1 RASSEGNA STAMPA Venerdì 13 Aprile 2012

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1 RASSEGNA STAMPA Venerdì 13 Aprile 2012
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 Borse in ripresa trainate da Wall Street ......................................................... 3
 Faro sullo shopping della Bce ......................................................................... 5
 Asta BTp, corre il tasso a tre anni ................................................................... 6
 I BTp e i titoli a tre anni che coprono dall’inflazione ...................................... 8
 UniCredit, alla presidenza arriva Vita ............................................................ 9
 Isvap: «Sanzioni record a FonSai» ...................................................................... 11
 Tensioni sui tassi dei Btp Bene le Borse, giù lo spread .................................... 13
 Quel pareggio fra Italia e Spagna e le opzioni sul tavolo della Bce .................. 14
 Draghi avverte: la disoccupazione salirà......................................................... 16
 «Ci sono i fondi per 65 mila esodati» ................................................................... 17
 Unicredit sceglie il «tedesco» Vita ................................................................... 18
 Fonsai, ultimo scoglio sui concambi Stretta in vista del vertice Premafin ...... 19
 Btp, tassi su e il Tesoro frena l’offerta ............................................................ 20
 Boccata d’ossigeno dalle aste 2012
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Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
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a fine anno “tesoretto” di 15 miliardi ............................................................ 21
UN AFORISMA AL GIORNO
a cura di “eater communications”
“ La curiosità è i l terreno
dove i semi del conoscere
”
crescono più rigogliosi!!
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*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: Andrea Franceschi
Borse in ripresa
trainate da Wall Street
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Nuovo rimbalzo. Dopo una mattinata estremamente volatile e contrastata, le principali Borse europee hanno
recuperato terreno spinte da Wall Street e hanno chiuso, con l'eccezione di Madrid, tutte in positivo. Bene
Piazza Affari (+1,23% il Ftse Mib) che ha recuperato un po' del terreno perso dopo il terribile -4,98% di
martedì. In rialzo anche Parigi (+ 0,99%) Francoforte (+1,03) e Londra (+1,34%).
Madrid maglia nera
Il saldo finale tuttavia non rende l'idea dell'andamento degli scambi ieri sui mercati. La mattinata infatti è stata
decisamente movimentata e, come spesso accade in questo ultimo periodo, a due velocità con i listini periferici
a registrare i cali peggiori (fino al 2%) e quelle dei paesi "core" come Francia e Germania a mantenersi in
rialzo. Nel corso della seduta comunque Piazza Affari ha recuperato terreno per chiudere positiva. È rimasta
sotto la parità invece la Borsa di Madrid. L'Ibex35 ha chiuso in calo dello 0,75% appesantito dai titoli
dell'immobiliare e delle banche pesantemente esposte sul mattone.
Ieri in particolare ha destato allarme la trimestrale del Banco Espanol de Credito, primo istituto di credito del
paese a pubblicare i conti. La società, una controllata del Banco Santander (-1,38%), ha registrato un crollo
dell'88% dei profitti dovuto soprattutto agli accantonamenti in vista di perdite sul mattone. L'istituto è stato
costretto a farli in base alla riforma bancaria varata nei mesi scorsi dal governo Rajoy che ha imposto corposi
accantonamenti sui crediti dubbi. Anche alla luce del netto peggioramento del mercato immobiliare (settore che
fu traino dell'economia negli anni pre-crisi).
Banche, allarme da Lisbona
L'allarme banche ieri è arrivato anche dal Banco Espirito Santo, primo istituto di credito del Portogallo.
Mercoledì sera la società ha annunciato un aumento di capitale da 1,01 miliardi di euro, una cifra "monstre"
pari a due terzi dell'attuale capitalizzazione della società. La notizia si è tradotta in un tracollo del titolo. Le
azioni sono arrivate a perdere il 27% nei primi scambi a Lisbona per poi chiudere a -10,54 per cento. Un tonfo
interpretato come un ulteriore segnale di debolezza per un un paese "malato" come il Portogallo. I forti ribassi
si sono così estesi agli altri paesi del Sud Europa. Dopo una partenza in rialzo l'indice Ftse Italia Banks delle
banche italiane, è arrivato a perdere l'1,8% dopo la prima ora di contrattazioni.
L’asta BTp
L'appuntamento più atteso dai mercati, dopo le turbolenze dei giorni scorsi, era l'asta dei BTp a tre anni (vedi
articolo a pag. 3). Le indicazioni che sono arrivate dal collocamento sono in chiaroscuro: positive sul fronte
della domanda, meno su quello dei rendimenti saliti al 3,89% rispetto al 2,76% dell'asta di febbraio. E la
reazione dei mercati non è stata unidirezionale nell'immediato. Se infatti lo spread Bund-BTp si è ridotto
festeggiando lo scampato pericolo di un'asta flop, i titoli delle banche hanno incrementato le perdite. L'indice
delle italiane è arrivato a perdere oltre il 3% intorno alle 12 portando l'indice Ftse Mib a -2%. Un perdita che
però è stata azzerata nel giro di un paio d'ore.
Wall Street trascina l’Europa
L'inversione di tendenza, che ha portato Piazza Affari e le altre principali piazze europee a chiudere in rialzo, è
arrivata con Wall Street. La seduta della borsa americana è stata positiva (+1,37% l'S&P500, +1,3 il Nasdaq) a
dispetto dei dati negativi sul mercato del lavoro. Le richieste di sussidi di disoccupazione sono infatti cresciute
di 13 mila unità rispetto alla settimana precedente, contro un calo di 2 mila atteso dagli analisti. I dati sono stati
snobbati per diverse ragioni: in primo luogo sui mercati c'era un certo ottimismo per le trimestrali delle società
quotate dopo i risultati migliori delle attese dal colosso dell'alluminio Alcoa. Quello che ha più influito
comunque sono state le parole di due esponenti della Fed che si sono espressi per il mantenimento, anche per i
prossimi anni, di una politica monetaria accomodante. La vicepresente Janet Yellen a dichiarato che, con ogni
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L'Europa in recupero: bene Piazza Affari (+1,23%), solo la Spagna chiude ancora in
ribasso: -0,75%
probabilità, il costo del denaro rimarrà ai minimi fino al 2014. Indicazione indirettamente confermata dal
presidente della Fed di New York William C. Dudley che ha dichiarato: «È ancora troppo presto per dire che la
crisi è alle spalle». In situazioni normali parole del genere verrebbero interpretate con pessimismo. Invece ieri
la borsa ha reagito con un rialzo . Un dato che riporta in primo piano i dubbi di chi giudica i mercati
eccessivamente «drogati dalla liquidità».
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ALLARME BANCHE SPAGNOLE
Titoli del mattone e del credito in rosso a Madrid dopo il crollo dei profitti di Banco Espanol
de Credito. Pesa la crisi immobiliare
**il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
L'intervento di Francoforte. Le possibili acquisizioni sul secondario
Faro sullo shopping della Bce
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ROMA
Non è una questione di "se" ma di "quando". Un numero crescente di investitori, strategist e trader in titoli di
Stato italiani e spagnoli è convinto che la Bce e le banche centrali dell'Eurosistema siano pronte a ritornare ad
acquistare BTp e Bonos sul mercato secondario riattivando il Securities markets programme lasciato dormiente
da qualche mese e in stand-by a quota 214,2 miliardi. A far riaprire i battenti del SMP sarebbe il ritorno del
costo del rifinanziamento del debito pubblico italiano e spagnolo a livelli insostenibili e un calo dei prezzi
preoccupante per i bilanci delle banche imbottiti di bond governativi: su questo punto, sul timing
dell'intervento, le opinioni del mercato però divergono.
Riccardo Barbieri, chief European economist di Mizuho, è convinto che la Bce abbia fatto già molto per
sostenere le banche e gli Stati e che non intenda correre il rischio di aumentare l'azzardo morale allentando la
pressione sui Governi che devono fare di più sul fronte del consolidamento fiscale e delle riforme strutturali,
come l'Italia. Con rendimenti sopra il 6% e il risanamento in Italia e Spagna ben avviato, la Bce potrebbe
decidere di riattivare il SMP. Nell'agosto del 2011, i primi acquisti sui BTp vennero fatti quanto il rendimento
del decennale viaggiava sopra il 6% anche se lo spread riusciva a rimanere sotto i 400 punti mentre i Bund
oscillavano tra il 2,2 e il 2,5 per cento.
