IL CONTENZIOSO BANCARIO E DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI
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IL CONTENZIOSO BANCARIO E DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI
Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA 9 MARZO 2011 Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009 destinati a svolgere funzioni civili, promiscue, lavoristiche e giudici del lavoro IL CONTENZIOSO BANCARIO E DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI * Pasquale Serrao d’Aquino Giudice del Tribunale di Napoli 1 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ IL CONTENZIOSO BANCARIO E DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI* 4. Prescrizione. 4.1 Termine. 4.2 Tesi della decorrenza dalla singola operazione. 4.3. La decorrenza dalla chiusura del conto. 4.4. La tesi mista di Cass. 2.12.2010 n. 44418. 4.5. Aspetti problematici del milleproroghe. PARTE PRIMA – IL CONTENZIOSO BANCARIO Sezione Prima 5. Pattuizione scritta degli interessi e rinvio agli usi su piazza. 5.1. Contratto stipulato in data anteriore legge sulla trasparenza bancaria. 5.2. L’art. 117 e la individuazione delle <operazioni attive e delle operazioni passive>. 5.3. Il momento di determinazione del tasso BOT. 6. Anatocismo e capitalizzazione trimestrale. 6.1. Le modalità di adeguamento alla delibera CICR. 6.2.Capitalizzazione annuale o nessuna capitalizzazione. 7. Commissione di massimo scoperto.7.1. Profili causali 7.1.2. La tesi della nullità della c.m.s. 7.1.3. La tesi della validità della c.m.s. 7.1.4. La tesi della validità solo in relazione allo scoperto di conto. 7.1.5. Validità solo della commissione di affidamento. 7.2.La normativa del 2009. 7.3. Commissione di massimo scoperto e tasso usurario. 8. Interessi usurari. 8.1. Usurarietà originaria e ius variandi. 8.2. Tasso soglia e clausole impositive di oneri passivi invalide. 8.3. Usura ed interessi di mora. LA TUTELA GIUDIZIALE CONTRO LE SEGNALAZIONI ILLEGITTIME INERENTI IL MERITO CREDITIZIO. 1. Le segnalazioni sul merito creditizio. 2. Pubblicazione del protesto. 2.1 Ammissibilità della tutela cautelare. 2.2. Sospensione o cancellazione del protesto? 2.3. Legittimazione passiva della Camera di Commercio. 2.4. Cancellazione del protesto dei titoli cambiari, o anche degli assegni? 3. La Centrale di Allarme interbancaria. 3.1. Legittimazione passiva. 4. Centrale dei rischi. 4.1. La segnalazione di crediti <<a sofferenza>>. 4.2. Informazione del cliente. 4.3. I crediti litigiosi. 4.4. I rimedi esperibili dal cliente. 4.5. La decisione giurisdizionale. 4.6. La legittimazione passiva della Banca d’Italia. 5. La tutela di merito. 5.1. I diritti lesi dalle segnalazioni illegittime e la natura del danno. 5.2. La risarciblità del danno. 6. Sintesi delle segnalazioni sul merito creditizio. SEZIONE TERZA ESTRATTI CONTO CREDITO E PROVA DEL SEZIONE SECONDA QUESTIONI ATTUALI IN TEMA DI ANATOCISMO, USURA E COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO. 1. Il diritto sostanziale del cliente. 2. Il Decreto ingiuntivo di consegna della documentazione bancaria. 3. La tutela sommaria del diritto alla consegna della documentazione. 4. Mancata conservazione della documentazione anteriore al decennio. 1. Approvazione del conto. 2. Onere di contestazione specifica. 3. Obbligazione naturale. 2 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ 5. L’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. 5.1. La tesi positiva. 5.2. La tesi negativa. 5.3. La tesi della pregiudizialità della richiesta ex art. 119 t.u.b. 6. Il contenuto della richiesta. 7. Ammissione implicita del diritto. 8. Persistenza dell’obbligo di consegna allo scioglimento o successione nel rapporto. 9. Ammissibilità della domanda ex art. 696 bic c.p.c. 10. L’incompletezza della documentazione ed il cd. saldo zero. 10.1. Mancanza totale degli estratti conto. 