Mixer 4530 - Processo MBBR

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Mixer 4530 - Processo MBBR
SOLUZIONI
ACQUA
POCA ENERGIA
PER MOVIMENTARE
LE ACQUE
Marco De Luca
Alpi Acque utilizza con successo i
nuovi mixer Flygt 4530 in un processo
di post-denitrificazione basato sulla
tecnologia Mbbr
L’ottimizzazione dei costi e la riduzione dell’apporto di sostanze chimiche rappresentano due delle principali sfide nella realizzazione
e nella gestione degli impianti di depurazione delle acque reflue.
L’industria di settore, per tale ragione, è alla continua ricerca di soluzioni da applicare con successo proprio nell’ammodernamento degli
impianti esistenti. È il caso della tecnologia Mbbr (Moving Bed Biofilm Reactor), conosciuta anche come “reattore a biomassa adesa a
letto mobile”, che sta diventando una valida alternativa ai processi
a fanghi attivi anche grazie alla possibilità di essere sfruttata in impianti esistenti, senza la necessità di significative opere civili per
l’ampliamento delle vasche.
Il principio di funzionamento, all’atto pratico, è infatti semplice e
sfrutta l’impiego di materiale plastico utilizzato come supporto per
favorire lo sviluppo di una flora batterica in grado di partecipare attivamente ai processi depurativi.
Il ‘cuore’ del sistema è così costituito da migliaia di biosupporti, in
pratica dei semplici cilindri plastici traforati, sui quali i fanghi attecchiscono ed agiscono rapidamente per abbattere in modo naturale le sostanze inquinanti presenti negli scarichi. Simili carrier sono
solitamente impiegati nei primi stadi di un processo, dove hanno
dimostrato un’elevata capacità nella rimozione del Cod. I risultati
positivi, però, hanno indotto una serie di impieghi anche nei processi di nitrificazione e denitrificazione. Il tutto favorito dal fatto che
un simile sistema non richiede regolazioni specifiche al variare del
carico inquinante.
Maneggiare con cura
I liquami da trattare, però, devono entrare in contatto direttamente
con i carrier e questo ha rappresentato, negli impianti esistenti, uno
degli aspetti più delicati. Affinché il sistema sia efficace, infatti, è
necessario mantenere i liquidi in constante movimento. Del resto,
come spiega, Enrico Merenda, direttore tecnico di Alpi Acque, “garantire una corretta agitazione è relativamente semplice in una vasca in cui si trovano esclusivamente reflui da trattare. La presenza
dei biosupporti, invece, pone una serie di problematiche”. Il movimento delle pale, infatti, può provocare la rottura dei carrier, vanificandone così l’efficacia. Così come le pale, con il tempo, potrebbero
subire una progressiva usura, accelerata dall’ambiente aggressivo
in cui sono immerse. Un’elevata velocità di miscelazione dei supporti, infine, provocherebbe urti violenti tra i carrier stessi e contro
le pareti della vasca, provocando il distacco meccanico dei fanghi
prima che la flora batterica abbia completato la propria attività.
Il tutto, come spiega Diego Salvagno, Responsabile Unico Settore
Depurazione Egea, il gruppo cui appartiene la stessa Alpi Acque,
senza perdere di vista la continua ricerca della miglior soluzione per
ridurre i consumi elettrici dei due agitatori in funzione 24 ore al giorno. Anche questi costi gravano in modo significativo su un’azienda
come Alpi Acque, che gestisce attualmente il servizio idrico integrato per venticinque Comuni della provincia di Cuneo.
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Obiettivi ambiziosi
Eppure Alpi Acque, da tempo, aveva la necessità di ottimizzare il
ciclo di post-denitrificazione nella propria vasca nell’impianto di
Savigliano, dove convergono i reflui provenienti da 23mila abitanti equivalenti, per una portata media di 300 m3 all’ora, ma che può
arrivare a 900 m3 in presenza di piogge o di particolari condizioni
ambientali. La rete di fognatura è caratterizzata da infiltrazioni di
acque parassite che determinano volumi maggiori rispetto alla
portata media; questo fenomeno comunque è in fase di attenuazione grazie agli interventi in corso sulla rete fognaria.
