Le reti transeuropee quale strumento della coesione
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Le reti transeuropee quale strumento della coesione
Università degli Studi di Sassari Facoltà di Giurisprudenza Laurea Specialistica in Giurisprudenza LE RETI TRANSEUROPEE QUALE STRUMENTO DELLA COESIONE ECONOMICA E SOCIALE NELL’AMBITO DELLA POLITICA EUROMEDITERRANEA Relatore: Prof. ssa GABRIELLA FERRANTI Correlatore: Dott. GIUSEPPE ONORATO Tesi di laurea di: M. CRISTINA CARTA ANNO ACCADEMICO 2006/2007 CAPITOLO I Le reti transeuropee nel diritto comunitario 1. Origine ed evoluzione del concetto di reti transeuropee La sempre crescente unità tra i Paesi dell’Europa occidentale dopo la seconda guerra mondiale ha creato, in particolare nell’ultimo ventennio, la domanda di reti transeuropee efficienti al fine di rispondere ad effettive necessità economiche e sociali. Il concetto di reti europee o transeuropee è nato verso la fine degli Anni Settanta e volendo fornire una definizione introduttiva di reti transeuropee si può dire che esse consistono sostanzialmente in grandi progetti transfrontalieri nel settore dei trasporti, delle comunicazioni e delle forniture di energia1. Tali reti facilitano il corretto funzionamento del mercato unico consentendo alle persone, alle merci e ai servizi di circolare molto più liberamente nell’Unione. Come principale conseguenza pratica le TEN2 tendono a porre le aree periferiche della Comunità in contatto con le regioni centrali, facilitandone lo sviluppo economico e contribuiscono a rafforzare i legami tra la Comunità e i suoi vicini dell’Europa centrale e del Mediterraneo. Dopo il completamento del mercato unico (1° gennaio 1993), le frontiere tra gli Stati membri dell’Unione europea sono divenute completamente aperte e le persone, i beni, i servizi e i capitali possono liberamente circolare nel rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie. L’incremento degli scambi e degli spostamenti per motivi privati o professionali ha reso necessaria l’adozione di sistemi di trasporto efficienti e rispettosi dell’ambiente che consentano più agevoli collegamenti tra le regioni europee accrescendo nello stesso tempo le loro opportunità di sviluppo e d’integrazione. A questo proposito va comunque ricordato che spesso le reti nazionali, di trasporti, energia o telecomunicazioni, si sono sviluppate senza tenere conto della 1 Si possono paragonare le esigenze di funzionamento del mercato interno a quelle di un organismo che deve disporre di quattro componenti essenziali: una rete di circolazione sanguigna (le infrastrutture di trasporto), un sistema nervoso (le infrastrutture di telecomunicazione), un sistema muscolare (le infrastrutture energetiche) e un sistema celebrale (le infrastrutture di informazione), il cui insieme viene indicato come reti transeuropee. Partendo proprio da questa rappresentazione, il Libro Bianco sulla crescita, competitività ed occupazione, presentato nel dicembre del 1993 dall’allora Presidente della Commissione Europea Jaques Delors definisce, in un’unica frase, le reti transeuropee come “infrastrutture nuove e di migliore concezione, accessibili a tutti i cittadini”. Concezione migliore nel senso di diminuire il loro impatto negativo sull’ambiente ed anche nel senso di studiarne l’ottimizzazione in modo da utilizzare, per esempio, in ogni circostanza il mezzo di trasporto più facilmente integrabile nel sistema di comunicazione delle regioni interessate, in accordo con le caratteristiche fisiche ed economiche del territorio. In questo senso la realizzazione di reti transeuropee non è che una condizione necessaria per il reale compimento dell’Unione Europea. 2 Trans European Networks. dimensione comunitaria. È questo uno dei motivi principali per cui l’Unione europea coltiva l’ambizione di costruire delle “grandi reti” su scala dell’intero continente europeo, prefigurando in tal modo l’organizzazione politica di oggi e del domani. Uno dei primi documenti ufficiali in cui la Commissione europea stabilisce chiaramente come obiettivo primario la realizzazione del mercato unico è il Libro bianco della Commissione approvato dagli Stati membri nel Consiglio europeo di Milano del giugno 1985. Tale documento si prefiggeva come obiettivi imprescindibili l’eliminazione totale degli ostacoli alla circolazione dei beni, dei capitali, dei servizi e delle persone, nonché la realizzazione di una serie di misure di accompagnamento destinate a fornire a questo mercato capacità di ricerca e sviluppo tecnologico, a rafforzare la coesione economica e a conferirgli una dimensione sociale3. Siffatto documento prevedeva quasi trecento misure da adottare tra il 1985 e il 1992 per assicurare la realizzazione del mercato interno; ma né il Libro bianco né le misure da esso considerate concernevano specificamente la messa in opera delle grandi infrastrutture indispensabili per sostenere una circolazione sempre crescente di persone, di beni e di servizi, come poteva risultare dalla soppressione di frontiere fisiche, tecniche e fiscali. Il 1° luglio 1987 è entrato in vigore l’Atto unico europeo4 che, confermando l’obiettivo del Libro bianco del 19855, stabiliva che il mercato interno comporta “uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali” da realizzare entro la fine del 19926. L’Atto unico europeo associava la realizzazione del mercato interno alla coesione economica e sociale considerandoli obiettivi indipendenti. Tuttavia l’apertura delle frontiere per la libera circolazione dei beni e delle persone non ha avuto come conseguenza immediata quella di agevolare la comunicazione tra i Paesi. Numerosi ostacoli, infatti, si sono frapposti a questa libera circolazione ed hanno al pari limitato lo sviluppo delle regioni più periferiche. Proprio per queste ragioni, l’armonizzazione, il collegamento e lo sviluppo delle infrastrutture degli Stati membri sono risultati gli strumenti più idonei per 3 Detto documento, auspicato e sollecitato dai Capi di Stato e di governo che, riuniti nel Consiglio Europeo di Copenaghen del 1982, hanno stabilito essere di fondamentale importanza il completamento del mercato interno (impegno ribadito a Fontainebleau nel giugno 1984, a Dublino nel dicembre dello stesso anno, e a Bruxelles il 29 – 30 marzo 1985), è il risultato di un programma di lavoro svolto dalla Commissione nel 1985 nel quale sono stati analizzati tutti gli ostacoli (frontiere fisiche, tecniche e fiscali) che si opponevano ad una sua realizzazione e sono state avanzate una serie di proposte per superarli. Gli obiettivi del programma erano tre: integrare (gli allora) dodici mercati nazionali fondendoli in un unico grande mercato; rendere questo mercato un mercato in espansione, e quindi dinamico; assicurare una maggiore flessibilità allo scopo di canalizzare al meglio le risorse sia umane che materiali e finanziarie verso settori ottimali di utilizzazione. Per una trattazione dettagliata si veda: Libro Bianco della Commissione europea, 12 – 06 – 1985, COM(85)310/3 Bruxelles, 14 giugno 1985. 4 Atto unico europeo, firmato a Lussemburgo il 17 febbraio 1986 ed entrato in vigore il 1° luglio 1987. (L. 23-12-1986, n. 909 in G.U.C.E. del 29 dicembre 1986, n. 300 s. o.). 5 E’ possibile consultare il testo in www.europa.eu/documents/comm/white_it. 6 Articolo 8 A dell’Atto unico europeo. consentire la circolazione fisica delle merci e delle persone, nonché per rafforzare la coesione economica e sociale. La questione che ci si poneva era quella di sapere se effettivamente le reti di trasporto, energia e telecomunicazioni allora esistenti si sarebbero potute adattare ad una significativa intensificazione della mobilità delle persone e ad un notevole aumento degli scambi di beni e di servizi, senza creare delle disfunzioni maggiori nel mercato. La Comunità, nel porsi la questione, ha ritenuto tuttavia che la creazione ed il potenziamento delle infrastrutture nei settori considerati fosse necessaria e di importanza fondamentale per garantire lo sviluppo coerente dello spazio senza frontiere e che fosse quindi essenziale provvedere ad investimenti in materia. Ciò stava a significare, dunque, che delle infrastrutture adeguate erano assolutamente indispensabili sia per le reti dei trasporti, telecomunicazioni ed energia che per le reti di formazione7. Grazie all’art. 10 del Regolamento FESR8 del 1988 la Commissione europea ha potuto intraprendere l’elaborazione di uno schema prospettico sull’utilizzazione dello “spazio comunitario”9. 7 E' interessante notare che il concetto di reti di formazione, proposto dalla Commissione europea nella sua Comunicazione del 18 dicembre 1989 ''Verso reti transeuropee: obiettivi e applicazioni possibili (punto 2. 3. 5) non fu mantenuto nel Titolo XII TCE (oggi Titolo XV CE), non perché ritenuto di scarso valore, ma perché, già all’epoca della comunicazione del 1989 era stata realizzata tutta una serie di reti nel campo della formazione attraverso vari programmi di azione come COMET, EUROTECNET LINGUA, ERASMUS, PETRA. ecc, reti che comunque si dovevano consolidare, nella prospettiva dello sviluppo dell’azione comunitaria in quel campo (specie in quello della formazione permanente e a distanza), per un adeguato sfruttamento del mercato interno. ''L'importanza strategica dello sviluppo delle risorse umane per la Comunità ha evidenziato la dimensione prioritaria e l'esigenza di ridare valore alla formazione come fattore decisivo per la sua riuscita economica . Il miglioramento qualitativo della formazione è essenziale per assicurare concretamente la qualità del futuro capitale umano. Senza investimenti in una manodopera qualificata, attuale e futura, l' Europa rischia di indebolire la sua capacità di innovazione, la sua competitività e la sua facoltà di creare ricchezza e prosperità”. 8 Regolamento CEE n° 4254/88 del Consiglio del 19 dicembre 1988, JOCE n° L 374 del 31 dicembre 1988, p. 15. Il FESR é il Fondo europeo di sviluppo regionale istituito nel 1975; sua principale funzione è contribuire alla riduzione dei più gravi squilibri regionali con la sovvenzione di investimenti nelle aree svantaggiate, in cui la CE presta aiuti alle regioni. In particolar modo nei primi dodici anni il fondo ha versato oltre 12 miliardi di ECU in contributi per il miglioramento delle infrastrutture e creazione d’imprenditorialità nelle regioni in ritardo di sviluppo e per la riconversione delle regioni industriali in declino.(vedi anche Regolamento CEE n. 2052/88 del 24 giugno 1988 e art. 130 C del Trattato di Maastricht del 1992). 9 L’articolo 10 del regolamento FESR del dicembre 1988 stabilisce che, “conformemente all’ art. 3 paragrafo 1 ult. com. del Regolamento CEE n° 2052/88, il FESR può contribuire al finanziamento a livello comunitario favorendo l’iniziativa della Commissione che mira ad identificare: le conseguenze spaziali delle misure progettate dalle autorità nazionali, in particolare in materia di grandi infrastrutture, nel momento in cui queste superano coi loro effetti l’ambito nazionale; le misure che mirano a porre rimedio ai problemi specifici delle regioni di frontiera interne ed esterne alla Comunità; gli elementi necessari per l’individuazione di uno schema prospettico dell’utilizzazione dello spazio comunitario e di altre misure aventi di mira un interesse comunitario marcato, in particolare nelle regioni frontaliere interne ed esterne della Comunità, favorendo lo scambio d’esperienze e la cooperazione in materia di sviluppo tra le regioni della Comunità, anche di azioni innovatrici”. La Comunità europea è vista dunque in funzione prospettica, infatti bisogna considerare lo spazio comunitario in una visione sia di espansione della Comunità sia di aumento delle sue necessità a cui le infrastrutture devono far fronte. E’ evidente quindi l’opportunità di inquadrare il tema delle reti transeuropee in un’ottica di espansione territoriale e commerciale della CE. Si tratta del documento “Europa 2000”10 ed in particolare della sezione B Infrastrutture e coerenza spaziale, ove la Commissione indica che la realizzazione di un mercato senza frontiere, la crescita dell’economia dei servizi e lo sviluppo delle relazioni della Comunità con i Paesi dell’AELS e PECO11, producono un incremento della domanda di trasporti. I sistemi di trasporto, come quelli di telecomunicazione ed energia, nella Comunità hanno avuto grosse difficoltà a rispondere a questa domanda, soprattutto perché gli Stati membri hanno sempre programmato i loro investimenti in un’ottica puramente nazionale. Questa carenza di infrastrutture ha spinto la Commissione ad avviare un’attenta riflessione sul tema delle reti transeuropee che l’ha portata alla stesura di un documento di lavoro nell’ottobre del 198912 e all’emanazione di due importanti Comunicazioni: la prima presentata al Consiglio il 18 dicembre del 1989 intitolata Verso reti transeuropee: obiettivi e possibili applicazioni13 e la seconda del 23 gennaio 1991 intitolata Verso reti transeuropee: per un programma d’azione comunitario14. Da quanto scritto sinora emerge chiaramente come l’importanza delle infrastrutture per la promozione dell’integrazione e la stimolazione della crescita economica sia stata riconosciuta da tempo; infatti, già nel 1992 il Parlamento europeo aveva inserito per la prima volta il supporto finanziario per le infrastrutture di trasporto nel bilancio CE. Con il Trattato di Maastricht, istitutivo dell’Unione Europea, entrato in vigore nel novembre del 1993, le TEN sono ufficialmente divenute uno degli obiettivi prioritari della Comunità e ad esse è dedicato il Titolo XV CE (ex Titolo XII), aggiunto dal Trattato UE15. 10 Al riguardo si veda il documento della Commissione Europea, DG delle politiche regionali Europe 2000: outlook for the development of the Community’s territory, del novembre 1991, in www.europa .eu/environment/urban/report.it. 11 I paesi dell'AELS sono quelli che appartengono all'Associazione Europea del libero scambio, mentre i paesi del PECO sono quelli dell'Europa Centrale e Orientale. 12 Al riguardo si veda: Vers des reseaux transeuropéens, Document de travail des services de la Commission SEC(89) del 4 – 10 – 1989. Questo documento é servito da base ad una discussione del Consiglio sul Mercato interno del 10 ottobre 1989. In tale documento la Commissione compie una delle prime riflessioni sulle reti transeuropee cercando di precisare il ruolo e l’importanza che un loro integrato e coerente sviluppo può giocare nel completamento del mercato unico europeo e nel rafforzamento ella coesione economica e sociale. Il rapporto è articolato in quattro parti: nella prima la Commissione espone le ragioni per le quali è opportuna una riflessione approfondita sullo sviluppo di reti transeuropee di infrastrutture; nella seconda parte fa una constatazione della situazione attuale delle iniziative in corso; la terza parte illustra tre settori nei quali un approccio integrato allo sviluppo di reti transeuropee può essere di applicazione immediata e infine la quarta parte identifica le condizioni di un tale approccio e gli assi da privilegiare. 13 Comunicazione della Commissione europea Verso reti transeuropee: obiettivi e possibili applicazioni, Doc. Com.(89) 643 del 18 dicembre 1989. 14 Comunicazione della Commissione europea Verso reti transeuropee: per un programma d’azione comunitario, Doc. Com. (90) 585 Bruxelles, 23 gennaio 1991. 15 Tale numerazione è quella introdotta dal Trattato di Amsterdam, che è stato firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999. (L. 16 giugno 1998, n. 209 in G.U.C.E. n. 155). Al riguardo si veda: GOZI S., Prime riflessioni sul Trattato di Amsterdam: luci ed ombre sul futuro dell’Unione, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1997, n. 5, p. 917 – 945. Merita sottolineare come, a seguito della nuova numerazione degli articoli del Trattato sull’Unione Europea (TUE) e del Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE) ad opera del Trattato di Amsterdam, la Corte e il Tribunale hanno istituito dal 1° maggio 1999, un nuovo metodo di Volendo procedere ad un elencazione sintetica di quelle che sono state le tappe principali concernenti la materia delle reti transeuropee, appare opportuno ricordare come ancor prima di ricevere espresso riconoscimento all’interno del Trattato di Maastricht, nel dicembre del 1993 il Presidente della Commissione europea Jaques Delors presenta al Consiglio europeo di Bruxelles il Libro Bianco della Commissione europea “Crescita, competitività e occupazione”. Sempre nel 1993, il Consiglio europeo riunito a Bruxelles crea un gruppo speciale per assistere la Commissione nel definire i progetti da attuare, presieduto dal Vicepresidente Christofhersen, e costituito dai rappresentanti dei capi di Stato e di governo. Il 5 giugno del 1994 lo stesso Vicepresidente della Commissione europea Christophersen presenta una relazione interinale sulle reti al Consiglio europeo di Corfù. Nel settembre del 1994 la Commissione europea presenta Europa 2000+: cooperazione europea per lo sviluppo territoriale ad una riunione informale dei ministri tenutasi a Lipsia. Il 9 dicembre del 1994 il c.d. gruppo Christophersen termina i suoi lavori con la presentazione di una relazione conclusiva al Consiglio europeo di Essen16. Seguono le modifiche apportate dal Trattato di Amsterdam, entrato in vigore il primo maggio del 1999, il quale dedica alla materia in esame l’attuale Titolo XV del Trattato CE (artt. 154 – 156 CE) ed infine la disciplina delle reti transeuropee contenuta nel progetto di Costituzione europea. Appare evidente dall’insieme di questi documenti che gli aspetti cruciali per passare dalla dinamica del problema alla fase operativa risultano essere in particolare le modalità di finanziamento delle infrastrutture, la tutela ambientale, l’unificazione e la semplificazione normativa. Sono principalmente questi i punti ai quali si cercherà di dare particolare rilievo all’interno del presente lavoro. citazione degli articoli dei Trattati UE e CE. Tale nuovo metodo è stato concepito principalmente allo scopo di evitare ogni rischio di confusione tra la versione di un articolo anteriore al 1° maggio 1999 e quella successiva a tale data. Quando si fa riferimento ad un articolo di un Trattato come vigente dopo il 1999, secondo tali principi, il numero dell’articolo è seguito immediatamente da due lettere che indicano il Trattato de quo: UE per il Trattato sull’Unione Europea e CE per il Trattato CE. Per contro, quando si fa riferimento ad un articolo di un Trattato come vigente prima del 1° maggio 1999, il numero dell’articolo è seguito dall’indicazione “del Trattato sull’Unione Europea (TUE)” e “del Trattato CE (TCE o TCEE)” a seconda dei casi. Al riguardo si veda la Nota informativa sulla citazione degli articoli dei Trattati nei testi della Corte e del Tribunale, in www.curia.europa.eu. 16 Ciascuna delle seguenti fasi riceverà una specifica trattazione nei paragrafi seguenti del presente lavoro. 2. Le reti transeuropee nel Trattato di Roma Sono ormai trascorsi cinquant’anni dal 25 marzo 1957, data in cui a Roma venne firmato il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea17. Il processo d’integrazione europea, ideato fin dalle origini per più ambiziose finalità, si è tradotto inizialmente in una mera forma di cooperazione economica tra gli Stati membri: settoriale (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio e Comunità Europea dell’Energia nucleare) o generale (Comunità Economica Europea). Tuttavia la realizzazione del mercato comune non è avvenuta in modo immediato bensì tramite un sistema graduale che prevedeva un periodo transitorio, comprensivo di tre tappe, ciascuna della durata di quattro anni, nel corso delle quali l’integrazione economica si è svolta gradualmente, proprio al fine di consentire agli Stati membri una forma di adattamento graduale alle necessità comunitarie, senza gravi turbamenti e superando le inevitabili difficoltà connesse con la trasformazione dei regimi18. Il Trattato di Roma non conteneva, all’origine, un titolo specifico dedicato alle reti transeuropee, anche se già l’art. 3 TCEE e l’art. 74 TCEE19 facevano riferimento all’instaurazione di una politica comune nel settore dei trasporti. Infatti, l’esigenza di prendere in considerazione il settore delle reti transeuropee a livello comunitario si è fatta sentire man mano che l’obiettivo del mercato interno si concretizzava; l’abbattimento delle frontiere tra gli Stati e l’integrazione dei singoli mercati nazionali, il completamento del c.d. mercato interno, hanno dato impulso ad una crescente domanda di mobilità di merci e di 17 Per quanto concerne il Trattato CE appare opportuno sottolineare in primo luogo che l’obiettivo principale dello stesso è quello di realizzare un'integrazione progressiva degli Stati europei e istituire un mercato comune, fondato sulle quattro libertà di circolazione (dei beni, delle persone, dei capitali e dei servizi) e sul graduale ravvicinamento delle politiche economiche. Di conseguenza, gli Stati membri hanno rinunciato ad una parte della loro sovranità ed hanno dato alle istituzioni comunitarie il potere di adottare atti normativi che sono direttamente applicabili negli Stati membri (regolamento, direttiva, decisione) e che prevalgono sul diritto nazionale. L’attuale trattato CE risulta dalle modifiche apportate al trattato che istituisce la Comunità economica europea (trattato CEE), firmato a Roma nel 1957 e entrato in vigore il 1° gennaio 1958. Quest’ultimo è stato modificato più volte, in particolare dall’atto unico europeo entrato in vigore nel 1987, dal trattato di Maastricht (trattato sull’Unione europea) entrato in vigore nel 1993, dal trattato di Amsterdam entrato in vigore nel 1999 e dal trattato di Nizza entrato in vigore il 1° febbraio 2003. A seguito di queste modifiche, i settori che rientrano nel trattato CE si sono estesi fino a comprendere ormai quasi tutti gli aspetti economici e alcuni aspetti più propriamente politici, come il diritto d'asilo e l'immigrazione. A seguito dell’entrata in vigore del Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht ed entrato in vigore nel novembre 1993, l’espressione “Comunità Economica Europea” è sostituita dall’espressione “Comunità Europea” in tutto il testo del Trattato. 18 Al riguardo si veda: PENNACCHINI E., Il cammino della Comunità Europea, in Manuale di diritto comunitario a cura di PENNACCHINI E., MONACO R., FERRARI BRAVO L., coordinato da PUGLISI S., Torino, 1983, p. 21 ss. 19 Ai sensi dell’art. 3 TCEE: “ai fini enunciati nell’art. 2 TCEE, l’azione della Comunità comporta, alle condizioni e secondo il ritmo previsto dal presente Trattato: ...lett e) l’instaurazione di una politica comune nel settore dei trasporti”. Attualmente questa stessa formulazione è contenuta nella lett. f) del TCE così come modificato dal Trattato di Amsterdam del 1999. Ai sensi dell’allora art. 74, oggi art. 70 del Trattato CE, “gli Stati membri perseguono gli obiettivi del Trattato per quanto riguarda la materia disciplinata dal presente titolo, nel quadro di una politica comune dei trasporti”. persone in ambito comunitario, la quale, ferme restando le competenze degli Stati membri sia in fase progettuale che realizzativa delle varie iniziative in materia di trasporto, difficilmente poteva essere soddisfatta in modo equilibrato senza una visione “europea” del settore in esame20. In questo contesto, poi, l’approccio soprannazionale si imponeva anche come scelta obbligata a motivo della cresciuta “internalizzazione” delle comunicazioni e della conseguente impossibilità, per i singoli Stati, di operare al riguardo in modo autonomo ed indipendente dagli altri, e soprattutto da quelli con essi confinanti21. Tutti questi fattori hanno nella pratica dato il via ai dibattiti e alle riflessioni che hanno portato all’introduzione nel Trattato CE di un nuovo titolo (il Titolo XV CE), dedicato specificamente alle “Reti Transeuropee”. In tal modo, come già precedentemente sottolineato, le reti transeuropee sono ufficialmente divenute uno degli obiettivi prioritari della Comunità. 20 21 Al riguardo si veda: PENNACCHINI E., Il cammino della Comunità Europea, cit., p. 23 ss. Su questo punto si veda: MUNARI F., Il diritto comunitario dei trasporti, Milano, 1996, p. 2. 3. Il Titolo XII introdotto dal Trattato di Maastricht relativo alle Reti transeuropee Per molte ragioni, principalmente strategiche, le reti di trasporto, di telecomunicazione e di energia si sono sviluppate essenzialmente a livello nazionale, all’interno delle frontiere degli Stati e ciò ha determinato gravi carenze infrastrutturali. Le manifestazioni dello sviluppo nazionale delle reti sono numerose e contribuiscono a ciò che si è soliti definire “il costo della nonEuropa”. Nel settore dei trasporti, le insufficienze della infrastrutture sono divenute sempre più intollerabili con la creazione del mercato interno; esse prendono la forma di: - anelli mancanti e strozzature nei grandi corridoi europei di trasporto; - inesistenza o insufficienza di infrastrutture di base nei Paesi della periferia della Comunità; - incompatibilità di soluzioni tecniche utilizzate all’interno di uno stesso modo di trasporto (per esempio in relazione al controllo del traffico aereo). Nel settore dell’energia, la dimensione nazionale della programmazione degli investimenti non ha permesso di sfruttare i vantaggi della dimensione comunitaria, consistenti in una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti e in una maggiore diversificazione delle fonti di energia. Per le telecomunicazioni, la situazione è stata caratterizzata per molto tempo (la liberalizzazione è stata avviata nel 1987) dall’esistenza di monopoli nazionali che non avevano una particolare vocazione europea. Le carenze infrastrutturali sinora descritte hanno causato notevoli difficoltà di circolazione nella Comunità e la riduzione dei benefici attesi dal mercato unico. Questa situazione, in vista della realizzazione di uno spazio senza frontiere, non poteva che richiedere un’azione energica per porvi rimedio. Come già sottolineato all’interno del primo paragrafo del presente lavoro, nel dicembre del 1989, in risposta ad una Comunicazione della Commissione intitolata Verso le reti transeuropee: obiettivi e possibili applicazioni22, il Consiglio ha adottato una Risoluzione con cui ha incaricato la Commissione di “elaborare entro il 1990, un programma di lavoro e delle proposte circa le misure da adottare nei quattro settori dei trasporti, dell’energia, delle telecomunicazioni e della formazione”23. Dopo un anno di comunicazioni intense con gli Stati membri, il 10 dicembre 1990, la Commissione ha sottoposto al Consiglio una Comunicazione intitolata Verso le reti transeuropee: per un programma d’azione comunitario24. Nello stesso tempo la Commissione aveva proposto al Consiglio di adottare una risoluzione che permettesse la realizzazione di questo programma d’azione. 22 Comunicazione della Commissione europea Verso reti transeuropee: obiettivi e possibili applicazioni, Doc. Com.(89) 643 del 18 dicembre 1989. 23 Al riguardo è possibile consultare il sito www.europarl.europa.eu/summits.it. 24 Comunicazione della Commissione europea Verso reti transeuropee: per un programma d’azione comunitario, Doc. Com. (90)585 Bruxelles, 23 gennaio 1991. Malgrado i numerosi sforzi nessuna risoluzione aveva potuto essere adottata dal Consiglio nel 1991. Tuttavia, il concetto di reti transeuropee era stato poi ripreso dal gruppo incaricato di elaborare il Trattato di Maastricht25. Le principali idee avanzate dalla Commissione nella Comunicazione del 1990 sono state così tradotte in articoli del Trattato, più precisamente gli articoli 129 B, 129 C e 129 D TCE (oggi artt. 154, 155, 156 CE a seguito della nuova numerazione introdotta dal Trattato di Amsterdam), che vanno a costituire un titolo particolare ed omogeneo: il Titolo XII26 TCE sulle Reti Transeuropee. Il legame delle reti transeuropee con il mercato unico è evidente, infatti, esse hanno vocazione a coprire tutto il territorio comunitario, facendo partecipare al mercato unico tutte le regioni che lo compongono. Di conseguenza, esse costituiscono un fattore di coesione economica e sociale di primaria importanza. Collegare il centro alla periferia, il mondo rurale al mondo urbano, dare alle imprese l’accesso ai servizi di trasporto, di telecomunicazione e di energia nel modo più competitivo possibile, sono delle necessità evidenti nell’economia di oggi. Infine, poiché determinano la mobilità di persone e di beni, le reti giocano un ruolo essenziale nel ravvicinare i popoli dell’Europa e nel favorire la cooperazione tra le imprese al di là delle barriere nazionali. È in questo contesto che il Trattato di Maastricht27, firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993, ha inserito un titolo specifico dedicato allo sviluppo delle reti transeuropee nel Trattato che istituisce la 25 La realizzazione di uno spazio senza frontiere interne non può certo essere assicurato unicamente da regole giuridiche. Per garantire la libera circolazione dei fattori produttivi, infatti, è indispensabile dotarsi di infrastrutture idonee in grado di facilitare le comunicazioni. Occorre garantire altresì il rafforzamento della coesione economica e sociale, avendo riguardo al divario tra i livelli di sviluppo delle regioni meno favorite. In questo senso si vedano gli artt. 7 A e 130 A del TCE, attualmente artt. 14 e 158 CE, sostituiti dal Trattato sull’Unione Europea. È proprio partendo da tali premesse che la lett. o) dell’art. 3 del testo consolidato dopo il Trattato di Amsterdam prevede che l’azione della Comunità comporti “l’incentivazione della creazione e dello sviluppo di reti transeuropee”. 26 Si tratta dell’attuale Titolo XV CE, a seguito delle modificazioni e della nuova numerazione introdotta dal Trattato di Amsterdam del 1999 e rispettivamente degli artt. 154, 155 e 156 CE (già artt. 129 B, 129 C e 129 D TCE) aggiunti dal Trattato sull’Unione Europea. 27 Il Trattato sull'Unione europea (Trattato UE) persegue due obiettivi principali: la realizzazione di un'unione monetaria attraverso la fissazione dei principi e delle disposizioni per l’introduzione dell'euro e la creazione di un'unione economica e politica. È a partire da questo trattato che si parla di una costruzione fondata su tre pilastri, di cui il primo è costituito dalla Comunità europea e gli altri due dalla politica estera e di sicurezza comune e dalla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. Tuttavia, esiste una grande differenza tra il primo pilastro e gli altri due: questi ultimi non hanno dato luogo a trasferimenti di sovranità a profitto delle istituzioni comuni come quelli previsti dal trattato che istituisce la Comunità europea. Gli Stati membri hanno voluto conservare in queste materie un potere autonomo di decisione e limitarsi ad una collaborazione di tipo intergovernativo. Gli strumenti giuridici più importanti in questi settori sono l’azione comune, la posizione comune e la decisione quadro, che sono quasi sempre adottate all'unanimità e hanno una forza vincolante limitata. Il Trattato UE originario (Trattato di Maastricht) è entrato in vigore il 1° novembre 1993 ed è stato successivamente modificato dal trattato di Amsterdam, entrato in vigore nel 1999, e dal trattato di Nizza, entrato in vigore il 1° febbraio 2003. Occorre inoltre sottolineare che il trattato UE cambia la denominazione della Comunità economica europea (CEE) in Comunità europea (CE); le altre due Comunità, la CECA e l’Euratom trovano il loro fondamento nella prima. Comunità Europea; in tal modo, il Trattato di Maastricht ha riconosciuto formalmente la loro importanza e ha fatto della realizzazione delle reti transeuropee nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni un obiettivo di interesse comune europeo. Il Titolo XII TCE (oggi Titolo XV) del Trattato, è inserito, in modo assolutamente logico, tra il Titolo XI TCE, (oggi XIV) relativo alla protezione dei consumatori e il Titolo XIII TCE (oggi XVI) sull’industria, proprio poiché si tratta di fornire agli utenti professionali e ai consumatori individuali dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni, una rete adeguata, nonché di dare all’industria dei settori in questione le opportunità offerte da un mercato di dimensione continentale. Il Titolo XII TCE comprende tre articoli che trattano rispettivamente degli obiettivi (art. 129 B TCE, attualmente art. 154 CE a seguito del Trattato di Amsterdam), dei mezzi per la loro realizzazione (art. 129 C TCE, attualmente art. 155 CE) e delle procedure di decisione (art. 129 D TCE, attualmente art. 156 CE). L’art. 129 B TCE28 attribuisce alla Comunità la materia delle reti transeuropee e stabilisce che è compito della Comunità concorrere alla costituzione e allo sviluppo di reti transeuropee nei settori delle infrastrutture dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia, al fine di contribuire alla coesione economica e sociale29 (art. 158 CE, ex art. 130 A TCE) e alla creazione del mercato interno (art. 14 CE, ex art. 7 A TCE). Inoltre, nel secondo paragrafo dello stesso articolo è precisato che “l’azione della Comunità mira a favorire l’interconnessione e l’interoperabilità delle reti nazionali nonché l’accesso a tali reti30”. Il raggiungimento di questi tre obiettivi costituisce incontestabilmente la ragione d’essere dell’intervento comunitario. Infatti, in questi termini la Comunità riesce a giustificare il suo intervento, ai sensi dell’art. 5 CE (ex art. 3 B TCE, aggiunto dal TUE, relativo al principio di sussidiarietà) che stabilisce il principio di sussidiarietà in base al quale la Comunità interviene “se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione considerata non possono essere realizzati in maniera sufficiente dagli Stati membri e possono 28 Ai sensi dell’art. 154 CE (ex. 129 B TCE): “Per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di cui agli articoli 14 CE (ex art. 7 A TCE) e 158 CE (ex 130 A TCE) e per consentire ai cittadini dell'Unione, agli operatori economici e alle collettività regionali e locali di beneficiare pienamente dei vantaggi derivanti dall'instaurazione di uno spazio senza frontiere interne, la Comunità concorre alla costituzione e allo sviluppo di reti transeuropee nei settori delle infrastrutture dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell'energia. Nel quadro di un sistema di mercati aperti e concorrenziali, l’azione della Comunità mira a favorire l’interconnessione e l’interoperabilità delle reti nazionali, nonché l’accesso a tali reti. Essa tiene conto in particolare della necessità di collegare alle regioni centrali della Comunità le regioni insulari, prive di sbocchi al mare e periferiche”. 29 Ai sensi dell’art. 158 CE (ex. art. 130 A TCE): “Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale. In particolare la Comunità mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, comprese le zone rurali”. 30 L’economia di un sistema di mercati aperti e concorrenziali è riaffermata dunque nel secondo comma dell’art. 129 B TCE come quadro fondamentale entro cui le azioni, che devono essere assunte, vanno collocate in un equilibrio che di volta in volta deve essere ricercato e trovato. dunque, in ragione degli effetti o dell’azione considerata, essere meglio realizzati a livello comunitario”. La Comunità deve inoltre tenere conto “della necessità di collegare le regioni insulari, prive di sbocchi al mare e periferiche alle regioni centrali della Comunità”. La necessità di collegare la periferia al centro appartiene, tuttavia, ad un’altra logica d’intervento comunitario che bisogna ricercare nell’obiettivo di coesione economica e sociale31, di cui si occupa prevalentemente l’attuale Titolo XIV del Trattato CE, il quale si riferisce alle reti transeuropee in materia di infrastrutture dei trasporti a proposito della creazione di un Fondo di coesione, previsto dall’art. 130 D TCE (oggi art. 161 CE) che sarà successivamente oggetto di apposita trattazione. Merita sottolineare come l’art. 129 B TCE in realtà non dia una definizione di “infrastrutture” limitandosi piuttosto a fornire una nozione operativa connettendola alle reti e all’individuazione dei settori. Il termine infrastrutture è utilizzato nel linguaggio economico per designare quel complesso di beni capitali che, pur non utilizzati direttamente nel processo produttivo, forniscono una serie di servizi che sono ritenuti indispensabili per il funzionamento del sistema socioeconomico (strade, linee ferroviarie, porti, scuole, ospedali ecc.). Come le infrastrutture hanno storicamente portato all’allargamento dei mercati facendoli diventare nazionali, oggi le infrastrutture europee irrobustiscono la formazione del mercato europeo e dell’identità europea. È necessario evitare una liberalizzazione selvaggia che prevederebbe solo gli assi nazionali (come Parigi – Lione) o internazionali (Torino – Lione), che producono redditi sicuri32. Ad evitare questa liberalizzazione sono posti gli artt. 129 C33 e 129 D34 TCE, 31 Al riguardo si veda: PREDIERI A., Le reti transeuropee nei Trattati di Maastricht e di Amsterdam, in Riv. Diritto dell’Unione Europea, 1997, n. 3, p. 287 ss. 32 “Se le cose venissero lasciate alle forze del mercato senza alcuna interferenza politica, la produzione industriale, il commercio, la finanza, le assicurazioni, i trasporti internazionali, e, in effetti, quasi tutte le attività economiche che in un’economia in sviluppo tendono a dare profitti superiori alla media, e inoltre la scienza, l’arte, la letteratura, l’istruzione, e in generale tutta l’alta cultura si concentrerebbe in alcune città o regioni, lasciando il resto del paese in una specie di grande palude”. La presente citazione è tratta da: da MYDRAL G., Development and under development. A note on the mechanism of national and internazional economic inequality, The Caire, National Bank of Egypt, 1956. 