Olio di palma, quali rischi per i bambini
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Olio di palma, quali rischi per i bambini
Attualità 12 A seguito della richiesta “sull’eventuale tossicità dell’olio di palma come ingrediente alimentare”, pervenuta dalla Direzione Generale Igiene degli Alimenti e Nutrizione del Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità ha recentemente redatto un “Parere Tecnico Scientifico”. Il documento conclude: “Nessun alimento o ingrediente è definibile come ‘tossico’ di per sé. Gli eventuali effetti negativi sulla salute vanno misurati sulla base dei livelli di esposizione”. In effetti negli ultimi anni c’è stato grande interesse per gli effetti dell’olio di palma sulla salute, anche se non si può ignorare che la preoccupazione del consumatore medio – dati dei social network e dei blog alla mano – sembra più direzionata ad ottenere prodotti privi di questo componente, da poter dunque consumare con tranquillità, che a moderare e modulare l’uso esagerato di quegli stessi prodotti. L’olio di palma deriva dalla polpa del frutto della palma da olio (Elaeis guineensis) ed ha un’elevata percentuale (circa il 50%) di acidi grassi saturi, con netta prevalenza di acido palmitico. Anche dai semi si ricava un olio, l’olio di palmisto, con un contenuto di acidi grassi saturi di circa l’80%. AttualAndrea Vania mente vi è un ampio dibattito sull’impatto del consumo di acidi grassi saturi sullo stato di salute Past-President ECOG, Professore Aggregato nell’uomo. Gli acidi grassi saturi sono normali codi Pediatria “Sapienza” – stituenti della frazione grassa degli alimenti, e, Università di Roma oltre a fornire energia, svolgono numerose funzioni fisiologiche: ma quando assunti in elevate quantità sembrano contribuire all’insorgenza di cardiopatie (EFSA 2010). Dai dati di letteratura non ci sono evidenze dirette che l’olio di palma abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percenElvira Verduci tuale di saturi e mono/polinsaturi, anzi recenti meta-analisi mettono in dubbio l’associazione tra Ricercatore universitario di Pediatria – Dipartimento saturi e cardiovasculopatie e/o mortalità in genedi Scienze della salute rale. Inoltre, alcuni ricercatori hanno ipotizzato Ospedale San Paolo, Università degli studi che l’acido palmitico dell’olio di palma sia anche di Milano meno ipercolesterolemizzante e aterogenico dei grassi animali, grazie alla posizione che occupa (sn-1 e sn-3) nei trigliceridi. Resta però il problema dell’esposizione: gli unici dati validati da una peer-review relativi ai consumi alimentari e disponibili in Italia si basano sull’indagine INRAN-SCAI 2005-2006. Da tali dati, l’ISS ha nuovamente stimato il consumo di acidi grassi saturi rifacendosi alla composizione nutrizionale media dei prodotti presenti sul mercato al dicembre 2015. Da questa rielaborazione è emerso che nella fascia di età 3-10 anni, l’assunzione giornaliera media di acidi grassi saturi totali è pari a quasi 28 g, di cui oltre un terzo (quasi 8 g) dal consumo di alimenti contenenti olio di palma (cracker, biscotti, dolci/merendine, gelati, cioccolato). Dunque, il consumo totale di acidi grassi saturi Sull’eventuale tossicità dell’olio di palma come ingrediente alimentare si sono pronunciati l’ISS e l’EFSA: vediamo come Pediatria numero 4 - giugno 2016 Olio di palma, quali rischi per i bambini della popolazione pediatrica italiana (3-10 anni) sarebbe superiore all’obiettivo suggerito per la prevenzione (inferiore al 10% delle calorie totali giornaliere). Occorre tuttavia sottolineare che, a causa di limiti metodologici, tali dati tendono a sovrastimare l’esposizione e che nell’ampia fascia 3-10 anni i consumi si differenziano molto, e dunque vanno interpretati con cautela, secondo lo stesso ISS. Sarebbe di certo importante ottenere valutazioni adeguate sul reale consumo di grassi saturi nella popolazione pediatrica italiana. È altresì evidente che la valutazione degli effetti sulla salute di un alimento o ingrediente non può prescindere dall’analisi del regime dietetico complessivo e, più in generale, dello stile di vita. La prevenzione a livello di popolazione, con consigli nutrizionali forniti a tutti i pazienti in modo sistematico e la prevenzione a livello individuale, con raccomandazioni mirate ai soggetti a rischio di patologie che vedono in abitudini e comportamenti nutrizionali errati e stili di vita scorretti le principali cause, dovrebbero essere attivamente promosse dai pediatri. Per impostare una corretta alimentazione è importante conoscere le abitudini di vita del bambino e fornirgli strategie per potenziare l’attività fisica. L’educazione nutrizionale che ogni pediatra deve svolgere non può dunque prescindere dalla conoscenza approfondita delle abitudini alimentari, affinché venga garantito da una parte il soddisfacimento dei fabbisogni nutrizionali del paziente e dall’altra il rispetto delle esigenze culturali (e anche religiose) della famiglia. La presenza di un’elevata percentuale di stranieri nel nostro Paese condiziona infatti le scelte nutrizionali dell’intera popolazione, esponendo i bambini ad abitudini alimentari molto variegate. Nella società multi-etnica presente in Italia l’obiettivo di evitare le NCD può essere raggiunto promuovendo l’aderenza alla dieta mediterranea non solo negli adulti ma anche nei bambini, aderenza che, { Fattore E, Bosetti C, Brighenti F et al. Palm oil and blood lipid-related