1 rassegna stampa martedì 9 ottobre 2012

Transcript

1 rassegna stampa martedì 9 ottobre 2012
Federazione ittaalliiaannaa bancari e assicuurativi
via Modena, 5 – 00184 Roma – tel. 06-4746351 / fax 06-4746136
e-mail: [email protected]
sito web: www.fiba.it
Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale
RASSEGNA STAMPA
MARTEDÌ

9 OTTOBRE 2012
U
Unn aaffooriissm
maa aall ggiioorrnnoo............................................................................................................................. 22
 Più salario in azienda, imprese e sindacati al tavolo ............................................ 3
 Allarme Bce su disoccupazione strutturale e «scoraggiati» ................................ 4
 Il Fondo monetario taglia le stime sull’Italia ........................................................ 5
 Esm al via con l’incognita banche .......................................................................... 7
 UniCredit, sul tavolo lo spin-off dell'Italia............................................................. 8
 Axa taglia gli investimenti in titoli di Stato ........................................................... 9
A CAUSA DI PROBLEMI TECNICI AL SITO DEL CORRIERE.it NON È STATO
POSSIBILE PUBBLICARE GLI ARTICOLI.
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
1
 Produttività, Cgil frena subito il negoziato ........................................................... 11
 Parte il Salva-Stati, in cassa 500 miliardi .............................................................. 12
 “L’Italia mancherà la ripresa nel 2013”
peggiorano le stime di crescita dell’Fmi ............................................................. 13
 Le Coop puntano su Unipol priv rilevato l’inoptato Mediobanca ........................ 14


UN AFORISMA AL GIORNO
a cura di “eater communications”
“
ÈÈ n
neell m
mo
om
meen
ntto
o ppiiù
ù ffr
reed
dd
do
od
deellll''a
an
nn
no
o
c
ch
hee iill ppiin
no
o ee iill c
ciippr
reesssso
o,, u
ullttiim
mii a
a ppeer
rd
deer
ree llee ffo
og
glliiee,,
”
r
riiv
veella
an
no
o lla
a llo
or
ro
o tteen
na
ac
ciia
a.!!!!.
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
2
((C
Coon
nffu
ucciioo))
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 9 OTTOBRE 2012
La trattativa. In vista dell'incontro di domani le organizzazioni datoriali stanno mettendo a
punto un documento da presentare alle confederazioni
Più salario in azienda,
imprese e sindacati al tavolo
CGIL, CISL E UIL
Camusso frena: prematuro parlare di negoziato. Cauto anche Angeletti, ma Bonanni
assicura: faremo di tutto per arrivare a una definizione
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
3
ROMA – Spostare il baricentro della contrattazione dal livello nazionale a quello aziendale. Cioè nella sede dopo
può avvenire lo scambio salario-produttività, con il risultato di mettere più soldi in tasca ai lavoratori mantenendo e
anzi aumentando la competitività delle aziende.
È la sfida che si trovano ad affrontare imprese e sindacati, l'evoluzione degli accordi sulla contrattazione che sono
stati firmati in questi ultimi quasi quattro anni: da quello del gennaio 2009, senza la Cgil, e quello del 28 giugno
2011, unitario, che hanno puntato a rafforzare i contratti in azienda, prevedendo anche la possibilità di modificare i
contenuti del contratto nazionale in particolari condizioni (di crisi, di nuovi investimenti o aumento
dell'occupazione). Si tratta, quindi, di mettere in pratica le indicazioni di questi accordi, rendendoli operativi tra le
categorie, alcune delle quali proprio in queste settimane stanno trattando per il rinnovo del contratto nazionale.
Ma sul tavolo del negoziato c'è di più: come tenere conto della situazione congiunturale anche in sede di contratto
nazionale. In base all'accordo del 2009, il nuovo indice individuato sulla base dell'Ipca, depurato alla dinamica dei
prezzi energetici importati, è il punto di riferimento del contratto nazionale. Quegli automatismi che ancora restano e
che il presidente del Consiglio, Mario Monti, aveva in mente quando ha sollecitato le parti sociali a trovare un
accordo per aumentare la produttività e superare il gap che ci divide con gli altri paesi.
Tema in discussione è appunto come ridurre la parte automatica per aumentare la quota di salario da distribuire in
azienda. Trovare quella soluzione via di mezzo che permetterebbe di mantenere in piedi l'accordo del 2009
adattandolo alla situazione economica attuale. Del resto, come è scritto proprio nel primo paragrafo, l'intesa era di
carattere sperimentale e della durata di quattro anni, scadenza che cadrà tra pochi mesi.
Un segnale è arrivato dal contratto nazionale appena rinnovato dai chimici: 148 euro, che però potranno essere per
una parte spostati a livello aziendale a seconda dei risultati del tavolo nazionale. E cioè: se dal governo arriveranno
risorse per aumentare la detassazione e la decontribuzione dei premi di produttività aziendali.
E questo è appunto un altro nodo del negoziato: se e quanto il governo è disposto a mettere sul piatto. Sia le imprese
sia i sindacati continuano a premere per una riduzione del cuneo fiscale e per ritornare per lo meno alle regole
precedenti sul salario di produttività (40mila euro e non 30mila come è oggi) e a ripristinare le risorse. Ma dal
governo i segnali non sono troppo incoraggianti, con i ministri, ultima Elsa Fornero, che ribadiscono la scarsità delle
risorse.
In vista dell'incontro di domani le organizzazioni delle imprese, Confindustria, Abi, Ania, Alleanza delle coop e
Rete Imprese Italia (che si è vista ieri sera con i sindacati) stanno mettendo a punto un documento comune che
presenteranno ai sindacati. Le difficoltà non mancano, a partire da come si realizza la contrattazione aziendale: nel
commercio e nell'artigianato non è diffusa e gli esempi che esistono sono a livello di territorio. Una realtà diversa
rispetto a quella industriale.