La Bce ha qualche alternativa al SMP: può abbassare ulteriormente il tasso delle operazioni di rifinanziamento
principale ora all'1% che, secondo gli analisti di JP Morgan, resta elevato per le economie periferiche. Potrebbe
avviare un altro prestito LTRO pluriannuale, ma l'effetto della sorpresa e dell'inedito delle prime due operazioni
non è ripetibile e forse quest'arma è già spuntata. La Bce potrebbe concedere prestiti al fondo di stabilità
europeo Efsf, per consentire indirettamente un supporto rapido sul mercato primario e secondario dei titoli di
Stato: ma i fondi salva-Stati Efsf e Esm si attivano persino sui sostegni "soft" precauzionali solo dopo la
sottoscrizione di una richiesta formale di aiuti da parte del Governo che chiede soccorso, un passo simile a
quello richiesto dal Fondo monetario internazionale che nè il Governo Monti nè il Governo Rajoy sono disposti
a compiere.
Il SMP potrebbe rivelarsi l'unico strumento veramente efficace per evitare che il mercato, giorno dopo giorno,
riporti i rendimenti dei BTp e dei Bonos decennali nell'orbita del 6%: una soglia psicologica, oltre che
insostenibile sul lungo termine, che rischia di innescare vendite anche sulla parte corta della curva dei
rendimenti.
Come tutte le medicine, il SMP ha i suoi effetti collaterali indesiderati. La ristrutturazione del debito pubblico
greco ha imposto un elevatissimo haircut ai sottoscrittori privati anche a causa dei 56 miliardi di titoli di Stato
greci posseduti dalla Bce, acquistati con il Securities markets programme e tenuti al di fuori del PSI (Private
sector involvement). La Bce è un investitore senior che pone i detentori dei titoli di Stato in una posizione
subordinata, ricordava ieri Société Générale. L'operazione SMP potrebbe avere accumulato già nei bilanci delle
banche centrali dell'Eurosistema oltre 100 miliardi di titoli di Stato italiani, stando alle stime dei traders: di
certo si sa soltanto che la Banca d'Italia ne possedeva lo scorso gennaio poco più di 91,6 miliardi.
I.B.
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: Vittorio Carlini
I titoli di Stato
Asta BTp, corre il tasso a tre anni
Rendimento lordo al 3,89%, alte le richieste - Lo spread con Berlino in calo a 362
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Il mercato ieri ci ha pensato un po' su. Ma, alla fine, ha deciso che sì, la valutazione sull'asta di 4,884 miliardi di
BTp poteva essere positiva. Il bicchiere, nonostante il rendimento sul triennale sia salito al 3,78%, è mezzo
pieno. La prova? L'andamento dello spread del buono decennale sul Bund. Sceso in avvio di seduta, il
differenziale era risalito proprio sui timori per il collocamento. Dopo la pubblicazione dei numeri dell'asta,
però, è balzato all'ingiù, raggiungendo quota 365 punti base. Alla fine, tra la consueta volatilità, ha chiuso a
361,8 basis point.
I numeri dell’asta
Al di là dello spread, quali i dati dell'asta? È presto detto. Il Tesoro, a fronte di una domanda di 4,13 miliardi, ha
collocato 2,884 miliardi di BTp triennali. Il cosiddetto Bid to cover ratio, che misura il livello di copertura
dell'asta stessa, è stato di 1,43 (1,56 nell'offerta precedente). Il rendimento dal canto suo è, per l'appunto, salito:
dal 2,76% di febbraio al 3,78% di ieri. Oltre al buono con scadenza marzo 2015, il Tesoro ha poi "piazzato" tre
riaperture di BTp fuori corso d'emissione (novembre 2015, febbraio 2020 e agosto 2023). Il collocamento ha
raggiunto il massimo importo prefissato, due miliardi, con rendimenti rispettivamente del 3,92%, del 5,04% e
5,57 per cento.
L’analisi degli esperti
Fin qui i "freddi" numeri, da interpretare però in quale modo? Il mercato, per l'appunto, ha dato la sua
valutazione positiva. «Un'analisi – dice Chiara Manenti, esperta di reddito fisso per Intesa Sanpaolo –, seppure
in uno scenario di difficoltà, da condividere. La domanda sulle riaperture è stata buona», anche per il minore
importo delle emissioni. Più debole, visto che il collocamento non ha raggiunto il tetto massimo prefissato (3
miliardi), «invece la richiesta sul BTp triennale. Ma anche qui, nel complesso, è andata piuttosto bene». A ben
vedere, su questo tema, il Governo ha sottolineato che volutamente non è stata soddisfatta l'intera domanda.
L'Italia, è il messaggio, non ha urgenza di fare funding a tassi che non siano «giusti». Ciò detto, però, ieri sul
mercato sono rimbalzati rumors di una partecipazione non così entusiasta all'asta da parte delle banche del
Belpaese. «Una situazione possibile», dice Angelo Drusiani, di Albertini Syz. Gli istituti di credito, grazie a
soldi prestati dalla Bce, hanno portato il totale dei nostri titoli di Stato in loro possesso a 301 miliardi. «Un
valore che, a fronte delle rinnovate tensioni sul debito, può "trasformarsi" in una motivazione di vendita.
Giocoforza, soprattutto dopo la seduta di martedì scorso, l'attenzione nell'uso della liquidità sui governativi
aumenta».
La curva dei rendimenti
Così come è aumentato il rendimento dei titoli stessi. «È stato un risultato prevedibile – dice la Manenti –. Da
un lato, evidentemente, c'è il possibile venir meno dell'effetto dei due Ltro della Bce; dall'altro gli investitori, a
fronte del rallentamento economico in Italia e Spagna, si interrogano sulla road map della ristrutturazione dei
debiti. E, di conseguenza, prezzano un rischio maggiore rispetto a solo un mese fa». Tuttavia, val la pena
ricordare, si tratta di «un rendimento che "banalmente" è andato allineandosi a quello del mercato secondario».
Un movimento che, di fatto, ha normalizzato l'inclinazione della curva dei rendimenti, tornata (almeno ieri) su
molte scadenze al di sotto di quella spagnola: dal BTp a 1 anno (2,34% contro il 2,74% dei Bonos) a quello a 5
(4,67% contro 4,8%) fino al decennale (5,42% contro 5,83%). «Adesso l'obiettivo deve essere quello di
spostare ancora più verso il basso l'intera curva». Un target, però, la cui concreta fattibilità potrà essere valutata
solo a luglio, «cioè quando sarà pubblicato il dato sul deficit. Lì si vedrà l'efficacia dei vari provvedimenti
come, per esempio sul fronte delle entrate, del decreto salva-Italia». Nel frattempo, dovremo continuare a
convivere con la volatilità dello spread.
Gli spread
Già, lo spread. Quello spagnolo, ieri, è sceso a 403 punti base. Un calo che, in termini relativi, è stato
comunque lievemente minore rispetto a quello italiano. Tanto che la differenza tra Madrid e Roma è di poco
risalita (41 punti). La dinamica dei differenziali, comunque, è stata influenzata (una volta tanto) anche dal
Bund. Certo, l'immarcescibile decennale tedesco è rimasto su rendimenti incredibilimente bassi; e, tuttavia, ieri
il suo yield è salito dall'1,66 all'1,79 per cento. Un movimento al rialzo che ha coinvolto anche il Gilt a 10 anni
inglese. Il motivo? Un po' quello che è successo al Bund due giorni fa: la domanda debole nell'asta di ieri sul
ventennale di Londra, dovuta al saggio troppo basso, ha messo di malumore gli operatori. Che, una volta tanto,
hanno venduto un po' di debito anglosassone.
