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Focus
Newsletter periodica d’informazione
Newsletter ad uso
esclusivamente
interno e gratuito,
riservata agli
iscritti UIL
Anno XIV n. 27 del 12
settembre 2016
Consultate www.uil.it/immigrazione
Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri
Profughi e migranti: in Europa vento di chiusura
Rifugiati: Austria ed Inghilterra pronti
a chiudere i confini?
L’Austria si dice pronta a sigillare il proprio territorio
nazionale contro l’eccesso di richieste d’asilo;
l’Inghilterra costruirà una barriera di cemento armato,
in territorio francese, per bloccare l’Eurotunnel; in
Germania, la CDU chiede di dare priorità all’ingresso di
migranti di cultura occidentale, cristiana. Senza contare
la riluttanza della maggioranza degli Stati Membri UE ad
accogliere la fiumana di profughi che fuggono dalla
guerra in Siria, Iraq, Afghanistan ed ora anche in Libia.
Restano solo Italia, Grecia e Malta a fare qualcosa di
concreto per salvare vite umane nel Mediterraneo. Ce lo
impone la legge del mare e ce lo impone la nostra
coscienza. Ma basta tutto questo per mettere fine ad
una strage che colo quest’anno ha prodotto migliaia di
vittime? Secondo l’OIM nel Mediterraneo, il numero di
decessi è aumentati di oltre un terzo rispetto allo scorso
anno. Nel 2016, un migrante ogni 85 è morto nella
traversata, rispetto a uno ogni 276 nel 2015. I numeri
del Viminale fotografano l'emergenza: al 30 agosto sono
107.089 i migranti arrivati via mare in Italia nel 2016.
Oggi sono oltre 145mila i migranti ospitati. Un record se
si pensa che nel 2015 sono stati 103mila. Ma è solo un
problema italiano? E l’Europa dov’è?
SOMMARIO
Appuntamenti
pag. 2
Austria pronta a chudere i confini
pag. 2
Cemento per sigillare l’Eurotunnel
pag. 2
L’aiuto della Croce Rossa Italiana
pag. 3
Sovrattassa: il Governo fa ricorso
pag. 3
Foggia: lotta al caporalato
pag. 4
Dossier immigrazione 2016, anticipo
pag. 5
Viminale nuova governance migratoria
pag. 6
Neodemos
pag. 7
Germania, CSU per i migranti cristiani
pag. 9
A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento Politiche Migratorie
Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751
E-Mail [email protected]
Dipartimento Politiche
Migratorie: appuntamenti
Roma, 21 settembre 2016, ore 16.00, Viminale, 4°
piano – lato ex presidenza
Incontro Cgil,Cisl, Uil con sottosegretari Biondelli e
Manzione
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci, Angela Scalzo)
Bruxelles, 28 settembre2016, sede CES
Riunione gruppo Mobilità, Migrazione ed Inclusione
(Giuseppe Casucci)
Comano (TN), Grand Hotel Terme, 14-16 ottobre2016
Convegno UNIAE- Trentini nel mondo: “Etica, Politica
e Migrazioni”
(Giuseppe Casucci)
Prima pagina
eccezionali (come il rischio di torture nel paese di
provenienza oppure la presenza di parenti in Austria)
e se il richiedente viene trovato su territorio
nazionale e se la via della sua fuga verso l'Austria non
potrà più essere ricostruita. Sarà l’esercito a
sorvegliare i valichi.
Vienna intanto alzano la voce anche contro
l’Ungheria, accusata di lasciar passare migranti e
profughi senza registrarli e di non riprendersi quelli
che l’Austria rimanda indietro, come prevede il
regolamento di Dublino. "Lo Stato o il gruppo di
Paesi che violano queste regole dovrebbero subire
conseguenze legali" ha minacciato il ministro
dell’Interno Wolfgang Sobotka.
La linea dura del governo viennese è influenzata
anche dalla campagna elettorale. In Austria il 2
ottobre si terrà il ballottaggio presidenziale, il cui
primo esito era stato annullato, e il candidato della
destra xenofoba ha buone chance.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i
Rifugiati denuncia le conseguenze gravissime che
avrebbe l’entrata in vigore di quel decreto
d’emergenza. “Romperebbe un tabù in Europa e
significherebbe una rinuncia al diritto d'asilo in
Austria”, con il rischio che “altri Paesi europei
seguano l’esempio”, ha detto Christoph Pinter, capo
dell’ufficio viennese dell’Unhcr.
Austria pronta a bloccare le
richieste d'asilo, esercito ai
confini
Eurotunnel, una barriera di
cemento armato anti-immigrati
Il governo ha pronto un decreto d'emergenza da far
scattare appena sarà superato il tetto di 37500
domande. E intanto minaccia di portare l'Ungheria in
tribunale
Lo leggo do
La Gran Bretagna ha
dato il via libera alla
realizzazione
del
progetto con la Francia
Una barriera di cemento
armato alta 4 metri
lunga
quasi
due
chilometri
per
interrompere lo stato
d'assedio a cui sono
sottoposti l'imbarco dei traghetti e l'ingresso
dell'Eurotunnel. La Gran Bretagna ha dato il via libera
alla realizzazione del progetto, dopo l’accordo
raggiunto con la Francia per erigere un muro antiimmigrati a Calais. Londra ne finanzierà il costo, 2,7
milioni di euro. I lavori cominceranno entro questo
mese. Il muro dovrà fermare i migranti che cercano
di salire a bordo dei traghetti o dei camion diretti
Oltremanica. Costeggerà il campo profughi chiamato
la 'Giungla', ultimo avamposto sulla Terraferma prima
di raggiungere l'Inghilterra.