Diverso anche l'atteggiamento dei protagonisti: se Confindustria, come ha ripetuto anche ieri il presidente, Giorgio
Squinzi, punta ad arrivare all'accordo prima del vertice europeo del 18 ottobre, e permettere al governo di presentarsi
con un risultato, la leader Cgil, Susanna Camusso, ha ridimensionato l'appuntamento di domani: «è solo un incontro,
chiamarlo tavolo è una parola grossa. Non si fanno discussioni sui giornali, tutti stanno continuando a dire cose
incomprensibili». Cauto anche il numero uno della Uil, Luigi Angeletti: «Siamo disponibili a passi avanti, ma no a
qualsiasi manovra surrettizia o esplicita per toccare i salari». Diversi i toni di Raffaele Bonanni, leader della Cisl:
«faremo di tutto per arrivare ad una definizione». E di fronte all'esigenza delle imprese di lavorare di più e avere
maggiore flessibilità di orari risponde: «Lavorare meglio è possibile: utilizzando gli impianti e assecondando di più
la produzione. Gli orari restano come prima ma è l'uso del tempo che cambia, in funzione dell'elasticità».
N. P.
Archivia
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 9 OTTOBRE 2012
di: Davide Colombo
Le stime. L'inclusione di chi ha smesso di cercare lavoro nel conteggio porta il tasso al
12,5%, quattro punti oltre le stime ufficiali
Allarme Bce su disoccupazione
strutturale e «scoraggiati»
RISCHIO JOBLESS RECOVERY
Una flessibilità salariale, spiegano i tecnici della Bce, faciliterebbe la riallocazione tra settori
e la creazione di posti sostenibili
ROMA
L'effetto della crisi finanziaria che si è diffusa dal 2008 anche nell'eurozona ha aumentato il tasso di
disoccupazione strutturale. La conferma arriva dal report sul mercato del lavoro diffuso ieri dalla Bce. Le stime
raccolte da Commissione europea, Ocse e Fondo monetario internazionale e rielaborate dall'Eurotower
dimostrano che è cresciuto il rischio di una «isteresi della disoccupazione» che renderà più difficile, alla ripresa
del ciclo, riassorbire molti dei posti di lavoro che sono andati perduti.
Lo studio prende le mosse dagli effetti aggregati delle recessioni che hanno colpito in varia misura le economie
dell'Euro-area e che hanno bruciato, tra il 2008 e il 2010, quattro milioni di posti di lavoro, scesi a tre milioni
dopo la tiepida ripresa del primo semestre del 2011. L'impatto è diverso tra paesi e settori produttivi ma le
evidenze statistiche raccolte dimostrano che il tasso di disoccupazione di equilibrio, stimato con l'indicatore
Nairu (non accelerating inflation rate of unemployment) ovvero il tasso di compatibile con un'invarianza del
tasso di crescita dei prezzi, è aumentato di oltre un punto e ora si colloca sopra la soglia del 9%; il top dal 1999.
Ad aumentare il tasso strutturale, che ha effetti significativi sul Pil potenziale di ogni singolo Paese, è in
particolare l'allungamento del periodo di disoccupazione medio, visto che almeno la metà dei «senza lavoro»
non trova un nuovo impiego da oltre un anno. Esclusioni prolungate dal mercato del lavoro hanno poi
provocato un rapido deterioramento dell'incrocio tra domanda e offerta di impiego per determinate competenze.
In questo contesto le priorità indicate ai governi per evitare il rischio di una ripresa senza occupazione puntano
su una migliore flessibilità dei mercati e su una moderazione dei salari, che hanno mostrato una rigidità in
questi anni di crisi compensata in parte dai blocchi sul pubblico impiego. Una flessibilità salariale, spiegano i
tecnici della Bce, «faciliterebbe la riallocazione tra settori e sosterrebbe la creazione di posti sostenibili». In
questa prospettiva le riforme intraprese in diversi Paesi (si cita l'esempio positivo delle riforma Hartz del 2000
in Germania) vanno nella giusta direzione ma rappresentano solo un primo passo per rafforzare la competitività
dei mercati.
Riguardo all'Italia, oltre alle stime che dimostrano una elasticità della disoccupazione che si colloca nella media
Ue, viene segnalato che se si includessero i lavoratori «scoraggiati», coloro che rinunciano a cercare
attivamente una occupazione, tra i disoccupati, il tasso salirebbe al 12,5%, ossia 4,1 punti percentuali in più
rispetto al livello ufficiale Eurostat 2011.
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
4
Archivia
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 9 OTTOBRE 2012
Dal nostro inviato Alessandro Merli
IL WORLD ECONOMIC OUTLOOK
Il Fondo monetario
taglia le stime sull’Italia
Ridotte le previsioni 2012 (-2,3%) e 2013 (-0,7%) - Fuori dalla recessione solo alla fine del
prossimo anno
IL RUOLO DEI GOVERNI
Il Fondo esorta l'Europa ad accelerare l'unione bancaria e attuare maggiore integrazione
fiscale, gli Usa a un accordo sul bilancio
TOKYO.
Il Fondo monetario taglia ancora le stime sulla crescita in Italia, ma il suo capo economista, Olivier Blanchard,
sostiene che, se il Governo italiano, e quello spagnolo, continueranno sulla strada delle riforme, per la crisi
dell'eurozona «c'è una ragionevole speranza che il peggio possa essere alle nostre spalle».
Nelle nuove previsioni del World Economic Outlook, che aggiornano quelle del luglio scorso, gli economisti
dell'Fmi indicano contrazione dell'economia italiana del 2,3% quest'anno e dello 0,7% il prossimo, in entrambi i
casi con una riduzione dello 0,4% rispetto alle stime di tre mesi fa. La cifra del 2013 a questo punto si discosta
abbastanza nettamente da quella indicata dal Governo (-0,2%) nella recente Nota di aggiornamento del
Documento di economia e finanza.
Solo nell'ultimo trimestre del 2013, secondo il Fondo, l'Italia riguadagnerà, si fa per dire, la crescita zero.
L'anno prossimo, il nostro sarà l'unico dei grandi Paesi ad accusare un dato annuo negativo, precedendo solo la
Spagna, che subirà una contrazione dell'1,3%. Inevitabilmente, la disoccupazione, che segue con ritardo
l'evoluzione dell'economia, è destinata ad aumentare: nelle previsioni dell'Fmi passerà dall'8,4% dello scorso
anno al 10,6% di quest'anno all'11,1% del prossimo.