Proprio la variabilità del carico inquinante dei liquami in arrivo,
nel tempo, ha suggerito di creare un sistema in grado di gestire
in automatico una serie di processi, evitando così una serie di
sprechi, pur a fronte di un’elevata qualità di servizio.
Dal 2009, inoltre, la Regione Piemonte ha definito nuovi limiti di
emissione di sostanze inquinanti nelle acque di scarico, ancora
più restrittivi, per nutrienti quali azoto e fosforo. Limiti che, sin
dall’inizio, l’impianto di Savigliano è stato chiamato a rispettare.
A fronte di una simile sfida, la giovane tecnologia Mbbr è apparsa
la soluzione potenzialmente più idonea, in termini di risultati, ma
anche di ridotto investimento iniziale.
Per questa ragione, mettendo a fattor comune l’esperienza maturata negli anni da Merenda e le competenze di un giovane laureato come Fabio Francione, i tecnici sono andati alla ricerca
di una soluzione a queste nuove sfide. Un’attività che ha visto
anche l’attivo coinvolgimento dell’Università di Trento, nei cui dipartimenti vengono studiate alcune delle soluzioni più innovative
nell’ambito della depurazione. Uno sforzo congiunto che ha portato a ristudiare l’intero processo di depurazione, identificando
nella vasca di post-denitrificazione una delle aree su cui si sarebbe potuto agire con maggior successo.
Al termine dello studio, che ha dovuto valutare anche il problema
delle infiltrazioni di acque parassite, si è così deciso di modificare
radicalmente il funzionamento dell’impianto esistente ma, soprattutto, di sfruttare al meglio la tecnologia Mbbr in fase di postdenitrificazione. Considerando che, oltre ai vantaggi ambientali
e sui consumi elettrici, questa tecnologia può essere attivata con
investimenti limitati. Del resto, considerando che per l’intero revamping impiantistico erano disponibili solo 800mila euro, ogni
intervento è stato valutato con estrema cura.
Il principale limite di una simile tecnologia, in fase di post-denitrificazione, è però connesso al devastante effetto meccanico degli
agitatori in commercio. Problemi che avrebbero potuto inficiare
il successo dell’intero progetto, che prevede di riempire il 45%
della vasca di post-denitrificazione con i biosupporti.
E la soluzione, come spesso, accade, è stata individuata a pochi
chilometri dalla sede di Alpi Acque, dove Xylem stava sperimentando l’innovativo mixer Flygt 4530 presso un analogo impianto
di depurazione.
La tecnologia Mbbr (Moving Bed Biofilm Reactor), conosciuta anche come “reattore
a biomassa adesa a letto mobile”, sta diventando una interessante alternativa
ai processi a fanghi attivi.
Gli impianti di depurazione devono rendere sempre più moderni i propri processi.
I nuovi mixer Flygt 4530 riducono del 50 % i consumi di energia elettrica.
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SOLUZIONI
ACQUA
La particolare forma delle pale garantisce un’elevata movimentazione dei liquami
anche a fronte di una rotazione lenta e di bassi consumi.
I mixer Flygt 4530 facilitano i processi MBBR senza danneggiare i biosupporti.
Massima efficienza e bassi costi energetici
Flygt 4530 rappresenta l’evoluzione dei Flo Maker, ovvero i mixer
Flygt 4410 e 4430 contraddistinti da due grandi pale dalla caratteristica forma a banana. Un profilo che, anche a fronte di una
limitata velocità di rotazione e bassi consumi, permette di movimentare significative masse di liquami. Questi mixer, per le loro
dimensioni, non potevano essere impiegati in vasche di dimensioni
ridotte come quelle de depuratore di Savigliano. Da qui la scelta
di utilizzare i nuovissimi mixer Flygt 4530, che i progettisti della
multinazionale hanno sviluppato sulla scorta dell’esperienza maturata proprio sui sistemi di grandi dimensioni. I nuovi mixer, dotati
di sistema tripala con un diametro totale di soli 1.200 mm, riescono infatti a fornire un’efficace spinta anche a fronte di un basso
numero di giri al minuto. Anzi, proprio in vista del loro impiego in
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impianti Mbbr, è stata studiata una combinazione del 4530 con
un numero di giri particolarmente ridotto. Il particolare disegno
della pala, oltre a conferirgli elevatissime qualità di inintasbilità, raggiunge altissimi livelli di efficienza riuscendo a trasferire
la propria spinta ai liquami senza creare gorghi e turbolenze che
farebbero inevitabilmente crescere i consumi di energia elettrica.