33 Ai sensi dell’art. 129 C TCE: “1. Per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 129 B TCE, la Comunità: - stabilisce un insieme di orientamenti che contemplino gli obiettivi, le priorità e le linee principali delle azioni previste nel settore delle reti transeuropee; in detti orientamenti sono individuati progetti di interesse comune; - intraprende ogni azione che si riveli necessaria per garantire l'interoperabilità delle reti, in particolare nel campo dell'armonizzazione delle norme tecniche; - può appoggiare gli sforzi finanziari degli Stati membri per progetti d’interesse comune finanziati dagli Stati membri e individuati nell'ambito degli orientamenti di cui al primo trattino, in particolare mediante studi di fattibilità, garanzie di prestito o abbuoni d'interesse; la Comunità può altresì contribuire al finanziamento negli Stati membri, mediante il Fondo di coesione da istituire entro e non oltre il 31 dicembre 1993 conformemente all'articolo 130 D TCE, di progetti specifici nel settore delle infrastrutture dei trasporti. L'azione della Comunità tiene conto della potenziale validità economica dei progetti. 2. Gli Stati membri coordinano tra loro, in collegamento con la Commissione, le politiche svolte a livello nazionale che possono avere un impatto rilevante sulla realizzazione degli obiettivi di cui all'art. 129 B TCE. La Commissione può prendere, in stretta collaborazione con gli Stati membri qualsiasi iniziativa utile per favorire detto coordinamento. La Comunità può decidere di cooperare con i paesi terzi per promuovere progetti di interesse comune e garantire l’interoperabilità delle reti”. Per quanto riguarda gli orientamenti appare opportuno fare un’ulteriore precisazione sottolineando come questi includano quattro elementi fondamentali: - gli obiettivi, che devono comprendere la definizione delle reti transeuropee da realizzare e una descrizione dei problemi che impediscono tale realizzazione; - le priorità che devono essere fissate dalla Comunità, a partire dalla constatazione dei principali problemi fino ai rimedi da apportare; - le grandi linee delle azioni considerate dalla Comunità, che possono comprendere azioni regolamentari e amministrative, azioni di ricerca e sviluppo, azioni di normalizzazione ecc.; - l’identificazione di progetti di interesse comune, la cui importanza risulta soprattutto dall’intervento finanziario che la Comunità può apportare a tali progetti, attraverso i vari strumenti finanziari di cui essa dispone. 34 Ai sensi dell’art. 129 D TCE “gli orientamenti di cui all’art. 129 C TCE, sono adottati dal Consiglio, che delibera in conformità della procedura di cui all’art. 189 B (oggi 251 sostituito dal Trattato di Amsterdam) e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle Regioni. Gli orientamenti ed i progetti di interesse comune che riguardano il territorio di uno Stato membro esigano l’approvazione dello Stato membro interessato. In particolare l’art. 251 CE disciplina la c.d. procedura di codecisione e prevede che: “la Commissione presenta una proposta al Parlamento europeo e al Consiglio. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata e previo parere del Parlamento europeo, può: - se approva tutti gli emendamenti contenuti nel parere del Parlamento europeo, può adottare l’atto proposto così emendato; - se il Parlamento europeo non propone emendamenti, può adottare l’atto proposto; - adotta altrimenti una posizione comune e la comunica al Parlamento europeo. Il Consiglio informa esaurientemente il Parlamento europeo dei motivi che l'hanno indotto ad adottare la posizione comune. La Commissione informa esaurientemente il Parlamento europeo della sua posizione. Se, entro un termine di tre mesi da tale comunicazione, il Parlamento europeo: a) approva la posizione comune o non si è pronunciato, l'atto in questione si considera adottato in conformità con la posizione comune, b) respinge la posizione comune, a maggioranza assoluta dei membri che lo compongono,l'atto proposto si considera non adottato, c) propone emendamenti alla posizione comune, a maggioranza assoluta dei membri che lo compongono, il testo così emendato viene comunicato al Consiglio e alla Commissione che formula un parere su tali emendamenti. Se, entro un termine di tre mesi dal ricevimento degli emendamenti del Parlamento europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, approva tutti gli emendamenti, l'atto in questione si considera adottato nella forma della posizione comune così emendata; tuttavia il Consiglio deve deliberare all'unanimità sugli emendamenti su cui la Commissione ha dato parere negativo. Se il Consiglio non approva tutti gli emendamenti, il presidente del Consiglio, d'intesa con il presidente del Parlamento europeo, convoca entro sei settimane il comitato di conciliazione. Il comitato di conciliazione, che riunisce i membri del Consiglio o i loro rappresentanti ed altrettanti rappresentanti del Parlamento europeo, ha il compito di giungere ad un accordo su un progetto comune a maggioranza qualificata dei membri del Consiglio o dei loro rappresentanti e a maggioranza dei rappresentanti del Parlamento europeo. La Commissione partecipa ai lavori del comitato di conciliazione e prende tutte le iniziative necessarie per favorire un ravvicinamento fra le posizioni del Parlamento europeo e del Consiglio. Nell'adempiere tale compito il comitato di conciliazione si richiama alla posizione comune in base agli emendamenti proposti dal Parlamento europeo. Se, entro un termine di sei settimane dopo la sua convocazione, il comitato di conciliazione approva un progetto comune, il Parlamento europeo e il Consiglio dispongono di un termine di sei settimane a decorrere dall'approvazione per adottare l'atto in questione in base al progetto comune, a maggioranza assoluta dei voti espressi per quanto concerne il Parlamento europeo e a maggioranza qualificata per quanto concerne il Consiglio. In mancanza di approvazione da parte di una delle due istituzioni entro tale termine, l'atto in questione si considera non adottato. Se il comitato di conciliazione non approva un progetto comune, l'atto proposto si considera non adottato. particolarmente primo comma ultimo periodo, secondo cui l’azione della Comunità tiene conto della potenziale validità economica dei progetti, statuendo che si debba tenere conto, quindi confrontare, bilanciare, ponderare, la validità economica che non va vista in termini di redditività finanziaria, perché la formula ricordata deve essere letta “tenuto conto dei fattori economici, sociali e tecnici; che in tale contesto, il concetto di validità implica, al di là della redditività finanziaria dei progetti, anche altri elementi come l’affidabilità e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, il rafforzamento della coesione economica e sociale e la protezione dell’ambiente nella Comunità35” In questo quadro si può affermare che l’art. 129 B TCE si pone come completamento del sistema degli artt. 2 e 37 TCE e degli artt. 85 e 86 TCE, nel senso che se questi ultimi sono strettamente basilari all’integrazione europea, attraverso l’instaurazione di un mercato interno aperto che deve essere corretto con i procedimenti previsti a tutela della concorrenza, il primo è non meno connesso alla coesione europea36. In questo stesso quadro, l’Unione è anche produzione di esternalità37 positive, oltre che di correzione di esternalità negative e di disuguaglianze. 35 Così il decimo considerando della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 1996, n. 1254/96/CE, che stabilisce un insieme di orientamenti relativi alle RTE nel settore dell’energia, in G.U.C.E. L. 161, 29 giugno 1996. L’art. 6, ottavo comma della decisione predetta dice che “la valutazione della validità economica di cui al paragrafo 1 terzo trattino, si fonda su un’analisi costi/benefici, che tiene conto di tutti i costi e benefici, compresi quelli a medio e/o a lungo termine, inerenti agli aspetti ambientali, alla sicurezza d’approvvigionamento ed al contributo alla coesione economica e sociale”. 36 Al riguardo si veda: ZAMPANO G., La nuova politica dei trasporti punta su intermodalità e privati, in Il Sole 24 ore del 15 novembre 1999, p. 16. 37 Si può definire esternalità un tipo particolare di interdipendenza, e cioè quando nella funzione di utilità di un soggetto economico compaiono variabili reali determinate da scelte effettuate non dal soggetto stesso, ma da altri soggetti, i quali, nell’effettuare tali scelte, non tengono conto delle ripercussioni sui soggetti considerati. Al riguardo si veda: FOSSATI A., Economia pubblica. Elementi per un’analisi economica dell’intervento pubblico, Milano, 1994. Le norme del Trattato di Maastricht sulle reti transeuropee investono i poteri, gli obiettivi della Comunità europea, i mezzi per raggiungerli e i procedimenti per la loro specificazione. L’art. 129 B TCE attribuisce dunque alla Comunità la materia delle RTE, in particolare il primo comma attribuisce il potere di concorrere alla costituzione e allo sviluppo delle reti stesse. Ciò comporta il potere di dettare norme (anche tecniche specifiche, secondo il primo comma secondo trattino, dell’art. 129 C TCE), di assumere provvedimenti e decisioni per azioni comunitarie, di provvedere a proprie allocazioni (art. 129 C TCE, primo comma, terzo trattino) mediante il Fondo di coesione38, previsto dall’art. 130 D TCE per l’erogazione di contributi finanziari e progetti in materia di ambiente e di reti transeuropee nel settore delle infrastrutture dei trasporti, e di provvedere a concorsi finanziari a favore degli Stati membri per progettazioni. La norma parla di concorso della Comunità. A questo punto appare opportuno chiedersi se la formula debba essere interpretata nel senso che la materia o il settore non sia riservato alla competenza esclusiva della Comunità e, quindi, che alle attività comunitarie possa applicarsi il principio di sussidiarietà39 (art. 3 B TCE, oggi art. 5 CE), 38 Il Fondo di coesione verrà trattato in un successivo capitolo del presente lavoro appositamente dedicato al finanziamento delle RTE. 39 Il principio di sussidiarietà consta di due capisaldi fondamentali: da un lato, prevede un’espressa riserva di legge per la capacità di agire della Comunità, la quale si attiva nei limiti delle se ed in quanto gli obiettivi possano essere realizzati dagli Stati membri e se e in quanto non vi sia una competenza esclusiva comunitaria. Non v’è dubbio che una RTE non possa essere realizzata da un solo stato. Si può pensare però a reti che colleghino più stati; in tal caso, la competenza apparterrebbe agli stati e la Comunità agirebbe solo nel rispetto dell’art. 3 B TCE. L’enunciato dell’art. 129 B TCE, parlando di Comunità che “concorre”, intende sostanzialmente dire che il concorso è necessario, che non possono darsi concettualmente RTE senza che vi sia il concorso della Comunità, quanto meno nel senso che si ha in una materia riservata alla competenza comunitaria, e cioè si abbia il concorso necessario per cui essa può intervenire quando lo ritiene opportuno, escludendo con questo suo intervento le competenze degli stati. La decisione40 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 1996, n. 1254/96/CE, nel suo ottavo considerando afferma che “un’azione comunitaria di orientamento in materia di RTE dell’energia è necessaria, nel rispetto del principio di sussidiarietà”; competenze che le sono conferite dal Trattato stesso; dall’altro rileva che “nei settori che non sono di esclusiva competenza, la Comunità interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti...essere realizzati meglio a livello comunitario”. Sull’argomento si veda nello specifico: TIZZANO A., Le competenze dell’Unione europea e il principio di sussidiarietà, in Il diritto dell’Unione europea, 1997, p. 33 ss. 40 Su questo punto si veda anche la decisione n. 1692/96/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 luglio 1996, nel suo sesto considerando. sembrerebbe che con questo non venga seguita l’interpretazione in precedenza fornita. Sulla base di ciò, dunque, emerge che la competenza in tema di RTE non può considerarsi esclusiva per quanto riguarda la costruzione e lo sviluppo delle reti, dal momento che il testo dell’art. 129 B TCE fa un esplicito riferimento all’attività di concorso della Comunità nell’istituzione di reti. Ci si potrebbe chiedere allora se la competenza sia esclusiva per quanto riguarda il coordinamento. Le reti transeuropee di per sé superano le dimensioni e i confini statali e, dal momento che il Trattato istituisce una competenza di coordinamento per l’Unione europea, questa dovrebbe essere esclusiva. La statuizione dell’art. 129 C TCE, secondo comma, potrebbe sembrare escluderlo dal momento che viene previsto che “gli Stati membri coordinano tra loro, in collegamento con la Commissione, le politiche svolte a livello nazionale che possono avere un impatto rilevante sulla realizzazione degli obiettivi di cui all’art. 129 B TCE”; il che impone intese e ricerche di intese ma non attribuisce poteri vincolanti alla Commissione e non le da una funzione di coordinamento secondo un modello di sovraordinazione, ma solo di equiordinazione, con pieno rispetto del principio di sussidiarietà. Le considerazioni finora svolte portano a condividere l’interpretazione data dalla Commissione che ha fatto riferimento all’osservanza del suddetto principio nell’azione della Comunità. Affinché essa possa agire devono ricorrere tre condizioni: una dimensione europea o transeuropea, maggior efficacia dell’azione comunitaria rispetto a quella di uno stato o di un gruppo di stati, necessarietà comprovata da indicatori qualitativi e, se possibile, quantitativi41. 41 Consiglio europeo di Edimburgo, 11 – 12 dicembre 1992. Al riguardo si possono consultare i siti: www.europa.eu/abc/treaties e www.europa.eu.int/eur-lex/LexUriServ. 4. Il Libro Bianco della Commissione “Crescita, competitività e occupazione” L’importanza delle infrastrutture di trasporto e di comunicazione per la promozione dell’integrazione e la stimolazione della crescita economica è stata, come sottolineato in precedenza, riconosciuta già dal 1992 all’interno del Trattato di Maastricht. La rapida introduzione delle reti transeuropee e la rivoluzione delle comunicazioni, che sta creando una società d’informazione, sono i fattori decisivi della strategia per la crescita, la competitività e l’occupazione delineata nel Libro Bianco della Commissione europea, intitolato appunto Crescita, competitività, occupazione. Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo; è il c.d. Libro Bianco Delors42, dal nome dell’allora Presidente della Commissione, approvato dai Capi di Stato e di Governo nel dicembre del 1993, che definisce un programma completo per la realizzazione delle reti transeuropee. Il Libro Bianco di Jaques Delors ha come argomento principale il problema della disoccupazione nei Paesi membri della Comunità Europea e rappresenta il contributo più autorevole proposto dalle istituzioni comunitarie per affrontare la più grave emergenza economica che i singoli Stati membri e la Comunità nel suo complesso dovrebbero seguire per combattere un fenomeno che negli ultimi anni ha afflitto l’Europa: la disoccupazione43. Per quel che concerne il tema oggetto del presente lavoro va subito evidenziato che il c.d. Piano Delors non si discosta dall’approccio del Titolo XII del TCE, il quale prevede una politica progressiva fondata innanzitutto su quello che già esiste, quindi su interoperabilità e interconnessioni delle reti esistenti. Esso non apporta alcun progresso concettuale alla nozione di grandi reti transeuropee, tranne che per le giustificazioni d’efficacia tanto per il mercato unico che per le politiche comuni e l’aggiunta di una dimensione congiunturale collegata alla creazione potenziale di nuovi posti di lavoro. Delors si limita a proporre un metodo basato su due punti di forza: identificazione dei progetti prioritari e definizione dei mezzi di finanziamento. Dal punto di vista del contenuto, pur sviluppando un’analisi di ampia portata, si esprime non tanto su specifiche iniziative normative, quanto su specifiche opere strutturali indicandone i relativi costi. Questa precisione ne ha agevolato l’immediata messa in opera, subito intrapresa nell’ambito di due gruppi di lavoro istituiti ad hoc44 che avevano predisposto per il Consiglio Europeo di Corfù (24 – 25 giugno 1994) dei rapporti, frutto di una collaborazione fra Commissione e Stati membri sulle ulteriori azioni da porre in essere. 42 Al riguardo è possibile consultare il sito www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Europea. Al riguardo si veda: Il Libro Bianco “Crescita, competitività, occupazione”, di J. DELORS, Sintesi, in www.storiairreer.it/Materiali/Delors_1993.htm. Nel suo complesso il Libro Bianco echeggia indubbiamente la filosofia e le tesi di altri precedenti testi comunitari, ma se ne distingue per le priorità individuate e per la concatenata articolazione data loro. 44 Si tratta del c.d. Gruppo Christofhersen, composto dai rappresentanti personali dei Capi di Stato e di Governo, il quale ha assistito la Commissione riguardo alle reti di trasporto e di energia; e del c.d. Gruppo Bangemann, composto da personalità del settore delle telecomunicazione, che ha esaminato le misure specifiche da prendere in considerazione, sul piano nazionale e comunitario, per quanto riguarda le infrastrutture nel settore dell’informazione e, più in generale, la società dell’informazione. 43 Sulla base di un’attenta lettura del Piano Delors si può dire che l’Unione avrebbe dovuto sostanzialmente operare su diversi livelli, vale a dire: - coordinando il lavoro degli Stati membri attraverso l’adozione di piani direttivi europei in settori chiave, aventi la finalità di aiutare i governi ad individuare ed attuare progetti a dimensione sia europea che nazionale; - agevolando i contatti operativi tra promotori, utenti, industria e organismi di ricerca; - creando standard comuni per assicurare la compatibilità tra i vari tratti delle reti transeuropee e la loro immediata interconnessione; - lanciando iniziative politiche volte a migliorare il mercato interno, soprattutto in settori come quello delle telecomunicazioni, quello della distribuzione energetica e quello dei trasporti; - incoraggiando gli investitori privati (mediante studi di fattibilità, progetti pilota, garanzie sui prestiti, ecc.). In particolare, volendo riassumere gli obiettivi che ci si prefigge con la realizzazione delle reti transeuropee, Delors si sofferma su tre benefici conseguibili per i cittadini dell’Unione: 1) una circolazione più veloce, sicura ed economica, tale cioè da permettere di aumentare i profitti delle attività produttive e da sviluppare di conseguenza una migliore competitività dell’azienda- Europa, creando nuova occupazione; 2) un riassetto del territorio europeo per una distribuzione più equa della ricchezza e una minore concentrazione della popolazione. Infatti, infrastrutture di trasporto e di telecomunicazioni più efficienti consentono un migliore sviluppo delle potenzialità delle regioni depresse e povere di materie prime e riducono la necessità di migrazione verso le grandi città ed i siti produttivi, portando il lavoro più vicino a dove le persone vivono. 3) La creazione di un “ponte” verso l’Europa dell’Est per potenziare gli investimenti e stimolare gli scambi, specie nel momento in cui i Trattati di cooperazione economica (come per esempio quello concluso con l’Ungheria) si propongono l’integrazione di tali Paesi in un sistema coordinato esteso a tutto il continente. Scopo delle RTE è dunque quello di contribuire ad una più stretta cooperazione ed all’unione politica europea, nonché all’instaurarsi di più solidi legami con i Paesi limitrofi dell’est e del sud e al consolidamento della posizione economica e politica dell'Unione. Come in tutti i grandi progetti è risultata difficile più che la programmazione in se stessa, la sua realizzazione. Gli ostacoli a quest’ultima si possono ricondurre sia al fatto che i singoli Stati membri non hanno necessariamente le stesse priorità e le procedure amministrative sono piuttosto laboriose, sia al fatto che i bilanci pubblici, spesso già in difficoltà, non consentono il finanziamento della totalità del costo del progetto45. Tenuto conto della dimensione dei progetti, in tutti i Paesi le procedure di pianificazione e autorizzazione sono alquanto lunghe e nel caso di progetti transfrontalieri il ritmo è imposto da un iter decisamente più lento. Il finanziamento è risultato essere anch’esso un problema, ma talvolta meno grave degli ostacoli politici ed amministrativi. Delors, nella sua relazione, sottolinea come occorra trovare nuovi mezzi per mobilitare un consistente volume di capitale privato in quanto i fondi pubblici non possono da soli coprire i costi delle RTE. A conclusione della sua relazione l’allora Presidente della Commissione Delors definisce le RTE come infrastrutture moderne e tecnologicamente avanzate che collegheranno l’Europa e contribuiranno a rafforzare l’economia, a creare nuovi posti di lavoro e a migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini46. 45 A tal proposito appare opportuno sottolineare come il più delle volte gli Stati membri attribuiscono un’importanza diversa a tali progetti, che talvolta sono visti come “concorrenti” di altri progetti. Inoltre gli interessi regionali e nazionali prevalgono spesso sull’interesse comune europeo. Per arrivare poi ad un accordo all’interno di uno stesso stato, ad esempio tra un’azienda ferroviaria ed il Governo, occorre del tempo, ed ancora più tempo è necessario per un accordo tra più amministrazioni nazionali o aziende ferroviarie. 46 Al riguardo si veda nello specifico: Il Libro Bianco “Crescita, competitività, occupazione”, di J. DELORS, Sintesi, in www.storiairreer.it/Materiali/Delors. 5. Il Piano d’azione per il rafforzamento della competitività dell’economia europea (Consiglio Europeo di Bruxelles del 1993) Riunendosi nel Consiglio europeo47 di Bruxelles del 10 - 11 dicembre 1993 per la prima volta dopo l'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea, i Capi di Stato e di Governo hanno espresso la volontà di utilizzare immediatamente e appieno le nuove possibilità offerte dal trattato per far fronte ai problemi attuali, dando così un nuovo impulso all'Unione. Il Consiglio europeo ha innanzi tutto esaminato la situazione economica e il problema della lotta contro la disoccupazione. Esso ha adottato, sulla scorta del Libro Bianco presentato da Delors, un piano d'azione a breve e medio termine, di cui esso stesso seguirà l'attuazione. Lo stesso Consiglio ha sottolineato come il Libro Bianco, di cui ha evidenziato il livello qualitativo e sul quale si sono basate le sue discussioni, costituisca un’analisi logica della situazione economica attuale dell’Unione nonché un punto di riferimento per i futuri lavori. Su questa base il Consiglio europeo ha deciso di attuare un piano d'azione poggiante su misure concrete a livello dell'Unione e degli Stati membri e volto, a breve termine, a invertire la tendenza e, 47 Il Consiglio europeo non è un’istituzione né fa parte del quadro istituzionale dell’Unione ma può essere definito piuttosto come “l’organismo che da all’Unione l’impulso necessario al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti politici generali”. Per una trattazione più approfondita inerente il Consiglio europeo si veda: GAJA G., Introduzione al diritto comunitario, Bari, 2004, p. 15 ss. entro la fine del secolo, a ridurre significativamente il numero dei disoccupati. Questo piano d'azione comporta: - un quadro generale per le politiche a favore dell'occupazione da seguire a livello degli Stati membri; - azioni specifiche di accompagnamento da attuare sul piano comunitario; - una procedura di controllo48. Il piano di azione è inteso, in primo luogo, a rafforzare la competitività dell'economia europea. Essa deve far fronte a nuovi bisogni e adeguarsi inoltre ad un mondo nel quale si verifica una trasformazione senza precedenti dei sistemi di produzione, di organizzazione del lavoro e dei modi di consumo49. 48 Per quanto riguarda la procedura di controllo il Consiglio europeo, in questa sede, prevede che: ogni anno, e per la prima volta nel dicembre 1994, il Consiglio europeo farà un bilancio dei risultati del piano d'azione ed in questa occasione prenderà tutte le disposizioni che giudicherà necessarie per raggiungere gli obiettivi che si è prefissi. I lavori del Consiglio europeo si baseranno su: - una relazione di sintesi della Commissione, eventualmente corredata di nuovi suggerimenti; in questo contesto, il Consiglio europeo chiede segnatamente alla Commissione di studiare il problema dei nuovi bacini di occupazione; - una relazione del Consiglio sugli insegnamenti tratti dalle politiche nazionali in materia di occupazione, conformemente alla procedura prevista al punto B, eventualmente corredata di proposte per nuovi orientamenti ; - la relazione annuale del Consiglio ECOFIN sull'attuazione dei grandi orientamenti economici; - la relazione annuale della Commissione sul funzionamento del mercato interno; - un bilancio elaborato dalla Commissione sullo stato di avanzamento delle reti transeuropee di infrastruttura nel settore dei trasporti e dell'energia e sull'attuazione del programma operativo nel settore delle infrastrutture dell'informazione. 49 Il piano d'azione si fonda su quattro presupposti: a) un'economia sana; b) un’economia aperta; c) un’economia solidale; d) un’economia maggiormente decentralizzata; Al riguardo si vedano in particolare le conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Bruxelles del 10 e 11 dicembre 1993 che possono essere consultate sul sito www. ue.eu.int/ueDocs Per quanto concerne nello specifico le Reti transeuropee nel settore dei trasporti e dell'energia il Consiglio sottolinea come la realizzazione accelerata delle reti transeuropee consentirà di perseguire numerosi obiettivi essenziali allo sviluppo della Comunità: il funzionamento effettivo del mercato unico, il potenziamento della competitività economica, il riassetto del territorio, l'intensificazione delle relazioni con i paesi dell'Europa orientale e del Mediterraneo ed il benessere dei cittadini che potranno usufruire di mezzi di comunicazione più rapidi e più sicuri. È per questo che il Consiglio europeo invita il Consiglio a utilizzare rapidamente e pienamente le nuove possibilità offerte dal trattato (art. 129 B TCE) che definisce le missioni della Comunità in questo settore e gli strumenti di cui essa dispone. La prima fase consiste nella definizione degli schemi orientativi, già esistenti per i treni ad alta velocità, i trasporti combinati, le strade e le vie navigabili. Il Consiglio europeo chiede inoltre al Parlamento ed al Consiglio di accelerare le procedure per consentire l'adozione degli schemi orientativi ancora mancanti (infrastruttura ferroviaria classica, infrastruttura aeroportuale, infrastruttura portuale, elettricità, gas) entro il 1° luglio 1994 per individuare i progetti di interesse comune. Le reti contribuiranno inoltre alla salvaguardia dell'ambiente grazie, ad esempio, al ricorso al trasporto combinato, che permetterà di decongestionare le strade a favore delle ferrovie, meno inquinanti. Contemporaneamente il Consiglio europeo invita gli Stati membri a preparare il più presto possibile i programmi di investimento che si integrano nelle reti. Questi programmi dovranno concedere agevolazioni alle strutture che fanno ricorso al capitale privato e individuare i progetti prioritari, atti ad essere rapidamente realizzati. In generale, le procedure di selezione e di decisione devono essere espletate in modo rapido ed efficace, per consentire una pronta ed effettiva realizzazione in loco. Per realizzare con efficacia, coerenza e tempestività i programmi infrastrutturali, il Consiglio prevede che la Commissione, assistita da un gruppo di rappresentanti personali dei Capi di Stato e di Governo, svolgerà funzioni di animazione e di coordinamento50. 50 Tale argomento sarà trattato nello specifico all’interno di un successivo paragrafo del presente lavoro. 6. I progetti prioritari nei settori dei trasporti e dell’energia (Consiglio Europeo di Corfù del 1994) Come visto nel precedente paragrafo, nel dicembre 1993 il Consiglio europeo ha adottato a Bruxelles un programma di azione in base al Libro bianco della Commissione su una strategia a medio termine per la crescita, la competitività e l'occupazione, in cui ha rilevato che premesse fondamentali per conseguire il successo nell'attuazione del programma sono un'economia sana ed aperta nonché un'economia imperniata sulla solidarietà. Durante i lavori del Consiglio tenutosi a Corfù il 24 – 25 giugno 1994 sono stati confermati i segnali di una ripresa economica. Il Consiglio europeo in tale sede ha evidenziato allo stesso tempo che il migliorarsi della congiuntura economica non deve indurre a rallentare gli sforzi volti a promuovere l'adeguamento strutturale in Europa, ma serva anzi ad accelerare le riforme essenziali, soprattutto nel settore dell'occupazione. Sulla scorta di una relazione del Presidente della Commissione il Consiglio europeo ha proceduto ad un dibattito approfondito sui vari elementi del programma d'azione deciso nel precedente Consiglio europeo di Bruxelles. Il Consiglio europeo di Corfù ha posto in particolare l'accento sui seguenti punti volti ad imprimere un nuovo impulso alle successive discussioni sul Libro bianco: 1) Incentivazione, negli Stati membri, di riforme intese a migliorare l'efficienza dei regimi occupazionali; 2) Misure specifiche intese a massimizzare lo sfruttamento del potenziale occupazionale delle piccole e medie imprese; 3) Rafforzamento del coordinamento della politica in materia di ricerca; 4) Rapida attuazione di progetti transeuropei altamente prioritari nei settori dei trasporti e dell'energia; 5) Pieno sfruttamento delle possibilità e delle opportunità offerte dalla società dell'informazione; 6) Incoraggiamento del nuovo modello di sviluppo sostenibile, compresa la dimensione ambientale. Per quanto concerne nello specifico la materia delle reti transeuropee per i trasporti, l'energia e i progetti in materia ambientale il Consiglio europeo ha posto in evidenza che il mercato unico apporterà ai cittadini e alle aziende tutti gli effetti positivi previsti solo se potrà avvalersi di efficaci reti transeuropee per i trasporti e l'energia. Il Consiglio europeo in questa sede ha preso poi atto con soddisfazione dei risultati fino a quel momento raggiunti dal Gruppo presieduto dal Signor Christophersen, conformemente al mandato del Consiglio di Bruxelles del dicembre 1994. In base alla relazione del Gruppo il Consiglio europeo ha approvato un primo elenco di priorità che comprende 11 progetti fondamentali nel settore dei trasporti, figurante nell'allegato I51. Per quanto riguarda il settore energetico il Consiglio europeo ha preso atto dei progetti elencati nell'Allegato II52 e ha chiesto al Gruppo Christophersen di proseguire i lavori esaminando in particolare la loro validità dal punto di vista economico. Allo stesso tempo gli Stati membri interessati sono invitati ad adoperarsi per assicurare che tutti i progetti in materia di trasporto, la cui preparazione si trovi ad un livello sufficientemente avanzato, vengano avviati immediatamente e che gli altri siano messi in cantiere per quanto possibile durante il 1996 al più tardi, accelerando le procedure amministrative, regolamentari e giuridiche. Il Consiglio europeo ha infine invitato il Gruppo Christophersen e i rappresentanti dei nuovi Stati in via di adesione53 a continuare i lavori in base al mandato proposto nella relazione del Gruppo medesimo, valutando ulteriormente l'estensione delle reti transeuropee ai paesi vicini (in particolare i paesi dell'Europa centrale ed orientale e il bacino del Mediterraneo) e ad approntare una relazione definitiva per il Consiglio europeo di Essen. 51 Tra i progetti prioritari indicati all’interno dell’allegato I si ricordano: - Treno ad alta velocità/trasporto combinato nord/sud I/A/D. Asse Brennero Verona/Monaco - Treno ad alta velocità Parigi – Bruxelles – Colonia – Amsterdam – Londra. 52 L’allegato II contiene l’elenco dei progetti energetici cui il Consiglio europeo ha conferito status prioritario tra cui: Francia – Italia (interconnessione elettrica). 53 Merita sottolineare che la firma dei trattati di adesione apposta a Corfù e la partecipazione dei Capi di Stato e di Governo di Austria, Svezia, Finlandia e Norvegia ai lavori del Consiglio europeo rappresentano un'altra importante pietra miliare nella storia dell'integrazione europea. 7. Il c.d. Gruppo Christophersen e la relazione conclusiva presentata durante il Consiglio Europeo di Essen del 1994 Il Consiglio europeo di Essen è l'ultimo vertice a cui partecipa Jacques Delors come Presidente della Commissione europea. Merita ricordare che al suo nome sono legati i dieci anni di maggiori risultati dell'unificazione europea. L'Atto Unico europeo è dovuto innanzitutto alla sua iniziativa. Egli ha aiutato la Comunità a realizzare l'ambizioso obiettivo del completamento del mercato interno (Europa '92) e contribuito così in modo decisivo a superare la fase di ristagno dell'inizio degli anni 80 e a conferire un nuovo dinamismo al processo di integrazione. Il secondo grande merito di Jacques Delors è sicuramente l'Unione economica e monetaria per la quale ha promosso i lavori preparatori decisivi. Per quanto concerne la materia oggetto del presente lavoro, in particolare le reti transeuropee nei settori dei trasporti, dell’energia e dell’ambiente, il Consiglio europeo si compiace della relazione del Gruppo dei rappresentanti personali. Esso constata che gli undici progetti approvati a Corfù e i tre nuovi progetti concernenti gli Stati membri nordici e l'Irlanda sono già o dovranno essere avviati a breve termine. Peraltro il Consiglio europeo condivide le raccomandazioni principali esposte nella relazione del Gruppo Christophersen contenute all’interno dell’allegato II. In sintesi il Gruppo invita il Consiglio e il Parlamento a stabilire gli orientamenti per l’identificazione dei progetti di interesse comune onde inserire questi progetti prioritari e invita allo stesso tempo gli Stati membri e la Comunità a fornire ogni sostegno opportuno a questi progetti e a realizzarli il più presto possibile. Il Consiglio si compiace dei progressi compiuti nella selezione di importanti progetti transfrontalieri, segnatamente con i paesi dell'Europa centrale e orientale e nella regione mediterranea. Esso sottolinea l'importanza di sistemi di gestione del traffico, specialmente nel settore dei trasporti aerei. Il Consiglio inoltre si compiace della creazione, presso la Banca europea per gli investimenti (BEI), di uno speciale sportello per il finanziamento di reti transeuropee, come indicato nell’allegato III54. Esso condivide l'idea del Gruppo Christophersen in base alla quale si devono esaminare le esigenze di finanziamento di ogni singolo progetto; allo stesso tempo sottolinea quanto constatato dal Gruppo, ossia che gli ostacoli sono 54 Il Consiglio esorta la Banca a proseguire la sua azione, in cui è già ben avanzata, contribuendo a finanziare i progetti prioritari e, continuando ad applicare i criteri abituali per quanto concerne l'istruttoria e il finanziamento, a intensificare in futuro i suoi sforzi. Questi sforzi dovrebbero essere realizzati in stretta cooperazione con gli Stati membri e i promotori interessati e sarà opportuno associare per quanto possibile il settore privato al finanziamento e all'assunzione di rischi. Per portare avanti quest'iniziativa, la BEI creerà uno Sportello Speciale per il finanziamento di infrastrutture d'interesse comunitario, in particolare di quelle figuranti nella lista delle reti transeuropee prioritarie. Nel quadro dello Sportello Speciale saranno finanziati investimenti riguardanti i trasporti, le telecomunicazioni e l'energia nel settore pubblico, nel settore privato o a titolo della cooperazione tra questi due settori nonché la protezione dell'ambiente nel caso di progetti di natura transeuropea. Esso potrà intervenire per finanziamenti non solo nell'Unione europea ma anche nel Bacino mediterraneo e per la realizzazione di collegamenti transalpini. essenzialmente di carattere giuridico e amministrativo, e invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare le misure appropriate per la loro eliminazione. Il Consiglio europeo di Essen infine invita il Parlamento europeo e il Consiglio a adottare le decisioni necessarie sugli orientamenti per trasporti e energia, in modo da creare un quadro durevole per l'attività dell'Unione in questo campo. 