Italia e Spagna sono, nell'opinione di Blanchard, la possibile chave di volta della crisi dell'euro. «Nel breve
periodo - sostiene l'economista francese - sono necessarie misure immediate. Spagna e Italia devono continuare
con i piani di aggiustamento che ristabiliscano la competitività e l'equilibrio fiscale e mantengano la crescita.
Per farlo, devono essere in grado di ricapitalizzare le banche senza aumentare il debito pubblico (un riferimento
soprattutto alla Spagna ndr). E devono potersi finanziare a tassi ragionevoli». In parte, l'aggiustamento della
competitività auspicato dal capo economista dell'Fmi sta già avvenendo. Il deficit delle partite correnti della
bilancia dei pagamenti scenderà quest'anno all'1,5%, dal 3,3% del prodotto interno lordo dell'anno scorso.
Nelle nuove previsioni del Fondo monetario, il deficit pubblico italiano scenderà dal 3,8% del prodotto interno
lordo del 2011 al 2,7% del 2012 e all'1,8% del 2013. Più che a questi valori nominali, l'Fmi invita però a fare
riferimento, come ha indicato di recente anche il Governo, all'indebitamento strutturale, depurato cioè dagli
effetti del ciclo economico e dalle misure una tantum. Questo, secondo l'istituzione di Washington, che
comincerà oggi a Tokyo i suoi lavori autunnali in vista dell'assemblea annuale del fine settimana, passerà da un
deficit dello 0,6% quest'anno a un surplus dello 0,6% l'anno prossimo, un risultato migliore di quello degli altri
grandi Paesi, Germania compresa. Il debito pubblico italiano continuerà a crescere, secondo l'Fmi, dal 126,3%
del pil del 2012 al 127,8% del 2013 e nel 2017 sarà ancora al 120% del pil.
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
5
Sul fronte della ripresa mondiale, sempre più debole, la responsabilità è nelle mani dei politici in Europa e negli
Usa. L'Fmi ha ridimensionato ieri le previsioni, che aveva rivisto al ribasso non più tardi di tre mesi fa, per la
crescita mondiale, che ora vede al 3,3% quest'anno e al 3,6% l'anno prossimo. I rischi sono aumentati,
commenta il Fondo, e sono considerevoli.
«La crisi nell'area dell'euro resta la minaccia più ovvia allo scenario globale», osserva il World Economic
Outlook. La previsione di base degli economisti del Fondo è che i Governi adottino politiche che migliorino le
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
6
condizioni finanziarie per i Paesi della periferia dell'eurozona. La Bce ha fatto la propria parte, sostiene il Weo,
ora tocca ai Governi attivare il fondo salva-Stati Esm (il che formalmente è avvenuto ieri) e cominciare ad
attuare misure per l'unione bancaria e una maggior integrazione fiscale. L'altro scacchiere sul quale l'Fmi
attende la mossa dei politici è quello del bilancio degli Stati Uniti, dove senza un accordo per eliminare il
cosiddetto "fiscal cliff" si produrrebbero drastici aumenti di tasse e tagli di spesa automatici, tali da precipitare
l'economia in recessione.
Nel 2013, le economie avanzate cresceranno solo un modesto 1,5%, poco di più del 2012. A livello globale,
quindi anche nei Paesi emergenti, il settore manifatturiero ha rallentato nettamente. Le forze che frenano sono
l'aggiustamento dei conti pubblici e la persistente debolezza dei sistemi finanziari.
In Europa, il Fondo vede dei progressi nell'affrontare la crisi, a livello dei singoli Paesi e a livello europeo, ma
ritiene che «a meno che vengano adottate presto ulteriori azioni, il recente miglioramento dei mercati finanziari
potrebbe rivelarsi passeggero». Il Weo ritiene essenziali tre punti: il sostegno ai Paesi in difficoltà soggetti a
pressioni dei mercati, l'iniezione diretta di capitale nelle banche e l'unione bancaria.
Il principale fattore di sostegno alla crescita è stata finora una politica monetaria accomodante, con tassi
d'interesse molto bassi e programmi per ridurre i rendimenti in particolari settori o migliorare l'intermediazione
finanziaria. Con le pressioni inflazionistiche nell'eurozona limitate, e in discesa nel 2013, c'è addirittura un 25%
di possibilità di prezzi in calo. Questa proiezione, secondo l'Fmi, dà alla Bce ampia giustificazione per tenere i
tassi d'interesse bassi o tagliarli ulteriormente.
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 9 OTTOBRE 2012
Dal nostro inviato Beda Romano
Esm al via con l’incognita banche
Disporrà di 500 miliardi ma non potrà ancora ricapitalizzare direttamente gli istituti
LO SCENARIO
Juncker: «Una pietra miliare per l'Eurozona» La Grecia avrà dieci giorni per le riforme. Al
Portogallo nuovi aiuti per 4,3 miliardi
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
7
LUSSEMBURGO.
Dopo un lunghissimo processo di ratifiche nazionali, il Meccanismo europeo di stabilità (Esm) ha visto
finalmente la luce ieri. La nuova istituzione dell'unione monetaria è chiamata a essere un fondo monetario
europeo in aiuto ai paesi più fragili. Il cattivo andamento dei mercati finanziari nella giornata di ieri potrebbe
essere indice anche di una certa cautela nei confronti di uno strumento ancora tutto da valutare nella pratica.
Moody's e Fitch hanno concesso la Tripla A alla nuova istituzione finanziaria, la prima delle due agenzie con
prospettive negative.
L'unione monetaria – ha detto il presidente dell'Esm Jean-Claude Juncker – «si è dotata ora di un parafiamme
efficace e permanente, un elemento cruciale nella nostra strategia volta a garantire la stabilità finanziaria nella
zona euro». Il primo ministro lussemburghese, ieri proprio a Lussemburgo per una riunione dell'Eurogruppo, ha
poi aggiunto: «L'Esm sarà certamente considerato come una presenza rassicurante dentro e fuori dalla zona
euro». Secondo Juncker, l'Esm è un «tassello mancante» nell'architettura dell'unione monetaria.