markers of cardiovascular disease: a systematic review and meta-analysis of dietary intervention trials. Am J Clin Nutr 2014;99:1331-50. insieme a stili di vita attivi (esercizio fisico quotidiano outdoor) è associata nel bambino a riduzione di rischio di sovrappeso ed obesità (NMCD 2014;24:205-13). Una buona aderenza alla dieta mediterranea garantisce quell’apporto di grassi saturi inferiore al 10% attualmente suggerito per la prevenzione. Tuttavia i dati dal medesimo studio, riguardanti proprio l’osservanza della dieta mediterranea tra i bambini italiani, non sono confortanti: già in età prescolare solo il 50% di questi segue la dieta mediterranea e tale percentuale decresce nelle età successive. Oltre alla corretta assunzione quali-quantitativa di nutrienti, è importante poi anche la “food safety”, la sicurezza alimentare igienico-sanitaria. L’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha prodotto di recente un documento sui rischi relativi al consumo di oli vegetali raffinati. In particolare, il Panel on Contaminants in the Food Chain (CONTAM) allerta sulla presenza di sostanze che si formano durante il processo di lavorazione, in particolare quando gli oli vegetali vengono raffinati ad alte temperature (circa 200° C), subendo la parziale idrolisi dei trigliceridi con ossidazione del glicerolo. Si tratta di esteri del glicidolo, del 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e del 2-monocloropropandiolo (2-MCPD). I più elevati livelli di tali composti sono stati riscontrati nell’olio di palma raffinato, ma la maggior parte degli oli vegetali, quando raffinati, ne contengono quantità considerevoli. Il Codex Alimentarius raccomandava nel 2012 di ridurre i livelli di 3-MCPD nel prodotto finito, con adeguamento delle tecnologie. Nel 2013, l’International Agency for Research on Cancer (IARC) dichiarava: “No evidence to suggest that 3-MCPD is not genotoxic”, mentre già dal 2000 la stessa Agenzia classificava il glicidolo nel gruppo gruppo 2A (“(...) probably carcinogenic to human”). Il panel di esperti EFSA analizza gli alimenti più incriminati: “Per adolescenti, adulti, anziani { de Souza RJ, Mente A, Maroleanu A et al. Intake of saturated and trans unsaturated fatty acids and risk of all cause mortality, cardiovascular disease and type 2 diabetes: systematic review and meta-analysis of observational studies. BMJ 2015;351:h3978. { EFSA Panel on Contaminants in the Food Chain (CONTAM). Risks for human health related to the presence of 3- and 2-monochloropropanediol (MCPD), and their fatty acid esters, and glycidyl fatty acid esters in food. EFSA Journal 2016. Attualità { Sun Y, Neelakantan N, Wu Y et al. Palm Oil Consumption Increases LDL Cholesterol Compared with Vegetable Oils Low in Saturated Fat in a Meta-Analysis of Clinical Trials. J Nutr 2015;145:1549-58. e molto anziani, le fonti principali di 3- e 2-MCPD e glicidolo erano margarine e simili, e dolci in genere. Inoltre, i prodotti a base di patate fritte o al forno contribuivano significativamente all’esposizione al 3- e 2-MCPD, mentre la carne fritta e arrosto e in certi casi i cioccolati spalmabili e simili contribuivano significativamente al l’esposizione al glicidolo. Per i lattanti, i gruppi alimentari delle formule di partenza e di proseguimento, dei grassi e olii vegetali, e dei biscotti davano i contributi principali all’esposizione ai 3- e 2-MCPD ed al glicidolo”. Lasciando da parte il linguaggio tecnico, il panel di esperti ha sostanzialmente concluso che i lattanti esclusivamente alimentati con formula corrono un maggior rischio di esposizione al glicidolo di quelli allattati in tutto o in parte al seno. Per questo, il Ministro della Salute Lorenzin ha deciso di chiedere al Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare di avviare con urgenza l’esame della questione al fine di valutare l’opportunità di adottare misure, anche precauzionali, finalizzate alla tutela della salute dei cittadini europei, e tenendo conto anche che il miglioramento delle tecnologie potrebbe aiutare a contenere i livelli di esposizione. L’evoluzione delle acquisizioni e dei concetti sull’alimentazione umana a seguito delle numerose e approfondite ricerche degli ultimi anni porta quindi la nutrizione ad assumere un ruolo di primo piano nella formazione del pediatra. L’Italia è rimasto uno dei pochi Paesi in cui il bambino ha ancora il privilegio che il suo medico curante sia uno specialista: il pediatra, la cui responsabilità è verificare nel tempo la condotta nutrizionale dei piccoli pazienti, coinvolgendo attivamente i genitori e la comunità, illustrando i rischi a breve e lungo termine che provoca un’alimentazione scor¢ retta fin dalle prime epoche di vita. Consulta il Parere Tecnico Scientifico dell’ISS sull’olio di palma: http://goo.gl/OPF0BI Le 5 regole per uno spuntino sano 1. Fare merenda è una buona abitudine: non saltarla. 2. La merenda deve solo ricaricarti, non deve farti arrivare troppo sazio al pasto successivo, ma neanche troppo affamato. 3. Varia la merenda in modo da variare anche i nutrienti che ti fornisce: alterna della frutta fresca a uno yogurt, a una piccola porzione di pane e marmellata o pane e miele o a del pane con verdure, o a 3-4 biscotti secchi, meglio se fatti in casa. 4. Cerca di non mangiare lo spuntino mentre studi o guardi la televisione. 5. Nel corso della giornata muoviti spesso, in modo da tenerti sempre in forma. Pediatria numero 4 - giugno 2016 13