Scarica - Pietro d`Abano

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Scarica - Pietro d`Abano
ISTITUTO ALBERGHIERO DI STATO “PIETRO d’ABANO”
ABANO TERME (Padova)
Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera
RIVISTA DELL’ISTITUTO ALBERGHIERO PIETRO d’ABANO
Anno V - N. 11 - Marzo 2015
pratica
e
t
n
e
m
Dialogo interculturale
Passione cucina. Radicchio, il fiore rosso dell’inverno
Storia del flair bartending
Il tour dell’Italia dei sapori - Pacchetti turistici innovativi
Incontri speciali. Banco alimentare
Andrea Valentinetti. Lo chef che non si ferma mai
Jimi Hendrix, una vita al servizio della musica
IN QUESTO NUMERO
PRATICAMENTE Pietro
Rivista dell’Istituto Alberghiero
“Pietro d’Abano”
Marzo 2015 - Anno V - N. 11
Editoriale
Più dialogo, più conoscenza...
3
La posta del Pietro
4
Passione cucina
5
Radicchio, il fiore rosso dell’inverno
Il bicchiere... mezzo pieno
Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera
Via Monteortone, 9 - 35131 Abano Terme
Tel. 049.8630000 - Telefax 049.8639707
Stampa
Nuova Grafotecnica snc
Via Leonardo Da Vinci, 8 - 35020 Casalserugo (PD)
8
Storia del flair bartending
Tiratura: 2000 copie
questo numero è stato chiuso in redazione il 26.2.2015
Accoglienza turistica
Il tuor dell’Italia dei sapori
Pacchetti turistici innovativi
10
12
Incontri speciali
Banco alimentare
Direzione
Luigino Grossele, direttore editoriale
Saverio Mazzacane, direttore
Redazione
Elisabetta Benvenuti, docente
Alison Bordin, studentessa
Tomaso Bortolami, docente
Marta Canoppia, studentessa
Alessandra Garrì, docente
Renate Gilli, docente
Lucia Ruggeri, docente
Maria Cristina Todeschini, docente
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Ex studenti alla ribalta
Andrea Valentinetti. Lo chef che non si ferma mai
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Dialogo interculturale
18
Doping nello sport, una piaga
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Lo scaffale
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Speciale biblioteca
23
Musica, cibo per le orecchie
Jimi Hendrix,
una vita al servizio della musica
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Il notiziario del “Pietro”
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Direzione, redazione, amministrazione
ISTITUTO ALBERGHIERO DI STATO
“PIETRO d’ABANO”
Attenti al web
Incontro con la docente russa E. Perelygina
Alternanza Scuola-lavoro
Una lezione sul cerimoniale
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Hanno collaborato a questo numero
Adnkronos, agenzia di stampa
Elisa Auditore, studentessa
Alberto Baretta, studente
Valeria Barison, studentessa
Lisa Businaro, studentessa
Classi 4AS e 4BS, studenti e studentesse
Classe 5BC, studenti e studentesse
Gianluca Costa, studente
Yuri Crescenzio, studente
Sophia Lazzari, studentessa
Claudio Luisi, resp. Progetto Scuola B.A.L.
Riccardo Maran, studente
Jessica Marcante, studentessa
Giorgia Munaretti, studentessa
Giovanni Oreste, studente
Gabriella Orlandini, docente
Sergio Torresin, docente
Davide Zanin, psicologo
Intercultura.
Studenti dell’Istituto alberghiero
Pietro d’Abano
(foto F. Ghirardello)
Perché “PRATICAMENTE”?
Facile, no?! Perché la pratica che rende unico il nostro
istituto nasce non solo dalla manualità e dall’ esperienza, ma anche e soprattutto dalle fatiche della mente. Ed è proprio la maestria di coniugare queste arti
a rendere praticamente concreta la nostra passione.
EDITORIALE
PIÙ DIALOGO, PIÙ CONOSCENZA...
L’intervista al sociologo Enzo Pace è il contributo che Praticamente Pietro vuole offrire al dibattito
su integrazione e discriminazione riaccesosi in tutto il mondo dopo i terribili attentati di Parigi. Quei
fatti, così efferati da lasciarci sgomenti ed inquietanti per le prospettive che sembrano determinare,
hanno riproposto ancora una volta gli stereotipi creatisi nel post 11 settembre: lo scontro di civiltà e la
coincidenza fra Islam e terrorismo. Ecco allora che l’esigenza di sgomberare il campo da argomentazioni
spesso frettolose, frutto dell’emozione del momento ma prive di fondamento storico e logica spicciola,
ci ha indotti ad approfondire il tema del dialogo interculturale, orientandolo verso la funzione che la
scuola può esercitare nella costruzione di una società multietnica. Pace, sociologo delle religioni di
fama internazionale, ci ha spiegato che l’incontro con l’altro e la reciproca conoscenza sono il miglior
antidoto ai fantasmi e alle paure, la via più sicura, anche se faticosa, per realizzare una società libera
dai pregiudizi ed informata ai principi di una convivenza pacifica fra le persone, pur diverse per cultura,
modi di essere e credo religioso. E la scuola – il nostro interlocutore ha voluto sottolinearlo – è il luogo
privilegiato per abbattere muri e barriere perché i giovani che la frequentano, qualunque sia la loro
origine, si mescolano e si confrontano fino a condividere comportamenti, aspirazioni e, più in generale,
un paradigma di valori comuni. Il pensiero corre allora ai ragazzi musulmani che frequentano il nostro
istituto i quali da un lato rivendicano, com’è giusto, i tratti essenziali della loro identità, ma da un
altro affermano di voler essere protagonisti di una società plurale, multireligiosa, in nome di un Islam
pacifico e dialogante (che poi è quel che vuole la stragrande maggioranza dei Musulmani che vive
stabilmente in Europa). Il nostro compito, dunque, deve essere quello di impegnarci per valorizzare
socialmente (e giuridicamente: ma qui la competenza è del legislatore) quell’Islam italiano che vuole
sentirsi parte della comunità, impedendo qualsiasi forma, anche larvata, di marginalizzazione. Dispiace
invece osservare come in Italia personaggi più o meno importanti, favolose nullità e talvolta anche
alcuni organi di informazione insistano nell’alimentare la contrapposizione identitaria, il “noi contro
loro” (perché, ovvio, noi siamo meglio di loro, siamo “brava gente”), senza accorgersi che proprio
l’emarginazione e il clima di chiusura fanno crescere, per reazione, il fondamentalismo e l’estremismo.
I fanatici e i terroristi meritano la nostra riprovazione e vanno combattuti con tutte le forze, i Musulmani
per bene non devono chiedere scusa di nulla.
Saverio Mazzacane
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LA POSTA DEL PIETRO
Indirizza la tua posta a questa e-mail: [email protected]
LETTERA APERTA DOPO
L’ATTENTATO DI PARIGI
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Ho sentito dire “E’ stata violata la libertà di pensiero e di espressione”. Ma il
rispetto verso una religione praticata
da due miliardi di persone non è stato
violato? Ho sentito dire “Condoglianze
per le 14 vittime innocenti ”. Ma le condoglianze nei confronti dei Palestinesi
o dei Siriani, la cui terra viene invasa
dalle “missioni di pace” occidentali, non
si fanno? Qui i morti vengono considerati in base al Paese da cui provengono? Ho sentito parlare a lungo
dell’episodio di Parigi. Non ho però sentito parlare degli attacchi alle moschee
in Svezia, alcuni giorni fa in Francia è
stato attaccato un negozio Kebab di
fronte ad una moschea, non ho sentito
parlare dei musulmani perseguitati, ma
qui anche i terroristi vengono riconosciuti a seconda della loro provenienza. E poi smettiamola di distruggere
soprattutto i milioni di giovani musulmani che ogni giorno, invece di essere sostenuti e protetti, sono attaccati,
oppressi, accusati di qualcosa che non
c’entra assolutamente nulla con loro.
Smettiamola di fare di tutta l’erba
un fascio, siamo parte integrante di questa società, consideriamo l’Europa il nostro Paese, siamo
per la libertà di espressione, che
sia satira o meno (naturalmente però
sempre nei limiti, senza insulti e senza
ipocrisia), per la libertà di pensiero,
per la libertà di culto per qualsiasi
religione, per il diritto alla cultura
ma soprattutto per il diritto alla vita. Molte volte viene negato il diritto
alla vita, che io considero il più importante, per difenderne altri che potrebbero essere affermati in altro modo e
tutto questo viene considerato giusto e
giustificabile. Naturalmente io non sto
assolutamente giustificando l’attentato
di Parigi, sono la prima a condannarlo
nonostante ci sia qualcosa (per modo
di dire) che non torni; ma cerchiamo
di evitare certi commenti. E’ sempre lo
stesso copione. Hajar
PROTESTA
Anche gli studenti del “Pietro” hanno
aderito, per il tramite dei loro rappresentanti, alla protesta degli studenti
medi padovani nei confronti dell’assessore regionale alla Pubblica Istruzione
Elena Donazzan che, dopo gli attentati di Parigi, aveva inviato ai dirigenti scolastici una circolare con la quale
chiedeva alle famiglie degli alunni mu-
sulmani di condannare apertamente il
terrorismo islamico.
Nicola Marrrone
Siamo la 5BC e tra poco, a Dio piacendo, abbiamo finito. Vorremmo comunque sottoporle due idee che a noi sembrano interessanti.
E’ possibile ripensare alla pausa della
ricreazione sostituendola con due intervalli di 10 minuti, come accade anche in altre scuole? Molti di noi vengono
da lontano e dopo due ore l’attenzione
cala, gli zuccheri anche e quindi sgranchirsi le gambe e mangiare qualche cosa senza attendere le 11.05 sembra
una gran buona idea.
Non solo. Aggiungere alle macchinette
delle merende un distributore di gelati
confezionati e magari cercare di organizzare un servizio che comprenda anche la somministrazione di frutta (es.
mele e arance) potrebbe dare ai ragazzi l’opportunità di mangiare più sano.
Grazie dell’attenzione
La classe 5BC
Ogni decisione in merito va assunta dagli Organismi collegiali interni: il Collegio dei Docenti per la prima proposta
e il Consiglio d’Istituto per la seconda.
Sarà mia premura portare gli argomenti in discussione alle prossime rispettive assemblee (L.G.)
TASSE SCOLASTICHE
E’ tempo di iscrizioni e abbiamo ricevuto alcune lettere che chiedono chiarimenti in merito al cosiddetto contributo
per l’iscrizione. Come risaputo, gli Istituti scolastici impongono una quota da
versare all’atto dell’iscrizione agli studenti di tutte le classi, a copertura delle
spese assicurative, dei libretti personali
ma, in particolare, per il funzionamento
generale della scuola. E’ stata più volte ribadita, anche dal MIUR, la volontarietà della contribuzione per cui le famiglie si trovano un po’ spaesate e non
capiscono più quale sia la regola da seguire e cosa si debba fare.
Ecco la risposta.
Agli Istituti Alberghieri di Stato, all’atto
della loro costituzione, è stata rimessa
la possibilità di imporre un contributo
aggiuntivo. Nel caso del nostro Istituto,
il riferimento legislativo è il D.P.R. 26
maggio 1955 n. 1555 ancora vigente
che, all’art. 13, così recita: “Le tasse
scolastiche di ammissione, di frequenza, di esame e di diploma sono stabili-
te nella stessa misura di quelle fissate per gli istituti tecnici commerciali.
Agli alunni può, inoltre, essere chiesto
un contributo per il consumo di materie prime, nonché un deposito di garanzia per eventuali danni. La misura
del contributo e del deposito è fissata
dal Consiglio di amministrazione” (oggi Consiglio d’Istituto). Sostanzialmente, la norma ha considerato l’attività
del tutto particolare che si realizza negli Istituti alberghieri, quotidianamente impegnati con l’acquisto e l’uso di
derrate alimentari, attribuendo ad essi
la facoltà di chiedere il rimborso almeno parziale delle spese sostenute. Ed
è proprio questo che il Consiglio d’Istituto ha previsto, imponendo una quota annuale, tra le più esigue di quelle
decise dagli Istituti alberghieri italiani.
Del resto, si deve pensare che i nostri
studenti, in particolare quelli di Cucina
e Sala, si esercitano quotidianamente
con gli alimenti acquistati e poi li impiegano per pranzare.
Senza il contributo, la scuola non sarebbe in grado di acquistare le derrate
alimentari e i materiali per le esercitazioni di accoglienza turistica, per cui le
lezioni laboratoriali si svolgerebbero in
aula, visionando qualche film o leggendo qualche libro in più.
Al fine di venire incontro alle esigenze dei meno abbienti, l’Istituto ha comunque previsto alcune possibilità. Ad
esempio, il ricorso al comodato d’uso
dei libri di testo per gli studenti del primo biennio o una parziale riduzione del
contributo per le situazioni più delicate
certificate con la presentazione dell’ISEE. (L.G.)
ISCRIZIONE PER IL PROSSIMO
ANNO SCOLASTICO
Ho iscritto mio figlio ad altra scuola, in
classe prima. Nel caso in cui cambiasse
idea sarebbe possibile iscriverlo nella
vostra e quando?
Lettera firmata
Gentile genitore, visti gli esiti delle
iscrizioni e gli spazi attualmente a nostra disposizione, credo sarà difficile
poter accogliere ulteriori domande in
corso d’anno. Comunque, entro il 31
agosto, è possibile che si liberi qualche posto in quanto, fino a tale data,
solitamente, avvengono ancora cambiamenti e ripensamenti da parte degli
studenti. E’ sempre conveniente mettersi prima in contatto con gli uffici di
segreteria che daranno indicazioni sul
da farsi. (L.G.)
PASSIONE CUCINA
Radicchio, il fiore rosso dell’inverno
Un vanto, un’eccellenza tutta veneta. Un prodotto invernale, che spunta dalla terra ormai brulla
e la colora di rosso intenso, fra il granata e il violaceo. E’ il radicchio, ortaggio dall’inconfondibile
sapore amarognolo, tanto buono da gustare crudo, condito con un filo d’olio e una goccia d’aceto,
quanto versatile nella preparazione di moltissimi piatti.
Conosciamolo un po’ più da vicino.
Il radicchio rosso viene coltivato nella Marca trevigiana fin dal XVI secolo. Inizialmente era considerato un cibo povero, tanto da essere impiegato soprattutto come mangime per gli animali. Non sappiamo
con precisione chi lo abbia trasformato in un ortaggio
prelibato e noto in tutto il mondo, ma gli storici della cultura gastronomica veneta sono concordi nell’affermare che la sua fama risale all’Ottocento. Peraltro,
dagli anni 60 del secolo scorso la coltivazione di questa verdura è stata avviata e si è diffusa stabilmente
anche in Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo e Puglia.
Varietà e zone di produzione
so carico e perdono la loro consistenza fibrosa, diventando croccanti e leggermente amarognole. Seguono quindi
la raccolta e la toelettatura prima della
commercializzazione.
Il rosso di Treviso tardivo è invece più pregiato, in ragione della complessità del processo di produzione. Si presenta con foglie lunghe e affusolate, con una costa centrale
bianca e foglie di un colore rosso-violaceo intenso. Secondo il disciplinare di produzione la raccolta dal campo aperto
può iniziare solo dopo che le piante abbiano subito due brinate. Una volta raccolto viene legato in mazzi e posto con
il fittone (o radice) immerso in vasche di acqua di falda a
temperatura costante (12-15 gradi) per
la fase di imbianchimento. La tem-
Esistono numerose varietà di radicchio; alcune
sono selvatiche, altre coltivate. L’aspetto e il sapore (ora amaro ora un po’ più dolce) cambiano
in relazione alla tipologia e alla zona di provenienza. Per esempio, il radicchio di Chioggia,
frutto dell’incrocio fra quello trevigiano e l’indivia, ha la forma rotonda di una rosa, mentre
la varietà veronese è ovale e allungata. Cambia anche il colore: si distinguono il radicchio dalle foglie color
rosso intenso, tipico
di Treviso, Verona e Chioggia,
e quello dalle
foglie variegate, che si coltiva a Castelfranco Veneto e, nel
padovano, a Maserà. Il radicchio
di Treviso è famoso
in tutto il mondo e
Radicchio di Treviso
non è un caso che sia
stato l’unico ad aver ottenuto dall’Unione Europea il marchio Igp (Indicazione geografica protetta) La zona di produzione è specificata dal
relativo disciplinare: in provincia di Treviso i comuni di Carbonera, Casale del Sile, Casier, Istrana, Morgano, Paese,
Ponzano Veneto, Preganziol, Quinto di Treviso, Silea, Spresiano, Trevignano, Treviso, Vedelago, Villorba e Zeno Branco; in provincia di Padova i comuni di Piombino Dese e Trebaseleghe; in provincia di Venezia i comuni di Martellago,
Mirano, Noale, Salzano e Scorzè.
