direttiva bolkestein

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direttiva bolkestein
DIRETTIVA BOLKESTEIN :
ATTACCO ALLO STATO
Un’impresa di lavoro temporaneo apre la sede legale in Polonia. Senza dover
chiedere nessuna autorizzazione presso le autorità del paese, impiega operai
polacchi nei cantieri di qualunque paese della UE. Questi operai saranno
sottoposti alla legge… polacca. Sussidio, protezione sociale e regole del
lavoro… polacchi. E la sola autorità di controllo abilitata sarà… il controllo
sanitario polacco …
Fantascienza? No, sono solo le modalità di applicazione del principio del paese di
origine, contenute nel progetto di direttiva europea, disposto dalla Commissione
Europea il 13 gennaio 2004, e redatto dall’ultra-liberista Frits Bolkestein,
commissario europeo incaricato del mercato interno. Questa direttiva concerne tutti i
servizi dei 25 paesi dell’UE, e mira a « ridurre la cartastraccia che affoga la
competitività ». In realtà si tratta di un grimaldello per abolire le regole sociali, di
protezione dei lavoratori, dell’ambiente e le regole sulle certificazioni di qualità e di
etica che devono essere rispettate dalle imprese.
L’obiettivo di questa direttiva è di imporre ai 25 Stati una concorrenza commerciale
senza limiti, nelle attività di servizi, nel commercio, nell’edilizia, nella sicurezza, nella
pubblicità, nel lavoro temporaneo, come anche nelle cure sanitarie, nella scuola,
nella cultura. La Commissione vuole per forza eliminare i “vincoli” che limitano lo
svolgimento e la libera circolazione dei servizi, ossia le regole nazionali, i diritti
democratici e sociali, conquistati con difficoltà nel passato, che ancora disciplinano
questi settori. La Commissione vuole quindi cancellare questi diritti per trasformare
ogni tipo di servizio in merce, il cui unico scopo è quello lucrativo.
Oggi nella UE un prestatore di servizi può fornire un servizio, a titolo temporaneo, in
un altro paese membro, a condizione di rispettare le regole imposte al proprio
personale dalle leggi del paese dove si svolge la prestazione. Un operaio polacco di
un’azienda polacca che lavora in un cantiere in Italia è sottoposto alle regole sociali
in vigore in Italia. Un vincolo al profitto esagerato che la direttiva Bolkestein vuole
eliminare.
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LO SFONDO :
A. La CEE, organismo predecessore dell’attuale UE, aveva lo scopo di realizzare un
grande mercato interno. Questo progetto è riuscito per il settore agricolo, e anche
per qualche settore industriale. Ma la vera svolta si è avuta col progetto ‘1992’,
dell’allora presidente della Commissione Jacques Delors. Da allora, la costruzione
del mercato interno delle merci è stata raggiunta. Oggi è il settore dei servizi ad
essere l’oggetto di un progetto di realizzazione di un mercato unico.
B. Nonostante ciò, il progetto di direttiva Bolkestein non si pone nel solco del
progetto originario di costruzione europea. Infatti, il pensiero politico, economico e
sociale ha subito grandi cambiamenti, in questi ultimi decenni. I tempi delle politiche
keynesiane, di regolazione e di interventi statali nell’economia, sono ritenuti superati.
Oggi ci si affida al mercato, per produrre e distribuire efficacemente, e qualunque
azione pubblica è vista con diffidenza.
C. Questo è praticamente chiaro nelle politiche della concorrenza dell’UE. Questa
politica aveva per scopo quello di evitare i monopoli. La Commissione europea
proibisce le fusioni che rischiano di portare a degli abusi di posizione dominante così
come le pratiche concertate che riguardano il commercio tra gli stati membri. A
partire dagli anni ‘80, questa politica ha iniziato ad applicarsi alle imprese publiche,
con il pretesto che i monopoli pubblici hanno un effetto di distorsione del mercato, e
dunque devono essere smantellati. Questa ‘liberalizzazione’ significa che altre
imprese sono ammesse a svolgere le stesse attività delle imprese pubbliche. Al fine
di garantire condizioni (di concorrenza) identiche, questa liberalizzazione porta
spesso a una privatizzazione.