A regime, il nuovo fondo monetario europeo avrà a disposizione fino a 500 miliardi di euro per aiutare in vari
modi i paesi in crisi finanziaria. Tra le altre cose, potrà acquistare debito sui mercati primari e secondari,
garantire almeno parzialmente emissioni obbligazionarie, concedere temporanee linee di credito. L'Esm avrà un
doppio sistema di voto. Molte decisioni dovranno essere prese all'unanimità, me nei casi più urgenti i 17 paesi
della zona euro potranno optare per una maggioranza qualificata dell'85%.
Da un punto di vista politico, l'Esm rappresenta «una pietra miliare» nel processo di integrazione dell'unione
monetaria, secondo lo stesso Juncker. A differenza per esempio della Banca centrale europea, gli azionisti della
nuova istituzione sono i 17, non i 27. L'avvio del nuovo fondo «sancisce dopo neppure due anni di intenso
lavoro il passaggio da una gestione della crisi di breve periodo a una stabilizzazione della zona euro nel lungo
periodo», ha detto da Berlino Steffen Seibert, il portavoce del cancelliere Angela Merkel, parlando di «buona
giornata per l'Europa».
Da un punto di vista operativo, i governi devono chiarire ancora alcuni aspetti operativi. La nuova istituzione
europea potrà ricapitalizzare direttamente le banche, una volta però che la sorveglianza bancaria sarà effettuata
dalla Bce. Ieri, in una conferenza inaugurale a Lussemburgo, il direttore generale dell'Esm Klaus Regling ha
detto che la centralizzazione della vigilanza creditizia è «un processo complesso» e che ci vorrà quindi «tempo»
perché l'Esm possa contribuire a spezzare il circolo vizioso tra bilanci bancari e bilanci sovrani.
Quasi a voler smorzare il tentativo di una fetta dell'establishment europeo di rallentare i negoziati su questo
fronte – in particolare quello tedesco preoccupato da scelte troppo affrettate, ieri il ministro delle Finanze
irlandese Michael Noonan ha affermato: «I mercati si aspettano che metteremo in pratica quanto deciso» nel
vertice europeo del 29 giugno, ha detto Noonan a mo' di avvertimento. Fitch Ratings ha assegnato il rating
Triplo A al debito dell'Esm, ritenendo stabili le prospettive del nuovo fondo monetario europeo. Dal canto suo,
l'agenzia Moody's ha assegnato un rating Triplo A al nuovo fondo Esm, ma a differenza di Fitch le prospettive
sono ritenute negative.
Nel frattempo, l'Eurogruppo ha preso alcune decisioni. Il Portogallo ha ricevuto il benestare per una nuova
tranche di aiuti pari a 4,3 miliardi, mentre su fronte greco, i ministri finanziari della zona euro hanno dato alla
Grecia fino al 18 ottobre per mostrare «la sua determinazione ad adottare le riforme promesse» in modo da
ricevere nuovi aiuti finanziari.
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 9 OTTOBRE 2012
di: Marco Ferrando
Banche. Cancellato l'incontro di oggi con le Fondazioni - Per i soci libici un posto nel
prossimo cda - Il dividendo? «Non ha senso parlarne adesso»
UniCredit, sul tavolo
lo spin-off dell'Italia
Il presidente Vita: «Lo scorporo è logico ed è anche un mio desiderio, ma si farà al momento
giusto»
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
8
MILANO
Tutte le strade di UniCredit portano allo scorporo delle attività italiane, considerato l'unico modo per mettere
definitivamente ordine nel gruppo. Però i tempi non sono ancora maturi: troppo costoso e troppo complesso,
oggi, separare UniCredit Italia da tutto il resto del gruppo.
L'orizzonte è questo da tempo in Piazza Cordusio ma ieri il concetto è stato ribadito direttamente dal presidente
Giuseppe Vita, come a dire che il capitolo è chiuso almeno per un po'. «Desidero anch'io scorporare l'attività
italiana – ha spiegato ieri Vita all'inaugurazione dello stabilimento Barilla di Rubbiano di Solignano – per un
semplice motivo: noi oggi abbiamo un ibrido, cioè una holding che deve badare a tutte le varie partecipate
europee». Morale: «Così come abbiamo un'UniCredit tedesca, una per la Polonia, una per l'Austria e una per
tutti i paesi in cui siamo ce ne vorrebbe anche una per l'Italia», ha sottolineato Vita, secondo il quale «sarebbe
giusto che ci fosse» ma è impossibile perché «in Italia ci sono determinate rigidità burocratiche e
amministrative che per il momento non ci consentono di farla».
Gli ostacoli per lo spin-off, attualmente, sono per lo più di natura fiscale. Nei mesi scorsi si era calcolato che
separare le attività italiane costerebbe a Piazza Cordusio intorno ai 400 milioni, una cifra recuperabile sì
attraverso maggiori efficienze, ma non nell'immediato. Un buon motivo, dunque, per aspettare tempi migliori
dal punto di vista normativo e i primi frutti del nuovo piano industriale, anche a costo di vincere anche alcune
pressioni che arrivano da tempo da alcuni soci: «Non so se sia un desiderio particolare di qualche fondazione. È
logico, è un desiderio anche mio, però per il momento non è fattibile», ha tagliato corto Vita, inviando un
messaggio chiaro soprattutto a quei soci storici italiani – in primis CariVerona – che dai tempi della nascita del
gruppo UniCredit insistono sul tema.
A proposito di Fondazioni, ieri mattina è stato cancellato l'incontro inizialmente previsto per oggi con il vertice
della banca. Il summit era stato pianificato per presentare agli azionisti storici di Piazza Cordusio il nuovo
presidente, in carica da maggio, ma è stato cancellato alla vigilia formalmente per problemi di agenda.
L'incontro sarà ripianificato nelle prossime settimane, magari dopo la trimestrale attesa per il 13 novembre,
quando – ragionevolmente – il management di UniCredit sarà in grado di dare qualche indicazione più chiara
anche sull'eventuale cedola 2012: «Non è pensabile che a ottobre una società quotata possa dire qual è il
dividendo – ha risposto tranchant Vita –: UniCredit è un'azienda con tante filiali all'estero, dobbiamo prima
vedere come vanno. Fa parte del nostro dovere dare un dividendo, ma pensare che a ottobre lo si possa decidere
significa non avere idea del meccanismo con cui si prendono queste decisioni». È►un dato di fatto, comunque,
che tra le Fondazioni st i ua crescendo il pressing sulla banca per vedersi staccare una cedola al termine del
2012, a maggior ragione dopo lo sforzo straordinario sostenuto a inizio anno con l'aumento di capitale.
