Programma dettagliato Sotto il sole di Kush

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Programma dettagliato Sotto il sole di Kush
Sotto il sole di Kush
a Sheick Hussein il giorno della nascita del Profeta
Viaggio nell’Oriente dell’Etiopia. Oltre i suoi confini: le terre del Somaliland e di Gibuti. E’ l’Africa
di un sorprendente misticismo. E’ una frontiera da esplorare, da comprendere, da guardare con
qualche stupore. E’ l’Etiopia dei sufi, degli eremiti, degli uomini saggi dove Islam e Cristianesimo
si sono sfiorati di continuo con gli stessi rituali. Il santuario di Sheick Hussein acceca con il suo
bagliore bianchissimo. Qui gli uomini e le donne bevono acqua sacra, mangiano terra resa santa,
se ne cospargono la fronte in una benedizione sorprendente. Sono gli stessi gesti che i cristiani
ortodossi compiono a Lalibela. Gli uomini dell’Islam hanno abitato grotte, savane e montagne.
Raggiungere questi luoghi è compiere un pellegrinaggio.
L’Etiopia riesce ad allacciare mondi diversi. Il passaggio dagli infiniti campi di grano della
regione dei monti Bale alle savane di Sheick Hussein, dai canyon scavati dal fiume Webe Shebele
fino alle piantagioni di chat dell’Hararge sono, allo stesso tempo, impercettibili e improvvisi. Si
attraversano molti mondi in questo viaggio.
Harar è un crocevia. Frammento di Arabia Felix in Etiopia. Città murata. Novantanove moschee,
un groviglio di vicoli. E l’ingombrante immagine di Arthur Rimbaud a segnare i nostri passi in
questa città meravigliosa. E’ un gioco cercarne la casa, è realtà perdersi nel suo labirinto.
E poi ancora: questa volta si diventa Corto Maltese, appare Kush o ci sono ‘gli scorpioni del
deserto’. Questo è il Somaliland. Il più grande mercato di pecore e capre del mondo. Lo stato che
non c’è. Ma che, a poca distanza da Hargeisa, nasconde le più belle grotte affrescate a sud del
Sahara. Laas Gaal è ‘la pozza di acqua dei dromedari’, un complesso di dieci grotte. Qui per
cinquemila anni, uomini sconosciuti dipinsero, con colori magnifici, le loro mandrie di buoi dalle
corna lunghissime.
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Infine, l’altopiano di questo angolo del Nord della Somalia. Lo percorreremo fino a confini di
Gibuti. Per varcare la frontiera con il più piccolo paese dell’Africa orientale. Gibuti è la Dancalia.
E’ deserto di sale e lava. Il viaggio diventa minerale. E’ il popolo degli afar che raccoglie il sale
per venderlo ai mercati dell’Etiopia. E’ la terra dove i vulcani continuano a nascere e le placche
continentali a navigare una sull’altra. Qui Arthur Rimbaud cercò di diventare un trafficante di
armi. Qui Kush guidò Corto Maltese a nuove saggezze. Qui si viaggia assieme ai pastori nel
silenzio del lago Abbé o si rimane, per ore, sulle scogliere di lava a guardare mar Rosso e oceano
Indiano che si sfidano. Sanno che, fra qualche decina di milioni di anni, l’Africa dovrà arrendersi
e allora nascerà una nuova geografia. Questo viaggio, figlio di preistorie e antichi rituali mistici,
guarda alla mutazione del mondo, mette i suoi piedi in terre che cambieranno e ascolta gli
uomini che vivono fra le pietre di questo cambiamento.
1° giorno: 17 dicembre giovedì. Volo notturno Italia-Addis Abeba
Partenza dalle varie città italiane per raggiungere Roma.
Volo notturno Ethiopian Airlines da Milano/Roma verso Addis Abeba.
2° giorno: 18 dicembre venerdì. Addis Abeba
Arriviamo quando il sole sta sorgendo sulla capitale dell’Etiopia.
L’aeroporto di Bole non è più nelle campagne, oramai è parte della nuova città, a un passo
dalla Ring Road, la tangenziale che aggira la capitale dell’Etiopia. La città, a duemila e trecento
metri di quota, sta dilagando nel pianoro circondato da antichi vulcani. Una lunga strada, la
Bole Road, conduce verso il centro della città. Tempo per una colazione. Tempo per conoscere
alcuni dei luoghi-crocevia della città. Addis Abeba ha poco meno di 150 di vita e sta
conoscendo, nel nuovo millennio, la sua terza, immensa metamorfosi. Sistemazione in albergo.