LA DIRETTIVA IN ATTO
D. Ecco dunque lo sfondo del progetto di direttiva Bolkestein. Si tratta di un tentativo
di creare un mercato europeo per i servizi, nel quadro del “Processo di Lisbona”,
tenutosi nel 2000 — quando 11 paesi su 15 erano governati da socialisti o ne
vedevano la co-presenza nel governo —, destinato a fare della UE l’economia della
conoscenza più competitiva del mondo entro il 2010. Un mercato unico è ritenuto
essere più efficace di 25 mercati parziali nell’offrire mercati migliori ai consumatori
dei servizi. Il mercato dei servizi rappresenta il 70% del PIL e dell’impiego nella UE.
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Il principio di origine era stato approvato dalla maggioranza del parlamento europeo
(cristiano-democratici, liberali, e la maggior parte dei social-democratici), in una
risoluzione, firmata il 13 febbraio 2003.
E. L'obiettivo del progetto di direttiva è “di liberalizzare„ tutti i servizi nell'Unione
europea. Si vuole arrivare ad una libertà di insediamento effettiva dei prestatori di
servizi e ad una libertà di prestazione in tutta l'UE, due principi che sono ancorati nel
Trattato sull'UE. Un esperto contabile che lavora in Belgio deve avere la possibilità di
prestare i suoi servizi senza problemi in Olanda o in Austria. Un'impresa turistica
francese deve potersi stabilire senza problema in Polonia o in Lettonia.
Due principi principali sottendono al progetto di direttiva: la semplificazione
amministrativa (lo smantellamento delle norme di licenza e gli obblighi dei
prestatori di servizi) e lo `sportello unico', il servizio al quale un prestatore deve
potersi rivolgere allo scopo di adempiere a tutte le formalità. In realtà, si vogliono
eliminare tutti gli ostacoli nazionali per permettere uno scambio libero di tutti i servizi,
senza dover tenere conto delle frontiere nazionali.
Il criterio adottato per realizzare quest'obiettivo è quello del paese d'origine. Ciò
vuole dire che un'impresa che vuole lavorare in un altro paese deve rispettare
soltanto le norme del paese d'origine, e non le norme del paese dove i servizi sono
offerti. Un'impresa che lavora in cinque paesi diversi non dovrà dunque rispettare
cinque legislazioni diverse, né una legislazione europea, ma soltanto le norme del
paese d'origine. Ciò suppone una fiducia reciproca tra i vari Stati membri per
garantire, ad esempio, una tutela dei consumatori equivalente.
Questo approccio è inedito nell'UE. In occasione della realizzazione del mercato
interno per le merci, i vari settori sono stati affrontati separatamente, mentre qui
viene proposto un approccio orizzontale, che include l’insieme di tutti i servizi.
Nessun'armonizzazione è prevista, i servizi non saranno trattati in modo equivalente
e non ci sarà una legislazione europea di riferimento. Contano solo la norma del
paese d'origine e la fiducia reciproca.
In linea di principio, il progetto di direttiva è applicato a tutti settori dei servizi
(distribuzione, settore immobiliare, turismo, logistica, architettura, intrattenimento,
sicurezza…), ad eccezione dei servizi per quali esiste già una legislazione europea o
è in corso di negoziazione (servizi finanziari, telecomunicazioni, poste, trasporti,
distribuzione di elettricità, gas, acqua) e dei servizi d'interesse generale che sono
offerti dallo Stato senza alcuna compenso economico. Il progetto di direttiva
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sottolinea che gli Stati membri restano liberi di definire i loro servizi d'interesse
generale e il loro funzionamento. Il progetto di direttiva si applica soltanto agli scambi
nell'UE e non al commercio con i paesi terzi.