Se per parlare di dividendo c'è tempo, ciò che dovrebbe accadere in fretta è invece la sostituzione del
vicepresidente Al Qubaisi nel board: ieri Vita ha fatto intendere che, come anticipato da Il Sole 24 Ore la
settimana scorsa, la questione potrebbe finire sul tavolo del comitato governance in agenda per domani, in
modo da consentire il debutto del neo vicepresidente già al cda al momento previsto per i ul 18►ottobre.
Più lontano, invece, il rientro di un rappresentante dei soci libici in cda: «Quando questo board arriverà alla
scadenza, se saranno ancora soci di queste dimensioni, candideranno uno dei loro», ha detto ieri Vita
riferendosi alla Banca Centrale Libica e alla Libyan investment agency. soci con una quota totale vicina al 5 per
cento.
*il Sole 24ORE*
MARTEDÌ, 9 OTTOBRE 2012
di: Riccardo Sabbatini
Il deputy Ceo Duverne annuncia il cambio di strategia: i governativi scenderanno al 25% del
portafoglio
Axa taglia gli investimenti
in titoli di Stato
LA SVOLTA
Fino ad ora il rischio sovrano pesava 208 miliardi sui 479 miliardi investiti dalla compagnia
Più spazio ai corporate
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
9
Titoli di stato, indietro tutta. La volatilità dei mercati finanziari e dei debiti pubblici dell'area euro sta spingendo
Axa, il gigante francese delle assicurazioni, a ridurre sostanzialmente la quota di rischio sovrano nel suo
portafoglio d'investimenti. Era pari a 208 miliardi di euro (su un totale di 479 investiti dalla compagnia) nei
conti della semestrale di fine giugno. Una percentuale del 43% - per circa 13 miliardi è allocata in titoli italiani
- ma che nei nuovi investimenti - spiega Denis Duverne deputy Ceo del gruppo - «stiamo riducendo al 25 per
cento». Duverne era in questi giorni a Roma per partecipare all'annuale Axa forum dedicato quest'anno alla
sfida del genere (femminile) per il mondo finanziario ed assicurativo. E a "Il Sole 24 Ore" spiega in che modo
la crisi attuale sta cambiando l'approccio degli assicuratori al business e alle loro scelte d'investimento.
«Nelle correnti condizioni di mercato - sottolinea il deputy Ceo di Axa - la sfida è quella di avere un sufficiente
rendimento delle attività finanziarie, ponderato per il rischio, in un contesto di bassi tassi d'interesse. Nella
prima parte del 2012 abbiamo investito il 50% dei nuovi flussi di denaro in corporate bond, il 25% in titoli
governativi. Abbiamo anche comprato - aggiunge - covered bond dalle banche». Alla ricerca di nuove
opportunità l'attenzione del gruppo transalpino si sta rivolgendo anche verso i portafogli di crediti che le
banche, a corto di liquidità, non riescono a trattenere. «Il settore dei prestiti - spiega - è attraente. Abbiamo fatto
un accordo con Société Genérale che come tutti gli istituti di credito ha in questo momento restrizioni di
liquidità. Nella partnership banca e assicurazione ripartiscono il credit risk. Abbiamo definito un target di
società da finanziare, di dimensioni medio-larghe. Non sono abbastanza grandi per avere accesso al mercato
obbligazionario. Ma non sono piccole in assoluto, non sono come il negozio all'angolo, ma hanno un giro
d'affari da 250 milioni. Il primo prestito è stato di 80 milioni di euro. Nei prossimi 2-3 anni pensiamo di
investire nel credit risk 2-3 miliardi di euro. Stiamo vagliando intese analoghe con altri istituti di credito, anche
in paesi del Nord Europa». E l'Italia? «Al momento non vi sono discussioni in corso con Mps o altre banche
italiane».
La crisi mette sotto pressione anche gli intermediari finanziari la cui ricetta è un insieme di rigore e
pragmatismo. «Occorre ridurre i deficit dei paesi membri della zona euro. È un'azione necessaria ma richiederà
tempo a causa della recessione in atto in Europa». L'Italia - sottolinea Duverne - «sta andando nella giusta
direzione». Quanto alla Francia «mi rammarico che il governo stia aumentando le tasse più di quanto riduca le
spesa».
Gli effetti della congiuntura economica sul mondo delle polizze non sono tutti a senso unico. Alcuni sono
positivi («la gente usa meno la macchina e pertanto vi sono meno sinistri da indennizzare») mentre, ad esempio,
le coperture assicurative per le aziende ne risentono negativamente. Nel settore vita i prodotti legati alla
protezione ed alla salute, dove lo stato sta riducendo la sua copertura, stanno andando bene. Maggiori difficoltà
si incontrano invece nelle polizze di risparmio («la gente ha meno opportunità di risparmiare»).
Le tensioni sui debiti pubblici di alcuni paesi dell'area euro spiegano anche il rinvio della nuova
regolamentazione prudenziale per le compagnie europee (Solvency II) rispetto alla data di partenza prevista del
2014. «Il ritardo - stima Duverne - sarà di un anno, massimo di due anni». La volatilità dei patrimoni di
vigilanza indotta dal nuovo sistema è eccessiva , va «attenuata con strumenti appropriati», il rinvio va utilizzato
«per esaminare le migliori misure anticicliche ma è difficile farlo nel mezzo di una crisi senza precedenti». A
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
10
differenza della banche poi, le assicurazioni europee - osserva Duverne - non hanno bisogno di un unico
supervisore continentale. «Le banche possono morire per una crisi di liquidità, un vincolo che le compagnie non
hanno». È anche un problema di tempo. «Per le assicurazioni non è così assillante come per il mondo del
credito dove devi agire con rapidità». Che i regolatori, insomma rimangano nazionali sia pur nell'ambito di un
coordinamento e di regole armonizzate.
