1 Tra le molte cose che vorrei dire scelgo di partire dall`ini

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1 Tra le molte cose che vorrei dire scelgo di partire dall`ini
Tra le molte cose che vorrei dire scelgo di partire dall’inizio, dalla mia infanzia e dai perché del mio modo d’essere…
io credo che il come ci si muove nell’esistenza conti moltissimo. Vi domando: qual è il “senso” che ci spinge a valorizzarci aprendo le porte alle relazioni? Per me è la Sessualità, un
patrimonio somatico che non mi trasporta soltanto verso la
genialità ma è un condensato di desideri, di intuizioni, di selettività che creando situazioni impreviste valorizza anche gli
altri. Se gli infiniti segnali del corpo vengono decifrati nella
giusta luce ognuno di noi riesce a comporre i sensi, l’intelligenza e l’esperienza nella direzione amorosa, aprendo alla reciprocità che completa. La completezza sessuale si evidenzia
anche nel piacere di veder vivere gli altri.
La Sessualità è quindi una tensione complessa… la carica
che dilata in ogni atto e ci avvolge dando ritmo alle nostre
vite: è quel “contagio di potenza” ormonale che ci fa ideare
comportamenti e gesti personali. È l’Estetica del presente. Ho
sempre detto che i nostri sensi sono sei e non cinque, primi dei quali sono gli organi genitali, poi vengono vista udito
ecc.! Lì nascono quei sentimenti che rigenerano il nostro sistema limbico e dilatano nel tempo la curiosità che caratterizzava la nostra psiche infantile trascinandoci verso orizzonti
impensati.
È molto importante che la nostra attenzione si attesti sui
processi rimossi del corpo sottraendoli alla dimensione riduttiva che le hanno assegnato le religioni, la medicina e la cultura. Fino a questo momento quei dinamismi sono stati tenuti
in pugno da persone che per ascendere al Sacro negano la
propria dimensione sessuale, da loro definita “tentazione” che
squalificano come sollecitazione del demonio. Anche la teoria psicoanalitica è una lettura della “patologia dello sviluppo”
e non può proteggere la completezza sessuale dei corpi; il
metodo stesso è la proiezione accademica di deviazioni pre-
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testuose, la somma di pensieri originati da soggetti sordi alla
vastità dei sensi. La psicoanalisi sospende i discorsi individuali per sostituirli con degli arcani misteri cui ognuno di noi
dovrebbe riferirsi senza poter risalire sostanzialmente né a se
stesso né a chi ci vive accanto.
Ripetutamente, ogni anno, i Congressi internazionali di
Ginecologia ci segnalano che il 75-80 per cento delle donne “soffre di anorgasmia” mentre gli uomini sono “eiaculatori
precoci”. Fatto di gravità assoluta che fa passare per patologia
femminile un fatto che deriva da gesti inadeguati, frettolosi
di “maschi eiaculanti” che ignorano totalmente le qualità ed
i processi fisiologici del corpo delle donne, i nostri ritmi ma
anche i propri.A ciò assuefatti dalla pratica dello stupro nella
prostituzione. Sono sempre più stupita del fatto che nel parlare di sessualità si assumano atteggiamenti sfuggenti, ci si
esprima attraverso sottintesi o persino con assurdi sghignazzi. Si parla con dovizia di particolari del funzionamento del
cervello del fegato dello stomaco dell’intestino e quando ci
si deve riferire agli organi genitali ed alla sessualità si adotta
la volgarità, e si sorvola sul valore dell’orgasmo per la salute.
Eppure la risoluzione orgasmica è uno dei processi dinamici
equilibratori dei sistemi circolatorio e psichico.
Io ho vissuto la ricchezza dei sentimenti sessuali e dell’orgasmo; ho somatizzato quel rinforzo arginando sia i silenzi
che i divieti che frenano il mondo femminile. Così si è composta la solidità di quel timone psichico che mi ha guidato fuori
dai ruoli, definizione che nasconde tra le pieghe pregiudizi
menomazioni e sofferenze. Nel lungo termine mi ha protetta
al punto di farmi scoprire anzitempo le assurdità contenute
nei Progetti di Parità, indicati in questi giorni come fallimento
politico e finanziario delle donne assiepate nei Partiti.