8. Le reti transeuropee nel progetto di Costituzione europea Il Consiglio europeo, riunito a Laeken (Belgio) il 14 e 15 dicembre 2001, constatando che l’Unione europea era giunta a una svolta decisiva della sua esistenza, convocava la Convenzione sul futuro dell’Europa. La Convenzione fu incaricata di formulare proposte su tre temi: avvicinare i cittadini al progetto europeo e alle istituzioni europee; strutturare la vita politica e lo spazio politico europeo in un’Unione allargata; fare dell’Unione un fattore di stabilizzazione e un punto di riferimento nel nuovo ordine mondiale55. La dichiarazione di Laeken ha posto il quesito se la semplificazione e il riordino dei trattati non dovessero spianare la strada all’adozione di un testo costituzionale. I lavori della Convenzione sono culminati nell’elaborazione di un Progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa56, che ha raccolto un vasto consenso nella sessione plenaria del 13 55 La Convenzione ha individuato alcune risposte ai quesiti contenuti nella dichiarazione di Laeken: - propone una migliore ripartizione delle competenze dell’Unione e degli Stati membri ; - raccomanda la fusione dei trattati e l’attribuzione della personalità giuridica all’Unione; - instaura una semplificazione degli strumenti d’azione dell’Unione; - propone misure volte ad accrescere la democrazia, la trasparenza e l’efficienza dell’Unione europea, accrescendo il contributo dei parlamenti nazionali alla legittimazione del progetto europeo, semplificando il processo decisionale, rendendo il funzionamento delle istituzioni europee più trasparente e leggibile; - stabilisce le misure necessarie per migliorare la struttura e rafforzare il ruolo di ciascuna delle tre istituzioni dell’Unione tenendo conto in particolare delle conseguenze dell’allargamento. 56 Il progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa è stato adottato per consenso della Convenzione europea il 13 giugno e il 10 luglio 2003 ed è stato trasmesso al Presidente del Consiglio europeo a Roma il 18 luglio 2003. Al riguardo si veda: Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, in www.consilium.europa.eu/igcpdf/it. giugno 2003. Il 20 giugno 2003 tale testo è stato presentato al Consiglio europeo riunito a Salonicco. La materia relativa alle reti transeuropee viene disciplinata all’interno del progetto di Costituzione europea nella Sezione 8 e precisamente agli artt. III – 144 e III – 145. Il primo di tali articoli sancisce, in sintesi, che per consentire ai cittadini dell’Unione, agli operatori economici e alle collettività regionali e locali di beneficiare pienamente dei vantaggi derivanti dall’instaurazione di uno spazio senza frontiere interne, l’Unione concorre alla costituzione e allo sviluppo di reti transeuropee nei settori delle infrastrutture dei trasporti. delle telecomunicazioni e dell’energia. Sottolinea poi al secondo comma che nel quadro di un sistema di mercati aperti e concorrenziali l’azione dell’Unione mira a favorire l’interconnessione e l’interoperabilità delle reti nazionali e l’accesso a tali reti. Tiene conto in particolare della necessità di collegare alle regioni centrali dell’Unione le regioni insulari prive di sbocchi al mare e periferiche. L’art. III – 145 afferma che “per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo III – 144 l’Unione: a) stabilisce un insieme di orientamenti che contemplino gli obiettivi. le priorità e le linee principali delle azioni previste nel settore delle reti transeuropee; in detti orientamenti sono individuati progetti di interesse comune; b) intraprende ogni azione che si riveli necessaria per garantire l’interoperabilità delle reti. In particolare nel campo dell’armonizzazione delle norme tecniche; c) può appoggiare progetti di interesse comune sostenuti dagli Stati membri, individuati nell’ambito degli orientamenti di cui alla lettera a) in particolare mediante studi di fattibilità, garanzie di prestito o abbuoni di interesse”. È sempre l’art. III – 145 che prevede che l’Unione può altresì contribuire al finanziamento negli Stati membri mediante il Fondo di coesione, di progetti specifici nel settore delle infrastrutture dei trasporti. L’azione dell’Unione tiene conto della potenziale validità economica dei progetti. È poi la legge o la legge quadro europea che stabilisce tali orientamenti57. Infine il secondo articolo che il progetto di Costituzione europea dedica alla disciplina delle reti transeuropee prevede che gli Stati membri coordinino tra loro, in collegamento con la Commissione, le politiche svolte a livello nazionale che possono avere un impatto 57 La legge quadro è adottata previa consultazione del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale. Gli orientamenti e i progetti di interesse comune che riguardano il territorio di uno Stato membro esigono l’accordo dello Stato membro interessato. rilevante sulla realizzazione degli obiettivi di cui all’articolo III – 144; la Commissione può infatti prendere in stretta collaborazione con gli Stati membri coordinamento. qualsiasi iniziativa utile per favorire detto CAPITOLO II Ambiti di costituzione e sviluppo delle reti transeuropee 1. I settori di attività delle reti transeuropee La base giuridica dell’azione comunitaria in materia di reti transeuropee è individuabile nel Trattato dell’Unione Europea (artt. 154, 155. 156). Ai sensi del Titolo XV del Trattato, l’Unione Europea concorre allo sviluppo di reti transeuropee quali elemento chiave della creazione del mercato interno e del rafforzamento della coesione economica e sociale. Questo sviluppo comprende l’interconnessione e l’interoperabilità delle reti nazionali, nonché l’accesso a tali reti58. Le reti transeuropee sono presenti in tre settori di attività: • Le TEN – Trasporti (TEN – T): comprendono grandi progetti prioritari che concernono il trasporto su strada e quello combinato, le vie navigabili e i porti marittimi nonché la rete europea dei treni a grande velocità. Anche i sistemi intelligenti di gestione dei trasporti rientrano in questa categoria, tra cui il progetto Galileo di posizionamento geografico via satellite59. • Le TEN – Energia (TEN – E): riguardano i settori dell’elettricità e del gas naturale. Gli obiettivi principali sono la realizzazione di un mercato unico dell’energia e l’approvvigionamento. • Le TEN – Telecomunicazioni (eTEN): mirano a sviluppare servizi elettronici basati sulle reti di telecomunicazione. Fortemente incentrate sui servizi pubblici, rappresentano il nucleo dell’iniziativa eEurope “Una società dell’informazione per tutti”. 58 Al riguardo si veda: AZZINI C., Le grandi reti transeuropee, in BONAVERO P., DANSERO E., L’Europa delle regioni e delle reti, Torino, 1998, p. 33 ss. 59 Al riguardo si veda: PARUOLO S., Le grandi reti europee di trasporto, in Riv. Trasporti, 1995, p. 67 – 88. Per una visione generale del tema si veda inoltre: Infrastructure to 2030. telecom, land transport, water and electricity, OECD, Berlino. 2. Le caratteristiche delle reti di trasporto: stradale, ferroviario, marittimo e intermodale La Comunità Europea ha stabilito, come meglio si vedrà nel corso della presente trattazione, una serie di orientamenti relativi alle reti di trasporto che individuano progetti di interesse comune, la cui realizzazione deve contribuire allo sviluppo della rete su scala comunitaria. I requisiti essenziali in materia sono l’interoperabilità della rete transeuropea dei trasporti e la telematica dei trasporti e dei servizi connessi. La rete transeuropea dei trasporti è attuata progressivamente, per il 2010, su scala comunitaria, integrando le reti di infrastruttura del trasporto terrestre, marittimo ed aereo. Gli obiettivi della rete transeuropea di trasporto sono: • garantire la mobilità delle persone e dei beni; • offrire agli utenti buone infrastrutture; • sfruttare l'insieme dei modi di trasporto; • prevedere la sua estensione verso i paesi dell'EFTA60, i paesi dell'Europa centrale e orientale ed i paesi mediterranei. • permettere un utilizzo ottimale delle capacità esistenti; • essere interoperabile in tutti i suoi elementi; • servire l'insieme della Comunità; La rete transeuropea di trasporto comprende le infrastrutture (strade, ferrovie, vie navigabili, porti, aeroporti, mezzi di navigazione, piattaforme intermodali e altri punti di interconnessione) ed i servizi 60 European Free Trade Association, Associazione europea per il libero scambio. necessari al funzionamento di queste infrastrutture. Per quanto concerne le caratteristiche della rete stradale esse si possono schematizzare come segue: - essa si compone di autostrade e di strade di elevata qualità ed è completata da collegamenti nuovi o ristrutturati; - comprende la gestione della circolazione e un sistema di informazione degli utenti, sulla base di una cooperazione attiva tra i sistemi di gestione della circolazione a livello europeo, nazionale e regionale; - garantisce agli utenti un elevato livello di servizi, comodità e sicurezza, omogeneo e continuo. Per quanto riguarda invece le caratteristiche della rete ferroviaria si può rilevare sinteticamente che: - essa è composta dalla rete a grande velocità61 e dalle linee convenzionali62; - offre agli utenti un elevato livello di qualità e sicurezza grazie alla continuità e all’interoperabilità e grazie ad un sistema armonizzato di controllo – comando. 61 Le linee specialmente costruite per l’alta velocità sono quelle attrezzate per velocità pari o superiori a 250 km/h. 62 La rete ferroviaria convenzionale comprende linee per il trasporto ferroviario convenzionale, compresi i collegamenti ferroviari del trasporto combinato. Per una trattazione specifica si veda: www.europa.eu/scadplus/leg/it. Infine, analizzando le caratteristiche della rete di vie navigabili e dei porti per la navigazione interna si può dire che tale sistema comprende una rete composta da fiumi e canali, una rete composta da raccordi e ramificazioni, infrastrutture portuali ed efficienti sistemi di gestione del traffico63. I porti forniscono l'interconnessione tra il trasporto marittimo e gli altri modi di trasporto. Essi offrono attrezzature e servizi per i viaggiatori e le merci (servizi di traghetto, ecc.). La rete aeroportuale è costituita dagli aeroporti di interesse comune situati sul territorio dell'Unione e aperti alla circolazione aerea commerciale. I punti di collegamento regionali della rete agevolano l'accesso al centro della rete o contribuiscono a dare sbocco alle regioni periferiche o isolate. La rete di trasporto combinato è composta da vie navigabili e collegamenti ferroviari, che, con gli eventuali percorsi stradali iniziali e/o finali, consentono il trasporto di merci su lunghe distanze e servono tutti gli Stati membri. Essa comprende anche gli impianti che permettono il passaggio tra le varie reti64. 63 Al riguardo si veda: BOI G. M., Politica comunitaria e trasporti marittimi di linea, in Riv. Diritto marittimo, 1997, pp. 264 – 272. 64 Per una più completa trattazione dell’argomento appare opportuno ricordare che la rete di gestione e di informazione concerne i servizi del traffico marittimo costiero o portuale, i sistemi di individuazione della posizione delle navi, di registri delle navi che trasportano merci pericolose, di comunicazione per i casi di emergenza e la sicurezza in mare; mentre la rete di gestione del traffico aereo comprende il piano di navigazione aerea (spazio aereo assegnato alla circolazione aerea generale, rotte aeree e supporti alla navigazione), il sistema di gestione dei flussi di traffico e il sistema di controllo del traffico aereo. Al riguardo si veda: MAZZARINO M., Intermodalità e trasporto combinato, in I quaderni di Trasporti europei, 1998, pp. 7 – 29. 3. Le reti di energia e delle telecomunicazioni La politica energetica è essenzialmente di competenza degli Stati membri65. Il TCE non dedica alcun capitolo specifico all'energia. Tuttavia la politica energetica fa parte degli obiettivi della Comunità ed è menzionata nei titoli del trattato dedicati all'ambiente e alle reti transeuropee (che comprendono, tra l'altro, le infrastrutture energetiche66). In questo settore si è mirato principalmente a garantire l'approvvigionamento energetico ad un prezzo abbordabile per tutti i consumatori nel rispetto della protezione dell'ambiente e della promozione di una sana concorrenza sul mercato europeo dell'energia67. Nell'ambito del Protocollo di Kyoto68, il miglioramento 65 Al riguardo si veda: GENTILE G. e GONNELLI P., Manuale di diritto dell’energia, Milano, 1994. 66 Cfr. GAJA G. – AICARDI N., Energia, in Trattato di diritto amministrativo europeo, 1997, p. 675 – 719. 67 Al riguardo si veda: DONATI F., Le reti per il trasporto e la distribuzione per l’energia elettrica e del gas naturale, in L’Europa delle reti, a cura di PREDIERI A. e MORISI M., Torino 2000, p. 111 ss. 68 Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia di ambiente sottoscritto nella città giapponese l'11 dicembre 1997 da più di 160 paesi in occasione della Conferenza COP3 della dell'efficienza energetica è diventato più che mai un elemento cruciale della strategia comunitaria. In questo contesto il Consiglio esamina le misure necessarie per assicurare un livello adeguato di sicurezza degli approvvigionamenti di gas, prodotti petroliferi e elettricità nella Comunità. Altre proposte riguardano la promozione delle fonti energetiche rinnovabili o misure concrete sulla gestione dell'energia69 (edilizia, biocarburanti, ecc.). Inoltre, il Consiglio ha cercato di definire un quadro legislativo per assicurare il corretto funzionamento di un mercato interno dell'elettricità concorrenziale, salvaguardando la sicurezza dell'approvvigionamento di elettricità e assicurando un'interconnessione sufficiente tra gli Stati membri attraverso politiche generali, trasparenti e non discriminatorie. Con l'allargamento il Consiglio è portato ad esaminare nuove proposte sulla rete transeuropea dell'energia nei settori dell'elettricità e del gas, in modo da renderla più efficace; tale argomento verrà trattato nel dettaglio all’interno del capitolo IV del presente lavoro nella parte relativa ai progetti prioritari inerenti le reti transeuropee di energia. Per quanto concerne le reti transeuropee delle telecomunicazioni Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ed il riscaldamento globale. È entrato in vigore il 16 febbraio 2005. Il trattato prevede l'obbligo in capo ai paesi industrializzati di operare una drastica riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra, precisamente metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni rispettivamente registrate nel 1990 (considerato come anno base), nel periodo 2008 - 2012. 69 Al riguardo si veda: DE WOLF – CAMBIER B., Verso una gestione più efficace dell’energia elettrica domestica, in Riv. I & T Megazine, 1997, p. 15 ss. Si veda inoltre GENTILE G., Mercato europeo e diritto dell’energia, in Quaderno n. 7 della Rassegna giuridica dell’energia elettrica, Milano, 1990, p. 3 ss. l'attività del Consiglio si articola intorno a quattro obiettivi considerati prioritari in questo settore a livello dell'Unione europea70 : • la creazione di una rete integrata su scala europea; • la realizzazione della società dell'informazione; • l'apertura dei mercati nazionali; • la soppressione delle disparità normative esistenti tra gli Stati membri per quanto concerne le tariffe, le norme, le condizioni di accesso al mercato, gli appalti pubblici, ecc. Sono state così lanciate diverse azioni a livello dell'Unione per aprire maggiormente i suoi mercati alla concorrenza, soprattutto in determinati settori chiave o per promuovere l'investimento nella ricerca71. Tra tutte si può ricordare l'iniziativa "eEurope" che mira a fornire il più rapidamente possibile a tutti i cittadini nell'Unione europea un accesso facile ad Internet. A tal fine, prioritari sono l'introduzione e l'utilizzazione generalizzate nell'Unione, entro il 2005, di reti a banda larga, la sicurezza delle reti e delle informazioni, la pubblica amministrazione on line (e–government), l'apprendimento per via elettronica (e–learning), l’assistenza sanitaria on–line (e– health) e il commercio elettronico (e–business). 70 Su questo punto è possibile consultare il sito internet: www.europa.eu/cms3_fo. Al riguardo si veda: CONTALDO A., Le reti di informazione alla luce delle recenti normative, in Riv. Giurisprudenza di merito, 1997, pp. 1071 – 1108. 71 4. La disciplina europea ed il controllo comunitario dell’esecuzione della sua attuazione Il progetto TEN–T (Trans – European Network Transports) è stato lanciato dal Consiglio di Essen del 1994, per rispondere alla necessità di un sistema di trasporti e di una rete di infrastrutture plurimodali efficiente, tale da facilitare la circolazione delle merci e delle persone nonché ridurre la perificità di alcune zone dell’Unione particolarmente svantaggiate. Nel 2004 le TEN–T sono state modificate per rispondere alle difficoltà incontrate nel primo decennio e per aggiornare il piano alle nuove esigenze dell’Europa allargata72. All’interno delle TEN–T sono stati individuati 30 progetti prioritari, tra cui la Genova/Rotterdam e le autostrade del mare, la cui data di completamento è prevista entro il 202073. Tali progetti prioritari sono stati dichiarati di interesse europeo rendendo così di primaria importanza la loro realizzazione. Tre decisioni del Consiglio e del Parlamento definiscono le linee guida per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN – T): - Decisione n. 1692/96/CE del 23 luglio 199674; - Decisione n. 1346/2001/CE del 22 maggio 200175; - Decisione n. 884/2004/CE del 29 aprile 200476; La decisione n. 1692/96 del Parlamento europeo e del Consiglio costituisce un quadro generale di riferimento del settore della rete transeuropea dei trasporti, delineando gli obiettivi, le priorità e le 72 Al riguardo si veda: GIANNELLI N., Le reti transeuropee dei trasporti tra integrazione e competizione, in L’Europa delle reti, a cura di PREDIERI A. e MORISI M., Torino, 2000, p. 345 ss. 73 È prevista la figura di un coordinatore per ciascun progetto capace di risolvere i ritardi dovuti all'assenza di coordinamento tra amministrazioni degli Stati membri. Il costo totale per la realizzazione dei suddetti 30 progetti è stimato in 220 miliardi euro, di cui circa 20 miliardi finanziati direttamente dall’UE (per il periodo 2007 – 2013). La Banca Europea per gli Investimenti (BEI), come si vedrà più nel dettaglio all’interno del quinto capitolo del presente lavoro, fornisce per la realizzazione delle reti prestiti a particolari condizioni per il servizio del debito. 74 In G.U.C.E. n. L 228 del 09 settembre 1996, pp. 0001 – 0104. In G.U.C.E. n. L 185 del 06 luglio 2001 p. 1 ss. 76 In G.U.C.E. n. L 167 del 30 aprile 2004, pp. 1 – 38. 75 grandi linee d'azione della politica seguita dall’Unione in tema di infrastrutture di trasporto. Tali orientamenti sono finalizzati ad attuare progetti di interesse comune77, volti a garantire la coerenza, l'interconnessione e l'interoperabilità della rete transeuropea dei trasporti, nonché l'accesso a tale rete78. In tale decisione vengono individuati 14 progetti cui il Consiglio europeo di Essen del 1994 aveva attribuito particolare importanza. La decisione n. 1346/2001/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, in sintesi, apporta alcune modifiche relativamente ai porti marittimi, ai porti di navigazione interna ed ai terminali intermodali, nonché al progetto autostrada Lisbona – Valladolid. Grazie a tale decisione viene enfatizzata la dimensione multimodale della rete. L’orizzonte temporale previsto in tale decisione per portare a termine le opere di infrastruttura programmate era stato fissato per il 2010. I lavori, tuttavia, non sono avanzati rapidamente così come era stato previsto al momento del lancio delle TEN; la crisi dei progetti TEN è stata attribuita essenzialmente a due fattori: il primo, di natura finanziaria, è legato ai limiti di bilancio imposti dal Trattato di 77 Cfr. FONTANELLA G., Che ne è della politica comune dei trasporti?, in Riv. Trasporti Europei, 1997, n. 5, pp. 5 – 10. 78 Gli Stati membri sono considerati i soggetti principali responsabili per la realizzazione della rete, da completarsi con il supporto finanziario dell’Unione solo nei casi specificati. Maastricht: in tutti i paesi comunitari, si è passati da un ammontare di investimenti in infrastrutture pari mediamente all’1, 5 % negli anni ’80 all’1 % medio degli anni ’90; il secondo è da attribuirsi ad una scarsa volontà politica dei diversi paesi membri ad impegnarsi in progetti transfrontalieri, privilegiando l’utilizzo delle poche risorse disponibili per progetti di carattere nazionale. La Commissione aveva deciso, pertanto, di avviare una fase di revisione della politica delle reti transeuropee che avrebbe dovuto tener conto anche delle problematiche dell’allargamento e delle tendenze di cambiamento osservate nei flussi di traffico internazionale. Nel 2003, si è pertanto affidato al gruppo ad alto livello sulla rete transeuropea di trasporti Van Miert l’incarico di formulare nuove proposte in linea con il libro bianco sulla politica europea per i trasporti per il 2010. La decisione n. 884/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, che tiene conto delle considerazioni dello studio del gruppo ad alto livello, definisce la situazione attuale della politica TEN – Trasporti, prevedendo che: - il limite temporale entro il quale concludere i progetti è posticipato dal 2010 al 2020. - viene presentato un elenco di 30 progetti prioritari adattato alle dimensioni dell'Unione allargata che, oltre ad includere i 14 progetti individuati nella decisione n. 1692/96/CE, comprende le autostrade del mare ed il progetto di navigazione satellitare Galileo. - gli Stati membri dovranno attuare la valutazione ambientale dei piani e dei programmi in conformità della direttiva 2001/42/CE79 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente al fine di garantire, tra l’altro, un coordinamento adeguato, di evitare la duplicazione degli sforzi e di realizzare una semplificazione e accelerazione dei processi di pianificazione per i progetti e i corridoi transfrontalieri. È infine prevista la creazione di una rete transeuropea delle autostrade del mare che intende concentrare i flussi di merci su percorsi logistici basati sulla modalità marittima con lo scopo di ridurre la congestione stradale e di migliorare l’accessibilità delle aree insulari e periferiche. Le autostrade del mare potranno includere il trasporto combinato di merci e persone, a condizione che le stesse rivestano un ruolo predominante. Per quanto concerne la giurisprudenza comunitaria in tema di reti transeuropee di trasporto basti ricordare come, all’interno di una 79 Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, 27 giugno 2001, in G.U.C.E. L. 197/30 del 21 luglio 2001. non vasta giurisprudenza, il maggior numero di sentenze riguardi sostanzialmente la mancata adozione delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alle direttive del Consiglio. È questo il caso della causa della causa C – 385/0480, avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE81, in cui il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, non avendo adottato nel termine previsto tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2001/16/CE82 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza di tale direttiva ed è stato condannato alle spese. Per la stessa violazione nella causa C – 427/04 la Repubblica ellenica è stata condannata alle spese processuali, in quanto il termine per recepire la direttiva 2001/16/CE aveva come scadenza il 20 aprile 2003. 80 Causa C – 385/04, Commissione europea contro Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, del 10 novembre 2005, in G.U.C.E. n. C 262 del 23/10/2004, pp. 4 e 5. 81 Ai sensi dell’art. 226 CE (ex art. 169 TCE) “la Commissione quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù del presente Trattato, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte i giustizia”. 82 Direttiva 2001/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2001, in G.U.C.E. L. 110 del 20 aprile 2001, pp. 1 – 27. Sulla stessa linea della suddette pronunce è anche la causa C – 114/0683 riguardante il Ricorso della Commissione europea contro la Repubblica slovacca, condannata alle spese della causa per non essersi conformata alla direttiva del Consiglio 96/48/CE84, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità, e per non aver comunicato tali disposizioni alla Commissione venendo meno così agli obblighi che ad essa incombono in base alle disposizioni della direttiva stessa85. Il termine per l’adozione delle disposizioni per dare attuazione alla direttiva aveva infatti come scadenza il 1° maggio del 2004. Per quanto concerne invece la giurisprudenza comunitaria relativa alle reti telematiche basti ricordare la causa C – 271/9486 che vede il Parlamento europeo, sostenuto dalla Commissione europea, contro il Consiglio dell’Unione europea, avente ad oggetto il ricorso tendente all’annullamento della decisione del Consiglio 11 luglio 1994, 94/445/CE87, relativa alle reti telematiche fra amministrazioni per le statistiche degli scambi di beni fra Stati membri (Edicom). Nella motivazione viene precisato dalla Corte di giustizia CE che nell’ambito del sistema della ripartizione delle competenze comunitarie, la scelta 83 Causa C – 114/2006, Ricorso della Commissione europea contro la Repubblica slovacca, presentato il 27 febbraio 2006. 84 Direttiva del Consiglio 96/48/CE del 23 luglio 1996, in G.U.C.E. L. 235, p. 6. 85 A tal riguardo si ricorda la recentissima causa C 245 – 07 relativa al Ricorso della Commissione europea contro la Repubblica federale di Germania, la quale, non avendo adottato entro il termine previsto le disposizioni legislative, regolamentari, ed amministrative necessarie per recepire nel proprio ordinamento interno la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, n. 2004/50/CE (in G.U.C.E. L. 164, p. 114), che modifica la direttiva 96/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio ( in G.U.C.E. L. 235, p. 6) relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità e la direttiva 2001/16/CE (in G.U.C.E. L. 110, p. 1) relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale, ovvero non avendo notificato tali misure alla Commissione, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di detta direttiva ed è per ciò condannata alle spese, in considerazione del fatto che il termine di attuazione della direttiva 2004/50/CE è scaduto il 30 aprile 2006. Una pronuncia del tutto analoga alla precedente è quella relativa alla causa C – 267/07 che vede la Commissione europea contro la Repubblica di Slovenia (in G.U.C.E. n. C 170 del 21 luglio 2007, p. 18); in questo caso il termine per la trasposizione della direttiva 2004/50/CE nell’ordinamento nazionale è scaduto il 29 aprile 2006. Identica condanna, fondata sulle stesse motivazioni è quella relativa al Granducato di Lussemburgo nella causa C – 244/07, in G.U.C.E. n. C 155 del 07 luglio 2007, pp. 16 e 17, nonché quella relativa al Regno dei Paesi Bassi (causa C – 217/07 in G.U.C.E. n. C 155 del 07 luglio 2007, p. 13), per cui il termine per la trasposizione delle direttive nel diritto nazionale è scaduto il 30 aprile 2006. 86 Causa C – 271/94 del Parlamento europeo contro il Consiglio dell’Unione europea, in Raccolta della giurisprudenza, 1996 pp. I – 01689. 87 Decisione del Consiglio 94/445/CE, in G.U.C.E. L. 183, p. 42. del fondamento giuridico di un atto deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale. Tra detti elementi figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto. Una mera prassi del Consiglio non può derogare alle norme del Trattato e, di conseguenza, non può costituire un precedente che vincoli le istituzioni comunitarie in ordine alla scelta del fondamento giuridico corretto prima della sua adozione. La decisione 94/445/CE, relativa alle reti telematiche fra amministrazioni per le statistiche degli scambi di beni fra Stati membri, è intesa principalmente a garantire l’interoperatività delle reti nazionali mediante azioni operative di ordine tecnico88. Essendo stata adottata illegittimamente sul fondamento dell’art. 235 CE89, che può costituire la base giuridica di un atto solo se nessun’altra disposizione del Trattato conferisce alle istituzioni comunitarie la competenza necessaria per emanarlo, la decisione 94/445/CE è stata dunque annullata. Merita infine ricordare che, per evitare una interruzione nelle azioni già intraprese, e per gravi motivi di certezza del diritto, paragonabili a quelli che vengono in rilievo in caso di annullamento di taluni regolamenti, la Corte di giustizia ha potuto esercitare in questo caso il potere espressamente conferitole dall’art. 174, secondo comma TCE, in caso di annullamento di un regolamento, decidendo così di conservare, fino all’entrata in vigore di una decisione adottata sulla base giuridica corretta, gli effetti delle decisioni della Commissione già adottate sulla base della decisione annullata; il Consiglio, poiché rimasto soccombente, è stato condannato alle spese, mentre la Commissione, interveniente, ha dovuto sopportare le proprie spese. Praticamente identica a quest’ultima è la causa C – 22/9690 che vede il Parlamento europeo, sostenuto dalla Commissione delle Comunità europee, contro il Consiglio dell’Unione europea; causa avente ad oggetto il ricorso diretto all’annullamento della decisione del Consiglio 95/468/CE, relativa alla contribuzione comunitaria alla trasmissione telematica di dati tra amministrazioni all’interno della Comunità (IDA)91. Nella motivazione si legge, in sintesi, che l’obiettivo della decisione 95/468, s'inserisce nel quadro di una finalità rientrante 88 Più nello specifico la motivazione sottolinea come “tali azioni costituiscono misure che, di per sé e indipendentemente dalla fissazione di orientamenti in materia ai sensi del primo trattino dell’art. 129 C, n. 1 TCE, sono disciplinate dal secondo trattino dell’art. 129 C, n. 1, e la cui adozione è disciplinata dall’art. 129 D, terzo comma TCE. Il ricorso all’art. 129 D, terzo comma TCE, non può essere dunque escluso a vantaggio di un ricorso all’art. 100 A del TCE per il fatto che la decisione persegue anche gli obiettivi del mercato interno, giacché il perseguimento di tali obiettivi è meramente accessorio e il semplice fatto che si incida sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato interno non basta ad imporre il ricorso all’art. 100 A TCE”. 89 Ai sensi dell’art. 235 del Trattato CE “la Corte di giustizia è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni di cui all’art. 228 TCE, secondo comma”. 90 Causa C – 22/96 del Parlamento europeo contro il Consiglio dell’Unione Europea, in Raccolta della giurisprudenza, 1998, pp. I – 03231. 91 Decisione del Consiglio 95/468/CE, del 6 novembre 1995, in G.U.C.E. dell’11 novembre 1995, L. 269, p. 23. nell'art. 129 B TCE, relativo alla costituzione ed allo sviluppo di reti transeuropee, ma il contenuto stesso della decisione si colloca nel contesto di tale sviluppo. Si sottolinea inoltre che, in considerazione del fatto che i provvedimenti da essa previsti rientrano nell'art. 129 C, n. 1, primo, secondo e terzo trattino, del Trattato, relativi, rispettivamente, agli orientamenti da stabilire nel settore in questione, all'interoperabilità delle reti ed al sostegno finanziario comunitario, la decisione avrebbe dovuto essere adottata conformemente all'art. 129 D TCE. Per tali motivi dunque la Corte di giustizia ha sancito che la decisione 95/468 dev'essere annullata in quanto adottata a torto sul fondamento dell'art. 23592, di cui è ammesso avvalersi quale base giuridica di un atto soltanto nel caso in cui nessun'altra disposizione del Trattato attribuisca alle istituzioni comunitarie la competenza necessaria per l'emanazione dell'atto medesimo93. Il Consiglio dell’Unione Europea è stato così condannato alle spese, in quanto soccombente, mentre la Commissione delle Comunità europee ha dovuto sopportare le proprie. 92 Ai sensi dell’art. 235 del Trattato CE “la Corte di giustizia è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni di cui all’art. 228 TCE, secondo comma”. 93 Come già visto nella causa C – 271/94 anche in questo caso, al fine di evitare un'interruzione nelle azioni intraprese e per importanti motivi di certezza del diritto, analoghi a quelli che vengono in rilievo in caso di annullamento di taluni regolamenti, la Corte aveva esercitato il potere espressamente conferitole dall'art. 174, secondo comma, del Trattato CE in caso di annullamento di un regolamento e di poter decidere, dunque, di conservare gli effetti dei provvedimenti di attuazione già adottati dalla Commissione sulla base della decisione annullata. 5. Le RTE nel contesto dell’attuale politica ambientale della Comunità Europea con particolare attenzione al Mediterraneo Le basi giuridiche per la politica comunitaria dell’ambiente sono costituite dagli artt. 174 – 176 (ex art. 130 R – 130 T TCE) del Trattato CE94. In virtù dell’art. 174, secondo paragrafo del Trattato CE, la politica della Comunità in materia di ambiente si fonda sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente95, nonché sul fondamentale principio del chi inquina paga. In sostanza l’Unione Europea cerca di porre in atto un’efficace politica di protezione del suolo, delle acque, del clima, dell’atmosfera, della fauna e della flora96. 94 Il Trattato di Amsterdam ha rafforzato l’importanza della politica dell’ambiente nell’Unione Europea. Il fondamentale principio dello sviluppo sostenibile è stato rafforzato apportando modifiche al preambolo e all’articolo 2 del TUE. Esso costituisce attualmente uno dei principali obiettivi dell’UE. Questo è confermato dal fatto che l’integrazione della protezione dell’ambiente in tutte le politiche settoriali comunitarie è menzionata esplicitamente nell’art. 6 del TCE. Questa nuova disposizione è di applicazione generale e, trasferendola dall’articolo sull’ambiente ad un’importante posizione all’inizio del Trattato, i leader dell’UE hanno voluto sottolineare il proprio impegno nei confronti dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile. 95 Al riguardo si veda FALOMO L. M., L’Incidenza del Trattato di Maastricht sul diritto comunitario ambientale, in Riv. di diritto europeo, 1992, pp. 587 – 598. sulle medesime tematiche si veda inoltre: PILLITU P. A., Profili costituzionali della tutela ambientale nell’ordinamento comunitario europeo, Perugia, 1992. 