Le attuali turbolenze non cambiano la propensione di Axa a crescere, mutano semmai le sue direzioni di
marcia. Nei prossimi anni le acquisizioni «verranno fatte soprattutto nei mercati ad alta crescita, nelle economie
mature saremo più selettivi». Quanto all'Italia Axa vuole crescere nei rami danni, dove ha una quota
complessiva del 4 per cento, «in modo - spiega da raggiungere una dimensione critica. Stiamo guardando
opportunità di mercato». Anche gli asset messi in vendita da Fonsai su richiesta dell'Antitrust? La risposta,
come sempre in questi casi, è scontata. «Non commentiamo indiscrezioni su compagnie quotate».
*la Repubblica*
MARTEDÌ, 9 OTTOBRE 2012
di: ROBERTO MANIA
Lo sviluppo
Produttività, Cgil frena
subito il negoziato
Camusso: sento cose incomprensibili, con Confindustria solo un incontro
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
11
ROMA
— Parte il negoziato sulla produttività. Ma sarà tutto in salita con la Cgil che già frena e derubrica
l’appuntamento di domani tra Confindustria, le altre associazioni imprenditoriali e i sindacati solo ad un
«incontro», non a un tavolo di trattativa. «Sulla produttività — ha detto ieri il leader della Cgil, Susanna
Camusso — tutti continuano a dire cose incomprensibili».
Di certo il governo punta a un accordo nelle prossime due settimane, come ha detto a Repubblica
il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. L’esecutivo, e con lui la Confindustria di Giorgio
Squinzi, ritiene ancora possibile che si possa raggiunge un’intesa entro il 18 ottobre, consentendo al premier
Mario Monti di presentarsi al Consiglio europeo di Bruxelles almeno con un accordo di massima tra le parti
sociali su come rilanciare la produttività, quella che ormai da decenni rappresenta una delle principali ragioni
della bassa crescita del nostro Pil («spread produttività», l’ha chiamato Monti). Per il 20 ottobre, però, la Cgil
ha convocato a piazza San Giovanni a Roma (luogo storico delle grandi adunate sindacali) una
manifestazione per il lavoro e, di fatto, contro le politiche del governo. Improbabile che prima di quella data
possa accettare di accelerare il negoziato per la produttività. È un elemento importante, ma non il solo,
per comprendere la freddezza della confederazione di Corso d’Italia.
Sul tavolo del confronto, con la legge di Stabilità che sarà approvata oggi dal Consiglio dei ministri, il governo
(giocatore e non più semplice spettatore del gioco negoziale) metterà le risorse (tra i 600 e i 900 milioni) per la
detassazione del salario di produttività. Era quello che chiedevano sia i sindacati, sia gli imprenditori. E
spetterà proprio a loro decidere come accrescere la quota di retribuzione legata alla performance dell’azienda.
E qui cominciano i problemi. Tra Cgil, Cisl e Uil non c’è una posizione comune; diverse sono anche le
condizioni economiche e contrattuali tra industriali, artigiani e commercianti. Una cosa è competere sui mercati
internazionali, altra è avere un mercato nazionale magari anche protetto. In più, come ha ricordato ieri Squinzi,
una delle principali zavorre nel nostro sistema è costituito dall’inefficienza dei servizi della pubblica
amministrazione.
Il 28 giugno dello scorso anno, i sindacati e la Confindustria hanno sottoscritto l’accordo per la riforma del
sistema contrattuale, la democrazia e la rappresentanza sindacali: il contratto nazionale perde peso,
soprattutto per la parte economica, a vantaggio del contratto di secondo livello. Quel protocollo però non è
stato sottoscritto dalle altre associazioni imprenditoriali (Abi a parte) e non è stato ancora applicato. Il governo
vorrebbe che le parti facessero un altro passo avanti, di fatto superando l’ultimo automatismo salariale, cioè
dell’Ipca (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato a livello europeo e depurato dai prezzi petroliferi)
introdotto nel 2009 con l’accordo separato (senza la Cgil) sul sistema contrattuale. L’intento è di legare
qualsiasi aumento economico, anche a livello nazionale, a parametri di produttività. Progressivamente una
perdita di peso del contratto nazionale che pone problemi più alla Cgil che a Cisl e Uil, ma che
complica la vita pure delle piccole imprese dove si applica solo il contratto nazionale e non si svolge (anche
perché spesso i sindacati non sono presenti) alcuna contrattazione di secondo livello. Così l’allarme è scattato
pure tra gli associati di Rete imprese Italia (commercianti e artigiani).
Per complicare ulteriormente il quadro c’è la «pregiudiziale» posta dalla Camusso: il primo punto da affrontare
deve essere quello della rappresentanza e della democrazia sindacali. Questione decisiva soprattutto per
riportare al tavolo dei contratti la Fiom di Maurizio Landini.
*la Repubblica*
MARTEDÌ, 9 OTTOBRE 2012
di: ANDREA BONANNI
Parte il Salva-Stati,
in cassa 500 miliardi
Eurogruppo, ultimatum alla Grecia:“Avete dieci giorni di tempo per le riforme”
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
12
LUSSEMBURGO
— L’Esm, il fondo salva-Stati permanente, è diventato operativo. Dopo oltre un anno dalla decisione politica
dei capi di governo che ne avevano approvato la creazione, il “Meccanismo di stabilità europeo” è stato varato
ieri a Lussemburgo dai ministri dell’Economia dei diciassette Paesi della zona euro che siedono anche nel suo
consiglio di amministrazione, presieduto dal lussemburghese Jean Claude Juncker. L’Eurogruppo ha
affrontato anche l’emergenza Grecia, chiudendo definitivamente la possibilità di concedere al Paese una
consistente proroga per l’applicazione delle riforme chieste da Bruxelles. Atene, ha detto Juncker, ha solo
dieci giorni di tempo, fino al summit Ue del 18 ottobre, per dimostrare «al più tardi» di essere in grado di
«mettere in atto le riforme». Altrimenti non verrà sbloccata la prossima tranche degli aiuti, 31,5 miliardi di euro.
