Bolkestein, si studiano nuove strategie per non farla passare

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Bolkestein, si studiano nuove strategie per non farla passare
Liberazione
24 novembre 2005
Bruxelles, conferenza stampa delle opposizioni
Bolkestein, si studiano nuove strategie per non farla passare
Il giorno dopo l’approvazione della nuova Bolkestein in commissione mercato interno del
Parlamento europeo, il gruppo dei parlamentari italiani incontra i giornalisti per spiegare cosa è
successo poche ore prima. Più che altro, si tratta di leccarsi le ferite, davanti ad una direttiva che
adesso peggiora addirittura quella contro cui migliaia di lavoratori in tutta Europa erano già scesi in
piazza a manifestare.
Saltato ogni compromesso, socialisti e democratici hanno assistito impotenti al sorpasso dei
popolari e liberali e adesso devono ricominciare tutto daccapo. Ci sarà il voto in aula, a metà
gennaio, e in seguito altri passaggi nelle commissioni. Resta da capire quali saranno le posizioni in
campo.
Intanto, la controffensiva della destra ha lanciato un altro siluro. Questa volta l’obiettivo sono i
porti. La commissione Trasporti dell’europarlamento ha bocciato la relazione di Georg
Jarzembowski che aveva modificato in senso garantista la direttiva per liberalizzare i servizi
portuali. Il testo, originariamente elaborato dalla De Palacio, approderà alla seduta plenaria del
parlamento europeo senza sostanziali modifiche rispetto a quello della Commissione europea
contestato dagli addetti al settore.
Tornando alla Bolkestein, su una cosa sono tutti d’accordo: gli articoli 2 (campo d’applicazione), 16
(principio della cooperazione amministrativa) e 17 (limitazioni all’articolo 16) così come sono non
devono passare. Perché «se è vero che l’Europa ha bisogno di una direttiva di questa natura, è
altrettanto vero che la libera circolazione e prestazione dei servizi, che coprono il 70% del Pil
dell’Unione, non può non essere accompagnata dalle tutele per i al voratori» sottolinea Antonio
Panzeri, Ds,vice presidente della commissione Affari sociali. Il problema, uno dei tanti, è che il
diritto del lavoro non rientra nelle categorie che rimangono sotto il controllo dello Stato che
dovrebbe ospitare un prestatore di servizi di un altro Stato. Sulla stessa posizione è Luigi Cocilovo,
Margherita, vice presidente italiano del Parlamento europeo: «Le proposte approvate peggiorano il
testo iniziale, anche se la Bolkestein comunque non apre la strada alle privatizzazioni perché si
applica solo a quei servizi già privatizzati. Ma i campi d’esclusione, quelli degli articoli 2 e 17 sono
assolutamente insufficienti». Sia Cocilovo che Panzeri erano strenui sostenitori degli emendamenti
Gephard, massacrati martedì in aula, e da là vogliono ripartire: «Faremo una battaglia emendativa
sulla linea di quelle correzioni che sono state bocciate. Se passeranno spingeremo “sì” nella
votazione finale, altrimenti ci opporremo al testo».
Rifondazione comunista assicura di rimanere contraria alla Bolkestein: «E’ fondata sul principio del
principio del paese d’origine, l’esatto contrario dell’armonizzazione del mercato europeo, e dà
diritto alle imprese di guadagnare a prescindere dalle regole - afferma il capogruppo Roberto
Musacchio - si abbatte sui servizi e sulla cittadinanza e lascia fuori le professioni. Per questi motivi
noi chiediamo il ritiro della direttiva». Ruotando a 360 gradi troviamo Luca Romagnoli, esponente
della Fiamma Tricolore che non lascia spazio a dubbi: «Noi siamo contro qualsiasi Bolkestein
perché è l’emblema del dumping sociale che si vuole creare in Europa. E anche perché noi siamo un
partito nazionalista». Più sfumata la visione di An che, con Roberta Angelilli boccia sia il campo di
applicazione che il principio del paese d’origine «che esce dalla porta e rientra dalla finestra».
Infine, l’ultima voce da riportare è quella di Stefano Zappalà, Forza Italia, che ha votato in
commissione come supplente di Guido Podestà, e, forse proprio perché non era il suo campo, no n
sembra avere le idee chiare: «I cambiamenti introdotti danno tutto il potere di controllo allo Stato
dove si esercita il servizio e riguardano le professioni». E a chi gli fa notare che nel testo questo non
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24 novembre 2005
risulta, risponde: «Non sono abituato a leggere le barzellette». Nient e da fare, nemmeno a
sventolargli sotto il naso il documento con tanto di timbri e sigle della Commissione europea. E qua
sorge un dubbio: ma questi popolar/liberali hanno realmente capito cosa hanno approvato?
Andrea Milluzzi