10.2. Mancanza degli estratti conto iniziali. 10.3. Mancanza degli estratti intermedi.11. Saldo del conto ultradecennale. PARTE SECONDA – IL INTERMEDIARI FINANZIARI CONTENZIOSO 7.6. le conseguenze dei vizi di forma e di contenuto dei contratti relativi a prodotti strutturati? - 7.7. Il diritto di recesso all'investitore nei contratti My way e 4you? - 7.7.1. È previsto un corrispettivo per il diritto di recesso del cliente? - 7.7.2. Le indicazioni del diritto di recesso. - 7.8. la prova testimoniale del funzionario che ha promosso l'investimento per l'intermediario. 7.8 Polizze linked. 7.8. Polizze linked .7.8.1. Vessatorietà della clausola di devoluzione del cliente del rischio di insolvenza dell’emittente.7.8.2. Buona fede nelle trattative e nell’esecuzione del contratto. 7.8.3. Violazione degli obblighi informativi. 7.8.4. Diritti dei consumatori.7.8.5. Pignorabilità delle polizze linked. SEZIONE SECONDA DEGLI GLI SWAPS SEZIONE PRIMA. 1. Gli Swaps. 2. Obblighi di informazione legati agli strumenti derivati. 2.1. Gli obblighi previsti dal regolamento intermediari n. 11522./98. 2.2. Gli obblighi di informazione collegati ai derivati dopo la Mifid. 2.3. Classificazione del cliente ed esonero da obblighi informativi: operatori e controparti <<qualificate>>.2.3.1.L’operatore qualificato prima della Mifid. 2.3.2. Clienti al dettaglio, clienti professionali, controparte qualificata nella Mifid. 2.3.2.1. Modifica della classificazione. 2.4.L’obbligo di informazione sull’andamento del derivato. 3. Meritevolezza dello scopo perseguito. 4. Swaps e ristrutturazione del debito pubblico degli enti locali. 5. Provvedimenti cautelari in materia di derivati. I PRODOTTI STRUTTURATI 1. Premessa. 2. I casi affrontati dalla giurisprudenza di merito. 3. l'operazione «BTP del Salento». 4. Si tratta di contratti validi? 5. È nullo solo l'accordo negoziale relativo alla parte strutturata, oppure è nulla l'intera operazione? 6. I contratti «My way» e «4you». 7. Le criticità di questi prodotti 7.1. Si applicano ai prodotti strutturati le norme in materia di intermediazione finanziaria e le norme bancarie? - 7.3. Annullabilità per vizi della volontà - 7.4. Il controllo di meritevolezza dei contratti «My way» e «4you» - 7.4.1. È possibile, quindi, un controllo sulla corretta costruzione del sinallagma nei contratti finanziari strutturati? - 7.5. L'oggetto del contratto è determinato? 7.5.1. Deve essere indicato il TAEG? - PARTE TERZA. PROVVEDIMENTI INTERESSE. GIUDIZIARI DI 3 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ 1. Segnalazioni alla Centrale dei rischi. 2. Ammissibilità della tutela cautelare in caso di uso illegittimo di assegno in bianco a scopo di garanzia. 3. Commissione di massimo scoperto ed usura. 4. Domanda di cancellazione o sospensione di protesto. 5. Decreto ingiuntivo di consegna della documentazione bancaria. 6.Annullamento di addebito in conto corrente per nullità del derivato. 7.Ammissibilità della tutela cautelare in caso di uso illegittimo di assegno in bianco a scopo di garanzia. 8. Quesiti al CTU su usura ed anatocismo. * Parti della relazione sono stati tratti e sviluppati dai seguenti articoli: SERRAO D’AQUINO, L’illegittima segnalazione dei crediti «a sofferenza» alla centrale dei rischi: analisi critica degli orientamenti giurisprudenziali, Giur. merito, n. 3 del 2010. SERRAO D’AQUINO Aspetti controversi del contenzioso sui prodotti della finanza strutturata, Giur. merito, n. 12 del 2010. 