il nucleare possibile e necessario.

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il nucleare possibile e necessario.
PERIODICO ECONOMICO DI INFORMAZIONE E CULTURA PER LE IMPRESE
IL NUCLEARE POSSIBILE E NECESSARIO. FRANCIA: UN MODELLO DA REPLICARE. La prima pietra per il ritorno al nucleare nel nostro paese sembra finalmente posta. Il Senato della Repubblica ha varato, nell’ambito del DDL sviluppo, le norme che conferiscono delega al Governo per la localizzazione delle centrali nucleari nel nostro paese e per la costituzione dell’Agenzia per la sicurezza del nucleare. Walter Da Riz Ingegner Giorgiantoni, qual è, dal suo
punto di vista, la situazione attuale del
nostro Paese in tema energetico? “Allo
stato attuale, vi sono delle criticità relative
principalmente
alla selva di competenze
sempre più polverizzate e contraddittorie
che rendono l’Italia incapace di affrontare i
propri
deficit strutturali. Questa incapacità
porta il nostro Paese ad avere le tariffe
elettriche più alte d’Europa, la più alta
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dipendenza dall’estero di tutto l’occidente e
lo spettro di dover pagare oneri astronomici
per il rispetto di protocolli internazionali
firmati senza pensare troppo alle
conseguenze.”
Queste norme, che vengono a distanza di
qualche mese dell’accordo preliminare tra
ENEL ed EDF, costituiscono un primo passo
necessario per il ritorno a gestire nel nostro
Paese la generazione di energia elettrica
attraverso combustibile nucleare.
Cosa occorrerebbe fare a suo avviso? “E’
necessario costituire anche nel nostro Paese
degli organismi, soprattutto pubblici, capaci
di interpretare e di indirizzare le scelte della
collettività in campo energetico. Solo in
questo modo, con uno sforzo direzionato e
condiviso, potremo superare anche un certo
atteggiamento di rinuncia e di scetticismo
cui sembra incentrato il comportamento di
molti nostri, anche illustri, connazionali.”
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Chiarezza
e oggettività di interpretazione
della nostra attuale situazione ci impongono,
infatti, di parlare di gestione dell’energia
nucleare, piuttosto che di utilizzo, giacché
allo stato attuale il 18 % di energia elettrica
imporata (e, quindi consumata) nel nostro
paese è in gran parte di origine nucleare.
Ciò detto e allo scopo di incanalare il
dibattito, che si preannuncia aspro, nei termini
dell’oggettività, abbiamo deciso di rivolgerci
a tecnici che da anni si occupano di nucleare
per tentare, attraverso il loro aiuto, di
rispondere ai dubbi più frequenti sulla
questione. Siamo andati ad incontrare l’ing.
Massimo Sepielli, ricercatore dell’ENEA e
membro dell’AIEA (International Atomic
Energy
Agency)
e
l’ing.
Giorgio
Giorgiantoni, del Dipartimento Fusione e
Presidio Nucleare dello stesso Ente e che ha
una vasta esperienza circa le questioni
energetiche.
Maggio 2009
Ingegner Sepielli, qual è il suo giudizio
circa il recente accordo tra ENEL ed
EDF per il rilancio del nucleare anche nel
nostro Paese? “L’accordo ENEL-EDF è
sicuramente una scelta di buon senso,
l’unica plausibile, a meno di non o voler
rincorrere, come in passato, chimere
autarchiche che hanno portato a sprechi e
risultati minimi ad improbabili progetti.
Abbiamo la fortuna di avere una grande
nazione amica alle porte di casa che ci ha
dato il tricolore, il sistema metrico decimale
e l’ordinamento delle scuole di ingegneria.”
Come risponderebbe a chi solleva dubbi
circa la perdita di sovranità che in questo
modo si realizzerebbe a vantaggio della
Francia? “Anche i nostri cugini francesi,
quando fu il momento, interiorizzarono
progetti americani e realizzarono il loro
programma. La perdita di sovranità si ha
purtroppo oggi, in cui il paese è ormai a
“sovranità energetica limitata”; le dirò di
più: chi ci fornisce a caro prezzo il gas
(Russia, Libia ed Algeria) ha poteri di
ricatto ben maggiori di quelli che si
paventano dai francesi. D’altro canto non
possiamo pensare di metterci alla pari di una
nazione che ha gestito un programma
nucleare di successo ammirato in tutto il
mondo, ormai oliato da una organizzazione
statale, autorizzativa e normativa completa.
