Unu de sos kentu mitza Scena: sul palco, a sinistra una scrivania

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Unu de sos kentu mitza Scena: sul palco, a sinistra una scrivania
Unu de sos kentu mitza
Scena: sul palco, a sinistra una scrivania con sedia, vecchia Olivetti sul tavolo; al centro un
leggìo, a cui si avvicendano i lettori delle lettere e dei bollettini; a destra delle sedie in
paglia ed un braciere utili ad allestire il focolare di casa Camedda.
Personaggi:
Giambattista Camedda (il soldato protagonista)
il padre Salvatore Camedda
la madre Maria Itria Frongia
il Maresciallo Pietro Corona
l'Appuntato
Anna, la lettrice delle lettere alla famiglia
Qualche comparsa come vicina di casa
Bachisio Porcu, il nuorese
La vicina che dialoga con Maria Itria nella prima scena
Quattro ragazzi che compaiono accanto a Giambattista dal Maresciallo e poi leggono le
lettere dal fronte
Un ragazzo che legge la lettera a Giambattista ferito
Due lettrici dal leggìo
Due lettrici sempre dal leggìo scena finale
Prima scena
Marzo 1915, nel paese di Riola Sardo
A destra del palco, la madre di Giambattista Camedda cammina disperata avanti e indietro
con la cartolina in mano
- Maria Itria (Valeria Porcu) : “ Oh nostra Sennora de S’arrimediu, poita custu a mei? No è
possibilli fillu miu!”
- La vicina (Anna Lucia Ledda) : “Gomai, ita è?”
- M.I.: “Ohi gommai custu mengiau....sa littera....anti zerriau Giuanni Battista....e commenti
fadeusu nosu immoi?”
- V.: “Eh gommai, esti sa gherra! Su rei ha nau ca fadeusu sa gherra in continenti po liberai cussusu
de Trentu....”
- M.I.: “Eia, ma a nosu chini ci penzada? E i bestiasa, e sa terra? Pobiddu miu no esti prusu su
propriu de gandu e torrau de sa Libia....”
- V.: “ Hi gommai ma du scisi ca vunti zerriendi finzasa cussusu chi vunti torrausu de sa Libia?
Mischiusu....”
- M.I.: “Eh certu! Pobiddu miu no è cosa e immoi ointi pigai puru fillu miu, su miu Giuanni Battista
e po cosa? Candu su nemigu du teneusu in domu!”
- V.: “ Tu teisi arrescioi ma ita podeusu vai? Funti zerriendi tottu sa bidda, su fillu de zia Rosa, is
fradisi Mureddu, povinzasa su nebodi de su sindigu! Sa scida chi beidi andausu a pei a s’arremediu
e domandausu a sa Madonna sa grazia de dusu fai a su mancusu torrai biusu...”
Alla sinistra del palco il maresciallo, seduto alla scrivania, circondato da diversi giovani
Maresciallo - “Ragazzi ci siamo... mi raccomando, non fate colpi di testa, c'è poco da scherzare...
Comunque, partite tranquilli, la guerra finirà presto e a Natale sarete tutti a casa. Se fosse per me,
che sono anziano e ho fatto la Guerra di Abissinia nel 1895, nessuno si muoverebbe da qui...
Dovete presentarvi ad Oristano alla caserma del 46° REGGIMENTO FANTERIA, da lì vi
metteranno sul treno per Cagliari e poi in nave fino alle zone di guerra che vi saranno assegnate”
Camedda “Marescià, ma è vero che Casteddu è pieno di belle ragazze che vanno pazze per i
soldati?”
Maresciallo “Camedda, la solita testa calda! Guarda che questo non è un gioco, la guerra è una cosa
seria, da uomini”
Camedda “...e noi uomini siamo! Eh marescià, già ci sappiamo difendere (mostra il coltello infilato
nella cintura), e poi guardi quanti siamo! Non ci conoscono bene a noi Sardi, vedrà che torneremo
vincitori”
Tutti in coro Ajò
Maresciallo “Bene ragazzi, auguri, che Dio vi benedica e la Madonna del Rimedio vi accompagni...
Viva il Re e viva l'Italia!”
Parte in sottofondo l'Inno della Brigata Sassari
Seconda scena
Alla sinistra del palco il maresciallo, seduto alla scrivania, circondato da diversi giovani
- Maresciallo Corona (Kevin) : “Ragazzi ci siamo... mi raccomando, non fate colpi di testa, c'è
poco da scherzare... Comunque, partite tranquilli, la guerra finirà presto e a Natale sarete tutti a
casa. Se fosse per me, che sono anziano e ho fatto la Guerra di Abissinia nel 1895, nessuno si
muoverebbe da qui...