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GLI ACQUISTI
Il Tesoro ha collocato 2,88 miliardi, meno del massimo prefissato di 3 miliardi I rumors:
richieste non elevate dalle banche italiane
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
I BTp e i titoli a tre anni
che coprono dall'inflazione
Obbligazioni di Stato, di aziende e banche a confronto
Il ministero del Tesoro ieri ha collocato BTp triennali al tasso d'interesse lordo del 3,89%. Al netto delle tasse,
calcola Assiom, si arriva a un rendimento netto del 3,538%. Un tasso d'interesse che pone un interrogativo:
coprirà i risparmiatori dal caro-vita? Insomma: acquistando questo BTp in asta, o comprandolo sul mercato
secondario, si può ragionevolmente sperare di superare l'inflazione? E quali alternative ci sono, tenendo conto
dei rischi e dei rendimenti?
Per rispondere a queste domande bisogna prima cercare di stimare quale potrebbe essere il tasso d'inflazione in
Italia nei prossimi tre anni. La stima media degli economisti (secondo Bloomberg) prevede un 2,8% nel 2012,
un 2% nel 2013 e un 2% nel 2014. Non esistono previsioni sul 2015. Guardando invece al recente BTp Italia,
che è legato all'inflazione italiana, le sue quotazioni attuali incorporano implicitamente una stima media del
caro-vita nei prossimi quattro anni dell'1,70%. Prendendo questi dati con le pinze (ovviamente più le previsioni
si allungano nel tempo meno sono accurate), si può prevedere un tasso medio d'inflazione annua compreso nei
prossimi tre anni tra l'1,7% e il 2 per cento.
Ebbene: se queste previsioni si rivelassero azzeccate, il BTp triennale offrirebbe un tasso d'interesse superiore.
Certo, il rischio è che l'Italia in questo lasso di tempo sia costretta a ristrutturare il suo debito: ma questo, allo
stato attuale, è da considerare un rischio remoto. Non d'attualità. Per chi volesse comunque coprire i propri
risparmi dal caro-vita, esistono – restando sempre tra i titoli italiani – i BTp indicizzati all'inflazione europea
oppure i BTp Italia recentemente emessi. Entrambi, pur con meccanismi diversi, legano cedole e capitale al
caro-vita.
Ci sono però varie alternative, che ovviamente spostano l'asticella del rischio rispetto ai BTp. Esistono per
esempio altri titoli di Stato europei, anche quotati sui listini per risparmiatori Mot o Tlx. I più rischiosi, per
esempio i Bonos, offrono sul MoT rendimenti in linea con quelli dei BTp italiani. Attenzione però: i titoli di
Stato spagnoli, insieme a quelli portoghesi, soffrono di una doppia tassazione (in Italia e in patria) che erode il
loro rendimento netto. Doppia tassazione che non colpisce invece i Bund tedeschi o gli OaT francesi. Questi,
però, offrono molto meno in termini di tasso d'interesse: non coprono dall'inflazione attesa, ma garantiscono più
sicurezza.
Oppure ci sono le obbligazioni emesse da banche o società. Purtroppo i titoli bancari, quando sono emessi
appositamente per i risparmiatori, spesso offrono rendimenti troppo bassi: inferiori anche a quelli dei BTp, pur
avendo potenzialmente una rischiosità più elevata e una liquidità inferiore. Facciamo un solo esempio: è in
collocamento attualmente un bond triennale zero coupon di Intesa Sanpaolo, che offre un rendimento netto del
2,42%. Cioè meno (anche a causa della tassazione che svantaggia i bond bancari) del BTp con analoga
scadenza, che offre un 2,53% netto. Il mondo dei bond aziendali è invece immenso: per avere rendimenti
elevati bisogna rischiare, per esempio puntando su titoli con basso rating del settore automobilistico o tlc.
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IL SORPASSO
Il tasso del caro-vita dei prossimi tre anni è difficile da prevedere, ma attualmente si stima un
+1,7% medio annuo: i BTp triennali oggi lo battono
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: Marco Ferrando
Banche. Accordo all’unanimità tra i grandi soci sulla scelta del numero uno di Allianz Italia
come chairman – L’uscente Rampl: «Soluzione eccellente»
UniCredit, alla presidenza arriva Vita
Pronta la lista per il nuovo board: in consiglio entrano Montezemolo, Alessandro
Caltagirone e Maramotti
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MILANO
La discussione tra i soci ieri è stata lunga e a tratti accesa, ma alla fine l'epilogo ha confermato gli umori della
vigilia: il prossimo presidente di UniCredit sarà Giuseppe Vita. La designazione del numero uno di Allianz
Italia e Banca Leonardo, ex presidente di Deutsche Bank, è stata unanime e ha visto d'accordo le fondazioni, i
soci privati italiani e stranieri, che sempre ieri hanno sottoscritto (ma non ufficializzato) la lista dei
rappresentanti in vista dell'assemblea in calendario per l'11 maggio prossimo a Roma.
La designazione è arrivata a metà pomeriggio, al termine di una lunga serie di incontri che si sono svolti nella
sede milanese di via Broletto, a due passi da piazza Cordusio, otto ore di ininterrotto confronto condotto dal
vice presidente Vincenzo Calandra Buonaura insieme all'amministratore delegato Federico Ghizzoni, che in
queste settimane ha svolto un ruolo chiave nel sondare gli umori e mantenere compatto il fronte degli azionisti
italiani ed esteri. Terminati gli incontri, gli organi della banca hanno recepito l'accordo e «il Comitato corporate
governance – recita un comunicato diffuso da UniCredit in serata – ha ritenuto che, tra le persone selezionate,
tutte di alta professionalità, che hanno dato la loro disponibilità, quella che meglio risponde al profilo e ai
requisiti della carica sia Giuseppe Vita».
Ieri sul tavolo però non c'era solo il nome del presidente. Al vaglio degli azionisti, infatti, figurava anche la
composizione del nuovo cda della banca e l'assegnazione dei 19 posti (contro i 23 di tre anni fa) all'interno del
board; come previsto le due discussioni si sono sovrapposte e probabilmente proprio l'accordo sui
rappresentanti ha dato il via libera a quello sul presidente: in base a quanto si apprende, nel prossimo consiglio
le Fondazioni potranno contare su 7 rappresentanti, a cui si aggiungeranno presidente, ad, i due consiglieri
nominati dagli azionisti privati italiani, i due del fondo arabo Aabar, quello di Allianz, i quattro rappresentanti
stranieri e un indipendente.
Per quanto riguarda i nomi dei consiglieri, c'è da aspettare il deposito delle liste, previsto per oggi o al massimo
per lunedì, termine ultimo, ma la fisionomia è ormai definita: accanto a Vita e Ghizzoni dovrebbero sedere per
Fondazione Crt il presidente di Adr Fabrizio Palenzona e il notaio Antonio Marocco, per Carimonte il professor
Vincenzo Calandra e il presidente di Valsoia Lorenzo Sassoli de' Bianchi, per Cariverona il professor Candido
Fois; per le piccole dovrebbero restare nel board Francesco Giacomin (Cassamarca) e Marianna Li Calzi
(Banco di Sicilia). Tra gli azionisti privati, accanto alla conferma di Luigi Maramotti dovrebbe entrare
Alessandro Caltagirone, presidente di Vianini industria e vice di Unindustria Roma; nelle file degli stranieri,
sembra ormai certo che uno dei due posti in quota Aabar spetti al presidente di Ferrari Luca Cordero di
Montezemolo, accanto all'austriaco Franz Zwickl, al tedesco Manfred Bischoff, all'inglese Anthony Wyand e
alla presidente della Confindustria polacca. Per Allianz resta Helga Jung, così come l'indipendente – nella lista
targata Assogestioni – dovrebbe restare Letizia Reichlin. In questo modo, con quattro donne nel consiglio,
sarebbe rispettata anche la norma sulle quote rosa.
Da sciogliere resta il nodo delle vice presidenze: Fois, unico rappresentante della Fondazione Cariverona,
dovrebbe svolgere il ruolo di vicario, mentre un altro vice sarà senz'altro Palenzona. Altro capitolo delicato, i
rappresentanti delle piccole Fondazioni: come detto, del prossimo board faranno parte i delegati di Cassamarca
e Banco di Sicilia, mentre tra tre anni dovrebbero entrare al loro posto i rappresentanti di CrTrieste e Manodori,
in una sorta di rappresentanza a rotazione.