Lo leggo do
www.stranieriinital
ia.it) Vienna – 8
settembre 2016 Stop alle domande
d’asilo
e
respingimenti
ai
confini,
dove
verranno inviati oltre duemila soldati. Sono gli
ingredienti
di
un
decreto
d’emergenza
(Notverordnung) preparato dal governo austriaco,
sostenuto da socialdemocratici e popolari. Dovrebbe
durare sei mesi ma con la possibilità di tre proroghe
ed entrare in vigore solo se verrà sforato lo
sforamento del tetto di 37500 domande d’asilo fissato
quest’anno dallo stesso governo. Da quel momento in
poi, le richieste di asilo saranno possibili solo in casi
2
Migranti, dispersi in mare e famiglie
spezzate: l’aiuto del servizio RFL
della Croce Rossa Italiana
Così la Croce Rossa da' una mano a ristabilire i legami
familiari interrotti durante i viaggi della speranza
Lo leggo do
Roma, 11 set. (AdnKronos) - Samir (il
nome è di fantasia), un bambino migrante di 7 anni
sbarca da solo al porto di Reggio Calabria. Lì è
presente il team della Croce Rossa Italiana:
un'operatrice vede il piccolo e gli domanda come si
chiama segnando il suo nome sul registro. Due
settimane dopo con un altro carico di migranti arriva
una donna insieme ai due figlioletti gemelli; in uno
stato di apprensione cerca di sapere dov'è Samir. Si
imbatte casualmente nella stessa operatrice Cri che
lo aveva conosciuto giorni prima: lei si ricorda il
nome, tira fuori la scheda e rincuora quella che
scopre essere la madre di Samir.
Avviata la
procedura di rito per il ricongiungimento, i due si
sono ben presto potuti riabbracciare e riunire. Storie
di famiglie spezzate con il crescere degli arrivi nei
porti del Mezzogiorno sono sempre di più ma
ristabilire i legami familiari interrotti durante i viaggi
della speranza non è sempre così facile come nel
caso di Samir. A dare una mano per facilitare i
contatti con i propri cari c'è il Servizio Ricerche Rfl
(Restoring family links, Riattivazione dei legami
familiari) e Protezione della Cri. Un servizio, che
avvalendosi della rete internazionale della Croce
Rossa, assiste tutte quelle persone, che per ragioni
diverse
(conflitti
armati,
calamità
naturali,
immigrazione, detenzione) non hanno la possibilità di
sentire i propri familiari. Fa sì, quindi, che, in
collaborazione con le autorità venga attivata la
ricerca del parente o dell'amico da contattare, tenta
di trovare i dispersi facilitando l'identificazione.
Attiva all'occorrenza, per esempio dopo un naufragio,
un servizio di messaggistica (i cosiddetti salamat,
parola farsi che significa salute) per far sapere ai
familiari dei migranti: "sono vivo, sto bene"; oppure
(come nel caso di Ventimiglia) viene dato un telefono
che abilita chiamate della durata di 3 minuti. "A
seguito dei tre naufragi a largo della Libia gli
operatori Rfl hanno raccolto una moltitudine di
segnalazioni al fine di rintracciare parenti o
semplicemente un conoscente. In un solo mese,
grazie al nostro servizio, sono avvenute almeno 27
riunificazioni. Oltre 180 i messaggi salamat raccolti",
afferma all'Adnkronos Diana Virgilio, coordinatrice
nazionale Rfl-Croce Rossa Italiana. Da gennaio ad
agosto 2016 "le richieste di ricerca raccolte ed
inoltrateci da altri Servizi Rfl all'estero sono state
125: i familiari che si trovano all'estero devono
rivolgersi necessariamente al servizio nel paese nel
quale si trovano per rintracciare il parente in Italia",
spiega Virgilio. Mentre le "richieste di ricerca raccolte
dagli operatori Rfl sul territorio nazionale sono state
122. Si tratta di migranti che cercano di contattare il
parente che è in Europa". Circa 60 le richieste di
aiuto inviate da privati al Servizio Rfl in Italia e
reindirizzate all'ufficio di competenza. In generale
come funziona il servizio Rfl? "Compiliamo una scheda
di ricerca e in collaborazione con le autorità - la
Prefettura se sappiamo in quale località il migrante è
stato trasferito o Ministero nel caso in cui non si dove
si trova -, prende il via l'attività per ristabilire i
legami - sottolinea Virgilio -. Per mantenere invece i
rapporti di famiglia la Croce Rossa dà la possibilità di
compilare un modulo che è una sorta di lettera, che
viene ad ogni modo verificato prima della
trasmissione perché non contenga informazioni
militari o che mettano in pericolo la vita di
qualcuno". Quest'ultimo servizio, durante la Seconda
Guerra Mondiale, ha permesso di scambiare 6 milioni
di messaggi. Oggigiorno questo modulo viene
utilizzato non solo per i
migranti ma per le
persone detenute in
condizioni particolari.