Il criterio del paese d'origine non sarà utilizzato per direttive/regolamenti seguenti:
96/71 sul distaccamento di lavoratori; 1408/61 sulla sicurezza sociale e 259/93 sui
rifiuti.
I PROBLEMI POSTI DALLA RIFORMA
1. Non c'è ragione di mettere sotto accusa il principio del mercato unico, dato che un
grande mercato può effettivamente presentare molti vantaggi rispetto a 25 mercati
più piccoli. Tuttavia, molte ragioni esortano a sottoporre questo progetto di direttiva
ad un esame critico. L'approccio orizzontale, che include tutti settori senza un
tentativo d'armonizzazione e di creazione di regole comuni, sposta i “tormenti
amministrativi„ dal livello delle imprese a quello dei consumatori. Le imprese non
dovranno più studiare le diverse norme nazionali, ma il consumatore dovrà
interrogarsi sulle condizioni alle quali lavora un'impresa lettone, lituana, austriaca o
francese. Ciò comporta un carico importante per tutti i cittadini, in particolare per i
gruppi più vulnerabili e più deboli che non avranno mezzi per informarsi.
2. Questo progetto di direttiva pone molti problemi in materia di sussidiarietà, il
principio che vuole che le norme siano stabilite al livello più efficace. Attualmente,
molti servizi semipubblici sono offerti dai comuni e dalle regioni. D'ora in poi,
costituiranno l'oggetto della legislazione europea e, come per gli stati nazionali, un
grande numero di possibilità di controllare l'economia e la società sarà eliminata.
3. Un altro problema riguarda il controllo sull'applicazione delle norme, poiché anche
quest'ultimo è attribuito al paese d'origine. Nel caso in cui un'impresa polacca va a
prestare i suoi servizi in Belgio, sono le autorità polacche che dovranno vigilare sulla
corretta applicazione della legislazione polacca in Belgio. Le autorità belghe non
hanno il diritto di porre condizioni all'offerta dei servizi, né di controllare
preventivamente l'impresa. Ai lavoratori dell'impresa polacca sarà applicata la
legislazione del lavoro polacca.
Ciò permette di vedere la pressione che ne deriverà per la legislazione sociale belga,
così come i possibili abusi. In effetti, nulla impedisce a un'impresa belga di stabilirsi
in Polonia e prestare i suoi servizi in Belgio, rispettando semplicemente le condizioni
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polacche.
4. Per quanto riguarda la direttiva sul distaccamento (l’invio all'estero di lavoratori per
una missione temporanea), il principio del paese d'origine non è di rigore e, in linea
di principio, sono le condizioni del paese dove il lavoro è effettuato che vengono
applicate. Un'impresa che viene a lavorare in Belgio dovrà pagare salari belgi. Le
condizioni del lavoro belghe devono essere rispettate e il relativo controllo deve
essere effettuato dal Belgio. Ora, il Belgio non avrà più il diritto di imporre obblighi o
chiedere informazioni sull'identità del prestatore di servizi. L'obbligo di avere in
Belgio un punto di contatto per il controllo dei documenti sociali, ad esempio, sarà
eliminato. Inoltre, le imprese hanno il diritto di inviare lavoratori stranieri (di paesi
terzi) che hanno un permesso di soggiorno valido.
5. Un problema più grave si pone in materia di servizi pubblici, dato che l'UE lavora
con un concetto stretto di “servizi d'interesse generale” che va oltre alla
giurisprudenza della Corte di giustizia. Le cure sanitarie e l'istruzione si trovano in
una zona grigia che costituisce, agli occhi della Commissione europea, una attività
economica alla quale la direttiva si applicherebbe. Molti servizi pubblici sono offerti
da imprese private e non è raro che i consumatori paghino un certo compenso. In
Europa occidentale, questi servizi sono regolamentati e controllati in modo puntuale,
cosa che rischia di essere messa in pericolo. In questo modo, la Commissione
acquisisce competenze in settori che, secondo i Trattati, sono attribuite agli Stati
membri. Ciò significa che gli stati nazionali non avranno più la possibilità di
proteggere questi settori contro una concorrenza straniera. Se a ciò si aggiunge
il problema del controllo da parte del paese d'origine, si vede che molti settori, come i
servizi sociali e la cultura, sono messi in pericolo.