4 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ PARTE PRIMA – IL CONTENZIOSO BANCARIO 1. Le segnalazioni creditizio. “merito” I rapporti bancari non solo comportano doveri di informazione interni al rapporto banca-cliente, ma anche obblighi informativi esterni che, in sostanza, riguardano tutti il merito creditizio (1) del cliente: protesto di titoli, segnalazioni alla Centrale di Allarme interbancaria, segnalazioni alla Centrale Rischi. L’inadempimento del cliente, quindi, determina l’attivazione degli obblighi di segnalazione che, se eseguiti in modo non puntuale, può determinare sia una responsabilità nei confronti del cliente sia una responsabilità verso i destinatari delle informazioni omesse o inesatte tra cui, in primis, gli altri operatori finanziari. Poiché la perdita della reputazione commerciale comporta ordinariamente danni non completamente risarcibili con equivalente pecuniario, vi è un frequente ricorso alla tutela cautelare per paralizzare o rettificare segnalazioni errate. Al giudice, quindi, è devoluto il compito di verificare l’esistenza dei presupposti della comunicazione, il rispetto delle regole processuali esplicite o desumibili dal sistema, l’integrità del contraddittorio, la correttezza del petitum cautelare. Le questioni controverse sono diverse a seconda dei diversi istituti di segnalazione, ma vi è un progressivo allineamento verso l’introduzione di doveri informativi verso il cliente. Coloro che praticano l’usura, non sorgeranno [dalle tombe] se non come sorge chi, colpito da Satana, sia stato reso pazzo da lui. E questo perché dicono: “Il commercio è come l’usura!”, mentre Allah ha permesso il commercio e ha proibito l’usura. Ora, a chi giunge un monito dal proprio Signore e desiste [dal praticare l’usura], a lui appartiene ciò che è passato e il suo caso dipende da Allah. [Ma] quelli che ritornano [a praticare l’usura], ebbene, essi sono la gente del fuoco [dell’Inferno], nel quale rimarranno in eterno. (Corano, Sura al-Baqara: 275) Sezione Prima La tutela giudiziale contro segnalazioni illegittime inerenti “merito” creditizio. sul le il 1. LE SEGNALAZIONI SUL MERITO CREDITIZIO. 2. PUBBLICAZIONE DEL PROTESTO. 2.1 AMMISSIBILITÀ DELLA TUTELA CAUTELARE. 2.2. SOSPENSIONE O CANCELLAZIONE DEL PROTESTO? 2.3. LEGITTIMAZIONE PASSIVA DELLA CAMERA DI COMMERCIO. 2.4. CANCELLAZIONE DEL PROTESTO DEI TITOLI CAMBIARI, O ANCHE DEGLI ASSEGNI? 3. LA CENTRALE DI ALLARME INTERBANCARIA. 3.1. LEGITTIMAZIONE PASSIVA. 4. CENTRALE DEI RISCHI. 4.1. LA SEGNALAZIONE DI CREDITI <<A SOFFERENZA>>. 4.2. INFORMAZIONE DEL CLIENTE. 4.3. I CREDITI LITIGIOSI. 4.4. I RIMEDI ESPERIBILI DAL CLIENTE. 4.5. LA DECISIONE GIURISDIZIONALE. 4.6. LA LEGITTIMAZIONE PASSIVA DELLA BANCA D’ITALIA. 5. LA TUTELA DI MERITO. 5.1. I DIRITTI 2. Pubblicazione del protesto. LESI DALLE SEGNALAZIONI ILLEGITTIME E LA NATURA DEL DANNO. 5.2. LA RISARCIBLITÀ DEL DANNO. 6. SINTESI DELLE SEGNALAZIONI SUL MERITO CREDITIZIO. (1) Al merito creditizio ora si riferiscono espressamente gli artt. 124bis e s del Testo unico bancario in materia di credito al consumo, dopo le modifiche operate dal d.lgs. 141/2010. 5 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Il mancato pagamento di un titolo comporta l’elevazione del protesto nei confronti del soggetto emittente. I pubblici ufficiali incaricati alla levata del protesto alla fine di ogni mese devono trasmettere alla Camera di Commercio competente l'elenco dei protesti levati durante il mese. La Legge n° 235/2000 e il Decreto del Ministero delle Attività Produttive N° 316/2000 hanno dato attuazione al Registro Informatico dei Protesti (generalmente definito Elenco Protesti o Bollettino Ufficiale dei Protesti) incaricando le Camere di Commercio della pubblicazione ufficiale degli elenchi dei protesti. La cancellazione dal Bollettino Ufficiale dei Protesti, invece, può essere ottenuta: per avvenuto pagamento del titolo cambiario, per illegittimità od erroneità del protesto oppure per riabilitazione. La legge n. 77 del 1955, come successivamente modificata, prevede una