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Olio di palma.
L'olio alimentare più diffuso al mondo è anche quello che si conosce meno. Ecco qualche
informazione utile per scoprirne i vantaggi e sfatare alcuni pregiudizi.
L’olio di palma è l’olio alimentare più utilizzato al mondo. Nel corso degli ultimi anni, la sua
versatilità di utilizzo e la sua consistenza fluida o semi-fluida a temperatura ambiente lo hanno
valorizzato rispetto ad alternative meno valide nella produzione dei grassi spalmabili e di numerosi
prodotti alimentari composti.
In un'ottica di trasparenza, il Regolamento (UE) n. 1169 del 2011, relativo alla fornitura di
informazioni alimentari ai consumatori, ha imposto, a partire dal 13 dicembre di questo anno, di
specificare in etichetta il tipo di olio o grasso contenuto nei prodotti alimentari e perciò anche la
presenza di olio di palma dovrà essere indicata in etichetta. Eppure, nonostante il suo ampio
utilizzo nell'industria, non soltanto alimentare, dell'olio più diffuso al mondo si sa ancora poco.
La sua origine è squisitamente tropicale: la palma è giunta in Asia dall'Africa, ma oggi l'Indonesia
e la Malesia detengono l'85% della produzione. L'olio si estrae dalla polpa del frutto della palma,
e quindi è un olio di frutto, come l’oliva, a differenza dell’olio di palmisto, che invece si ricava dai
semi. E' coltivato in piantagioni il più delle volte secolari, e dà lavoro ad un gran numero di piccoli
agricoltori nel Sud est asiatico. Si calcola che, nella sola Indonesia, il 60% della coltura del palma
sia appannaggio di piccoli operatori, che lo considerano, anche grazie alla buona redditività delle
coltivazioni, la via d'uscita principale dalla povertà. Basti pensare che la sua resa per ettaro è dieci
volte superiore all’olio che lo segue come importanza economica, l'olio di soia, ed in generale agli
altri principali oli di semi.
Il consumo del palma come olio da cucina è tipico di Cina, India e Indonesia. In Europa e in
Occidente, al contrario, è soprattutto impiegato nella produzione di prodotti alimentari, come i
prodotti da forno. E’ del resto ben noto che nella preparazione di torte e biscotti il buon risultato
finale è strettamente dipendente dall’impiego di grassi solidi o semisolidi; l’olio di palma non ha
perciò validi concorrenti. I grassi idrogenati, come noto, sono ormai quasi scomparsi, una volta
scoperti gli aspetti negativi degli acidi grassi trans, gli altri grassi vegetali solidi contengono più
grassi saturi del palma ed i grassi lattieri contengono più grassi saturi e colesterolo.
Le previsioni di produzione parlano di una crescita del 25% entro il 2020, pari a 68 milioni di
tonnellate. Ciò ha fatto emergere con forza, negli ultimi, anni, la questione della sostenibilità
dell'olio di palma. Le piantagioni, infatti, si sviluppano nelle zone tropicali, a fianco delle cosiddette
“foreste primarie”, in un'area caratterizzata da forte biodiversità. Questa coabitazione forzata
ha convinto le grandi aziende del settore a fissare alcune regole per garantire la “convivenza
sostenibile” tra coltivazioni, piccole e grandi, e la foresta tropicale, che deve essere salvaguardata,
con una particolare attenzione alla tutela delle comunità locali, che, sempre più spesso, basano la
loro economia sul palma.
E' nata così, nel 2004, la RSPO - Roundtable for Sustanaible Palm Oil - un'organizzazione che
promuove l'impiego di olio di palma sostenibile, e che riunisce le industrie più importanti nella
produzione di grassi alimentari ed alcune delle più rappresentative associazioni di difesa
dell'ambiente. RSPO ha dettato una serie di Linee Guida che regolano non soltanto la
coltivazione, ma anche la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, l'equo trattamento dei lavoratori,
l'impiego di pesticidi e, soprattutto, i controlli e la successiva certificazione che attesta la
sostenibilità dell'olio. L'obiettivo dell'organizzazione, che allo stato riunisce quasi 1800 tra aziende
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e ONG, è di rendere sostenibile l'intero percorso produttivo del palma, dal piccolo coltivatore alla
vendita al dettaglio.