96 La protezione dell'ambiente rappresenta evidentemente una delle più grandi sfide cui l'Europa è chiamata a rispondere e, a tale titolo, rientra tra gli obiettivi prioritari della Comunità, che si è impegnata a lottare contro i problemi ambientali su scala planetaria e secondo una strategia complessiva. La strategia fondata su un approccio verticale, consistente nell'adozione di una legislazione ambientale, pur avendo dato buoni risultati, ha difatti offerto risposte solo parziali ai problemi esistenti. Da anni pertanto, a livello comunitario, si sottolineata l'esigenza di integrare la questione ambientale nel complesso delle politiche sociali ed economiche dell'Unione, con la finalità di perseguire uno sviluppo durevole e sostenibile. A questo proposito si ricorda che già in una sentenza del 7 febbraio 1985 (causa relativa all'Associazione di difesa dei bruciatori di oli usati) la Corte di giustizia delle Comunità europee aveva affermato il carattere prioritario della protezione dell'ambiente e a partire dall'Atto unico europeo del 1986 le esigenze in materia di tutela ambientale sono diventate una componente delle altre politiche della Comunità. Tale principio ha infatti trovato conferma nel quadro dell'articolo 130 R, paragrafo 2 del Trattato sull'Unione europea, che stabilisce che "le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle altre politiche comunitarie" e, Tuttavia in virtù del principio di sussidiarietà97 essa agisce in materia d’ambiente solo nella misura in cui i problemi possano essere meglio affrontati a livello comunitario piuttosto che a livello nazionale o regionale98. Per quanto concerne nello specifico il tema della tutela dell’ambiente con riferimento al Mediterraneo merita sottolineare come la Convenzione di Barcellona del 1975 ed il Mediterranean Action Plan99 (MAP) abbiano inaugurato un nuovo partenariato tra l’Unione Europea e i Paesi dell’area con l’obiettivo di garantire pace, stabilità e prosperità nella regione in un contesto di sviluppo sostenibile100 e protezione ambientale. successivamente, con l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, nell'articolo 6 dello stesso Trattato. Anche nel quinto Programma d'Azione a favore dell'Ambiente l'obiettivo d'integrare gli aspetti ambientali nelle altre politiche dell'Unione è definito come prioritario. Ma oltre alla creazione di un quadro legislativo, l'Unione europea ha tenuto conto delle esigenze della tutela dell'ambiente nelle sue politiche settoriali (industria, trasporti, agricoltura, pesca ecc.). Al riguardo si veda: La dimensione ambientale come priorità in tutte le azioni dell’UE, situazione attuale e prospettive, in www.europamica.it. 97 Il Trattato di Maastricht ha inserito nel Trattato CE l’art. 5, il cui par. 2 sancisce che: “nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario”. Nell’ordinamento comunitario tale principio assume il valore di limite alla normativa comunitaria, laddove un’estensione dell’attività normativa comunitaria si produce solo nel senso che, quando il principio della sussidiarietà giustifichi l’emanazione di norme nell’ambito della competenza propria della Comunità, tali norme possono in effetti essere adottate. La sussidiarietà consente che l’azione della Comunità, entro i limiti delle sue competenze, sia ampliata laddove le circostanze lo richiedono e, inversamente, ristretta e sospesa laddove essa non sia più giustificata. È inoltre il caso di evidenziare che detto principio non opera rispetto alle materie che rientrano nella competenza esclusiva della Comunità per e quali vige invece il principio di proporzionalità, enunciato nel par. 3 dell’art. 5 TCE, in base al quale “l’azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato”. Quando una materia rientra nella competenza concorrente, i principi della sussidiarietà e della proporzionalità operano entrambi nel senso di limitare l’esercizio, da parte della Comunità, della propria competenza normativa. Il criterio della sussidiarietà implica una valutazione comparativa fra quello che gli Stati membri potrebbero fare per raggiungere un certo obiettivo e quello che invece è in grado di realizzare allo stesso fine la Comunità. Sul principio di sussidiarietà si veda: GAJA G., Introduzione al diritto comunitario, Bari, 2004. Si veda inoltre: NASCIMBENE B., I condizionamenti di diritto comunitario della legislazione nazionale in materia di ambiente, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1995, n. 1, p. 311 – 327. Sul principio di sussidiarietà si veda inoltre: ONORATO G., Il principio di sussidiarietà di fronte alle autonomie regionali. La specificità delle realtà insulari, in Subsidiariedad: historia y aplicaciòn, Publicaciones Studia Europea Navarrensis, Pamplona, 2000. 98 Al riguardo si veda VACCA M., La politica comunitaria dell’ambiente e la sua attuazione negli Stati membri, Milano, 1992. Si veda inoltre: GRADO V., Tendenze evolutive della politica comunitaria dell’ambiente in relazione al quinto programma d’azione, in Riv. di diritto europeo, 1993, pp. 24 – 34. 99 Il MAP è stato istituito a Barcellona nel 1992 e coinvolge i 21 Stati costieri del Mediterraneo (Albania, Algeria, Bosnia Erzegovina, Croazia, Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano, Libia, Malta, Monaco, Marocco, Slovenia, Spagna, Siria, Tunisia e Turchia) e l’Ue e opera nel contesto della pianificazione e gestione integrata delle regioni costiere, al fine di proteggere l’ambiente e migliorare la qualità della vita nel bacino del Mediterraneo. Il MAP ha prodotto la Convenzione di Barcellona per la protezione del mare Mediterraneo e 6 Protocolli di attuazione, svolge la sua attività attraverso Regional Activity Centres e collabora attivamente con organizzazioni internazionali e con organizzazioni non governative. 100 Lo sviluppo sostenibile costituisce un obiettivo d’’importanza sempre crescente nell’agenda politica internazionale che vede come priorità la lotta alla povertà e la protezione dell’ambiente e delle risorse naturali. La salute dei mari e degli oceani, la protezione delle biodiversità, i danni alla salute derivanti dalle emissioni di biossido di carbonio, ma anche le tematiche dello sviluppo socio I Paesi del bacino del Mediterraneo condividono, sotto il profilo ambientale, simili opportunità e sfide, ma anche una forte interdipendenza che richiede una risposta adeguata e coerente in un’ottica regionale, nazionale e locale; l’impoverimento dei suoli, la perdita della biodiversità, il degrado del patrimonio naturale e culturale, la desertificazione, sono problematiche comuni a tutto l’ambiente del Mediterraneo. Nonostante gli sforzi internazionali profusi da quasi trent’anni a favore della tutela del suo straordinario ecosistema, il Mediterraneo continua a deteriorare. Per questo motivo la Commissione europea ha definito una lungimirante strategia di cooperazione destinata a pulire le acque del Mare Nostrum prima che la situazione diventi irreparabile; essa consiste sostanzialmente nell’esortare i partner del bacino mediterraneo a cooperare per risolvere i problemi ambientali comuni della regione101. Detta strategia si concretizzerà sullo sfondo della nuova politica europea di vicinato (PEV) e del processo euromediterraneo (PEM) nonché sulla base degli impegni assunti nel quadro della Convenzione di Barcellona102. Gli obiettivi specifici della strategia mediterranea103 consistono essenzialmente nella definizione di politiche ambientali applicabili, integrate in altri settori, quali trasporti o l’energia; nella promozione di un uso sostenibile ed ecologico delle aree marine e costiere nonché nel rilevamento della riduzione dei livelli di inquinamento nella regione (in particolare delle emissioni industriali, dei rifiuti comunali e delle acque reflue urbane) ed infine nell’incentivazione della cooperazione regionale tra i Paesi partner, ad esempio attraverso i sistemi di gestione integrata nelle zone costiere, che costituiscono già una priorità nel quadro della Convenzione di Barcellona. – economico ed il mantenimento della pace sono i riferimenti primari dello sviluppo sostenibile. In sostanza si tratta dunque di un principio etico e politico, che implica un obbligo per la generazione corrente nei confronti delle generazioni future alle quali è necessario garantire una qualità della vita almeno equiparabile alla propria. 101 Al riguardo si veda Una strategia comunitaria per salvare il Mediterraneo in www.europa.eu.int/italia/news. 102 La Convenzione per la protezione del Mare Mediterraneo dall’inquinamento entrò in vigore nel 1978 e nel 1995 venne emanata e ribattezzata “Convenzione per la protezione dell’ambiente marino e della regione costiera del Mediterraneo”. La Convenzione di Barcellona del 1975 è stata adottata dall'Unione Europea allo scopo di ridurre l'inquinamento nella zona del Mare Mediterraneo. Nel 1976 sono stati sottoscritti dei protocolli della Convenzione di Barcellona anche dagli Stati membri e dai paesi terzi che si affacciano sul Mediterraneo (complessivamente 21 paesi). Con questa Convenzione le parti contraenti si impegnano a prendere ogni misura necessaria per proteggere e migliorare l'ambiente marino nella zona del Mare Mediterraneo. Per prevenire, diminuire e combattere l'inquinamento del nostro mare, occorre tenere sotto controllo: - l'inquinamento dovuto allo scarico da parte di navi e di aeromobili; - l'inquinamento causato dalle navi; - l'inquinamento derivante dall'esplorazione e dallo sfruttamento della piattaforma continentale, del fondo marino e degli strati sottostanti; - l'inquinamento di origine tellurica. Il protocollo sulla prevenzione dell'inquinamento del Mare Mediterraneo dovuto allo scarico di rifiuti da parte di navi o di aeromobili vieta lo scarico di certi tipi di rifiuti o di certe sostanze come per esempio composti organici alogenati e organici silicici tossici, mercurio, cadmio, plastiche e petrolio greggio future. 103 Al riguardo si veda la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 24 ottobre 2005, Strategia tematica per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino, COM(2005) 504 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale. Coerentemente con la politica europea di vicinato e con il partenariato euro-mediterraneo, tali obiettivi saranno raggiunti attraverso quattro strumenti: supporto finanziario dei programmi Ue già in corso o pianificati; rafforzamento del dialogo con i rappresentanti della regione; migliore coordinamento con altre organizzazioni e partner; condivisione dell’esperienza acquisita dall’Ue nella lotta contro l’inquinamento nel Mediterraneo e in altre regioni. Un elemento chiave della strategia di salvaguardia del Mediterraneo è rappresentata dal Programma Horizon 2020104. Tale accordo è stato firmato al Cairo nell’ambito della Terza Conferenza Ministeriale Euro – Mediterranea per l’ambiente; si tratta di un’iniziativa avviata a Barcellona nel 2005 durante il vertice Euro – mediterraneo per l’Ambiente in occasione del 10° anniversario del partenariato euromediterraneo e poi proposta dalla Commissione europea, con la Comunicazione n. 475 al Consiglio ed al Parlamento Europeo del 5 settembre 2006, con l’obiettivo di eliminare le principali cause di inquinamento che affliggono questo mare entro il 2020. L’obiettivo della Commissione è stato quello di costituire una “coalizione” di partner per attuare l’iniziativa105. Le azioni previste sono raggruppate in quattro rubriche: 104 Per maggiori informazioni è possibile consultare Horizon 2020: un piano per il Mediterraneo intossicato, in www.modusvivendi.it ed anche FUSANI S., Un Accordo Euro-Mediterraneo per salvare il Mare Nostrum, Terza Conferenza Ministeriale Euro-Mediterranea per l’Ambiente in www.apat.gov.it. 105 Alla Conferenza hanno partecipato i ministri e i delegati di tutti i paesi europei e nordafricani. L’intesa, firmata per l’Italia dall’attuale Ministro dell’Ambiente Pecoraio Scanio, contiene l’impegno per tutti i paesi della regione ad accrescere i loro sforzi per una riduzione sostanziale dell’inquinamento del Mar Mediterraneo da fonti terrestri entro il 2020, stabilendo un piano d’azione a breve, medio e lungo termine. “Tale intervento può essere considerato come un’azione di cooperazione ambientale ed economica dei paesi dell’Ue nei confronti di quelli nordafricani , destinatari di interventi di difesa ambientale, ma anche di creazione di posti di lavoro e di sviluppo tecnologico e industriale”. Al riguardo si veda FUSANI S., Un Accordo Euro – Mediterraneo per salvare il Mare Nostrum, Terza Conferenza Ministeriale Euro – Mediterranea per l’Ambiente, in www.apat.gov.it. - progetti di riduzione delle principali cause di inquinamento106; - misure di rafforzamento delle capacità istituzionali, volte ad aiutare le nazioni vicine a creare amministrazioni ambientali nazionali capaci di elaborare leggi a tutela dell’ambiente e di vigilare sulla loro applicazione - impiego del bilancio della Commissione destinato alla ricerca per sviluppare una maggiore conoscenza dei problemi ambientali del Mediterraneo e assicurare la condivisione di tali conoscenze; - elaborazione di indicatori per monitorare il successo di Horizon 2020. Con l’adozione della Dichiarazione del Cairo a conclusione della Conferenza, i ministri euro – mediterranei dell’ambiente hanno affidato alla Commissione Europea il compito di coordinare il partenariato dell’iniziativa Horizon 2020 attraverso la creazione di un efficace meccanismo istituzionale di indirizzo, che assicuri il collegamento con altre iniziative connesse, in particolare con il Programma di Azione Strategico per la lotta all’inquinamento originato da fonti terrestri107 (SAPMED). 106 L’accento sarà posto, in una prima fase, sulle emissioni industriali, sulle acque reflue e sui rifiuti urbani, che sono responsabili di oltre l’80% dell’inquinamento del mar Mediterraneo. Al riguardo si veda Una strategia comunitaria per salvare il Mediterraneo in www.europa.eu.int/italia/news. 107 Per un maggiore approfondimento sul Programma è possibile consultare il sito internet www.ec.europa/environment/enlarg/med/horizon_2020.htm. 6. La linea ad alta velocità Torino – Lione: le problematiche relative all’impatto ambientale Nel dicembre del 2005 i mezzi d’informazione hanno messo in risalto le vicende del TAV (Treno ad Alta Velocità) in Val di Susa108, evidenziando le diverse prospettive in relazione alle opinioni, alcune favorevoli, altre del tutto contrarie a tale progetto. Si darà rilievo alle diverse posizioni al riguardo ponendo in evidenza in particolar modo le problematiche legate all’impatto ambientale che tale opera inevitabilmente comporta. L’idea della Torino – Lione che prevede il tunnel di 50 km comincia a prendere piede nel 1990. Nello stesso tempo inizia il dissenso dei gruppi ambientalisti; alla fine dell’anno vengono stipulati i primi accordi Italo – Francesi, seguiti da un opuscolo contenente i risultati di uno studio della CEE per lo sviluppo di reti ferroviarie europee, compatibili con i più moderni mezzi allora disponibili (si ricorda in Italia il pendolino). Diversi studi vengono assegnati a varie società e cominciano così a comparire le prime stime ed opuscoli che pubblicizzano la linea, mentre l’opposizione si allarga ai vari comuni interessati, alle comunità montane, istituti di ricerca indipendenti e associazioni ambientaliste. 108 La Val di Susa è una valle glaciale, una delle maggiori valli dell’ovest piemontese che si estende per più di 100 km dal confine con la Francia fino alla pianura ovest di Torino. È stata fin dall’antichità una valle di passaggio per via dei suoi due passi naturali: il Moncenisio ed il Monginevro, rispettivamente a 2000 e 1800 metri di quota. Alla fine del 1994 viene creata la società Alpetunnel con il compito iniziale di definire le modalità dei finanziamenti e di gestione del tunnel, subito dopo avviene la Conferenza di Essen dove, come si vedrà nel dettaglio nei seguenti paragrafi, la linea Torino – Lione viene collocata tra i quattordici progetti su cui l’Unione Europea dovrà pronunciarsi. Solo nel 2000 compaiono i primi tracciati della tratta internazionale che si estende da Bruzolo fino a Saint Jeant de Maurienne, preparati dalla società Alpetunnel, e quello alternativo preparato dalla Provincia che passa sul versante nord della Valle109. Nel 2001 detta società viene messa sotto accusa e smentita da uno studio che stronca i termini di fattibilità e di ritorno economico dell’opera; verrà poi sostituita da un’altra società a partecipazione italo – francese che viene appositamente costituita per portare a termine gli studi, i sondaggi ed i progetti, è la Lyon Turin Ferroviarie. Nel frattempo il governo vara una normativa che semplifica le procedure di verifica ambientale e taglia fuori dalla concertazione tutti gli enti locali110. Nel 2003 compare il primo progetto preliminare della tratta nazionale della Gronda di Torino, aspramente criticato da oppositori ed ambientalisti, su cui l’UE si pronuncia relativamente alle presunte violazioni della procedura VIA (Verifica Impatto Ambientale), affermando che “nessuna ipotesi di violazione della direttiva 85/337/CEE111 ha potuto essere identificata riguardo al progetto di linea 109 La linea ad alta velocità si chiama Torino - Lione ma in realtà a Torino non passa, perché dal monte Musine ai piedi della Val Susa, si dirige verso Settimo Torinese, dove incontra la linea Torino Milano ordinaria e quella ad alta velocità. Volendo fornire in sintesi alcuni dati tecnici è sufficiente ricordare che la lunghezza della linea TAV Torino – Lione sarà di 254 - 265 Km a seconda dell’opzione nella parte francese, venti o trenta chilometri in meno della linea attuale che è di 287 Km. La tanto discussa galleria di circa 53 Km, chiamata anche tunnel di base, non è la sola ma ci sono 4 altre gallerie in Italia per un totale di altri 41 Km. Sono tutte a doppia canna di 9 metri di diametro ciascuna. La linea Torino Lione è suddivisa in tre tratte, una Italiana, di cui la RFI (Rete Ferroviaria Italiana) è il contrattore generale, una Internazionale (affidata a LTF: Lyon Tourin Ferroviaire) ed una Francese. La tratta italiana si estende per 43 km, parte da San Didero e comprende la galleria Gravio - Musine (21.3 km) e la parte chiamata Gronda Nord di Torino. La tratta internazionale che si estende da Saint Jean Maurienne a San Didero (72 Km), è composta dalla galleria di 53 km fino a Venaus, un viadotto di circa 1 Km che attraversa la val Cenischia, la successiva galleria di 12,5 km fino a Bruzolo ed il piazzale di stazionamento a San Didero (4,5 km). La tratta include una stazione a 360 metri di profondità a Modane, equipaggiata con binari di precedenza, scambio tra binari principali, rifugi, attrezzature e così via, collegata all’esterno attrraverso una strada (discenderia) di 4 Km. La tratta internazionale è per il 35% in territorio italiano e per il 65% in quello francese. La tratta francese da Saint Jean Maurienne a Lione è lunga 137 km, di cui circa 40 km sono in tre gallerie, Belledonne, Beron – Chartreuse, Dullin - l’Epine. La galleria di Belledonne è l’unica ad essere a canna singola. l progettisti hanno scelto la concezione "bitubo”, principalmente per elevare il livello di sicurezza. Non esistono rischi di collisione tra convogli che si incrociano. In caso di incidente, è coinvolta una sola galleria, e l'altra è utilizzata come spazio di soccorso. Se necessaria, l'evacuazione dei viaggiatori è possibile in modo sicuro grazie ad una serie di accorgimenti per interventi rapidi: collegamento tra i due tubi, accessi intermedi e una stazione sotterranea di servizio e soccorso situata a metà del tunnel. L’opera complessivamente comprende circa 119 Km in trincea o rilevato o viadotto e 135 Km in galleria doppia. Infine, si ricorda che il traffico sulla linea sarà misto, passeggeri e merci. 110 Al riguardo si veda: ALLASIO A., Storia e stato progettuale della Torino – Lione, in Documento tecnico di analisi critica dei progetti per la linea AV/AC Torino – Lione e dei loro impatti, aggiornato a Giugno 2006, su www. tavtorino.org/documenti/allasio.htm. 111 Direttiva 85/337/CEE del 27 giugno 1985 relativa alla Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, successivamente modificata dalla direttiva 97/11/CE e dalla ferroviaria Torino – Lione, in relazione al quale nessuna autorizzazione alla realizzazione dell’opera risulta essere stata concessa. Tale opera risulta ancora nella fase di fattibilità”. A tale primo progetto fa seguito nel 2004 un secondo progetto preliminare e l’approvazione da parte del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) della tratta internazionale. Tutte le discussioni e l’eventuale ripresa dei lavori di sondaggio furono rinviati a dopo le Olimpiadi invernali del 2006. Il progetto definitivo della tratta nazionale è atteso entro il 2007 così come quello relativo alla tratta internazionale, mentre i lavori di ricognizione proseguiranno fino al 2009. Entro il vigente anno, dunque, Italia e Francia dovranno esprimere una reciproca dichiarazione di pubblico interesse all’opera. Se questa dovesse andare a buon fine allora entro il 2009 saranno dati gli appalti e, finanziamenti permettendo, si avvieranno i lavori112. Dopo aver elencato le fasi principali del progetto TAV appare ora opportuno analizzare le motivazioni, da una parte, dei sostenitori e dall’altra quelle di chi vi si oppone. I primi sostengono che il nuovo collegamento ferroviario rappresenterà uno strumento di sviluppo per l’intera Comunità europea, cerniera tra il nord e il sud dell’intero continente e snodo tra la Penisola Iberica e l’Europa centrale nonché via di comunicazione di enorme importanza strategica volta alla crescita delle regioni più industrializzate della fascia sud – europea. La realizzazione della linea, e soprattutto del nuovo tunnel italo – francese, contribuirà a riequilibrare il trasporto delle merci a favore della rotaia. È questa un'esigenza che nasce dalla necessità di tutelare direttiva 2003/35/CE. La direttiva 337 del 1985 richiede dati progettuali specifici riguardanti gli impatti ambientali, relativamente ai piani di riduzione o mitigazione degli impatti e dei rischi, oltre all’impegno degli stati di vigilare sull’attuazione delle norme e alla pubblica diffusione delle informazioni. 112 Al riguardo si veda: ALLASIO A., Storia e stato progettuale della Torino – Lione, cit., pg. 4. in maggior misura l'ambiente nelle aree in cui si è registrato un forte aumento del trasporto merci su gomma. Con l'integrazione tra le reti ferroviarie ad alta velocità italiana e francese, i viaggiatori saranno avvantaggiati da tempi di percorrenza molto competitivi nell'ambito europeo. Applicato ai valichi alpini, il concetto di autostrada ferroviaria potrà rappresentare un'alternativa ai percorsi stradali riducendo così i problemi di congestione ed ambientali. Il tunnel italo – francese dunque, a detta dei suoi sostenitori, è progettato per permettere questo servizio. I fautori di tale progetto si soffermano in particolare su quelli che saranno i vantaggi ambientali tra cui i più importanti sono: una drastica riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti, una più ridotta occupazione del suolo, un consistente risparmio energetico, un più limitato inquinamento acustico ed infine una maggiore sicurezza, visto che dagli studi svolti la ferrovia ha tassi di mortalità inferiori rispetto alla strada113. Come vedremo tali vantaggi risultano essere diametralmente opposti a quelle che invece sono le ragioni del dissenso alla linea TAV in particolare con riferimento all’impatto ambientale che tale progetto avrà nello spazio in cui andrà ad operare. 113 Al riguardo si veda il Seminario del TSF (Torino Social Forum) sul Piano Strategico 2000 – 2010 per Torino, in particolare la parte relativa ai vantaggi del TAV Torino – Lione secondo i sostenitori, in www.notavtorino.org. Altri vantaggi sono quelli relativi al territorio114, all’incremento della capacità di trasporto e alla riduzione dei tempi di percorrenza. Vi è poi chi sottolinea come la TAV potrebbe costituire un sicuro strumento per l’occupazione, e questo perché l’aumento degli scambi, servizi e persone generato dal nuovo collegamento produrrà un effetto positivo di sviluppo socio – economico nei territori attraversati. Per quanto concerne invece le ragioni dell’opposizione, poiché molto numerose, si cercherà di dare rilievo in questo lavoro a quelle che pur non prescindendo totalmente da tematiche prettamente regionali, riguardano più in generale la Nazione e la Comunità intera con particolare attenzione a quelle legate alla tutela dell’ambiente. Gli oppositori del treno ad alta velocità sottolineano come sarà elevatissimo l’impatto ambientale durante la sua costruzione, sia per la salute che per la vivibilità delle popolazioni che risiedono nell’area della valle; si vuole evitare, a detta degli oppositori, che un’intera generazione di bambini cresca fino all’adolescenza in un ambiente inquinato da polveri, gas, amianto e rumore115; si sottolinea poi come, 114 I sostenitori sottolineano che verrà liberata la linea tradizionale a favore del traffico pendolare e turistico e si potrà finalmente realizzare un sistema di trasporto metropolitano con treni cadenzati; verrà ridotto drasticamente il traffico dei veicoli industriali su strada, soprattutto grazie all'autostrada ferroviaria, che prevede di caricare i camion su treni navetta molto lontano dalle valli alpine, potrà essere favorito il riassetto urbanistico di molti comuni, cosi come ottenuto già da molti comuni là dove l'Alta Capacità si sta realizzando. 115 I meteorologi incaricati di specifici studi hanno sottolineato come piccole fibre di amianto presenti nelle zone di scavo, nei cassoni degli automezzi, nelle discariche saranno poi portate verso Torino e cintura dalla brezza che al mattino spira da valle verso la pianura o dai venti occidentali di caduta tipici della Val Susa (soffiano da Ovest verso Est). Viceversa, nei pomeriggi assolati le particelle prelevate dai cantieri in fondo valle saranno trascinate in alta valle dalle cosiddette termiche e portate in alto, anche a quote molto superiori di quelle dei cantieri. Le termiche sono diversamente da quanto affermato dai sostenitori del TAV, sarà molto difficile rendere compatibile il rumore di centinaia di treni con la vivibilità delle aree urbane attraversate ed un’ulteriore motivazione è che fondamentalmente mancano i soldi per farla e la paura è che una volta iniziata possa essere abbandonata e lasciata incompleta, e che in ogni caso i soldi a essa assegnati potrebbero essere investiti in modo migliore; concludendo dunque gli oppositori considerano l’opera inutile sotto tutti i punti di vista nonché fonte di possibili danni, sia ambientali che economici. Per quanto concerne il tema del finanziamento del TAV basti ricordare in questa sede che la legislazione CEE (2236/95) prevede finanziamenti per le sole opere sui confini tra Stati in ragione del 10 % del costo totale, ma li estende al 20 % nel caso di opere di particolare importanza citate nell’allegato III della decisione 1692/96/CE, come appunto la Torino – Lione, purché iniziate entro il 2010. grandi masse di aria riscaldata dai pendii soleggiati esposti a Sud delle vallate, e che sale a quote di migliaia di metri. Stessa sorte capiterà a tutte le polveri, particelle e gas nocivi, generati nel processo di costruzione dell’opera, sollevate dai mezzi di trasporto nei cantieri, generate durante la frantumazione e vaglio della roccia, dalle polveri di cemento ai fumi e gas per la produzione di quanto necessario, dai mezzi di trasporto che effettueranno un migliaio di viaggi al giorno. Tutte queste particelle subiranno lo stesso percorso, depositandosi ed inquinando dalle praterie di alta montagna ai centri cittadini giorno dopo giorno, per 10 - 15 anni. Se si volesse fare un paragone dal punto di vista dell’inquinamento dovuto ai soli mezzi di trasporto, sarebbe come avere giornalmente 1000 - 1100 veicoli pesanti in più che transitano in valle, pari ad un aumento del 35% del traffico pesante sulla A32, per tutta la durata della realizzazione della linea. A tutto questo, sottolineano i metereologi, si dovrebbero sommare tutte le altre fonti di inquinamento che generano gas, fumi, ossidi, particelle, ect. I dati del progetto citano un aumento del 3% del percolato fine, che farebbe diventare l’atmosfera della valle pari a quella di una grande città, per tutta la durata dei lavori. In ambito europeo la legge 245116 definisce le specifiche caratteristiche delle linee ad alta velocità e le suddivide in tre categorie: 1. linee specialmente costruite per l'alta velocità, attrezzate per velocità generalmente pari o superiori ai 250 km/h; 2. linee specialmente adattate per l'alta velocità, attrezzate per velocità dell'ordine di 200 km/h; 3. linee specialmente adattate per l'alta velocità e aventi caratteristiche specifiche a causa di vincoli topografici, di rilievo o di ambiente urbano, la cui velocità deve essere adeguata caso per caso117. Infine, merita ricordare come sia la stessa CEE (2002/733/CE) a definire cinque requisiti essenziali per l’implementazione della rete ferroviaria europea: - la sicurezza; - l’affidabilità e la disponibilità (intesa come capacità che il servizio sia prestato quando stabilito); 116 - la salute; - la tutela dell’ambiente; - la compatibilità tecnica. L. 245/296 in Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea del 12 settembre 2002. Il miglioramento, potenziamento e adattamento dell’attuale linea può far rientrare la Torino – Lione nei criteri della terza categoria. 117 Per concludere, sulla base di quanto scritto in precedenza e cercando di mantenere un punto di vista assolutamente neutrale, appare opportuno esprimere un’unica considerazione in relazione al fatto che è sicuramente essenziale, in conformità con quanto già sottolineato dalla direttiva 85/337/CEE, che le popolazioni locali siano consultate e svolgano un ruolo attivo nel processo decisionale. Le istituzioni centrali e regionali ed i progettisti devono instaurare una proficua collaborazione con i rappresentanti delle istituzioni alpine, così da allontanare la percezione di un'opera decisa senza il loro coinvolgimento. Questo compito di comunicazione spetta non solo agli enti locali provinciali e regionali, ma anche e soprattutto al governo e ciò in ragione della dimensione e dell'importanza dell'opera. Un progetto trasportistico di rilevanza europea e di cui il governo italiano in occasione degli annuali vertici italo – francesi riconosce la portata essenziale per il nostro Paese, non può essere delegato totalmente ad altri, anche se ancora in fase preparatoria. E’ il governo, in altre parole, che deve spiegare i vantaggi dell’opera ed il suo bilancio complessivamente positivo per il Paese, per il Piemonte e per le stesse Valli Alpine. Nel contempo, dare le garanzie alle popolazioni locali che l’opera sarà fatta bene, nel pieno rispetto del patrimonio paesaggistico delle Valli Alpine, che ci saranno tutte le necessarie compensazioni, che verranno messi a punto gli strumenti giuridici giusti per la gestione dell'opera, in modo da minimizzare l'impatto della stessa sul territorio e rafforzarne al contrario le ricadute positive. Si tratta di garanzie indispensabili affinché i soggetti interessati possano essere informati correttamente dei pro e dei contro di un’opera così importante, e possano di conseguenza esprimere un giudizio sulla base di una valutazione completa ed esauriente. CAPITOLO III Il diritto derivato specifico in materia di reti transeuropee 1. Gli orientamenti comunitari sulle reti transeuropee L’art. 129 C, primo trattino, del Trattato CE sancisce che “per conseguire gli obiettivi di cui all’art. 129 B TCE, la Comunità stabilisce una serie di orientamenti che contemplino gli obiettivi, le priorità e le linee principali delle azioni previste nel settore delle reti transeuropee; in detti orientamenti sono individuati progetti di interesse comune”. Il testo parla di orientamenti utilizzando tale termine per indicare un atto atipico118 in quanto non elencato all’interno del Trattato119. Esso ha sicuramente funzioni programmatorie al servizio di politiche comunitarie (ex art. 7 A TCE e art. 130 A TCE) con un contenuto determinato per concorrere alla costituzione e allo sviluppo di RTE nei settori specificamente individuati120. Ai sensi dell’art. 129 D TCE (oggi art. 156 CE modificato dal Trattato di Amsterdam) “gli orientamenti di cui all’art 155 CE, primo paragrafo, sono adottati dal Consiglio, che delibera in conformità della procedura di cui all’art. 189 B TCE (oggi art. 251 CE) e previa consultazione del Comitato economico e 118 Al riguardo si veda: ZANGHI C., Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, Torino, Giappicchelli, 1997, per il quale “i programmi, ai quali gli orientamenti sono vicini o addirittura coincidenti, sono atti atipici vincolanti”. Nell’ordinamento dell’Unione vi è una folla di deliberazioni, risoluzioni, libri verdi, bianchi, documenti programmatici, memorandum, relazioni programmatiche o propositive e via dicendo, una serie di atti definibili in negativo, tutti riconducibili agli atti atipici non vincolanti. Si tratta di atti che non hanno effetti giuridici tipici vincolanti, non pongono norme, neppure norme che vincolano altri soggetti o uffici ad emanare norme come avviene per le direttive (che, peraltro, hanno anche una loro efficacia diretta). Tuttavia essi costituiscono elementi non irrilevanti in qualsiasi ordinamento e nei processi politico-istituzionali che si svolgono nell’ambito degli ordinamenti, in quanto costituiscono, almeno talvolta, consigli, messaggi, stimoli di convincimenti, parametri di giudizio per gli organi degli apparati, ma anche per l’opinione pubblica, e possono essere tenuti in considerazione per valutare l’osservanza del dovere di leale cooperazione al quale si riferisce l’art. 5 del Trattato di Roma. 119 L’attuale art. 249 CE (già art. 189 TCE) prevede che: “Per l’assolvimento dei loro compiti e alle condizioni contemplate dal presente trattato, il Parlamento europeo congiuntamente con il Consiglio e la Commissione adottano regolamenti e direttive, prendono decisioni e formulano raccomandazioni o pareri. Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salvo restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati. Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti”. 120 Gli orientamenti vengono avvicinati ai programmi generali previsti per l’ambiente dall’art. 130 S comma terzo TCE (attualmente art. 174 CE), ai programmi quadro di ricerca e sviluppo tecnologico previsti dall’art. 130 I TCE (attualmente art. 166 CE), per cui possono essere considerati come atti di programmazione, se questa nozione può essere considerata utile. sociale e del Comitato delle Regioni”. La peculiarità del procedimento sta dunque nella riserva assoluta di codecisione121, data l’importanza della materia da considerare strategica nella politica di integrazione europea122. L’enunciato normativo dell’art. 129 C TCE può non apparire chiaro in quanto da una parte, pur attribuendogli un nome particolare, non riconduce gli orientamenti ad una delle caselle degli atti tipici secondo il diritto comunitario123, dall’altra, pur non dicendolo espressamente, conferisce agli orientamenti efficacia vincolante. Ciò è deducibile quantomeno in relazione all’attività di ausilio finanziario di cui all’art. 129 C, terzo trattino TCE, che può essere esercitata “per progetti di interesse comune finanziati dagli Stati membri e individuati nell’ambito degli orientamenti di cui al primo trattino”. Anche l’impiego stesso della procedura di codecisione, che di solito è volta a formare atti normativi vincolanti, testimonia a favore della presenza di effetti cogenti. L’interpretazione delle norme che è stata data dagli organi comunitari e la prassi che è stata seguita sono state determinanti per la configurazione degli orientamenti come decisioni. L’atto di deliberazione di orientamenti è stato assunto con forma e qualificazione di decisione nell’atto così intitolato del 23 luglio 1996, n. 1692/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea di trasporti124. Successivamente è stata pubblicata una rettifica di tale decisione125. Per quanto concerne l’energia si ricorda la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 1996, n. 1254/96/CE126, che stabiliva una serie di orientamenti relativi alle RTE nel settore dell’energia, modificata con la decisione del 29 maggio 1997, n. 1047/97/CE127. La decisione 1254/96/CE ha fatto seguito a quella del Consiglio europeo del 28 marzo 1996, n. 391/96/CE, relativa ad una serie di azioni volte a creare un 121 Nella procedura di codecisione (ex art. 189 B TCE) il Parlamento europeo è in grado di bloccare l’azione del Consiglio, potendo respingere, al termine della procedura e con una decisione presa a maggioranza assoluta dei suoi membri, l’atto legislativo adottato dal Consiglio. La procedura è assai complicata in quanto si snoda in vari fasi, tese al raggiungimento di un accordo tra Parlamento e Consiglio, con l’eventuale intervento addirittura di un Comitato di conciliazione composto, da un lato, dai membri del Consiglio o da loro rappresentanti, e dall’altro da altrettanti rappresentanti del Parlamento. 122 Al riguardo si veda: PREDIERI A., Gli orientamenti sulle reti transeuropee, in Il Diritto dell’Unione Europea, 1997, p. 4. L’autore osserva come, in concreto, in alcuni casi (come è accaduto nel settore dell’energia con la decisione 1254/96/CE) gli orientamenti adottati hanno per molti aspetti un contenuto non dettagliato, finendo così per assumere il ruolo di atti di indirizzo che lasciano ampi margini di discrezionalità agli Stati chiamati ad attuarli. 