Ottobre - Dipartimento Politiche Europee

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Ottobre - Dipartimento Politiche Europee
Le Associazioni aderenti a FEDERDISTRIBUZIONE :
ADA
ADIS
AIF
AIRAI
AIRES
ANCIDIS
ANVED
FME
(Associazione Distributori Associati)
(Associazione Distribuzione Ingrosso a Self-Service)
(Associazione Italiana del Franchising)
(Associazione Imprese Retailers Alimentari Italiane)
(Associazione Italiana Retailer Elettrodomestici Specializzati)
(Associazione Nazionale Commercio Imprenditoriale al Dettaglio e Imprese Specializzate non Food)
(Associazione Nazionale Vendite a Distanza)
(Federazione Nazionale Grossisti Distributori di Materiale Elettrico)
DECRETO DI RECEPIMENTO
DELLA DIRETTIVA SERVIZI (BOLKESTEIN)
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PREMESSA
L’entrata in vigore dei principi contenuti nella Direttiva Servizi (Bolkestein) e le modalità
con cui gli stessi verranno recepiti, rappresentano un passaggio di fondamentale
importanza ed una grande opportunità per il nostro Paese, nella direzione di un mercato
più efficiente, più concorrenziale, meno vincolato amministrativamente e
burocraticamente.
Una coerente applicazione della direttiva potrebbe avere ricadute molto positive per i
consumatori, per il sistema economico nazionale e per il tessuto delle imprese di tutte le
dimensioni.
In particolare, accogliendo gli indirizzi della direttiva
realizzare interventi normativi di impatto sostanziale, sia
su quella regionale, per eliminare tutti i numerosi
programmazione commerciale, di servizi, di distribuzione
degli esercizi, disciplina delle vendite straordinarie ecc.
Bolkestein sarebbe possibile
sulla normativa nazionale che
vincoli posti in materia di
carburanti, di orari di apertura
Si tratta peraltro di interventi già sollecitati volte anche dall’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato, al fine di assicurare uno sviluppo competitivo del mercato a
vantaggio dei consumatori (v. Relazione annuale Antitrust 2009).
Con riferimento specifico al settore distributivo, sarebbe inoltre possibile, con
l’applicazione dei principi della Bolkestein, uniformare e coordinare in modo coerente ai
vari livelli istituzionali le diverse disposizioni vigenti.
Si riportano di seguito alcune considerazioni sulle questioni per le quali si ravvisa la
necessità di interventi incisivi sulle norme vigenti, allo scopo di svincolare il mercato da
limitazioni e freni del tutto ingiustificati alla luce dei nuovi indirizzi europei.
FINALITÀ E CAMPO DI APPLICAZIONE
La direttiva prevede l’istituzione di un quadro giuridico generale che porti all’eliminazione,
in via prioritaria, degli ostacoli che possono essere rimossi rapidamente nonchè l’avvio di
un processo di valutazione, consultazione e armonizzazione complementare in merito a
questioni specifiche, per arrivare ad una modernizzazione progressiva dei sistemi
nazionali che disciplinano l’attività di servizi.
L’art. 41, comma 1, lett. c) e d) prevede tra i principi di delega l’applicazione a tutti i
servizi non esplicitamente esclusi e la definizione puntuale dell’ambito di applicazione.
Sembra quindi evidente l’intenzione del legislatore comunitario di procedere in tempi
rapidi ad una revisione complessiva delle norme che risultano in contrasto con quelle
finalità che conducono alla modernizzazione progressiva del Paese.
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Si potrebbe pertanto agire da subito su quelle disposizioni, nazionali e regionali, che
sono senza dubbio ricomprese nell’ambito applicativo della direttiva e che costituiscono
palesemente un ostacolo alla libera concorrenza e alla tutela del consumatore.