Primo assaggio di cibi d’Etiopia. Tempo anche per recuperare una notte quasi insonne.
Pernottamento hotel.
3° giorno: 19 dicembre sabato. Addis Abeba-Tiya-Awasa
Verso Sud, nel vallone della Rift Valley. Lungo la strada di Butajira. Si attraversano le terre
oromo, la più grande confederazione di popoli dell’Etiopia, per raggiungere Awasa, capitale
del Sud d’Etiopia. E’ anche l’occasione di una visita al campo delle stele di Tiya. E’ la frontiera
settentrionale di una cultura megalitica che ha disseminato queste regioni dei suoi
monumenti protostorici. Tiya è patrimonio dell’Unesco. Non è un luogo spettacolare, ma le
sue trentadue stele sono la testimonianza di una civiltà precristiana. Luogo per ‘intenditori’:
gli abitanti del piccolo paese di Tiya sostengono che queste pietre sono state innalzate in
onore ad Ahmed Gragn, il condottiero islamico che risalì l’altopiano etiopico agli inizi del XVI
secolo, in realtà le stele sono eredità di una cultura ancora misteriosa.
Pranzo a Ziway.
Nel pomeriggio, arrivo ad Awasa, la capitale degli Stati del Sud dell’Etiopia. Città ‘marina’, dal
bel lago, prediletto dai birds watchers e amato dai week-enders di Addis Abeba. Città sidamo,
ancora una popolazione di questo grande paese. Vi sarà il tempo per fare un’escursione in
barca a vedere gli ippopotami e in serata, se lo vorremmo, per mangiare il pesce fritto in
piccoli locali molto popolari. Pernottamento: Lake View Hotel
4° giorno: 20 dicembre domenica. Awasa-Dinsho-parco dei Bale
Al mattino ancora il lago. I pescatori sono usciti nelle ore notturne. Stanno tornando per
vendere il loro pesce, soprattutto le tilapie. Il mercato del pesce è piccolo e arruffato. Le
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contrattazioni (e i sotterfugi di un commercio ‘clandestino) avvengono direttamente sui
barchini, mentre i grandi marabù aspettano di mangiare gli scarti del pescato.
Dopo il mercato del pesce di Awasa, lasciamo la Rift Valley. Risaliamo a Shashamane per
puntare, con decisione, verso oriente. Siamo diretti al massiccio dei monte Bale. Saliremo di
quota. Attraverseremo la regione-granaio dell’Etiopia per raggiungere Dinsho, sede del
quartiere generale del grande parco dei monti Bale.
Dinsho è un piccolo paese. Alle sue spalle vi è l’ingresso nel parco dei Bale. Ci fermeremo al
rifugio alle immediate pendici della montagna.
Nel pomeriggio, brevi esplorazioni dei confini di questo grande parco. Per avvistare i grandi
nyala dalle corna a cavatappi e osservare i facoceri pascolare. Cammineremo nella foresta di
Dinsho e nelle pianure di Gaysay. Pernottamento nel rifugio del parco.
5° giorno: 21 dicembre lunedì. Dinsho-Sof Omar
L’asfalto finisce a Robe, città dei Bale. Ora la strada è una buona pista sterrata. Attraversiamo
ancora infiniti campi di grano prima di salire verso gli altopiani dell’Etiopia orientale. Il
paesaggio cambia: i grandi pianori coltivati cedono alla terra rossa delle savane e a
improvvise foreste. Dobbiamo raggiungere la falesia di Sof Omar.
Sof Omar è un piccolo villaggio dall’aria insignificante. Capanne dai tetti di lamiera. Sorge sul
confine di un breve precipizio. Il fiume Wabe ha incessantemente eroso il calcare
dell’altopiano e pur di trovare una strada verso il lontanissimo oceano Indiano ha scavato un
complesso sistema di grotte. Qui trovò rifugio un leggendario mistico sufi: Sof Omar,
compagno e allievo di Sheik Hussein. Abitò in queste grotte. Paesaggio molto bello, il fiume è
una benedizione per la gente di queste terre e luogo di venerazione. In realtà è possibile solo
un breve viaggio all’interno della montagna: il fiume è troppo irruente per poterne seguire il
percorso sotterraneo, ma camminare attorno a queste grotte è una bella passeggiata.
Campo all’ingresso della stretta valle di Sof Omar.