123 Appare opportuno ricordare che il «diritto derivato» costituisce la terza fonte importante del diritto comunitario dopo i trattati (diritto primario) e gli accordi internazionali. Il diritto derivato può essere definito come l’insieme degli atti normativi adottati dalle istituzioni europee in applicazione delle disposizioni dei trattati. Fanno parte del diritto derivato gli atti giuridici vincolanti (regolamenti, direttive e decisioni) e non vincolanti (risoluzioni, pareri) previsti dal trattato CE, ma anche tutta una serie di altri atti, come a esempio i regolamenti interni delle istituzioni e i programmi d'azione comunitari o appunto gli orientamenti. 124 In G.U.C.E. L. 228, 9 settembre 1996. 125 In G.U.C.E. L. 15, 17 gennaio 1997. 126 In G.U.C.E. L. 161, 29 giugno 1996. 127 In G.U.C.E. L. 152, 11 giugno 1997. contesto più favorevole alle RTE nel settore dell’energia, ai sensi dell’art. 189 C TCE128 e non, come gli orientamenti, a norma dell’art. 189 B TCE129. Per quanto riguarda le telecomunicazioni si ricorda la decisione del 17 giugno 1997, n. 1336/97/CE130 relativa ad un insieme di orientamenti per le RTE in questo settore. Essendo riconducibili alle decisioni, gli orientamenti sono senza dubbio vincolanti per i destinatari da essa designati, e cioè, nel caso specifico, per i singoli Stati interessati131 e per le istituzioni comunitarie. Le politiche delle reti possono essere perseguite anche con altri strumenti in quanto collegate a politiche industriali o politiche di quegli stessi settori delle infrastrutture, trasporti, telecomunicazioni ed energia. In altre parole, come una politica dei trasporti non prescinderà da una politica di reti e avrà aree confinanti o addirittura sovrapposte con quella, altrettanto una politica di telecomunicazioni dovrà avere zone di collegamento con quella delle reti di telecomunicazioni. Queste due politiche non impiegheranno lo strumento degli orientamenti; potranno impiegare quello di atti normativi che vincoleranno non solo i destinatari, come nel caso degli orientamenti, ma la generalità quando venga usato lo strumento del regolamento, e quello delle direttive dotate di efficacia diretta, quando ne ricorrano presupposti. Gli orientamenti possono porsi come presupposti non necessari, ma solo fattuali. Ad esempio, gli orientamenti sulla rete dei trasporti 128 Attualmente art. 252 TCE il quale descrive la procedura di cooperazione, laddove, in sintesi, ad avere l’ultima parola è il Consiglio;ciò significa che, se esso è unanime, può adottare l’atto comunitario anche contro il parere del Parlamento. Ciò però può avvenire solo in seconda lettura ovvero dopo che il Parlamento si sia espresso e dopo che eventuali emendamenti da esso proposti siano stati esaminati. 129 Merita sottolineare come in entrambe i casi trattasi di decisioni: l’una, art. 189 C del Consiglio europeo, l’altra del Parlamento e del Consiglio. 130 In G.U.C.E. L. 183, 11 luglio 1997. 131 A tal riguardo si vedano nello specifico l’art. 24 della decisione n. 1692/96/CE; l’art. 3 della decisione n. 1047/97/CE; l’art. 12 della decisione n. 1254/96/CE. potranno e dovranno (per un canone di buona amministrazione) concorrere a determinare le decisioni in materia di accesso generalizzato alle reti e infrastrutture dei trasporti, area di grande importanza, così come potrà avvenire per le telecomunicazioni, il cui settore continuerà ad essere regolato da direttive e da decisioni. In questa materia infatti vi sono norme assunte con direttiva132 come per esempio la direttiva 97/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 1997, sull’interconnessione nel settore delle telecomunicazioni e finalizzata a garantire il servizio universale e l’interoperabilità attraverso l’applicazione dei principi di fornitura di una rete aperta (ONP), che regolano submaterie a cui fa riferimento l’art. 129 B TCE come le interconnessioni. In conclusione si può dire, dunque, che lo strumento normativo permette di regolare in modo più incisivo quello che gli orientamenti non potrebbero regolare; la loro funzione appare essere soprattutto quella di individuare i progetti che dovranno essere realizzati in via operativa nel quadro normativo che statuisce le regole per l’interconnessione, l’interoperabilità e l’accesso alle reti133. 132 A tal riguardo si veda per esempio la direttiva 96/48/CE del Consiglio del 23 luglio 1996 relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità, in G.U.C.E. L. 235, 17 settembre 1996. 133 In particolare la decisione n. 1692/96/CE, art. 1, secondo comma, sancisce che gli orientamenti “costituiscono un quadro generale di riferimento ad incoraggiare le azioni degli Stati membri e, se del caso, della Comunità per l’attuazione di progetti di interesse comune volti a garantire la coerenza, l’interconnessione e l’interoperabilità della rete transeuropea dei trasporti nonché l’accesso a tale rete. Questi progetti costituiscono un obiettivo comune, la cui realizzazione dipende dal grado di maturità e dalla disponibilità di risorse finanziarie, fatto salvo l’impegno finanziario di uno Stato membro o della Comunità. Gli orientamenti sono altresì volti a facilitare Si può dire quindi che gli orientamenti hanno il connotato di imporre vincoli, in particolar modo nei confronti di coloro che devono provvedere all’attività normativa e amministrativa che è necessaria per le azioni previsti dall’art. 129 C TCE, siano essi uffici comunitari o degli Stati. l’impegno del settore privato”. Possiamo riscontrare analoga statuizione nella decisione n. 1254/96/CE, in cui manca una formula che parli di quadri di riferimento, ma il cui allegato è intitolato “reti transeuropee nel settore dell’energia. Elenco indicativo dei progetti di interesse comune”. 2. I progetti prioritari relativi alle reti transeuropee dei trasporti (TEN–T) La rete transeuropea di trasporto (TEN–T ) è indispensabile per assicurare la libera circolazione delle merci nell'Unione europea. Su di essa viaggia circa la metà delle merci e dei passeggeri. Gli orientamenti per la TEN–T definiscono le priorità dell'Unione europea, applicando l'etichetta di rete a determinati itinerari, per concentrare così il sostegno finanziario comunitario a favore di progetti con un valore aggiunto comunitario più elevato134. Benché il sostegno finanziario comunitario proveniente dal bilancio TEN sia piuttosto limitato (in linea di principio è inferiore al 10%), il fondo di coesione, il FESR, svolge un ruolo importante, così come la BEI. La rete serve da quadro di riferimento per altra legislazione comunitaria e promuove la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione. Alcuni importanti progetti sono inclusi in un elenco di progetti prioritari. Essi rappresentano solo una parte dei numerosi progetti della TEN–T, tuttavia la loro selezione tra un ampio ventaglio di progetti li rende particolarmente visibili, un elemento che consente di concentrare, attirare e coordinare le risorse finanziarie. I primi orientamenti per la rete TEN–T sono stati fissati nel 1996 nella decisione n. 1692, ma come sottolineato nel Libro Bianco 134 Al riguardo si veda: Progetti prioritari per la rete transeuropea di trasporto fino al 2020. Relazione del gruppo di alto livello, in www. ec.europa.eu/ten/transport. del 2001 sui trasporti135, essi necessitavano di una importante revisione. Proprio per questo motivo la Commissione ha istituito nel 2001 un gruppo di alto livello sulle TEN–T presieduto da Karel Van Miert, ex vicepresidente della Commissione e responsabile in particolare della politica dei trasporti. Al gruppo è stato affidato il mandato di identificare entro l'estate del 2003 i progetti prioritari e le tematiche orizzontali di importanza fondamentale per la rete transeuropea di trasporto fino al 2020 sulla base delle proposte degli Stati membri e dei paesi in via di adesione136. Dopo aver preso in considerazione 100 progetti presentati dagli Stati membri e dai paesi in via di adesione, il gruppo ha sviluppato una sua metodologia di selezione scegliendo un numero limitato di progetti prioritari per la rete di trasporto dell'Unione europea. Il gruppo di alto livello aveva raccomandato alla Commissione di concentrarsi su due obiettivi principali per i progetti prioritari: completare entro il 2010 cinque dei quattordici progetti prioritari identificati dal gruppo Christophersen nel 1994 e confermati nel Consiglio di Essen e avviare ventidue nuovi progetti prioritari entro il 135 Pubblicato il 12 settembre 2001 e disponibile al seguente indirizzo internet: www.europa.eu.int/comm/energy_transport/it/lb_it.html. 136 Il gruppo, costituito da un rappresentante per ogni Stato membro, un osservatore per ogni paese in via di adesione e un osservatore della Banca europea per gli investimenti (BEI), si è riunito 10 volte tra dicembre 2002 e giugno 2003. 2020137. I progetti prioritari proposti sono stati suddivisi in quattro elenchi: • Elenco 0: prende atto dei progressi compiuti in merito ai progetti approvati al Consiglio di Essen attualmente in corso di esecuzione e include i progetti che saranno completati entro il 2010. • Elenco 1: si tratta di nuove priorità definite con chiarezza, dotate di un elevato valore aggiunto per l'Europa ed elaborate con realismo quanto al finanziamento e alla possibilità di avviare i lavori secondo le scadenze previste. Importanti sezioni di sei dei progetti approvati al Consiglio di Essen sono state integrate in questi nuovi progetti prioritari. I paesi hanno fornito impegni seri per l'avvio dei lavori su tutte le sezioni di ogni progetto entro il 2010, per poi renderli operativi non oltre il 2020. • Elenco 2: include progetti con un valore aggiunto decisamente elevato per l'Europa che meritano particolare attenzione, sebbene in una prospettiva a lungo termine. 137 Per quanto concerne i criteri di selezione è importante sottolineare che tutti i progetti selezionati dovevano: - riguardare uno dei principali assi transeuropei dell'Unione allargata, prendendo in particolare considerazione le barriere naturali, i problemi di congestione o i raccordi mancanti; - avere una dimensione europea e raggiungere una soglia di 500 milioni di euro - mostrare potenziale redditività economica, altri vantaggi socioeconomici e impegni seri dagli Stati membri interessati per completare il progetto entro le scadenze stabilite. Ulteriori criteri qualitativi erano: - il valore aggiunto del progetto per l'Europa, in termini di contributi per agevolare gli scambi tra Stati membri; - il rafforzamento della coesione; - il contributo allo sviluppo sostenibile dei trasporti affrontando i problemi della sicurezza e della protezione dell'ambiente e promuovendo il trasferimento modale. • Elenco 3: comprende progetti importanti per la coesione territoriale che contribuiscono agli obiettivi della coesione economica e sociale138. 138 Elenco 0 - 3 progetti terminati (linea ferroviaria Cork-Dublino-Belfast-Stranraer,aeroporto di Malpensa, raccordo sull'Öresund); - 5 progetti da terminare entro il 2010 (linea Betuwe, treno ad alta velocità Parigi-BruxellesColonia-Amsterdam-Londra, autostrade greche, collegamento stradale UK/IRL/Benelux, linea ferroviaria principale lungo la costa occidentale del Regno Unito); - importanti sezioni di 6 progetti saranno completate entro il 2010 (Berlino-Verona, linea TGV Sud, linea TGV Est, Lione-Torino-Trieste, collegamento multimodale Portogallo/Spagna/resto d'Europa,triangolo nordico); Elenco 1 1. Galileo 2. Eliminare le strozzature sui bacini di Reno, Meno e Danubio; 3. Autostrade del mare; 4. Linea ferroviaria mista Lione-Trieste/Koper-Lubiana-Budapest; 5. Linea ferroviaria mista Berlino-Verona-Napoli/Milano-Bologna; 6. Linea ferroviaria mista frontiera Grecia/Bulgaria-Sofia-Budapest-Vienna-Praga-Norimberga; 7. Linee ferroviarie ad alta velocità, Europa sudoccidentale; 8. Linea ferroviaria mista Danzica-Varsavia-Brno/Zilina; 9. Linea ferroviaria mista Lione/Genova-Basilea-Duisburg-Rotterdam/Anversa; 10. Linea ferroviaria mista Parigi-Strasburgo-Stoccarda-Vienna-Bratislava; 11. Interoperabilità della rete ferroviaria ad alta velocità nella penisola iberica; 12. Collegamenti multimodali Irlanda/UK/Europa continentale; 13. Ponte stradale e ferroviario sullo stretto di Messina; 14. Raccordo fisso stradale/ferroviario sul Fehmarn Belt; 15. Il triangolo nordico; 16. Collegamento multimodale Portogallo/Spagna con il resto d'Europa; 17. Autostrada frontiera Grecia/Bulgaria –Sofia – Nadlac(Budapest)/(Costanza); 18. Autostrada Danzica –Katowice –Brno / Zilina –Vienna; Elenco 2 1. Nuova ferrovia ad alta capacità attraverso i Pirenei; 2. Ferrovia del Baltico: Helsinki-Tallinn-Riga-Kaunas-Varsavia; 3. Linea ferroviaria per trasporto merci Danzica-Bydgoszcz-Katowice-Zwardon; 4. Via navigabile interna Senna-Schelda; Elenco 3 1. Accessibilità e interconnessioni delle reti - Centri logistici multimodali a Slawkow (Polonia) con collegamenti alla rete ferroviaria a scartamento russo; - Linea ferroviaria Bari–Duazzo-Sofia-Varna/Bourgas (mar Nero); - Linea ferroviaria Napoli-Reggio Calabria-Palermo; - Corridoio stradale/ferroviario tra Irlanda occidentale e Dublino; - Porto di Limassol e relativo accesso stradale; - Porto di Larnaka e relativo accesso stradale; - Porti della Valletta e di Marsaxlokk; - Corridoio intermodale mar Ionio/Adriatico; - Strada Dover-Fishguard (esclusa l'autostrada M25); 2. Collegamenti transfrontalieri - Autostrada Dresda/Norimberga-Praga-Linz; - Linea ferroviaria Praga/Linz; - Autostrada Zilina-Bratislava-(Vienna); - Linea ferroviaria Maribor-Graz; - Autostrada (Ljubljana)-Maribor-Pince-Zamardi-(Budapest); - Migliorare l'attraversamento stradale dei Pirenei. Merita il giusto rilievo, in relazione al tema in oggetto, il fatto che il gruppo di alto livello ha poi preso in considerazione una serie di progetti che favoriscono la coesione economica e sociale. Questo in particolare perché la ripresa economica di numerose regioni, soprattutto nei futuri nuovi Stati membri, sarebbe dipesa soprattutto dalla disponibilità di un accesso agevole ai maggiori assi europei, di interconnessioni efficienti e in particolare di buoni collegamenti transfrontalieri. Senza pregiudicare l'ambito di applicazione degli strumenti finanziari dopo il 2006, è stato possibile selezionare solo i progetti più importanti tra quelli inizialmente classificati come prioritari; questi progetti sono inclusi nell'elenco 3. 3. I progetti prioritari relativi alle reti transeuropee dell’energia (TEN–E) La disciplina comunitaria in tema di reti transeuropee nel settore dell’energia è contenuta all’interno della Decisione 1229/2003/CE139 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce una serie di orientamenti relativi alle TEN–E. Essa tende a sottolineare che la sicurezza dell’approvvigionamento energetico ed il funzionamento del mercato interno dell’energia sono obiettivi fondamentali della politica settoriale in tema di TEN–E e sono volti sostanzialmente a promuovere una rete del gas e dell’elettricità dal carattere veramente europeo, attraverso un migliore collegamento delle reti nazionali. Gli orientamenti della Comunità europea per le TEN–E, adottati nel 1996, comprendevano un elenco di progetti di interesse comune che è stato aggiornato due volte, nel 1997 e nel 1999. La recente revisione degli orientamenti è entrata in vigore nel giugno 2003 e identifica determinati assi per progetti prioritari e progetti di intesse comune140. Gli orientamenti per lo sviluppo delle reti transeuropee dell’energia intendono garantire l’efficace funzionamento del mercato interno dell’energia, rafforzando la coesione nell’Unione, migliorando la sicurezza dell’approvvigionamento e proteggendo l’ambiente. Connettere le reti nazionali e costruire interconnessioni supplementari fra gli Stati membri è dunque parte di un processo di integrazione che costituisce il necessario presupposto per la creazione di una rete europea per la trasmissione dell’energia. La Commissione sottolinea come sia di capitale importanza completare una serie di progetti lungo gli assi prioritari che presentano 139 Tale decisione abroga la decisione 1254/96/CE ed è pubblicata in G.U.C.E. L 176, del 15 luglio 2003, p. 11. 140 Sull’azione comunitaria in materia di energia e relativamente ad una politica maggiormente attenta alle esigenze di coesione sociale si veda: NANNI L., Le direttive UE in tema di transito di energia elettrica e di gas naturale nelle grandi reti di trasporto, in Rass. giur. en. el., 1995, p. 938 ss. un carattere transfrontaliero o che hanno un impatto significativo sulla capacità di trasporto transfrontaliero141. L’azione comunitaria per lo sviluppo delle reti dell’energia riguarda le principali reti di trasporto/trasmissione dell’elettricità e del gas naturale, escluse le reti di trasmissione142. All’origine i progetti considerati necessari erano dieci, i cosiddetti “progetti di Essen”, adottati dal Consiglio europeo di Essen nel dicembre 1994, ma poi l’elenco si è rapidamente allungato grazie ad un approccio dal basso verso l’alto (bottom – up), fino a comprendere nel 1999 circa 200 progetti di interesse comune. Nella revisione adottata nel 2003 sono stati approvati oltre 220 progetti. Nell’ultima revisione i progetti sono stati classificati per ordine di importanza. Oltre a migliorare in generale le connessioni, è 141 Gli assi per i progetti prioritari devono tenere conto delle connessioni necessarie per il corretto funzionamento del mercato interno e per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico. I problemi relativi alle reti del gas e dell’elettricità presentatisi erano diversi: i) le capacità di interconnessione elettrica si erano rivelate ampiamente insufficienti per sostenere un ulteriore aumento degli scambi e del commercio. Di conseguenza, al Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002 i capi di Stato e di governo avevano concordato di fissare un obiettivo per gli Stati membri secondo il quale entro il 2005 il livello delle interconnessioni elettriche avrebbe dovuto essere equivalente almeno al 10% della loro capacità di produzione installata. ii) Quanto al gas naturale, si è calcolato che nei prossimi 20-30 anni si registrerà un forte aumento della dipendenza dalle importazioni di gas. Nell’ambito della politica in materia di TEN-E, un obiettivo realistico era quello di definire una capacità aggiuntiva di importazione di gas di 70 miliardi di metri cubi di qui al 2013, da fonti ubicate in Russia, Africa settentrionale, nella regione del mar Caspio e nel Medio oriente. Attualmente i principali fornitori di gas naturale sono la Norvegia, la Russia e l’Africa settentrionale. In futuro, la regione del mar Caspio, il Medio oriente e la regione del Golfo diventeranno altri importanti fornitori. Queste fonti determinano le rotte naturali di transito. Su questi punti si veda la Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato Economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni sull’attuazione degli orientamenti per le reti transeuropee dell’energia nel periodo 2002 – 2004, in conformità all’art. 11 della Decisione n. 1229/2003/CE. In www.ec.europa.eu/consumers/prot_rules/admin_coop.it. 142 Appare opportuno ricordare che un progetto può essere di interesse comune se corrisponde agli obiettivi e alle priorità specificate negli orientamenti e se presentano prospettive di potenziale validità economica. L’inclusione di un progetto nell’elenco dei progetti di interesse comune non influisce sulla valutazione dell’impatto ambientale. necessario costruire collegamenti specifici a cui deve essere data grande priorità. Questa constatazione ha portato ad adottare una nuova strategia dall’alto verso il basso (top – down) per affrontare le maggiori priorità. Di conseguenza, la decisione relativa agli orientamenti per l’energia, adottata nel giugno 2003, individua, oltre ai progetti di interesse comune, gli assi dei progetti prioritari. In questo modo, il programma TEN–E risponde al problema dell’aumentata dipendenza dalle importazioni di gas, che richiede un aumento significativo della capacità di trasporto di gas naturale, e alla necessità di una maggiore capacità di interconnessione elettrica tra gli Stati membri, che permetterebbe un funzionamento più affidabile ed efficiente della rete ed eviterebbe le interruzioni di corrente. I cinque progetti specifici relativi al settore del gas che figurano nell’elenco dei “progetti di Essen” del 1994 sono stati realizzati poco tempo dopo. Si trattava dei gasdotti principali Algeria - Marocco Spagna e Russia – Bielorussia – Polonia – UE e delle nuove reti del gas in Grecia, Portogallo e nelle regioni meridionali e occidentali della Spagna. Due dei cinque progetti specifici relativi al settore dell’elettricità sono stati portati a termine; si tratta della connessione fra il nord del Portogallo e la Spagna e l’interconnessione Italia - Grecia. Per gli altri tre progetti non è stato possibile superare le difficoltà rappresentate dalle autorizzazioni amministrative (per i progetti Francia – Italia e Francia – Spagna) o non è stata presa la decisione di procedere alla costruzione (per la connessione fra le regioni occidentali e orientali della Danimarca). Per quanto concerne, infine, i progetti realizzati dopo il 2001, si tratta di 45 progetti nel settore dell’elettricità di cui un numero rilevante in Spagna, Portogallo e nell’Europa del sud – est, e di 16 progetti nel settore del gas. 4. Gli orientamenti comunitari per le reti transeuropee di telecomunicazione (e–TEN) L’obiettivo degli orientamenti comunitari dettati in tema di e– TEN è quello di favorire l'interconnessione delle reti di telecomunicazione, l'istituzione e la realizzazione di servizi e applicazioni interoperativi e delle infrastrutture necessarie; agevolare la competitività delle imprese europee; rafforzare il mercato interno; rafforzare la coesione economica e sociale; accelerare lo sviluppo delle attività nei nuovi settori in pieno sviluppo. Questo è quanto espressamente dichiarato all’interno della Decisione n. 1336/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio143. Con questa decisione, il Parlamento europeo e il Consiglio stabiliscono gli orientamenti che riguardano gli obiettivi, le priorità e le grandi linee delle azioni previste nel campo delle reti transeuropee. Questi orientamenti definiscono i settori prescelti per i progetti d'interesse comune e stabiliscono una procedura per l'individuazione dei progetti specifici d'interesse comune in questi settori. La decisione prevedeva poi che la realizzazione di tali obiettivi avrebbe dovuto seguire le seguenti priorità: • analisi e conferma della fattibilità tecnica e commerciale, seguita dalla realizzazione di applicazioni, segnatamente d'interesse collettivo, che contribuiscano a creare una società europea dell'informazione; • analisi e conferma della fattibilità, seguita dalla realizzazione di applicazioni che contribuiscano alla coesione economica e sociale, migliorando l'accesso alle informazioni in tutta l'Unione europea sfruttando la diversità culturale dell'Europa; 143 Decisione n. 1336/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 1997, in merito a una serie di orientamenti sulle reti transeuropee di telecomunicazione, in G.U.C.E. L 183 dell'11.07.1997. Tale importante decisione è stata successivamente modificata nel 2002 dalla Decisione n. 1376/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, in G.U.C.E. L 200 del 30.07.2002. • incentivazione di iniziative interregionali, transfrontaliere che riuniscano le regioni, segnatamente quelle meno favorite nell'avvio di servizi e applicazioni transeuropei di telecomunicazione; • analisi e conferma della fattibilità, seguita dalla realizzazione di applicazioni e servizi che contribuiscano a rafforzare il mercato interno e creare posti di lavoro, segnatamente quelli che offrono alle piccole e medie imprese la possibilità di migliorare la loro competitività all'interno della Comunità e a livello mondiale; • individuazione, analisi e conferma della fattibilità tecnica e commerciale, seguita dalla realizzazione di servizi generici transeuropei che offrano un accesso senza soluzione di continuità a tutte le informazioni, anche nelle zone rurali e periferiche, e che siano interoperabili con servizi equivalenti su scala mondiale; • analisi e conferma della fattibilità delle nuove reti di comunicazione integrate a banda larga144 (reti IBC), ove ciò risulti necessario per le applicazioni e i servizi in questione, ed incentivi all'interconnessione di tali reti; • individuazione ed eliminazione di lacune e anelli mancanti per un'efficace interconnessione e interoperabilità di tutti gli elementi delle reti di telecomunicazione in Europa e nel mondo, con 144 Al riguardo si veda in particolare la Decisione n. 1336/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 1997, in merito a una serie di orientamenti sulle reti transeuropee di telecomunicazione in G.U.C.E. L 183 dell'11 luglio 1997. Inoltre è possibile consultare il sito internet www.mondotv.biz/Tecnologie. un'attenzione particolare per le reti IBC145. Gli Stati membri dovranno adottare ogni misura necessaria, a livello nazionale, regionale o locale, al fine di agevolare e accelerare la realizzazione dei progetti d’interesse comune, nel rispetto delle norme comunitarie146. 145 Cfr.: Orientamenti per le reti transeuropee di telecomunicazioni, Sintesi, in www.DocumentsandSettings\Utente\progettiprioritari\SCADPlus/Orientamentiperleretitranseuroe editelecomunicazioni.mht. 146 L'allegato 1 della decisione definisce il modello a tre livelli che fornisce il quadro più appropriato per descrivere le reti transeuropee di telecomunicazione: livello "applicazioni": soddisfa le necessità degli utenti tenendo conto delle differenze linguistiche e culturali e delle esigenze di accessibilità, soprattutto per le persone disabili. Le applicazioni si adattano anche alle esigenze specifiche delle regioni meno sviluppate o meno popolate. I settori interessati sono i seguenti: a) i pubblici poteri e l'amministrazione in linea (p. es. aggiudicazione di appalti pubblici per via elettronica, sicurezza delle persone, ambiente e turismo, sostegno commerciale alle PMI, partecipazione al processo democratico decisionale); b) miglioramento dell'accesso alla salute e della qualità delle cure (p. es. messa in rete dei centri sanitari, azioni di profilassi e di promozione della salute); c) istruzione e cultura (p. es. nuovi modi di presentazione dell'informazione pedagogica e culturale, apprendimento lungo tutta la vita, partecipazione delle persone anziane o minorate alla società dell'informazione); livello "servizi generici": fornisce strumenti comuni per lo sviluppo e l'attuazione di nuove applicazioni fondate su norme di interoperabilità. I settori interessati sono i seguenti: a) servizi mobili (p. es. le reti mobili "2,5-3G": orientamento e navigazione, sicurezza, fatturazione, servizi di emergenza, salute, telelavoro, apprendistato e cultura); b) servizi di interesse generale concernenti tutti gli aspetti della sicurezza (p. es. messa in reti dei sistemi CERT nazionali - Convenzione europea per la repressione del terrorismo). livello "interconnessione ed interoperabilità delle reti": favorisce l'interconnessione, l'interoperabilità e la sicurezza delle reti per l'attuazione di applicazioni o di servizi specifici di interesse generale. CAPITOLO IV Le reti transeuropee all’interno della politica euromediterranea 1. Le fasi della politica euromediterranea La politica mediterranea trova le proprie basi giuridiche nel Trattato di Roma del 1957. Il suo scopo primario sta nella necessità di mantenere e di intensificare i legami di natura economica e politica con i paesi del Mediterraneo al fine di assicurare all’Europa una posizione di primo piano in un’area di enorme importanza strategica. Quando la Comunità Economica Europea fu istituita, con il Trattato di Roma del 1957, legami coloniali più o meno intensi legavano ancora alcuni Paesi della CEE a un cospicuo gruppo di Stati sulla sponda meridionale e orientale del Mediterraneo, i cosiddetti Paesi Terzi Mediterranei (PTM147). 147 Per Paesi Terzi Mediterranei (PTM) si intendono i dodici Paesi coinvolti nel processo di Barcellona e cioè: Algeria, Cipro, Egitto, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia, Autorità Palestinese. A partire dalla metà degli Anni Sessanta, si sviluppò una politica strutturata essenzialmente su accordi commerciali148 preferenziali e accordi di associazione149 con i singoli paesi del bacino150, segnando una prima fase di tale intervento. Con la Conferenza di Parigi dell’ottobre del 1972 si conclude il primo ciclo della politica comunitaria nel Mediterraneo; caratterizzato dal fatto che la frammentarietà che ne aveva impedito lo sviluppo venne soppiantata da una nuova impostazione: l’idea di un approccio globale della Comunità Europea151. 148 Per quanto riguarda gli accordi che vincolano la Comunità con Stati terzi, in quanto enti dotati di una propria personalità giuridica internazionale, le Comunità Europee agiscono come tali nella vita di relazione internazionale, intrattenendo rapporti oltre che con gli Stati membri anche con Stati che non fanno parte della Comunità. Le relazioni della Comunità con gli Stati terzi trovano il loro momento più importante proprio nella conclusione di accordi con tali Stati che costituisce indubbiamente l’espressione più significativa della capacità di un ente di agire sul piano delle relazioni internazionali. Al riguardo si veda: GAJA G., Introduzione al diritto comunitario, Torino, 2004, p. 145 ss. 149 L’art. 310 TCE, nel regolare la stipulazione di accordi di associazione, sembrerebbe prevedere in proposito una competenza esclusiva della Comunità. Stabilisce infatti che “la Comunità può concludere accordi che istituiscono un’associazione caratterizzata da diritti e obblighi reciproci, da azioni in comune e da procedure particolari”. Un accordo di associazione crea dunque vincoli particolari e privilegiati con uno Stato terzo il quale deve, almeno in parte, partecipare al regime comunitario. Per quanto concerne la procedura di conclusione degli accordi di conclusione l’art. 310 TCE prevede che essi siano conclusi dal Consiglio operante all’unanimità e previo parere conforme del Parlamento europeo che si pronuncia a maggioranza assoluta dei membri che lo compongono. Il primo accordo di associazione fu concluso ad Atene con la Grecia nel 1961 e prevedeva la progressiva estensione dell’Unione doganale alla Grecia. Al riguardo si veda: GAJA G., Introduzione al diritto comunitario, Torino, 2004, p. 152 ss. 150 Nel 1961 e nel 1963 venivano conclusi i primi accordi di associazione con la Grecia e Turchia a cui seguiva l’accordo con Malta , nel 1971, e con Cipro, nel 1973. Tra il 1965 e il 1973 venivano inoltre stipulati accordi associativi per il mantenimento di particolari vincoli con Tunisia e Marocco (1960) e accordi commerciali con Libano (1965), Spagna ed Israele (1970), Portogallo ed Egitto (1972) e Iugoslavia (1973). l’impostazione fondamentale che accomuna questo gruppo di accordi consiste nel fatto che la Comunità si pone, nel contesto mediterraneo, esclusivamente come un blocco economico, e non come potenza politica, intervenendo in campo commerciale e nelle altre relazioni di tipo economico, lasciando ad ogni Stato contraente libera iniziativa in campo politico. Tali relazioni, tuttavia, rimangono improntate sul modello instaurato durante il periodo coloniale in quanto continuano ad essere basate essenzialmente sull’acquisto di materie prime e sulla vendita di prodotti manufatti. L’insieme di questi accordi, dunque, non consentiva comunque di parlare di una politica mediterranea della Comunità. Al riguardo si veda il sito internet www.europa.eu/scadplus/leg/it. 151 La Commissione, inaugurando la politica di approccio globale, afferma l’importanza dell’equilibrio socioeconomico nella zona per gli interessi della Comunità e indica a tale fine, come precondizione, lo sviluppo economico dei partner mediterranei. Gli accordi di cooperazione Accanto a forme diverse di cooperazione economica, finanziaria e tecnica, tali accordi creavano relazioni commerciali privilegiate e davano vita a nuove istituzioni comuni. I risultati di questa prima fase della politica mediterranea comunitaria non furono però entusiasmanti. L’obiettivo prioritario della crescita e dello sviluppo economico non fu raggiunto e, al contrario, le condizioni di molti di questi Paesi peggiorarono. Tale percorso negativo si spiegava in parte con fattori esterni ai rapporti euro–mediterranei, a cominciare dalla crisi in cui cadde l’economia mondiale nei primi anni 80, in conseguenza del secondo shock petrolifero (1979). La CEE, però, aveva delle sue precise responsabilità: infatti, il protezionismo nei settori tessile agroalimentare e la carenza di risorse finanziarie furono cause determinanti di questo fallimento. A ciò si aggiunsero gli effetti dell’ingresso di Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1986) nella CEE. Infatti, sebbene l’ampliamento costituisse un indubbio successo politico ed economico per la Comunità, l’ingresso nel mercato comunitario dei produttori ortofrutticoli dei tre Paesi si rivelò una perdita di competitività netta per le produzioni dei Paesi terzi. globale che ne seguono sono stipulati nel 1973 con i paesi del Maghreb (Algeria, Marocco e Tunisia) e nel 1977 con quelli del Machrek (Egitto, Siria, Giordania e Libano). Una seconda fase della politica mediterranea dell’Unione si aprì nel 1992 sotto la formula di Politica mediterranea rinnovata. Oltre agli scarsi risultati raccolti con la politica globale, due ulteriori motivi spiegavano il nuovo indirizzo dell’UE. Il primo era l’ampliamento a Spagna e Grecia ed il conseguente spostamento del baricentro comunitario verso il bacino mediterraneo divenuto ormai uno sbocco naturale per l’Unione. Il secondo impulso alla nuova politica veniva dagli sconvolgimenti dell’equilibrio internazionale, con il crollo del Muro di Berlino e la fine del conflitto Est – Ovest. All’interno di questo scenario, l’Unione cercava di assumere un nuovo ruolo, tanto sotto il profilo economico quanto sotto quello politico; in sostanza, la Politica mediterranea rinnovata (1990 – 1995) consisteva nel potenziamento delle intese preesistenti e nell’elaborazione di nuovi programmi di assistenza quali il MedCampus152, il MedInvest153, il MedUrbs154, che anzitutto attraverso il trasferimento di tecnologia, dovevano contribuire allo sviluppo socio – economico dei Paesi terzi mediterranei155. 152 Tale Programma punta ad accrescere e sviluppare il trasferimento delle conoscenze scientifiche e tecnologiche per promuovere la crescita autonoma e la susseguente indipendenza economica dei Paesi Terzi Mediterranei. Al riguardo si veda il sito internet www.wikilearning.com/medcampus. 153 Tale programma è diretto alla costituzione e sviluppo delle piccole e medie imprese. Si può consultare il sito: www.medinvest.it/home/default.php. 154 Il MedUrbs punta allo sviluppo urbano dei Paesi mediterranei tramite la fornitura da parte europea del know – how e dell’assistenza tecnica necessaria. 155 Tali progetti anticipano di fatto l’idea di partenariato della terza ed attuale fase della politica euromediterranea, che sarà oggetto di trattazione del successivo paragrafo del presente lavoro. Strumento innovativo della nuova politica era la cooperazione finanziaria orizzontale156, gestita direttamente dalla Comunità e diretta ad interventi di carattere regionale e ad azioni nel settore ambientale e della promozione degli investimenti europei nell’area del bacino mediterraneo. La valutazione degli effetti degli accordi di associazione sulla situazione socio – economica dei PTM si è però rivelata del tutto insoddisfacente157, dal punto di vista di tutti e tre gli obiettivi che si era prefissata: intensificazione dell’interscambio commerciale, miglioramento della penetrazione commerciale dei PTM nella Comunità, migliore equilibrio nell’interscambio. L’obiettivo di sviluppare le esportazioni dei PTM nel mercato comunitario si è di fatto scontrato con la preoccupazione della Comunità di difendere i propri prodotti, soprattutto nei settori agroalimentare e tessile158. 156 Sulla cooperazione finanziaria orizzontale è possibile consultare il sito: www.europa.eu.int/eurlex/budget. 157 In sostanza le motivazioni che hanno condotto al fallimento degli intenti fissati dall’approccio globale possono essere ricondotti al fatto che i complessi sistemi di regolamentazione degli scambi sono andati in direzione opposta alla liberalizzazione dei rapporti internazionali e ai propositi di facilitare lo sviluppo dei paesi terzi mediterranei auspicati in sede politica. 