Dovete presentarvi ad Oristano alla caserma del 46° REGGIMENTO FANTERIA, da lì vi
metteranno sul treno per Cagliari e poi in nave fino alle zone di guerra che vi saranno assegnate”
- Giambattista (
): “Marescià, ma è vero che a Casteddu è pieno di belle ragazze che
impazziscono per i soldati?” Tutti ridono
- Maresciallo : “Camedda, la solita testa calda! C'è poco da scherzare, la guerra è una cosa seria,
una cosa da uomini!”
- Giambattista : “... e noi uomini siamo! Non ci conoscono bene a noi sardi, che già ci sappiamo
difendere” mostra la leppa infilata nella cintura
- Maresciallo : “Bene ragazzi, vi faccio i migliori auguri, che Dio vi protegga e la Madonna del
Rimedio vi accompagni. Buon viaggio” scatta in piedi “Viva il Re e viva l'Italia!”
I soldati in coro “Ajò”
Parte forte l'inno della Brigata Sassari.
Terza scena
A destra del palco, in casa Camedda, Anna, una ragazza “istruita” legge alla madre di
Camedda la lettera del figlio. Ci sono le donne del paese, sedute in cerchio mentre cuciono o
ricamano
- Anna (Laura Farci) “Cari babbo e mamma, ieri sono finalmente arrivato a Torino. Mi hanno
assegnato al 4° REGGIMENTO BERSAGLIERI e con me ci sono tanti altri sardi ma come parlano
io non li capisco, non sono tutti di zona! Ah, ho incontrato anche un paesano, Domenico Mocci, il
figlio di Gaetano, che però non stavano in paese ma erano emigrati a Cabras per lavorare negli
stagni. Comunque, io sto bene.
Oh ma', devi vedere la nave che ci ha portati in Continente, quando la guerra finisce ci andiamo
tutti!
Come sta babbo? Ha sempre i dolori alla schiena?
Ho chiesto ad Anna di leggervi la lettera, che lei ha fatto la terza elementare ed è istruita, e se ci
sono delle cancellature non preoccupatevi, non ti fanno scrivere tutto. Mi hanno detto che stiamo
per partire al fronte... Io non vedo l'ora... E' venuto il Re a salutarci... noi sardi siamo valorosi... Io
sto bene, state tranquilli. Ora vi saluto, vi scrivo appena posso. Tanti baci anche a nonna, a zio
Giacinto e al paese”
Torino, 23 maggio 1915.
Quarta scena
A sinistra del palco, un compagno di Giambattista legge la lettera dei suoi genitori,
Giambattista è sdraiato, con la testa e la gamba bendate, visibilmente sofferente
(Luca Madau) “Caro Giambattista, come stai? Io e tuo babbo siamo in pensiero, sono due mesi che
non riceviamo tue notizie, ti prego scrivici. Ti abbiamo mandato le calze di lana e le maglie con
Mauro che lì dove sei ormai farà freddo, e anche i fichi secchi e le salsicce... abbiamo ucciso il
maiale, pesava 70 chili...
E' morto Antonio, lo avevano mandato in Macedonia... Sono arrivati i Carabinieri a casa di
Salvatore Chessa, non si hanno più notizie di lui da mesi. Sui giornali parlano di voi Sardi che siete
dove sei tu, sul Carso. Tu riguardati e non andare volontario che dicono che è pericoloso. Ma ti
vedremo a Natale?
Ti prego scrivici. Ti salutano tutti i parenti e il vicinato.
Baci mamma, babbo, nonna, zio Giacinto e tutti”
Riola Sardo, 11 ottobre 1915
Parte l'Inno della Brigata ma in tono più dimesso.
Quinta scena
Parte sinistra del palco, il maresciallo detta il verbale (leggendolo) all'appuntato che batte sui
tasti di una vecchia macchina da scrivere
–
Maresciallo Corona (Kevin): “... Fatto, letto e sottoscritto Corona Pietro, Comandante
d'alloggio a piedi... Appuntato!”
–
Appuntato (Chiara Porceddu): “Comandi marescià”
–
“Ha scritto appuntato?”
–
“Ho scritto”
–
“Rilegga”
–
“Tutto marescià?”