procedura amministrativa di cancellazione con istanza al presidente della camera di commercio competente per territorio: • ad istanza del debitore in caso di pagamento tardivo nei 12 mesi dal protesto; • da parte di chiunque vi abbia interesse, se dimostri di aver subito levata di protesto, al proprio nome, illegittimamente od erroneamente; • nonché dai pubblici ufficiali incaricati della levata del protesto o dalle aziende di credito, quando si è proceduto illegittimamente od erroneamente alla levata del protesto. Il responsabile dirigente dell'ufficio protesti provvede non oltre il termine di venti giorni dalla data di presentazione della istanza; conseguentemente, dispone la cancellazione richiesta, curando sotto la sua personale responsabilità l'esecuzione del provvedimento, <<da effettuare non oltre cinque giorni dalla pronuncia dello stesso, mediante la cancellazione definitiva dal registro dei dati relativi al protesto, che si considera, a tutti gli effetti, come mai avvenuto. In caso contrario, decreta la reiezione dell'istanza>> In tale caso o se non vi è decisione sull’istanza presentata da parte del responsabile dirigente dell'ufficio protesti, entro il termine di cui al comma 3, l'interessato può ricorrere al giudice di pace (art. 4). 2.1 Ammissibilità cautelare. della tutela Parte della dottrina e un settore della stessa giurisprudenza di merito (Trib. Udine 13 febbraio 2002; in termini, sia pure implicitamente Trib. Napoli, 13 febbraio 2001, in Giur. Merito, 2001,I, 626) ritengono che la ricorribilità amministrativa avverso il protesto rende non immediatamente formulabile con ricorso ex art. 700 c.p.c. davanti al giudice ordinario l'istanza di cancellazione della pubblicazione di un protesto illegittimo. Le ragioni risiederebbero sia nel carattere necessariamente prodromico della fase amministrativa sia nella circostanza che un provvedimento cautelare adottato prima della presentazione dell'istanza al suddetto dirigente responsabile della Camera di commercio non risulterebbe strumentale ad un giudizio di merito, assolutamente eventuale, bensì alla decisione adottata dall'organo amministrativo(Trib. Vallo della Lucania, 17 maggio 2004).>> Non sembra che possa essere condiviso questo indirizzo. La tutela cautelare è indirizzata ad assicurare l’effettività dell’azione giudiziaria. Per tale motivo la Corte Costituzionale (Sentenza del 30 novembre 2007, n. 403) ha dichiarato non fondata la questione di incostituzionalità del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall'art. 1 comma 11, della legge 31/7/1997, n. 249.>>(2), evidenziando (2) <<Censurato, in riferimento all'art. 24, co., Cost., se esteso alla tutela cautelare, affermando che tale << assunto risulta privo di 6 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ come la Consulta abbia già riconosciuto, sia pure incidentalmente, che per i procedimenti cautelari, <<l'esclusione dalla soggezione al tentativo di conciliazione si correla alla stessa strumentalità della giurisdizione cautelare>> (sentenza n. 276 del 2000) (3). <<La tutela cautelare, infatti, in quanto preordinata ad assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale, in particolare a non lasciare vanificato l'accertamento del diritto, è uno strumento fondamentale e inerente a qualsiasi sistema processuale.(4) La diversità della procedura prodromica all’azione giudiziale (nel caso di specie si tratta di ricorso amministrativo e non di tentativo di conciliazione), non esclude che i principi di effettività dell’azione giudiziale abbiano la medesima valenza: il diritto ad ottenere una tutela giudiziale immediata ed effettiva della situazione giuridica violata non può essere condizionata dall’ammissibilità del ricorso amministrativo. Quest’ultimo, quindi, non è condizione di ammissibilità della tutela cautelare (5). 