La Parità è una versione ancor più ipocrita dell’antico
“mutismo femminile”, non fortifica le nostre tendenze ma le
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contrasta; propone di indossare attitudini maschili per transitare in maschera nelle professioni sociali. Ma la conquista
dell’autonomia economica non può passare attraverso l’assimilazione di tutti i traumi derivati dall’astinenza affettiva e dal
mancato sviluppo sessuale degli uomini che vivono in assenza di reciprocità con le donne. Quello è un grave di difetto di
conoscenza, è solo autismo.
La Parità è pertanto sovrapposizione sul mondo intero
delle sequenze di un modello alterante; serve solo a confondere le vicende sepolte nel mistero della storia spingendoci
tutti nelle nebbie delle nevrosi sociali. Omologandoci a se
stessi con l’offerta di “uguaglianza” gli uomini paralizzano le
nostre esigenze, ci deformano rendendoci anche corresponsabili di tutti i crimini della loro storia. Uguaglianza e fraternità sono il calco di contrattazioni svolte tra soli uomini che in
tal modo hanno sotterrato una enorme massa di vicende che
dovrebbero formare le popolazioni. L’isolamento tra uomini
è leggibile anche nel paradigma incoerente della Rivoluzione
francese ed assorbito pedestremente nella nostra Costituzione, tanto che attraverso la litania dei Diritti Umani si continua
ad equivocare la nostra vita reale.
I “desideri” sono invece la figura centrale di ogni esistenza
e sono inscritti soltanto nel corpo individuale, mentre le sensazioni servono a modulare il nostro equilibrio. Se le Storie
delle due parti dell’umanità femminile e maschile non verranno messe a confronto continueremo ad essere stretti nelle gabbie mentali che disordinano le funzioni comunicative
dei corpi. Vivremo in quella scomposizione del pensiero che
ancor oggi imprigiona milioni di “compagne” della Sinistra
mondiale.
L’ultimo pentagramma è infatti rappresentato dal teorema hegeliano-marxista che ha permesso agli uomini di impadronirsi del presente e del futuro. Per più di cento anni
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le potenzialità femminili sono state negate dando corpo a
quell’ottusità che cataloga come “problemi” tutti gli aspetti
della vita quotidiana, trasferiti però in una ipotetica “questione femminile” che trasforma le donne nel più grande irrisolvibile problema sociale; un freno che rende inerte l’umanità.1
Queste le ragioni per cui io ho proposto fin dalle origini
del Femminismo di forzare la porta centrale delle ideologie
facendo precipitare tutte quelle formule dell’assolutismo
maschile che disconosco proprio perché sono stata capace
di sperimentare la vitalità della reciprocità sessuale con gli
uomini. Quando nel 1967 ho fondato il gruppo di Rivolta
Femminile negli incontri con tante donne ho rilevato che se
non si vive la sessualità come percorso iniziatico della propria completezza si subisce un tendenziale abbassamento
dell’esperienza, si accumulano indebolimenti, passività e confusioni. Ci si sottopone cioè allo sfaldamento delle possibilità
espressive molto simile a quello subito nei millenni dagli stessi uomini. Lous Andreas Salome scrive che “gli uomini sono
stati i peggiori detrattori delle emozioni e della Sessualità perché hanno cancellato la singolarità umana”.
Se io non avessi vissuto secondo attitudini sessuali non
avrei potuto accumulare fin dall’infanzia quel lievito che mi
ha “ingigantito” e stimolato l’intento di coinvolgere tante donne intorno alla ideazione del Femminismo. Negli anni precedenti io avevo già affrontato da sola la rimozione della nostra
parola sui fatti dell’aborto della maternità e della sessualità.
1 Rivisitate i tormenti di Allesandra Kollontayn e Clara Zetkin, ma soprattutto
suggerisco di ripescare il libro intitolato Un quarto di donna di Giuliana Ferri, Membro del comitato Centrale Comunista italiano, Marsilio Editori, Venezia
1973. Un documento politico volutamente ignorato da tutti gli eredi del Partito
Comunista ma soprattutto dalle Compagne, che invece esaltano Nilde Iotti; una
donna uniformata che non ha mai parlato! Non confondete i discorsi imparati
a memoria con la parola personale.