–
“Tutto”
L'anno 1916, addì 7 gennaio in Riola, noi sottoscritti Corona Pietro, Maresciallo d'alloggio a piedi,
Comandante la suddetta stazione, riferiamo a chi di dovere quanto in appresso:
Il 29 dicembre giunse in questo Comune proveniente dall'Ospedale di Riserva di Roma in licenza di
convalescenza di giorni trenta, il bersagliere Camedda Giov. Battista, di Salvatore, d'anni 24, del
luogo, appartenente al 4° Reggimento Bersaglieri, di stanza a Torino.
Costui appena arrivò in paese si abbandonò subito a propagare con amici e conoscenti notizie false
sulle nostre operazioni di guerra. Infatti, la sera del trenta, il Camedda verso le ore 19 si recò
nell'abitazione di Mele Salvatore, fu Francesco, d'anni 65, ed alla di costui presenza e della moglie,
Brunzu Anna, fu Giacinto, d'anni 58, nonché di Salaris Salvatore, fu Raimondo, d'anni 33 contadini
di Riola, raccontò cose non riferentesi al vero allarmando la tranquillità dei loro animi. Disse infatti
di aver preso parte a parecchie azioni guerresche e che le nostre azioni si svolgevano male, tanto
che in un combattimento, ove trovavasi anche lui, di mille uomini compreso non solo il suo
Reggimento, ma bensì di altri corpi, solo venti rimasero incolumi. Non contento di ciò, aggiunse
inoltre che nei combattimenti, non solo lasciavano dissotterrati i cadaveri, bensì privi di cura e
assistenza anche i feriti, e che abbandonati sul campo, venivano calpestati dagli altri militari, dai
quadrupedi e dai carreggi.
Dette notizie il Camedda il 31 successivo le ripetè recandosi nell'abitazione di Caria Cecilia, fu
Isidoro, di anni 59, da Riola, nonché in quella di Deiana Antonio, fu Raffaele, d'anni 38, ed in
quest'ultima anche alla presenza di Mocci Gaetano, fu Sisinnio, d'anni 57, entrambi contadini del
luogo. Non contento delle prime asserzioni non corrispondenti al vero, il Camedda aggiunse inoltre
che i nostri condottieri mal dirigevano le operazioni delle nostre truppe e che in una avanzata che
era fissata per le ore undici antimeridiane questa venne anticipata di un'ora, tanto che non essendo
stata preavvisata l'artiglieria, quest'ultima credendo che le truppe appostate appartenessero
all'Esercito nemico e non sapendo come precisare il tiro, poiché non fu avvisata in tempo
dell'avanzata dei nostri, incominciò a far fuoco credendo di colpire il nemico, mentre invece decimò
i nostri reparti avanzati, i quali per tale sbaglio risentirono gravi perdite, rimanendo illesi solo 34,
compreso il Camedda anzidetto. Fece intendere inoltre che l'Italia aveva fatto male ad accingersi ad
entrare in guerra contro l'Austria, perchè con tal cosa, e giusto come lui aveva avuto agio di
osservare, gli uomini erano portati al macello anziché ad una guerra di redenzione.
Venuti a sentire di quanto sopra, noi maresciallo Corona a mezzo di corrsipondenza del locale
Sindaco, nella sera del 31 detto si dispose per una sollecita inchiesta, ed essendo risultato vero il
suoesposto per mezzo dei suddetti individui, i quali ci confermarono le asserzioni del Camedda
chiamammo il soldato Camedda in ufficio e contestandogli i fatti addebitatigli, il medesimo rimase
alquanto perplesso, ma dietro stringente interrogatorio non negò, ma invece confessò il tutto
attribuendo tal cosa ad un momento di esaltazione per vino bevuto.
In vista di ciò e trattantesi di violazione dall'art. 1 del Decreto Luogotenenziale n. 885 del 20 giugno
1915 ed in ottemperanza anche alla circolare riservata del Ministero della Guerra n. 24757 dell'8
dicembre 1915 abbiamo disposto per il rientro al Corpo dell'anzidetto soldato Camedda compilando
giusto disposizioni in vigore il presente verbale informativo che rassegniamo al Comando del 4°
REGGIMENTO BERSAGLIERI in Torino, al nostro Comando Superiore e per notizia anche
all'Illustrissimo signor pretore del Mandamento in Cabras.