2.2. Sospensione o cancellazione del protesto? La pronuncia cautelare va ristretta alla sola sospensione del protesto, con esclusione della cancellazione. Quest’ultimo, infatti, è provvedimento sostanzialmente definitivo che comporterebbe una successiva iscrizione del protesto in caso di inefficacia o revoca del provvedimento cautelare; il provvedimento cautelare esaurirebbe la tutela conseguibile attraverso il giudizio di merito, con problematiche in parte assimilabili – anche se ben più gravi – assimilabili alla domanda di cancellazione di altre iscrizioni (iscrizione di ipoteca, per la quale però vi è un espresso riferimento al giudicato, la trascrizione della domanda giudiziale, cfr. in tal senso anche Cass. 16 gennaio 1986, n. 251, in Nuova giur. civ. comm., 1986, 483, e secondo cui l'ordinanza che dispone la cancellazione della trascrizione della domanda è da considerarsi in netto contrasto con il connotato più tipico dei provvedimenti di urgenza ex art. 700, quello che lo accomuna agli altri provvedimenti cautelari dello stesso Capo fondamento alla luce degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza costituzionale in tema di tentativo obbligatorio di conciliazione e di tutela cautelare. Occorre, infatti, considerare che questa Corte ha affermato che quanto stabilito dall'art. 412-bis del codice di procedura civile, con riferimento alla disciplina delle controversie di lavoro, secondo cui il mancato espletamento del prescritto tentativo di conciliazione non preclude la concessione di provvedimenti cautelari, deve essere inteso nel senso che <<un istituto di generale applicazione in ogni controversia di lavoro (il tentativo obbligatorio di conciliazione) si arresta in presenza di un'istanza cautelare, prevalendo sulle altre perseguite dal legislatore - le esigenze proprie della tutela cautelare>> (sentenza n. 199 del 2003). (3) <<rispetto alla effettività della tutela dinanzi al giudice ripetutamente ribadita da questa Corte (sentenza n. 336 del 1998; ma si vedano anche le sentenze n. 199 del 2003, n. 165 del 2000, n. 161 del 2000, n. 190 del 1985 e le ordinanze n. 179 del 2002, n. 217 del 2000).>> (4) <<(sentenza n. 190 del 1985), anche indipendentemente da una previsione espressa (Corte di giustizia delle Comunità Europee, sentenza del 19 giugno 1990, causa C-213/89, Factortame). (…) si deve, quindi, interpretare la predetta disposizione nel senso che il mancato espletamento del prescritto tentativo di conciliazione non preclude la concessione di provvedimenti cautelari. Tale opzione interpretativa - obbedisce al principio, espresso anche dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità, costituendo deroga alla disciplina generale, devono interpretate in senso non estensivo.>> essere (5) in questo senso vedi ordinanza del Tribunale di Napoli, III Sezione Civile, 28 maggio 2010 allegata alla relazione. 7 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ informatico, sia quest’ultima a dover essere destinataria di un eventuale ordine del giudice (da ultimo, Cass. Sez. Unite, Sentenza n. 4464 del 25/02/2009 (Rv. 606666). III, cioè la provvisorietà, e, producendo effetti irreversibili, spezza quel legame di strumentalità che il provvedimento di urgenza deve avere con quello di cognizione ordinaria e assume i caratteri di un provvedimento abnorme). La cancellazione, quindi, è provvedimento demandabile esclusivamente il giudizio di merito, trattandosi di un facere che assume carattere definitivo. Non portano a conclusioni diverse le modifiche intervenute in tema di giudizi cautelari ed, in particolare, il fatto che il provvedimento ex art. 700 c.p.c. non ha più un carattere necessariamente provvisorio in quanto può essere scollegato rispetto ad un successivo giudizio di merito