158 Per quanto riguarda i prodotti agricoli, non solo le concessioni tariffarie sono state parziali, ma le possibilità di esportazione dei PTM sono state limitate da una serie di meccanismi di protezione adottati dalla Comunità nell’ambito della Politica Agricola Comune (PAC): si tratta per lo più di “barriere tariffarie”, come calendari di importazione, contingenti, prezzi di riferimento, clausole, di salvaguardia, normative filosanitarie, che hanno inciso sul volume delle esportazioni molto più dei dazi doganali. L’applicazione dei protocolli finanziari bilaterali con i PTM ha messo in evidenza una serie di limiti e di contraddizioni159: a) la lentezza dell’impegno delle risorse ha determinato perdite sostanziali in ragione dell’inflazione; b) sono stati privilegiati investimenti a breve termine, mentre poca attenzione è stata dedicata ad iniziative con effetti moltiplicativi dello sviluppo (la formazione professionale per esempio); c) circa i due terzi dei finanziamenti sono stati assegnati ad imprese comunitarie, sotto forma di appalti e contratti. Ma il limite principale è senza dubbio il completo fallimento dell’approccio regionale all’integrazione, del tutto disatteso. Il carattere bilaterale degli accordi ha infatti creato una serie di distorsioni ed ha generato rivalità tra gli stessi PTM, in concorrenza fra loro per strappare migliori condizioni e maggiori finanziamenti alla Comunità Europea160. 159 Al riguardo si veda: PICCINETTI L., La politica mediterranea dell’Unione Europea: quali sfide e prospettive?, in www.misterfisco.it/agendaeuropa.it. 160 La ripartizione delle risorse finanziarie tra i vari Paesi, infatti, spesso non è stata decisa in base alle diverse situazioni di sviluppo, ma ha seguito il più delle volte logiche legate agli interessi nazionali dei singoli Stati membri. 2. Il partenariato euromediterraneo La politica di partenariato161 nasce proprio dal riconoscimento che gli obiettivi della stabilità e della realizzazione di una zona di libero scambio nell’area non possano essere raggiunti semplicemente limitandosi agli aggiornamenti dei protocolli finanziari e degli accordi. “La pace, la stabilità e la prosperità della regione mediterranea figurano tra le principali priorità dell’Europa”162 che deve provvedere a riorientare i propri interventi nella regione in funzione di queste finalità. Il partenariato comincia a prendere forma nel 1992 a seguito di una comunicazione della Commissione su “Il futuro delle relazioni tra la Comunità e il Maghreb”163. Questo primo approccio regionale viene successivamente allargato a tutto il bacino mediterraneo. Nell’ottobre del 1994 la Commissione approva un testo nel quale si richiede l’adozione di una politica mediterranea più incisiva e l’instaurazione di un nuovo partenariato euromediterraneo164. 161 Il programma di partenariato euro – mediterraneo, definito anche “Processo di Barcellona”, costituisce il riferimento istituzionale per le relazioni tra i Paesi UE e i dodici Paesi Partner (Algeria, Cipro, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Malta, Marocco, Palestina, Siria, Tunisia, Turchia;anche la Libia partecipa a questa Partnerschip ma solo con ruolo di osservatore). 162 Dichiarazione di Malta adottata dalla seconda Conferenza euromediterranea,15 e 16 aprile 1997. 163 Per una trattazione più approfondita è possibile consultare il materiale di cui al sito www.europa.eu/scadplus/leg.it. 164 Comunicazione Una politica mediterranea più incisiva per l'UE: l'instaurazione di un nuovo partenariato euromediterraneo, della Commissione del 19 ottobre 1994. Il Consiglio europeo di Essen, nel dicembre dello stesso anno, accetta gli orientamenti della Commissione e la invita alla trasmissione di proposte specifiche che formano il contenuto di una Comunicazione del marzo 1995 su: Il consolidamento della politica mediterranea dell’Unione Europea: proposte per la creazione di un partenariato euro-mediterraneo165. Alla base del Partenariato Euromediterraneo c’è un progetto di cooperazione e integrazione interregionale che si basa essenzialmente sulla creazione di una zona di libero scambio166. L’idea che anima la cooperazione si fonda sulla prossimità geografica, ma anche storica e culturale, delle aree che si affacciano sul Mediterraneo. Il partenariato rappresenta il principale strumento per contenere i rischi che il divario economico tra le due sponde del bacino e le profonde fratture in campo sociopolitico (l’integralismo islamico, le debolissime istituzioni democratiche etc.) sfocino in un netto distacco dall’Unione. 165 Si tratta della Dichiarazione finale della Conferenza ministeriale euromediterranea di Barcellona del 27 e 28 novembre 1995, la quale mira ad istituire un partenariato globale euromediterraneo al fine di trasformare il Mediterraneo in uno spazio comune di pace, di stabilità e di prosperità attraverso il rafforzamento del dialogo politico e sulla sicurezza, un partenariato economico e finanziario e un partenariato sociale, culturale ed umano, in IP/95/219 del 08 marzo 1995. Al riguardo è possibile consultare il sito internet: www. europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/r15001.htm. 166 Su questo punto si veda: La politica UE nel Mediterraneo, il Partenariato Euromed, in www.ministerodegliAffari Esteri-PoliticaUenel Mediterraneo.mht. 3. La genesi dei corridoi paneuropei Le reti di trasporto paneuropee sezionano trasversalmente i confini geografici e politici: si tratta di progetti che richiedono lo sviluppo di rapporti di collaborazione socio – economica tra i paesi che attraversano, dando vita a schemi di integrazione avanzata o di secondo livello167. Appare subito necessario un chiarimento terminologico: le reti di trasporto paneuropee, in quanto vettori di connettività intermodale in tutto il continente europeo, hanno due dimensioni, una interna (connettività intermodale) e una esterna, in fase di incipiente sviluppo, (connettività ultracontinentale). L’obiettivo di realizzare collegamenti intermodali in Europa e dell’Europa è soddisfatto da vari sistemi di reti che prendono il nome di corridoi e di reti transeuropee, intendendosi per i primi collegamenti di prioritaria importanza che attraversano sia Stati membri dell'Unione sia Stati terzi, per le seconde reti che attraversano Stati membri e che, eventualmente, vengono estese a Stati terzi su iniziativa dell’Unione, in qualità di diramazioni esterne della preesistente TEN168. L’idea di realizzare un network paneuropeo169 per i trasporti nasce già nel 1975 con un’iniziativa promossa dalla Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (Un – 167 Al riguardo si veda: MARCANTONIO K., Le reti di trasporto paneuropee nell’area mediterranea, in Rivista di studi politici internazionali, 2005, vol. 72, fascicolo 4, p. 659 ss. 168 Spesso questa distinzione linguistica è disattesa e le due espressioni vengono usate alternativamente. Tuttavia, in virtù delle differenze dei percorsi formativi di questi due sistemi di rete, accomunati dalla funzione di garantire connettività transfrontaliera in Europa, nel presente lavoro si cercherà di rispettarne la diversa denominazione, mentre, con riferimento ad entrambi i fenomeni, si utilizzerà la locuzione “reti transfrontaliere o transnazionali paneuropee”. Vale la pena ricordare, inoltre, che, in quanto concepite come parte di un progetto transfrontaliero, anche diramazioni di mera estensione regionale o nazionale possono essere indicate come corridoi paneuropei o come TEN, pur costituendone solo un frammento o un capillare, come per esempio lo stretto di Messina in Italia, classificabile come TEN. 169 Solo successivamente si parlerà espressamente di “corridoi”. Ece), ovvero l’Accordo europeo sulle maggiori arterie di traffico internazionale170. Il documento, attraverso l’individuazione e la classificazione di arterie principali e secondarie, a cui si accompagna un’opera di standardizzazione su segnaletica, sicurezza e parametri di costruzione, configura una rete di trasporto che garantisce una connettività capillare dall’Europa centro occidentale, sud orientale e balcanica, fino a quella che allora era l’Unione Sovietica. Le tratte individuate nell’Accordo debbono essere considerate dai paesi sottoscrittori, all’interno dei loro rispettivi territori, linee di interesse internazionale. Nel realizzarle ogni Stato dovrà coordinarsi con gli altri e rispettare i criteri di normalizzazione su sicurezza stradale, segnaletica, standards di costruzione previsti nel relativo testo. Con riferimento alle arterie principali nell’area mediterranea, esse coinvolgono preminentemente paesi quali la Turchia171. 170 Al riguardo si veda ECE/TRANS/16, in versione aggiornata e consolidata TRANS/SC.1/2002/3 in http://www.unece.org/trans/conventn/legalinst.html; una Dichiarazione che precludeva a tale Accordo fu firmata a Ginevra già nel 1950. Per un’introduzione alla Commissione Economica per l’Europa cfr. www.unece.org. Per un’introduzione all’ONU si veda CASSESE A., Diritto Internazionale, Il Mulino 2003, pp. 52 – 55 e 332 – 333. 171 L’Accordo europeo, però, pur disegnando una mappa capillare delle linee principali e secondarie di interesse internazionale in Europa, non estrapola da essa un percorso tansnazionale di particolare rilievo. Le norme tecniche, sebbene non prive di valenza politica, non si inseriscono all’interno di un progetto politico e restano estranee a meccanismi di leva di natura organizzativa e finanziaria per raggiungere la fase di ulteriore sviluppo e implementazione. Al riguardo si veda: MARCANTONIO KATIA, Le reti di trasporto paneuropee nell’area mediterranea, cit., la quale sottolinea come “questo primo approccio alla creazione di corridoi transnazionali di trasporto già rivela che si tratta di progetti di secondo livello o di integrazione avanzata nel senso che richiedono come propedeutiche una previa integrazione politica ed economica”. In un contesto di maggiore progettualità politica, non più la sola Un – Ece172, ma anche altri soggetti internazionali quali principalmente la Commissione e la Conferenza Europea dei Ministri dei trasporti173 (CEMT) presso l’Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica (OCSE) introducono la tradizione delle conferenze paneuropee di trasporto174 come momento strategico per identificare i tracciati fisici dei corridoi paneuropei e contestualmente promuoverne la futura realizzazione. E’ infatti attraverso le Conferenze di Praga (1991), Creta (1994), Helsinki, (1997), Rotterdam (2001) che si progredisce su due fronti ulteriori: la definizione di linee guida per una coerente politica europea dei trasporti175 e l’individuazione di tracciati di traffico prioritario (o grandi arterie), che prendono il nome di “corridoi”. Merita sottolineare che questa fase di gestazione politica rivela un sistematico parallelismo tra gli indirizzi elaborati nelle Conferenze e quelli adottati dalla Comunità e pertanto ad essa “interni”. Se da un lato la Conferenza di Praga (1991) porta all’attenzione dell’arena internazionale l’importanza di realizzare vie di comunicazione globali in Europa, dall’altro il Trattato di Maastricht (1992) riconosce l’importanza della creazione delle reti transeuropee (RTE), quale strumento per rafforzare la coesione economica tra gli Stati membri dell’allora Comunità europea176.(art. 129 B TCE, attualmente art. 154 CE secondo la numerazione introdotta dal Trattato di Amsterdam). 172 United Nations Economic Commission for Europe: Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite. Al riguardo è possibile consultare il sito internet www.unece.org 173 La Conferenza Europea dei Ministri dei Trasporti è un’organizzazione internazionale creata nel 1953 sotto l’egida dell’OCSE dai paesi dell’Europa occidentale. Dopo la guerra fredda diviene il trampolino di lancio per iniziative sullo sviluppo dei trasporti nel continente europeo. 174 kCfr. RATHERY A., La politique des transports au sein de l’OCDE. Le role de la CEMT, in L’Europe des transports. Regulation, Déregulation Impacte du passage à l’euro. XII Congrès de l’union des Avocats européens, Marseille, 8 - 9 octobre 1998, Bruylant 1999, p. 13 ss. Le dichiarazioni prodotte dalle Conferenze sono reperibili sul sito www1.oecd.org/cem/topics/paneurop/index. 175 Si tratta di una politica basata su economia di libero mercato, sicurezza e dialogo sociale. 176 Su questo punto si veda Reti transeuropee: introduzione, in Attività dell’Unione europea – Sintesi della legislazione, in www.europa.int.eu. D’altra parte se nel 1994 la Conferenza di Creta definisce i primi nove corridoi paneuropei quali principali arterie che collegano i versanti nord – sud, est – ovest del continente Europa, dall’altra nel 1994 il Consiglio di Essen e il Parlamento Europeo individuano quattordici progetti prioritari che connettono in direzione nord – sud ed est – ovest l’Europa Comunità e che solo marginalmente, cioè per brevi tratte, vengono a coincidere con i nove tracciati paneuropei di riferimento concordati a Creta (tra cui il tratto stradale Venezia –Firenze)177. 177 In primo luogo si ricorda il tratto stradale Venezia – Trieste facente parte del corridoio V è individuato anche come TEN e precisamente come treno ad alta velocità /trasporto combinato Francia – Italia (Lione – Torino – Milano – Venezia – Trieste) o progetto n. 6 tra i quattordici indicati ad Essen; alcuni tratti delle autostrade greche di cui al progetto n. 7 prescelto ad Essen fanno parte rispettivamente del corridoio X (specificamente il tratto che attraversa Tessalonica sulla frontiera Grecia – Bulgaria) e del corridoio V (il tratto passante per Alexandropoulis e Ormenio). 4. La Conferenza Euromediterranea di Barcellona Si è visto sinora che i progetti transfrontalieri elaborati attraverso le Conferenze paneuropee, c.d. corridoi paneuropei, privilegiano, al di là dei territori degli Stati membri, quelli dell’area balcanica e, con riguardo all’area mediterranea, la Turchia. La realizzazione di tratte coincidenti con i corridoi paneuropei o ad essi collaterali è stata resa più agevole e probabile dalla adesione dei suddetti Paesi all’Unione, processo completatosi il 1° maggio 2004178. Ad eccezione della Turchia, di Cipro e di Malta, gli Stati dell’area mediterranea restano per lo più estranei tanto all’elaborazione dei corridoi paneuropei avvenuta attraverso le relative Conferenze paneuropee quanto a prospettive di immediata adesione all’Unione. È però rispetto ad essi che l’Unione, con la Conferenza di Barcellona, si fa promotrice di una politica di partenariato e di vicinanza basata su tre capitoli, ovvero su quello politico e di sicurezza comune, su quello economico e finanziario e, a 178 A questo proposito appare opportuno ricordare che sebbene caratterizzata da asimmetrie rispetto a quella dei paesi storicamente membri, la recente adesione all’Unione, oltre a garantire lo sviluppo delle condizioni di mercato per la realizzazione dei tratti di percorsi che cadono nei loro confini nazionali, attrae l’esecuzione di tali tratte nelle procedure di implementazione interne all’Unione. testimonianza della portata innovatrice del partenariato, anche su quello socio culturale e civile179. Secondo il processo avviato a Barcellona, l’Unione stipula con i partners mediterranei Accordi di associazione che sostituiscono gli Accordi di cooperazione conclusi negli anni settanta180. Tali Accordi rafforzano la prossimità politica, esportando nei Paesi partners i principi delle politiche di liberalizzazione dei mercati181, a volte richiamando anche regole elaborate in sede di WTO e OCSE182 (ad esempio in relazione alla riduzione degli obblighi doganali). La Conferenza di Barcellona del 27 e 28 novembre 1995 lancia ufficialmente il Partenariato Euro – Mediterraneo. I Paesi che partecipano alla Conferenza sono gli allora 15 membri dell’Unione Europea e 12 Paesi terzi mediterranei. 179 Dichiarazione di Barcellona in www.europa.eu.int e CHITI E., Il partenariato euromediterraneo, Relazione al Convegno “Les relations trans-Méditerranées au temps présent”, Centro di eccellenza europeo J. Monnet, L., Roma, 15 - 16 Novembre 2004, p. 2 e ss. 180 Sono stati siglati gli Accordi di Associazione con l’Algeria (aprile 2002) e Libano (giugno 2002). L’Accordo UE Giordania è entrato in vigore nel maggio 2002 ed un Accordo ad interim con il Libano è entrato in vigore nel marzo 2003. 181 Per l’effetto gravitazionale che l’Unione attraverso questi Accordi esercita in favore dell’aquis comunitario si veda: CHITI E., Il partenariato Euro – mediterraneo, cit., p. 5 ss. 182 Al riguardo si veda: MARCANTONIO K., Le reti di trasporto paneuropee nell’area mediterranea, cit., p. 666 ss. Il partenariato euromediterraneo si articola in tre parti183: una prima diretta alla creazione di “uno spazio comune di pace e stabilità” definito partenariato politico e di sicurezza; una seconda che punta ad instaurare “una zona di prosperità condivisa” attraverso il partenariato economico e finanziario; una terza, il partenariato nei settori sociale, culturale e umano, indirizzata allo “sviluppo delle risorse umane, della comprensione tra le culture e degli scambi tra società civili”184. La Dichiarazione finale della Conferenza riprende la parte essenziale delle proposte fatte dalla Commissione e fissa degli obiettivi comuni nei campi della stabilità interna ed esterna con la finalità di realizzare per l’anno 2010 un vero e proprio partenariato. 183 Merita ricordare poi che il Partenariato euro – mediterraneo viene realizzato su due livelli complementari,: 1. Bilaterale: gli Accordi di associazione tra l'UE e i Paesi dell'area mediterranea riflettono i principi generali che governano le relazioni euro – mediterranee, sebbene ciascuno contenga disposizioni specifiche volte a regolare le relazioni tra l’Unione Europea ed ogni singolo partner della zona relativa al mar mediterraneo. 2. Regionale/multilaterale: la dimensione multilaterale sostiene e completa la cooperazione bilaterale e il dialogo che hanno luogo nell’ambito degli Accordi di Associazione. Tale dimensione è strutturata sui tre volet principali e sulla definizione di ambiti prioritari di cooperazione: misure di partnership building, dialogo politico e di sicurezza, promozione dei diritti umani e della democrazia, commercio, industria, ambiente, società dell'informazione, energia, agricoltura, trasporti e infrastrutture, cultura, sanità. La cooperazione regionale ha un impatto strategico considerevole in quanto affronta problemi che sono comuni a molti partner Mediterranei, enfatizzando le complementarità nazionali. Al riguardo si veda la Relazione del Ministero degli Affari Esteri sulla politica UE nel Mediterraneo in www. esteri.it/ita_asp. 184 Cfr. la Dichiarazione finale della Conferenza ministeriale euromediterranea di Barcellona del 27 e 28 novembre 1995, la quale mira ad istituire un partenariato globale euromediterraneo al fine di trasformare il Mediterraneo in uno spazio comune di pace, di stabilità e di prosperità attraverso il rafforzamento del dialogo politico e sulla sicurezza, un partenariato economico e finanziario e un partenariato sociale, culturale ed umano. Al riguardo si può consultare la sintesi della Dichiarazione nel sito internet www. europa.eu/scadplus/leg/it/lvb. Nel documento emergono inoltre i legami fra pace, democrazia e integrazione economica internazionale che sorreggono la nuova politica mediterranea dell’UE185. La stabilizzazione interna e il miglioramento delle condizioni dei mercati favoriscono il rientro dei capitali rifugiati all’estero e gli investimenti esteri, con i relativi trasferimenti di tecnologia. Questo processo è sostenuto dalla cooperazione economica internazionale cioè dal Partenariato, che coordina il processo di democratizzazione e l’integrazione internazionale (crescita economica, aumento dell’occupazione, diminuzione della povertà, riducono le spinte alla radicalizzazione politica e all’immigrazione). Sotto il profilo economico, il testo di Barcellona prevede la creazione di una zona di libero scambio da realizzare entro il 2010 tramite una rete di accordi bilaterali tra UE e PTM e tra gli stessi PTM (per favorire la cooperazione economica sud – sud186): gli accordi, di natura commerciale e tariffaria punteranno a rimuovere gli ostacoli alla libera circolazione delle merci. 185 In tale contesto la cooperazione economica regionale contribuisce a rafforzare la pace e la democrazia. Democratizzazione dei regimi politici, legittimità e pluralismo sono i fattori che consentono l’emergere di rapporti interstatali basati sulla soluzione pacifica delle controversie nel rispetto dei principi del diritto internazionale. La democratizzazione viene vista, inoltre, come elemento fondamentale per ridurre e cambiare il ruolo dello Stato nell’economia al fine di procedere alla privatizzazione e alla liberalizzazione. 186 Per quanto attiene poi all’integrazione orizzontale fra i paesi a sud del Mediterraneo questa, nel progetto di partenariato, assume un’importanza fondamentale. Il Partenariato, infatti, affida le proprie sorti alla crescita delle esportazioni dei PTM, crescita che dipende esclusivamente dall’apertura di questi mercati: gli stimoli dal lato dell’offerta forniti dalla competizione comunitaria, l’aumento della domanda di importazioni dovuta alla eliminazione delle barriere agli scambi, rappresentano i principali fattori di crescita per i partner meridionali. Al riguardo si veda: VERRUSO A., Il partenariato euromediterraneo, cenni storici sulle relazioni euro – mediterranee, giugno 2002, in www. euroinfopmi.org/dossier%20euromed.pdf. Un terzo aspetto, relativo al partenariato economico, riguarda la crescita della cooperazione settoriale. Le istituzioni riunitesi a Barcellona incoraggiano la collaborazione e gli accordi tra imprese europee ed imprese appartenenti ai PTM. Si fa, quindi, esplicito riferimento agli specifici settori dell’economia: in campo industriale, si punta alla ristrutturazione delle imprese pubbliche e private, allo sviluppo delle Piccole e Medie Imprese (PMI), alla diffusione di norme internazionali; in agricoltura, si insiste sulla diversificazione della produzione e sulla riduzione della dipendenza alimentare; nei trasporti, che è ciò che maggiormente interessa la presente trattazione, è prevista la connessione della rete mediterranea a quella transeuropea187. In campo energetico, vengono associati i PTM agli accordi europei sull’energia e sono previsti progetti relativi alle varie fasi della raffinazione e distribuzione di petrolio e gas; nel settore delle telecomunicazioni, infine, la cooperazione si concretizza nell’apertura di collegamenti con le reti europee, nel fornire infrastrutture normative e nuovi servizi. Nella Dichiarazione di Barcellona l’aspetto economico non costituisce l’unico interesse della Comunità, ma è solo una componente di un discorso ampio che abbraccia la dimensione 187 Al riguardo si veda: PICCINETTI L., La politica mediterranea dell’Unione Europea: quali sfide e prospettive?, in www.misterfisco.it/agendaeuropa. politica, sociale, ambientale, tutti aspetti ai quali si è cercato di dare rilievo all’interno del presente lavoro. Concludendo, dunque, si può notare come dalla Conferenza di Barcellona emerge con evidenza che lo sviluppo sociale deve procedere parallelamente allo sviluppo economico e come la decentralizzazione della cooperazione in tale campo deve coinvolgere i principali attori della società politica e civile, il mondo religioso e culturale188, università e centri di ricerca nonché i soggetti economici pubblici e privati. 188 Sotto tale profilo merita ricordare che dalla Dichiarazione conclusiva della Conferenza di Barcellona emerge che il partenariato euro - mediterraneo deve tuttavia essere analizzato anche da un differente punto di vista, quello dei paesi terzi mediterranei. Al riguardo si veda: VERRUSO A., Il partenariato euromediterraneo, cenni storici sulle relazioni euro – mediterranee, giugno 2002, in www. euroinfopmi.org/dossier%20euromed.pdf, nel quale si legge che “per questi paesi gli obiettivi di stabilizzazione sono concepiti come unilaterali, poiché si riferiscono alla sicurezza europea e non a quella araba che dipende da situazioni che non riguardano l’Unione. Inoltre, se da un lato il partenariato assicura notevoli appoggi economici, dall’altro porta in sé il rischio di diventare una vera e propria forma di ingerenza interna da parte dell’Occidente e quindi un fattore di destabilizzazione”. Dunque, accanto all’importanza di instaurare nella regione mediterranea una forte cooperazione economica con l’Unione Europea, il partenariato costituisce per i PTM la possibilità di condividere con l’UE istituzioni di cooperazione internazionale al fine di poter avere voce in capitolo nei processi politici europei ed atlantici da cui dipende lo sviluppo futuro della regione. 5. I Programmi MEDA ed ENPI Per quanto concerne il tema del finanziamento del Partenariato Euro–Mediterraneo merita ricordare che i principali strumenti di finanziamento sono tre: - Il Programma MEDA189 (I e II): dal 2000 al 2006 Meda ha finanziato per un ammontare di circa 5, 3 miliardi di Euro programmi di cooperazione, di supporto tecnico e finanziario per riforme sociali ed economiche nei Paesi partner mediterranei; - La Banca Europea di Investimento, soprattutto tramite il Fondo Euro-Mediterraneo d’Investimento (Facility for Euro- Mediterranean Investment and Partnership – FEMIP), dal 2000 al 2007 ha finanziato attività di sviluppo nei Paesi membri del Partenariato per un ammontare di circa 6, 4 miliardi di Euro; - Con una dotazione complessiva di circa 12 miliardi di euro, lo strumento Europeo di Vicinato e Partenariato (ENPI) è, con lo strumento di Pre - Adesione (IPA) e lo strumento di Cooperazione allo sviluppo (DCI), uno dei nuovi strumenti geografici che 189 Il Programma MEDA è volto ad attuare misure di cooperazione destinate ad aiutare i Paesi Terzi mediterranei a procedere a procedere alla riforma delle loro strutture economiche e sociali e ad attenuare gli effetti dello sviluppo economico a livello sociale ed ambientale. Al riguardo si veda il Regolamento (CE) n. 1488/96 del Consiglio, del 23 luglio 1996, relativo a misure d’accompagnamento finanziarie e tecniche (MEDA) a sostegno della riforma delle strutture economiche e sociali nel quadro del partenariato euromediterraneo. In sintesi si può dire che il Regolamento MEDA costituisce il principale strumento della cooperazione economica e finanziaria del partenariato euromediterraneo. Varato nel 1996 (MEDA I) e modificato nel 2000 (MEDA II), consente all’Unione Europea di fornire un aiuto finanziario e tecnico ai Paesi a sud del Mediterraneo. Tale Programma si sostituisce ai diversi protocolli finanziari bilaterali esistenti con i Paesi del bacino mediterraneo. compongono il nuovo “pacchetto aiuto esterno” dell’Unione europea per il periodo 2007 – 2013 nel quadro della Rubrica 4 (“L’Unione europea come attore globale”) del Bilancio comunitario. Esso sostituisce quindi, per quanto concerne l’area del Mediterraneo, il Programma MEDA. Per quanto concerne nello specifico il Programma Meda II, appare opportuno ricordare che esso appoggia soprattutto la cooperazione regionale, subregionale e transfrontaliera, in particolare attraverso: • l'istituzione e lo sviluppo di strutture di cooperazione regionale tra i paesi terzi mediterranei e tra questi, l'UE e i suoi Stati membri; • l'istituzione dell'infrastruttura necessaria agli scambi regionali nel settore dei trasporti, delle comunicazioni e dell'energia; • gli scambi tra le società civili della Comunità e dei paesi terzi mediterranei nel quadro della cooperazione decentrata, attraverso la creazione di reti tra i soggetti della società civile190 (università, enti locali, associazioni, sindacati, mass media, imprese. Per concludere si può dire che secondo il regolamento MEDA, il rispetto della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti dell'uomo 190 Il Regolamento (CE) n. 1488/96 del Consiglio, del 23 luglio 1996 insiste sulla necessità di prendere in considerazione, nella programmazione e nell'attuazione della cooperazione, la questione delle pari opportunità e della promozione del ruolo della donna nella vita economica e sociale. Le attività finanziate in virtù del presente regolamento devono tener conto altresì degli aspetti ambientali. e delle libertà fondamentali costituiscono un elemento essenziale del partenariato, la cui violazione giustifica l'adozione di appropriate misure. Tali misure possono essere adottate dal Consiglio deliberante a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. Per quanto concerne nello specifico il Programma ENPI merita ricordare che la proposta della Commissione di riorganizzare e di semplificare radicalmente l’assistenza esterna all’Unione europea191 ha conferito ulteriore rilievo alla politica di prossimità, indicando il nuovo strumento di prossimità e partenariato (European Neighbourhood and Partnership Instrument, ENPI) come uno dei nuovi strumenti che dal 2007 sostituirà i Programmi MEDA. Il nuovo strumento di prossimità e partenariato mira al raggiungimento di due obiettivi principali ovvero da una parte promuovere l’integrazione economica e approfondire la cooperazione politica tra l’UE e i paesi partner, dall’altra, affrontare le sfide e le opportunità specifiche che derivano dalla prossimità geografica dell’Unione e dei suoi vicini192. Il Programma ENPI comprende oltre alla cooperazione per la lotta alla povertà, misure per l’integrazione progressiva nel mercato 191 Commission of European Communities, Comunication from the Commission to the Council ad the European Parliament on the Instrument for External Assistance under the New Financial Prospectives, 2007–2013, COM(2004)626 final, 29/09/2004, in: www.europa.eu.int/comm/extern. 192 Al riguardo si veda: Il Partenariato Euromediterraneo, La creazione di reti interregionali mediterranee in vista delle future strategie d’integrazione transfrontaliera (strumento di prossimità), consultabile nel sito internet www.db.formez.it/Partenariato_euromediterraneo.doc. interno dell’Unione europea, la convergenza normativa e il rafforzamento istituzionale attraverso meccanismi quali scambio di esperienze, accordi di gemellaggio a lungo termine con paesi membri e partecipazione a programmi e agenzie comunitarie. Il nuovo strumento, dunque, enfatizza il ruolo della cooperazione transfrontaliera tra le autorità substatali e prevede di finanziare programmi comuni che uniscano regioni ed enti locali di stati membri e di paesi partner, con una decisa semplificazione delle procedure e dell’efficacia, e con l’utilizzo di meccanismi analoghi a quelli dei fondi strutturali, quali la programmazione pluriennale, il partenariato e il cofinanziamento193. La maggiore opportunità per i soggetti regionali e locali italiani, dell’Unione europea e dei paesi partner, risiedono precisamente nell’intersezione tra politiche interne e politiche esterne che le politiche di prossimità e di pre–adesione introducono, e nell’adozione dei meccanismi dei fondi strutturali nella cooperazione transfrontaliera con i pesi prossimi. Ciò significa che, utilizzando la propria esperienza di programmazione e gestione dei fondi comunitari nell’attuazione delle politiche di coesione economica e sociale, le regioni possono proporsi come soggetti attivi anche della politica di prossimità, sviluppando 193 Al riguardo si veda: Partenariati territoriali per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile nello spazio mediterraneo. L’iniziativa italiana, Concept Paper CeSPI (Centro Studi Politica Internazionale), Ottobre, 2004, in www.cespi.it/ambiente. con le Autorità substatali dei Paesi mediterranei rapporti di partenariato funzionali alla gestione dei programmi comuni previsti sui confini terrestri e marittimi dell’Unione. 6. La rete euromediterranea dei trasporti Il Consiglio europeo di Copenaghen194, del 12 – 13 dicembre 2002, ha sottolineato la necessità di aumentare la cooperazione transfrontaliera e regionale con i limitrofi, in particolare i paesi del sud del Mediterraneo, e di questi paesi tra loro, per favorire la piena realizzazione del potenziale di queste regioni, in particolare migliorando le infrastrutture di trasporto e gli strumenti corrispondenti. Su questa base, la Commissione Europea ha lanciato l’idea di un nuovo quadro per le relazioni tra l’UE e i suoi vicini orientali e meridionali, basato sul concetto di prossimità195. 194 Al riguardo si veda Bollettino UE 12 – 2002, Consiglio europeo di Copenaghen (1/1) in www.europa.eu. Tale Consiglio inaugura una delle fasi storiche più ardite dell’unificazione europea. Nel decidere l’adesione di altri dieci Paesi dal 1° maggio 2004, l’Unione Europea non si espande soltanto geograficamente accrescendo la sua popolazione ma riunifica soprattutto un continente dilaniato, ponendo fine alla divisione che dal 1945 separava il mondo libero dal mondo comunista. Su questo punto si veda: Copenaghen, un summit storico, in www. europa.eu/abc/12lessons/index3_it. 195 Al riguardo si veda la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo “Europa ampliata – Prossimità: un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e Questo quadro accorda un posto importante allo sviluppo di infrastrutture di trasporto e di energia che collegano l’Unione ai paesi vicini. A tal uopo, risulta necessario definire linee d’azione per collegare gli assi della rete transeuropea ai paesi vicini all’Unione, in particolare quelli del bacino del Mediterraneo. Il rafforzamento dei legami politici, economici e sociali tra le due rive del Mediterraneo, generato dall’ampliamento e l’approfondimento della Partnership euromediterranea196 rende indispensabile lo sviluppo di una rete euromediterranea dei trasporti, tanto nella sua dimensione sud – sud (collegamenti tra partner del Mediterraneo stessi) che nord – sud (interconnessione con la rete transeuropea di trasporto). Obiettivi principali della rete euromediterranea dei trasporti, in sintesi, sono sicuramente quelli volti ad incentivare: meridionali”, COM (2003) 104 def., non pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ma consultabile nel sito internet: www. Eur-lex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc. 196 Il Consiglio europeo di Copenaghen ha inoltre posto in rilievo che una buona accessibilità delle isole mediterranee e delle regioni periferiche può essere considerata condizione necessaria, anche se non sufficiente, per una loro effettiva integrazione nell’Unione Europea. Se, in passato, poteva apparire come l’unica via di crescita della portualità italiana quella di rafforzare il suo ruolo di “porta del sud” per l’accesso ai mercati del nord Europa, questo sviluppo del Mediterraneo dovrebbe portare a riflettere maggiormente sulla opportunità, per l’Italia, di realizzare anche un ruolo di cerniera fra il Mediterraneo sud orientale e le più ricche regioni nord europee o ancora fra il Mediterraneo occidentale ed il Nord Africa. Per la Sicilia, e le regioni meridionali italiane in genere, questo significherebbe un inquadramento nella pianificazione nazionale ed europea come piattaforma logistica al centro del Mediterraneo, dotata di collegamento terrestre con il resto dell’Europa grazie al corridoio Berlino – Palermo. Al riguardo si veda: Seminario reti mediterranee, Interconnessioni materiali e immateriali per l’integrazione dei mercati, del 10 – 11 febbraio 2006, Palermo, in www.ipalmo.com/conferenza/il_contesto.it. - la creazione di un sistema efficace di trasporto multimodale aria – terra – mare, attraverso il miglioramento e la modernizzazione di porti, aeroporti, ferrovie e strade; - la soppressione di vincoli ingiustificati, la semplificazione delle procedure, l’innalzamento della sicurezza marittima, aerea, ferroviaria, stradale e la realizzazione di un sistema armonizzato di gestione dei traffici; - la creazione di relazioni terrestri lungo la riva sud e orientale del Mediterraneo; - la connessione di reti di trasporto mediterranee alla rete transeuropea, in modo tale da assicurarne l’interoperabilità197. Merita ricordare che in questo campo ricopre particolare importanza la Comunicazione198 della Commissione “Sviluppo di una rete euromediterranea di trasporto” del 2003, la quale analizza gli aspetti economici, politici e finanziari relativi allo sviluppo della rete euromediterranea di trasporto. L’obiettivo è proprio quello di definire le sfide di questa rete nelle prospettive dell’allargamento dell’Unione Europea199. In tale Comunicazione la Commissione sottolinea come sia necessario preparare un elenco di progetti di infrastrutture prioritarie e ottenere su di esso l’accordo dei ministri euromediterranei di trasporto. Proprio in questa prospettiva la Commissione raccomanda un approccio per corridoi, che consente di definire meglio tali priorità200. 