In base al periodo di raccolta il radicchio viene distinto
in precoce e tardivo. Il primo è pronto fra ottobre e novembre, l’altro fra dicembre e aprile. Il radicchio rosso di Treviso precoce, meno pregiato, ha foglia più larga e sapore
più amaro. Viene coltivato in campo aperto e dopo l’estate
i cespi vengono legati per proseguire la maturazione e l’imbianchimento forzato. L’imbianchimento è una tecnica che
serve a prolungare la conservazione del prodotto. Si tengono le piante lontane dalla luce in modo che si formino nuove
foglie che, in assenza di clorofilla, assumono un colore ros-
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Radicchio di Chioggia
PASSIONE CUCINA
Radicchio, il fiore rosso dell’inverno
peratura mite dell’acqua favorisce la ripresa del processo vegetazionale, ma
anche in questo caso
l’assenza di luce impedisce alla pianta di produrre clorofilla: da
qui il colore tipico
e l’ammorbidimento delle note amare della cicoria.
Dopo un periodo
di forzatura in acRadicchio variegato di Castelfranco Veneto
qua (15-20 giorni),
il radicchio rosso di
Treviso tardivo Igp è pronto per la toelettatura finale.
Radicchio rosso di Verona
preparazioni, poi, il radicchio dimostra tutta la sua duttilità,
potendo essere utilizzato per confezionare un intero menu:
dagli antipasti ai primi (paste e risotti), dagli arrosti farciti fino alla marmellata e ai dolci (perché no?). Ma non ci si
ferma qui: esistono anche la birra aromatizzata al radicchio
(dal retrogusto erbaceo e morbido; si abbina mirabilmente
alle carni bianche, alla selvaggina e ai formaggi a pasta molle) e salutari tisane.
I CONSIGLI DELLO CHEF
Sergio Torresin
CAPESANTE E RADICCHIO ROSSO
DI ROVEREDO (VERONESE)
Ingredienti per 4 persone. 2 cespi di radicchio rosso di Roveredo di Guà (veronese), 12 capesante grosse, 10 g. di
prezzemolo tritato, 50 cc di olio extravergine di oliva, 10 cc
di cognac, sale, pepe, 20 cc di aceto balsamico.
Preparazione. In una padella mettere 2 cucchiai di olio a
scaldare, adagiarvi le capesante (pulite, lavate e sgusciate).
Dopo 3 minuti di cottura, spruzzare con il cognac, salarle,
peparle e cuocerle per altri tre minuti. Nel frattempo pulire il radicchio, tagliare ogni cespo in quattro pezzi, lavarli
e asciugarli. Disporre sul piatto i pezzi di radicchio, condirli
con olio, sale, pepe e aceto balsamico. Appoggiarvi sopra tre
capesante per pezzo e un cucchiaio di sugo di cottura.
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Proprietà del radicchio
Quanto a minerali, il radicchio rosso contiene soprattutto potassio, ma anche magnesio, fosforo, calcio, zinco, sodio, ferro, rame e manganese; contiene, inoltre, vitamine del gruppo B, vitamina C, vitamina E, vitamina K.
Grazie all’elevata percentuale di acqua, il radicchio è un
alimento depurativo; può essere inoltre un valido aiuto
per chi soffre di stitichezza e difficoltà digestive. Il calcio e
il ferro rendono più forti le ossa e regolano la pressione sanguigna. Questo ortaggio ha un bassissimo potere energetico
ed è quindi utile nelle diete ipocaloriche. Le fibre che vi sono
contenute sono in grado di trattenere gli zuccheri presenti
nel sangue; per questo è un alimento consigliato a chi soffre
di diabete di tipo 2.
Il radicchio rosso, come tutti i vegetali di questo colore,
è ricco di antiossidanti. Contiene antociani e triptofano: i
primi aiutano a prevenire i fattori di rischio cardiovascolare,
il secondo favorisce il rilassamento e combatte l’insonnia.
In cucina
Ottimo il radicchio quando viene grigliato e condito con
aceto balsamico, saporito quando è cucinato al forno o soffritto con aglio e olio, lardo o pancetta e/o acciughe. Nelle
RISOTTO CON RADICCHIO, POMODORINI
E ACETO BALSAMICO
Ingredienti per 4 persone. 320 g. di riso Carnaroli, 1cucchiaio di cipolla tritata, 3 cespi di radicchio di Treviso, 1 bicchiere
di vino rosso, brodo vegetale, 150 g. di pomodori datterini,
aceto balsamico, 7 foglie di basilico, grana, sale, pepe, burro.
Preparazione. Affettare finemente 2 cespi di radicchio e tenerli da parte. Far appassire le foglie dell’altro cespo in una
padella antiaderente con un filo d’olio, accantonandole per
la decorazione del piatto. In una casseruola rosolare la cipolla, unire il riso e tostarlo. Sfumare con il vino e lasciar
evaporare, unire il radicchio affettato e i pomodorini tagliati
a metà. Continuare la cottura aggiungendo gradatamente il
brodo per 15-18’. Aggiustare di sale e pepe e a fine cottura
PASSIONE CUCINA
Radicchio, il fiore rosso dell’inverno
mantecare con il burro, il parmigiano e le foglie di basilico.
Impiattare il risotto, aggiungere qualche foglia di basilico a
piacere e il radicchio stufato in padella. Decorare il tutto con
una corona di aceto balsamico e servire.
GAMBERI CON CARCIOFI E RADICCHIO
Ingredienti per 4 persone. 2 cespi di radicchio di Verona, 4
carciofi, 20 gamberi freschi, 4 cucchiai di salsa citronette,
sale e pepe.
Preparazione. Mondare i carciofi e lasciarli interi; lessarli
quindi in acqua salata bollente con qualche pezzo di limone
per farli rimanere chiari. Sgusciare i gamberi e sbollentarli
in poca acqua salata per circa 3 minuti. Pulire il radicchio e
tagliarlo a spicchi. Dopo averlo lavato e asciugato metterlo
sul piatto. Tagliare i carciofi ancora caldi in 4 spicchi e adagiarli sul radicchio. Disporre i gamberi sopra i carciofi e condire il tutto con la salsa citronette (in una ciotola mescolare
il succo di limone passato al colino e un pizzico di sale con
una piccola frusta o con una forchettina, poi aggiungere l’olio e continuare a emulsionare fino ad avere una citronette
leggermente opaca).
FAGOTTINO DI MANZO RIPIENO DI RICOTTA
SU LETTO DI RADICCHIO
Ingredienti per 4 persone. 320 g. di filetto di manzo, 150 g.
di ricotta fresca, 350 g. di radicchio di Verona, 1 limone, 50
cc. di olio extra vergine di oliva, sale e pepe.
Preparazione. Battere leggermente le fettine di carne. Salare e pepare. Spalmare la ricotta, dopo averla ben lavorata.
Chiudere la carne e formare un fagottino. Preparare i cuoricini di radicchio, ben lavati, al centro del piatto; adagiarvi
sopra il fagottino, condire con la salsa citronette (vedi preparazione precedente), quindi servire.
CROSTATA ALLE MANDORLE E RADICCHIO
Ingredienti per 8 persone. Per la marmellata di radicchio.
350 g. di radicchio di Treviso, 240 g. di zucchero, 1 limone,
1 cucchiaio di marmellata.
Per la pasta frolla. 200 g. di farina 00, 160 g. di burro, 80
g. di zucchero a velo, 100 g. di mandorle in polvere, 4 tuorli d’uovo, ½ buccia di limone, 30 g. di mandorle a lamella.
Preparazione. Pulire e tritare grossolanamente il radicchio
trevisano, lavarlo e, senza sgocciolarlo, metterlo in una casseruola con il succo di limone, un pezzetto di scorza e lo zucchero. Portare a ebollizione, abbassare la fiamma e proseguire la cottura a fuoco medio per circa un’ora, mescolando
spesso. Togliere dal fuoco, lasciare intiepidire, incorporare la
marmellata e lasciar raffreddare.
Mescolare la farina alla polvere di mandorle, disporla in una
spianatoia a fontana e mettere nel centro il burro morbido
a pezzetti, lo zucchero a velo, la scorza di limone grattata
finemente e i tuorli passati al setaccio. Amalgamare bene
gli ingredienti, senza lavorare troppo la pasta, formare una
palla, avvolgerla con un foglio di pellicola trasparente e lasciarla riposare in frigo per mezz’ora.
Stendere la pasta sottile e foderare il fondo e le pareti di uno
stampo di 24 cm di diametro imburrato e infarinato.
Farcire con la marmellata, spolverizzare con le mandorle a
lamelle e cuocere la crostata in forno già caldo a 180° per
30’. Lasciarla raffreddare, sformarla e servire.
IL RADICCHIO BIANCO FIOR DI MASERÀ
Il “radicchio bianco fior di Maserà” è in pratica il radicchio
variegato di Castelfranco che viene sottoposto ad una
tecnica particolare di imbianchimento, inventata negli anni venti dagli agricoltori del padovano.
Descrizione del prodotto
Il cespo del “radicchio bianco fior di Maserà” si presenta
di forma rotondeggiante, con gruppo centrale compatto
e foglie esterne espanse. Le foglie sono spesse e frastagliate, superficie ondulata, forma rotondeggiante. Il loro
colore è biancocrema con variegature, distribuite su tutta
la pagina fogliare, che vanno dal viola chiaro al rosso violaceo, al rosso vivo. Il sapore varia dal dolce al gradevolmente amarognolo molto delicato. I cespi hanno un peso
minimo di 100 g ed un diametro minimo di 15 cm.
Processo di produzione
La semina del “radicchio bianco fior di Maserà” viene effettuata dal 1° giugno al 15 agosto. Il trapianto in campo
avviene dal 15 giugno al 31 agosto; la raccolta inizia il 20
settembre. Durante lo sviluppo della pianta non servono
particolari attenzioni, ma l’irrigazione deve essere accurata, soprattutto in caso di siccità prolungata, accompagnata dalle normali operazioni di sarchiatura. L’operazione fondamentale per la produzione di questo radicchio è
la forzatura-imbianchimento, che consente di esaltarne i
pregi organolettici, merceologici ed estetici. Per ottenere
il prodotto, dopo l’estirpazione con pane di terra, il radicchio viene assemblato in cassette che sono coperte con
film plastico nero, direttamente sul campo e lasciate a riposo per 3-4 giorni; successivamente vengono stivate in
appositi locali a 16-18 °C con umidità accentuata fino ad
imbianchimento avvenuto. Con questo processo si pongono i cespi in condizioni di formare nuove foglie le quali,
in assenza di luce, sono prive o quasi di pigmenti clorofilliani e mettono in evidenza la variegatura sullo sfondo
della lamina fogliare; inoltre perdono la consistenza fibrosa, diventano croccanti e di sapore gradevolmente amarognolo. I cespi vengono toelettati e lavati in vasche con
abbondante acqua, quindi posti in cassette per la commercializzazione.
Veneto Agricoltura
Atlante dei prodotti agroalimentari tradizionali del
Veneto
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IL BICCHIERE... MEZZO PIENO
STORIA DEL FLAIR BARTENDING
Il Flair bartending, comunemente detto Flair (in inglese fiuto, attitudine, inventiva), è l’insieme delle tecniche
acrobatiche nella preparazione dei cocktail. Il bartender è
il protagonista del flair: una figura di professionista che si
rivolge direttamente alla clientela coinvolgendola e rendendola partecipe allo spettacolo. Tenendo due o più bottiglie in
una sola mano, il bartender attua quel tipo di prova in cui,
ad esempio, si preparano i cocktail attraverso versaggi multipli o contemporanei di liquori, stravolgendo prese e lanci
di contenitori o bottiglie con movimenti a volte aggraziati o
bizzarri, lanciandoli o afferrandoli davanti o dietro la schiena, secondo una regia pianificata prima o improvvisata al
momento, secondo le esigenze. Il talento del bartender si
esprime appunto nel movimento del corpo, associato ad un
pizzico di ispirazione personale.
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Il Flair bartending si divide in due varianti: il Working
Flair e l’Exhibition Flair. Il primo è caratterizzato da movimenti sia rapidi che morbidi, tutti eseguiti senza creare ritardi sui tempi di servizio al cliente. Praticato per lo più con
un bicchiere, una bottiglia (occasionalmente con due), un
cono Boston, una guarnizione, è finalizzato alla composizione di drink con frutta o altre decorazioni. L’Exhibition Flair,
invece, è usato principalmente a scopo di intrattenimento o
nelle competizioni oppure è praticato nei locali quale segno
distintivo di campagne pubblicitarie, nella promozione di liquori o in occasione di momenti dimostrativi all’interno di
fiere o altre manifestazioni. Rispetto al working flair richiede
l’uso di materiale scenico, materiali singolari ed una preparazione più lunga e dettagliata.
Le origini del flair sono, contrariamente a quello che si
crede, molto antiche. Si ha notizia, infatti, che il primo a
praticarlo sia stato il celebre bartender statunitense Jerry
Thomas, che durante le sue dimostrazioni, faceva ampiamente uso di mosse spettacolari rivelandosi un autentico
showman, cosa alquanto strana per l’epoca considerando
che tutto questo succedeva nel 1800.
Tutti ricorderanno poi che il flair divenne popolare grazie
al film “Cocktail” dove un giovane interpretava la parte di
uno studente di economia che pian piano diventava bartender. All’inizio un po’ imbranato, ma alla fine, grazie alla sua
bravura, si trasformava in un’autentica star.
Il film risale 1988, tuttavia per cercare le origini del flair
moderno dobbiamo andare indietro ancora di qualche anno,
quando alcuni bartender californiani mettono in atto alcuni
movimenti appositamente studiati per velocizzare il lavoro.
La loro tecnica viene subito adottata da altri colleghi e pre-
sto diventa uno standard di servizio per la popolare catena
“TGI Fridays”.
Nel 1985 a Marina del Rey, in California, la “TGI Fridays”
organizza la prima gara di flair per i loro dipendenti e fra di
loro si distingue per bravura John Mescall, che in seguito girerà il primo video sul flair “Olimpic Bartending”, insieme a
John “JB” Bandy che, dopo aver vinto il primo campionato
mondiale della “TGI Fridays” nel 1987, è chiamato per fare
il trainer di Tom Cruise nel film “Cocktail”.
Nel 1992 anche in Italia cominciano ad arrivare dagli Stati Uniti le prime attrezzature per bar ad opera di Stefano Talice e Gianluca Pomati, titolari della “Varpo”, i quali durante
un “Pianeta Birra“, a Rimini nel 1994, incontrano Marco Ranocchia, che a quel tempo rappresentava la Fiera di Bastia
Umbra in Spagna. Ranocchia, grazie ad un accordo commerciale, fa arrivare in Italia un talentuoso bartender portoghese, Paulo Ramos, che praticava il flair in un bar di Madrid.
Poco tempo dopo apre a Bastia Umbra la “Planet”, prima
scuola di flair in Italia.
Questa pratica conosce quindi un periodo di grande popolarità e cominciano ad emergere i primi talenti nostrani:
Lorenzo Bianchi, Fabio Milani, Stefan Mussye, Marco Sumerano, Sasha Ivankovic e tanti altri. Molti locali assumono dei
flair bartender e presto nel nostro Paese si cominciano a vedere dei flair bar, mentre iniziano ad arrivare bravissimi professionisti dai Paesi dell’Est Europa, dall’Asia, dall’Australia
e dal Sud America (soprattutto dall’Argentina), che portano
stili diversi e nuove tecniche sempre più spettacolari.
Nel 2004 nasce la FBA Pro Tour, una sorta di World League del Flair che attualmente organizza le più importanti
gare nei 5 continenti. Tra i personaggi più popolari del panorama mondiale troviamo i fratelli Christian e Rodrigo Delpech, Adriano Marcellino, Vladimir Buryanov, Nicholas St.
Jean, Danilo Oribe, Tom Dyer e molti altri. Fra gli Italiani che
ben figurano nel top ranking citiamo Dario Doimo e l’infaticabile giramondo Marco Canova, sempre presente nelle manifestazioni che contano.
Inutile dire che la capitale mondiale del flair è diventata
Las Vegas, città che ha praticamente attirato nei suoi locali
i migliori flair bartender del mondo, i quali non hanno certo
opposto resistenza alle avances della città che non dorme
mai, forse più convinti da “qualche dollaro in più” che dalle
attrattive che offre la capitale mondiale del divertimento. E
come dargli torto!