6° giorno: 22 dicembre martedì. Sof Omar-Sheik Hussein
Quasi sei ore di pista. Saliscendi attraverso una foresta, poi una savana dalla terra rossa, infine
la scalata del pianoro di Ghinir, grande città mercantile, crocevia dei commerci con le lontane
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terre della regione somala dell’Etiopia. Infine, una lunga strada fino a raggiungere, oltre una
montagna e altre foreste, Sheik Hussein. Vi arriveremo a metà giornata.
Villaggio di quattromila persone. Paese lontano. Rifugio, in epoche lontane (attorno all’anno
mille), di mistici musulmani. Qui visse, predicò, pregò, cantò e morì Sheik Hussein, saggio sufi.
Da allora, da oltre mille anni, il villaggio che porta il suo nome è meta del più importane
pellegrinaggio islamico d’Etiopia. Questo è un luogo santo: la tomba dello sceicco (e di suo
padre e dei suoi compagni) è venerata da musulmani e cristiani. Il santuario dello sceicco è
bianco di calce, ha un’architettura semplice e dolce. Nel suo recinto vi è uno stagno sacro.
Attorno vi sono luoghi di preghiera.
La notte di Sheik Hussein è senza luce. Qua non c’è elettricità. Nessuno possiede un’auto in
questo paese. Il paese quasi si nasconde e bisogna passeggiare per scoprirne la piccola
bellezza.
Campo
7° giorno. 23 dicembre mercoledì Il tempo di Sheik Hussein il giorno di Mawled al Nabi
Giornata lenta. Alla scoperta di questo luogo sacro. I tempi della preghiera. I gesti dei
musulmani sufi sono simili a quelli che i cristiani ortodossi compiono a Lalibela. Si beve acqua
sacra, si mangia terra resa benedetta dal contatto con la tomba dello sceicco, ci si cosparge
testa e viso di cenere e argilla.
E’ luogo di scoperte, Sheik Hussein. Bisogna saper perdere tempo. Godere di questa terra
lontana da tutto.
Il santuario è un complesso recinto sacro. E’ protetto da guardiani che cantano le glorie dello
sceicco. La tomba dello sceicco ha basse colonne e ha il tetto a cupola, tipico delle architetture
hararine. Campo
8° giorno: 24 dicembre giovedì. Sheik Hussein – Asba Teferi
Lunga giornata di viaggio nelle regioni occidentali dell’Harar. Risaliamo le savane dell’Etiopia
orientale. Per ben tre volte, la rete dei fiumi del bacino del Webe Shebele spezza questo
altopiano. Scendiamo e risaliamo per tre canyon selvaggi. E’ un paesaggio strepitoso e
solitario. Poi la strada si allunga fino alla cittadina di Machara. Qui cominciano le coltivazioni
di chat, l’arbusto che produce foglie stimolanti. E’ un’anfetamina naturale, il suo consumo si è
diffuso per tutta l’Africa orientale. La regione di Harar è fra le più grandi produttrici di chat. Il
suo commercio rappresenta il 15% delle esportazioni etiopiche.
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Attraversiamo la valle di Galamso per raggiunge Asba Teferi, città sulla strada che conduce ad
Harar. Gli italiani la ribattezzarono come Asba Littoria. Si intuiscono ancora le costruzioni
dell’epoca coloniale. Kebushe Lodge ad Asba Teferi
9° giorno: 25 dicembre venerdì. Asba Teferi-Dire Dawa-Harar
Ancora in viaggio. Si sale sulle montagne del Cercer. Villaggi di montagna. Si attraversano le
città di Chelenqo e di Kollubi. Qui, in una regione islamica, sorge la chiesa di San Gabriele,
altro luogo di un grande pellegrinaggio cristiano.
Dire Dawa è nata come stazione della ferrovia che allacciava Gibuti ad Addis Abeba. I cinesi
hanno costruito una nuova linea ferroviaria, ma si può brevemente visitare i quartieri attorno
all’antica stazione e i vicoli arabi.
E’ tempo di raggiungere Harar, la città murata. Si attraversa il grande villaggio di Awedai, il
più importante mercato di chat di tutta l’Etiopia.