Nel settore del commercio, il mantenimento in capo agli enti pubblici della possibilità di
poter di fatto definire modalità di programmazione commerciale di carattere quantitativo
anziché qualitativo non garantisce in alcun modo un assetto equilibrato del mercato dal
punto di vista urbanistico, ambientale, infrastrutturale, ma compromette in modo assai
rilevante il rispetto della libertà di stabilimento, di circolazione e di esercizio dell’attività
commerciale nel mercato interno, che deve trovare solo nell’interesse pubblico l’unico
limite di rango superiore.
Altri esempi significativi, oltre a quelli relativi alle rigide norme che riducono l’operatività
delle grandi e medie strutture di vendita, si ritrovano nelle disposizioni che vincolano la
libera determinazione degli orari degli esercizi commerciali, le attività di distribuzione
carburanti, le rivendite di giornali e riviste, la libertà di effettuare vendite straordinarie a
vantaggio dei consumatori.
Di seguito si riportano alcune considerazioni sulle questioni che potrebbero e dovrebbero
essere affrontate sin d’ora.
SULLA PROGRAMMAZIONE SOSTENIBILE (ART. 10 DIRETTIVA BOLKESTEIN)
La programmazione delle attività commerciale
Il tema della programmazione commerciale è un aspetto che sicuramente rientra a pieno
titolo nell’ambito di applicazione della direttiva Bolkestein, poiché inerente l’accesso alle
attività di servizio.
La base sulla quale furono strutturate le prescrizioni normative del decreto Bersani in
materia di programmazione commerciale è rappresentata da principi ed obiettivi di tutela
della libertà imprenditoriale, di liberalizzazione del mercato e di sviluppo competitivo, al
fine di perseguire l’interesse collettivo.
Come noto, l’applicazione a livello locale di questa normativa generale, effettuata sulla
base del principio della sussidiarietà disciplinare affermato dal Decreto Legislativo
stesso, ha fatto emergere un quadro estremamente disomogeneo a livello di Regioni,
con differenziazioni rilevanti anche nelle successive attribuzioni amministrative territoriali
di Province e Comuni.
Per fare alcuni esempi degli strumenti più frequentemente utilizzati al riguardo si segnala
come::
⇒ il Dlgs 114/1998 stabiliva una programmazione urbanistico/commerciale
esclusivamente a carattere qualitativo complessivo. Diverse regioni in sede di
applicazione del Decreto hanno invece definito rigidi criteri quantitativi in termini di
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contingenti di superficie, predeterminazione del numero, dimensione, tipologia ed
ubicazione dei punti di vendita.;
⇒ la normativa quadro nazionale del Decreto Legislativo 114/98 attribuiva a province
e comuni competenze specifiche e dirette in Sede di Conferenza di Servizi, con
particolare riguardo per le province agli aspetti valutativi e di intervento collegati
alle problematiche di impatto ambientale ed urbanistico. In sede di applicazione, in
diverse regioni sono state, al contrario, attribuite alle province competenze ben
maggiori, stabilendo di fatto un ulteriore livello normativo nella programmazione
commerciale ed urbanistica. La prima conseguenza è stata quindi quella
dell’introduzione di ulteriori blocchi ai processi autorizzatori, prevedendo moratorie
anche molto estese nel tempo, condizionando il rilascio delle autorizzazioni alla
elaborazione di Piani territoriali di coordinamento o alla completa riedizione dei
piani regolatori o commerciali comunali.
⇒ la normativa nazionale prevedeva interventi regionali sostitutivi dell’inerzia delle
Amministrazioni Locali nelle fasi di approvazione delle varianti di piani comunali,
proprio per evitare il realizzarsi di strumenti di blocco in sede locale dei processi di
sviluppo. In molti casi questi interventi regionali non sono stati previsti o sono
risultati di norma sostanzialmente inattuati.