Né possiamo aspettare ancora per iniziare.
Come afferma il ministro Scajola, il modello
francese va ricalcato senza delegare ad esso
il sistema italiano.” Tuttavia, a parte i problemi tecnici e
operativi che potrebbero essere superati
dall’accordo con EDF, sussistono dei
problemi regolatori che possono essere
affrontati solo dall’Italia. Cosa mi dice al
riguardo
“Il disegno di legge regolatorio è in dirittura
di arrivo: non sembra che qualche mese di
ritardo per via degli adempimenti
parlamentari
possa
costituire
una
circostanza così fatale, da vanificare un
lungo lavoro di fruttuosa progettazione di
competenze ed organismi. Si tratta di
disegnare e realizzare organi dello Stato che
avranno funzioni peculiari, presenti in tutte
le grandi nazioni avanzate e che una volta a
regime potranno via via accumulare
competenze e autorevolezza. Da questo
punto di vista, arrivare ultimi potrebbe
addirittura costituire un vantaggio, poiché
permette di selezionare architetture di
gestione collaudate in Europa e di cui altri
hanno già sperimentato l’efficacia.”
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Ma sembra ci siano più di 700 emendamenti
al DDL…
Quindi, tutto sommato, c’è da essere
ottimisti.
“La stragrande maggioranza è da parte
dell’opposizione e rispondono esclusivamente
allo scopo di ritardarne l’uscita.”
“Più che ottimisti” – risponde l’ing
Giorgiantoni – “direi lungimiranti: non
appena fra tre o quattro anni il mondo si
tirerà fuori dal pantano di questa crisi
finanziaria, il petrolio e di conseguenza il
gas riprenderanno il loro andamento
ascensionale,
che
sarà
aggravato
dall’effetto leva dei barili e dei metri cubi
di gas di carta, valutati almeno 7 o 8 volte
quelli effettivamente scambiati. Il nostro
Paese, pur con i piccoli
incrementi
PAGINA
2 DI 3 annui
del PIL dell’1% aumenta costantemente i
propri consumi di energia elettrica al
ritmo dell’1,5% annuo.
Tuttavia è vero che dopo decenni di
inattività abbiamo perso la cultura
industriale, tecnologica e gestionale del
settore: mancano competenze e industrie
specializzate,
MARZO 2009 le uniche cose in grado di
intercettare
e trainare lo sviluppo del settore
anche dopo le 4 centrali che saranno
costruite insieme con i francesi…
“Si dice che le tecnologie non le abbiamo, è
Intanto, però, costruiamo componenti per
vero.
le centrali americane; partecipiamo da
protagonisti,
con molti contratti girati alle
nostre industrie, per il reattore a fusione; in
Romania,
ANSALDO ha la responsabilità
direzionale
dell’unità
a fissione
di
CHERNAVODA 2. ENEL, inoltre, gestisce
centrali
in Spagna, in Slovacchia, in Francia, in
Russia ed in Romania e assume giovani
ingegneri
nucleari che continuano a laurearsi
nelle Università nostrane al ritmo di un
centinaio
l’anno.
Non sembra un panorama desolato. Il fatto è
che per fortuna, nonostante l’ideologia che si è
andata formando, nonostante il disfattismo di
il sistema industriale ed universitario
molti,
hanno reagito mettendosi al “minimo” e sono
ad accelerare come un buon motore
pronti
diesel. Con il DDL 1195 le strutture pubbliche
potranno
ripartire.
Del resto cosa ci si poteva aspettare quando il
prezzo del petrolio alla fine del secolo scorso
sui mercati mondiali era di 10-12 dollari al
Investire in altro che non fosse fossile
barile?
sarebbe stato finanziariamente sconsiderato.
Abbiamo
intrapreso così “la stagione della
cicala”.”