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Fondando il movimento di Rivolta Femminile ho solo proseguito il mio percorso che era quello di restituire dignità alla
mia ed anche alla parola di tutte le donne che ho incitato a
formulare un pensiero sulla propria esistenza e sulle costrizioni sociali.
Ecco perché ricostruisco gli eventi che risalgono al 1967,
segnati appunto dalla mia capacità di sottrarmi all’influenza
della storia dogmatica del mondo per affidarmi alla intelligenza che mi ha permesso di far riemergere la filigrana sottesa alle categorie filosofiche ed alle metafore pericolose della
maschilità, diffuse acriticamente in scuole ed università. Argomentazioni che io percepivo come “scienze della sopraffazione”. Lì ha origine la mia abilità nello sfuggire alla “presa”
degli uomini in generale. So di aver lottato per evitare che
qualcuno occupasse abusivamente i miei spazi fisici e psichici e così facendo mi sono liberata anche dai conformismi e
dall’abbraccio mortale dei miti e delle favole, dissolvendo in
modo semplice le logiche del dominio. Giorno dopo giorno
ho rafforzato la tendenza ad affermare il mio sentire, i pensieri i dubbi, gli interrogativi che si concatenavano nella mia
psiche rendendomi una donna speciale.
Sono nata tra il 1932 ed il 1952 seconda dopo un fratello
con altre due sorelle e due fratelli. La terza era una sorella
silenziosa, ma aveva attitudini delicate e molto equilibrate,
preziose alla sua sopravvivenza che si svolgeva tra impercettibili ed evidenti conflitti tra me e mio fratello. Quello in
cui siamo cresciuti è un mondo ormai distante articolato sui
principi assoluti del virilismo. Crescevo schermata da una
madre intelligente, imperiosa, elegante e raffinata, ma notavo
che rafforzava la primogenitura di mio fratello assegnandogli una misteriosa prospettiva di privilegio (con il passare
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degli anni ho capito poi che il privilegio è un capestro che ti
spersonalizza perché sollecita visioni alterate dell’esistenza).
Quell’operazione deformante proseguiva attraverso insegnanti che, divulgando discipline scolastiche assurde, rinforzavano o forse paralizzavano in un modo o in un altro ragazze
e ragazzi.Alunne ed alunni venivano plagiate/i da narrazioni e
interpretazioni favolistiche su una presunta storia del mondo
classificata come “universale” ma popolata esclusivamente da
figure maschili: una forma di elefantiasi che è deformazione.
Farcivano le nostre menti con elementi provenienti da guerre
catastrofiche, da miti religiosi e laici inquadrati su fratelli assassini (Caino ed Abele, Romolo e Remo, Giulio Cesare ed il de
bello gallico, Edipo) le cui ragioni erano per me incomprensibili. Non vi sembra insultante per tutti lo stesso mito fondativo
della vita sulla terra attraverso la nascita di Eva dalla costola di
Adamo? Non è forse l’uomo a nascere dal corpo della donna?
Operazioni folli che “celebrano soltanto l’aberrazione” di
narrative e religioni che tentano di proiettare lungo i secoli
l’occultamento del Femminile. Si vuole farci scomparire dalla simbologia creando visioni stravolte, coscienze dissestate
che accelerano quegli squilibri oggi così evidenti nelle varie
forme di comportamento. Chiediamoci: come viene innestata
nella narrazione del mondo la Donna? Quelle nominate lo
sono in termini spregiativi, sono caratterizzate come figure
subdole e pericolose. Eva, causa dell’assurdo peccato originale che impregna un neonato di colpe dei padri; poi Circe
Agrippina (assassinata dal figlio) Cleopatra Poppea Medea Penelope e via dicendo. La più insultante resta la lupa capitolina
che nel mito sostituisce la donna con un matricidio simbolico che scompensa la psiche infantile: ancor oggi sollecitano
il nostro adattamento ad incamerare mostri…
Sarebbe quanto mai opportuno interrogare oggi bambine
e bambini sui loro processi di identificazione con le migliaia
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di figure retoricamente idealizzate nelle favole e nell’educazione scolastica. Perché mai le bambine devono essere sospinte verso il nulla e neutralizzate dall’assenza di riferimenti? Non comporta forse la rinuncia a qualsiasi senso? Confuse
in modo irreversibile le ragazze vengono private di prospettive proprie: così si conservano il doppio lavoro, l’alcoolismo,
la depressione, l’anorgasmia che deriva da un profondo spaesamento psichico e dall’estraneità al mondo. Possibile che
nessuno si interroghi sulle ripercussioni che lo stile familiare,
scolastico e sociale produce su bambine psicologicamente
disarmate? Quante anoressie e bulimie, dolori mestruali sono
causati da tali vessazioni?