In Italia nel frattempo il movimento si è un po’ affievolito e nel panorama nazionale più che flair bar troviamo molti
flair bartender che praticano l’arte al di fuori dei luoghi di
lavoro, ma è noto che da noi a volte le mode così come arrivano spariscono, anche se bisogna precisare che il flair non
può considerarsi qualcosa di effimero come una moda, bisogna dedicargli tempo e sudore, gli allenamenti sono lunghi
e devono essere costanti, esattamente come avviene nello
sport professionistico.
Classi 4AS e 4BS
I MIGLIORI FLAIR BAR NEL MONDO
• Roadhouse. 35 The Piazza, London WC2E
• Carnaval Court. 3475 Las Vegas Blvd S, Las Vegas
• Shadows. 3570 Las Vegas Blvd S, Las Vegas
• Kahunaville. 3300 Las Vegas Blvd S Las Vegas
• Red Room Saloon. 3101 West Sahara Ave Las Vegas, NV
89102, • Voo Doo Lounge. 3700 Rio Hotel, W Flamingo Road Las
Vegas, 89103
IL BICCHIERE... MEZZO PIENO
IL NOSTRO CORSO
1° work shop
- Metodo americano:
priorità del bartender
work station
set up logico e costante
le attrezzature
- Cenni di merceologia:
fermentazione
distillazione
classificazione delle bevande
- Conteggio del prodotto:
metal pour e jigger
prove pratiche di dosaggio
INTERESSE E CURIOSITÁ PER IL CORSO PLANET ONE
Planet One Este è una scuola di formazione nell’ambito
del bartending, che si è resa disponibile a farci conoscere
l’arte del bere miscelato sotto una veste diversa. Si tratta di
un’associazione che propone soluzioni adeguate alle necessità di un bar tenendo conto di due concetti fondamentali: la
professionalità e la qualità del servizio offerto.
Durante i primi incontri abbiamo visto da vicino gli strumenti di lavoro ed appreso le varie tecniche di miscelazione, la preparazione dei cocktail e il rapporto delle dosi con
il conteggio free-pouring (che è, appunto, una tecnica per
ottenere dosaggi precisi).
Abbiamo avuto, quindi, la fortuna di poter assistere ad
una serie di lezioni che riguardavano il bar-management,
in cui sono stati evidenziati alcuni punti fondamentali per
la corretta gestione di un bar. Abbiamo apprezzato infine,
con altrettanto interesse, l’ultima lezione tenuta dal nostro
istruttore Max che ci ha sorpresi per la sua straordinaria capacità - un’arte - di decorare i cappuccini utilizzando il latte.
Per tutti noi (le classi 4AS e 4BS) questo corso, tenutosi nei mesi di dicembre e gennaio scorsi, ha rappresentato
un’esperienza formativa davvero importante, perché, oltre
che conoscere le varie tecniche e i prodotti da utilizzare, ci
ha consentito di apprezzare professionisti pieni di entusiasmo e carattere, capaci di suscitare quella curiosità che rappresenta un ingrediente fondamentale per migliorarsi nello
svolgimento della nostra futura professione.
2° work shop
- Mixology:
dalle origini ad oggi
nuovi utilizzi di frutta e verdura nel bar
preparazione di una soda aromatizzata
preparazione di un gum syrup
- Analcolici 2.0
Premix preparazione
Preparazione di 2 cocktails
- Il Flair: una storia che parte da lontano
Flair stage
3° work shop
- Nuove tendenze:
Tecniche di miscelazione
- Categorie dei drink:
on the rocks
up
muddle
frozen
layer
- Tecniche di preparazione
Build
Mix and pour
Stir and Strain
Shake and strain
- I cocktails IBA
Preparazione di 2 classici
Preparazione di 2 varianti
4° Work shop
- L’espresso perfetto: cenni sulla
botanica
le 5 M
estrazione dell’espresso
cocktail a base di caffè
- Il cappuccino perfetto
La crema di latte
9
ACCOGLIENZA TURISTICA
1. ENOGASTRONOMIA,
IL TOUR DELL’ITALIA DEI
SAPORI
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Spesso quando si parla di risorse enogastronomiche
di
un
territorio
ci si riferisce
ai souvenir e
ai prodotti tipici da
rimpatrio per i turisti, ma in realtà esse sono molto di più
di tutto ciò, sono infatti
un documento che attesta lo
scorrere del tempo in cucina
nel corso dei secoli. I prodotti
e i piatti che adesso, inconsapevolmente, consumiamo derivano da tradizioni popolari e contadine, in un tempo in
cui con molta fantasia e genuinità si riuscivano a sfamare
8-9 bocche (o di più) utilizzando prodotti coltivati o allevati veramente a km zero: li producevano in famiglia! Senza alcuno studio, riflessione, impiattamento o accostamento
particolare, le donne di un tempo sono riuscite, armate di
mani callose di fatica e di spiccata creatività, a realizzare,
con il principale intento di saziare e garantire un minimo di
equilibrio alimentare, dei piatti unici e completi dal punto
di vista nutritivo. Per piatto unico s’intende una pietanza
composta da alimenti di diversa origine e di conseguenza di
distinte caratteristiche nutrizionali; tra gli esempi più celebri ricordiamo la pasta e fagioli per il Veneto, le lasagne alla bolognese per l’Emilia-Romagna, il Cous-Cous per i Paesi
nordafricani e l’insalata greca per i territori ellenici del Mar
Mediterraneo. Per poter apprezzare e gustare con papille più
critiche i prodotti locali di un territorio circoscritto, bisogna
conoscerne e approfondirne le caratteristiche organolettiche
e nutrizionali, oltre che storiche e culturali. Ecco svelato il
perché di questo progetto/approfondimento, realizzato dagli
allievi del corso di Accoglienza turistica: conoscere e promuovere il patrimonio enogastronomico italiano, svelando
ciò che si cela dietro a un perfetto connubio di sfumature di
sapori e colori.
LIGURIA
La cucina ligure è caratterizzata da ingredienti semplici, preparazioni sobrie e sapori e profumi delicati. La mancanza di
pianure non ha consentito lo sviluppo dell’allevamento del
bestiame e quindi, a tavola, scarseggia l’uso delle carni suine e bovine, in compenso però, la fertilità del suolo offre
un’ampia varietà di verdure, aromi, erbe domestiche e selvatiche come la maggiorana, il timo, e il celebre basilico dal
quale si ottiene il pesto alla genovese. La cucina ligure inoltre è caratterizzata anche da un largo uso di prodotti ittici e
numerosi sono i segni della cultura saracena, della quale i
Liguri hanno mantenuto l’impiego di pestello e mortaio per
la preparazione di alcune salse.
Valeria Barison
ACCOGLIENZA TURISTICA
EMILIA-ROMAGNA
L’Emilia-Romagna è una regione molto ricca di risorse naturali che hanno dato la possibilità di sviluppare intensamente
il settore primario. Questa regione è molto conosciuta nel
mondo per i caratteri semplici e contadini della sua cucina
e per le sue ricette ricche di aromi che le donano un sapore
che le contraddistingue. E’ nota soprattutto per i suoi numerosi prodotti DOP tra cui emerge l’Aceto balsamico di Modena, ed altri certificati IGP tra i quali troviamo famosissimi
insaccati come la mortadella.
Alison Bordin
SARDEGNA
La cucina tipica dell’isola della Sardegna è variegata, influenzata dall’insularità e dalla cultura agropastorale, arricchita nella storia, attraverso rapporti e contaminazioni, da
contatti e scambi fra diverse culture mediterranee. Una tipicità di quest’isola è la bottarga che può essere di muggine
(sapidità equilibrata) o di tonno (gusto più accentuato). In
questa regione troviamo anche molte ricette a base di carni
di agnello, maialino, pecora o gallina, di solito aromatizzate
con erbe come ginepro o alloro.
Valentina Zito
TOSCANA
La Toscana è una regione fra le più ricche dal punto di vista
enogastronomico. Grazie alla varietà del suo territorio (mare,
collina, montagna) e del suo clima, primeggia con un numero
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di prodotti certificati DOP, IGP, PAT davvero consistente. Tra
i più celebri bisogna citare assolutamente lo zafferano di
San Gimignano e il pecorino toscano e poi tra i piatti il
caciucco, la ribollita e la pappa al pomodoro.
Lisa Businaro
MOLISE
La cucina di questa regione è fortemente legata alle tradizioni contadine e i piatti che la compongono sono semplici
con prodotti esclusivamente del territorio. A seconda della
zona in cui ci si trova la cucina varia le sue specialità, dai salumi al pesce, dai formaggi ai prodotti da forno. Tra i prodotti più importanti vi sono le diverse varietà di olio extravergine dal sapore soave, consumato anche crudo su insalate
e crostini e moltissime preparazioni in grado di valorizzare
le materie prime del territorio, come la zuppa alla termolese, un piatto che esalta, nei tegami di coccio, i sapori del
pescato.
Jessica Marcante
ABRUZZO
E’ una regione forse poco conosciuta, ma portatrice di grandi tradizioni gastronomiche. Una caratteristica importante è
la grande varietà che presenta la cucina abruzzese. Famosa
la produzione casearia da cui derivano ricotte caprini e pecorini. Ma l’Abruzzo non è solo terra di pescatori e pastori,
infatti sono presenti prodotti raffinati come lo zafferano che
viene prodotto in quantitativi limitati. Molto famosi sono i
salami di pecora abruzzesi. Questa regione dell’Italia meridionale è una delle poche nel nostro Paese in cui possiamo
trovare il pregiato tartufo.
Riccardo Maran
(1^ puntata, continua)
ACCOGLIENZA TURISTICA
2. PACCHETTI TURISTICI INNOVATIVI
Progetto
Navigando in internet si possono trovare centinaia di pacchetti turistici di diverse tipologie, ma le combinazioni delle
visite e i temi che le caratterizzano con il passare del tempo
diventano monotoni e comuni. Basti pensare ai moltissimi
pacchetti turistici che si possono trovare sul cioccolato o
sulle cure termali. Lo scopo di questo progetto, realizzato
dalla classe 5AT con la professoressa Annalisa Olivato, è
infatti quello di creare qualcosa di nuovo, fuori dal comune,
qualcosa che non sia già stato proposto ma che, alla stesso tempo, sia interessante e coinvolgente. I ragazzi hanno dovuto immedesimarsi in un operatore turistico e hanno
proposto quindici diversi itinerari in territorio veneto. Questi
pacchetti, inoltre, comprendono la sistemazioni alberghiere
per gli ipotetici turisti, i mezzi di trasporto che utilizzeranno,
le visite che faranno, i prezzi e i mezzi di comunicazione che
utilizzeranno. Qui di seguito vi presentiamo le mete di alcuni
di questi itinerari.
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Viaggiamo insieme
Un viaggio all’insegna del relax e della cultura, della durata
di 3 giorni e due notti. Un itinerario organizzato alla scoperta
delle principali località balneari del Veneto: a partire dalla
solare Jesolo alla tranquilla Caorle fino alla romantica Venezia con le sue suggestive isole.
Elisa Auditore
attraverso le attività proposte dall’agriturismo, di scoprire le
ricchezze e le tradizioni enogastronomiche del Veneto.
Al. Bor.
A pochi passi dal cielo
Uno stimolante itinerario forse poco adatto a coloro che soffrono di vertigini, ma assolutamente consigliato a chi vuole
vivere un’emozione intensa. Durante questo viaggio, della durata di 5 giorni, i turisti potranno rimanere incantati
davanti ai bellissimi paesaggi che il Veneto può offrire, a
partire da Verona, passando per Cittadella e concludendo a
Venezia dove è previsto un suggestivo giro in mongolfiera.
Sophia Lazzari
A lezione con il Veneto
Un viaggio alla scoperta delle Università e Accademie più
antiche e rinomate del Veneto. Questo itinerario della durata
di 3 notti e 4 giorni prevede una serie di visite guidate presso le sedi storiche delle Università e Accademie più ambite
della regione, situate nelle città di Verona, Padova e Venezia.
Giovanni Oreste
… Chi è di scena…
Ora tocca all’incantevole fascino dei Teatri veneti
Si tratta di un pacchetto innovativo di 5 giorni, un viaggio
suggestivo per scoprire non solo la bellezza delle principali
province del Veneto, ma soprattutto le curiosità che ruotano
intorno ai più prestigiosi teatri della regione. Si visiteranno
i luoghi dove grandi artisti odierni e del passato hanno recitato, si conoscerà la loro storia e si apprezzeranno le loro
caratteristiche architettoniche.
Val. Bar.
Colli Euganei, un’emozione da concedersi
E’ un pacchetto turistico, della durata di 4 notti, che valorizza il territorio euganeo grazie alle escursioni organizzate
presso i piccoli borghi in grado di offrire suggestivi paesaggi
che hanno saputo incantare noti poeti, scrittori e artisti e,
Ripercorrendo il Medioevo
Si tratta di un itinerario innovativo dalla durata di 5 giorni
che inizierà sui Colli Euganei e terminerà nell’incantevole Verona. Permetterà ai turisti di fare un vero e proprio tuffo nel
passato, alla scoperta delle tracce che i protagonisti dell’Età
di Mezzo hanno lasciato nel nostro territorio.
Val. Z.
INCONTRI SPECIALI
Già da alcuni anni, in preparazione della Colletta alimentare – nell’ultimo sabato di novembre-alcuni volontari visitavano i ragazzi nelle scuole per raccontare del Banco Alimentare o invitarli a partecipare alla raccolta. Ecco allora lo
spunto che si cercava: la scuola!
CONTRO GLI SPRECHI DI CIBO,
PER LA LIBERTÀ E LA DIGNITÀ DELLE
PERSONE
Claudio Luisi*
Nel 1987 anche in Italia è nato il Banco Alimentare,
con l’intento di “salvare” dalla distruzione la maggior quantità possibile di cibo ancora buono, non scaduto ma non più
vendibile, e di donarlo ai bisognosi, il cui numero stava e sta
crescendo a livelli inaspettati.
Tutto questo cibo, alcune volte “non bello ma buono”, nonostante abbia raggiunto ormai quantità ragguardevoli (circa 75.000 tonnellate nel 2014), non riesce però a soddisfare
neppure la metà dei poveri nel nostro Paese.
Ma per non dimenticare che tutta questa attività che si
muoveva sotto il tetto della carità non era una semplice movimentazione di cibo, ma una grande opera d’amore, già
nella mente dei padri ispiratori di questa iniziativa - il Cav.
Danilo Fossati, proprietario della azienda alimentare STAR,
e Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione - esisteva il desiderio che i loro obiettivi - e tutto ciò che
motivava, dava significato e gusto a centinaia di volontari
che gratuitamente donavano parte anche cospicua del loro
tempo - venissero detti, annunciati, testimoniati.
Nel 2003 è nato a Milano un programma, animato da un
gruppo di volontari, poi confluito nel Banco Alimentare, denominato “Siticibo”, con l’obiettivo di intercettare anche dalle scuole e dalle mense aziendali il cibo già cotto e cucinato,
ma che non veniva consumato. Cibo che nel giro di poche
ore veniva consegnato a centinaia di enti caritativi in città.
Non si era, però, riusciti ad iniziare alcun intervento di
informazione/educazione pubblica. Nel 2011 ormai questo
bisogno era impellente, ma da dove iniziare?
I giovani che frequentano oggi la scuola ci offrono un
terreno assai fertile su cui seminare i valori che intendiamo portare. Proprio i nostri ragazzi, sia perché sono i più
fragili e indifesi di fronte ad argomenti come il consumismo
e l’abbondanza sia perché non hanno strumenti adeguati
per affrontarli: sono figli del nostro tempo e di un paio di
generazioni di genitori che, vissuti nel benessere e nell’abbondanza, hanno in molti casi smarrito o sopito valori come
il rispetto del cibo, il non spreco, la carità verso i poveri o
semplicemente non li hanno trasmessi ai loro figli.
L’idea dello spreco del cibo è un concetto quasi totalmente assente in loro oppure, se c’è, è fondato sul sentimentalismo («mangia e pensa ai bimbi poveri dell’Africa...») perché
responsabilità e contributo personale hanno poco spazio nei
pensieri dei ragazzi.
Quando, nel 2011, è nato “Progetto Scuola”, recentemente ribattezzato “Programma Banco Scuola”, le scuole
nelle quali i volontari di “Siticibo” si recavano quotidianamente a Milano erano più di cento: ecco dunque il canale già
aperto per tentare di iniziare un lavoro educativo.
Banco Scuola, infatti, vuole essere per i ragazzi uno
strumento educativo e culturale di sostegno. Gli animatori
illustrano la storia e le opere del Banco Alimentare e di “Siticibo”, il lavoro dei volontari che vi operano, le esigenze dei
bisognosi che vengono aiutati tramite gli enti benefici e raccontano le storie delle splendide amicizie che nascono spesso in questo lavoro. Vogliono così aiutare i ragazzi a scoprire la bellezza del contributo che anche loro stessi possono
portare a questa causa, contributo che, pur se piccolo, li fa
diventare grandi.