6. Un problema specifico si pone in materia di cure sanitarie. In questo caso, non si
tratta di un settore economico con un fornitore di servizio ed un cliente, ma di una
relazione delicata tra un medico e un paziente meno informato. Inoltre, il pagamento
passa per un terzo, ossia il sistema sanitario. Soprattutto, le cure sanitarie
costituiscono un diritto umano fondamentale. Il progetto di direttiva comporta
molte disposizioni specifiche che sarebbero applicate a questo settore, ma, secondo
gli esperti, queste aumentano l'incertezza giuridica. Il progetto di direttiva è lungi
dall'essere chiaro, e non è da scartare il rischio che il sistema si evolva verso una
politica duale, con cure private per i ricchi e cure pubbliche, sottofinanziate, per i
poveri. I paesi dove la regolamentazione è meno rigorosa e dove il principio lucrativo
prevale non avranno alcun problema a lasciare le loro imprese ed i loro prestatori di
servizi operare nei mercati meglio regolati.
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7. Del tutto problematica è la regolazione del lavoro interinale. Questo settore
estremamente sensibile alla frode conosce attualmente un grande numero di regole
che, d'altra parte, sono oggetto di un tentativo di armonizzazione a livello europeo. In
virtù del progetto di direttiva Bolkestein, queste imprese non saranno più costrette
a dichiarare le loro attività quando lavoreranno in un altro paese. La procedura
di autorizzazione rischia di scomparire. Le imprese interinali hanno tutto l’interesse a
stabilirsi nei paesi in cui le imposte sono meno elevate e dove le condizioni di lavoro
sono più flessibili. Il controllo sarà abbastanza difficile da attuare.
8. Questo progetto di direttiva pone un grande numero di problemi. Secondo gli
esperti, esso provoca prima di tutto una grande incertezza giuridica. Ciò che è gioco
è la filosofia che sottende questo progetto. Solo i servizi d'interesse generale che
sono prestati senza alcuna forma di compensazione economica sono esclusi dal
campo della direttiva. Tutti gli altri servizi pubblici sono inquadrati in una logica
economica. Qualsiasi disposizione amministrativa è recepita come ostacoli, benché
in molti casi abbiano obiettivi sociali del tutto legittimi. La Commissione europea
adotta la filosofia che prevale allo stesso modo presso istituzioni tali la Banca
mondiale e l'OMC e che vuole che il mercato costituisca lo strumento ideale a
perseguire obiettivi sociali. Ora, i mercati non tengono conto che del potere
d'acquisto ed ignorano tutti coloro che non ne hanno. Perciò i servizi pubblici
universali sono di importanza primordiale per l'integrazione sociale. La Commissione
europea guarda soltanto l'efficacia economica ed afferma niente più che che mercati
aperti competitivi non sono in opposizione con i servizi pubblici che, secondo essa,
possono essere forniti da imprese private.
9. Il principio di base della Commissione è che tutte imprese devono avere un “level
playing field„ delle condizioni identiche per tutti coloro che entrano nel mercato, al
fine di permettere una concorrenza perfetta che fa vincere il più efficace. Ma ciò
richiede regole comuni che sono applicate ugualmente per tutti. Ciò è lungi
dall'essere il caso del progetto di direttiva Bolkestein, dato che la Commissione rifiuta
di considerare un'armonizzazione. Non ci saranno mercati unici per i servizi, ma
sempre 25 mercati diversi. Ciò conferma il nuovo paradigma sociale che si sta
installando. Le condizioni sociali (e fiscali) sono diventate uno strumento della
concorrenza. In passato, si riteneva che le condizioni sociali dovevano essere
equivalenti per avere una concorrenza leale. Ora il sociale è uno strumento di
concorrenza tra le imprese e tra i paesi, i lavoratori sono opposti gli uni agli altri e
sono oggetto delle strategie non necessariamente oneste delle imprese. Non è
esagerato di dire che questo progetto di direttiva organizza il dumping sociale. Ciò
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fa scaturire particolarmente delle disposizioni multiple riguardanti la protezione dei
consumatori, di fronte all'assenza totale di una menzione sulla tutela dei lavoratori.