Maggio 2009
Già, un altro grosso problema, specialmente
di questi tempi, è chi e come finanziare
queste opere. Visti i dubbi sollevati verso le
dichiarazioni del governo circa la
sostenibilità economica dell’operazione,
vorremmo avere maggiori informazioni a
riguardo.
“In questo caso i capitali verranno dai privati,
senza quindi nessun aggravio per le casse dello
Stato. Il modello cui si guarda è quello
consortile tipo finlandese fra utilities, banche e
grandi utilizzatori di energia elettrica. Le
imprese
ottengono
così
un
prezzo
dell’elettricità bloccato per svariati anni ed
inoltre possono avere la certezza della
fornitura. Lo stato però deve possedere gli
organi di controllo ed autorizzativi, per fornire
ai privati tempi certi di ritorno per i capitali
impiegati.
Il regime di monopolio è solo apparentemente
più sicuro, ma viceversa è quello che presenta i
maggiori rischi per il consumatore, incoraggia
gli sprechi durante la costruzione e distorce i
rapporti fra controllori e controllati. Si
dovrebbe notare, quando il discorso cade
sull’America che non fa più centrali, che dagli
anni ’70 ad oggi il fattore di utilizzazione delle
unità americane è passato dal 70 al 90%, si è
avuto nel frattempo un aumento della potenza
del parco macchine di 20 GW, come se se ne
fossero connesse alla rete altre 20; risulta poi
che siano in fase di “early site permit” 14 unità
e per alcuni di questi siti le procedure
autorizzative siano state completate da pochi
mesi. Quindi l’America aumenta capacità
produttiva anche nella generazione da nucleare
e anche in questi tempi di crisi.”
Raggiungeremo ben presto i 400 TWh/a.
Dobbiamo fare qualcosa cominciando
ora, disegnando un robusto sistema
energetico nazionale che includa anche il
nucleare, guardando al 2030, che poi è
domani. Un impianto nucleare si può
realizzare in 52 mesi, in Italia la centrale
di Latina, costruita da privati, entrò in
esercizio dopo 5 anni.
Massimo Sepielli,
Degree in nuclear engineering at the
University of Rome "La Sapienza" (1983), has
got a post-graduate degree in nuclear plant
safety and environmental radio-protection
since 1989. He has been working as researcher
at ENEA since 1983 in the fields of computerbased (nuclear and chemical) plant
supervision, diagnosis, control and emergency
management. He developed several computer
models and codes for energy saving,
economical and environmental optimisation,
both for electric industry and transportation.
He participated in several EC European
Program Projects: Esprit II ISEM
(Information System for Emergency
Management) in 1987-89 and Joule III 4th FP
OMSEM (Optimum Management System with
Environment Monitoring). For a few years he
was Italian Delegate in OECD Halden Reactor
Project for the Man-machine interface
research programme.
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Per quello che riguarda la competitività
che il secondo
dobbiamo rimarcare
reattore di una filiera abbatte già i costi di
costruzione del 30% rispetto al primo,
grazie all’esperienza accumulata. Le
centrali a combustibili fossili fanno andare
un fiume di capitali all’anno agli sceicchi
ed ai russi, mentre col nucleare tanto
lavoro, competenze ed esperienza
rimarrebbero nel nostro Paese. Quest’anno
se ne sono andati 38 miliardi di euro per la
bolletta energetica. Ai tempi del petrolio a
142 $/barile, questa estate, la tremarella
per le strade italiane era palpabile. I nostri
connazionali hanno avuto un assaggio del
significato del termine “carenza di
sovranità energetica”. Si pensi che
l’Ucraina, ove è situata Chernobyl, ha un
piano di costruzione di 20 unità nucleari,
proprio per svincolarsi dal soffocante
protettorato di Gazprom.”
A proposito di rinnovabili, vorremmo
sapere da lei, ing. Sepielli, come si
colloca il nucleare nel quadro degli
interventi per la lotta al cambiamento
climatico?