e, così come gli altri provvedimenti cautelari, conserva la sua efficacia in caso di estinzione del giudizio di merito. Tali modifiche hanno fatto discutere di una provvisorietà attenuata del giudizio cautelare; tuttavia, mentre la sentenza ha un’attitudine “naturale” a divenire definitiva, contro la volontà della parte soccombente qualora non venga riformata (così come anche il decreto ingiuntivo, che diviene definitivo anche quando l’opposizione è rigettata) il nuovo provvedimento cautelare anticipatorio diviene definitivo solo se una delle parti non inizia il giudizio di merito, conservando, quindi, una provvisorietà che viene a mancare solo eventualmente, per effetto dell’inerzia delle parti e con efficacia limitata a quel processo (la sua autorità, infatti, non è invocabile in un diverso processo.) 2.4. Cancellazione del protesto dei titoli cambiari, o anche degli assegni? Bisogna chiedersi se la procedura amministrativa descritta si estenda anche al caso degli assegni bancari. L’art. 4, comma 1 della legge n. 77 del 1995, attuale formulazione, regolando la cancellazione a seguito di pagamento tardivo del capitale ed accessi, menziona esclusivamente la cambiale ed il vaglia cambiario e non l’assegno bancario. Non vi è dubbio che tale norma non trovi applicazione anche per l’assegno bancario, così come chiarito anche dalla Corte Costituzionale la quale, con la sentenza di rigetto n. 70 del 2003 (poi ribadita dall’ordinanza di inammissibilità n. 84 del 2004), ha rimarcato la non irragionevolezza dell’esclusione degli assegni bancari da tale previsione. Richiamando tali pronunce il Tribunale di Nola, aderendo ad una indirizzo forse prevalente, ha escluso l’applicabilità della procedura di cui all’art. 4 alla cancellazione dell’assegno illegittimamente protestato (ord. del 17.02.2006), così come era stata esclusa da altri tribunali di merito (Tribunale di Foggia, 5 febbraio 2004, in Giur. Merito, 2004, p. 914) e da parte della dottrina. Sembra, al contrario, che possa giungersi ad una diversa conclusione. Non appare corretto estendere le conclusioni a cui si può e si deve giungere in relazione alla fattispecie di cui all’art. 4, comma 1 alla diversa ipotesi prevista dall’art. 4, comma 2. Nel primo caso viene regolata la cancellazione del protesto a seguito di ovvero del ravvedimento operoso, pagamento tardivo del capitale e degli accessori; nel secondo caso, invece, si 2.3. Legittimazione passiva della Camera di Commercio. Dalla possibilità di esperire la procedura di cui all’art. 4, comma 2 l. n. 77 del 1995 deriva la qualità di legittimato passivo anche della C.C.II.AA.; non appare revocabile in dubbio il fatto che sia la C.C.II.AA. ad effettuare la cancellazione del protesto dal registro 8 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ chiede la cancellazione del protesto erroneo o illegittimo. La Corte Costituzionale, come può evincersi dalla sentenza e dall’ordinanza citate, è stata chiamata, appunto, a valutare una ritenuta disparità di trattamento tra il “ravvedimento operoso” avente ad oggetto la cambiale o il vaglia cambiario e quello avente ad oggetto l’assegno, ritenendo infondata la questione sulla base di una persistente non omogeneità normativa e funzionale tra assegno e cambiale. E’ sufficiente mettere in evidenza che cosa ben diversa è non onorare quanto previsto in uno strumento di credito, quale la cambiale, rispetto all’insolvenza di un assegno, che costituisce, invece, strumento di pagamento e determina un affidamento nel prenditore sull’esistenza dei fondi. Come può evincersi da una lettura della sentenza n. 70 del 2003, la Consulta sofferma la sua analisi solo sul primo comma dell’art. 4: è tale norma, nella sua inapplicabilità all’assegno bancario, ad essere sospettata di incostituzionalità da parte dei