Sesta scena
Viene portato il leggìo e posizionato al centro
Primo lettore (
) - “Nel marzo 1916 il mio comandante di divisione, al quale riferivo per
telefono le ragioni per cui una operazione ordinatami non poteva riuscire e si sarebbe avuto un
macello, osservò che di carne da macello da darmi ne aveva quanta poteva abbisognarmene;
risposi che facevo il colonnello non il macellaio; s’interruppe il telefono: un ordine scritto mi
ordinò l’onerosa operazione.”.
"Tutte le volte che c'era un attacco arrivavano i carabinieri. Entravano nelle nostre trincee, i loro
ufficiali li facevano mettere in fila dietro di noi e noi sapevamo che - quando sarebbe stata l'oraavrebbero sparato addosso a chiunque si fosse attardato nei camminamenti invece di andare
all'assalto. Questo succedeva spesso. C'erano dei soldati, ce n'erano sempre, che avevano paura di
uscire fuori dalla trincea quando le mitragliatrici austriache sparavano all'impazzata contro di noi.
Allora i carabinieri li prendevano e li fucilavano. A volte era l'ufficiale che li ammazzava a
rivoltellate."
Tratto da “L’Isonzo mormorava” di Cesare Di Simone
Secondo lettore legge con la erre moscia e un accento mezzo francese.
(Francesco Riccio) - “Mia cara Lucia, quando questa lettera ti sarà pervenuta, io sarò morto
fucilato. Ecco perché.
Il 27 novembre, verso le cinque di sera, dopo due ore di violento bombardamento, in una trincea
della prima linea, mentre stavamo finendo la nostra zuppa, dei tedeschi sono penetrati dalla trincea
e mi hanno fatto prigioniero con due miei compagni.
Io sono riuscito ad approfittare di un momento di rissa e di disordine per scappare dalle mani dei
tedeschi.
Ho poi seguito i miei compagni e raggiunto le nostre linee. A causa di ciò sono stato accusato di
abbandono del posto in presenza dei nemici. Siamo passati in 24 davanti al Consiglio di Guerra.
Sei sono stati condannati a morte, tra questi ci sono io. Non sono più colpevole degli altri ma c'è
bisogno do un esempio.
Il mio portafogli ti arriverà con quello che c'è dentro. Io devo fare i miei ultimi saluti in fretta, con
le lacrime agli occhi e l'anima in pena. Io ti domando umilmente in ginocchio perdono per tutta la
tristezza che ti causerò e per l'imbarazzo nel quale ti metterò.
Mia piccola Lucia, ancora una volta, scusa. Mi confesserò all'istante e spero d vederti in un mondo
migliore. Muoio innocente del crimine di abbandono del posto che mi è imputato. Se invece di
scappare fossi rimasto prigioniero dei Tedeschi, avrei avuto la vita salva. E' il destino.
Il mio ultimo pensiero è a te, fino alla fine.
Lettera del caporale francese Henry Floch alla moglie (1917)
Terzo lettore
(Gabriele Masala) - “I discorsi dei fanti non sono allegri, e oggi parlavano sul tema fucilazioni, che
è il più lugubre!Presso un reggimento di fanteria, avviene un'insurrezione. Si tirano dei colpi di
fucile, si grida non vogliamo andare in trincea. Il colonnello ordina un'inchiesta, ma i colpevoli non
sono scoperti. Allora comanda che siano estratti a sorte dieci uomini; e siano fucilati. Sennonché, i
fatti erano avvenuti il 28 del mese, e il giudizio era pronunciato il 30. Il 29 del mese erano arrivati i
" complementi", inviati a colmare i vuoti prodotti dalle battaglie già sostenute: 30 uomini per
ciascuna compagnia. Si domanda al colonnello: "Dobbiamo imbussolare anche i nomi dei
complementi? Essi non possono aver preso parte al tumulto del 28: sono arrivati il 29 ". Il
colonnello risponde:." Imbussolate tutti i nomi". Così avviene che, su dieci uomini da fucilare, due
degli estratti sono complementi arrivati il 29. All'ora della fucilazione la scena è feroce. Uno dei
due complementi, entrambi di classi anziane, è svenuto. Ma l'altro, bendato, cerca col viso da che
parte sia il comandante del reggimento, chiamando a gran voce: "Signor colonnello! signor
colonnello! ". Si fa un silenzio di tomba. Il colonnello deve rispondere. Risponde: "Che c'è
figliuolo? ".
