contestato la norma sulla prescrizione dei farmaci.
Per il Consiglio di Stato “scopo della regola contestata
non è, dunque, quello di inibire a una determinata categoria di medici l’esercizio della loro attività, ma quello di
restringere, per quanto possibile, il numero di coloro che
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possono prescrivere farmaci, quando fanno carico sulla
spesa nazionale e regionale per l’assistenza medica. Tale
scopo si ricollega con quello di condurre, più efficacemente, un controllo di questa spesa, concentrando, per quanto
possibile, in unica persona il cosiddetto medico “di medicina generale”, o di base, o di famiglia la facoltà di prescrizione”.
Se, infatti, è vero – per il Consiglio di Stato – che gli ospedalieri possono “prescrivere farmaci a carico del S.S.N.,
è anche vero che la norma è espressiva di tutt’altra regola,
che è quella dell’obbligo di appropriatezza, consistente in
un insieme di limiti da osservare da parte di tutti i medici,
diversi da quelli di medicina generale, ‹‹quando prescrivono o consigliano medicinali o accertamenti diagnostici a
pazienti all’atto della dimissione o in occasione di visite
ambulatoriali››. Dunque la disposizione in esame pone
anche l’ipotesi che i medici “altri” non prescrivano, ma
consiglino soltanto, vale a dire suggeriscano il farmaco o i
farmaci da assumere, dando perciò indicazioni a chi sia abilitato a fare la prescrizione. La norma, in conclusione, è soltanto espressiva di regole nella esplicazione di un compito
possibile dei medici ospedalieri. Dà ad essi un possibile
“titolo”, non già “pieno titolo”, a prescrivere medicinali
erogabili direttamente dal Servizio sanitario. Non si pone in
contrasto con essa, di conseguenza, una misura organizzativa che, salvi i casi di urgenza, trasferisce nel medico di
medicina generale la prescrizione del farmaco, anche se
indicato da altro sanitario, curante sino ad un certo
momento della vicenda patologica, per una terapia da
seguire dopo la dimissione ospedaliera”.
Tuttavia, se da un punto di vista giuridico il Regolamento Regionale ha superato anche l’esame del Consiglio
di Stato, sul piano della sua applicazione sull’intero territorio regionale bisogna registrare un totale fallimento in questi quasi tre anni di vigenza.
Alla base di questo comportamento dei medici ospedalieri vi è sicuramente un senso di frustrazione legato al
divieto di prescrivere la forma commerciale del farmaco,
percepito come menomazione di un compito fondamentale
del medico che è quello della prescrizione. È, infatti, difficilmente sostenibile che tutta l’attività specialistica possa
essere considerata esclusivamente come un atto di consulenza nei confronti della medicina generale. La mancata
regolamentazione della prescrizione e della consulenza rappresenta il limite principale dell’attuale Regolamento
Regionale 17/03.
Partendo da queste considerazioni il Consiglio Direttivo
dell’Ordine dei Medici di Bari ha avviato una riflessione
sull’argomento, ripartendo dai principi presenti nel Codice
Deontologico relativi al ruolo del medico e all’atto prescrittivo.
Il documento è stato proposto all’Assemblea Generale
degli iscritti all’Ordine, che lo ha approvato, invitando gli
Organi di Governo Regionale ad avviare un confronto sul
ruolo del medico nel Servizio Sanitario Regionale e sul
rapporto tra medici convenzionati e medici del settore
dipendenza.
DOCUMENTO SULLA PRESCRIZIONE SANITARIA
La prescrizione di un accertamento diagnostico e/o di una terapia impegna la
responsabilità professionale ed etica del medico e non può che far seguito a una
diagnosi circostanziata o, quantomeno, a un fondato sospetto diagnostico”.
Inizia così l’articolo 12 del codice deontologico che inserisce questa parte sulla
“prescrizione e trattamento terapeutico” nel capitolo dedicato ai compiti e doveri generali del medico.
Quindi la prescrizione rientra tra i compiti precipui del medico ed è strettamente
connessa con la responsabilità professionale.
