Le piante nel Vangelo: Il Sicomoro

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Le piante nel Vangelo: Il Sicomoro
Un argomento al mese su cui riflettere: Giugno 2008
Le piante nel Vangelo:
Il Sicomoro
da “La vita in Cristo e nella Chiesa” – Anno LVII, n°6.
Il sicomoro è un albero di origine africana dal frutto dolce,
simile a un fico, cosa del resto evidenziata
già
dall'etimologia greca del suo stesso nome. Proprio
intorno a quest'albero è ambientato l'episodio dell'incontro
tra Gesù e Zaccheo.
«Entrato nella città di Gerico, la stava attraversando. Ora,
un uomo di nome Zaccheo, che era capo dei pubblicani e
ricco, cercava di vedere chi fosse Gesù, ma non ci riusciva;
c'era infatti molta gente ed egli era troppo piccolo di
statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, si
arrampicò sopra un sicomoro, perché Gesù doveva
passare di là. Gesù, arrivando in quel punto, alzò gli occhi
e gli disse: "Zaccheo, scendi in fretta, perché oggi devo
fermarmi a casa tua". Scese subito e lo accolse con gioia.
Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare
in casa di un peccatore!". Ma Zaccheo, alzatesi, disse al
Signore: "Signore, io do ai poveri la metà dei miei beni e
se ho rubato a qualcuno gli restituisco il quadruplo". Gesù
gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa,
perché anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo è
venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto"» (Lc
19,1-10).
In questo racconto risalta una ricerca reciproca. I due
personaggi sono in cerca l'uno dell'altro: da una parte
Zaccheo, un esattore delle tasse per conto dei romani, disprezzato e temuto dal popolo; dall'altra Gesù che,
percorrendo le strade della Giudea, entra nella città di Gerico. Zaccheo, come tutti gli abitanti del posto,
vorrebbe vedere Gesù. Essendo di statura bassa, è impossibilitato a scorgere Gesù a causa della folla
accorsa per assistere all'evento. Nulla di più naturale a questo punto che costui salga su qualcosa di alto,
che lo aiuti a «vedere». Mosso da un'invincibile curiosità, incurante del ridicolo, si arrampica su un sicomoro.
La sua curiosità cela un'ansia autentica che rivoluzionerà la sua vita.
La storia di Zaccheo è la storia di una ricerca che approda a un incontro e a una meta. Due sole cose
potevano privare Zaccheo della felicità del momento presente: i pensieri negativi sul proprio passato e
presente (egli, in fin dei conti, è un esattore delle tasse e, come tale, è disprezzato dai suoi) e quelli sul
proprio futuro (un eventuale rifiuto da parte di Gesù).
Gesù dunque «entra e attraversa la città» in cui Zaccheo conduce la sua grigia esistenza di burocrate.
Subito si verifica la svolta: Zaccheo «cerca di vedere» Gesù. Gesù arriva, solleva lo sguardo e lo punta negli
occhi di Zaccheo. Rimangono così, l'uno con gli occhi fissi in quelli dell'altro per alcuni interminabili secondi.
Per un istante lo scenario intorno svanisce, si sente solo la voce di Gesù: «Zaccheo, scendi subito!». Si
inaugura così per quell'uomo il suo vero viaggio spirituale, la ragione d'essere su questa terra e in quel
momento che ha come meta la salvezza: «Oggi devo fermarmi a casa tua».
Questo «viaggio», storia di un'esistenza che muta traiettoria, è interpretato allo stesso tempo secondo due
letture diverse, a testimonianza di due mentalità antitetiche e costantemente presenti nell'umanità. La
reazione dei perbenisti e degli ipocriti che mormorano: «Ma come? Gesù, proprio lui, "è andato ad alloggiare
in casa di un peccatore!"». Dall'altra, la seconda interpretazione, quella luminosa del Cristo stesso che,
nell'itinerario di Zaccheo, vede la storia della salvezza inaugurata anche nel peccatore: «Oggi la salvezza è
entrata in questa casa».
Con la sua quindicina di vocaboli di movimento questo racconto diventa la narrazione di una conversione
che, nel linguaggio biblico, è espressa sempre con immagini di ritorno, di incontro tra Dio e l'uomo. Zaccheo
ha bisogno di Gesù, Gesù ha bisogno di Zaccheo: è in quest'ottica che va vista la conversione come
momento, come un «ritorno»; e c'è sempre un tempo per tutto, un tempo di opportunità che dev'essere colto
come un carpe diem.
Parafrasando un detto rabbinico, coevo dei tempi di Gesù, Zaccheo sembra dire: «Se non sono io per me,
chi sarà per me? E se non ora... quando?»1.
E non c'è nessuno che, una volta incontrato il Signore, non abbia la vita stravolta, coinvolta e sconvolta: «lo
do ai poveri la metà dei miei beni, e se ho rubato a qualcuno gli restituisco il quadruplo». Non è una
semplice confessione delle labbra; è la ritrattazione autentica di un'intera vita. Sorge, così, l'alba di una
nuova esistenza.
Chi è Gesù? Ecco la domanda che preoccupa Zaccheo. Ha sentito parlare di Gesù e ora deve
assolutamente vederlo. Il sicomoro sul quale Zaccheo si arrampica è il primo passo verso la redenzione.
«Sicomoro» in ebraico si dice siqmah che, secondo la numerologia, vale 445 come i termini «stupore» e
«onestà». «Stupore» è il sentimento che deve aver provato Zaccheo, quando una curiosità irresistibile,
nuova per lui, lo spinge ad arrampicarsi su un sicomoro per vedere Gesù. «Onestà» invece è l'azione che
deriva da questo impulso, innaturale per un esattore delle tasse, quando in seguito a ciò decide di restituire il
maltolto. Con quest'azione egli si redime ed è un sicomoro lo strumento primario di questa redenzione.
A onor del vero, nell'Antico Testamento la parola «sicomoro» non appare mai al singolare siqmah, come
visto sopra, bensì al plurale siqmîm. Questo termine ha la valenza numerica 490, la stessa della parola
«redenzione», ossia pedùt in ebraico. A un orecchio attento, a un lettore che vuole andare al di là di ciò che
è scritto, questo particolare non sfugge oggi come allora: la la scelta del sicomoro, anzi dei «sicomori» non
può essere casuale! Un albero e non un qualsiasi altro piedistallo, un sicomoro e non un abete o altro.
L'uomo spirituale deve arrampicarsi sull'albero della fede, che cresce dall'alto al basso, perché ha le sue
radici nella divinità.
L'immagine dell'albero non è casuale nei racconti biblici. L'albero è un potente simbolo ancestrale che
suggerisce l'idea stessa della divinità. Nemmeno il Pentateuco, tutto incentrato sull'unicità di Dio, può o vuole
nascondere tale attinenza. Le radici dell'albero sotto terra riproducono fedelmente la chioma che è in alto;
così da suggerire all'uomo la suprema verità e cioè «così in cielo così in terra».
Zaccheo non rimase un istante di più sul suo osservatorio arboreo. Gesù gli dirà: «Oggi la salvezza è entrata
in questa casa». La gioia della redenzione è per l'oggi.
s iqmîm
«sicomori»
s = 300
w = 100
m = 40
î = 10
m = 40
pedût
«redenzione»
p = 80
d=4
û=6
t = 400
490
490
NOTA_________________________________________
1
Mishna, Pirqe Avot 1,14.
a cura di Sandro Imparato