Vita è una scelta «eccellente» e una «garanzia di successo» per UniCredit, ha commentato ieri sera in un
comunicato il presidente uscente, Dieter Rampl. A indirizzare un augurio di buon lavoro anche il presidente di
Fondazione Cariplo e dell'Acri, Giuseppe Guzzetti.
In attesa di conoscere il nome del prossimo presidente, arrivato quasi a borse chiuse, ieri a Piazza Affari il titolo
UniCredit ha chiuso a 3,22 (+0,69%).
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I 19 IN CDA
Oltre al confermato Ghizzoni e al neopresidente, nel board 7 posti alle Fondazioni, 2 ai
privati e Aabar, uno ad Allianz, 4 agli esteri, uno ai fondi
GLI EQUILIBRI TRA GLI ENTI
Fondazione Crt e Carimonte mantengono due posti a testa A CariVerona una poltrona con
Fois alla vicepresidenza Conferme di Treviso e Sicilia
*il Sole 24ORE*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: Riccardo Sabbatini
Polizze. Il presidente dell'Authority Giannini: «Mancata vigilanza? Critiche strumentali» Task force per gestire la crisi
Isvap: «Sanzioni record a FonSai»
Dal 2006 multe per 60 milioni - Lacunosi sono stati i controlli interni
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L'Isvap racconta la sua verità su Fonsai. Dopo aver subito in silenzio le critiche che da mesi piovono addosso
all'authority assicurativa accusata di non aver adeguatamente vigilato e proprio mentre è in corso il delicato
scrutinio del piano di salvataggio della compagnia promosso da Unipol con il sostegno di Mediobanca, il
presidente Giancarlo Giannini rompe il silenzio per difendere l'istituto da «critiche velenose e strumentali».
L'Isvap – afferma in questa intervista – ha fatto per intero il suo dovere e quanto emerso sulla compagnia è il
frutto delle attività ispettive avviate nel 2009. Nessun rimpianto? «Forse potevamo intervenire qualche mese
prima ma non sta lì il punto». Il punto è sulle lacune dei controlli societari, nei presidi che debbono essere
assicurati da amministratori, sindaci, comitati audit, attuari, società di revisione. «Come si può pensare che la
nostra vigilanza possa riassumere e svolgere un ruolo di supplenza di tutte queste funzioni? È tutto questo
apparato di controlli che ha funzionato poco e male nella vicenda». E forse in questo c'è un insegnamento per il
futuro. «Oggi, anche nella prospettiva di Solvency II – che per la validazione dei modelli interni delle imprese
richiede una certificazione preventiva dell'Autorità sull'efficacia dei presidi interni – intensificherei la vigilanza
sull'assetto degli stessi e sul loro effettivo funzionamento».
Giannini, assicuratore di lungo corso, è giunto al termine del suo mandato e a giugno abbandonerà la guida
dell'Istituto di vigilanza che ha tenuto per dieci anni. L'intervista, inizialmente, avrebbe dovuto vertere anche su
altri argomenti. Sul bilancio positivo dei recenti decreti per attenuare le minusvalenze dei titoli di stato nei
solvency ratio degli assicuratori. Sull'azione di pungolo svolta dall'authority («negli ultimi 4 anni le compagnie
hanno immesso circa 9 miliardi nei propri conti, anche su nostra sollecitazione») per rendere il settore resistente
alla crisi. Ed anche sul recente decreto sulle liberalizzazioni del Governo («molto positivo») da cui si attende
soprattutto una riduzione dei prezzi della Rc auto. «Le tariffe non aumentano più ma devono diminuire. È
quello che chiede il legislatore e l'Isvap si adeguerà allo spirito della legge nei decreti che è chiamato a
redigere».
Il clamore della vicenda Fonsai ha spinto tuttavia la discussione su un altro versante. Giannini tiene innazitutto
a negare che il vertice dell'authority sia diviso sull'operazione di aggregazione. «Respingo categoricamente la
ricostruzione apparsa ieri sulla stampa in merito a pressioni esercitate dal vertice dell'Isvap sulla struttura
interna per il via libera all'operazione di aggregazione. Questa è complessa, tecnicamente difficile e si lavora
sotto pressione per rispettare la stringente tabella di marcia». L'istituto ha costituito una speciale task force con
le sue migliori risorse. «Ogni documento interno ed esterno fino a oggi prodotto – assicura Giannini – è sempre
stato discusso e condiviso nella forma e nella sostanza da tutti i componenti della task force impegnati nella sua
redazione».
L'Isvap, di norma, svolge una vigilanza soprattutto cartolare sulle imprese, le ispezioni – fa presente Giannini –
«hanno un compito di ausilio». Ecco perchè l'azione di vigilanza è stata intensificata nel 2009 quando il
bilancio 2008 ha fatto emergere i primi segnali negativi. Era l'effetto della crisi dei mercati e del difficile ciclo
della Rc auto che però si combinava a fattori interni alla compagnia.
L'Isvap ha prima acceso un faro sugli immobili e le operazioni in conflitto d'interesse. Ne ha bloccate due
(Tenuta Cesarina e Santa Lucia) per un valore di un ottantina di milioni. «Non avevano i requisiti per la
copertura delle riserve tecniche». C'è poi la storia di Atahotels su cui l'istituto è accusato di un atteggiamento
indulgente. «Nient'affatto - replica il presidente – abbiamo dato l'autorizzazione per un valore più che
dimezzato rispetto alla richiesta che ci era stata presentata e dopo una lunga istruttoria (5 mesi). C'erano perizie
di stima che davano dei range ben più ampi, abbiamo chiesto di rivedere le stime».
Ad agosto del 2010 il pressing è divenuto più insistente. È partita l'ispezione, prima sugli aspetti di governance
della compagna e quindi sulle sue riserve tecniche. «Avevamo già rilevato e contestato che c'era qualcosa che
non andava nel ciclo sinistri, c'era un eccesso di riaperture che è un modo classico da cui si manifestano le
anomalie». In pratica i sinistri venivano chiusi troppo frettolosamente (con le relative riserve) e riaperti per le
proteste dei danneggiati. In questo modo i risarcimenti più impegnativi (con seguito di danni fisici) erano
rinviati nel tempo e il caso ha voluto che quando l'ondata lunga dei sinistri è giunta al capolinea nel frattempo il
Tribunale di Milano aveva alzato le sue tabelle risarcitorie (che fanno testo anche altrove) aumentando di
parecchio il conto per la compagnia. Si spiega così l'aumento delle riserve (1,4 miliardi in due anni). Il ritmo
della crisi di Fonsai si è così accelerato e nella ricerca di soluzioni è giunta a Premafin la proposta di alleanza
del gruppo francese Groupama. È noto come è finita, con il "no" della Consob. Per il riserbo dell'Isvap è meno
noto invece che quando Groupama confermò comunque l'intenzione di rilevare il 19,9% di Fonsai, anche il
regulator assicurativo si mise di traverso. Non lo fece per motivi di "italianità" ma per la mancanza di risorse di
Groupama che subito dopo, infatti, sarebbe anch'essa finita in crisi.
E, nel frattempo è proseguita l'attività di vigilanza. «Abbiamo avviato i provvedimenti sanzionatori per illeciti
amministrativi nei confronti di vari soggetti responsabili della vigilanza interna. Ai sindaci abbiamo contestato
di non averci comunicato con tempestività le irregolarità segnalate. Poi abbiamo fatto le nostre segnalazioni ad
altre autorità; ci sono delle code importanti, in corso di completamento». Dal 2006 al 2011 le sanzioni
comminate a Fonsai per irregolarità nella gestione dei sinistri sono ammontate a 60 milioni (prevalentemente
Rcauto)».
Ed eccoci alle battute finali. Un fallimento - sottolinea Giannini – «avrebbe un rischio sistemico». La caduta del
solvency ratio sotto il livello minimo ha imposto un piano di salvataggio ed è quello di Premafin-Unipol,
attualmente in discussione. «Per noi - spiega Giannini – è importante che ci sia un progetto patrimonialefinanziario e un business plan adeguati».