La soluzione, quindi, possedeva tutte le caratteristiche idrodinamiche richieste da Merenda e dal suo team. Requisiti che, uniti
alla fama di Xylem, già fornitore di riferimento per la maggior
parte dei sistemi di movimentazione dei liquami adottati da Alpi
Acque, hanno indotto i responsabili della società a essere in primi
al mondo a installare un simile apparecchio.
“Certo - ammette lo stesso Merenda - essere precursori nell’uso
di una tecnologia implica sempre una certa apprensione, oltre
a un maggior impegno in fase progettuale. Sin dall’inizio, però,
abbiamo potuto contare sul supporto tecnico di Xylem e la fiducia
nell’estrema affidabilità dei prodotti sviluppati da Flygt”.
Un supporto che, come spiega Francione, si è rivelato fondamentale anche per progettare al meglio il posizionamento dei due
mixer, installati alle estremità di uno dei bordi della vasca di postdenitrificazione. In questo modo, individuando l’inclinazione adatta a far convergere i reflui verso la griglia di affioro dell’impianto,
è possibile dirigere al meglio il flusso dei liquidi all’interno della
vasca. Anche perché il movimento indotto, oltre ad agevolare l’attività della flora, facilita la pulizia della griglia stessa e impedisce
ai carrier di rimanere incastrati.
Lo stesso produttore dei biosupporti, vedendo i mixer in azione, è
rimasto positivamente colpito. Una sensazione confermata a tre
mesi dall’entrata in funzione, quando un ulteriore sopralluogo di
tecnici specializzati non ha rivelato nessun danneggiamento dei
carrier. Un risultato reso possibile anche dal particolare design
inintasabile delle eliche, che previene il rischio di trattenere eventuali solidi in sospensione.
Una situazione negativa che porterebbe a una riduzione dell’efficienza della miscelazione, arrivando persino a bloccare la rotazione dell’elica. Inoltre il trattamento superficiale delle pale
garantisce un’elevata resistenza all’usura del sistema, sia per la
lega speciale di alluminio in cui è realizzata l’elica e per lo speciale processo di verniciatura adottato, in grado di ridurre al minimo
la necessità di manutenzione periodica. Un insieme di caratteristiche completato, alla luce dei primi rilievi sui consumi elettrici,
da un’ulteriore sorpresa, come spiega Merenda: “I dati tecnici
forniti da Xylem indicano una riduzione dei consumi valutabile
nel 50% rispetto alle soluzioni tradizionali. In realtà, come risulta
dai nostri strumenti, il risparmio è stato maggiore e ci permetterà
di rientrare dell’investimento in tempi ancora migliori rispetto a
quanto preventivato”.
Al di là degli aspetti prettamente economici, però, il vero valore
di un impianto di depurazione consiste nell’abbattimento delle
sostanze inquinanti. Un obiettivo pienamente raggiunto, come
sottolinea lo stesso direttore tecnico: “All’inizio dell’intervento il
nostro sistema era vicino ai limiti ammessi dalla Legge, mentre
oggi siamo al 40% dei valori massimi consentiti e possiamo vantare un impianto eccellente, per quanto riguarda la linea acque;
pur a fronte di un investimento relativamente limitato. È in corso
di approvazione il progetto per l’ottimizzazione della linea fanghi
ed i pretrattamenti al fine ottenere un impianto completamente
funzionale e moderno.
www.xylemwatersolutions.com/it