10. Infine, un'ultima osservazione riguarda il contesto mondiale. Questo progetto di
direttiva deve essere visto nel contesto degli sforzi dell'OMC di creare un mercato
mondiale dei servizi. Da molti anni, l'accordo AGCS è oggetto di negoziati difficili. Ai
paesi poveri si è domandato di aprire il loro mercato dei servizi, poiché i paesi ricchi
dispongono in questo settore di un vantaggio competitivo notevole (acqua, elettricità,
assicurazioni, banche…). Provando a creare nell'Unione europea un mercato unico
dei servizi, l'UE dà l'esempio, ciò che le permette di insistere di più sull'apertura dei
mercati dei paesi poveri.
È chiaro che questo progetto di direttiva minaccia il nostro modello sociale
(salari, protezione sociale e servizi pubblici). La possibilità che questo modello
possa essere salvaguardato tale e quale è quasi inesistente. Secondo i sindacati,
anche i contratti collettivi rischiano di essere vittime della nuova regolamentazione.
La cosa migliore sarebbe che il progetto di direttiva sia ritirato e sostituito con
direttive settoriali con regole comuni a livello europeo. Alcuni settori essenziali, come
il settore interinale, le cure sanitarie ed altri servizi pubblici devono essere
esclusi dalla direttiva. La prestazione di servizi proveniente dall'estero può seguire
il criterio del paese d'origine soltanto se le regole del gioco sono sufficientemente
armonizzate. Inoltre, occorre che Commissione europea stabilisca una direttivaquadro sui servizi d'interesse (economico) generale, con regole comuni, per
proteggere i più vulnerabili e per favorire l'integrazione sociale. E’ il solo mezzo per
salvaguardare il modello sociale europeo.
NON SI DEVONO NASCONDERE I VERI
EFFETTI
Ma la direttiva Bolkestein non deve nascondere la volontà neoliberista. Questa
direttiva è in effetti perfettamente in linea col progetto di costituzione europea che
numerose direzioni sindacali, partiti socialdemocratici europei ed i verdi si rifiutano, in
nome del male minore, di respingere. La costituzione implicherebbe che qualsiasi
ostacolo alla libera concorrenza tra imprese nel quadro di un'economia sociale di
mercato molto competitiva debba essere eliminato. Per ostacolo occorre intendere le
legislazioni, le normative nazionali che proteggono ancora i lavoratori, pazienti,
cittadini, ecc. e per i quali il movimento operaio si è battuto. Inoltre, il progetto di
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Trattato costituzionale non riconosce i diritti sociali collettivi - diritto al lavoro, alla
pensione, al sussidio di disoccupazione, al reddito d'esistenza, all'alloggio… - come
diritti insindacabili, ma come semplici obiettivi da raggiungere “tenendo conto della
necessità di mantenere la competitività dell'economia dell'Unione”.
Lottare contro la direttiva Bolkestein richiede di attaccare all'origine il problema: il
modello neoliberista di costruzione dell’Europa, di cui è soltanto la sagoma. Ciò
implica opporsi al progetto di Trattato costituzionale che vuole consolidare,
legalizzare e perpetuare questa Europa capitalista neoliberista.
Fonte:
Francine Maestrum, rete europea lotta alla povertà
Pierre Vanek, http://www.solidarites.ch/journal
Caroline GAUTHIER & Sébastien CAMUZAT, ATTAC Firenze.
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