197 Una delle possibili risposte per sviluppare gli scambi euro-mediterranei, come già precedentemente sottolineato nel paragrafo relativo alla Conferenza di Barcellona, è la creazione di una Zona di Libero Scambio (ZLS) entro il 2010 prevista nella “Dichiarazione di Barcellona”, scaturita in conclusione della Conferenza euromediterranea di Barcellona tenuta nel Novembre del 1995, che ha attivato un nuovo partenariato fra l’UE ed i paesi terzi del Mediterraneo. Secondo uno studio condotto dall’Institut de la Méditeranée, la ZLS determinerebbe una crescita del traffico globale di oltre il 16% rispetto ad un andamento tendenziale (corrispondente ad un trend di sviluppo economico estrapolato dai dati degli anni ottanta-novanta), con valori variabili fra il 10,8% della zona Nord del Mediterraneo (Spagna, Francia ed Italia) e il 20,8% della zona Sud. Su questo punto si veda: Seminario reti mediterranee, Interconnessioni materiali e immateriali per l’integrazione dei mercati, del 10 – 11 febbraio 2006, Palermo, in www.ipalmo.com/conferenza. 198 Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sullo sviluppo di una rete euromediterranea di trasporto, COM (2003) 376, non pubblicata nella Gazzetta ufficiale, consultabile nel sito www.eur-lex.europa.eu. 199 In effetti i flussi di trasporto tra le due rive del Mediterraneo sono molto intensi e l'UE è il principale partner marittimo e aereo di questa regione, e in particolare del Maghreb. Parallelamente, sono emersi nuovi vincoli e nuove esigenze per quanto riguarda lo sviluppo turistico, le preoccupazioni in materia di sicurezza e il terrorismo internazionale. Al riguardo è possibile consultare il sito: www. europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l24259.htm. 200 Tale argomento sarà oggetto di precisa trattazione nel seguente paragrafo. Per quanto concerne gli atti collegati alla Comunicazione della Commissione del 2003 si ricordano: la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo “Europa ampliata – Prossimità: un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali”, COM (2003) 104 def., non pubblicata nella Gazzetta Ufficiale; Comunicazione della Commissione “Rafforzare la 7. L’integrazione territoriale nel Mediterraneo La necessità di collegare l’Unione Europea ai partner del Mediterraneo con reti e un sistema di trasporto efficienti costituisce una priorità resa più urgente dall’ampliamento, dagli sviluppi della partnership euromediterranea e dalla riflessione avviata nell’UE sul futuro della rete transeuropea di trasporto. I partner del Mediterraneo devono infatti poter trarre vantaggio dall’Unione Europea ampliata e l’Unione ha bisogno di una zona di stabilità e di prosperità ai suoi lati sud ed est. L’esistenza di reti di trasporto moderne ed efficaci è infatti una condizione necessaria per il buon funzionamento della zona di libero scambio euromediterranea che deve essere realizzata nel 2010, ma anche potente fattore di integrazione regionale e subregionale tra partner del Mediterraneo201. È necessario sottolineare che i partenariati territoriali hanno come quadro di riferimento le politiche di sviluppo nazionali ed internazionali, in particolare la nuova politica di prossimità. Essi si cooperazione euromediterranea nei settori dei trasporti e dell’energia” COM (2001) 126def., non pubblicata nella Gazzetta Ufficiale; Comunicazione della Commissione “Sviluppare la rete transeuropea di trasporto: finanziamenti innovativi, interoperabilità del telepedaggio”, COM (2003) 132 def., Non pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, consultabile nel sito www.eurlex.europa.eu. 201 Il fabbisogno investimento della regione mediterranea in questo settore è molto importante e tenderà ad aumentare in modo sostanziale tra i prossimi decenni, a causa dell’evoluzione demografica che interessa i paesi nord africani. Dato, infatti, l’attuale andamento demografico nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo è possibile ipotizzare nel 2020 che le aree nordafricane e medio - orientali saranno quelle più popolate; considerato il basso livello di reddito delle popolazioni di queste aree, è da attendersi una forte tendenza all’immigrazione verso l’Europa. Al riguardo si veda: Seminario reti mediterranee, Interconnessioni materiali e immateriali per l’integrazione dei mercati, Palermo, 2002, in www.ipalmo.com/conferenza/il_contesto.it. fondano quindi su una forte integrazione e collaborazione con i diversi livelli istituzionali, nazionali, comunitario ed internazionale; in tal senso i partenariati territoriali dovrebbero trovare una cornice comune di programmazione nei Piani di azione previsti nella politica di prossimità, così come nelle politiche di cooperazione bilaterale del Ministero Affari Esteri con i Paesi del Mediterraneo202. Il partenariato territoriale internazionale è informato ad un approccio bottom up allo sviluppo, che si prefigge come obiettivi compatibili la crescita economica, la sostenibilità ambientale, l’estensione della democrazia e la coesione sociale. In questo senso, richiamandosi ai principi dello sviluppo partecipativo e promuovendo l’applicazione del principio di sussidiarietà, i partenariati possono concorrere all’affermazione degli obiettivi della politica di prossimità, fondata sulla promozione e condivisione di obiettivi comuni. Negli ultimi anni sono inoltre emerse nuove necessità e obblighi aventi un impatto diretto sul settore del trasporto nel Mediterraneo: sviluppo del turismo, preoccupazioni di sicurezza legate ai rischi del 202 Ancor più nello specifico è il caso di evidenziare che il partenariato territoriale si basa si basa su un concetto di cooperazione come sostegno a processi di sviluppo, invece che come generatrice di sviluppo attraverso l’elaborazione e la realizzazione di progetti. In termini pratici questo implica il passaggio da un approccio per progetti (guidati dall’offerta, gestiti da esperti, a breve termine), ad una visione fondata su strategie e programmi (guidati dalla domanda, che valorizzano le risorse locali, di carattere processuale e a medio – lungo termine). Al riguardo si veda: Partenariati territoriali per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile nello spazio mediterraneo. L’iniziativa italiana, Costruire partenariati territoriali, p. 8 ss, Concept Paper CeSPI (Centro Studi Politica Internazionale), Ottobre, 2004, in www.cespi.it/ambiente/Concept%20Paper-ita.pdf. trasporto marittimo di idrocarburi e del terrorismo internazionale o crescente configurazione del Mediterraneo come zona di transito, in particolare a causa dell’aumento dei flussi di traffico in provenienza dall’Asia. Il mutare delle condizioni sociali ed economiche di intere nazioni, l’aumento degli scambi euromediterranei, determina quindi l’incremento della mobilità e della domanda di trasporti. La vulnerabilità attuale della rete di trasporto sulle rive sud ed est del Mediterraneo, dovuta ad un reticolato insufficiente (in particolare terrestre), ad una mancanza di mezzi di gestione del traffico, ad un'apertura ancora incompleta dei mercati di trasporto, ma anche alla scarsa cooperazione subregionale, costituisce un ostacolo importante all’investimento e allo sviluppo economico e sociale della regione e pregiudica il buon funzionamento della futura zona di libero scambio con l’Unione europea. Un rafforzamento della cooperazione subregionale permetterebbe evidentemente di sfruttare meglio le complementarità ed eliminare la compartimentazione dei mercati, facilitando l’istituzione e il funzionamento della rete euromediterranea di trasporto. La diversità delle situazioni nell’ambito dei partner del Mediterraneo e la compartimentazione dei mercati nella regione costituisce un ostacolo importante allo sviluppo della rete transeuromediterranea di trasporto. La realizzazione di questa rete darebbe un maggiore impulso all’integrazione sud – sud, condicio sine qua non per la creazione di un mercato ampliato suscettibile di attirare gli investimenti diretti203. Considerando i vincoli di bilancio, per realizzare la rete euromediterranea dei trasporti, è stato deciso di concentrare le risorse finanziarie disponibili sui progetti di infrastruttura veramente prioritari204. È quindi indispensabile, in base agli orientamenti espressi dalla Commissione, un approccio coerente della pianificazione della rete per corridoi205. A titolo esemplificativo si possono citare i seguenti corridoi multimodali, atti a promuovere l’integrazione regionale e la 203 Allo stato attuale, e nonostante una forte crescita degli scambi sud - sud tra partner del Mediterraneo in questi ultimi anni, la quota di questi scambi rappresenta circa il 5% dei loro scambi totali. È chiaro che la cooperazione subregionale in un settore determinante come quello dei trasporti, in particolare a livello del Maghreb e del Mashrek, permetterebbe di sfruttare meglio le complementarità tra queste subregioni, di realizzare economie di scala e di eliminare la compartimentazione dei mercati, onde raggiungere una dimensione critica per l’investimento. 204 Nella Comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo “Europa ampliata – Prossimità: un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali”, COM (2003) 104 def., non pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, infatti, si legge: “per concretizzare questa rete è necessario progettarla e identificare i progetti di infrastrutture prioritarie, individuare le risorse finanziarie indispensabili alla sua realizzazione e integrare gli obiettivi comuni in materia di politica di trasporto”. 205 Si tratta di fare il punto sullo stato della rete di infrastrutture di trasporto nel Mediterraneo e scegliere, previa individuazione dei corridoi, alcuni progetti di infrastruttura di trasporto riconosciuti da tutti i partner euromediterranei come aventi un interesse regionale principale al fine di ottenere una piena integrazione sud - sud dei Paesi mediterranei ed un integrazione globale con i Paesi dell’Unione Europea e con i paesi candidati. coerenza delle reti dei partner del Mediterraneo con la rete transeuropea: - il Corridoio multimodale transmagrebino: che comprende una componente ferroviaria (treno transmagrebino) e una componente autostradale (autostrada dell’UMA – Unione del Maghreb Arabo) che collega le principali città di Marocco, Algeria e Tunisia e può integrare i collegamenti marittimi e aerei verso i principali centri economici della riva nord del bacino del Mediterraneo (l’Arco latino); - il doppio corridoio del Mediterraneo orientale: situato sull’asse naturale degli scambi tra l’Unione europea, i Balcani e i Paesi del Mediterraneo orientale, comprendente assi stradali e ferroviari che servono i principali porti e aeroporti della regione. Il corridoio parte dalla Bulgaria, attraversa la Turchia per dividersi in due rami: uno lungo la costa attraverso Siria, Libano, Israele e quindi Egitto, l’altro attraverso gli altopiani siriani e giordani. La funzione essenziale dei corridoi è quella di attivare un sistema integrato di trasporti transcontinentale in e realizzare tutto il una rete Mediterraneo, intermodale nel e rispetto dell’ordinamento territoriale e della tutela ambientale, che vada a collegarsi con le reti TEN–T e PEC (Pan European Corridors). Si tratta, dunque, di conseguire un’integrazione orizzontale, facilitando il movimenti di persone, merci e capitali, per zone uniformi sulla totalità dell'aerea mediterranea, realizzando un corridoio unico integrato sud – sud; ed un’integrazione verticale con le reti transeuropee e pan–europee da realizzare attraverso un primo corridoio verticale che integra la rete TEN–T nel nodo di Siviglia con il corridoio del Maghreb per la parte sud occidentale dell’area mediterranea e un secondo corridoio verticale che integra la rete PEC nel nodo di Sophia (Bulgaria) e la rete TEN–T nel nodo di Budapest (Ungheria), con il corridoio Mashrek per la parte sud orientale dell’area mediterranea206. 206 Al riguardo si veda: Seminario reti mediterranee, Interconnessioni materiali e immateriali per l’integrazione dei mercati, 2006, Palermo, in www.ipalmo.com. 8. Le reti transeuropee quale strumento e volano della cooperazione interregionale e transnazionale La politica regionale comunitaria nasce con l’obiettivo di raggiungere la coesione economica e sociale all’interno degli Stati membri di tutta l’Unione Europea. A partire dalla programmazione 2007 – 2013, si mira inoltre a raggiungere la coesione territoriale, eliminando le disparità che ostacolano uno sviluppo equilibrato del territorio europeo. Questo nuovo obiettivo è inteso a rafforzare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale, basandosi sull’esperienza maturata grazie all’iniziativa comunitaria INTERREG III207, che emerge al rango di obiettivo generale. La cooperazione territoriale europea consiste sostanzialmente nel promuovere la ricerca di soluzioni congiunte a problemi comuni tra le autorità confinanti, come lo sviluppo urbano, rurale e costiero nonché nella creazione di relazioni economiche e reti di PMI. Merita ricordare, infine, che la cooperazione è orientata inoltre verso 207 la ricerca e lo sviluppo tecnologico, la società Al riguardo si vedano la Comunicazione della Commissione agli Stati membri, del 2 settembre 2004, che stabilisce gli orientamenti dell'iniziativa comunitaria riguardante la cooperazione transeuropea volta a incentivare uno sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio europeo INTERREG III in Gazzetta Ufficiale C 226 del 10.09.2004; e la Comunicazione della Commissione che modifica gli orientamenti dell'iniziativa comunitaria riguardante la cooperazione transeuropea volta a incentivare uno sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio europeo INTERREG III in Gazzetta Ufficiale C 239 del 25.08.2001. dell’informazione, l’ambiente, la prevenzione dei rischi e la gestione integrata delle acque. INTERREG III era infatti un’iniziativa comunitaria del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) per la cooperazione tra regioni dell’Unione europea previsto per il periodo 2000 – 2006. L’obiettivo è quello di rafforzare la coesione economica e sociale nell’Unione europea promuovendo da un lato la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale e dall’altro lato lo sviluppo equilibrato del territorio208. Detta cooperazione si svolge all’insegna dei principi di: - programmazione: in base al quale le regioni o i territori desiderosi di partecipare alla cooperazione presentano alla Commissione un programma d'iniziativa comunitaria (PIC). Questo documento definisce la loro strategia comune di sviluppo e mette in risalto il valore aggiunto degli interventi previsti; - partenariato: in quanto si instaura tra le autorità nazionali, regionali e locali ed i partner socio – economici e promuove forme di sviluppo di tipo ascendente (c.d. bottom up). Al fine di attivare programmi e di erogare aiuti che tengano conto della specificità delle singole regioni, il territorio comunitario è 208 Una particolare attenzione è riservata all’interesse delle regioni ultraperiferiche e delle regioni situate lungo le frontiere esterne dell’Unione Europea verso i Paesi di recente adesione o immediata candidatura. Al riguardo si veda la Comunicazione della Commissione agli Stati membri del 28 aprile 2000, che stabilisce gli orientamenti dell'iniziativa comunitaria riguardante la cooperazione transeuropea volta a incentivare uno sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio comunitario - Interreg III in G.U.C.E. C 143 del 23.05.2000. stato suddiviso in tre tipologie di aree: aree transfrontaliere209, aree transnazionali210 e aree interregionali211. Sulla base di detta suddivisione il programma INTERREG III si compone di tre sezioni: Sezione A: cooperazione transfrontaliera, la quale mira a realizzare centri economici e sociali transfrontalieri attuando strategie di sviluppo comune; tale forma di cooperazione mira sostanzialmente alla realizzazione di attività economiche, sociali e ambientali transfrontaliere mediante strategie comuni di sviluppo territoriale sostenibile in particolare attraverso la promozione dell’imprenditorialità, il miglioramento della protezione delle risorse naturali e culturali, il rafforzamento dei collegamenti tra le zone rurali e quelle urbane, la riduzione dell’isolamento mediante un miglior accesso alle reti e ai servizi di trasporto, informazione e comunicazione, nonché ai sistemi e ai servizi transfrontalieri di approvvigionamento idrico ed energetico212. 209 Si tratta delle regioni comunitarie di livello NUTS III (per l'Italia le Province) situate lungo le frontiere terrestri interne e talune frontiere terrestri esterne, nonché alcune regioni di livello NUTS III situate lungo le frontiere marittime separate da un massimo di 150 chilometri, tenendo conto dei potenziali adeguamenti necessari per garantire la coerenza e la continuità dell'azione di cooperazione. Le regioni frontaliere dei vari Stati europei mostrano problematiche comuni dal punto di vista socio-economico ed ambientale, che possono essere più facilmente risolte tramite la cooperazione tra gli Stati membri confinanti. 210 Si tratta di ampi raggruppamenti di regioni europee, identificate per l'Italia dalle Regioni, che mostrano caratteristiche simili dal punto di vista geografico e socio – culturale. 211 In quest’ultimo caso la cooperazione riguarda l’intero territorio della Comunità Europea, senza suddivisioni di livello territoriale. 212 Al riguardo si veda: SCOVAZZI T., Cooperazione transfrontaliera e diritto internazionale del mare, in La cooperazione transfrontaliera nel Mediterraneo, Aspetti giuridici e politici. Atti del Convegno di Studi organizzato dalla facoltà di giurisprudenza di Sassari, Sassari – Alghero, 18 – 20 aprile 1991, a cura di FOIS P., PONZEVERONI G. e BASSU A., Sassari, 1993, p. 29 ss., nel quale si legge che “poiché sussista una situazione avente natura transfrontaliera occorrono due elementi: a) l’esistenza di un confine tra due o più Stati, laddove l’aggettivo transfrontaliero Sezione B: cooperazione transnazionale, la quale si attua tra le autorità nazionali, regionale e locali, intende promuovere una migliore integrazione territoriale nell’Unione grazie alla formazione di grandi gruppi di regioni europee; tale forma di cooperazione si concentra sulle seguenti priorità: - innovazione: ovvero creazione e sviluppo di reti scientifiche e tecnologiche che contribuiscano direttamente allo sviluppo economico equilibrato delle zone transnazionali; - ambiente: attività di gestione delle risorse idriche, efficienza energetica, prevenzione dei rischi e protezione ambientale che presentino una chiara dimensione transnazionale213; presuppone il riferimento ad attività o interessi localizzati a cavallo di una frontiera; non occorre che il confine si già stato delimitato ad opera di un apposito Trattato, essendo sufficiente il dato geografico dell’adiacenza degli spazi spettanti a due o più Stati; b) la sussistenza di specifici rapporti di vicinato tra le collettività locali, laddove l’aggettivo transfrontaliero implica un elemento di carattere sociale dato dai rapporti che leghino le popolazioni locali o, anche, dalle esigenze che esse siano comuni: proprio questi rapporti e queste esigenze fanno sì che la separazione derivante da un confine venga superata tramite la cooperazione”. Merita, infine, ricordare che la Convenzione – quadro europea sulla Cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali, (Madrid, 21 maggio 1980, resa esecutiva in Italia con la L. 948/1984, in G.U.C.E. suppl. al n. 18 del 22 gennaio 1985), consente di cogliere un ulteriore elemento che caratterizza il livello più evoluto di cooperazione transfrontaliera. Tale livello si ha quando la cooperazione non solo realizza gli interessi delle collettività locali, ma anche è gestita in proprio dalle stesse collettività locali, tramite intese tra di esse intercorrenti. Relativamente a tali tematiche merita ricordare quanto sottolineato da BASSU A., Diritto internazionale e diritto comunitario nella cooperazione dei Paesi membri della CEE, in La cooperazione transfrontaliera nel Mediterraneo, Aspetti giuridici e politici, cit., p. 250 ss., laddove si sottolinea che “gli scopi che gli Stati si sono prefissi con la Convenzione di Madrid del 1980 sono richiamati nel preambolo, dove si fa riferimento allo stretto legame esistente tra i paesi membri del Consiglio d’Europa, alla necessità di promuovere la cooperazione transfrontaliera, nonché all’importanza che riveste, per il raggiungimento di tali obiettivi, la cooperazione delle comunità ed autorità territoriali. Tale atto sancisce innanzitutto per gli Stati contraenti l’obbligo generale di miglioramento dei rapporti di buon vicinato(art. 1), nonché l’obbligo di promuovere in tale ambito lo sviluppo delle relazioni tra le collettività, autorità e organismi che esercitano funzioni locali e regionali e che sono considerati tali nella legislazione interna di ciascuno Stato”. 213 Tali azioni possono includere: protezione e gestione dei bacini fluviali, delle zone costiere, delle risorse marine, dei servizi idrici e delle zone umide; prevenzione degli incendi, della siccità e delle inondazioni; promozione della sicurezza marittima e protezione contro i rischi naturali e tecnologici nonché protezione e valorizzazione del patrimonio naturale a sostegno dello sviluppo socioeconomico e del turismo sostenibile; - accessibilità: attività intese a migliorare l’accesso e la qualità dei servizi di trasporto e di telecomunicazioni che presentino una chiara dimensione transnazionale; le azioni possono includere investimenti relativi ai tratti transfrontalieri delle reti transeuropee in modo tale da consentire un migliore accesso locale e regionale alle reti nazionali e transnazionali; - sviluppo urbano sostenibile: rafforzamento dello sviluppo policentrico a livello transnazionale, nazionale e regionale che presenti un chiaro impatto transnazionale. In quest’ambito le azioni possono includere la creazione e il miglioramento di reti urbane e dei collegamenti tra zone urbane e rurali nonché strategie per affrontare questioni comuni alle zone urbane e rurali. Sezione C: cooperazione interregionale è intesa a migliorare l’efficacia delle politiche e degli strumenti di sviluppo regionale e di coesione tramite un ampio scambio di informazioni e di esperienze, come per esempio la creazione di reti per le regioni in ritardo di sviluppo o in fase di riconversione. In quest’ambito i settori di azione prioritari sono rappresentati da attività di cooperazione in campi quali la ricerca, lo sviluppo tecnologico, l’imprenditorialità, la società dell’informazione, il turismo e l’ambiente214. 214 Al riguardo si veda la Comunicazione della Commissione agli Stati membri del 28 aprile 2000, che stabilisce gli orientamenti dell'iniziativa comunitaria riguardante la cooperazione transeuropea Particolarmente importante è poi la partecipazione delle regioni insulari e ultraperiferiche, nonché quella dei Paesi candidati, alle diverse reti di operatori, fermo restando il fatto che viene fortemente incoraggiata la cooperazione, anche bilaterale tra le regioni marittime. Per quanto concerne nello specifico le modalità di attuazione è importante ricordare che sulla base delle dotazioni finanziarie indicative stanziate dalla Commissione215, gli Stati membri provvedono alla ripartizione dei finanziamenti per Sezione del programma, per confine e per regione; le proposte vengono elaborate da Comitati transfrontalieri o transnazionali congiunti, o da altri organismi costituiti dalle autorità regionali/locali competenti nonché dai partner non governativi competenti. Possono essere presentate proposte distinte per ciascuna Sezione, tuttavia, se i partner lo ritengono opportuno, i programmi possono riguardare le tre sezioni A, B e C ma, in tal caso, vanno volta a incentivare uno sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio comunitario – INTERREG III in G.U.C.E. C 143 del 23.05.2000. 215 Il programma INTERREG III è cofinanziato dagli Stati membri e dalla Comunità. Il contributo massimo del FESR è del 75% del costo totale per le regioni Obiettivo 1 e del 50% nelle altre regioni. L’assistenza tecnica può essere finanziata al 100% se realizzata su iniziativa della Commissione, ma non può superare la quota del 2% del contributo FESR. La dotazione finanziaria complessiva per il programma INTERREG III per gli anni 2000 – 2006 è stata di 4875 milioni di euro, mentre quella spettante all’Italia è pari a 426 milioni di euro. Una quota indicativa di almeno il 50% dello stanziamento totale è destinato alla Sezione A “Cooperazione transfrontaliera”; la quota minore è invece destinata alla Sezione C “Cooperazione interregionale” che deve comunque essere di almeno il 6 %. specificate le priorità, le misure e le strutture comuni in relazione a ciascuna sezione216. 9. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico A conclusione del capitolo relativo alle reti transeuropee nella politica euromediterranea appare opportuno dedicare un apposito paragrafo all’OCSE. La creazione dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, da cui l'acronimo OCSE (o Organisation for Economic Co-operation and Development217 - OECD in sede internazionale), nasce dall'esigenza di dar vita a forme di cooperazione e coordinamento in campo economico tra le nazioni europee nel periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale218. 216 Al riguardo si veda: Cooperazione transeuropea volta ad incentivare uno sviluppo armonioso ed equilibrato del territorio comunitario, in www.cooperazione%20transfrontaliera/INTERREG.it. 217 Per una trattazione specifica si veda: MANNING R. (Chair of the OECD Development Assistance Committee DAC), OECD Journal on Development, Devolopment Co – operation Report 2006. 218 Al riguardo si veda la definizione di OCSE in www.it.wikipedia.org/wiki/OCSE ed anche Qu’est - ce que l’OCDE?, OCDE 2007, Berlino. Tra gli obiettivi vi è soprattutto quello di usufruire al meglio degli aiuti statunitensi dell'European Recovery Program, meglio conosciuto come Piano Marshall219. Nell'aprile del 1948 si giunge così puntando alla liberalizzazione degli scambi industriali e dei movimenti di capitali. Nel 1950 in particolare i paesi membri dell'OECE alla firma di una prima convenzione per la cooperazione economica, entrata in vigore il 28 luglio 1948 e ratificata da 16 stati europei220. Mentre la Repubblica Federale Tedesca ne divenne membro solo dopo la fine del periodo di occupazione dei paesi alleati, e la Spagna vi aderì nel 1959221. La sede dell'organizzazione, inizialmente denominata Organizzazione Europea per la cooperazione economica222 (OECE) fu fissata ed è ancora oggi a Parigi. La cooperazione economica tra gli 219 Si tratta del Piano di aiuti economici all'Europa (conosciuto anche sotto la sigla Erp, European Recovery Program) che prese il nome del Segretario di stato americano George C. Marshall il quale, in un discorso tenuto all'università di Harvard il 5 giugno 1947, invitò i paesi europei a presentare un programma di ricostruzione economica che gli Stati uniti si impegnavano a finanziare. La proposta intendeva favorire, con reciproco vantaggio, una ripresa dei sistemi economici e quindi degli scambi commerciali nei paesi colpiti dal secondo conflitto mondiale. Altro obiettivo era quello di porre un freno alla minaccia rappresentata dall'espansione sovietica. Nella conferenza di Parigi del 12 luglio 1947 sedici paesi europei, con l'esclusione dei paesi dell'Est, aderirono all'invito. Nell'aprile 1948 il Congresso americano approvò il piano varando un programma di finanziamenti quadriennale che operò sino al 1952. Il piano riuscì a realizzare molti dei suoi obiettivi. In Italia, in particolare, più che in impieghi direttamente produttivi, fondi furono utilizzati per far fronte al forte disavanzo della bilancia commerciale e di quella dei pagamenti. 220 Tali Stati sono: Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia, Svizzera e Turchia. 221 Attualmente i Paesi membri dell’OCSE sono trenta, vi hanno aderito successivamente i seguenti Paesi: Australia, Corea, Finlandia, Ungheria, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Polonia, Repubblica Slovacca e Repubblica Ceca. 222 L'Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea(OEEC o OECE) fu istituita il 16 aprile 1948 come organizzazione permanente destinata a controllare la distribuzione degli aiuti americani del Piano Marshall per la ricostruzione dell'Europa dopo la seconda guerra mondiale. La sede era al Chateau de la Muette a Parigi. Fu la prima organizzazione sovranazionale a svilupparsi in Europa nel dopoguerra. Nel 1961 fu riorganizzata e si trasformò nell' Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OECD o OCSE in Italiano). Stati aderenti fu essenzialmente sviluppata attraverso una liberalizzazione dei rispettivi scambi, attuata diedero vita all'Unione Europea dei pagamenti (UEP) che introduceva un sistema di pagamenti multilaterali, permettendo una compensazione dei crediti in una moneta europea di uno stato membro verso l'altro. Questo sistema si trasformò nel 1959 in un regime di piena convertibilità delle monete, con mutamento dell'UEP223 nell'accordo monetario europeo224. All'inizio del 1960 appariva evidente che un vero processo di integrazione europea poteva avvenire solo successivamente ad una revisione dell'OECE nella direzione di vera e propria unione economica tra stati aderenti. La cosa risultava impossibile a seguito della creazione nel 1957 da parte di Italia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Francia e Germania Ovest delle Comunità europee 223 L’Unione Economica dei pagamenti (UEP) è un Accordo sottoscritto nel 1950 tra i17 Paesi aderenti all’OECE. Aveva per obiettivo la compensazione dei crediti e dei debiti bilaterali tra Stati aderenti e la liberalizzazione degli scambi commerciali. Sostituì l’accordo intereuropeo di pagamenti stabilità dall’ERP. L’Unione fu poi sostituita dall’Accordo Monetario europeo nel 1958, quando i Paesi dell’Europa Occidentale tornarono alla convertibilità delle monete L’UEP contribuì in modo determinante al processo di integrazione europea. 224 Il 5/8/1955, tra i Paesi aderenti alla Organizzazione Europea di Cooperazione Economica fu firmata una convenzione che, entrata in vigore il 1/1/1959, da una parte scioglieva l’Unione Europea dei Pagamenti , dall’altra istituiva un Fondo Monetario Europeo finalizzato al riequilibrio delle bilance dei pagamenti dei Paesi membri attraverso la concessione di crediti a breve termine. L’obiettivo di tale convenzione era quello di facilitare il pagamento dei debiti internazionali con un sistema di regolamento multilaterale che prevedeva la collaborazione e l’assistenza finanziaria tra le banche centrali dei paesi aderenti all’Accordo. Dall’adesione all’accordo discendeva, per il Paesi membri, l’obbligo a contenere le oscillazioni della propria moneta e a effettuare i regolamenti in oro e valuta convertibili. L’accordo ha avuto termine nel 1972 quando è stato sostituito da una convenzione tra le 18 banche centrali dei Paesi dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Al riguardo si veda il sito internet: www.didattica.spbo.unibo.it/orgint/A/accordomonetarioeuropeo.it. (CECA, EURATOM), e da altri sette paesi europei nel 1959 della Zona europea di libero scambio. A Parigi, il 14 dicembre 1960 si giunse alla firma di una nuova convenzione da cui nacque l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE), entrata in funzione il 30 Settembre 1961 e sostitutiva dell'OECE225, ne fanno parte i paesi che avevano aderito all'OECE, oltre a Canada e USA, in un secondo momento aderiranno anche Giappone, Finlandia, Australia, Nuova Zelanda, Messico, Corea del Sud, ed infine, dopo la dissoluzione del blocco comunista e delle organizzazioni internazionali quali il COMECON226, anche Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Slovacchia. L’Organizzazione di Cooperazione e di Sviluppo economico (OCSE) è un’organizzazione internazionale che annovera attualmente 30 Paesi Membri. Essa lavora ugualmente con numerosi altri paesi e 225 L’OCSE ha superato in questo modo il ruolo di organizzazione europea ed ha allargato la sua azione verso obiettivi di integrazione e cooperazione economica e finanziaria tra i maggiori paesi dell’Occidente. La struttura istituzionale dell’OCSE comprende: - un Consiglio composto da un rappresentante per ogni Paese; - un Comitato esecutivo composto dai rappresentanti di delegazioni permanenti di 14 membri eletti annualmente; - i Comitati ed i gruppi di lavoro specializzati; - le Delegazioni permanenti dei paesi membri sotto forma di missioni diplomatiche dirette quindi dagli ambasciatori; - il Segretariato internazionale, a disposizione dei comitati e degli altri organi. 226 Il Consiglio per la Mutua Assistenza Economica (COMECON, 1949-1991) fu un'organizzazione economica degli stati comunisti, una sorta di corrispondente nel blocco orientale della Comunità Economica Europea, anche se meno liberale. Per la definizione di COMECON si veda: www. it.wikipedia.org/wiki/COMECON. con gli attori della società civile, il mondo degli affari e altre organizzazioni internazionali227. L’OCSE è stata definito sia come “foro” che come “perizia”; un foro in seno al quale i governi tentano di rispondere alle sfide di un’economia mondiale globalizzata: confrontando le esperienze di politiche attuate, coordinando le loro azioni politiche, cercando congiuntamente risposte a problemi e a sfide comuni e definendo standard per facilitare il dialogo e la cooperazione fra nazioni; l’OCSE è poi considerata anche uno strumento di perizia per i governi, i ricercatori, ecc., proprio perché offre dati statistici comparativi sulle grandi economie mondiali, standard, principi e riferimenti per la misurazione dell’attività economica nonché analisi, previsioni e raccomandazioni228. Merita ricordare, infine, che l’OCSE offre un contributo solo intellettuale per aiutare i Paesi Membri nel loro processo decisionale e che all’opposto della Banca Mondiale o del Fondo Monetario 227 La Convenzione istitutiva dell’OCSE firmata a Parigi nel 1960 prevede all’art.1 che gli obiettivi di detta organizzazione internazionale consistono sostanzialmente nel promuovere le politiche volte a : a) conseguire la più forte e sostenibile crescita possibile dell’economia e dell’occupazione e una progressione del livello di vita nei Paesi Membri, mantenendo nello stesso tempo la stabilità finanziaria e contribuendo quindi allo sviluppo dell’economia mondiale ; b) contribuire a una sana crescita economica nei Paesi Membri, così come nei paesi non membri in via di sviluppo economico; c) contribuire all’espansione del commercio mondiale su una base multilaterale non discriminatoria conformemente agli obblighi internazionali. Ai sensi dell’art. 12, secondo i termini definiti dal Consiglio, l'Organizzazione può: a) esprimere auspici rivolti agli Stati non membri e alle organizzazioni; b) stabilire e mantenere rapporti con gli Stati non membri e con organizzazioni; c) invitare i Governi non membri e le organizzazioni a partecipare alle attività dell’Organizzazione. 228 Al riguardo si veda: All’attenzione dei media, parliamo dell’OCSE, in: www. sedi.esteri.it/rappocse.doc. Internazionale, l’OCSE è un organismo che non presta soldi né distribuisce sussidi e non impone specifiche politiche229. 