C'è poi il grande lavoro
di
prevenzione
e
informazione da parte
degli
operatori Rfl che si fa
direttamente ai porti al
momento degli sbarchi
quando
ai
migranti
vengono
date
comunicazioni su cosa
fare in caso di ricerca
di un parente.
Il governo presenta ricorso
per far pagare gli immigrati
Lo leggo do
(www.stranieriin
italia.it) Roma –
6
settembre
2016 – Il governo
non molla. Vuole
incassare ancora latassa sui permessi di soggiorno,
senza
restituire
neanche
un
euro
agli
immigrati. L’avvocatura dello Stato, per conto di
Presidenza del Consiglio e ministeri dell’Interno e
dell’Economia, ha presentato ieri ricorso al Consiglio
3
di Stato contro la sentenza del Tar che a fine maggio
ha cancellato il contributo da 80, 100 o 200 euro. Al
ricorso è allegata la richiesta di sospendere
immediatamente in via cautelare gli effetti di quella
sentenza, in attesa della decisione finale, e quindi di
costringere subito gli immigrati a pagare di nuovo le
somme aggiuntive per il rilascio o il rinnovo dei loro
permessi. Secondo il governo, innanzi tutto Cgil e
Inca (che hanno vinto in primo grado) non erano
legittimati a rivolgersi al Tar per far annullare quel
contributo, potevano farlo solo i singoli cittadini
stranieri. Inoltre, il Tar avrebbe sbagliato a eliminare
il contributo su tutti i permessi, doveva limitarsi alla
carta di soggiorno (permesso Ce per lungo
soggiornanti), perché solo a questa si applicherebbe
la decisione della Corte di Giustizia Europea che un
anno fa, per prima, ha giudicato il contributo
“sproporzionato”
e
d’ostacolo
alla
integrazione. Grande risalto viene dato all’”estrema
gravità delle ripercussioni sul piano operativo e
finanziario che conseguono alla pronuncia del Tar”.
Tra queste viene curiosamente citata la necessità
modificare il sistema informatico delle Questure per
accettare le domande senza contributo, anche se in
realtà è dallo scorso luglio che il ministero
dell’Interno
sostiene
di
aver
adeguato
il
sistema “Stranieri web” tanto da poter non solo già
accettare le domande, ma anche rilasciare i
permessi. Soprattutto, però, l’Avvocatura insiste sui
soldi che lo Stato perderà con l’annullamento del
contributo e con i risarcimenti dovuti agli immigrati,
che fino a oggi, secondo le stime del ministero
dell’Economia, avrebbero versato oltre quattrocento
milioni di euro (ingiustamente, ha detto il Tar). Il
Dipartimento di Pubblica sicurezza, ad esempio,
perderà circa 50 milioni l’anno, necessari, scrive
l’Avvocatura, “ad assicurare un più efficace contrasto
al crimine, oltre che il superamento delle emergenze
connesse al fenomeno dell’immigrazione e alla
minaccia terroristica”. Nel ricorso si parla di
“rilevantissimi effetti negativi per la finanza
pubblica”. Si prevede inoltre che senza la tassa sui
permessi verrà “pregiudicato in modo irreversibile il
regolare espletamento delle funzioni e dei compiti in
materia di immigrazione”, che finora era in gran
parte assicurato dai soldi versati dagli immigrati. La
parola passa al Consiglio di Stato, che dovrà
esprimersi con urgenza sulla richiesta cautelare.
Intanto, però, conviene ricordarlo, la sentenza del
Tar va pienamente applicata e quindi la tassa sui
permessi di soggiornonon si paga. Chi chiede rilasci e
rinnovi deve versare solo (si fa per dire) 30,46 euro
per la stampa del permesso, 16 euro di marca da
bollo e 30 euro a Poste Italiane. Totale 76,46 euro,
almeno per ora. Elvio Pasca
Caporalato: Foggia,
secondo protocollo
D’intesa con la regione,
censirà prima la presenza di migranti coinvolti
nell’agricoltura per poi realizzare misure di
accoglienza più adeguate
Lo
leggo
do
Un
secondo
accordo
per il contrasto del caporalato e dello sfruttamento
lavorativo in agricoltura, è stato firmato lo scorso 7
settembre alla prefettura di Foggia. Vi si è giunti
d’intesa con la regione e con i componenti del tavolo
permanente di coordinamento, presieduto dal
prefetto di Foggia, Maria Tirone, frutto dell’attività
del tavolo permanente di coordinamento insediato lo
scorso 6 luglio, attuando il “protocollo nazionale per
il contrasto del caporalato e dello sfruttamento
lavorativo in agricoltura –cura- legalità-uscita dal
ghetto”, siglato a Roma il 27 maggio scorso.