Oggi ci sono una decina di volontari/animatori che operano in tutta la Lombardia, contattando le Scuole elementari,
medie e superiori, tramite i dirigenti scolastici, incontrando
i ragazzi a gruppi di interclassi e intrattenendoli per circa 60
minuti con racconti, dati, storie vere e la proiezione di un filmato. Propongono un modo diverso di affrontare il rapporto
con il cibo e offrono una alternativa allo spreco, che è una
delle parole attorno cui gira tutto il lavoro dei volontari.
Uno degli obiettivi che Banco Scuola si pone è di giungere tutti alla consapevolezza che aiutare a nutrire i bisognosi non significa solo sfamarli, ma è la via principale per
aiutarli ad essere di nuovo persone libere e quindi in grado
di vivere la propria vita con la dignità che spetta ad ogni
uomo. Quindi:
cibo = libertà, cibo = dignità
Ad oggi, dopo 3 anni, abbiamo incontrato in Lombardia, attraverso 500 incontri/presentazioni, oltre 22.000 studenti
di 1000 classi.
* Responsabile Progetto Scuola
Associazione Banco Alimentare della Lombardia
“Danilo Fossati” Onlus
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INCONTRI SPECIALI
DONATORI E RICEVENTI
In particolare, i piatti pronti sono donati soprattutto dalle mense aziendali o ospedaliere che giorno per giorno producono in loco. La ristorazione scolastica assicura invece, di
norma, le eccedenze di pane e frutta e, dove vi è la possibilità, anche la fornitura di prodotti cotti. A queste due categorie si aggiungono poi hotel, ristoranti, società di catering
ed esercizi al dettaglio, di grandi o medie dimensioni, che
mettono a disposizione le loro eccedenze.
Le strutture caritative riceventi vengono invece selezionate in funzione delle caratteristiche del servizio da esse fornito (mense per poveri, comunità residenziali ecc.) e della
disponibilità di attrezzature idonee alla conservazione e alla
gestione degli alimenti che vengono consegnati.
LE CIFRE DELLO SPRECO IN ITALIA
COME AVVIENE IL RECUPERO DEL CIBO
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Il recupero di prodotti freschi da indirizzare verso le
strutture caritative che assistono le persone indigenti si realizza utilizzando sia il canale della ristorazione tradizionale
(commerciale e collettiva) sia quello della Grande Distribuzione Organizzata (GDO). Il coinvolgimento delle catene
distributive nasce ufficialmente in Lombardia nel 2005 con
il lancio del progetto “Pronto Fresco” che vede la partecipazione, oltre che della Fondazione Banco Alimentare ONLUS,
anche dell’Associazione Banco Alimentare della Lombardia,
della Regione Lombardia e di quattro tra le più importanti
catene della GDO. Dalla Lombardia l’iniziativa si è poi estesa a tutta la Rete Banco Alimentare, da nord a sud, con un
impulso particolare in Piemonte, Trentino, Emilia Romagna,
Toscana, Lazio etc.
Nel 2009 viene infine ufficializzato il passaggio del programma sotto la denominazione Siticibo. Questo, come si
legge nell’articolo di Claudio Luisi, è un servizio offerto a Milano già dal 2003 dalla Fondazione Banco Alimentare ONLUS
per recuperare i prodotti alimentari freschi e cucinati in eccesso nel settore della ristorazione commerciale. Il servizio
di recupero è quotidiano e viene effettuato da volontari che,
con furgoni attrezzati, trasferiscono le eccedenze alimentari
a strutture caritative convenzionate che assistono persone
bisognose. Oppure, in altri casi, sono gli stessi enti riceventi, convenzionati con la Rete Banco Alimentare e adeguatamente formati, che si rendono responsabili dell’effettuazione del servizio, ritirando direttamente i prodotti dai donatori
per la distribuzione ai propri assistiti. In particolare, Siticibo
Ristorazione recupera cibo cucinato ma non servito, come
eccedenze di primi piatti, di secondi e contorni oltre ad alimenti freschi come frutta e verdura, pane e dolci che, nel
giro di poche ore, vengono consegnati e consumati presso
gli enti riceventi.
Le rigorose procedure di sicurezza alimentare, adottate
dall’organizzazione, garantiscono l’igiene degli alimenti ritirati. In particolare, l’utilizzo della catena del freddo per i
prodotti cotti e delle corrette modalità di confezionamento e
trasporto per gli altri alimenti assicura l’integrità e l’appetibilità di tutto ciò che viene donato. Tali procedure, elaborate
anche grazie alle competenze dei partner fornitori di cibo,
coinvolgono tutti i soggetti della filiera: donatori di alimenti,
personale Siticibo, strutture caritative riceventi.
49 KG – E’ LA QUANTITA’ DI CIBO CHE, IN MEDIA,
UNA FAMIGLIA ITALIANA GETTA OGNI ANNO NELLA
SPAZZATURA
1,19 MILIONI DI TONNELLATE DI ALIMENTI
E’ LA QUANTITA’ COMPLESSIVA DELLO SPRECO
7,65 MILIARDI DI EURO (316 € PER FAMIGLIA)
E’ IL CONTROVALORE MONETARIO DEL CIBO SCARTATO
CHE COSA BUTTIAMO IN UN ANNO (VALORI MEDI)
10,7 KG DI VERDURA
9,9 KG DI FRUTTA
9,1 KG di PANE
6,0 KG DI PASTA
4,5 KG DI CARNE
2,1 KG DI FORMAGGI
1,8 KG DI PESCE
1,8 KG DI SURGELATI
1,2 KG DI SALUMI
Fonte: Indagine GFK Eurisko 2014
INCONTRI SPECIALI
ASSOCIAZIONE BANCO ALIMENTARE DEL VENETO - ONLUS
Anche nella nostra Regione, l’Associazione è attiva da
alcuni anni, grazie alla collaborazione prestata da molti volontari disponbili a svolgere sia attività di magazzino che di
segretariato, sia a Padova che a Verona, le due principali
sedi associative.
Nella Giornata Nazionale della Colletta Alimentare,
che si svolge stotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica, alcuni funzionari coordinano i gruppi di volontari
che presidiano, suddivisi in turni, i supermercati aderenti
all’iniziativa.
Volontariato di Impresa
Numerose aziende propongono la Rete
Banco Alimentare per le attività di volontariato dei propri dipendenti. Un’occasione
di crescita personale che favorisce la collaborazione e il lavoro di squadra con riflessi molto positivi anche sul “clima” interno
dell’azienda (se desideri collaborare contatta direttamente la sede regionale: www.
bancoalimentare.it/it/veneto;
e-mail:[email protected];
tel.:045.8347929; telefax: 045.8213355
Lavoro di Pubblica Utilità
Nel 2011 il Banco Alimentare del Veneto
ha stipulato una convenzione con il Tribunale di Verona per favorire lo svolgimento
del Lavoro di Pubblica Utilità a persone che
a seguito di condanna dovuta a reati specifici, possono chiedere la conversione della
pena.
… E IL “PIETRO” NON STA A GUARDARE!
“Donacibo” è una iniziativa nata nel 2007 dalla Federazione
nazionale dei Banchi di Solidarietà, rivolta agli alunni delle
scuole di ogni ordine e grado.
E’ l’invito a partecipare a un gesto semplice e concreto – la
raccolta a scuola di generi alimentari non deperibili e di
prima necessità – per imparare a vivere in prima persona
la gratuità e la condivisione.
L’iniziativa si svolge in tutta Italia nella terza settimana di
Quaresima e viene proposta e organizzata dalle Associazioni di volontari aderenti ai Banchi di Solidarietà che operano sul territorio e che assistono, in maniera continuativa e
discreta migliaia di famiglie italiane in difficoltà, portando
loro, con scadenza per lo più bisettimanale, un pacco di
generi alimentari e il conforto di un volto amico.
A Padova tale gesto di carità è sostenuto dall’Associazione
“La Formica” Onlus. Si tratta di un gruppo di un centinaio di
volontari che – a coppie – visitano regolarmente famiglie di
Padova e dintorni (attualmente circa 500 persone) portando loro generi alimentari provenienti dal Banco Alimentare
del Veneto, dalle collette alimentari da esso organizzate,
da privati e da aziende.
Alcuni di questi volontari hanno incontrato il 28 febbraio
e il 9 marzo le classi del nostro Istituto che hanno aderito all’iniziativa, raccontando loro cosa fanno e soprattutto
perché lo fanno. Hanno lasciato poi degli scatoloni, posizionati in alcune classi e in alcuni spazi comuni della Succursale, in cui ognuno ha potuto mettere ciò che ha deciso
di condividere con chi è nel bisogno.
Gli alimenti verranno poi ritirati dai volontari stessi e distribuiti in seguito alle famiglie assistite.
Gabriella Orlandini
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EX STUDENTI ALLA RIBALTA
ANDREA VALENTINETTI
LO CHEF CHE NON SI FERMA MAI,
DA PADOVA ALLA MALESIA
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Andrea Valentinetti, chef patissier del d&g di San Domenico di Selvazzano Dentro, si è diplomato nel 2005 al “Pietro
d’Abano”.
Andrea, raccontaci il tuo percorso dai tempi della scuola fino
ad oggi. Dieci anni non sono pochi, è un bel pezzo di strada...
Sicuramente, ma prima di tutto fatemi dire che quelli
della scuola sono stati cinque anni molto intensi, con
momenti più facili ed altri meno, che però ho affrontato sempre con la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta per lo sviluppo della mia carriera. La scuola
mi ha dato tanto, mi ha insegnato cose che non sapevo - la chimica, l’alimentazione, come fare una salsa di
pomodoro o la pasta frolla... tutto quel che porto dentro di me e cerco ora di trasmettere agli allievi ai quali
insegno. Sono convinto che per fare questo lavoro sia
necessario avere un’adeguata formazione e solo un’ottima scuola è in grado di darla. Il rapporto con gli chef
potrebbe essere utile per rendere sempre più pronti gli
alunni che frequentano un istituto alberghiero.
Quali sono state le tue prime esperienze di lavoro?
Intanto devo dire che ho cominciato a lavorare quando ero ancora uno studente, nei fine settimana e nella
stagione estiva. Il mio curriculum è vario: dopo il diploma ho fatto i miei primi passi nel mondo del lavoro
in due rinomati locali padovani, prima al Caffè Cavour
e poi alla Pasticceria Breda. Ma posso affermare che la
prima esperienza davvero significativa, perché mi ha
cambiato dentro, è stata quella dagli Alajmo, ai ristoranti Le Calandre e La Montecchia. Però non mi sono
fermato lì, ho continuato a girare e a cambiare, convinto che l’esperienza te la fai sul campo, frequentando persone e ambienti sempre diversi. Così ho lasciato
Padova e mi sono trasferito a Milano, dove ho lavorato al Cracco Peck, il ristorante di Carlo Cracco che in
passato aveva, appunto, questo nome (da qualche an-
no solo Ristorante Cracco, ndr) in quanto era associato alla più prestigiosa bottega enogastronomica della
città – il Peck, appunto - dove si poteva degustare ed
acquistare ogni prelibatezza.
Esperienze molto varie, sicuramente formative...
Certo, ma non mi sono mai accontentato. Tanto che a
un certo punto la voglia di mettermi ancora alla prova per dimostrare quel che avevo imparato mi spinse
ad aprire, insieme a Mario Magnoni e sempre a Milano, in zona Brera, Il cucchiaio di legno, un locale unico
nel suo genere perché era un po’ di tutto: ristorante,
scuola di cucina, location di eventi, negozio di prelibatezze e di articoli per la casa...
Poi il ritorno dalle nostre parti...
Sì, perché avevo capito che non potevo fermarmi. E
così eccomi al d&g di San Domenico, a pochi chilometri
da Abano. Un’esperienza che dura ancora oggi.
E’ interessante la combinazione dei due profili di chef e imprenditore. Che cosa ci vuole per essere l’uno e l’altro?
Diciamo che le doti che ci vogliono sono fondamentalmente tre: passione, grinta e curiosità. Sarò molto
diretto, se non hai la passione questo mestiere nemmeno ti sogni di farlo, ma se ce l’hai vuol dire che parti
già molto bene... la passione ti spinge ad avere una
grinta, una voglia tali da farti raggiungere gli obiettivi
che ti sei posto e tutto questo ti porta ad essere sempre più curioso, ad esplorare nuove possibilità professionali.
Fare impresa oggi è molto complicato...
Sì, ma esistono imprenditori che sanno leggere il momento e capiscono come far crescere la loro azienda,
come sistemarla. Parlo di un imprenditore attento alle
esigenze del mercato e dei clienti, che sia in grado di
EX STUDENTI ALLA RIBALTA
percepire che un’azienda al giorno oggi deve essere
prima di tutto una squadra; e il titolare ne è il capitano, colui che deve guidare il suo team verso la realizzazione dei risultati. Il consiglio che mi sento di dare
agli imprenditori di domani è di rimanere con i piedi
per terra, di fare un passo alla volta, di essere umili e
soprattutto di ascoltare gli altri, di sforzarsi di capire,
analizzare e sviluppare.
Veniamo al locale in cui lavori oggi, la pasticceria d&g, una
boutique del gusto molto apprezzata dalla clientela.
Dieci anni fa il maestro pasticciere Denis Dianin aprì
una pasticceria moderna e frizzante, almeno per l’epoca. Poi, gradualmente, ci siamo evoluti ed oggi d&g
può considerarsi una pasticceria innovativa, elegante,
di classe.
Le prospettive, a quanto sappiamo, sembrano molto interessanti...
Alle volte si creano delle occasioni, noi per esempio
facciamo molte consulenze, giriamo parecchio, il nostro marchio è conosciuto e apprezzato non solo in
Italia ed oggi siamo pronti ad affrontare nuove avventure, anche all’estero...
Cioè, a cambiare dimensione. Una piccola realtà che diventa
un’azienda internazionale, un bel salto!
Sì, però tengo a sottolineare che la nostra azienda, pur
ampliando i suoi orizzonti, rimarrà comunque artigianale nel senso che saremo sempre noi a definire le linee, i prodotti, il pack eccetera. Quel che ci gratifica di
più è portare il buon nome dell’Italia all’estero e farci
conoscere per quelli che veramente siamo.
Parliamo allora di questo nuovo progetto...
Abbiamo costituito una società con alcuni partner malesi già pienamente inseriti nel settore alberghiero-ristorativo con interessi anche in quello del trasporto
aereo. Sbarcheremo col nostro marchio a Kuala Lumpur, la capitale della Malesia, e in altre grandi città
asiatiche.
Diciamo allora chi vi siete fatti ammaliare dal fascino dell’Oriente... Battuta a parte, come e quando nasce questa iniziativa?
Il progetto nasce a Rimini nel 2014, in occasione di
SIGEP (il salone internazionale della gelateria, pasticceria e panificazione artigianale, ndr), quando conoscemmo i nostri attuali soci malesi venuti per studiare
la progettazione degli arredamenti della Tecno Arredamenti di Aviano, azienda leader in Italia e in Europa
con la quale noi collaboriamo da anni. Quel contatto è
stato decisivo: da allora gli incontri e gli studi di fattibilità delle possibili iniziative in comune si sono succeduti ed ora eccoci qui, a giocare la carta di mettere in
relazione due mondi completamente diversi.
Siamo curiosi, a questo punto, di conoscere i dettagli...
I nostri partner hanno puntato forte sul nostro marchio, cosa che ci porterà ad aprire diversi corner di
pasticceria nei casinò e negli aeroporti delle più importanti città asiatiche. Poi sarà la volta dei ristoranti.
Ma quali sono i termini della vostra collaborazione?
I nostri partner offriranno tutto il supporto necessario
in termini di marketing, di acquisto delle location, di
rapporto con i fornitori, di organizzazione di eventi. Il
packaging, invece, sarà marchiato d&g e sarà lo stesso che usiamo in Italia. Anche le campagne pubblicitarie saranno curate dal nostro ufficio stampa perché
vogliamo che la filosofia e le basi del nostro lavoro rimangano italiane.
Che cosa produrrete e venderete in Asia?
Andremo ad offrire l’intera gamma dei prodotti che realizziamo in Italia, dalla pasticceria alla ristorazione,
dal dolce al salato. Ovvio che terremo conto dei gusti
del pubblico asiatico e quindi creeremo dei prodotti ad
hoc utilizzando le materie prime e gli ingredienti locali. Poi però, gradualmente, vogliamo portare la clientela a degustare tutte le preparazioni di eccellenza che
hanno contraddistinto il nostro lavoro all’interno del
mercato italiano. Ci rivolgeremo ad un target alto puntando in primo luogo sulla qualità della ricerca e delle
materie prime. L’obiettivo che ci poniamo è quello di
offrire ai nostri clienti una serie di prodotti esclusivi
sia dal punto di vista del gusto sia da quello visivo.