C'è un problema di tempi. L'Isvap, per l'istruttoria, ha 60 giorni lavorativi (iniziati il 27 febbraio) con la
possibilità di sospendere i tempi per 20 giorni. «Penso che una sospensiva ci sarà, come di consueto in
operazioni di tale complessità, ma poi è necessario comprimere i tempi. Abbiamo bisogno che questa società
venga riportata in regola il più presto possibile. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un salvataggio. Se
qualcuno sta annegando non si può certo lasciarlo in acqua per 15 giorni».
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NELL’ISTITUTO DI VIGILANZA
«Nessuna pressione sulle strutture interne per dare il via libera alla fusione con Unipol»
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: Stefania Tamburello
Tensioni sui tassi dei Btp
Bene le Borse, giù lo spread
Grilli: no a molte offerte, rendimenti non giusti
ROMA — Si sono allentate le tensioni sui mercati anche se all'asta dei Btp i tassi sono aumentati. E' ancora
l'effetto della fiammata di martedì scorso che sembra non aver invece lasciato strascichi nelle Borse, in rialzo in
tutta Europa sulla scia dei guadagni di Wall Street. Il Tesoro però non ha assegnato l'ammontare massimo dei
Buoni triennali offerti. Si è fermato un po' sotto, nonostante la domanda di titoli fosse particolarmente robusta,
per evitare che i rendimenti salissero troppo. Ha escluso le richieste più onerose e ha fissato il collocamento al
3,89%, il prezzo di mercato.
«Abbiamo fatto la scelta di non accogliere tutta la domanda che c'era, perché non abbiamo urgenza di fare
funding a tassi che, secondo noi, non sono giusti», sono cioè, fuori mercato. Dei Btp triennali, offerti con una
forchetta compresa tra i 2 e i 3 miliardi, ne sono stati collocati 2,9 miliardi, 100 milioni sotto il massimo, ad un
tasso del 3,89% in aumento dell'1,13% rispetto alla precedente asta, ma allineato a quello registrato sul
secondario. Sono state escluse le proposte superiori anche se solo di 1 o 2 punti base. Non c'era alcun bisogno
di sovrapprezzare i titoli, è stata la spiegazione di Grilli. E ha funzionato perché il mercato ha premiato il fatto
che l'Italia non avesse l'urgenza di dover collocare tutto anche a prezzi fuori mercato per finanziarsi. Sul
secondario infatti lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi di uguale durata che martedì scorso era tornato
a superare i 400 punti, dopo i risultati dell'asta ha cominciato a calare fino alla chiusura a 358 punti. «E' stato un
risultato decisamente positivo, il Tesoro ha collocato un ammontare vicinissimo al massimo e si è preso
addirittura il lusso di non assegnare tutto per non pagare troppo, rispetto ai valori di mercato. Un grande segnale
di immagine» ha commentato il presidente di Assiom-Forex Giuseppe Attanà che peraltro non sottovaluta la
persistente difficoltà della situazione. «E' un momento molto delicato a livello mondiale ed europeo, i problemi
ci sono ancora e li stiamo risolvendo» ha osservato ieri ancora Grilli, mentre Christine Lagarde, direttore
generale del Fondo monetario internazionale, ha avvertito che: «I rischi restano elevati e la situazione fragile».
Ieri sono stati offerti all'asta anche Btp, off-the-run, cioè di vecchia emissione, per 2 miliardi complessivi con
cui il Tesoro ha saggiato la richiesta di titoli a più lunga scadenza a 3, 8 e 10 anni. La domanda è stata molto
sostenuta, pari a 4,4 miliardi, più del doppio, e i rendimenti si sono attestati al 3,92% per i titoli in scadenza nel
2015, al 5,04% per il titolo a scadenza nel 2020 e al 5,57% per il titolo con scadenza nel 2023, che ha spuntato
un tasso addirittura inferiore al Btp di uguale durata on-the-run sul secondario. Fortissima anche la domanda,
4,7 miliardi per 800 milioni offerti, all'asta supplementare del Bot a 12 mesi riservata agli specialisti.
Positiva ieri la giornata delle Borse. Piazza Affari, che era andata in rosso dopo la notizia del rialzo dei tassi
all'asta dei Btp, ha corretto in seguito il tiro sia guardando agli spread in calo sia soprattutto guardando
oltreoceano alla buona vena di Wall Street: il guadagno è stato del'1,23%. In crescita anche le Borse di Londra
dell'1,34%; Francoforte dell'1,03% e Parigi dello 0,99% a 3.269,79 punti.
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S.Ta.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: Federico Fubini
Quel pareggio fra Italia e Spagna
e le opzioni sul tavolo della Bce
Devono sentirsi come fossero tornati alla casella di partenza. I manovratori d’Europa avevano passato l’autunno
immersi in un corso di ingegneria finanziaria.
Cercavano tutti la soluzione «tecnica» per arginare e poi rovesciare la fuoriuscita di denaro dai Paesi della
periferia europea e verso quelli del nucleo duro.
Non che fosse davvero un dilemma solo tecnico, perché gli equilibri fra i governi e persino i sondaggi
d'opinione in Germania, in Finlandia, o in Grecia, hanno dimostrato un potere sorprendente sugli spread e sul
futuro di consumatori, contribuenti e imprese in Italia.
Ma almeno su quel piano molti avevano sperato di aver trovato la soluzione: le «Operazioni di rifinanziamento
a lungo termine» della Banca centrale europea, quei 1019 miliardi prestati a poco prezzo fino al 2015
sembravano l'anestetico giusto. Le banche commerciali hanno presto la liquidità e l'hanno rovesciata
(guadagnando) sui titoli di Stato. Poi però anche questa musica improvvisamente si è fermata, come aveva fatto
quella del sostegno dei mercati all'Italia dall'inizio della crisi nel 2007 fino al giugno scorso. Adesso
ovviamente si sprecano le analisi sulle ragioni del nuovo sciame di scosse. Come sempre c'è stata una causa
prossima: quest'estate fu la scelta di ristrutturare il debito della Grecia, alla fine dell'inverno è stata la
«scoperta» al cambio di governo che il buco di bilancio in Spagna è molto più vasto di quanto si credesse. E
come altre volte, dopo non molto quasi tutti hanno iniziato a riconoscere le correnti di profondità che stanno di
nuovo agitando le acque. Quest'estate era l'assenza di una direzione del governo, adesso è un'economia che sta
reagendo malamente alla cura.
L'austerità estrema su tutto il fianco sud d'Europa, proprio mentre anche il «nucleo duro» di Francia e Germania
stringe la cinghia, sta producendo la reazione prevedibile: l'incertezza sulle nuove tasse paralizza i cittadini, il
denaro non esce dalle banche che temono perdite sui loro titoli di Stato, il prodotto lordo si contrae. Ma più
cala, più il deficit e il debito risultano in confronto elevati. Alla fine del 2013 l'economia italiana potrebbe
essere di almeno 30 miliardi più piccola di quanto il governo pensasse tre mesi fa: dunque meno entrate, più
spesa sociale e una base più bassa su cui parametrare il debito e il disavanzo. Ma se il pareggio di bilancio si
allontana, l'Italia rischia di dover progettare una nuova manovra.
Anche qui, l'esperienza spagnola racchiude una lezione per Roma e ricorda che i due Paesi sono più sulla stessa
barca che concorrenti: quando il governo di Mariano Rajoy ha varato una manovra da 27 miliardi a inizio
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dosi accelerate di austerità simultanea in Europa rimettano la moneta unica in equilibrio. A maggior ragione
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aprile, gli spread dei Bonos spagnoli non sono scesi. Sono esplosi. Gli investitori hanno smesso di credere che
non accade, se la Banca centrale europea dà l'impressione di pensare già a come diventare meno accomodante.
È per questo che banchieri centrali e dignitari finanziari d'Europa si sentono di nuovo alla casella di partenza.