L’intesa è finalizzata, nel breve periodo e con la
collaborazione delle associazioni di volontariato, al
monitoraggio degli immigrati interessati dalle colture
agricole stagionali presenti sul territorio della
provincia di Foggia e all’avvio di un percorso di
legalità nel lavoro. Nel medio periodo invece, il fine
è quello di predisporre, da parte di regione e comuni,
misure di accoglienza più adeguate all’entità delle
presenze e la verifica dello status giuridico dei
cittadini stranieri per la loro regolarizzazione.
Il monitoraggio sarà propedeutico alla definizione di
progettualità da finanziare sul PON Legalità, qualora
tra i destinatari siano compresi immigrati regolari,
richiedenti asilo e titolari di protezione umanitaria.
L’intesa costituisce un ulteriore tassello del più
articolato mosaico orientato all’inclusione dei
cittadini stranieri, anche impiegati nelle colture
stagionali, e al contrasto a ogni forma di
intermediazione irregolare o sfruttamento di
manodopera,
anche
attraverso
la
responsabilizzazione e il coinvolgimento degli stessi
immigrati.
4
Dossier
Statistico
Immigrazione
2016: statistiche e prospettive
controcorrente
Introduzione del Centro Studi e Ricerche IDOS e della
rivista interreligiosa “Confronti”
Lo leggo do
Il Dossier Statistico Immigrazione 2016
propone, come di consueto, i dati principali sul
fenomeno migratorio in Italia, che aiutano a superare
i luoghi comuni troppo spesso diffusi. Tali dati,
desunti da archivi ufficiali, sono stati elaborati e
commentati dall’équipe interna al Centro Studi e
Ricerche IDOS in collaborazione con la redazione
della rivista Confronti e con la rete dei redattori
regionali del Dossier e di oltre un centinaio di autori.
Anche quest’anno è stato fondamentale il supporto
del Fondo Otto per Mille della Chiesa Valdese. La tesi
di fondo della nuova edizione, avvalorata dai dati,
evidenzia che l’immigrazione non è una questione
ormai superata, né una “invasione”, come alcuni
paventano, ma un fenomeno sociale importante di cui
occorre tenere conto proprio a partire dai dati
statistici. Alla fine del 2015 la popolazione straniera
in Italia è rimasta pressoché invariata rispetto
all’anno precedente: 5.026.153 residenti, con un
aumento di appena 12mila unità. Si tratta, però, di
una immobilità solo apparente. Nelle anagrafi
comunali sono stati registrati 250mila cittadini
stranieri in arrivo dall’estero (lo stesso numero
dell’anno precedente), un livello equiparabile ai
grandi flussi degli emigrati che lasciavano l’Italia
negli anni ’60. Inoltre, nel 2015 sono stati 72mila i
nuovi nati da genitori entrambi stranieri (circa un
settimo di tutte le nascite registrate nel paese). Se è
mancato un corrispondente aumento dei residenti
stranieri registrati nelle anagrafi, ciò dipende dal
fatto che nello stesso periodo ben 178mila stranieri
sono diventati cittadini italiani, portando il numero
complessivo degli italiani di origine straniera a circa 1
milione e 150mila. È inoltre presumibile che anche
nel 2015, considerato il non brillante andamento
occupazionale, siano stati molti i nuovi disoccupati
non comunitari a cui non è stato rinnovato il
permesso di soggiorno, con il conseguente obbligo di
lasciare il paese. Nel periodo 2011-2065, secondo lo
scenario più probabile ipotizzato nelle proiezioni
demografiche curate dall’Istat, la dinamica naturale
in Italia sarà negativa per 11,5 milioni (28,5 milioni di
nascite e 40 milioni di decessi) e quella migratoria
con l’estero sarà positiva per 12 milioni (17,9 milioni
di ingressi e 5,9 milioni di uscite). Per la prima volta
nel 2015, infatti, la popolazione complessiva
residente nel paese è in calo di 150mila unità (gli
italiani erano in calo già negli anni precedenti) e
questa tendenza peggiorerà, trovando un parziale
temperamento nei flussi dall’estero e nelle nascite
che ne conseguono. L’Istat ha ipotizzato, a partire
dal 2011, un livello iniziale di migrazioni nette con
l’estero superiore alle 300mila unità annue (livello
superiore agli ingressi attuali), per discendere sotto
le 250mila unità annue dopo il 2020, pervenendo ad
un livello di 175mila unità annue nel 2065. Quindi, si
sta verificando quanto per l’Italia è stato ritenuto
funzionale da un punto di vista demografico.