Apriremo, tanto per fare un esempio, in una grande
città come Kuala Lumpur, nella quale esiste una clientela internazionale in grado di riconoscere l’eccellenza
di un prodotto.
Non possiamo che farvi un grande in bocca al lupo...
Diciamo che il nostro successo, se ci sarà, dipenderà
da molti fattori. Abbiamo programmato nei dettagli,
abbiamo studiato le persone, il mercato, abbiamo fatto ricerche di settore e stabilito relazioni importanti.
Vedremo... Noi ci metteremo la nostra voglia e la nostra passione, poi, come sempre, saranno i clienti a
giocare il ruolo decisivo.
Renate Gilli
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DIALOGO INTERCULTURALE
ENZO PACE
LA SCUOLA È IL LUOGO
DELL’INTEGRAZIONE
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Enzo Pace è professore di Sociologia delle Religioni all’Università di Padova, dove insegna anche “Islam and Human
Rights” all’European Master on Human Rights and Democratization.
E’ direttore del Dipartimento di Sociologia e del Centro Interdipartimentale di ricerca e servizi per gli studi interculturali. Visiting Professor all’EHESS (Ecole des Hautes Etudes
en Sciences Sociales), è stato Presidente dell’International Society for the Sociology of Religion (ISSR). Membro del Comitato di redazione della rivista Archives des
Sciences Sociales des Religions, collabora con le riviste
Social Compass, Socialna Ekologjia e Religioni & Società.
I suoi interessi di ricerca e di studio sono: i cambiamenti
socio-religiosi nelle società complesse, la sociologia comparata delle religioni, i movimenti di tipo fondamentalista e,
più recentemente, la sociologia dell’Islam e il fenomeno del
neo-pentecostalismo africano in Italia.
Tra le sue recenti pubblicazioni: I fondamentalismi, Roma-Bari, Laterza 2002 (con Renzo Guolo); Un singolare pluralismo, Bologna, Il Mulino 2003 (con F. Garelli e G. Guizzardi); Perché le religioni scendono in guerra, Roma-Bari,
Laterza 2004; L’Islam in Europa: modelli di integrazione,
Roma, Carocci 2004; Sociologia dell’islam, Roma, Carocci
2005; Introduzione alla sociologia delle religioni, Carocci,
Roma 2007; “Salvation Goods, the Gift Economy and Charismatic Concern”, Social Compass, 2006, (47). Religion as
Communication: the Changing Shape of Catholicism in Europe, in Nancy Ammermann (ed.), Everyday Religion, New
York, Oxford University Press, 2006. Globalization and the
Conflict of Values in the Middle Eastern Societies, in P. Beyer, L. Beaman (eds.), Religion, Culture and Globalization,
Leiden, Brill 2007; Raccontare Dio. La religione come comunicazione, Bologna, Il Mulino 2008. Al-islam fi Urruba (L’islam in Europa), Abu Dhabi, Kalima 2010.
Professore, da noi in Italia non abbiamo adottato, come in
Francia, il modello assimilazionista1, probabilmente perché
la nostra identità non si nutre di valori “forti” come quelli
che, di là dalle Alpi, si fondano sul repubblicanesimo; né del
resto abbiamo potuto puntare sul multiculturalismo2, come
in Gran Bretagna, per non frammentare ulteriormente una
società storicamente condizionata da opposizioni e particolarismi. Allora, l’impressione è che nella costruzione di una
società plurale e multietnica abbiamo navigato a vista, vivendo un po’ alla giornata.... Qual è il suo punto di vista?
Concordo, sostanzialmente. Se tuttavia ci riferiamo al
rapporto con la comunità islamica presente in Italia,
bisognerà ricordare almeno il tentativo di trovare un
comune denominatore di valori, una sorta di piattaforma sulla quale costruire una forma di integrazione; e i valori da condividere erano stati individuati ovviamente in quelli della Costituzione italiana e più in
generale nel paradigma dei diritti umani. Devo dire
che la frammentazione delle organizzazioni islamiche
operanti sul territorio (ce ne sono quattro e non sono in sintonia fra loro) non ha agevolato il raggiungimento del risultato.
In Spagna, invece, è andata meglio...
Sicuramente. Nel 1992 le autorità spagnole e le organizzazioni islamiche sottoscrissero un accordo che
rappresenta tuttora una risposta al bisogno sociale di
convivenza. Però attenzione: lì le condizioni erano diverse, gli Spagnoli hanno riconosciuto che l’Islam fa
parte della loro storia, da noi gli Arabi si sono fermati
in Sicilia...
I terribili fatti di Parigi, ma anche le tensioni nelle banlieu,
sembrano segnare il fallimento del modello francese di integrazione...
Non dobbiamo generalizzare e confondere. Gli attentati di Parigi sono opera di frange terroristiche cresciute nelle fila del fondamentalismo radicale. Il terrorismo esiste, lo sappiamo bene, è un fenomeno di
ispirazione religiosa, ma che si nutre di rivendicazioni politiche. Se per esempio leggiamo i siti dei gruppi
estremisti ci accorgiamo che il richiamo ai valori coranici è nel complesso superficiale, mentre sono sempre
più violenti gli accenti utilizzati nei confronti dei Paesi
occidentali - gli imperialisti di sempre - e di quelli arabi loro alleati, considerati traditori dell’Islam.
Nella società francese, invece, è un po’ diverso, la questione
si fa più complessa...
Sicuramente. Intanto diffiderei dei modelli... I model1. Quella francese rappresenta l’esperienza paradigmatica del modello assimilazionista, fondato sull’idea di uno Stato laico che garantisca l’uguaglianza di
tutti i cittadini di fronte alla legge, non riconoscendo diritti e trattamenti particolari alle minoranze etniche. I migranti, di conseguenza, sono tenuti a conformarsi completamente alla cultura e alla società francesi.
2. L’idea sulla quale si fonda è quella di valorizzare le diverse culture riconoscendone la dignità e il valore. Nella comunità nazionale d’accoglienza grande
importanza viene riconosciuta alle singole comunità etniche, che divengono
interlocutori pubblici di primaria importanza.
DIALOGO INTERCULTURALE
li sono astratti per definizione, il più delle volte non
rappresentano la realtà. Diciamo che vengono contaminati spesso da elementi che sembrano contraddire
le premesse. Sappiamo che in Francia lo spazio pubblico è integralmente dominato dai valori nazionali,
quelli della Repubblica, mentre tutto il resto – usi, riti
e tradizioni degli immigrati – appartiene alle scelte
individuali. Mi chiedo però come distinguere, in tanti
casi, fra la sfera privata e quella pubblica... E’ difficile.
Il rito funebre, tanto per fare un esempio, è una manifestazione privata, ma il cimitero islamico, in cui quel
rito si celebra, è un luogo pubblico. Quanto alla situazione nelle periferie – una situazione sicuramente
esplosiva dal punto di vista sociale - diciamo che oggi
non è facile organizzare i programmi e gli strumenti
che possono portare a forme di convivenza pacifica.
Occorrono tante risorse... La realtà è molto complessa, le nostre sono società faticose.
Torniamo da noi, in Italia. L’idea di un’integrazione che ruoti
intorno ai valori costituzionali, alla quale lei alludeva poc’anzi, farebbe dell’immigrato un protagonista della polis. Ma
per ottenere pienamente questo risultato bisognerebbe, secondo logica, concedergli la cittadinanza...
... Invece la legge italiana si fonda sullo ius sanguinis
ai fini dell’acquisizione dello status di cittadino dalla
nascita mentre prevede criteri molto complicati, alle volte addirittura assurdi, per la concessione della
cittadinanza in un momento successivo. Se pensiamo
che in Germania, già dal 2000, la condizione di cittadino spetta al figlio di genitori stranieri che risiedono
in territorio tedesco da almeno otto anni o che hanno
un permesso di soggiorno permanente...
Professore, non si può negare però che il dialogo interculturale con gli immigrati islamici resti complicato. A molti l’integrazione sembra una montagna da scalare, quanti italiani,
anche di buona volontà ed ampie vedute, ritengono che gli
sforzi di conciliare valori in alcuni casi così diversi fra loro siano destinati a fallire...
Non sarei così pessimista. Le difficoltà cui avete fatto
cenno potevano rappresentare un problema in passato, quando la rete di rapporti interpersonali si stabiliva fra gli Italiani e gli immigrati di prima generazione.
Ma oggi è diverso, sapete meglio di me che i ragazzi
stranieri, islamici o appartenenti ad altre comunità,
parlano l’italiano (e spesso non conoscono neppure la
lingua d’origine), frequentano le nostre scuole, vivono e pensano grosso modo come i loro coetanei di qui.
Si sentono Musulmani ed Europei, cioè Italiani, Spagnoli, Francesi eccetera. I tradizionalisti, fra i giovani,
sono sempre di meno.
Approfondiamo allora questo tema. Il sistema scolastico
svolge una funzione sociale fondamentale, tanto più nelle
società multietniche. Però gli insegnanti, negli ultimi 15-20
anni, sono stati lasciati soli nell’affrontare l’impatto con le
culture “altre”: molti si sono fatti guidare dal buon senso,
convinti della necessità di promuovere logiche inclusive e
percorsi di interculturalità, ma nessuno ci ha detto “come
fare”. Solo qualche invito generico, le solite belle parole che
non risolvono nulla...
E’ vero. Non è stato fatto molto per assicurare agli
insegnanti gli strumenti conoscitivi necessari a governare il fenomeno delle ondate migratorie. Eppure,
lo abbiamo detto, l’integrazione nasce sui banchi di
scuola. Il sistema scolastico è in grado di promuovere
la produzione di valori comuni, ma la verità è che gli
insegnanti, finora, si sono arrangiati. Non potevano
fare altro.
Ci pare di poter dire che qui in Italia – e non solo nella scuola - esista un deficit di conoscenze in merito alle comunità
straniere presenti nel territorio...
Senza dubbio. Basti pensare che ancora oggi molti
pensano che l’Islam sia un monolite. Nulla di più sbagliato. Immaginiamo di trovarci di fronte a tre musulmani: sicuramente ognuno di loro sente, pensa e vive
l’Islam a modo suo. E’ una battuta, ma la realtà è più o
meno questa. Da sempre il mondo islamico è una galassia. Sono diversi l’adesione ai principi della religio-
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DIALOGO INTERCULTURALE
ne, le pratiche devozionali, i comportamenti nella vita
d’ogni giorno. Vi sono gli osservanti, i tradizionalisti, i
secolarizzati. Generalizzare sarebbe un grave errore.
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Secondo lei, la scuola pubblica dovrebbe dare spazio, laicamente, a tutte le confessioni religiose attraverso l’introduzione di una materia formativa come “Storia delle religioni”,
capace di far conoscere e rispettare l’identità di ognuno? L’idea, certo, non è nuova, ma dopo i fatti di Parigi ha ripreso
a circolare...
Sicuramente è un’idea praticabile, e fra l’altro ritengo non sia di per sé incompatibile con l’insegnamento
confessionale della religione cattolica. So che c’è chi
spinge per una soluzione del genere nella convinzione che sia utile qualsiasi scelta capace di ampliare gli
orizzonti conoscitivi dei più giovani. Forse la dicitura
più adatta per denominare una materia siffatta sarebbe “Cultura religiosa” o altra similare...
Professore, in molti Paesi europei – pensiamo all’Olanda - le
comunità musulmane organizzate hanno ottenuto l’istituzione di scuole private paritarie islamiche. Come vede un’eventualità come questa?
Penso che la realizzazione di sistemi di istruzione formalmente paralleli ma non comunicanti tuteli sì le
identità di ognuno, ma al tempo stesso non favorisca
l’incontro con l’altro e la creazione di un codice di valori condivisi. Meno confini e più dialogo...
Saverio Mazzacane,
Elisabetta Benvenuti, Alison Bordin
LA RIFLESSIONE
Spesso diamo dei giudizi senza aver prima nemmeno osservato il soggetto in questione, pur avendo tutte le informazioni per poterlo fare. Tuttavia, è molto più semplice dipingere addosso a qualcuno un pregiudizio piuttosto che interessarsi,
conoscere e approfondire.
La religione, fin dai tempi dei tempi, è stata usata dalle grandi potenze militari come distintivo promotore di violenza,
basti pensare alle crociate compiute dai cattolici molti secoli fa o agli attentati terroristici dell’Isis ai nostri giorni. La verità
è che si uccide in nome di un dio creatore, il cui messaggio non è e non è mai stato quello di costringere alla conversione
mediante l’uso della violenza. Quello che si cerca, attraverso le armi, è una supremazia religiosa o forse una supremazia
di tipo imperialista ed economica?
Quel che è certo è che la forza persuasiva di alcuni leader, associata all’ignoranza di molti e all’impossibilità di esercitare
la propria libertà di pensiero, permette irreversibilmente la proliferazione del fanatismo religioso. Poi, come ben si sa, sulla
scia di tale fenomeno, si crea un allarmismo sociale nei confronti di tutti coloro che, possedendo delle caratteristiche in comune - basta il colore della pelle, il credo religioso o semplicemente condividere la stessa cittadinanza – vengono associati
ai fanatici e ai violenti.
Ma basta forse solo questo? Forse dovremmo imporre meno confini e conoscerci di più per facilitare lo scambio e quindi
l’integrazione tra popoli diversi. (Al. Bor.)
DOPING NELLO SPORT, UNA PIAGA
Non passa giorno che non emergano casi di doping tra
gli atleti. L’Istituto Superiore di Sanità stima che in Italia
i consumatori di sostanze dopanti siano almeno 253.000,
con 370 milioni di dosi, per un controvalore di 420 milioni
di euro. E’ dunque importante bloccare il commercio di tali
sostanze, che coinvolge la criminalità organizzata, e l’uso
che ne fanno gli atleti, punendoli nel caso siano trovati positivi. Ma la lotta al fenomeno doping si basa soprattutto sulla conoscenza dei danni che possono derivare per la salute
dell’atleta, e sulla prevenzione culturale che deve indurre a
rifiutare i comportamenti non leali nell’attività sportiva.
Parallelamente, e ancor
più diffusamente, vengono
proposte dai mass media
sostanze energetiche che
completano l’alimentazione
a volte scorretta dello sportivo, stimolandolo all’uso
degli integratori; conoscere
rischi e benefici degli stessi permette al giovane di
ricorrervi solo nei casi necessari, evitandone l’abuso.
Dott. Maurizio Schiavon
«E’ necessario fornire informazioni e creare una coscienza critica nel giovane - afferma il dott. Maurizio Schiavon, responsabile U.O. Centro
Medicina dello Sport ed Attività Motorie dell’Azienda ULSS
16 - che lo stimoli a migliorare i propri risultati sportivi senza ricorrere a sostanze e metodi proibiti, educandolo ad un
sano stile di vita che preveda attività fisica regolare, alimentazione corretta ed astensione da comportamenti errati
(fumo, alcool e doping) che possono influire negativamente
sulla prestazione sportiva e sulla salute dell’individuo. Per
questo interveniamo da più di 10 anni nelle scuole superiori
del territorio: aderiscono ogni anno al nostro progetto oltre
20 scuole, con il coinvolgimento di più di 50 insegnanti e
2000 studenti. Ai 20.000 studenti che abbiamo incontrato in
questi ultimi anni abbiamo cercato di far capire le differenze
nelle diverse scelte personali, gli effetti dell’uso di sostanze
dopanti e/o integratori, la necessità di una sana alimentazione per lo sportivo, ricordando che la soddisfazione di raggiungere lealmente i risultati sportivi è impagabile».
Purtroppo, troppo spesso non si parla più di vittorie, successi, nuovi record, bensì di inchieste per doping e squalifiche. Mai come in questi giorni il problema è divenuto di
scottante attualità e di grande interesse presso il pubblico,
trovando largo spazio su quotidiani e riviste, così come nei
notiziari radio-televisivi.
Ci sono sempre stati in passato casi di doping, che hanno
riguardato atleti più o meno famosi, ma l’apice del fenomeno si è raggiunto quando si è scoperto il grande quantitativo
di doping usato dagli atleti di sport come ciclismo e atletica
leggera.
Ma in realtà cos’è questo doping di cui si parla tanto?