Pernottamento in hotel ad Harar
10° giorno: 26 dicembre sabato. Harar
Arthur Rimbaud e Kush, il compagno di Corto Maltese, disegnano il nostro viaggio. Nella più
bella città araba dell’Etiopia, il gioco è cercare di scoprire dove abitò il più grande poeta
francese negli anni disperati e magnifici della sua vita hararina. Trecento e sessantadue vicoli
e novantanove moschee, a dar retta chi racconta Harar, città santa dell’Islam. Questa è Arabia
Felix, qui si parla una lingua particolare, questa città ha cinque secoli di vita. Harar era la città
dalla quale Ahmed Gragn partì alla conquista dell’Etiopia nel XVI secolo. Solo nel 1854, un
viaggiatore europeo, l’orientalista Richard Burton, riuscì a entrare in questa città allora
misteriosa. A fine ‘800, finirono gli anni del sultanato di Harar. La città cadde in mano degli
egiziani e degli inglesi, fino a quando Menelik II, nel 1887, non vi entrò dopo aver sconfitto
l’emiro Abd Allahi. Il primo governatore cristiano della città fu il ras Makkonen, il padre del
futuro Hailè Selassiè. Ma l’Islam rimase la religione degli hararini. Con i suoi grandi influssi
sufi.
Harar è un labirinto. Le sue mura la accerchiano, le sue porte sono bussole per orientarsi. La
‘feres magala’, il mercato dei cavalli, è la piccola piazza dalla quale comincia un viaggio per la
città vecchia. E’ un cammino per piccoli mercati, per antiche moschee, per case arredate con
tappeti e cuscini, per musei, per santuari nascosti. E davvero la ricerca della casa di Rimbaud
diventa un gioco molto serio. A sera, un altro gioco notturno di Harar: le iene avvicinano un
uomo che offre loro carne. E’ un’ attrazione per stranieri, ma è qualcosa che ha la sua ragione
di esistere: una leggenda racconta che le iene hanno salvato Harar da un’epidemia. Non viene
spiegato quale impresa le iene abbiano compiuto, ma a questo bisogna credere.
Pernottamento in hotel ad Harar
11° giorno: 27 dicembre domenica. Harar-Hargeisa
Viaggio verso il Somaliland. Da Harar si raggiunge Jijiga, capitale della regione Somala
dell’Etiopia, mercato di dromedari e incenso, quartiere generale del commercio del chat.
La frontiera con il Somaliland è vicina. Altre macchine ci aspettano al confine: nel pomeriggio
raggiungiamo Hargeisa, la capitale del non-stato della vecchia Somalia britannica. E’ una
grande città, ha oltre un milione di abitanti. Si trova a quasi mille e quattrocento metri di
quota, un altopiano circondato da montagne. Nell’800 era un luogo sacro con pozzi sicuri per
la popolazione nomade del Nord della Somalia. La sua ricostruzione è stata in gran parte
finanziata dalla diaspora somala. Il Somaliland è il più grande mercato di pecore e capre del
mondo. Pernottamento: hotel Maan Soor
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12° giorno: 28 dicembre lunedì. Le grotte di Lass Gaal - Borama
Si viene ad Hargeisa per ammirare le più belle pitture rupestri a Sud del Sahara, le più
importanti fra quelle realizzate dalla gente del neolitico. Laas Gaal è stupefacente. Per seimila
anni (fra il IX e il III millennio avanti cristo, ma anche nelle epoche cristiane della nostra era
questo posto era frequentato da pastori e allevatori) gli uomini hanno trovato rifugio e acqua
a Lass Gaal. Il suo nome significa: ‘qui c’è una pozza per i dromedari’. E’ un luogo magnifico, i
colori degli affreschi rupestri sono lucenti: gli uomini di una storia perduta disegnarono le
loro grandi mandrie di zebù dalle corna immense. Giraffe si aggirano attorno agli animali
addomesticati. Canidi sembrano difendere le vacche della gente somala.
Solo agli inizi di questo millennio, missioni archeologiche francesi hanno esplorato, con
attenzione, le grotte di Laas Gaal. Siamo fra i primi viaggiatori a essere qui.
Pernottamento: hotel Rays Hotel Borama
13° giorno: 29 dicembre martedì. Borama - Gibuti
Lungo giorno di viaggio. Si percorre la parte settentrionale dell’altopiano somalo. Bisogna
raggiungere l’oceano Indiano ai confini di Gibuti. Zeila è un passo dalla frontiera. Ha avuto una
storia gloriosa: porto dell’altopiano etiopico fin dall’antichità. Qui sbarcavano i mercanti
diretti ad Harar, qui venivano stipati sulle navi dirette verso la penisola arabica le grandi
mandrie di dromedari, qui mise piede in Africa, per la prima volta, Arthur Rimbaud dopo aver
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abbandonato l’Europa dei vecchi davanzali. Qui ci attende il corrispondente gibutino. Il nostro
viaggio prosegue fino ad arrivare alla città di Gibuti. Hotel ***
14° giorno: 30 dicembre mercoledì. Deserto del gran Bara e petit Bara – lago Abbè
Attraverso la grande spianata di argilla dei deserti del gran Bara e del petit Bara, terre celebri
per le corse dei ‘carri a vela, per raggiungere il lago Abbè. Qui il fiume Awash si è arreso, non
riesce a raggiungere l’oceano, ma si prende la sua rivincita dando vita a grandi laghi e paludi,
amati da fenicotteri e coccodrilli.