Purtroppo, favorisce un atteggiamento di chiusura la
considerazione che, rispetto al passato, i flussi
attuali, per lo più composti da profughi, non sono
programmati. In realtà, una programmazione efficace
è mancata anche nel passato, come attestano le
sette regolarizzazioni varate (1986, 1990, 1995, 1998,
2002, 2009, 2012) e le misure adottate dai Decreti
flussi annuali, per molti versi equiparabili ad
altrettante regolarizzazioni di fatto. Guerre,
contrapposizioni politiche interne, disastri finanziari,
cause naturali, persecuzioni di varia natura: sono
tante le cause delle migrazioni. Venirne a capo è
difficile e, anche se si può e si deve fare meglio a
livello internazionale e nazionale, a poco servono le
schermaglie politiche. Preso atto che, da una parte
gli arrivi dei profughi sono andati fortemente
incrementandosi e che, dall’altra, dal 2012 non sono
state più varate le quote di ingresso per lavoro per
non comunitari, è tempo di iniziare a considerare
anche i nuovi venuti come persone da inserire nel
mondo del lavoro, facendosi carico del bilancio delle
loro competenze e di adeguate strategie formative e
occupazionali. Al 30 agosto 2016 si è trattato di
107.089 persone giunte via mare in Italia a partire dal
primo gennaio dello stesso anno, a cui si aggiungono i
153.842 sbarcati nel 2015 e i 170.100 nel 2014, per
un totale di 431.031 persone approdate negli ultimi
30 mesi. Dei nuovi arrivati, a fine agosto 2016, solo
145.900 risultano ospiti del sistema nazionale di
accoglienza (e di essi 111.061 presso i centri
straordinari delle diverse regioni e solo gli altri presso
lo Sprar). C’è un’altra obiezione, spesso ricorrente: il
costo dell’accoglienza. Roberto Garofoli, capo
5
Gabinetto del Ministro dell’Economia, presentando
all’Accademia dei Lincei il “Libro dell’anno del
Diritto 2016”, ha precisato che per i nuovi arrivati nel
2015 sono stati spesi 3,3 miliardi di euro, il doppio
degli anni precedenti. Una cifra considerevole,
probabilmente non destinata a diminuire. A tale
riguardo è stato ipotizzato in ambito sociale che,
oltre al coinvolgimento dei centri specializzati, in
particolare quelli che fanno parte dello Sprar,
l’accoglienza, per assumere un carattere ordinario,
possa ricorrere anche al coinvolgimento strutturale
delle famiglie, dando un seguito effettivo alle ipotesi
sperimentali finora condotte. In questo modo una
parte delle spese sostenute andrebbe direttamente a
favore delle famiglie stesse (opportunamente
selezionate e preparate), ma soprattutto ne
deriverebbero per i nuovi arrivati benefici a livello di
vitto e di alloggio, di pratica dell’italiano e di
conoscenza del contesto, oltre che, per entrambe le
parti coinvolte, occasioni preziose di convivenza e
conoscenza. Del resto, molte Regioni e Comuni hanno
già sperimentato forme di inserimento dei rifugiati e
dei richiedenti asilo in attività sociali a favore della
comunità ospitante (con modalità e ipotesi, a volte
controverse, che vanno dal volontariato al servizio
civile): una prospettiva che, se accompagnata da
un’adeguata formazione civica, professionale e
linguistica, con l’opportuno coinvolgimento del terzo
settore e delle organizzazioni religiose, potrebbe
avviare un’integrazione efficace, replicabile in vari
contesti territoriali. Questi sono solo alcuni dei dati e
delle riflessioni che è possibile trovare nel Dossier
Statistico Immigrazione 2016: leggendolo, queste e
molte altre informazioni su immigrati, rifugiati e
richiedenti asilo potranno essere utili a scoprire
quanto si può ancora fare insieme a loro, per una
società aperta e partecipata.
Ugo Melchionda, presidente del Centro Studi
e Ricerche Idos
Claudio Paravati, direttore della rivista
interreligiosa “Confronti”
Società
Al via nuovo modello di governance
del fenomeno migratorio
Lo leggo do
Da www.interno.it
Mercoledì 7 Settembre 2016, ore 10:16
Vertice al Viminale su nuovo piano nazionale di
ripartizione
dei
richiedenti
asilo.
Alfano:
«Ripartizione equilibrata dei posti a livello regionale,
provinciale e comunale»
«L’incontro è stato molto positivo perché abbiamo
disegnato un nuovo modello di governance del
fenomeno migratorio attraverso un Piano nazionale di
programmazione dei flussi e di ripartizione dei
richiedenti asilo e rifugiati in tutti i comuni italiani».
Sono le parole di ieri del ministro dell’Interno
Angelino Alfano dopo la riunione sull’“accoglienza dei
migranti” alla quale
hanno partecipato
il
sottosegretario all’Interno Domenico Manzione, il
capo di Gabinetto Luciana Lamorgese, il capo della
Polizia Franco Gabrielli, il capo Dipartimento libertà
civili e immigrazione Mario Morcone e il presidente
dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci)
Piero Fassino. Obiettivo del Piano è quello di
strutturare un sistema di accoglienza dei migranti,
diffuso sull’intero territorio nazionale, che garantisca
una ripartizione equilibrata dei posti per l’ospitalità
dei richiedenti asilo e rifugiati, sia per i livelli
regionale e provinciale che per quello comunale.