229 Per quanto concerne nello specifico il tema della coesione sociale e dell’occupazione merita ricordare che la Strategia per l’occupazione dell’OCSE (c.d. OECD’s Jobs Strategy) presenta i principi direttori intesi a stimolare l’occupazione e i redditi. Il rapporto intitolato Living longer, Working longer raccomanda ai governi di mantenere la prosperità nelle società che tendono ad invecchiare. Il rapporto sulle pensioni nei paesi dell’OCSE intitolato Pensions at a Glance raffronta i sistemi di pensione dei paesi per aiutare i responsabili politici ad avviare riforme nel settore pensionistico. Al riguardo si possono consultare i links: www.oecd.org/convention,www.oecd.org/els/employment/liveworklonger, www.oecd.org/els/social/ageing/pag. Infine è possibile consultare: OECD Factbook 2007, Economics, Environmental and social Statistics, Berlino 2007 ed OECD Regions at a Glance, Berlino 2007. CAPITOLO V Il finanziamento delle reti transeuropee 1. Cenni nel bilancio comunitario Per realizzare gli obiettivi indicati nei trattati l’Unione Europea dispone di un bilancio proprio che è utilizzato nei settori politici nei quali gli sforzi congiunti garantiscono risultati più efficaci230. Le disposizioni finanziarie, applicabili alle entrate e alle spese comunitarie, figurano nel Titolo II (artt. 268 – 280 TCE) della parte V del Trattato che istituisce la Comunità europea231. In base all’art. 269 TCE “il bilancio, fatte salve le altre entrate, è finanziato integralmente mediante risorse proprie232. Il sistema di risorse proprie è determinato dal Consiglio su proposta della Commissione e dopo aver consultato il Parlamento, ma occorre altresì che tale sistema sia adottato da parte degli Stati membri in conformità delle loro rispettive norme costituzionali. Si tratta, in sostanza, di un accordo tra gli Stati membri233. La procedura di bilancio, regolata dall’art. 272 TCE, prevede una rigida sequenza temporale avente la finalità di consentire l’adozione del bilancio prima dell’inizio dell’esercizio finanziario. Il progetto di bilancio è redatto dalla Commissione e quindi stabilito dal Consiglio a maggioranza qualificata. Il Parlamento adotta emendamenti al progetto e propone modificazioni234 ed ha anche il potere di rigettare per 230 Al riguardo si veda il sito internet: www.europa.eu/scadplus/leg/it. Queste disposizioni riguardano in particolare i seguenti aspetti: - i principi generali che disciplinano la procedura di bilancio; - il finanziamento del bilancio; - lo svolgimento della procedura di bilancio; - l’esecuzione e il controllo del bilancio; - le disposizioni complementari per l’attuazione del trattato nel settore finanziario e della lotta antifrode. Il Trattato che istituisce l’UE stabilisce che sono a carico del bilancio le spese amministrative e, tranne decisione unanime e contraria del Consiglio, le spese operative derivanti dall’attuazione delle disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune e alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (secondo e terzo pilastro). 232 Il TCE stabilisce che le entrate del bilancio generale dell’UE sono costituite da due categorie principali: le risorse proprie e le altre entrate. La maggior parte del bilancio è finanziata da risorse proprie: - le risorse proprie tradizionali: i dazi doganali, i dazi agricoli e i contributi sullo zucchero; - la risorsa basata sull’imposta sul valore aggiunto (IVA); - le risorse basate sul reddito nazionale lordo (RNL). 233 Al riguardo si veda: GAJA G., Introduzione al diritto comunitario, Bari, 2004, p. 36 ss. 234 La distinzione fra emendamenti e modificazioni riflette la distinzione fra le spese non obbligatorie, perle quali il Parlamento formula emendamenti, e le spese obbligatorie (derivanti obbligatoriamente dal Trattato o dagli atti adottati a sua norma) per le quali invece propone modificazioni. In pratica, tale distinzione è fondamentale per individuare chi, fra il Parlamento e il Consiglio, ha l’ultima parola: questa spetta infatti al primo per le spese non obbligatorie, e al secondo per quelle obbligatorie. 231 importanti motivi il progetto di bilancio e chiedere che gli venga presentato un nuovo progetto, deliberando a tal fine alla maggioranza dei membri che lo compongono e dei due terzi dei suffragi espressi. L’approvazione del nuovo bilancio, in questo caso, avverrà necessariamente dopo il 1° gennaio dell’anno al quale il bilancio si riferisce, con la conseguenza che la Comunità, sino alla approvazione del bilancio, provvederà alle spese mensilmente nell’ambito del dodicesimo delle somme stanziate per il bilancio. 2. Le modalità di finanziamento delle RTE L’attuazione dei progetti delle reti transeuropee urta principalmente con il problema del suo finanziamento. Per quanto concerne per esempio il costo totale delle TEN–T (reti transeuropee di trasporto), incluse le autostrade del mare, esso è valutato intorno ai seicento miliardi di euro; spesa evidentemente troppo elevata per poter essere coperta interamente con i finanziamenti pubblici. Oltre ai finanziamenti degli Stati membri, anche la Comunità partecipa al finanziamento delle reti transeuropee235. I principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee sono contenuti nel regolamento n. 2236/95236 del Consiglio del 18 settembre 1995 e nei successivi regolamenti n. 1655/1999237 del 19 luglio 1999 e n. 807/2004238 del 21 aprile 2004 del Consiglio e del Parlamento europeo. Con il Regolamento n. 2236/95/CE sono state fissate le norme generali per la concessione di contributi finanziari comunitari “a progetti di interesse comune” nel settore delle reti transeuropee239. Il contributo comunitario può assumere una o più delle seguenti forme: a) cofinanziamento di studi relativi ai progetti, compresi studi preparatori, studi di fattibilità e studi di valutazione e altre misure di sostegno tecnico per detti studi. 235 Al riguardo si veda: MASERA R. S. – MASTRONARDO F., Le reti transeuropee e il loro finanziamento, in Riv. Affari esteri, 1993, n. 99, p. 589 ss. 236 In G.U.C.E. n. L 228 del 23 settembre 1995. 237 In G.U.C.E. n. L 197 del 29 luglio 1999. 238 In G.U.C.E. n. L 143 del 30 aprile 2004. 239 Regolamento (CE) n. 2236/95 del Consiglio del 18 settembre 1995 che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee, in G.U.C.E. n. L 228 del 23/09/1995. La partecipazione finanziaria della Comunità non può generalmente essere superiore al 50 % del costo totale di uno studio240; b) abbuoni di interessi su prestiti concessi dalla Banca Europea per gli investimenti o da altri organismi finanziari pubblici o privati. In generale la durata dell’abbuono non può superare i cinque anni; c) contributo ai premi per garanzie di prestito del Fondo europeo per gli investimenti o di altri istituti finanziari; d) sovvenzioni dirette agli investimenti in casi debitamente giustificati; e) partecipazione al capitale di rischio per i fondi di investimento o per altri organismi finanziari comparabili che forniscono prioritariamente capitali di rischi ai progetti di reti transeuropee. Inoltre, viene stabilito che il contributo finanziario della Comunità non può superare il 10 % del costo totale del singolo intervento. Nel 1999 il Consiglio ed il Parlamento europeo hanno modificato le suddette norme con il Regolamento n. 1655/99/CE prevedendo la possibilità per la Commissione di investire una parte modesta delle risorse accordate ai progetti in fondi di capitale di rischio241. L’obiettivo è di accedere alle risorse potenzialmente più ampie dei fondi di pensione e delle compagnie di assicurazione per finanziare progetti della rete transeuropea. Inoltre, hanno stabilito di aumentare dal 10 % al 20 % del costo totale del singolo intervento il contributo finanziario della Comunità, e di assegnare il 55 % dei contributi ai progetti ferroviari e non oltre il 25 % per quelli stradali. Accanto agli importi previsti ogni anno dalle linee di bilancio TEN, sono possibili come modalità di finanziamento i contributi apportati dal Fondo di Sviluppo Regionale (FESR) e dal Fondo di Coesione. Inoltre, come si dirà nello specifico nei successivi paragrafi del presente lavoro, il Gruppo BEI, composto dalla Banca europea per gli investimenti e dal Fondo europeo per gli investimenti partecipano anch’essi al finanziamento delle TEN; la prima concedendo prestiti a tassi agevolati e il FEI garantendo i prestiti. La BEI è autorizzata a finanziare fino al 50 % del costo di investimento dei progetti e rappresenta inoltre la principale fonte dei fondi bancari. 240 In casi eccezionali, debitamente motivati, su iniziativa della Commissione e con l’accordo degli Stati membri interessati, la partecipazione comunitaria può superare tale limite del 50 %. 241 Regolamento (CE) n. 1655 del 19 luglio 1999, che modifica il Regolamento (CE) n. 2236/95 che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee, in G.U.C.E. L/197 DEL 27 LUGLIO 1999. Quest’ultimo è stato a sua volta modificato dal recente Regolamento n. 1195/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005, in G.U.C.E. L 191, del 22 luglio 2005. 3. Il necessario coinvolgimento del settore privato Un altro aspetto che merita essere sottolineato è che poiché il costo totale delle sole reti transeuropee di trasporto è valutato intorno ai seicento miliardi di euro è evidente che i finanziamenti pubblici sono insufficienti per coprire tutte le spese. Per questo motivo l'Unione europea242 cerca di coinvolgere sempre più il settore privato nel finanziamento delle reti, promuovendo i partenariati pubblico/privati (PPP). Con questo termine ci si riferisce usualmente (e così fa il Libro Verde della Commissione europea243 su questo tema, COM (2004) 327 definitivo, del 27 aprile 2004, da cui si mutua la definizione) a forme di cooperazione tra le autorità pubbliche ed il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un'infrastruttura o la fornitura di un servizio244. Le PPP sono una forma di cooperazione fra le autorità pubbliche e gli operatori economici. Tale cooperazione mira segnatamente a finanziare, costruire, rinnovare o sfruttare un'infrastruttura o la fornitura di un servizio. Le PPP sono presenti nei trasporti, nella sanità pubblica, nell'istruzione, nella sicurezza, nella gestione dei rifiuti, nella distribuzione d'acqua o di energia. A livello europeo le PPP contribuiscono alla realizzazione dell' Iniziativa europea per la crescita e delle reti transfrontaliere245. Il vantaggio di tale struttura è dovuto al fatto che essa consente una migliore ripartizione dei rischi e una riduzione degli oneri finanziari, soprattutto nella fase di avvio del progetto. Essa incita il settore privato ad includere nei progetti l'aspetto di servizio pubblico, consentendogli spesso di trarre profitto dallo sfruttamento dell'opera realizzata. Da parte sua, il settore pubblico identifica meglio le soluzioni tecniche 242 Più nello specifico è la stessa Commissione che promuove in modo mirato il ricorso a fonti private di finanziamento e sostiene il partenariato pubblico – privato nella progettazione e nell’esecuzione dei progetti. Al riguardo si veda il sito internet: www.liguria.org/documenti/BRUX%20documentoTEN-T. 243 Fenomeni in forte espansione, le partnership di tipo pubblico – privato (PPP) stabiliscono nuove relazioni tra la sfera pubblica e quella privata. Il Libro verde della Commissione in particolare, presenta la situazione delle prassi seguite nell'Unione europea alla luce del diritto comunitario. Nello specifico, dando la parola agli operatori interessati, il Libro verde avvia un dibattito sull'opportunità di elaborare a livello europeo un quadro giuridico specifico. 244 Al riguardo si veda: www.ricercaitaliana.it/prin/dettaglio_prin. Il Libro Verde della Commissione europea sulle partnership di tipo pubblico - privato e sul diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni [COM(2004) 327 def.] distingue due tipi di PPP: - le PPP di tipo puramente contrattuale. In questo caso la partnership è basata su legami esclusivamente contrattuali e può situarsi nel campo d'applicazione delle direttive europee sui pubblici appalti; - le PPP di tipo istituzionalizzato. Queste PPP implicano una cooperazione nell'ambito di un'entità distinta e possono condurre alla creazione di un'entità ad hoc detenuta congiuntamente ovvero alla presa di controllo di un'entità pubblica da parte di un operatore privato. Per una trattazione più approfondita è possibile consultare il sito: www.europa.eu/scadplus/leg/it. 245 adeguate alle sue esigenze nonché i servizi commerciali che possono contribuire a rendere redditizio il progetto. 4. La Banca Europea per gli investimenti La Banca Europea per gli investimenti246 è l’istituzione finanziaria dell’UE creata nel 1957, con il Trattato di Roma, per il finanziamento degli investimenti atti a sostenere gli obiettivi politici dell’Unione247. La disciplina relativa alla BEI è oggi contenuta all’interno del Titolo I, Capo V del TCE, aggiunto dal Trattato sull’Unione Europea; più precisamente si tratta degli artt. 266 e 267 CE (già artt. 198 D e 198 E TCE). Tali norme precisano che sono membri della BEI, avendone tutti sottoscritto il capitale sociale, gli Stati membri dell’UE. Pur muovendosi nell’ambito del sistema normativo comunitario248 la BEI è dotata, rispetto all’UE, di autonoma personalità giuridica di diritto internazionale nonché di indipendenza finanziaria, amministrativa e di controllo249. Scopo primo della Banca è quello di sostenere gli obiettivi dell’Unione Europea fornendo finanziamenti a lungo termine per specifici progetti di investimento e contribuire in tal modo ad una maggiore integrazione e coesione socio – economica dei paesi membri250. Come istituzione comunitaria la BEI effettua, inoltre, un continuo adattamento delle proprie attività di investimento in funzione degli sviluppi delle politiche comunitarie251. La sede della BEI è Lussemburgo ma, al fine di favorirne l’operatività, sono stati stabiliti uffici della banca anche a Bruxelles, Parigi, Roma, Atene, Berlino, Lisbona, Madrid ed al Cairo. Al di fuori dei Paesi dell’UE la Banca contribuisce all’attuazione delle politiche comunitarie relative alla cooperazione in accordo ai termini ed alle norme contenuti nei diversi trattati ed accordi che legano l’Unione Europea a circa 130 Paesi, sia dell’Europa centrale ed orientale che dell’area del Mediterraneo come anche in Africa, Asia, America Latina, nei Carabi e dell’area del Pacifico. 246 BEI (EIB European Investment Bank, nella notazione in inglese o Banque Europèenne d’Investissement in quella francese). 247 Tali obiettivi sono i seguenti: - lo sviluppo regionale; - l reti transeuropee di trasporto; - lo sviluppo delle telecomunicazioni e del settore dell’energia; - la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione; - la salute e l’educazione. 248 Merita ricordare, infatti, che lo Statuto della Banca Europea per gli investimenti è oggetto di uno dei Protocolli allegati al Trattato CE). 249 La BEI è amministrata e gestita, a norma dell’art. 8 del proprio Statuto, dai seguenti organi: - il Consiglio dei governatori, rappresentato dai 25 ministri dell’economia dei Paesi dell’UE, che ha come compito quello di definire l’indirizzo politico della Banca; - il Consiglio di amministrazione, al quale è incarico l’applicazione della politica della BEI; - il Comitato direttivo, che assicura il funzionamento e l’operatività ordinaria dell’istituzione. A questi organi si aggiunge un Comitato di verifica che ha il compito di controllare, annualmente, le operazioni ed i conti della BEI per assicurarsi il rispetto e la conformità degli stessi all’effettiva situazione della Banca. 250 Su questo tema si veda: PREDIERI A., Europeità dei fondi strutturali. Compendio e metafora, in PREDIERI A. (a cura di), Fondi strutturali e coesione economica e sociale nell’Unione Europea, Atti del Convegno svoltosi a Firenze il 12 - 13 maggio 1995, Milano, 1995, p. 3 ss. 251 Al riguardo si veda: www.europa.eu/documents/eib_index. In quest’ambito la BEI è, insieme all’UE, membro fondatore della Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS). Il ruolo della BEI è chiaramente espresso dal testo della normativa europea (artt. 198 D e 198 E TCE) come rivista a seguito dell’approvazione del Trattato di Maastricht. L’art. 198 E TCE (attualmente art. 267 CE) recita: La Banca europea per gli investimenti ha il compito di contribuire, facendo appello al mercato dei capitali ed alle proprie risorse, allo sviluppo equilibrato e senza scosse del mercato comune nell'interesse della Comunità. A tal fine facilita, mediante la concessione di prestiti e garanzie, senza perseguire scopi di lucro, il finanziamento dei seguenti progetti in tutti i settori dell'economia: a) progetti contemplanti la valorizzazione delle regioni meno sviluppate; b) progetti contemplanti l'ammodernamento o la riconversione d'impresa oppure la creazione di nuove attività richieste dalla graduale realizzazione del mercato comune che, per la loro ampiezza o natura, non possono essere interamente assicurati dai vari mezzi di finanziamento esistenti nei singoli Stati membri; C) progetti d'interesse comune per più Stati membri che, per la loro ampiezza o natura, non possono essere completamente assicurati dai vari mezzi di finanziamento esistenti nei singoli Stati membri. Nello svolgimento dei suoi compiti la Banca facilita il finanziamento di programmi d’investimento congiuntamente con gli interventi dei fondi strutturali e degli atri strumenti finanziari della Comunità. Sulla base di tale norma appare opportuno sottolineare alcuni aspetti importanti, come il fatto che la raccolta dei fondi da parte della BEI avviene sui mercati internazionali dei capitali e che la BEI non persegue fini di lucro; ciò non significa comunque, che la BEI effettui finanziamenti a fondo perduto: come per ogni altra banca d’investimento, infatti, tutte le somme investite devono essere rimborsate alla Banca. I progetti della BEI, inoltre, devono contribuire allo sviluppo economico e sociale dei paesi membri dell’UE portandolo ad un medesimo livello: per tale motivo la Banca effettua i propri investimenti principalmente nelle zone più povere e dove si riscontrano le maggiori carenze strutturali all’interno dell’UE. Le risorse della BEI sono costituite, in primo luogo, dal capitale sottoscritto dagli Stati membri. Il capitale della BEI, il cui ammontare è stabilito dall'art. 4. 1 dello Statuto (più volte modificato), è suddiviso in quote ed espresso in euro; è sottoscritto dagli Stati membri dell'istituzione in misure tra loro diverse secondo una ripartizione che tiene in considerazione sia fattori economici (il PIL al momento dell'integrazione dello stato nell'UE) che politici. Ciò significa dunque che gli Stati membri sono responsabili soltanto fino a concorrenza dell'ammontare della loro quota di capitale sottoscritto e non versato; la previsione dell'ammontare del capitale nello statuto della BEI è caratteristica peculiare della Banca che la distingue dagli altri organismi finanziari internazionali (in primo luogo dalla Banca mondiale) il cui capitale è variabile limitandosi i rispettivi statuti a fissare l'ammontare del capitale "autorizzato" (ovvero la soglia massima al di sotto della quale deve mantenersi il capitale effettivamente sottoscritto, quest'ultimo variabile a seconda dell'ingresso o dell'uscita di uno stato membro). Per quanto concerne la situazione attuale nel suo programma di attività la BEI definisce la sua politica a medio termine e stabilisce priorità operative attinenti agli obiettivi che sono stati ad essa assegnati dai governatori. Per il periodo 2006 – 2008, l’attività di finanziamento risulta orientata in base a sei priorità: - la coesione economica e sociale nell'Europa allargata (84 % dei finanziamenti); - l'attuazione dell'iniziativa «Innovazione 2010»252; 252 La BEI partecipa alla realizzazione della "Strategia di Lisbona" definita dal Consiglio europeo di Lisbona nel marzo 2000, che si propone di trasformare l'Europa in un'economia fondata sulla conoscenza. Dall'avvio dell'iniziativa "Innovazione 2000", la BEI ha già concesso finanziamenti per 34,8 miliardi di euro. Il Fondo europeo per gli investimenti finanzia del pari l'iniziativa - lo sviluppo delle reti transeuropee e delle loro reti di accesso; - il sostegno alle politiche comunitarie di aiuto allo sviluppo e di cooperazione nei paesi partner; - la tutela e il miglioramento dell'ambiente, ivi comprese le energie rinnovabili; - il sostegno alle piccole e medie imprese, nonché alle imprese di dimensioni intermedie. Lo sviluppo delle regioni svantaggiate è la prima priorità della Banca europea per gli investimenti. La BEI, nel 2005, ha concesso prestiti per 34 miliardi di euro a favore di progetti ubicati nelle regioni dell'Unione europea che beneficiano del sostegno dei Fondi strutturali253. Innovazione 2000 attraverso partecipazioni in fondi di capitale di rischio. Nel 2005, sono stati firmati prestiti per 10,7 miliardi di euro nei tre settori interessati dall'iniziativa: l'innovazione e la ricerca-sviluppo (6, 2 miliardi), l'istruzione e la formazione (2, 3 miliardi), la creazione e la diffusione delle Tecnologie dell'informazione e della comunicazione (1, 9 miliardi). Le operazioni nel quadro dell'iniziativa Innovazione 2000 si concentrano in quattro grandi settori: a) Ricerca, sviluppo e innovazione. La BEI sostiene programmi di ricerca pubblici e/o privati e i centri di eccellenza che facilitano l'accesso delle PMI e delle imprese di dimensioni intermedie ai programmi di ricerca; b) Lo sviluppo delle PMI innovatrici e dello spirito d'impresa. La BEI incoraggia l'utilizzazione del capitale di rischio attraverso il FEI; c) La formazione del capitale umano. Gli interventi prioritari riguardano l'informatizzazione degli istituti universitari o dell'insegnamento superiore e i prestiti in favore dei centri di formazione; d) Le reti di tecnologie dell'informazione e della comunicazione. La Banca cofinanzia le reti transeuropee a banda larga e multimediali, nonché le infrastrutture materiali o virtuali di accesso a tali reti. Essa sostiene del pari la produzione e la distribuzione di opere audiovisive europee. L'iniziativa « Innovazione 2000 audiovisivo » è coordinata con il programma MEDIA Plus della Commissione. 253 Al riguardo si veda il Regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui fondi strutturali. Il regolamento è volto a ridurre il divario di sviluppo e a promuovere la coesione economica e sociale all'interno dell'Unione europea (UE). In tal modo migliora l'efficacia degli interventi strutturali comunitari, rafforzando la concentrazione degli aiuti e semplificando il loro funzionamento mediante una riduzione degli obiettivi prioritari d'intervento. Tale regolamento contribuisce inoltre a precisare le competenze degli Stati membri e della Comunità durante tutte le fasi: programmazione, sorveglianza, valutazione e controllo. La coesione economica e sociale è da molti anni uno degli obiettivi prioritari dell'Unione europea. Promuovere la coesione l'Unione favorisce infatti lo sviluppo armonioso, equilibrato e duraturo delle attività economiche, crea occupazione, contribuisce alla tutela dell'ambiente ed La BEI integra dunque l’azione della Commissione nella realizzazione della coesione economica e sociale attraverso la creazione di ricchezza e di occupazione e fornisce del pari un sostegno importante al finanziamento delle reti transeuropee. Nel corso del periodo 1993 – 2005 essa ha finanziato oltre 69 miliardi di euro in favore delle RTE. Inoltre, ha partecipato attivamente all’elaborazione dell’azione europea per la crescita approvata dal Consiglio europeo nel dicembre 2003. Tale iniziativa mira a migliorare il potenziale di crescita a lungo termine dell’Europa attraverso un incremento degli investimenti nelle RTE, nonché nell’innovazione e nel settore della ricerca/sviluppo254. A sostegno dell’azione europea per la crescita ha approntato una nuova linea di investimento RTE con l’obiettivo di investire 50 miliardi di euro in questo settore entro il 2010. all'eliminazione delle ineguaglianze tra uomini e donne. Per portare a termine l'impegno di coesione economica e sociale la Commissione ha creato strumenti finanziari; Fondi strutturali e Fondo di coesione. Questi fondi sono destinati a cofinanziare negli Stati membri interventi regionalizzati o orizzontali. Per quanto concerne i fondi strutturali basti ricordare che man mano che si procedeva nella costruzione europea sono stati creati quattro Fondi Strutturali: il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), che contribuisce essenzialmente ad aiutare le regioni in ritardo sul processo di sviluppo, in fase di riconversione economica o con difficoltà strutturali; il Fondo Sociale Europeo (FSE), che interviene principalmente nell'ambito della strategia europea per l'occupazione; il Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (FEAOG), sezione "orientamento", che contribuisce allo sviluppo e all'adeguamento strutturale delle zone rurali in ritardo sul processo di sviluppo tramite il miglioramento dell'efficienza delle strutture di produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e silvicoli; lo Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca (SFOP), sostiene i mutamenti strutturali del settore della pesca. 254 Al riguardo si può consultare la relativa documentazione nel sito internet: www.europarl.europa.eu. 5. Il Fondo Europeo per gli Investimenti e il Gruppo BEI Il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI) è un’istituzione europea il cui scopo principale è sostenere la creazione, la crescita e lo sviluppo delle piccole e medie imprese255 (PMI). Tale Fondo è stato istituito nel 1993 sulla base di una proposta avanzata nell’ambito del Consiglio Europeo di Edimburgo del dicembre 1992 e costituisce uno strumento finanziario a sostegno delle PMI. Dotato di personalità giuridica, il FEI può contare di una dotazione finanziaria di circa 18 miliardi di euro da impiegare nella prestazione di garanzie e nella partecipazione al capitale di rischio delle piccole e medie imprese. Esso interviene essenzialmente con operazioni di capitale di rischio e strumenti di garanzia, utilizzando risorse proprie o quelle che gestisce su mandato della Banca Europea per gli investimenti o dell’Unione Europea. Il Gruppo BEI, composto dalla Banca Europea per gli investimenti (BEI) e dal Fondo Europeo per gli investimenti (FEI), è stato costituito a seguito delle decisioni del Consiglio europeo di Lisbona tenutosi il 23 – 24 marzo del 2000. La creazione di tale gruppo ha avuto lo scopo di riunire gli strumenti di investimento dell'UE in seno ad un'unica istituzione favorendo al contempo gli investimenti dell'Unione nel capitale di rischio delle piccole e medie imprese (PMI), operazioni in precedenza possibili solo per il FEI. Con la creazione del gruppo la BEI diviene, con il 59,6 %, il principale azionista del FEI pur mantenendo il Fondo una struttura azionaria tripartita comprendente anche le quote della Commissione Europea (30 %) e quella di banche ed istituzioni finanziarie europee (10, 85 %). In tal modo il Gruppo BEI ha la possibilità di giocare un ruolo predominante nello sviluppo della competitività dell'industria europea tramite finanziamenti diversificati per le attività delle PMI (prestiti a medio e lungo termine, garanzie ed operazioni di venture capital) anche in collaborazione con il settore bancario privato; le operazioni di venture capital sono concentrate in capo al FEI che costituisce, in tal modo, una delle principali risorse di tale tipo di finanziamenti in seno all'Unione. 255 Le Piccole e Medie Imprese o PMI sono aziende le cui dimensioni rientrano entro certi limiti occupazionali e finanziari prefissati. Diversamente dalle grandi aziende, le PMI hanno la reputazione di grandi innovatrici. Per questa ragione, ed anche per le oggettive difficoltà di attrarre capitali, Stati e Regioni di solito mettono in atto politiche di sostegno verso la PMI. È importante considerare che le Piccole e Medie Imprese si comportano talvolta in modo decisamente diverso da quelle di dimensioni maggiori. Ad esempio il profitto, fondamentale per le grandi compagnie che hanno come necessità primaria quella di distribuire guadagni tra gli azionisti, diventa spesso secondario per alcune imprese di dimensioni inferiori, dove le ambizioni personali dei proprietari possono prevalere come elemento motivatore. Al riguardo si veda il sito internet: www.wikipedia.org/wiki/Piccola_e_media_impresa. 6. Le prospettive finanziarie 2007/2013 Per concludere e volendo fare un breve riferimento alla situazione attuale basti ricordare che il 14 luglio 2004 la Commissione europea ha adottato cinque proposte di regolamento riguardanti la riforma della politica di coesione per il periodo di programmazione 2007 – 2013 che prospettano una incisiva riforma degli strumenti e delle modalità di intervento della politica di coesione, specie allo scopo di tenere conto del nuovo assetto dell’Unione europea dovuto all’allargamento256. Il “pacchetto di regolamenti” presentato il 14 luglio 2004 prevede un investimento di 336 miliardi di euro, pari a circa un terzo del bilancio dell’Unione e si compone di: - una proposta di regolamento generale257, che stabilisce una serie di norme e principi comuni per tutti gli strumenti (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo e Fondo di coesione) per una gestione più semplice, trasparente, decentrata e proporzionata. Le novità introdotte concernono in particolare l’approccio strategico e il meccanismo di programmazione, nonché la gestione e il controllo 256 Al riguardo si veda TITO A., I Fondi Strutturali 2007 – 2013. Le proposte della Commissione Europea, in www.cedoc.sirio.regione.lazio.it/DOCUMENTI/fondistrutturali, in cui si legge che “la riforma proposta nei cinque documenti ha un’importanza notevole, in quanto è destinata a ristrutturare il panorama della solidarietà europea in un’Unione allargata e nel contesto della globalizzazione economica e del progresso dell’economia basata sulla conoscenza, poiché è in gioco la riorganizzazione della strategia e delle risorse della politica di coesione”. 257 Commissione Europea, Proposta di Regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, e il Fondo di coesione (COM 492 del 14 luglio 2004). finanziario, i quali, con le modifiche introdotte, dovrebbero risultare semplificati e maggiormente rispondenti alle priorità strategiche dell’Unione; - una proposta di regolamento sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR)258, che intende porre particolare attenzione alle specificità territoriali emerse in seguito all’allargamento del 1 maggio 2004 che ha determinato un’accresciuta disparità regionale; - una proposta di regolamento sul Fondo sociale europeo (FSE)259, che prevede un quadro focalizzato degli interventi del Fondo in tutti gli Stati membri; - una proposta di regolamento sul Fondo di coesione260, per promuovere la crescita delle regioni più svantaggiate e sostenere così gli obiettivi della convergenza, della competitività regionale e dell’occupazione e della cooperazione territoriale; - una proposta di regolamento che istituisce un nuovo strumento giuridico denominato Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT)261, ideato per lo sviluppo e il rafforzamento della coesione 258 Commissione delle Comunità europee, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul Fondo europeo di sviluppo regionale (COM 495 del 14 luglio 2004). 259 Commissione delle Comunità europee, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul Fondo sociale europeo ( COM 493 del 14 luglio 2004). 260 Commissione delle Comunità europee, Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce il Fondo di coesione (COM 494 del 14 luglio 2004). 261 Comunità europee, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di gruppi europei di cooperazione transfrontaliera (GECT), (COM 496 del 14 luglio 2004). economica negli Stati membri che rappresentano realtà nazionali diversificate. Ancor più nello specifico si ricorda che la Commissione Europea ha adottato nel luglio 2007 tre proposte di regolamento nel campo dei trasporti proponendo, per il periodo 2007/2013, lo stanziamento di più di 22 miliardi di euro per le reti transeuropee di trasporto e di energia, il programma Marco Polo ed il programma Galileo262. La Commissione, in primo luogo, propone una rivisitazione profonda del bilancio e delle modalità di erogazione degli aiuti finanziari per le TEN. Il regolamento suggerisce uno stanziamento di 20, 35 miliardi di euro, la concentrazione degli aiuti su un numero limitato di progetti ed un tasso di finanziamento in casi eccezionali fino al 50% dei costi sostenuti per progetti transfrontalieri. Il budget, di molto superiore a quello stanziato per l’attuale programmazione che ammonta a 4, 6 milioni di euro, permetterà di cofinanziare i 30 progetti prioritari TEN. La seconda proposta riguarda il prolungamento fino al 2013 del programma “Marco Polo II”, volto ad incoraggiare il trasferimento modale verso modi di trasporto poco inquinanti, con una dotazione di 262 Al riguardo, per una trattazione più approfondita del tema, è possibile consultare il sito internet www.unioncamere.eu/content/view/10/76. bilancio di 740 milioni di euro. In tale programma rientreranno le "autostrade del mare" che fanno parte dei nuovi progetti prioritari delle TEN263. Infine, è stato proposto di stanziare 1 miliardo di euro per completare l’aiuto all’avviamento del sistema di radionavigazione satellitare Galileo, lanciato dalla Commissione europea e sviluppato in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea, il quale fornirà all’Unione Europea una tecnologia indipendente rispetto al GPS americano e al GLONASS russo264. 263 Su questo punto si veda il sito www.ec.europa.eu/transport/marcopolo_guide.it. Al riguardo si veda la Comunicazione della Commissione, del 10 febbraio 1999 Galileo – Partecipazione dell’Europa ad una nuova generazione di servizi di navigazione satellitare, COM(1999)54. 264 BIBLIOGRAFIA ¾ AZZINI C., Le grandi reti transeuropee, in BONAVERO P., DANSERO E., L’Europa delle regioni e delle reti, Torino, 1998, p. 33 ss. ¾ BASSU A., Diritto internazionale e diritto comunitario nella cooperazione dei Paesi membri della CEE, in La cooperazione transfrontaliera nel Mediterraneo, Aspetti giuridici e politici. Atti del Convegno di Studi organizzato dalla facoltà di giurisprudenza di Sassari, Sassari – Alghero, 18 – 20 aprile 1991, a cura di FOIS P., PONZEVERONI G. e BASSU A., Sassari, 1993, p. 250 ss. ¾ BOI G. 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Origine ed evoluzione del concetto di reti transeuropee……….1 2. Le reti transeuropee nel Trattato di Roma………...…..………12 3. Il Titolo XII introdotto dal Trattato di Maastricht relativo alle reti transeuropee…………….…………………………………….....15 4. Il Libro Bianco della Commissione “Crescita, competitività, occupazione”………………………………….…………….……….31 5. Il Piano d’Azione per il rafforzamento della competitività dell’economia europea (Consiglio Europeo di Bruxelles del 1993)………………………………………………………………....38 6. I progetti prioritari nei settori dei trasporti e dell’energia (Consiglio europeo di Corfù del 1994)………..………...………..….43 7. La relazione conclusiva del c.d. Gruppo Christophersen (Consiglio Europeo di Essen del 1994)………..…………..………...47 8. Le reti transeuropee nel progetto di Costituzione per l’Europa……………………………………………………………...50 CAPITOLO II: AMBITI DI COSTITUZIONE E SVILUPPO DI RETI TRANSEUROPEE 1. I settori di attività delle reti transeuropee……….………….…54 2. Le caratteristiche delle reti di trasporto: stradale, ferroviario, marittimo e intermodale……….………….….………………...……56 3. Le reti di energia e delle telecomunicazioni…...……......……60 4. La disciplina europea ed il controllo comunitario dell’esecuzione della sua attuazione……..…………….….….……..64 5. Le RTE nel contesto dell’attuale politica ambientale della Comunità Europea con particolare attenzione al Mediterraneo..........75 6. La linea ad alta velocità Torino – Lione: le problematiche relative all’impatto ambientale………………………………………83 CAPITOLO III: IL DIRITTO DERIVATO SPECIFICO IN MATERIA DI RETI TRANSEUROPEE 1. Gli orientamenti comunitari sulle reti transeuropee..…...….....94 2. I progetti prioritari relativi alle reti transeuropee dei trasporti (TEN– T)…………………………..……………………………......101 3. I progetti prioritari relativi alle reti transeuropee dell’energia (TEN– E)..…………………………………………………………..107 4. Gli orientamenti comunitari relativi alle reti transeuropee telecomunicazioni (e–TEN).….........................................................112 CAPITOLO IV: LE RETI TRANSEUROPEE ALL’INTERNO DELLA POLITICA EUROMEDITERRANEA 1. Le fasi della politica euromediterranea…….......……………116 2. Il partenariato euromediterraneo……………………...……..123 3. La genesi dei corridoi paneuropei……………………...……126 4. La Conferenza Euromediterranea di Barcellona .………..….131 di 5. I Programmi MEDA ed ENPI…...………..…………………137 6. La Rete Euromediterranea dei trasporti…………………......142 7. L’integrazione territoriale nel Mediterraneo…………..…….146 8. Le reti transeuropee quale strumento e volano della cooperazione interregionale e transnazionale………………..….…152 9. Il ruolo dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico nello sviluppo delle reti transeuropee…...…………....159 CAPITOLO V: IL FINANZIAMENTO DELLE RETI TRANSEUROPEE 1. Cenni nel bilancio comunitario………………………..….....165 2. Le modalità di finanziamento delle RTE..……..…………....168 3. Il necessario coinvolgimento del settore privato…..………...172 4. La Banca Europea per gli investimenti…………………..….175 5. Il Fondo europeo per gli investimenti ed il BEI….................................................................................................183 6. Le prospettive finanziarie 2007/2013……...…………..….....186 BIBLIOGRAFIA………………………………..………………..190 SITOGRAFIA…………………………………………………….199 Gruppo