Mia madre ad esempio mi inviava segnali intimidatori, voleva frenare ogni mio dissenso…non mi illuminava sulle trasformazioni del corpo tant’ è che ebbi il menarca senza sapere che cosa fosse proprio il giorno degli esami di terza media.
Benché fosse una donna autorevole, orgogliosa e selettiva, lei
non sostenne mai la mia ricerca di autonomia, al contrario,
mi teneva a bada mentre io mi candidavo come impermeabile alle regole fissate e volevo intervenire sui fatti con tutta
l’intensità possibile. Quindi, nessuno mi vedeva in modo originale. Ma io notavo che niente coincideva con la mia fisicità
esplosiva. La società era sovrastata da gigantografie maschili
inaccettabili mentre io mi concentravo su sensazioni, elaboravo rifiuti, e mi elettrizzavo per le trasformazioni del corpo
la cui potenza fisiologica rafforzava le mie intuizioni.
Se ripenso alla mia infanzia rilevo che avevo una mia psicologia segreta e mi sono battuta bizzarramente per non essere incanalata. Nessuno sospettava che avessi la capacità di
scoprire le maschere sociali, i sotterfugi, le attrazioni tra adulti,
i loro contrasti. Ricordo che all’età di due anni uscii dal cortile
della villa per raggiungere una signora vicina di casa, Sebené,
molto allegra che mi faceva cantare e ballare. E quando mi
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recuperarono e fui sculacciata da mia madre le dissi “tu non
sei mia mamma”! In quella dichiarazione sintetizzavo già una
grande intuizione: la mia alterità era già distinta.
Segretamente proteggevo le mie emozioni che si intrecciavano nei pensieri fornendomi energie indispensabili per
non essere neutralizzata tanto quanto lo erano le numerose
ragazze che ho conosciuto.Vivevo stimoli potenti che sviluppavano il fisico ma anche percezioni che non potevo rendere
esplicite: su quelle, intorno a me, c’era un silenzio di piombo.
Il mio era un presente sotterraneo ma vitale e pieno di attese,
rifiutavo i messaggi che sollecitavano la sottomissione, dinamiche che dovevano comprimere noi ragazze per far posto
ad un maschio malato e tirannico. Io volevo andare dal Corpo
alla Mente e non dalla mente al corpo!
Chiediamoci perché le donne vengono abituate a trasferire ad altro momento i propri significati. Non è forse per forzarci ad un continuo rinvio in una terra di nessuno dove mai
realizzeremo noi stesse? Una pressione pavloviana esercitata
oggi anche attraverso lo svilimento delle Femministe, le sole
donne che potranno ostacolare quell’osceno tentativo di sostituire la nostra lettura della realtà. Come mai non si irridono
e squalificano tutte quelle insensate scemenze dette, scritte
e compiute dagli uomini lungo i secoli? Come si plasma la
presunzione della parola universale? Con l’intontimento che
permea anno dopo anno dall’infanzia all’adolescenza l’uomo
schermandolo con un potente diaframma posto dalla mitologia contro il mondo femminile. Un allenamento che oggi
sterilizza tutti preparandoci all’indifferenza verso i significati
delle rispettive fisicità.