«Auspichiamo la condivisione di tutti i sindaci su
questo nuovo sistema, ha aggiunto Alfano, che è
stato pensato per assicurare un “criterio di
scalabilità” tale da consentire la gestione delle fasi di
eventuali ampliamenti o contrazioni numeriche,
rispondendo in maniera flessibile ai fabbisogni di
accoglienza che si potranno registrare nel corso del
tempo». Con questa diversa pianificazione, ha
proseguito il ministro, «avremo il vantaggio, a fronte
di assegnazioni dei posti previsti a livello provinciale
e comunale, di mettere in atto processi di revisione
dei contingenti numerici prestabiliti, in modo
coerente con le specifiche esigenze locali». Due sono
i pilastri del nuovo sistema di accoglienza: l’adesione
volontaria allo SPRAR, da parte dei Comuni, cui viene
presentata l’alternativa tra l’entrare in un sistema
ordinario e istituzionale o assistere al trasferimento
di richiedenti asilo sul proprio territorio, stabilito a
livello centrale sulla base di un piano nazionale di
ripartizione;
una modalità di accreditamento “continuo” allo
SPRAR, che superi così l’attuale complessità imposta
dalla periodicità di pubblicazione dei bandi di
adesione e che si caratterizzi per una gestione “a
6
liste sempre aperte” per accogliere le domande degli
Enti locali, senza più vincoli temporali, ma solo in
base alla disponibilità delle risorse, istituendo una
sorta di albo permanente in cui accreditarsi.
Il Piano nazionale si pone come obiettivi di realizzare
una programmazione nazionale articolata a livello
regionale, provinciale e comunale. Si dovrà
individuare una prima modalità di ripartizione “a
livello regionale” che elimini il più possibile le
disparità inevitabili derivanti da criteri fondati
unicamente su variabili demografiche dei comuni. Poi
si procederà, a cascata, a una seconda modalità di
ripartizione “a livello comunale”, che da un lato
mantenga un’ottima approssimazione con il dato “di
riferimento”
regionale,
dall’altro
tenga
in
considerazione l’esigenza di differenziare la
distribuzione almeno per alcune classi di comuni.
Nello specifico: i comuni sino a 2.000 abitanti, oltre i
2000 abitanti e comuni metropolitani). Infine, si
dovrà definire e utilizzare un criterio di ripartizione
che indichi la quota minima di posti da assegnare ad
ogni comune. Tutti i comuni appartenenti alle tre
classi, ha concluso il ministro dell’Interno Angelino
Alfano, «avrebbero, in ogni caso, la facoltà di
esprimere l’eventuale disponibilità anche per un
numero di posti superiore a quello attribuito dal
Piano in questione».
La mobilità Sud-Nord in un
paese poco mobile
Roberto Impicciatore,
settembre 2016
Salvatore
Strozza
6
Lo leggo do
Incollati al
campanile.
Nel nostro paese i livelli di
mobilità
interna
sono
piuttosto bassi. I confronti
internazionali
sulla
mobilità entro i confini
nazionali
sono
problematici,
principalmente a causa
della diversa ampiezza delle unità territoriali di
riferimento. Tuttavia, i vari tentativi realizzati (si
vedano, ad esempio, le ricerche di Bell e colleghi
nell’ambito del progetto IMAGE – Internal Migration
Around the Globe e Bonifazi e Heins su Neodemos)
mostrano che la mobilità interna in Italia risulta
mediamente più bassa rispetto non solo agli Stati
Uniti, noti per la ridotta radicalizzazione sul
territorio delle persone, ma anche alla maggior parte
dei paesi europei. La minore propensione italiana a
cambiare “campanile” ha varie cause, tra cui la
rigidità del mercato immobiliare (con alte
percentuali di proprietari di case, rari incentivi
all’affitto e sporadiche agevolazioni), il proverbiale
ritardo nell’uscita dei figli (a volte ormai non più
giovani) dalla casa dei genitori e il peso contenuto
dell’istruzione
terziaria.
Il
progressivo
invecchiamento della popolazione e la conseguente
riduzione del contingente dei giovani adulti – che, in
generale, sono i più coinvolti negli spostamenti –
potrebbe ulteriormente ridurre la propensione alla
mobilità interna italiana nei prossimi decenni. Anche
il contributo dei migranti internazionali, più mobili
sul territorio grazie soprattutto al minor attrito
esercitato da reti familiari e sociali rispetto a quanto
accade per gli italiani, potrebbe non bastare a
controbilanciare questa tendenza, tanto più che
anche la loro mobilità sta diminuendo. Infine, va
rilevato che in Italia la maggior parte degli
spostamenti è di tipo intra-provinciale o al più intraregionale: le migrazioni di lungo raggio, e in
particolare quelle dalle regioni meridionali e insulari
verso quelle del Centro-Nord, hanno costituito negli
anni più recenti appena il 10% della mobilità interna
complessiva (intesa come cambiamento di residenza
da un Comune all’altro). L’attenzione sulle partenze
dal Mezzogiorno resta alta sia nel discorso mediatico
sia in quello accademico, come dimostra la recente
pubblicazione di vari saggi sull’argomento (Colucci e
Gallo 2014 e 2015, Panichella 2014).
Allora perché si continua a parlare
delle migrazioni dal Mezzogiorno?
La persistenza dello stereotipo delle migrazioni dal
Mezzogiorno dipende sostanzialmente da tre motivi.
Il primo è di natura storica. Le migrazioni Sud-Nord
sono state un fenomeno di massa che ha contribuito
in maniera determinante ai cambiamenti sociali e
alla modernizzazione del paese, soprattutto nel
secondo dopoguerra. Più di nove milioni di italiani
furono coinvolti nelle migrazioni interne tra la metà
degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Settanta,
con una perdita netta di popolazione per l’Italia
meridionale e insulare a vantaggio del resto del
territorio nazionale stimata in più di due milioni di
persone.