Va sotto il nome generico di doping tutta una serie di
preparati chimici che servono per potenziare la prestazione sportiva, annullare la sensazione di dolore o fatica ed
accrescere la massa muscolare. Un esempio di doping sono gli stimolanti come le anfetamine, l’efedrina e la cocaina
che hanno un’azione eccitante e antidepressiva: aumentano
l’attenzione, ritardano la fatica, riducono il bisogno di sonno
e accrescono l’aggressività. Danno un grande aiuto all’atleta
in quanto il cuore pulsa più rapidamente, la pressione arteriosa sale e il sangue circola più in fretta fornendo una forza
fittizia che altera la capacità di autolimitare lo sforzo. Questi
stimolanti, però, se assunti in grandi quantità, possono portare ad uno scompenso cardiaco e alla dipendenza.
Molto conosciuti sono anche gli anabolizzanti, che ebbero
un grande successo negli anni 80, quando era di moda il body-building. Sono ormoni steroidei (testosterone e nandrolone) utilizzati per accrescere la massa muscolare e ridurre i
grassi. Questi, come tutti gli altri tipi di doping, presentano
degli effetti collaterali nocivi per l’organismo in quanto possono provocare tumore al fegato, modificazioni dei caratteri
sessuali, impotenza e sterilità.
Esistono poi sostanze, ritenute in grado di migliorare la
performance, non sottoposte ancora a particolari restrizioni.
Si tratta degli integratori alimentari, alcuni d’indubbia efficacia, altri inutili. Non si conosce ancora l’effetto sulla salute in
caso di abuso e pertanto sarebbe auspicabile un’assunzione
moderata e controllata. Ad esempio, la creatina è una sostanza naturale presente nella carne e nel pesce, è prodotta
dall’organismo e depositata nel muscolo: avendo come effetto l’aumento della forza muscolare, brucia i grassi e ritarda la fatica. Per quanto riguarda, però, gli effetti collaterali
si parla di un aumento di peso, crampi muscolari, nausea e
diarrea.
Quella del doping, ovviamente, è una questione che non
investe soltanto l’aspetto farmacologico né la regolarità delle prestazioni agonistiche, ma incide anche sullo sport in
quanto valore, cioè come seria e leale competizione tra uomini da promuovere ed insegnare ai giovani.
La causa maggiore del doping è la voglia di vincere a ogni
costo. Chi pratica lo sport si suppone che lo ami, ma se fosse
veramente così non esisterebbero forme di doping, perché
amare lo sport significa rispettarlo: al contrario, chi utilizza
sostanze dopanti lo odia e lo distrugge. Il doping spazza via
i due ideali sportivi per cui lo sport è praticato: la lealtà e la
libera competizione.
Gianluca Costa
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LO SCAFFALE
Saverio Mazzacane
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Camilla Baresani – Gelasio Gaetani d’Aragona, Vini, amori, illustrazioni di Valeria Petrone, Bompiani,
2014, euro 16.
Il vino e la vita, i piccoli piaceri
dell’esistenza e le avventure, e poi i
sogni, i desideri, i dolori delle persone.
In questo libro ad ogni bottiglia – che
Gelasio Gaetani d’Aragona descrive in
una scheda di agevole lettura – corrisponde un racconto, ora divertente ora malinconico, scritto da Camilla
Baresani. Con dei titoli che sollecitano
immediatamente la curiosità del lettore: Occasioni mancate; Voglia di normalità; Meglio non indagare; Il cuore
fuori strada; Chi tradisce è la donna;
Trappole da Don Giovanni. Una galleria
di personaggi e sentimenti. Come non
abbandonarsi al piacere della lettura?
Anche i cultori del vino, gli esperti, trovano di che appassionarsi. Le descrizioni di Gaetani d’Aragona, storico
produttore di Brunello di Montalcino e
ambasciatore dei vini italiani nel mondo, sono ricche e puntuali, come si addice a un wine-lover come lui («La mia
casa è in ogni angolo del mondo dove
esiste un produttore di vino»). Impreziosiscono il volume le belle illustrazioni della disegnatrice Valeria Petrone.
Alberto Capatti, Storia della cucina
italiana, Guido Tommasi editore,
2014, euro 20
Alberto Capatti, già Rettore e docente dell’Università di Scienze gastrono-
miche di Pollenzo, si conferma appassionato storico della cucina italiana con
questo agile ma documentato volume,
che ripercorre le tappe più significative
dell’evoluzione dell’arte culinaria nazionale: dal durissimo dopoguerra agli anni Cinquanta e Sessanta della rinascita e del boom economico fino all’oggi,
con le sue eccellenze e le suggestioni
di una cucina che si reinventa di continuo, fra tradizione e sperimentazione.
Un libro per appassionati, che offre uno
spaccato della società italiana attraverso la lente delle trasformazioni intervenute nell’alimentazione e soprattutto
nel rapporto fra gli Italiani e la tavola.
Quasi un trattato antropologico, che rimanda direttamente ad uno dei tratti
più caratteristici dell’identità nazionale
(la cucina, appunto). Interessante anche il piccolo compendio di editoria gastronomica che arricchisce il volume,
con una serie di “finestre” aperte sul
cinema, sui canali televisivi e sul mondo dei blogger.
Sally Butcher, Veggiestan. Un viaggio alla scoperta dei piatti vegetariani del Medio Oriente,
Gribaudo, 2014, euro 25
Si legge nella prefazione a questo
bellissimo libro: “Veggiestan, letteralmente «terra delle verdure», non è un
Paese, ma secondo Sally Butcher, che
gestisce un negozio di specialità gastronomiche iraniane e orientali a Londra, non esiste termine più appropriato per definire il Medio Oriente, che
nell’insieme vanta una tradizione culinaria ricca di sontuose ricette vegetariane. L’autrice mette a disposizione la
sua esperienza in un volume dedicato
non soltanto a chi desidera ripensare
le proprie abitudini alimentari privilegiando cibi vegetariani, ma anche a chi
cerca nuove idee per gustare le verdure”. Attenzione però: qui non troviamo traccia di quei cibi sicuramente sani
ma un po’ tristi, troppo tristi, spesso
celebrati moralisticamente da certa
pubblicistica salutista. Al contrario: i
piatti descritti dalla Butcher sono fantasiosi e succulenti, ricchi di spezie, aromi e profumi inconfondibili. Ne citiamo alcuni alla rinfusa: i noodles di riso
persiani alle melanzane con tamarindo
allo zenzero, i panzerotti ai porri e curcuma, lo stufato di carote afgano, le
rape sottaceto alla marmellata di petali
di rose, senza tralasciare alcuni piatti
ormai diffusi anche da noi come l’hummus, il baba ganoush, il tabboule.
Centocinquanta ricette per un’esperienza sensoriale fuori dal comune, ma
non solo. Perché questo è soprattutto
un viaggio dentro una cultura antica e
raffinata che racconta i luoghi, i tempi
e il fascino di una magica convivialità.
Sally Butcher
SPECIALE BIBLIOTECA
“Ma… prof.!!! In questa scuola non c’è neanche una biblioteca… dobbiamo fare qualcosa!”
Guardai esterrefatta negli occhi (così azzurri) il mio allievo di quinta ristorativa, rappresentante nel Consiglio d’Istituto… come era stato possibile??? Non l’aveva mai notata la
scritta “BIBLIOTECA” sulla porta verde con cancello nell’atrio
della Succursale???
E sì che ci lavoravamo da anni noi insegnanti, con passione, dedicando ore e ore extra di volontariato (!) alla nostra
biblioteca! Ci siamo avvicendati tra colleghi ad inventarci
progetti da spedire a banche, associazioni, istituti vari per
ottenere un aiuto economico al fine di arricchire i nostri armadi di libri, riviste, dizionari, libri graduati in lingua straniera, DVD, e poi anche computer e televisore… per non dire
poi che abbiamo partecipato alle Giornate Nazionali per la
promozione della lettura e organizzato il Mercatino natalizio
del libro…TUTTO INUTILE???
NO NO NO… al mio allievo era solo sfuggito qualcosa, mi
sono detta, perché era troppo preso dai suoi impegni in altri
settori… tutte queste materie da studiare… e Lettere e Lingue
Straniere e Matematica e Alimentazione e Diritto e Ristorazione… ah ecco… buona idea… ristorazione… e così il nostro
messaggio è diventato “Leggere è il cibo della mente”.
Eh sì, perché noi ci crediamo fermamente: “ La biblioteca scolastica fornisce informazioni ed idee fondamentali alla
piena realizzazione di ciascun individuo nell’attuale società
dell’informazione e conoscenza. La biblioteca scolastica offre agli studenti la possibilità di acquisire le abilità necessarie per l’apprendimento lungo l’arco della vita, di sviluppare l’immaginazione, e li fa diventare cittadini responsabili”
(Manifesto IFLA UNESCO sulla biblioteca scolastica)
La biblioteca è uno strumento per l’attuazione dei diritti
costituzionali di accesso all’informazione, alla conoscenza,
alla cultura e alla libertà di ricerca scientifica, come afferma
la nostra Costituzione… pensiamo un pò a tutti quei luoghi
nel mondo dove l’accesso alla cultura è soggetto a forme di
censura ideologica, politica, religiosa…
FRASI CELEBRI
Quanti uomini hanno datato l’inizio di una nuova era della loro vita dalla lettura di un libro!
Henry David Thoreau
La lettura è per la mente quel che l’esercizio è per il corpo.
Joseph Addison
Ci sono crimini peggiori del bruciare libri. Uno di questi è non leggerli.
Joseph Brodsky
Nessun vascello c’è che come un libro possa portarci in contrade lontane...
Emily Dickinson
Alcuni libri devono essere assaggiati, altri trangugiati, e alcuni, rari, masticati e digeriti.
Francis Bacon
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E tante tante altre frasi celebri e considerazioni sull’importanza della lettura, di quanto il leggere ci arricchisca di pensieri, idee, informazioni, riflessioni; sì, ma la biblioteca non può essere un luogo polveroso con una triste raccolta di libri ma
deve essere uno strumento quotidiano di lavoro, deve permettere delle attività di gruppo, deve fare in modo che gli alunni
siano sempre più attivi nella organizzazione e nella fruizione di questo patrimonio, sì anche multimediale.
E allora… cercate la scritta “BIBLIOTECA” sulla porta verde nell’atrio della Succursale, entrate e curiosate, e se le avete
proponete idee nuove, qualcosa di buono ne uscirà certamente! IL PROGETTO BIBLIOMEDIASCUOLE
La rete bibliomediascuole é costituita da 27 istituti scolastici distribuiti sul territorio della provincia di Padova ed é stata
fondata nell’anno scolastico 2003/2004 sulla base di un protocollo d’intesa tra la Provincia e l’allora Centro Servizi Amministrativi delle scuole di Padova. Inizialmente la rete comprendeva 12 scuole medie e superiori, poi si è ampliata ed ora
intende estendersi progressivamente a tutte le scuole del territorio provinciale.
Gli obiettivi principali del progetto sono:
- rendere conoscibile e fruibile al pubblico l’ingente patrimonio di risorse documentarie esistente nelle biblioteche scolastiche;
- creare tra le scuole un protocollo di prestito interbibliotecario del materiale che i singoli istituti sceglieranno di rendere
disponibile;
- creare un sistema di collaborazione tra le scuole ai fini di ottimizzare le risorse documentarie;
- promuovere e pubblicizzare iniziative e attività culturali comuni.
La biblioteca del nostro istituto intende entrare nella rete e quindi ci si sta impegnando in questo senso. I libri catalogati
sono circa 3000 più un certo numero di riviste, ma manca ancora la necessaria informatizzazione con il programma winiride.
e.b.
MUSICA, CIBO
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JIMI HENDRIX
UNA VITA AL SERVIZIO DELLA MUSICA
Uno dei maggiori innovatori nell’ambito della chitarra elettrica, uno dei migliori, se non il migliore, chitarrista di tutti i
tempi: Jimi Hendrix. Nato nel novembre del 1942 a Seattle,
la musica fu una presenza costante nella sua vita (assieme
ad alcol e droghe): dai dischi del padre James Allen Hendrix fino agli inni sacri imparati durante la frequentazione
della Chiesa Pentecostale cui apparteneva la sua famiglia,
la musica fu per tutta la durata della sua breve vita, come
egli stesso affermò, la sua religione. I suoi primi passi nella
pratica musicale furono difficili: date la misere condizioni
economiche familiari, per diversi anni non poté permettersi
di acquistare una vera chitarra. I tentativi di colmare tale
lacuna andarono dai più fantasiosi a quelli più tradizionali:
dapprima imbracciò una scopa immaginando che fosse lo
strumento dei suoi sogni, poi crescendo optò per il cosiddetto “filo sul muro’’(tecnica usata da molti bluesmen che
consisteva nello sfilare il filo di metallo che teneva insieme i
pezzi di paglia del già citato arnese da pulizia, stenderlo su di
un muro e poi tenerlo sollevato alle estremità con qualcosa
di rigido perché raggiungesse la giusta tensione; infine con
una mano si faceva scorrere su di esso una bottiglia per intonare le note e in contemporanea pizzicare con l’altra mano
la “corda” così ottenuta). Solo nel 1958, dopo la morte della
madre, il padre Al regalò al figlio un vecchio ukulele con una
corda sola, sul quale Jimi cominciò ad imparare a suonare i
primi pezzi, passando poi ad un’acustica di un amico. Poi la
prima chitarra del giovane Hendrix fu una per destri, mentre lui era mancino; tuttavia imparò velocemente a suonarla
rovesciandola e questa abitudine caratterizzò tutta la sua
carriera artistica.
Jimi faceva continui miglioramenti come musicista, ascoltan-
do i dischi del padre e la radio e suonando ai primi live con
vari gruppi locali. Nel 1961 fu arrestato dalla polizia di Seattle perché trovato alla guida di un’auto rubata e dopo alcuni
giorni di detenzione finì in tribunale. Si trovò quindi a dover scegliere fra un periodo di reclusione e l’arruolamento:
scelse la seconda opzione. Dopo questa esperienza, Hendrix
continuò il suo percorso musicale (da tenere presente la sua
collaborazione breve ma intensa con Little Richard, definito
il vero re del rock) fino a quando, nel 1966, non fu notato da
Chas Chandler, manager ed ex bassista degli Animals, che
lo portò a Londra, patria della psichedelia che da lì a poco
avrebbe preso piede come genere musicale di riferimento.
Qui Chas affiancò a Jimi il chitarrista Noel Redding (passato
al basso) e il fenomenale batterista Mitch Mitchell: era nata
la Jimi Hendrix Experience. Il sound del trio era qualcosa
di assolutamente fenomenale, dalle bordate sonore della
chitarra di Hendrix al drumming furioso ma assolutamente
tecnico e preciso di Mitchell fino alle linee di basso molto
ritmate e delicate allo stesso tempo di Redding; dal vivo si
lasciavano andare a furiose improvvisazioni con un Hendrix
in evidente stato di grazia (soprattutto all’inizio). Il primo
album della band fu Are You Experienced?, che ebbe buone
vendite e che oggi è considerato una vera e propria pietra
miliare dell’hard rock e della musica in generale con brani
come Hey Joe, Fire, Purple Haze e l’infuocata Foxy Lady in
cui a fare da padrone è la tecnica del feedback (tipico fischio
che si sviluppa quando i suoni emessi da un altoparlante
ritornano ad essere captati da un microfono o pick up di
chitarra o basso o altri strumenti elettrici e da questo rimandato al medesimo altoparlante, in un circuito chiuso). L’occasione perfetta per il gruppo di mostrare le proprie capacità
si presentò nel 1967 in occasione del Monterey Pop Festival
quando, alla fine di un concerto a dir poco spettacolare, il
genio di Seattle come in un rituale bruciò la sua stratocaster
rossa dopo averla suonata con i denti, dietro la schiena e
mimando rapporti sessuali con lo strumento come nessuno
prima di allora aveva fatto. Nei due dischi successivi (Axis:
Bold As Love prima, Electric Ladyland poi) Hendrix cominciò
la sua ricerca sonora coadiuvata dall’ossessiva sperimentazione che lo caratterizzava, partendo dall’uso sempre più
accentuato di feedback, suoni distorti, registrazioni invertite
ed echi psichedelici oltre che di nuove sonorità proiettate
verso funk, blues ed R&B (soprattutto in Axis:Bold As Love,
tra cui spiccano Castle Made of Sand, If 6 was 9, La ballad
Little Wing e la title track Bold As Love) e lunghissime jam
sessions (maggiormente presenti in Electric Ladyland come
la famosissima Voodoo Child, la funkeggiante CrossTown
Traffic, la cover di Bob Dylan All along the watchtower e la
psichedelica Gipsy Eyes).