" Signor colonnello! " grida l'uomo bendato "io sono della classe del '75. Io sono padre di famiglia.
Io il giorno 28 non c'ero. In nome di Dio! ". "Figliuolo" risponde paterno il colonnello "io non
posso cercare tutti quelli che c'erano e che non c'erano. La nostra giustizia fa quello che può. Se tu
sei innocente, Dio te ne terrà conto. Confida in Dio".
Dal diario di guerra di Silvio D'Amico
Quarto lettore, possibilmente con accento napoletano
(Giulio Panetto) - “Ma fra di me tengo una cosa che non mi dimenticherò mai più: giorni indietro
proprio a me e sei dei miei compagni mie toccato andare a fucilare uno della nostra compagnia;
devi sapere che cuesto cui cuando eravamo su Podigara, si era lontanato dalla compagnia due
volte prorpio in cuei giorni che bisognava avansare, poverino, si vede che non aveva prorpio
coraggio e per cuesto ha avuto la fucilazione al petto; lanno fatto sedere su di una pietra e la è
bisognato spararci per forsa perchè dietro do noi cera la mitragliatrice, e poi siè comandati non
bisogna rifiutarsi, ma per questo io sono molto dispiaciuto ben che ne ò visti tanti di morti, ma così
mi ha fatto senso e letà di 34 anni.. bisogna anche esere asasini”
Lettera di Giovanni Molinari alla moglie, agosto 1916
Settima scena
A destra del palco, a casa Camedda, scena come sopra, ma ora c'è anche Salvatore Camedda
- Anna : “Cari babbo e mamma, mercoledì sono nuovamente arrivato a Torino e mi hanno rispedito
subito qui, al fronte! Mi dispiace troppo per quello che è successo e per lo scandalo nel paese, ma
voi non vi dovete vergognare di vostro figlio, dovete andare fieri! Vostro figlio è un Camedda e non
se lo dimentica e quelle cose che ho detto erano tutte ... (si vede che si sforza di leggere ciò che è
stato cancellato) Ma diteglielo pure a quegli stronzi che mi hanno denunciato al Maresciallo,
diteglielo pure che Gianbattista quando finirà questo schifo di guerra tornerà a Riola e allora ...
Ora so che non morirò perché la vendetta mi tiene in vita! Comunque, io sto bene, la ferita alla
gamba non mi da tregua ma tanto non riposerei ugualmente, così immersi in questo ghiaccio di
fango come siamo, sempre sotto tiro, a testa bassa a strisciare come topi... Ma almeno io non mi
posso lamentare... io vi ho rivisto a Natale...di questi che sono intorno a me non è tornato nessuno,
quelli più anziani sono ormai fuori di testa a furia di sentirsi fischiare le pallottole nelle orecchie!
Il Maresciallo Corona era troppo dispiaciuto, se avesse potuto (come sopra) ma diteglielo che lo so
che lui non ne ha colpa, lo so che anche lui (come sopra)
Ma non preoccupatevi, io sto bene. Un'ultima cosa: la nave non mi è sembrata più così grande, e il
mare non era lo stesso mare che ho attraversato la prima volta... o forse sono io che sono cambiato...
Vi voglio bene e vi penso sempre, baci a tutti dal vostro Giambattista
Ottava scena
Dal leggio, si alternano due ragazze:
- (Martina Pinna) : “Ottobre 1917 i giornali”
- (Giulia Piras) : “… La mancata resistenza di alcuni reparti della 2^ Armata, vilmente ritiratisi
senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico ha permesso a questi di calpestare il sacro
suolo della Patria… Caporetto… Cividale… Udine… Tagliamento… Monticano… Conegliano…
Madrisio…Piave… ritirata… cedimento… prigionieri… sbandati… Grappa… lotta furibonda…
Montello… Altipiani… Pasubio…resistenza fino alla morte, fino all’ultimo uomo e all’ultima
cartuccia…”.
- “In paese non arrivano più lettere, non si sa più nulla; il Sindaco ed i Carabinieri non sanno dire
niente. Bollettino”
- “… l’eroica difesa sul Piave e sul Monte Grappa…!”
- “Dicembre: nulla. Bollettino.”
- “… il nemico fermato sugli altipiani dalle nostre valorose truppe !...”.
- “Gennaio: nulla. Bollettino”
- “… Col del Rosso, col d’Echele, Monte Valbella… Battaglia dei Tre Monti… eroica Brigata
‘Sassari’…”.