Le tariffe potrebbero diminuire in modo
economico e non per via di qualche
drogaggio esterno al mercato, alla fine del
periodo di ammortamento delle centrali
(10-20 anni); allora circa la metà del costo
del kWh si azzererebbe, essendo stato
rimborsato l’investimento. L’EPR francotedesco (il modello di reattore da adottare
da noi) è stato disegnato per una licenza di
funzionamento di sessanta anni, estensibile
per altri venti, quindi c’è spazio perché in
futuro si riducano anche le tariffe. In ogni
caso i prezzi, tramite l’adozione del
modello consortile, saranno bloccati nella
fascia bassa del mercato, come in
Finlandia. Inoltre c’è sempre da
considerare, al di là degli utili dell’ENEL,
la
questione
della
costanza
dell’approvvigionamento e della sovranità
energetica, che assume un valore
strategico per una nazione del G8.”
“Il nucleare, dal punto di vista delle
emissioni di gas climalteranti, è una
tecnologia perfettamente “pulita”. Inoltre,
al contrario delle rinnovabili, ha molti
vantaggi. Prima di tutto economici: si è
calcolato che per realizzare 55 TWh
all’anno
da
fonti
rinnovabili
occorrerebbero 87,5 miliardi di euro con
risultati incerti, ricorrendo al nucleare per
realizzare 100 TWh all’anno la spesa si
attesterebbe a 34 miliardi di euro. In
secondo luogo, la densità energetica delle
rinnovabili è decisamente inferiore a
quella delle centrali nucleari: con il
nucleare si occupa meno spazio e, di
conseguenza, si ha un minore impatto
ambientale; infine la produzione da
nucleare non dipende dalle bizzarrie della
natura (vento, sole, maree sono
fortemente variabili nel tempo) come,
invece, lo sono le fonti rinnovabili:
nessuno può garantire che una centrale
eolica in un dato momento di un dato
giorno dell’anno possa rendere disponibile
una determinata quota della potenza
installata e anche in questo caso una quota
parte del termoelettrico deve essere accesa
al minimo pronta a salire per compensare
le oscillazioni eoliche. Questa circostanza
è molto limitante se si pensa di soddisfare
buona parte del fabbisogno energetico di
una nazione tramite rinnovabili.”
E quindi, ingegnere, come cambierà il
quadro energetico?
.”Quindi siamo pronti per partire, ma
quali effetti avremo come paese?
“Visto l’interesse destato nelle maggiori
imprese elettriche nazionali, vista la
possibilità di adottare anche nel nostro
paese quei modelli cosiddetti “consortili”
che raccolgono banche, grandi utilizzatori,
municipalizzate, imprese elettriche ed
utenti, al fine di fissare un prezzo e
bloccarlo per decenni, visto l’eccessivo
costo dell’energia che penalizza tutti in
Italia, l’opzione nucleare risulta più
appetibile che altrove.” – continua l’ing.
Giorgiantoni – “D’altra parte, se si dicesse
che alla posa della prima pietra le tariffe
elettriche caleranno in modo generalizzato
si commetterebbe un errore.
Maggio 2009
“Coloro che preconizzano lo sviluppo del
nostro paese ipotizzando un decremento
dei consumi energetici, compiono un
errore che hanno già commesso in passato,
al tempo delle prime crisi energetiche,
quando si ipotizzava che al volgere del
millennio la nazione potesse aver bisogno
di soli 200 TWh di energia elettrica
all’anno. Siamo a 330 TWh, con una
potenza di picco che ben presto potrebbe
toccare i 90 GW. Quindi c’è ampio spazio
per il ricorso al nucleare. Il nucleare, visto
che universalmente, insieme al carbone, ha
i costi più bassi di generazione
dell’energia, potrebbe rappresentare il tiro
di un sistema nazionale che inizi a
“decarbonatarsi”, contribuendo anche
all’espansione delle fonti rinnovabili, che
da sole sono costose ed a bassa densità di
energia e vanno utilizzate per i picchi di
carico, quando l’energia raggiunge un
costo più elevato.
Anno VII – maggio 2009
Reg. Trib. Santa Maria C.V. N.588 del
13 dicembre 2002
Direttore responsabile
Ferdinando Adolfo Vetrugno
Editore
Economisti d’Impresa –
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