Il lago Abbè è una meraviglia. E’ grande 450 chilometri quadrati. Due terzi della sua superficie
sono acque saline. Attorno vi è un deserto incrostato di sale. E’ quanto rimane di un vasto
golfo di un mare intrappolato dalle ribellioni geologiche della Rift Valley. Nelle terre del lago
Abbè si alzano geografie di camini calcarei e piramidi di gesso. Vi abitano pastori afar.
Pernottamento: campement touristique d’Asboley.
15° giorno: 31 dicembre giovedì. Lago Abbè – Lago Assal – Tadjoura
Si ritorna verso il mar Rosso. Questa volta siamo diretti al deserto di sale e al lago Assal. E’ la
più profonda depressione africana, naufraga sotto il livello del mare per 155 metri, 350
grammi di sale nuotano in un litro della sua acqua, dieci volte di più della salinità del mare.
Attorno alle sue sponde è un deserto bianco, assoluto, accecante.
Sulla sponda della parte più interna del golfo di Tadjoura, nel 1978, meno di quaranta anni
nacque l’Ardukoba, un nuovo vulcano. Gibuti è l’unico posto al mondo dove si può vedere,
anno dopo anno, la nascita di un nuovo oceano e assistere alla deriva dei continenti.
Questo è un viaggio in un mondo minerale. Con solo tre colori: il nero della lava, il bianco del
sale e l’azzurro del mar Rosso. Ci dirigiamo a Tadjoura, la più antica città della costa gibutina,
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antica residenza di sultani. Qui Rimbaud attese per mesi di poter lasciare questa costa per
compiere il suo viaggio verso l’interno dell’Etiopia.
Hotel Le sable blanche.
16° giorno: 1 gennaio venerdì Il mar Rosso.
Al mattino, il mare…mezza giornate per il mar Rosso e le sabbie bianche di Tadjoura. Tempo
di tranquillità dopo un lungo viaggio. Poi dovremo rimetterci in cammino verso la capitale, la
città di Gibuti.
17° giorno: 2 gennaio sabato. Gibuti
Un po’ di tempo per la città. Il governatore francese Léonce Legarde fondò ufficialmente
Gibuti solo nel 1888, anni dopo il passaggio di Arthur Rimbaud in queste terre. Ma Kush avrà
spinto i suoi dromedari all’ombra del bel minareto di piazza Tharbi. E Corto Maltese vi avrà
passato mesi a impigrirsi. I mercati del mattino, due passi nei Quartiers, rue de Paris, rue
d’Ethiopie, place Mahommed Harbi, rue des Mouches…per accorgersi che ogni città ha le sue
sorprese e i suoi giochi.
Ma è anche tempo di tornare. Il ritorno a casa è uno strappo improvviso. Un viaggio con due
balzi: aereo verso Addis Abeba e nella notte volo per l’Italia.
18° giorno: 3 gennaio domenica. Rientro in Italia
Atterraggio in Italia i piena notte. Passare dal mare tropicale di Gibuti a una città italiana è
sempre straniante e un po’ folle.
Quota
Gruppo da 6 a 9 persone 3140 euro a testa
Oltre 10 persone:
2800 euro a testa
Supplemento singola 300 euro
La quota include: trasferimenti con vetture 4x4 con autisti esperti, hotel come da
programma, pasti con acqua minerale, ingressi, accompagnamento di Andrea Semplici
durante tutto il viaggio, scorta armata per il Somaliland, materiale da campeggio e cucina,
cuoco.
La quota non include: mance, voli internazionali, ingressi per videocamera, visti
Visto Etiopia 50 usd ( aeroporto di Addis Abeba)
Visto Somaliland 90 usd e visto Gibuti 50 usd ad Addis Abeba
NOTA IMPORTANTE: L’itinerario attraversa regioni molto poco frequentate dai turisti e su
strade di condizioni molto variabili, quindi l’organizzazione si riserva il diritto di applicare
eventualmente modifiche nell’ordine delle visite e dei pernottamenti , senza peraltro che
questo alteri il contenuto del viaggio.
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