Crescendo, io intuivo anche che nella famiglia non ci si
vive interamente. Credo che ciò che si riceve dai genitori non
sia la situazione economica o l’educazione; la cosa principale
è il loro stato d’animo, la loro essenza, il loro eludere i nostri
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tentativi, il loro interrompere il cambiamento perché tutto
fili liscio; tanto che quando succede altro vengono colti di
sorpresa. Ed è proprio nell’adolescenza che mi sono convinta
che non si cresce nell’area di difesa del clan familiare ma sulla
dimensione degli stimoli individuali. Stimoli che vengono mal
orientati. Io captavo - nel confronto con la protezione spinta
attribuita a mio fratello - tutto quello che c’era nell’aria al di
là di ciò che gli adulti mi imponevano.
Con il passaggio al liceo percepii un’atmosfera ancor più
inaccettabile perché impediva a chiunque di porsi di fronte
alle situazioni con la propria sensibilità. Mi sentivo sovrastata con indicazioni estranee che non coincidevano mai con
le vicende che si diramavano intorno; capivo che cercavano
di appannare la fiducia in me stessa imponendomi l’accettazione supina di tradizioni confusamente ed arbitrariamente
strutturate nei secoli. Era un addestramento all’inganno ed
alla rinuncia, operazione che negava totalmente il vissuto individuale. Si diventava “fantasmi”.
Questa discriminante mi ha consentito di misurare di
persona che significa farsi sovrastare ed impregnare dalle
cosiddette discipline “umanistiche”: quelle categorie, quelle
metafore irrigidiscono tanto che non rimangono spazi psichici per aprirsi ad altri significati. Priva di quei paraventi mentali, io pensavo a parlare con le persone a capire quello che
mi succedeva…volevo confrontarmi con la vita. Ero piena di
attese di curiosità e di attrazioni; mettevo in primo piano le
emozioni ed i desideri, insomma volevo tirar fuori me, misurarmi. Quel filo ha srotolato il gomitolo allentarndo tutta
la matassa ed è venuto fuori tutto ciò che per me aveva un
senso, allargando ogni giorno di più la frattura con gli uomini,
se alla ricerca della felicità sovrapponi la conquista di primogeniture sociali ti perdi per strada.
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Così ho trovato tutto ciò che mi interessava andando
avanti a modo mio. Questa la mia evoluzione segreta che
aprì una serie di problemi tra me e gli uomini, soprattutto
con mio fratello che si ispirava alla cultura ed alla saggezza
ma era privo di risorse personali; era anaffettivo o lo era diventato a causa della sua sopraelevazione fantomatica. Certo
egli aveva l’illusione di contare più di me e precisava continuamente “noi uomini abbiamo avuto Michelangelo, Dante
Bach e voi donne chi avete?” E si infatuava della mitografia!
Naturalmente il progetto dei genitori prevedeva la laurea per
i maschi e diplomi per noi femmine, lezioni di piano e apprendimento della casalinghità e dell’artigianato.
La mia famiglia era numerosa ed io iniziai a lavorare a sedici anni. Nel 1959, a venti anni vinsi un concorso come segretaria dal Consolato Generale d’Italia in Asmara fornendo un
sostanzioso sostegno finanziario ai miei genitori. Lavorando
ho potuto tracciare anche il mio percorso sociale, studio e
lavoro che mi aprivano un osservatorio immenso. Mi iscrissi
alla Facoltà di giurisprudenza impadronendomi di fatto del
servizio legale del Consolato. Mentre mio fratello si laureava in Medicina e Chirurgia a Roma e subito dopo si trasferì
all’Università di Upsala per la specializzazione, sostenuto dal
mio stipendio metropolitano. Non mi ha mai gratificata per
la mia generosità!
Due percorsi che ci separarono ancor di più. Tanto più
che io non condividevo affatto quei princìpi discriminanti
sottesi alle teorie giuridiche ricche di continui richiami al
passato: ma il diritto privato e pubblico non hanno forse attinto linfa sulla crudeltà e dalla ginofobia del pater familias?
Perciò introdussi nel lavoro professionale alcune strategie
che mi permisero di modificarne i presupposti, trasformando
il servizio legale del Consolato Generale nel luogo principe
delle soluzioni per chi era insabbiato nei disagi dell’ultima
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