⇒ il Dlgs 114/1998 definiva di privilegiare e sviluppare in sede locale processi
agevolati di trasferimento, accorpamento e concentrazione per favorire la
razionalizzazione delle strutture esistenti, così come promuoveva gli accordi di
programma su area estesa. Spesso i comportamenti attuativi registrati nei
provvedimenti locali sono stati di sterilizzazione ed impoverimento strutturale
progressivo di questi strumenti.
La legge Costituzionale n. 3/01 ha poi attribuito una competenza esclusiva alle Regioni in
materia di legislazione commerciale.
Tale decentramento in chiave federalista, in base alle esperienze sinora realizzate, ha
purtroppo acuito gli elementi di preoccupazione e le criticità derivanti dalle tendenze delle
Amministrazioni locali ad intervenire con provvedimenti dirigistici e di restrizione
complessiva delle potenzialità dello sviluppo commerciale, in particolare utilizzando ed
enfatizzando il ricorso a quegli strumenti sopra richiamati a titolo di negativo esempio.
Purtroppo oggi troviamo sul territorio aree nelle quali la modernizzazione del commercio
cerca di farsi strada, accanto ad altre nelle quali è fortemente contingentata.
Tutto ciò non solo non ha prodotto quella modernizzazione complessiva nazionale
auspicata, ma ha introdotto per i cittadini disparità di opportunità occupazionali e di
offerta commerciale in relazione al domicilio e per le imprese distorsioni dell’ambito
competitivo.
E’ quindi necessario un intervento normativo di recepimento della direttiva Bolkestein che
elimini al più presto gli ostacoli oggi presenti sul mercato e che riporti al centro
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dell’attenzione il cittadino, il consumatore, la libertà di impresa e lo sviluppo
occupazionale.
Oggi più che mai, alla luce dei nuovi indirizzi comunitari, non sono più tollerabili vincoli
burocratici e amministrativi finalizzati a bloccare lo sviluppo di quelle imprese che
modernizzano il Paese, che portano occupazione e vantaggi per i consumatori solo per
favorire la tutela di interessi corporativi che non corrispondono in alcun modo a quelli
della collettività.
La programmazione regionale dovrebbe in sintesi ispirarsi alla libertà di iniziativa, alla
concorrenza, alla modernizzazione e razionalizzazione della distribuzione, alla tutela del
consumatore, al contenimento dei prezzi e al pluralismo ed equilibrio fra le diverse
tipologie e forme di vendita.
Nelle normative regionali sul commercio si tratterà quindi di realmente ricercare e
concretamente attuare una programmazione di tipo qualitativo, non più basata sui
contingenti numerici espressi in termini di quote di superficie di vendita o di esercizi
commerciali autorizzabili.
Proprio per la complessità dei fenomeni di mercato appare pertanto opportuno
confermare la possibilità di delimitare gli ambiti di libertà degli operatori solo in funzione
dell’interesse generale, non certo di vincolarne minuziosamente le scelte in ossequio di
astratti concetti di “equilibrio”.
E’ bene quindi chiarire che i “motivi imperativi di interesse generale“ che possono
escludere l’applicazione della direttiva non sono certamente quelli che mirano
unicamente a bloccare lo sviluppo ed il processo di modernizzazione del Paese al solo
scopo di mantenere rendite di posizione che portano inefficienza e minore convenienza
per i consumatori.
Per il pieno raggiungimento degli obiettivi e delle finalità enunciate in precedenza la
programmazione urbanistica, in correlazione con quella commerciale, assume un rilievo
decisivo, sia in termini di dotazione di una strumentazione programmatoria
concretamente ispirata a criteri indicativi, sia per consentire di colmare finalmente il
vuoto previsionale di molti piani regolatori che, di fatto, hanno trascurato finora la
funzione commerciale, soprattutto della media e grande distribuzione.
Alla luce di queste effettive considerazioni ed esigenze, è pertanto indispensabile che,
anche per la programmazione urbanistica, vengano elaborati criteri ed indirizzi di tipo
indicativo, volti finalmente a superare un concetto di programmazione realizzata
attraverso la gestione di barriere all’entrata.