Da qua a fine anno una parte della soluzione dovrà essere comune, anche sul piano tecnico, perché troppi Paesi
non hanno più tutte le chiavi del proprio destino. Il Portogallo non può tornare sui mercati e avrà bisogno di
nuovi aiuti. Le banche spagnole restano un enigma, la de-crescita italiana anche. In Grecia i sondaggi dicono
che dalle elezioni del 6 maggio potrebbe non uscire una maggioranza disposta a rispettare i patti con Europa e
Fondo monetario: l'eccesso di austerità dal 2009 ha rafforzato le ali estreme a destra e (soprattutto) a sinistra.
Non stupisce che a Bruxelles e a Francoforte si torni a contare le armi a disposizione. Fra queste la meno
plausibile è un ritorno a interventi massicci e continuati della Bce sul mercato come nel 2011. Mario Draghi
alla Bce non crede molto in questo strumento, che crea forti conflitti con la Bundesbank. Più probabile che
molti pensino a usare il nuovo fondo salvataggi europeo per ricapitalizzare le banche spagnole, dunque
garantire che nessuna di queste salterà, anche senza un pacchetto formale a Madrid come si è fatto per Lisbona.
C'è chi ritiene che anche gli istituti italiani dovrebbero ricevere gli aiuti del fondo europeo: ciò rassicurerebbe
gli investitori esteri e toglierebbe alla Spagna la macchia di solo grande Paese a dover chiedere aiuto.
Niente di tutto questo è accettabile per il governo di Mario Monti. In alternativa, o in simultanea, la Bce
potrebbe ancora ridurre i tassi d'interesse sotto l'1% per dare un segnale o lanciare una nuova operazione di
liquidità straordinaria. Ciò porterebbe forse Spagna e Italia dall'altra parte del guado attuale, ma la Bundesbank
resta contraria perché la Germania ha bisogno semmai di una stretta monetaria. In teoria, si può avere a un
binario parallelo a tempo: mentre l'Eurotower aiuta il Sud europea, la Bundesbank impone vincoli regolatori al
credito nella sola Germania. Non sarebbe più una politica monetaria unica ma, almeno, è il segno di un'unione
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monetaria che prova a sopravvivere.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: Marika de Feo
Draghi avverte:
la disoccupazione salirà
Allarme Bce: la crescita delude, segnali negativi già nel primo trimestre
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FRANCOFORTE — La Banca centrale europea ha lanciato ieri un allarme per «l'ulteriore peggioramento» a
breve, nel mercato del lavoro europeo, anche in vista di timori per le prospettive congiunturali della crescita
«moderata» attesa per quest'anno.
Mentre sulla «graduale ripresa dell'economia dell'area euro» prevista dalla Bce per quest'anno, gravano «rischi
al ribasso», riconducibili alle rinnovate tensioni per la crisi del debito europeo, al processo di risanamento dei
bilanci, all'elevata disoccupazione, ma anche agli incrementi delle materie prime, l'inflazione rimarrà sopra il
2% nel 2012, per calare sotto il 2% nel 2013.
Nel nuovo bollettino di aprile, i banchieri centrali di Francoforte sembrano avere un tono leggermente più
pessimista di quello usato dal presidente della Bce Mario Draghi all'inizio di aprile, soprattutto riguardo alle
«condizioni nei mercati del lavoro», le quali «continuano a peggiorare». E hanno toccato un nuovo massimo a
febbraio, con un tasso di disoccupazione medio pari al 10,8%, che è «andato aumentando fin dall'aprile del
2011», e risulta superiore dello 0,6%, rispetto al massimo raggiunto nel maggio del 2010. Recenti indagini
segnalano, secondo la Bce, «una probabile ulteriore contrazione dell'occupazione nel primo trimestre del 2012».
Uno sviluppo negativo, dopo un calo dell'occupazione dello 0,2% nel quarto trimestre del 2011, rispetto ai tre
mesi precedenti. In franata anche gli indicatori della produttività del lavoro, dall'1,1% del terzo trimestre allo
0,9 nel quarto trimestre del 2011.
In conclusione le economie europee, ad eccezione della Germania, non sono sostenute dal consumo. E per
questo, in un capitolo dell'ultimo bollettino mensile dedicato all'analisi della disoccupazione, i banchieri centrali
di Francoforte concludono esortando i governi «che hanno subito perdite di competitività» — un'allusione
all'Italia, pur senza nominarla — ad attuare riforme strutturali, volte a rafforzare le capacità di crescita
dell'economia. La Bce aggiunge che occorre «assicurare un aggiustamento salariale sufficiente e promuovere la
crescita della produttività».
Ieri le Borse hanno premiato il migliore andamento dell'economia americana, e gli spread fra i Btp e i Bund
erano in calo, ma nei giorni scorsi erano emersi nuovi timori per la crisi del debito. Al punto che il membro
francese del board della Bce Benoît Coeuré ha ventilato la possibilità di un ritorno agli acquisti di bond sovrani
(avversati dalla Bundesbank) per allentare le tensioni. Nel frattempo, il bollettino torna a esortare i governi
europei a «dar prova della massima responsabilità» e a «ripristinare posizioni di bilancio solide», rispettando il
fiscal compact e il Patto di stabilità, per «promuovere la fiducia, la crescita sostenibile e l'occupazione».
Provvedimenti necessari, anche perché i Paesi con una quota rilevante di debito in scadenza nel breve termine,
come l'Italia, la Francia e la Spagna e i rimanenti Paesi del Sud Europa, pari o superiore al 20% del Pil, sono
particolarmente vulnerabili, per la liquidità a breve termine, a improvvise variazioni dei tassi di interesse e del
clima di mercato. Come fatto positivo, nel frattempo, grazie ai maxi-prestiti da 1.000 miliardi della Bce, il
bollettino conferma che sono migliorate le condizioni di finanziamento per le banche, scongiurando così una
correzione brusca e disordinata dei bilanci.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: Enrico Marro
«Ci sono i fondi per 65 mila esodati»
Fornero: risorse sufficienti. Camusso: numeri sballati, scherzano col fuoco
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ROMA — Il governo non cede e conferma che lascerà la possibilità di andare in pensione con le vecchie regole
a non più di 65 mila esodati, persone che hanno lasciato il lavoro in seguito a crisi aziendali o dimissioni
incentivate secondo le modalità previste dal decreto salva Italia e dal successivo Milleproroghe. Un
provvedimento di legge sarà preso solo per consentire anche ai «lavoratori interessati da accordi collettivi
stipulati in sede governativa entro il 2011», di andare con le vecchie regole. Si tratta di quelli della Fiat di
Termini Imerese, della Fincantieri e di altre grandi vertenze chiuse dopo il termine del 4 dicembre previsto dal
salva Italia. Ma anche considerando questi, sostiene il comunicato del ministero del Lavoro diffuso ieri sera,
non si supera la soglia di 65 mila stimata fin dall'inizio dal governo. E poco importa che i calcoli dell'Inps, fatti
applicando puntualmente il dettato della norma, giungano a conclusioni molto diverse. In realtà, i 65 mila
lavoratori confermati ieri sarebbero quelli che, perso il lavoro entro il 2011, matureranno la pensione secondo le
vecchie regole nei prossimi due anni, spiegano fonti tecniche. Gli altri, almeno per ora, resterebbero fuori.
La partita, però, non pare chiusa. Oggi i sindacati scendono in piazza a Roma, dove parleranno i segretari
generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, per protestare contro questo
pasticcio degli esodati e contro le decisioni prese ieri dal governo. Che sono bocciate anche dal Pd e dall'Idv.
Del resto, è stato il direttore generale dell'Inps, Mauro Nori, l'altro ieri, a dire in Parlamento che i lavoratori
interessati sarebbero stati almeno 130 mila e questo senza contare quelli ammessi alla contribuzione volontaria
che, pure loro, ne avrebbero diritto, stando alla formulazione del salva Italia. E i numeri dell'Inps sono fatti
attraverso una puntuale rilevazione dei codici fiscali di coloro che hanno lasciato il lavoro entro il 2011 pur non
avendo i requisiti per la pensione. Il fatto è che, su tutto, ha prevalso la linea della Ragioneria generale dello
Stato, indisponibile per il momento a mettere altre risorse a disposizione in aggiunta ai 5 miliardi già previsti in
sette anni (2013-2019) per coprire le annualità di pensione di 65 mila lavoratori che potranno prendere l'assegno
secondo le vecchie regole.