Tra i pregiudizi da sfatare, il più diffuso è quello che l'olio di palma sia un concentrato di “grassi
cattivi”. Al contrario, la sua composizione prevede accanto ad un 50% di grassi saturi – in
prevalenza acido palmitico – acidi monoinsaturi per il 40% circa ed acido linolenico, polinsaturo,
presente in una quantità variabile tra il 9 e il 12%. Inoltre, è una fonte importante di carotenoidi, la
cui presenza conferisce a questa tipologia di olio il caratteristico colore rosso. Altro vantaggio
nutrizionale fornito dal palma è rappresentato dalla forte concentrazione di vitamina A e, in
misura ancora maggiore, di vitamina E.
Da una ricerca del Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell'Università di Milano presentata nel
2013, è poi emerso che l’olio di palma, nonostante il suo 50% di grassi saturi, non si
comporta come un tipico grasso saturo in termini di impatto su colesterolo, trigliceridi e
pressione sanguigna. Se assunto in quantità ragionevoli, può avere effetti positivi sulla
colesterolemia totale e, in virtù delle sue componenti anti-ossidanti, protegge l’organismo dai
processi di invecchiamento, inibendo anche alcuni meccanismi carcinogenetici.
L’azione anti-ossidante dell’olio di palma è potenziata anche dalla presenza di tocotrienoli,
sostanze analoghe alla vitamina E, considerate, secondo uno studio dell'Istituto Mario Negri,
estremamente promettenti per l’attività di prevenzione dei rischi cardiovascolari, ma sulle quali è
opportuno attendere ulteriori ricerche.
I pregi del palma, sia dal punto di vista nutrizionale che della versatilità di impiego, ne spiegano il
crescente successo negli ultimi vent’anni, quando ha progressivamente occupato il posto
precedentemente occupato dagli oli da semi resi solidi attraverso il processo di idrogenazione,
contribuendo così alla soluzione del problema dei grassi trans nei prodotti alimentari. E’ bene
sottolineare che la qualità nutrizionale dell’alimentazione deve essere considerata nel suo
complesso e che, anche nel singolo prodotto alimentare, è superficiale dare un giudizio basato
sull’impiego di una materia prima, senza valutare le sue caratteristiche complessive. In moltissimi
casi, infatti, l’olio di palma è utilizzato in miscela con altri oli vegetali, in modo da ottimizzare
contemporaneamente le caratteristiche gastronomiche, tecnologiche e nutrizionali.
Dal punto di vista dietetico, è bene ricordare che, secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS), in una regime alimentare bilanciato, il 30% dell’energia giornaliera
deve essere rappresentata dai grassi. Di questa percentuale, la quota di grassi saturi non deve
superare il 10%. Ciò significa un quantitativo di grassi saturi di 26 – 27 grammi al giorno in una
dieta media per un adulto (2.400 calorie). In Europa si stima un consumo di 2 chili all’anno di olio
di palma a persona: una percentuale modesta, pari a 5,5 grammi per persona al giorno, tale da
apportare in un soggetto medio meno di 3 grammi al giorno di grassi saturi.
In Italia, dove la componente “visibile” dei grassi dell’alimentazione è occupata dall’olio d’oliva e
dagli oli di semi, la quota dell’olio di palma è evidentemente molto minore.
Per saperne di più:
www.epoa.eu – European Palm Oil Alliance
www.eufic.org – European Food Information Council
www.fediol.eu – European Vegetable Oil and Proteinmeal Industry Federation
www.who.int – World Health Organization
www.rspo.org – Roundtable for Sustenible Palm Oil
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