L’Esm, il meccanismo varato ieri sera, è lo strumento principale della strategia europea di difesa dell’euro
messa a punto dai governi. Potrà finanziare Paesi che non riescono più ad accedere al mercato dei capitali.
Potrà intervenire come arma anti-spread acquistando titoli di debito pubblico sul mercato primario e
secondario. Potrà finanziare direttamente la ricapitalizzazione delle banche in crisi, senza pesare sui bilanci
nazionali, ma solo dopo che i governo della zona euro avranno dato vita al sistema di sorveglianza unica del
sistema creditizio. Tuttavia, come ha ricordato ieri lo stesso Juncker, «non è stato concepito come uno
strumento isolato».
Il nuovo meccanismo di stabilità succede all’Efsf, il fondo salva stati provvisorio messo in piedi frettolosamente
all’inizio della crisi greca, e sarà gestito dallo stesso staff e dallo stesso direttore generale, il tedesco Klaus
Regling. Ma sarà più forte, più flessibile e meglio strutturato del suo predecessore. Fin da subito avrà una
capacità di intervento di 200 miliardi di euro, che a luglio prossimo arriverà a 500 miliardi. A questi si
aggiungeranno i duecento miliardi non ancora utilizzati dall’Efsf. In totale, dunque, una “capacità di fuoco” di
settecento miliardi di euro, che potrebbe anche essere aumentata in caso di bisogno. Il capitale iniziale sarà di
80 miliardi, versati direttamente dai diciassette stati membri, il resto è rappresentato da impegni di intervento
fino al massimo di settecento miliardi. Ogni Paese partecipa alla capitalizzazione sulla base della propria
ricchezza. L’Italia risponde per il 17,9 per cento del capitale (125 miliardi). La Francia per il 20,3. La Germania
per il 27,1. Come l’Efsf, l’Esm opera emettendo titoli per raccogliere sul mercato i capitali necessari a
finanziare le sue operazioni qualora questo si renda necessario. E ieri Regling ha rilevato che il 40 per cento
del capitale raccolto dall’Efsf è stato finanziato «da Paesi asiatici », in particolare Cina e Giappone. Le agenzie
di rating Fitch e Moody’s hanno già attribuito al fondo una quotazione tripla A (accompagnata tuttavia per
Moody’s dall’outlook negativo), che dovrebbe consentirgli di finanziarsi a tassi molto vantaggiosi.
Dopo il varo del Meccanismo, i ministri dell’Eurogruppo ieri si sono concentrati sulle altre emergenze della
zona euro, il Portogallo e la Spagna. A Lisbona verranno versati altri 4,3 miliardi di euro nell'ambito del piano
di salvataggio. Mentre, per quanto riguarda la Spagna, i governi della zona euro si sono limitati ad esprimere
un forte sostegno per le misure annunciate dal governo Rajoy, e sembrano condividere l’idea che una
eventuale richiesta di aiuti possa aspettare.
Oggi i ministri finanziari affronteranno altre due questioni cruciali. Una è la discussione sul bilancio, con la
proposta britannica di sdoppiare il budget comunitario tra Paesi dell’eurozona e Paesi “esterni”. L’altra è la
questione della Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie fortemente voluta da francesi e tedeschi.
Finora otto Paesi sono pronti ad approvarla: Francia, Germania, Belgio, Austria, Portogallo, Slovenia, Estonia
e Grecia. Ma per varare una cooperazione rafforzata a livello europeo ne occorrono almeno nove. L’Italia, ha
spiegato ieri il ministro Grilli, deciderà oggi se sciogliere la propria riserva, e così pure dovrebbe fare la
Spagna. Tuttavia in tarda serata sono arrivate indiscrezioni delle agenzie di stampa secondo le quali l’Italia
dovrebbe dare oggi la sua adesione, portando a nove il numero dei Paesi favorevoli.
*la Repubblica*
MARTEDÌ, 9 OTTOBRE 2012
DAL NOSTRO INVIATO ELENA POLIDORI
Oggi sarà rivisto il World outlook: per il nostro Paese Pil in contrazione dello
0,7% l’anno prossimo. Recessione più forte in Europa
“L’Italia mancherà la ripresa nel 2013”
peggiorano le stime di crescita dell’Fmi
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
13
TOKYO
— Rischio euro. Il Fondo monetario internazionale rivede al ribasso le stime dell’economia mondiale,
soprattutto europea che «si è deteriorata da luglio scorso ». C’è il timore che i problemi del debito sovrano
possano pesare negativamente non solo sul Vecchio continente ma anche sul resto del mondo. La crisi Ue —
scrivono gli economisti del Fondo — è oggi «la minaccia più evidente» per le prospettive globali. La sua
soluzione costituisce «la più alta priorità politica». Deve scattare il fondo salva Stati, ci vuole l’unione bancaria.
In questo contesto, l’Italia appare debole: per quest’anno è atteso un Pil sottozero, a meno 2,3% in linea con
le previsioni del governo (meno 2,4). Ma per il 2013 gli esperti internazionali sono pessimisti: il Paese è
destinato ad una crescita negativa dello 0,7%, ben al di sotto delle previsioni ufficiali (-0,2%). Ci sono poi i guai
della Spagna. Ci sono le complicanze del caso Grecia. E dunque: il Fmi raccomanda all’Europa di fare i
“compiti a casa”. La Bce tra iniezioni di denaro e disponibilità a comprare bond ha fatto la sua parte. Ora tocca
ai governi che devono continuare lungo la linea del rigore. Ma soprattutto, bisogna che sia operativo l’Esm, il
fondo salva stati, che giusto ieri ha visto la luce: gli esperti ripetono questo concetto più volte, nel loro report.
Occorre procedere nell’unificazione presso la Bce della sorveglianza bancaria. Se tutti questi tasselli andranno
al loro posto, allora potrà prevalere lo scenario più positivo che prevede una ripresa anche nei paesi periferici
di Eurolandia, Italia compresa. Ma perché il mondo tutto possa ricominciare a marciare con grinta su un
terreno virtuoso, è necessario che anche gli Usa sanino in fretta i loro squilibri di bilancio.