E così la commissione composta da tecnici della stessa Ragioneria, dell'Inps e del ministero del Lavoro ha
concluso, secondo quanto si legge nella nota diffusa dallo stesso ministero, «che il numero di persone
interessate è di circa 65 mila e pertanto l'importo finanziario individuato è adeguato a corrispondere a tutte le
esigenze». Il ministro Elsa Fornero assicura di aver «voluto che il controllo dei dati fosse scrupoloso e preciso»
e conclude: «Si è data così risposta a una situazione di comprensibile ansia per migliaia di persone, fugando un
ingiustificato allarmismo». E «nelle prossime settimane» verrà emanato il previsto decreto ministeriale per dare
attuazione alla salvaguardia degli esodati.
Fonti vicine alla commissione tecnica che ha lavorato in questi dieci giorni spiegano che probabilmente saranno
necessarie nuove norme di legge per ridurre la platea dagli aventi diritto alla salvaguardia (cioè la possibilità di
andare con le vecchie regole) rispetto a quanto previsto dal salva Italia e dal Milleproroghe. Per ora si andrà
avanti tutelando i primi 65 mila. «Inps e ministro pur di non risolvere esodati, mobilitati, ricongiunti e altro,
inventano i fantasmi», dice il segretario della Cgil, Susanna Camusso. Gli esodati «sono decine di migliaia di
più dei 65 mila», aggiunge il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. Francesco Boccia (Pd) chiede un tavolo subito
tra governo e sindacati.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: Fabrizio Massaro
[email protected]
Unicredit sceglie il «tedesco» Vita
Il top manager di Allianz e Springer indicato presidente all'unanimità
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MILANO — Giuseppe Vita, 76 anni, medico-manager siciliano trapiantato in Germania, sarà il candidato delle
Fondazioni e dei soci stabili alla presidenza di Unicredit. La designazione è arrivata ieri poco dopo le 15 dal
summit dei grandi soci a Piazza Cordusio a Milano. Il profilo di Vita, numero uno di Allianz spa e di Banca
Leonardo, ha convinto le Fondazioni nel ballottaggio con Gian Maria Gros Pietro, ex presidente di Iri ed Eni,
considerato vicino alla Fondazione Crt: erano i candidati più accreditati della lista di quattro, che comprendeva
Massimo Tononi e Angelo Tantazzi, elaborata dal cacciatore di teste Egon Zehnder con il vicepresidente
dell'istituto Vincenzo Calandra Bonaura e l'amministratore delegato Federico Ghizzoni, che ha svolto il ruolo di
mediatore tra i soci.
Nonostante il confronto «serrato», come lo ha definito il presidente della Fondazione Banco di Sicilia Giovanni
Puglisi, la decisione «è stata unanime», ha confermato il presidente di Cr Trieste, Massimo Paniccia. Agli
incontri hanno partecipato le Fondazioni maggiori Crt (Andrea Comba, Fabrizio Palenzona), Cariverona (Paolo
Biasi), Carimonte (Andrea Landi), poi le piccole Cr Trieste, Manodori (Gianni Borghi), Bds, Cassamarca (Dino
de Poli), in tavoli separati nella sede di Unicredit, fra i soci privati Luigi Maramotti e un esponente del fondo
sovrano di Abu Dhabi, Aabar, con Ghizzoni a fare la spola tra i vari gruppi.
La scelta di un manager italiano, nato a Favara (Messina) il 28 aprile del 1935, con studi di medicina prima alla
Sapienza e poi all'università di Magonza e una carriera in gruppi tedeschi (Schering, Alex Springer, l'editore di
Bild e Die Welt), è in continuità con l'impostazione della banca dopo la fusione con Hvb: dal 2005 al vertice di
Unicredit c'è stato il tedesco Dieter Rampl, che ieri ha salutato la scelta di Vita come «eccellente» e «miglior
garanzia di successo nelle sfide che la banca dovrà affrontare nei mesi e negli anni a venire». Vita, che fra
l'altro è presidente onorario di Deutsche Bank Italia, consigliere di Pirelli, Barilla e Humanitas e candidato per
il consiglio di Rcs (che edita il Corriere della sera), resterà in carica per tre anni, fino all'aprile 2015. Per
Unicredit dovrà lasciare Allianz, da cui proviene anche l'attuale consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Enrico
Cucchiani.
Ieri sarebbe stato dipanato anche l'altro tema caldo, quello della composizione del nuovo board ridotto da 23 a
19 amministratori: anche se per l'ufficializzazione dei nomi c'è tempo fino a lunedì, ultimo giorno utile in vista
dell'assemblea dell'11 maggio, alle Fondazioni dovrebbero andare 7 posti, a parte il ceo e il presidente. Per Crt e
Carimonte due consiglieri a testa (Torino riconferma Palenzona e il notaio Antonio Maria Marocco), mentre
Cariverona dovrebbe prendere un solo posto, con Candido Fois vicepresidente vicario al posto dell'avvocato
Luigi Castelletti, candidato per il centrodestra a sindaco di Verona. Per Cariverona resterebbero le attuali
compensazioni con i posti nelle controllate. Due posti andrebbero alle minori Cassamarca e Bds (verso la
riconferma Roberto Giacomin e Marianna Li Calzi), e due ai privati Luigi Maramotti e Alessandro Caltagirone
(figlio di Francesco Gaetano). Due posti anche per Aabar, primo socio con il 6,5%: si parla di Luca Cordero di
Montezemolo e di un manager arabo, mentre resterebbe fuori dal consiglio la Libia. Allianz conferma Helga
Jung, e Assogestioni Lucrezia Reichlin. Quattro posti andranno a esponenti delle aree in cui Unicredit opera, in
particolare Germania, Polonia, Austria.
*CORRIERE DELLA SERA*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
Fonsai, ultimo scoglio sui concambi
Stretta in vista del vertice Premafin
MILANO — Stretta sui concambi per Unipol-Fonsai. «Stiamo lavorando e facendo progressi», ha detto ieri
Emanuele Erbetta, amministratore delegato della compagnia di Ligresti. «Le distanze le leggo solo sui
giornali», ha aggiunto sui rumor che hanno indicato difficoltà nel pervenire a valori condivisi. Anche ieri i
lavori di vertici e advisor sono proseguiti ed è probabile che il «cantiere» resti aperto nel weekend. Obiettivo è
definire il valore delle società e le forchette dei concambi in tempo per il consiglio di Premafin che dovrà
stabilire il prezzo dell'aumento da 400 milioni riservato a Unipol. Il board, indicato per lunedì 16, non è stato
ancora convocato. Potrebbe essere fissato nelle prossime ore e un eventuale slittamento non dovrebbe andare
oltre martedì: i concambi verrebbero inseriti nella relazione per l'assemblea di metà maggio. Ieri Il presidente
della Consob Giuseppe Vegas ha detto che la risposta sull'esenzione dell'Opa arriverà «al momento giusto».
Prima deve pervenire il responso Isvap. E il presidente Antitrust Giovanni Pitruzzella ha detto di non aver
ancora letto l'esposto di Palladio-Sator, ma lo esaminerà con «attenzione, equilibrio e severità per garantire la
concorrenza». Il ruolo dell'Authority «è limitato ai profili antitrust ed entro maggio assumeremo indicazioni»
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S. Bo.
*la Repubblica*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: ELENA POLIDORI
Btp, tassi su e il Tesoro frena l’offerta
Allarme di Bce e Fmi: ci saranno più disoccupati in Europa, la crisi non è finita
Il rendimento è salito in un mese dal 2,76 al 3,89 per cento. Grilli: “Troppo alto”
Il Tesoro sceglie di non soddisfare tutta la domanda di titoli si Stato triennali
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ROMA - Il Tesoro colloca sul mercato Btp triennali per 2,88 miliardi, poco meno della quantità offerta, ma a
tassi in salita, fino al 3,89% (da 2,76), il top da gennaio. Il viceministro dell´Economia, Vittorio Grilli, spiega che
«ha scelto» di non soddisfare «tutta la domanda che c´era», perché il paese non ha «urgenza di fare funding a
tassi che secondo noi non sono quelli giusti». La notizia arriva proprio quando sia la Bce che il Fmi lanciano
l´allarme lavoro: ci saranno più disoccupati, a breve è atteso un peggioramento. E come se non bastasse, non
migliora il contesto: la ripresa sarà «modesta» e gravida di «rischi». Per uscire dal tunnel servono bilanci
«solidi» e riforme strutturali «energiche». Di più: «La crisi non è finita», ammonisce Christine Lagarde, numero
uno del Fondo. Preoccupata per «i costi umani» che comporta, la signora consiglia ai governi di intervenire
subito sul mercato del lavoro: «Le riforme sono difficili ma essenziali per creare nuova occupazione, specie
per i giovani».