Dopo quest’ultimo album la Experience si sciolse, a causa
dell’egocentrismo di Hendrix che era stanco del trio e cercava qualcosa di più elaborato e vario. Il 1969 è l’anno della strepitosa performance di Hendrix al festival musicale di
Woodstock che lo ha reso definitivamente una leggenda del
rock. Infatti si presentò con una nuova formazione denominata Gypsy Sun & Rainbows col sempre presente Mitchell ,
il vecchio amico Billy Cox al basso e altri musicisti e sfoderò
i suoi pezzi migliori (spiccano per ferocia Fire con due assoli
mozzafiato e Voodoo Child) insieme ad una versione molto
distorta e potente dell’inno americano The Star-Spangled
Banner in cui alle note si alternano vere e proprie simulazioni sonore di bombardamenti e mitragliate, emulando così
PER LE ORECCHIE
The Hendrix Chords
Jimi Hendrix è uno dei pochi chitarristi pop/rock che può
vantarsi di avere degli accordi che portano il proprio nome: gli Hendrix Chords
la guerra in Vietnam che infuriava in quegli anni. Il suo ultimo album fu il live Band of Gypsys col già citato Cox e il
batterista/cantante Buddy Miles; dopodiché Jimi morì il 18
Settembre 1970 nel suo appartamento di Londra a 27 anni
(è infatti membro del famoso club 27), si dice per soffocamento da conati di vomito causato da un cocktail di alcool
e tranquillanti, ma tuttora non si hanno riscontri certi e ciò
non fa che alimentare la sua leggenda. Hendrix in vita, come
già detto, fu una vera e propria macchina musicale, capace
di creare canzoni pazzesche e assoli micidiali, con una sensibilità blues e soul mescolata ad un suono quanto mai acido
e distorto molto hard (egli è considerato uno dei precursori
del metal, del rock psichedelico e del punk). Realizzò album memorabili, sfornò performance strabilianti e influenzò
praticamente i chitarristi di quasi tutti i generi. La cosa interessante è che nella sua ultima intervista ribadiva il fatto che
avrebbe voluto tentare la via della musica sinfonica, ma tale
progetto non fu mai realizzato. Nonostante tutto la leggenda
di Hendrix non passerà mai perché ci sarà sempre un po’ del
suo spirito in ogni nota emessa dalla chitarra elettrica, la
sua unica vera compagna. Hendrix è leggenda, Hendrix è il
vero e unico dio della chitarra.
Alberto Baretta e Yuri Crescenzio
Gli accordi in questione sono quelli di 7#9 (settima con nona aumentata) che il chitarrista usò sia in Purple Haze che
in Foxy Lady.
Questo tipo di accordi, già utilizzati nel Jazz e nel Blues, oltre alla 7^ aggiungono la 9^ aumentata della scala (vale
a dire la 10^ minore). Nello stesso accordo, quindi, c’è sia
la terza maggiore che quella minore (un’ottava più su) che
lo rendono una specie di accordo “maggiore/minore/7^°”.
In realtà sembra che i Beatles (che hanno inventato tutto
l’inventabile prima di tutti gli altri) avevano già usato questo tipo di accordi in Taxman, brano di apertura di Revolver.
25
The day before Jimi die
Monika Danneman, l’ultima ragazza di Hendrix, sostiene
che il giorno prima di morire il chitarrista scrisse il testo di
una canzone profetica intitolata “The Story of Life”.
Il testo fu dato alle stampe dalla stessa Danneman:
The story of Jesus
so easy to explain
After they crucified him,
a woman, she claimed his name
The story of Jesus
the whole bible knows
went all across the desert
and in the middle, he found a rose
There should be no questions
there should be no lies
He was married ever happily after
All the tears we cry
No use in arguing
all the use to the man that moans
When each man falls in battle
his soul it has to roam
Angles of heaven
flying saucers to some,
made Easter Sunday
the name of the rising sun
The story is written
by so many people who dared,
to lay down the truth
to so very many who cared
to carry the cross
of Jesus and beyond
We will guide the light
this time with a woman in our arms
We as men
can’t explain the reason why
the woman’s always mentioned
at the moment that we die
All we know
is God is by our side,
and he says the word
so easy yet so hard
I wish not to be alone,
so I must respect my other heart
Oh, the story
of Jesus is the story
of you and me
No use in feeling lonely,
I am searching to be free
The story
of life is quicker
than the wink of an eye
The story of love
is hello and goodbye
Until we meet again
IL
ILNOTIZIARIO
NOTIZIARIODEL
DELPIETRO
PIETRO
ATTENTI AL WEB !!!
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BOOM DI REATI ON LINE:
OTTOMILA DENUNCE IN UN ANNO
MINORI A RISCHIO, CRESCE IL CYBERBULLISMO
Crescono i reati connessi all’utilizzo del web e a rischiare
sono soprattutto i minori. Sono circa ottomila le persone
denunciate dalla Polizia nel 2014 per reati connessi all’utilizzo illecito dei social network, di cui 4.998 per il furto di
identità digitale, 2.705 per diffamazione on line e 76 casi
di ‘cyberstalking’. Nell’ultimo anno, 38 persone sono state
arrestate e 428 denunciate per adescamento on line di minori, produzione, diffusione e commercializzazione di materiale pedopornografico su internet; di queste, 229 sono
le denunce per il solo reato di adescamento, delle quali 155
relative ad approcci avvenuti sui social network.
Secondo i numeri resi noti dalla Polizia postale sulla attività di contrasto nel 2014, particolarmente preoccupante è
il numero di episodi di ‘cyberbullismo’: nel 2014 sono stati
più di 300 i casi di prepotenze on line compiute da minori
contro altri minori, a fronte dei circa 150 dell’anno precedente e 28 minori sono stati denunciati all’autorità giudiziaria per aver fatto circolare immagini sessuali dei compagni di classe, o per aver perseguitato o deriso loro coetanei
sui social network. Decine, infine, i ragazzi identificati e
messi sotto tutela, dopo che alcune loro foto erano finite
sul web, immesso in rete volontariamente o per vendetta
da adulti e coetanei.
A preoccupare gli utenti del web, anche i numeri sulle truffe on line: (il numero complessivo delle denunce del 2014
è di oltre 80mila, con 7 persone arrestate e 2.352 spazi
virtuali sequestrati), e attacchi a siti e portali: lo scorso anno sono stati 1638 i casi di aggressione alle infrastrutture
critiche italiane, con 40 denunce e 62 indagini avviate. A
rischio anche chi usa i circuiti di pagamento: le frodi rilevate nei servizi di home banking e Monetica, con oltre 10mila
INCONTRI NELLE CLASSI
RISCHI E OPPORTUNITA DEL MONDO VIRTUALE
La parola d’ordine è comunicare in modo rapido, anzi
immediato. Cercare servizi, notizie, meteo, mappe, lavoro:
tutto attraverso il web. Telefono, tablet, pc, siamo sempre
connessi e sempre preoccupati di avere tutto sotto controllo. Grandi opportunità e grande possibilità di esibire i talenti di ciascuno. Vari virtuosismi mentali riempiono i social
network ogni giorno. Molto spesso è assolutamente fuori
dall’ordinario ciò che si vede.
Inutile dirlo, internet è un’opportunità senza precedenti
nella storia dell’uomo, ma naturalmente ogni medaglia ha
il suo rovescio e vicino alle opportunità troviamo molti rischi che sono altrettanto eccezionali.
False identità, hacker fishing, pedofilia, bullismo sono
parole tremende che nell’universo della rete assumono una
dimensione solo fino a qualche anno fa inimmaginabile.
Non ci sono più confini per chi vuole fare del male e
questo rende il tutto mostruoso per l’enorme potenziale di
infiltrazione nella vita di ognuno di noi.
Il prof. Agostino Cortesi, ordinario di Informatica all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha voluto riflettere su questo
insieme ai ragazzi di alcune classi che hanno dimostrato
curiosità ma anche una certa competenza. Il dibattito che
si apriva in ciascuna classe ha dato la possibilità, ai ragazzi, di allargare la discussione a ciò che veramente stava
loro a cuore, rendendo l’incontro calibrato rispetto all’età e
agli interessi specifici.
segnalazioni ricevute dagli uffici della Polizia, hanno portato a 21 arresti e circa mille denunce all’autorità giudiziaria.
Nell’ambito delle frodi informatiche, in particolare, è in forte crescita il numero di accessi abusivi a caselle di posta
elettronica aziendali, finalizzati all’acquisizione delle liste
dei contatti. La piattaforma Of2cen (on line fraud cyber
centre and expert network), dedicata al contrasto a questo
tipo di crimini, ha permesso il blocco del 98% delle transazioni fraudolente sospette (3.104 su 4.075) con il recupero
di un’altrettanto elevata percentuale di somme sottratte
(38.776.000 euro recuperati su un totale di 39.477.539).
Il 2014 ha fatto registrare 23 denunce per reati connessi
alla violazione del diritto d’autore e la chiusura di 34 spazi
virtuali. Per il gioco d’azzardo on line sono state denunciate
22 persone e applicate sanzioni amministrative per 120mila euro, con oltre 46mila spazi web monitorati dalla Specialità della Polizia. Sul fronte dell’eversione e del proselitismo
on line di matrice religiosa, sono state 142 le segnalazioni
raccolte dalla Polizia, contenenti 450 link afferenti messaggi, video e foto discriminatori nei confronti delle minoranze; anche in questo caso, particolare incidenza hanno avuto quelli presenti sui social network.
ADNKRONOS
IL REATO DI DIFFAMAZIONE VIA WEB
Il reato di diffamazione, previsto e punito
dall’art. 595 del codice penale, si configura quando qualcuno offende la dignità
e la reputazione altrui in presenza di più persone. Tale reato si può commettere con
maggiore facilità in rete,
comunicando con migliaia
di persone contemporaneamente tramite chat, forum, siti o
blog, anche perché si è convinti,
psicologicamente parlando, di essere protetti da una sorta
di anonimato, partecipando alle discussioni con un nomignolo (nickname), non direttamente collegabile al nostro
vero nome.
Come conseguenza della diffamazione, oltre alla possibilità di subire una condanna penale, sorge l’obbligo di risarcire il danno civile e il danno morale a chi è stato offeso.
L’offesa alla reputazione, infatti, può provocare un impedimento a sentirsi ben accetti nella propria comunità, oppure
può costringere un soggetto a doversi discolpare da accuse
del tutto false.
Se autore di offese, calunnie o diffamazione via web è
un minorenne, quest’ultimo viene indagato assieme a chi
esercità la potestà genitoriale.
SE USI IL WEB, USA PRIMA LA TESTA!!!
IL NOTIZIARIO DEL PIETRO
INCONTRO CON LA DOCENTE gola frase”, che destabilizza se slegata PICCOLO DIALOGO APERTO
dal contesto. Perciò sentire che l’AmeRUSSA ELENA PERELYGINA
Essere,
vuol dire essere percepiti pertanto conoscere se stessi
è possibile solo attraverso gli occhi degli altri.
L’atlante delle nuvole - di David Stephen Mitchell
Giovedì 15 Gennaio 2015 le classi 5BC,
5AT e 3AT, presenti i proff. Garrì, Todeschini, Belcaro e Semenzato, hanno assistito al breve incontro, tenutosi
nell’aula multimediale del nostro Istituto, con la dott. Elena Perelygina della
Liberal Art University – University for
Humanities di Ekaterinburg, Russia.
Dopo i saluti di benvenuto, una breve
introduzione con power point sulla città di Ekaterinburg e la sua storia e la
notizia del rinnovato accordo sul progetto di cooperazione International development of education in the sphere
of Tourism, Hospitality and Hotel Business with the exchange of experience in educational problem, iniziato nel
2008, la dott. Elena Perelygina ci ha
fatto sentire la versione dell’altra parte
del mondo (Russia) sul nostro mondo.
La nostra ospite non può certo passare inosservata, il suo fisico corpulento
si impone e suscita riverenza. La professoressa parla a braccio, chiaramente è abituata ad affrontare il pubblico
e tratta temi scottanti, quali la libertà,
la responsabilità e la tolleranza, proprio
pochi giorni dopo l’attacco terroristico
di Parigi. Il suo è un discorso che vuole ispirare e motivare, che vuole toccare l’intimo dei nostri ragazzi; da grande
psicologa sa come entrare negli animi
per suscitare emozioni magari contrastanti, per stupire, scioccare, turbare
e confondere. I nostri allievi faticano
a seguire il discorso in inglese, spesso
fraintendono, perché capiscono “la sin-
rica sbaglia perché è priva di identità,
non avendo radici, è una frase incomprensibile, sentire che gli Islamici uccidono (senza capire che si riferiva agli
estremisti) causa non poche irritazioni
tra i nostri allievi marocchini.
E’ stato poi interessante cogliere le varie reazioni dei nostri allievi dopo l’intervento della psicologa russa, la quale, più che offrire risposte, ha lasciato
aperte molte domande. Al nostro rientro in classe, infatti, molti chiedevano :
“come mai parla prima di tolleranza, poi
dice che in Russia coloro che professano
una religione diversa sono considerati
una minaccia?”, oppure “come mai dice
che si ha una identità solo se si hanno
radici e tradizioni … allora la mescolanza
di radici e tradizioni crea crisi di identità?” E’ stato bello cogliere un tale fermento nelle classi. Assai raramente le
normali lezioni creano tanto subbuglio o
inquietudine intellettuale.
A noi è stata offerta un’ opportunità unica di confronto e di apertura mentale, di
stravolgimento dei cliché e dei luoghi comuni. Ciò che la scuola dovrebbe essere,
ovvero non un semplice trasferimento del
sapere, come se si trattasse di un travaso
di cervello, ma educazione al senso critico, alla libertà di pensiero, all’acquisizione di abilità che consentono di discernere, comprendere e camminare da soli in
questo mondo variegato, dai mille colori e dai mille sapori … dove se divarichi
le gambe rischi di avere un piede in una
pentola rossa di cultura e tradizione e un
piede in una pentola nera di oppressione,
guerre di religione e condanne. Ad Ekaterinburg infatti, come ci ha detto la psicologa russa, con un saltello passi dall’Europa all’Asia e viceversa. Sembra un mondo
dove i confini non hanno un gran senso.
Grazie Elena, anche per gli auguri ai nostri ragazzi/e di un bellissimo e fruttuoso
futuro.
Libertà e responsabilità
Giulio: ogni individuo ha la responsabilità di rispettare le tradizioni altrui e la
libertà di proteggere la propria.
Yuri: all’aumentare della libertà aumenta anche la responsabilità, ovvero siamo
responsabili per ogni azione libera.
Andrea: con la libertà si è liberi di compiere qualsiasi azione però bisogna essere responsabile dell’azione (es:USA).
Gabriela: per essere davvero liberi bisogna vivere la propria vita in maniera attiva, non passiva. Responsabilità
uguale libertà.
Tolleranza e simpatia
Marina: rispetto per gli altri e per le
tradizioni. Rispettare le culture diverse
dalla propria.
Giorgia: rispetto reciproco. La simpatia
e la tolleranza sono due cose diverse. La
simpatia è una cosa soggettiva.
Rebecca: la tolleranza deriva dall’empatia verso un altro popolo.
Andrea: essere positivi, comprensivi e
tolleranti verso gli altri.
Matteo: rispettare è ricordare la storia.
Gabriela: accettare e rispettare. accettare le differenze, non tollerarle. Essere
tollerati non è un diritto, essere tolleranti non è un dovere.
Giulio: se sei tollerante, ti prendi la responsabilità di accettare gli altri. Libertà
vuol dire anche non essere tolleranti.
Anatolie: la responsabilità è legata al
rispetto. La libertà, pure, è legata al rispetto delle regole morali o alle radici.
Se un popolo non è tollerante, non ha
radici. Chi non ha radici ha più probabilità di commettere errori. Essere liberi
nel pensiero, rispettando però le regole.
Matteo: le radici della libertà, della tolleranza e della responsabilità sono insite
nell’uomo.
Classe 5BC
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IL NOTIZIARIO DEL PIETRO
ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO
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Il documento del Governo su “La buona scuola” ha sottolineato la necessità di “rendere giustizia al primo articolo
della nostra Costituzione” (l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro), anche attraverso la messa in atto di un sistematico rapporto di collaborazione tra le scuole
secondarie di 2° grado e le aziende.
Il documento, nell’attingere ispirazioni dal rapporto “Studio ergo lavoro. Come facilitare la transizione scuola-lavoro
per ridurre in modo strutturale la disoccupazione giovanile
in Italia”, prodotto da MCKinsey&Company (2014), segnala
che buona parte della disoccupazione in Italia non dipenderebbe dal ciclo economico sfavorevole ma da altri fattori. Primo, tra gli altri, il “disallineamento tra la domanda di
competenze che il mondo esterno chiede alla scuola di sviluppare e ciò che la nostra scuola effettivamente offre”.