Il secondo motivo è legato alla connotazione
prevalentemente unidirezionale degli spostamenti
residenziali che, sebbene con momenti di piena e
altri di secca, ha mostrato una forte persistenza nel
tempo anche negli ultimi decenni (fig. 1). Nel periodo
1995-2013 le persone che hanno lasciato il
Mezzogiorno per trasferirsi al Centro-Nord sono state
7
2,3 milioni, più di 120 mila all’anno in media, e con
saldi negativi di oltre 50 mila unità. Si è trattato
principalmente di persone di cittadinanza italiana.
Infatti, a differenza di quanto accade nella mobilità
all’interno delle singole ripartizioni il contributo
della componente straniera negli spostamenti SudNord è limitato (inferiore al 10% degli spostamenti
totali), e non si è incrementato in maniera
significativa nel corso del tempo. La (quasi)
unidirezionalità dei flussi migratori Sud-Nord che si
osserva dal secondo dopoguerra fa assumere al
numero di meridionali presenti al Nord dimensioni
impressionanti. Concentrandoci sui soli emigrati, cioè
la cosiddetta prima generazione, e quindi escludendo
tutti i discendenti, il censimento del 2011 registra
quasi 3,9 milioni di individui nati nel Mezzogiorno e
residenti nelle regioni centrali e settentrionali della
penisola, pari al 10% della popolazione che viveva
stabilmente nel Centro-Nord (tab. 1).
Il terzo motivo è legato alla rilevanza dei
differenziali di sviluppo nelle diverse aree del paese.
Le migrazioni Sud-Nord costituiscono una scomoda
evidenza dello squilibrio economico e sociale tra le
varie realtà del paese e del ruolo di subalternità
delle regioni meridionali. Se negli anni del boom
economico si era registrata una riduzione del gap tra
Sud e Nord, negli anni successivi le opportunità
occupazionali e i livelli salariali sono rimasti
nettamente diversi con un inasprimento delle
differenze negli anni della recente crisi economica.
Le famiglie residenti nelle regioni del Sud e nelle
Isole presentano un peggioramento più marcato delle
loro condizioni rispetto a quelle del Nord e del
Centro, per la decisa caduta dell’occupazione e della
ricchezza pro-capite, la perdita di posti di lavoro e il
consolidarsi del calo dei consumi. Il quadro non muta
anche alla luce dei buoni risultati dell’economia
meridionale registrati nel 2015. Infatti, come segnala
l’Associazione per lo sviluppo dell’Industria nel
Mezzogiorno, (Svimez), nelle anticipazioni sul
prossimo Rapporto annuale sull’Economia del
Mezzogiorno rilasciate lo scorso 28 luglio, si tratta di
andamenti che hanno tratti di eccezionalità, legati
all’annata agraria particolarmente favorevole e agli
effetti positivi sul turismo delle crisi che stanno
travagliando la sponda Sud del Mediterraneo. In
sostanza, la strutturale carenza di occasioni di lavoro
qualificato e il persistente divario di aspettative e
condizioni generali di benessere ha rappresentato
negli anni Duemila la determinante principale della
ripresa dei flussi di emigrazioni dal Sud verso il Nord,
specie nella componente più giovane e qualificata
della popolazione.
Gap territoriali e mobilità sociale
Le migrazioni interne non sono solo l’effetto del
perdurare o addirittura dell’ampliarsi del gap tra le
diverse aree del nostro paese, ma potrebbero a loro
volta contribuire ad alimentarlo. Negli ultimi anni le
migrazioni
riguardano
sempre
più
persone
scolarizzate in possesso di un diploma di scuola
secondaria superiore o di una laurea. Sono
aumentate, inoltre, le partenze dei cosiddetti
studenti “eccellenti”: studi della Svimez mostrano
che nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali
con il massimo dei voti, mentre tre anni più tardi la
percentuale è balzata a quasi il 38%. Queste
tendenze sono state interpretate come un progressivo
“impoverimento di capitale umano” del Mezzogiorno,
tale da perpetuare se non addirittura accentuare le
differenze con il resto del paese. Le migrazioni SudNord possono contribuire ad aggravare la distanza tra
Sud e Nord anche per un altro motivo, questa volta di
carattere squisitamente demografico. Se nel secondo
dopoguerra lo squilibrio demografico, con il Sud più
prolifico e con una proporzione di giovani più
elevata, era considerabile come una delle cause delle
migrazioni verso il Nord, ora non è più così. Oggi sono
le regioni del Sud, e in particolare Sardegna,
Basilicata, Calabria, Molise e Campania, ad avere la
natalità più bassa in Italia. Come ieri, a migrare sono
principalmente i giovani, ma le dinamiche
demografiche unite ai flussi migratori ora portano
verso un depauperamento dei giovani nelle regioni
meridionali e insulari. Se a questo si aggiunge una
limitata azione di replacement fornita dai giovani
immigrati (i quali, come già sottolineato, scelgono
come destinazione principalmente le regioni del
Centro-Nord), quel che ne deriva è un processo di
invecchiamento della popolazione ancora più intenso
8
e preoccupante di quanto emerga per le altre aree
dell’Italia. c: ciò che resta immutata è l’aspettativa
che la migrazione verso Nord consenta quella
realizzazione professionale, quella ascesa sociale che
attualmente non pare possibile all’interno del
mercato del lavoro locale.