I presupposti di un corretto esercizio dell’atto prescrittivo sono o una diagnosi
circostanziata o un sospetto diagnostico fondato.
La prescrizione rappresenta, così, il momento conclusivo di un iter decisionale in
quanto prescrivendo il medico ordina la terapia o imposta un iter diagnostico.
Con l’atto prescrittivo il medico, dunque, si assume la responsabilità professionale in merito alle cure proposte e all’ipotesi diagnostica avanzata, “fatta salva la
libertà del paziente di rifiutarle e di assumersi la responsabilità del rifiuto stesso”.
Poiché la prescrizione è un momento fondamentale dell’atto professionale, “al
medico è riconosciuta autonomia nella programmazione, nella scelta e nella
applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico”.
L’autonomia professionale rappresenta, dunque, un valore fondamentale per
garantire prescrizioni e trattamenti “ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche, anche al fine dell’uso appropriato delle risorse, sempre perseguendo il beneficio del paziente”.
Alla stessa stregua le prescrizioni devono essere rispettose dei principi etici contenuti nel codice deontologico, al fine di evitare possibili distorsioni nell’esercizio
della professione.
La prescrizione rappresenta quindi un momento fondamentale dell’esercizio
professionale e impegna la responsabilità diretta del medico che la effettua. Tale
responsabilità non può essere riversata su altri e ogni medico deve assumersi
in prima persona le conseguenze delle sue scelte terapeutiche e diagnostiche.
Il medico che nel corso di una visita o al momento della dimissione ospedaliera
decida un indirizzo diagnostico o terapeutico non può esimersi dalla prescrizione, che rappresenta uno dei momenti qualificanti dell’attività professionale.
L’attività professionale del medico si attua, oltre che in regime libero-professionale, prevalentemente in seno al SSN/SSR, che ha il fine di tutelare oltre che la
salute del singolo anche la salute pubblica.
Le norme che regolano l’organizzazione del SSN devono tenere conto dei principi contenuti nel codice deontologico, tra cui l’autonomia e la libertà di scelta
nella prescrizione e la relativa responsabilità.
Le scelte devono essere in linea con le più recenti conoscenze ed evidenze
scientifiche nel rispetto dell’uso appropriato delle risorse.
Questi sono i criteri che ispirano la prescrizione nell’ambito del SSN; per tale
ragione ogni medico del SSN (dipendente o convenzionato), se deve essere
messo in grado di assolvere agli obblighi deontologici sulla prescrizione, nel
contempo non può esimersi dalla piena assunzione di responsabilità di tale prescrizione e dall’utilizzare sempre i ricettari del SSN.
La richiesta di trascrizione di una prescrizione, intensa come la richiesta ad un
altro medico in possesso del ricettario SSN di ricopiare una prescrizione effettuata da un medico del SSN, rappresenta una palese contravvenzione ai principi innanzi illustrati, anche se avvenuta al solo fine di consentire al cittadino di
ottenere la rimborsabilità delle prestazioni o cure da parte del SSN.
Diverso è il caso della consulenza: “Qualora la complessità del caso clinico o
l’interesse del malato esigano il ricorso a specifiche competenze specialistiche
diagnostiche e/o terapeutiche” il medico curante propone “il consulto con altro
collega o la consulenza presso idonee strutture di specifica qualificazione,
ponendo gli adeguati quesiti e fornendo la documentazione in suo possesso”.
“Lo specialista o consulente che visiti un ammalato in assenza del curante deve
fornire una dettagliata relazione diagnostica e l’indirizzo terapeutico consigliato”.
“È affidato al medico curante il compito di attuare l’indirizzo terapeutico concordato con il consulente ed eventualmente adeguarlo alle situazioni emergenti”.
In questo caso, l’attività del consulente non è svolta direttamente nei confronti
del paziente ma serve di supporto al medico curante al quale sono rimesse poi
le decisioni e le conseguenti prescrizioni diagnostiche e terapeutiche.
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