La soluzione del problema appare ovvia agli estensori
del documento ministeriale che così continua: “... serve rafforzare l’apprendimento basato su esperienze concrete di
lavoro. Oggi, per quanto il numero di istituti superiori che
organizzano percorsi di Alternanza Scuola-Lavoro sia in aumento, sono ancora meno del 9% gli studenti della scuola
secondaria di secondo grado che hanno fatto un’esperienza
di alternanza scuola-lavoro (Indire, 2013). Ad accoglierli sono state solo una nicchia di imprese, meno di una su cento.
La possibilità di fare percorsi di didattica in realtà lavorative aziendali, così come pubbliche o del no profit, sarà resa
sistemica per gli studenti di tutte le scuole secondarie di secondo grado, e chi accoglie i ragazzi dovrà poter vedere in
questi percorsi un’opportunità, non un peso”.
La consultazione popolare condotta successivamente
sulle proposte avanzate dal documento governativo ha sostanzialmente confermato la necessità di migliorare il rapporto della scuola con le imprese.
Ma come fare?
Le principali indicazioni sono state le seguenti:
- rendere obbligatoria l’alternanza scuola-lavoro negli Istituti Tecnici e Professionali (si parla di almeno 200
ore per anno scolastico nel
triennio conclusivo, con la presenza, seppur parziale dei docenti tutor);
- potenziare gli stage e le
esperienze lavorative nel periodo estivo;
- concedere sgravi fiscali e incentivazioni alle imprese che
accolgono e/o assumono studenti. Le imprese devono cambiare mentalità.
Esiti del sondaggio
Buffet per Confindustria
IL PROGETTO DI ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO
DELL’ISTITUTO
Negli ultimi anni, il nostro Istituto ha particolarmente curato il Progetto Alternanza Scuola-Lavoro che, grazie ai finanziamenti della Regione del Veneto, del MIUR e, soprattutto,
grazie alla collaborazione stretta con l’Associazione Albergatori, l’ APPE, Confindustria e la Federazione Italiana Cuochi, sta dando ottimi risultati e può fungere da modello di
riferimento per le scelte strategiche future. Di seguito, dopo una breve introduzione sulle caratteristiche generali del
progetto, viene riportato quanto è in atto nel corrente anno
scolastico.
L’intervento triennale complessivo comprende:
CLASSI TERZE
- Lezioni introduttive sulle caratteristiche del mondo del
lavoro tenute da esperti del settore (da 2 a 6 ore);
- Stage nelle aziende del territorio in orario scolastico
(20% di autonomia). La durata dello stage varia da 2 a 3
settimane continuative, solitamente collocate nel periodo
che immediatamente precede o segue le vacanze pasquali.
CLASSI QUARTE E QUINTE
A. 60 ore (30 ore in classe quarta e 30 ore in classe quinta). In classe quarta si tengono lezioni frontali e/o lezioni
tecniche sia in Istituto che nelle aziende del settore ristorativo, alberghiero e dell’accoglienza turistica. In classe quinta le ore sono principalmente destinate alla realizzazione di
un project work.
B. Da 160 a 200 ore (da 4 a 5 settimane durante l’interruzione estiva delle lezioni dopo lo scrutinio di classe 4^)
in situazione lavorativa in aziende partner.
C. Fino a 40 ore da svolgersi prevalentemente in attività
che l’Istituto realizza al di fuori del percorso curricolare,
sia in sede (porte aperte, serate di gala, accompagnamenti
turistici, ecc.) sia esternamente all’Istituto (banqueting, visite turistiche, servizi di sostegno alle iniziative di enti e
associazioni del territorio) o in aziende partners, in periodi
non coincidenti con l’orario delle lezioni, da concordare di
volta in volta per ogni studente.
Le ore da prestare di cui ai punti B e C devono essere almeno 200.
IL NOTIZIARIO DEL PIETRO
ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO
CLASSI QUARTE (a.s. 2014/2015)
Per tutte le classi quarte, le 30 ore di lezioni introduttive
sono state così organizzate:
- 9 ORE con tematiche diversificate a seconda dell’articolazione di frequenza degli studenti: sicurezza, HACCP, impresa ristorativa, comportamento negli alberghi e nei ristoranti, curriculum.
- 21 ORE TEORICO-PRATICHE con l’intervento di esperti
interni ed esterni.
Le classi 4AC e 4DC hanno seguito 7 lezioni teorico-pratiche su “La cucina del territorio”, rispettivamente presso
l’Hotel Bristol Buja e l’Hotel Metropole sotto la guida
degli chef Claudio Crivellaro e Fabio Momolo. Gli argomenti trattati sono i seguenti: Gli antipasti - I Primi piatti
- I Risotti - I Pesci di laguna e d’acqua dolce - Le
Carni da cortile - I Contorni, verdure, patate - I
dessert.
Le classi 4BC e 4CC hanno seguito il percorso
“Facciamo un’impresa”, finanziato dal Fondo Sociale Europeo sotto la guida dell’Istituto Veneto
per il Lavoro. L’itinerario seguito, della durata complessiva di 64 ore, ha comportato
una serie di attività del tutto originali: Imprenditore per un giorno
- Visita in azienda - L’impresa entra a scuola - Laboratori di creatività - La costruzione del business
plan. Il percorso si concluderà con
il “Concorso di idee tra le scuole e
la presentazione del lavoro svolto
nell’ambito di un evento finale che
si terrà a primavera.
Le classi 4AS e 4BS hanno seguito
le lezioni specialistiche di bar-management tenute da Planet One
Service (si veda a pag. 9).
Infine, la classe 4AT è stata accompagnata dalla prof.ssa Maila
Bertoli, guida turistica di Padova,
a conoscere le principali attrazioni
artistico-culturali del nostro territorio e a farne oggetto di promozione per i visitatori nazionali ed internazionali.
Nel periodo 15 giugno-18 luglio 2015 gli studenti delle classi quarte saranno impegnati nelle attività di stage estivo
presso le aziende del territorio.
CLASSI QUINTE (a.s. 2014/2015)
I project work di 30 ore per le classi quinte sono stati così
organizzati.
La classe 5AC ha seguito il progetto “Gastronomia e territorio euganeo”, già avviato lo scorso anno scolastico, finanziato con il Fondo Sociale Europeo e gestito dalla Regione del
Veneto. Il project work è intitolato “La cucina a colori” ed è condotto dagli chef Vito Fanciullo (docente
dell’Istituto) e Nicola Michieletto. Si articola in 7
incontri in laboratorio e nella preparazione di un banchetto finale, rivolto all’utenza interna e ai sostenitori
dell’Istituto, che si terrà giovedì 16 aprile 2015.
La classe 5BC segue un articolato percorso di lavoro avente per tema “La cucina vegetariana”.
Si svolge in 8 lezioni teorico-pratiche che si tengono sia in Istituto, sia presso l’Hotel Bristol
Buja. A guidarlo sono gli chef Anna Maria Pellegrino e Michele Viale. Al termine dell’attività
laboratoriale, gli studenti si cimenteranno
nella preparazione di un banchetto finale
che si terrà venerdì 29 maggio 2015.
La classe 5CC ha seguito il percorso “La cucina del territorio”, presso l’Hotel Millepini,
condotto dallo chef Filippo Bondi (Argomenti: antipasti, primi piatti, risotti, pesci
di laguna e d’acqua dolce, carni da cortile,
contorni, verdure, patate, dessert).
La classe 5AS ha seguito il progetto biennale “Enoguida”, finanziato con il Fondo
Sociale Europeo e gestito dalla Regione
del Veneto. Si articola in 7 incontri aventi
per argomento la conoscenza delle produzioni vitivinicole del nostro territorio
e le tecniche di degustazione. I docenti
conduttori sono i sommelier dell’AIS Andrea Peretto, Dante Savona e Fabio
Ghirardello. Al termine degli incontri, gli
studenti saranno impegnati nell’esercitazione banchettistica del 16 aprile 2015,
in abbinamento ai compagni della classe 5AC.
La classe 5AT ha seguito un percorso di
approfondimento di Storia dell’arte condotto dalla prof.ssa
Rosina Torrisi. Gli studenti hanno seguito alcune lezioni
nel laboratorio multimediale dell’Istituto e presso le strutture museali del Comune di Padova.
DELIBERE DEL CONSIGLIO D’ISTITUTO
Nella seduta dell’11 febbraio 2015, il Consiglio d’Istituto ha approvato il Programma Annuale 2015 prevedendo la realizzazione dei seguenti acquisti nel corso dell’anno finanziario:
- Monitor da installare nelle aule delle sedi centrale e succursale (piano generale fino al completamento delle necessità);
- Computer portatili per l’utilizzo nelle aule delle due sedi;
- Defibrillatori previo completamento di appositi corsi specialistici rivolti a tutto il personale dell’Istituito;
- Stampanti laser per gli uffici di segreteria e per gli esami di Stato;
- Attrezzatura per l’attività di Scienze motorie e sport nelle palestre;
- Per il laboratorio di cucina: piccole attrezzature, lava pentole, forno professionale;
- Per il laboratorio di sala-bar: attrezzature varie, lavapiatti, sedie, tendaggi e impianto di raffrescamento in sala Parisi;
- Per il laboratorio di Accoglienza turistica: attrezzature varie, poltroncine ingresso;
- Manutenzione ordinaria, comprensiva di convenzione per lo sfalcio dell’erba nelle due sedi dell’Istituto
Il Consiglio ha approvato i viaggi d’Istruzione con pernottamento delle classi 3^, 4^ e 5^ che si terranno
nel mese di marzo 2015 e hanno come principali mete: Napoli, Roma, Firenze, Parigi, Vienna, Praga, Monaco.
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IL NOTIZIARIO DEL PIETRO
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DARE IMPORTANZA AL BEN-ESSERE
Trovare spazi in adolescenza dove potersi confrontare in
modo autentico e rispettoso non è sempre semplice e scontato. Esistono però contesti educativi all’interno dei quali un
sano sviluppo di sé e della relazione con l’altro sono pilastri
portanti dell’agire educativo.
L’Istituto alberghiero “Pietro d’Abano” ne è la dimostrazione.
Anche quest’anno, in collaborazione con lo psicologo dello
Sportello CIC, ha creato un percorso in tutte le classi prime
dal titolo: “Conoscersi e Ri-conoscersi in gruppo”.
Nell’adolescenza il gruppo è fondamentale, non soltanto come elemento di individuazione e riconoscimento, ma anche
perché segna l’inizio della separazione dalle figure genitoriali; tuttavia esso non sempre è vissuto in maniera positiva.
Molto frequentemente il gruppo può diventare fonte di vere
e proprie difficoltà sia nell’esprimere la propria individualità
sia nell’entrare in relazione con gli altri. Spesso gli adolescenti possono vivere nel gruppo due opposti: l’isolamento
o la prevaricazione sull’altro o dell’altro.
La riflessione ed il lavoro nelle vari classi hanno permesso
non solo di mostrare parti di sé agli altri, ma di collaborare
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UNA LEZIONE
SUL CERIMONIALE
Scrivo come rappresentante della mia
classe, la 5^AS, di un’esperienza vissuta il 23 gennaio scorso. Durante la
mattinata, che settimanalmente dedichiamo all’attività di laboratorio di sala-bar, è stato con noi, su gentile invito del nostro prof. Fabio Ghirardello,
un rappresentante dell’ ANCEP (Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici), dott. Leonardo Gambo, a
spiegarci “Il Cerimoniale”.
Per il nostro corso di studi un approfondimento come questo può essere
consono e d’aiuto, in particolar modo
per noi alunni di quinta che siamo alla fine del nostro percorso scolastico e
ci apprestiamo ad entrare nel “mondo
degli adulti”, il mondo del lavoro.
Ognuno di noi nel nostro ramo, forse,
si augura di arrivare ai “piani alti”, cioè
a servire persone famose ed importanti. Chi non ha mai sognato almeno
una volta di servire il proprio attore o
calciatore preferito? O le grandi cariche dello Stato?
Ecco, il cerimoniale si applica in queste circostanze, nelle cerimonie ufficiali delle rappresentanze dello Stato,
dei suoi organi istituzionali e degli organismi pubblici in generale.
Il programma dell’incontro comprendeva un’introduzione riguardante il
concetto di cerimoniale, per poi concentrarsi su una regola importante,
una di quelle che molti magari consi-
con i compagni/e per creare qualcosa insieme. Tutto questo
ha avuto un significato grazie alla collaborazione con il corpo
docente. Il percorso si è sviluppato in un primo incontro di
due ore nei mesi di novembre e dicembre 2014 e continuerà
in un ulteriore incontro nel prossimo marzo.
Altro elemento centrale di riconoscimento e di ricerca del
benessere degli studenti è costituito, all’interno dell’Istituto,
dallo Sportello CIC, aperto ogni settimana il lunedì mattina
dalle 8:30 alla 10:30, alternato tra la sede centrale e la
succursale.
Molti studenti in questi anni hanno usufruito di questo sportello, trovando un ascolto autentico, rispettoso e personale.
Negli ultimi anni questo spazio è stato utilizzato sempre di
più anche dai genitori. Lo sportello CIC non avrebbe il giusto
significato se vivesse all’interno dell’Istituto in modo isolato.
La grande collaborazione con il dirigente scolastico e con il
corpo docente permette di cogliere i momenti di difficoltà e
di fragilità degli alunni e dei genitori e, con l’intervento dello
psicologo, consente al ragazzo/a o al genitore di poter portare qualcosa di sé senza paura di essere giudicato.
Il collegamento che lo psicologo ha con l’équipe del Contatto
Giovani (Consultorio per Adolescenti dell’Ulss 16 di Padova)
permette un forte lavoro di rete, in un momento così particolare della vita di ogni ragazzo/a.
derano scontata o banale, ma che talvolta può dar luogo a qualche difficoltà nella scelta della disposizione degli
ospiti a tavola. La regola della destra.
Cioè: il posto d’onore (assegnato alla
carica più alta) dovrà essere collocato
al centro del tavolo, mentre la regola
generale di assegnazione dei posti a
fianco di quello d’onore prevede che il
più importante sia quello alla sua destra (inteso per chi si siede, e cioè il
sinistro per chi guarda dal di fronte).
Interessante menzionare anche il paragrafo riguardante l’interpretariato che
prevede l’uso di cuffie per la traduzione
simultanea dell’ospite straniero e viene
collocato alle sue spalle
o alla sinistra.
Per quel che riguarda
gli incontri conviviali,
la forma del tavolo può
essere varia: rotonda,
ovale, quadrata, rettangolare (imperiale) oppure a ferro di cavallo,
anche se quest’ultima
viene usata molto raramente ai nostri giorni.
Gli ospiti dovranno essere accolti dal padrone di casa (o suo rappresentante) con l’aiuto
dell’incaricato del cerimoniale.
Dopo queste menzioni
importanti per lo svolgimento corretto della
Davide Zanin
cerimonia, possiamo ancora ricordare
la collocazione delle bandiere nell’ordine corretto (da sinistra: bandiera
europea, bandiera italiana e bandiera
regionale/comunale). Per ultimo, ma
non per importanza, abbiamo parlato
dell’abbigliamento che, in base al momento della giornata, dev’essere idoneo al lavoro svolto; infatti è espressione di rispetto per il lavoro stesso e
per gli interlocutori con i quali si viene a contatto. L’uomo indossa giacca e
cravatta e la donna abiti sobri che non
lasciano scoperte le spalle, non mostra
scollature ed evita minigonne ridotte.
Giorgia Munaretti
Dott. Leonardo Gambo
31
Via Appia, 9 Abano Terme (PD) - Tel. 049/812571
Fax 049/8618757 [email protected]
Gastone Gal
Saverio Mazzacane
LA SCUOLA DELLA CITTÀ
1939 - 2014
I primi 75 anni dell’Istituto
“Pietro d’ Abano”
La scuola della città. 1939-2014. I primi 75 anni dell’Istituto Pietro d’Abano ripercorre la storia dell’Istituto alberghiero dalla sua nascita fino ai giorni nostri. La scuola è stata per molti anni l’unica proposta educativa del Comune
di Abano Terme nell’ambito dell’istruzione media e ha rispecchiato l’identità socio-economica della città.
Il libro, scritto dai proff. Gastone Gal e Saverio Mazzacane, è frutto di un meticoloso lavoro di ricerca d’archivio e di
raccolta di testimonianze condotta tra ex allievi ed ex docenti e dirigenti dell’Istituto, nonché tra i cittadini di Abano
Terme e della Provincia di Padova.
Edito da Proget Edizioni, si compone di 158 pagine e viene distribuito presso la segreteria dell’Istituto Pietro d’Abano (via Monteortone 7/9 - Abano Terme) al prezzo scontato di € 10.