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Si auspica pertanto un intervento significativo sulle norme statali e regionali
finalizzato ad uniformare le disposizioni attualmente vigenti in materia di
programmazione urbanistica e commerciale, rimuovendone tutti gli ostacoli
burocratici e amministrativi che oggi limitano fortemente la concorrenzialità del
mercato, a aprire da sitemi di programmazione a carattere quantitativo e non
indicativo o altri vincoli diversi di ordine numerico o basati sul rispetto di distanze
minime.
Orari di apertura degli esercizi commerciali
Sulla base dei principi fissati dalla direttiva Bolkestein, è necessario prevedere un divieto
generale di subordinare l’accesso all’attività di servizi a limiti circa gli orari e giorni di
svolgimento dell’attività.
Risulta quindi fondamentale ribadire innanzitutto la necessità di attuare quanto
previsto in materia dal decreto legislativo n. 114/98, con particolare riguardo:
-
alla libera determinazione dell’orario giornaliero di vendita da parte
dell’operatore commerciale;
-
alla possibilità di sospendere l’effettuazione della mezza giornata di
chiusura infrasettimanale;
-
alla apertura domenicale o festiva in relazione alle effettive esigenze del
territorio, in un’ottica comunque di attenzione alle necessità primarie dei
consumatori e dei principi di libertà e concorrenza di mercato.
Per quanto concerne le aperture domenicali e festive degli esercizi commerciali (peraltro
sempre più gradite dalla collettività in generale), attraverso l’applicazione della Direttiva
Servizi si dovrebbero eliminare quei vincoli disciplinari a livello locale che non
consentono una programmazione in grado di garantire un servizio efficiente ed efficace
al consumatore.
Disciplina delle vendite straordinarie
Un altro tema di grande rilievo per la concorrenzialità del mercato e sul quale sono
purtroppo ricorrenti proposte vincolistiche, è quello delle vendite di fine stagione e
promozionali.
Il Decreto 114/98 favoriva, in particolare, una completa liberalizzazione delle iniziative
promozionali, con previsione anche di semplificazioni procedurali e burocratiche
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complessive su tempi e modalità di comunicazione e pubblicizzazione delle vendite
straordinarie.
L’applicazione spesso ha comportato normative regionali anche pesantemente limitanti
nel numero e nelle modalità di attuazione delle iniziative promozionali, senza particolari
semplificazioni degli adempimenti burocratici collegati. Analogamente si hanno discipline
regionali delle vendite di fine stagione fortemente differenziate nelle date di decorrenza,
nei tempi di svolgimento e nei prodotti oggetto dei saldi stessi.
Tali vincoli normativi non favoriscono sicuramente il rispetto del principio della tutela della
concorrenza e della libera circolazione delle merci, nè un adeguato livello di protezione
del consumatore.
Anche in questo caso la Direttiva Bolkestein può intervenire in modo incisivo per
eliminare quei vincoli che impediscono il libero esplicarsi della libertà di impresa, con
beneficio per i cittadini.
In particolare, è necessario lasciare liberi gli operatori di definire e attuare come
ritengono vendite di carattere promozionale all’interno dei propri esercizi
commerciali, in linea con le tendenze comunitarie, le aspettative dei consumatori e
l’esigenza di garantire una assoluta autonomia e concorrenzialità del mercato, così
come introdurre una disciplina più omogenea sull’intero territorio nazionale per le
vendite di fine stagione, partendo da date di decorrenza anticipate.
Vi è pertanto l’esigenza di incentivare e liberalizzare le iniziative promozionali, in una
logica di miglior servizio distributivo alla collettività ed al fine del contenimento dei prezzi
e dell’inflazione.
Allo stesso modo, andrebbero eliminati tutti gli anacronistici divieti e limiti vigenti
in altre attività di vendita, con particolare riguardo a quelli relativi alle promozioni
ed agli sconti sui libri e alla vendita congiunta di giornali e riviste negli esercizi
della distribuzione moderna.