Nell’attesa, la recessione morde e s’aggrava. Soffre l’Italia, certo, ma va male anche la Spagna (-1,5 e -1,3), la
Francia vivacchia intorno a 0,1 e 0,4, la Germania tira, ma solo dello 0,9% quest’anno e il prossimo. Nel
complesso l’area euro avrà un Pil 2012 sotto zero (meno 0,4) per poi risalire a più 0,2 mentre il Pil globale
crescerà del 3,3% soltanto. Resistono gli Usa, con una crescita del 2,2%, ma appunto con gravi e dannosi
squilibri di bilancio.
Trainano come sempre Cina e India che, pur rallentando, mantengono rispettivamente un ritmo di crescita del
7,8% e del 4,9%. Ovunque, ma in particolar modo in Europa, la disoccupazione “resta elevata”.
Secondo il Fmi, nel vecchio Continente più di una persona su dieci è destinata a restare senza lavoro nel
corso del 2013; una su quattro in Spagna e in Grecia. Questi due paesi detengono il triste primato dei senza
lavoro: 24,9% quest’anno e 25,1% nel 2013 per gli spagnoli; 23,8 e 25,4 per i greci. L’Italia si colloca al di
sopra della media Ue (rispettivamente 11,2 e 11,5 nel biennio) con una percentuale di disoccupati del 10,6%
quest’anno e 11,1 il prossimo. Solo un po’ peggio della Francia (10,1 e 10,5) ma assai meno bene della
Germania che si mantiene sul 5,2% nel periodo. «Bisogna risolvere la crisi di Eurolandia», pungola Fmi
nell’outlook che sarà presentato questa mattina. «Il rischio più immediato è che ritardi o insufficienti azioni
politiche portino ad una ulteriore escalation nella crisi della zona euro », a un contagio. La situazione rimane
«precaria».
*la Repubblica*
MARTEDÌ, 9 OTTOBRE 2012
di: VITTORIA PULEDDA
Le Coop puntano su Unipol priv
rilevato l’inoptato Mediobanca
L’impegno per l’operazione Fonsai oltre 750 milioni
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
14
MILANO
— L’ultimo passaggio è stato l’acquisto, dal consorzio di garanzia, della quasi totalità di azioni Unipol priv non
sottoscritte durante l’aumento di capitale. Ebbene, la notizia è stata resa nota tre giorni fa, ma ieri si è saputo
che i sottoscrittori di questi pacchetti di azioni sono sempre loro, il mondo delle principali cooperative che
ruotano intorno a Unipol, che hanno comprato i titoli rimasti sul groppone delle banche sborsando 88 milioni.
Che, sommati a quanto è stato pagato a vario titolo - e a vari livelli della catena di controllo - porta
complessivamente ad oltre 750 milioni il “costo” per Bologna e dintorni del proprio aumento di capitale e del
matrimonio con Fonsai.
Partiamo dall’aumento di capitale ordinario Ugf, sottoscritto da Finsoe e dalle coop azioniste storiche della
holding quotata (quindi Novacoop, Coop Adriatica, Lima, Macif e Maif) per circa 470 milioni di euro. A questa
cifra va aggiunta la quota di azioni Unipol priv, sottoscritte dai medesimi azionisti “forti” per altri 14 milioni, più
gli 88 milioni pagati dal mondo delle cooperative (i nomi in questo caso non sono stati resi noti) pochi giorni fa.
E ancora: Ugf ha acquistato - sempre dal consorzio di garanzia delle banche - il 4,9% di ulteriori azioni
ordinarie Fonsai, pagando 45 milioni di euro, mentre già in fase di aumento di capitale aveva annunciato di
essere pronta a comprare azioni Fonsai risparmio; cosa che ha fatto per ulteriori 136 milioni di euro. Dunque, il
totale fa 753 milioni, lungo tutta la catena che parte da Finsoe, passa per le altre cooperative azioniste di Ugf e
si conclude con gli esborsi diretti della medesima Ugf, un ammontare speso per partecipare al proprio
aumento di capitale (che peraltro segna ancora un inoptato di circa il 20% in azioni ordinarie) e per
sottoscrivere una parte di titoli di Fonsai, che con tutta evidenza il mercato non si era precipitato a strapparsi di
mano. Cifre importanti per il mondo cooperativo, probabilmente finanziate almeno in parte dal sistema
bancario. Sempre a proposito di Unipol, si attende di sapere come è finita la vicenda dei maggiori
accantonamenti sulle riserve chiesti dall’Isvap. A suo tempo, nella lettera di contestazione, l’Istituto di vigilanza
aveva indicato in 30 giorni (dal 3 luglio scorso) il termine per avere una relazione sui sinistri entro i centomila
euro (i maggiori accantonamenti per riserve erano stimati in 210 milioni da Isvap) mentre il termine era
spostato al 10 settembre per i rilievi sui sinistri oltre i centomila euro. Lo stesso ex presidente Isvap Giancarlo
Giannini, ora commissario straordinario dell’Istituto, ha recentemente dichiarato che la partita non era
archiviata, ma per ora non si hanno notizie ufficiali di sviluppi.
I maggiori accantonamenti, ove necessari («Siamo tranquilli sulla tenuta delle nostre riserve» aveva detto
l’amministratore delegato Carlo Cimbri, durante la presentazione della semestrale) potrebbero entrare nei
conti Ugf dei nove mesi o in occasione del bilancio annuale. Di sicuro è un nodo di non poco conto, anche in
vista della fusione con Fonsai.
Contemporaneamente prosegue il conto alla rovescia per la trasformazione dell’ente di vigilanza, che
diventerà Ivass e sarà presieduto, per legge, dal direttore generale di Bankitalia. Altri due consiglieri saranno
indicati sempre da Via Nazionale, cui spetta anche il compito di scrivere il nuovo Statuto. I tempi sono ormai
prossimi alla scadenza: entro il 6 novembre infatti dovrebbe esserci il passaggio delle consegne.
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una giornata serena
A
Arrrriivveeddeerrccii aa
domani 10 Ottobre
pagina
Rassegna Stampa del giorno 9 Ottobre 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
15
ppeerr uunnaa nnuuoovvaa
rraasssseeggnnaa ssttaam
mppaa!!