Le analisi di Bce e Fmi, come pure l´esito dell´asta dei Btp, seguita peraltro dalla vendita di buoni ´fuori corso´
per tutti i 2 miliardi massimi prefissati, influiscono sulle Borse europee. Dopo un avvio contrastato, con la sola
eccezione di Madrid, tutte recuperano sul finale , spinte da Wall Street, pure in ascesa. Milano chiude con un
più 1,23%. Si ridimensiona lo spread (quota 361,8). Secondo i tecnici di Mario Draghi sono i timori per la
crescita che stenta e il lavoro che non c´è a pesare sul differenziale di Italia e Spagna. Si placa anche la
polemica politico-diplomatica tra i premier Rajoy e Monti: lo spagnolo dice che il collega italiano gli ha
telefonato per smentire, come ha già fatto palazzo Chigi, i riferimenti a Madrid quale causa della crisi.
Lagarde: «I rischi restano alti. La situazione è fragile. Le tensioni nella Ue sono il pericolo maggiore: servono
più difese».
Proprio le fibrillazioni di rendimenti e spread sono spiegati dalla Bce col fatto che sui mercati la fiducia "non ha
recuperato completamente". Secondo i tecnici di Mario Draghi il «rinnovato intensificarsi delle tensioni" sui titoli
di stato dell´area euro e «la loro potenziale propagazione all´economia reale» sono oggi tra i maggiori fattori di
rischio. Il Fmi concorda. L´Ocse invece rammenta un altro pericolo incombente: il debito pubblico che, per i
paesi dell´organizzazione, arriverà a livelli ´italiani´, oltre cioè il 100% del Pil. Sarà quindi necessario «un
sostenuto irrigidimento di bilancio» da attuarsi con tagli «mirati» più che «indiscriminati».
Oggi comunque il dramma è quello della disoccupazione: le condizioni del mercato del lavoro "continuano a
deteriorarsi", avverte la Bce. I numeri lo testimoniamo: il tasso di disoccupazione «è andato aumentando sin
dall´aprile del 2011. A febbraio si è collocato al 10,8%, un livello superiore di 0,6 punti percentuali rispetto al
massimo raggiunto nel maggio del 2010». Servono "aggiustamenti salariali"; bisogna "promuovere la crescita
della produttività". Più in generale, la crisi impone prudenza sui conti pubblici e target rispettati. Tutti i partner
devono riportare il rapporto debito-Pil "decisamente" sotto il 60%. Per molti serviranno «altri notevoli sforzi di
risanamento per un periodo prolungato».
*la Repubblica*
VENERDÌ, 13 APRILE 2012
di: ETTORE LIVINI
Il dossier. L’emergenza debito
Boccata d’ossigeno dalle aste 2012
a fine anno “tesoretto” di 15 miliardi
Grazie al calo dello spread finora venduti più titoli di quelli scaduti
Da gennaio a oggi l´Italia ha collocato Bot e Btp per 175 miliardi
Non siamo l´unico Paese a dover fare i conti con i capricci dei mercati
MILANO - Il Tesoro stacca di un mese la speculazione nel braccio di ferro sul debito pubblico italiano. La
frenata degli spread dai 575 punti dello scorso novembre ha consentito a via XX settembre di schiacciare
l´acceleratore delle aste di titoli di Stato nel 2012 mettendo fieno – leggi liquidità – in cascina per prevenire
eventuali corto-circuiti dei mercati. Da gennaio a oggi l´Italia ha venduto Bot e Btp per 175 miliardi, 26 in più di
quelli scaduti, coprendo così in anticipo il 39% della raccolta prevista per l´intero anno. La strada è ancora
lunga: il fabbisogno dello Stato (28 miliardi nel primo trimestre) si mangerà parte di questa dote e entro
dicembre Roma dovrà piazzare altri 275 miliardi di titoli. La partenza a razzo però ha consentito di doppiare
senza danni le maxi-scadenze da 120 miliardi previste tra febbraio e aprile. Uno scoglio temutissimo dal
mercato e che fino a pochi mesi fa sembrava quasi insormontabile.
L´effetto Monti-Draghi
Da novembre, in effetti, molte cose sono cambiate. Allora il Tesoro doveva garantire al mercato un interesse
del 6,08% per riuscire a vendere un Bot a 12 mesi, tasso che saliva al 7,89% per i buoni triennali. Nelle aste
degli ultimi due giorni – malgrado qualche fibrillazione sull´asse Italia-Spagna – i rendimenti si sono scesi al
2,84% e al 3,79%. Numeri che hanno una doppia spiegazione: le riforme del governo Monti, fondamentali per
ridimensionare lo spread a 362 punti e i mille miliardi di liquidità low-cost garantiti dalla Bce alle banche
europee. Gli istituti italiani hanno prelevato dal Bancomat di Francoforte 255 miliardi, utilizzando un po´ di
questa montagna d´oro (58 miliardi) per aumentare in tre mesi da 209 a 267 miliardi i titoli di stato tricolori nel
loro portafoglio.
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Rassegna Stampa del giorno 13 Aprile 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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I benefici per gli italiani
Il successo delle aste 2012 è una buona notizia anche per le tasche degli italiani. Il Salva-Italia varato a
dicembre con i mercati ancora in tilt aveva messo in preventivo una spesa di 94 miliardi per pagare gli
interessi sul nostro debito pubblico. Oggi, con lo spread calato di 150 punti, i numeri sono diversi. E il conto
finale – salvo sorprese nella seconda parte dell´anno – sarà vicino agli 81 miliardi. Risultato: un inatteso
tesoretto di 15 miliardi (50 nell´arco del triennio) che fa molto comodo al governo Monti. Il Tesoro però ha
pagato un piccolo pedaggio per raggiungere questi obiettivi: l´accorciamento della vita media del nostro
debito. I mercati faticano ancora a comprare titoli italiani a lungo termine (i prestiti Bce durano tre anni). E per
assecondare la domanda, via XX settembre ha aumentato l´emissione di Bot a breve termine. A dicembre la
durata media dei 1.618 miliardi di debito tricolore era di sette anni e due mesi. Oggi si è ridotta a 6 anni e nove
mesi.Le aste degli altri
Gli operatori, naturalmente, continuano a predicare prudenza. E gli ultimi giorni – con il ritorno della
speculazione e il mini-rialzo dei tassi – sono un campanello d´allarme per chi era tentato di abbassare la
guardia. L´Italia non è comunque la sola a dover fare i conti con i capricci dei mercati. L´ultima asta di Bonos
spagnoli, ad esempio, ha registrato una domanda inferiore dell´offerta. E le tensioni sono tracimate pure sugli
Oat francesi. L´unica a fregarsi le mani è la Germania. L´asta sui Bund decennali di questa settimana si è
chiusa con un rendimento dell´1,75%, Meno dell´inflazione tedesca (2,1%), segno che sui mercati c´è chi è
disposto a perdere denaro in termini reali pur di mettere al sicuro i suoi quattrini affidandoli ad Angela Merkel.
L´Europa sarà piena di paesi indisciplinati e poco affidabili, come dicono in Bundesbank. Ma Berlino, alla fine,
rischia pure di guadagnarci qualcosa.
La Fiba-Cisl
Vi augura di
trascorrere
una fine settimana
serena
A
Arrrriivveeddeerrccii aa
lunedì 16 Aprile
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Rassegna Stampa del giorno 13 Aprile 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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mppaa!!