Distribuzione carburanti
Lo scenario odierno in Italia sulla distribuzione dei carburanti presenta forti barriere
all’ingresso di nuovi operatori sul mercato.
Le previsioni della norma di riferimento (D. Lgs n. 32/1998) non sono state infatti
recepite nei diversi ambiti regionali, dove, viceversa, sono stati introdotti vincoli, rigide
norme e pastoie burocratiche a mera difesa di pregresse posizioni consolidate.
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Questi vincoli hanno impedito che il settore della distribuzione moderna fosse posto nella
condizione di poter adeguatamente intervenire nel mercato, contribuendo così in maniera
rilevante ad un effettivo ammodernamento della rete, sia dal punto di vista delle
dimensione e della modernità degli impianti, sia da quelli della reale diminuzione dei
prezzi al consumo e del servizio integrato ai consumatori.
Le problematiche sopra citate sono state peraltro fatte proprie anche dall’Autorità
Garante per la Concorrenza e il Mercato, che ha provveduto più volte ad inoltrare alle
Autorità Istituzionali nazionali e locali competenti apposite Segnalazioni aventi ad oggetto
rilievi sulla “Disciplina normativa dell’attività di distribuzione carburanti”.
Questo carattere protezionistico del sistema della distribuzione di carburanti nel nostro
Paese è stato denunciato anche dalla Commissione Europea, che ha aperto una
procedura d’ infrazione nei confronti dell’Italia nel mese di gennaio 2006 e che ha portato
sino al deferimento del nostro Paese alla Corte di Giustizia nel febbraio 2008.
Per recepire le osservazioni della Commissione Europea l’attuale esecutivo è intervenuto
con la legge 133/2008 che, tra gli altri dettati, ha stabilito che non possono essere
introdotti vincoli, aventi finalità commerciali, relativi a contingentamenti numerici, distanze
e superfici minime, obblighi di servizi e attività non oil.
Da quel momento diverse Regioni hanno emanato provvedimenti tendenti ad
eliminare i vincoli indicati dalla Commissione Europea. Tuttavia questi interventi,
pur recependo quanto indicato dalla legge 133/2008, introducono nuove e diverse
barriere all’ingresso di nuovi operatori, di fatto ripristinando una condizione di
discriminazione rispetto a chi già è nelle condizioni di agire all’interno del mercato.
In particolare il riferimento è all’obbligo di dover erogare, per ottenere
l’autorizzazione, gas metano e/o GPL.
La motivazione addotta dalle Regioni per l’introduzione di questi obblighi relativi
all’apertura di nuovi impianti è sempre quella relativa alla volontà di promuovere la
diffusione di carburanti eco-compatibili a tutela dell’ambiente.
Tuttavia in questo caso non siamo di fronte ad un intervento finalizzato a
promuovere un comportamento virtuoso da parte di alcuni soggetti, ma dobbiamo
registrare l’introduzione di un vero e proprio obbligo reso esplicito solo nei
confronti di una parte dei potenziali operatori del mercato, cioè quelli che vogliono
entrarvi, realizzando in questo modo una discriminazione di fatto.
L’attuale modello di distribuzione dei carburanti in Italia appare inefficiente e contrario
agli interessi generali del Paese. Rappresenta infatti un balzello che grava sulle spalle di
consumatori e sulle imprese, imponendo un costo industriale del prodotto superiore a
quello degli altri Paesi europei e superiore a quello che potrebbe essere generato da una
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rete di distribuzione più moderna, determinando prezzi finali alla vendita eccessivamente
alti.
Questo costo strutturale diminuisce la competitività del Sistema Italia nei confronti delle
altre economie europee e mondiali, in un momento nel quale lo scenario internazionale
rappresenta il vero contesto competitivo del futuro.