- “1 Marzo: nessuna notizia. Aprile: nessuna notizia”
Nona scena
Maggio: Rientrato in convalescenza Bachisio Porcu di Nuoro, occhio bendato. A destra il
padre e la madre di Giambattista.
Parla Bachisio
- Bachisio (Luca Mocci) “Sappiate che per me è un immenso piacere conoscere i genitori di
Giambattista! La fortuna l'ha messo sulla mia strada durante la ritirata sul Tagliamento, io ero ferito
a terra e se non fosse stato per la sua forza e il suo coraggio, in quella terra ci sarei rimasto! Mi ha
raccolto - Ajò cumpà - mi ha sostenuto e trascinato via da quell'inferno. Quando ci siamo salutati mi
ha detto - Cumpà, beato te che sei ferito, vedrai che presto ti rimandano a Nuoro! Fammi un favore,
vai dai miei genitori a Riola e digli cosa ti ha fatto il loro figlio Giambattista! E diglielo pure al
maresciallo e che lo sappia tutto il paese, che Giambattista ha combattuto con valore e non si è mai
tirato indietro. E a quelli che mi hanno denunciato, che lo sappiano che Giambattista sta per
tornare!Bachisio tace e poco dopo riprende “Sono molto stanco. Purtroppo non ho saputo più niente di lui;
poco prima della mia partenza ho sentito che li avevano circondati a Codròipo, ma forse sono
riusciti a scappare… Se no è prigioniero. State tranquilli… Gli austriaci hanno preso molti dei nostri
e li hanno portati in Austria… Di sicuro Giambattista è tra loro”
Dal leggìo
- (Maria Elena Lasiu) : “Novembre “... i resti di quello che era uno dei più potenti eserciti del
mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa
sicurezza! … Armando Diaz, 4 novembre 1918”
Decima scena
Preparatoria della scena finale: 8 dicembre 1917 Casa Camedda, ci sono tutti, babbo e
mamma, la ragazza che leggeva le lettere, zio, vicini. Arriva il Maresciallo, offre muto una
lettera al padre che la prende guardandolo negli occhi senza parlare. Il maresciallo saluta
militarmente e se ne va. Il padre e la madre si abbracciano, e tutti si abbracciano, in silenzio.
Poi piano piano escono di scena lasciando solo il padre seduto. Entra Bachisio Porcu e si siede
accanto Salvatore Camedda.
Undicesima e ultima scena
Dal leggìo
(Chiara Miscali) : “… Ministero della Guerra, Direzione Generale Leva e Truppa… copia dell’atto
di morte del soldato Giambattista Camedda, nato il 23 Aprile 1892 a Riola Sardo, 4° Reggimento
Bersaglieri, Torino. Figlio di Salvatore e di Frongia Maria Itria, di professione contadino, residente
e domiciliato a Riola Srado in via Oristano, titolo di studio, 2^ elementare, celibe.
Il sunnominato militare è morto il giorno 30 Novembre 1917 per ferite da pallottola di mitragliatrice
nemica riportate per fatto di guerra in combattimento, in località San Pietro di Feletto, Monticano,
Treviso.
Quest'ultima frase con particolare enfasi e lentezza perché introduce e spiega il dialogo finale
La salma del sunnominato militare è stata inumata nel cimitero militare di Redipuglia, tra i Caduti
della 3^ Armata, nel tumulo dei militari noti ma non identificati…”.
Ziu Badore, dopo un lungo silenzio, chiede a Bachisio Porcu:
- Ziu Badore (
) “… Ma in nui esti custu logu?
- Bachisio (Luca Mocci) : “ In Friuli, ziu Badò… In Italia”.
- Ziu Badore: “… e cantusu cin di vunti in custu campu santu ?
- Bachisio: “Kentu mitza... ”.
- Ziu Badore ha un sussulto:“… ih, e commenti podid' essi ? E cumment' esti sa tumba?
- Bachisio: “… tumba non bi n’hat… ziu Badò…”.
- Ziu Badore: “…E inziandusu commenti funti interrausu !?
- Bachisio: “ Sono ghettatos a pare, ziu Badò…
- Ziu Badore: “ E inziandusu Giuanni battista nostru commenmenti danti postu ?
- Bachisio: “Ke a totu sos àteros, ziu Badò… Est unu de sos kentu mitza…
Parte il video con l'inno della Brigata in sottofondo e le immagini del sacrario di Redipuglia.