Rifugiati
Austria verso lo stop alle richieste
d'asilo, allarme del CIR
Lo leggo do
8
settembre 2016 - In
attesa di conoscere
dettagliatamente
il
provvedimento, il CIR
esprime
grande
preoccupazione
ed
allarme per l’accordo
raggiunto dal governo
austriaco
sul
c.d.
'provvedimento
d'emergenza' che prevede, tra l'altro, un sostanziale
stop alle richieste di asilo, respingimenti in "paesi
sicuri" e fino a 2.200 soldati per controllare i propri
confini. Come di apprende dalla nota dell’ANSA, la
'Notverordnung' avrà una durate di sei mesi ma potrà
essere prolungata tre volte, informa Der Standard.
Non è ancora chiaro - scrive il giornale – se il
provvedimento entrerà in vigore quando sarà
raggiunto il tetto delle 37.500 richieste di asilo o
addirittura prima. L'intesa è stata raggiunta dopo
lunghe trattative tra socialdemocratici (Spö) e
popolari (Övp). Una volta entrata in vigore, le
richieste di asilo al confine saranno possibili solo in
casi eccezionali (come il rischio di torture nel paese
di provenienza oppure la presenza di parenti in
Austria) o qualora il richiedente venga trovato su
territorio nazionale, senza che sia possibile
ricostruire la sua via della sua fuga verso l'Austria non
potrà più essere ricostruita. In tutti gli altri casi i
migranti saranno respinti verso "paesi confinanti
sicuri". Il provvedimento d'emergenza – prosegue la
nota ANSA - elenca dettagliatamente tutte le
peculiarità e rischi di una migrazione illimitata: si va
dalla pubblica sicurezza al sistema sanitario, dalla
disoccupazione al sistema scolastico. Solo quest'anno
i costi aggiuntivi per i richiedenti asilo ammontano a
due miliardi di euro, cita il testo di Der Standard.
Inoltre, si evidenza che in Libia un milione di persone
attende un passaggio verso l'Europa, mentre dalla
Siria sono fuggite cinque milioni di persone e i
potenziali profughi afgani sono quasi 1,5 milioni. La
Notverordnung è molto articolata, evidentemente per
prevenire eventuali contestazioni a livello europeo ed
internazionale. L'iter istituzionale del provvedimento
d'emergenza durerà ancora circa quattro settimana.
L'effettiva entrata in vigore è invece ancora incerta.
Il cancelliere Christian Kern vuole attenere il
raggiungimento del tetto di 37.500 richieste di asilo,
che l'Austria ha stabilito per il 2016.
MIGRANTI: CSU, PRIORITA' IN GERMANIA A
QUELLI DI CULTURA CRISTIANA OCCIDENTALE
Berlino, 8 set. (AdnKronos/Dpa) - Dare la priorità ai
migranti di cultura occidentale, cristiana. Questa la
richiesta avanzata dalla Csu, 'sorella bavarese' della
Cdu di Angela Merkel, in materia di politica
migratoria ."In futuro - si legge in un documento della
Csu citato dalla Dpa - dovrà essere data la
precedenza ai migranti appartenenti alla nostra
cultura cristiana, occidentale". "E' lo stato a dover
poter decidere chi far entrare, non i migranti",
afferma la Csu, per la quale si dovrebbe porre un
tetto massimo di 200mila ingressi nel paese ogni
anno. "La Germania deve restare Germania", afferma
la Csu: "Il nostro paese è aperto al mondo, ma siamo
contrari a vederlo cambiare tramite l'immigrazione o
flussi di rifugiati". "Pertanto, il partito ribadisce la
propria determinazione ad ancorare l'attuale cultura
dominante nella costituzione dello stato bavarese".
Nel documento si parla poi di burqa e niqab in
termini di "uniforme islamica" e si chiede la loro
messa al bando in pubblico laddove possibile. Il
documento, messo a punto in vista di un incontro dei
leader del partito in programma per domani e sabato,
chiede anche la revoca della doppia cittadinanza e
misure per accelerare l'espulsione di chi non ha
diritto all'asilo in Germania. La Csu torna poi a
proporre l'istituzione delle cosiddette zone di transito
lungo il confine tedesco per analizzare i documenti
dei migranti prima del loro ingresso nel paese e
autorizzare solo chi ha il diritto ad entrare. La Csu è
tornata all'attacco della politica migratoria di Merkel
dopo l'esito negativo del voto regionale celebrato nel
Land del Meclemburgo-Pomerania. La presa di
posizione della Csu non ha mancato di provocare
reazioni: Michael Fuchs, esponente chiave della Cdu
ha sottolineato in un'intervista che "tutti hanno il
diritto di venire da noi se sono veramente rifugiati e
se arrivano realmente da zone a rischio. Non importa
se uno è un siriano di Aleppo o uno yazida,
musulmano o cristiano".
(Ses/AdnKronos)
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