giudici emittenti sulla base di argomentazioni ritenute infondate da parte del Giudice delle Leggi. Con un esame attento dell’art. 4 può notarsi come né il tenore letterale dell’art. 4, comma 2, né il suo aspetto funzionale consentono una perfetta sovrapposizione delle due norme, e questo per diverse ragioni. Innanzitutto, il capoverso dell’art. 4, ed anche la disciplina successiva, diversamente dal comma 1, non effettuano un riferimento alla cambiale ed al vaglia cambiario. Non è senza rilievo, sul punto, che anche i commi successivi dell’art. 4 nel regolare la procedura applicabile tanto alle ipotesi di cui al comma 1, quanto a quelle di cui al comma 2, non contengano alcun riferimento alla cambiale ed al pagherò cambiario. E’ appena il caso di notare, poi, che la legge n. 77 del 1955 è denominata “Pubblicazione dei protesti cambiari”, ma regola i protesti anche degli assegni cambiari. L’omessa menzione degli assegni (come anche delle cambiali), nel comma 2 dell’art. 4, anche se non costituisce argomento decisivo per ritenere la norma applicabile anche agli assegni bancari, di certo non è dirimente per accedere alla tesi opposta. Quest’ultimo rilievo, poi, contribuisce a negare qualsiasi rilevanza al fatto che l’allegato all’art. 4 contenente un modello di richiesta di cancellazione dal registro informatico dei protesti contiene il riferimento ai titoli cambiari e non anche agli assegni. Basta considerare che molte Camere di Commercio forniscono modelli per la cancellazione dei protesti nei quali, nei casi di cui al comma 2 vi è la generica indicazione di “titoli”. Inoltre, a fronte di un’illegittimità o erroneità nella levata del protesto, alcuna differenza appare rivestire la qualità del titolo di credito al quale esso fa riferimento, non apparendo configurabile alcuna rilevanza della diversità funzionale tra cambiale ed assegno. Nel comma 1 non ci si duole dell’atto di protesto, ma si chiede di cancellarne gli effetti per effetto di un ravvedimento successivo; nel secondo comma si chiede di ovviare ad un errore del protesto stesso. Di particolare importanza, ancora, è la distinzione tra i soggetti legittimati all’istanza: per il pagamento tardivo, il solo debitore; per l’illegittimità o erroneità del protesto, chiunque vi abbia interesse, oltre che lo stesso pubblico ufficiale che ha redatto il protesto. La previsione appare logica, in quanto il pagamento tardivo è atto del debitore cambiario il quale, dopo l’adempimento, chiede anche la cancellazione della pubblicità negativa conseguente al protesto del titolo. Nel secondo caso, invece, può essere lo stesso pubblico ufficiale che intende ovviare ad un proprio errore; può trattarsi del debitore danneggiato dall’errore; oppure può anche trattarsi di un terzo (come nel caso di specie ove l’ex socio accomandatario 9 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ lamenta l’erroneo inserimento del suo nominativo nell’atto di protesto). In conclusione, un esame compiuto del testo normativo induce a ritenere applicabile la procedura di cui all’art. 4,comma 2 l. n. 77 del 1955 anche agli assegni. In caso di emissione di assegni senza provvista, infatti, il mero pagamento facciale del titolo con esclusione del pagamento degli oneri accessori, così come non esclude l'avvio del procedimento amministrativo sanzionatorio, neppure è idoneo ad impedire l'iscrizione del nominativo del traente nella Centrale d'Allarme Interbancaria e la conseguente revoca di ogni autorizzazione ad emettere assegni, così come non esclude l'avvio del procedimento amministrativo. sanzionatorio. (Tribunale Tivoli, 16 novembre 2010, dejure.giuffre.it) Se nei 60 giorni previsti non ha provveduto al pagamento di quanto dovuto il suo nominativo verrà segnalato alla C.A.I.(Centrale Allarme Interbancario) un archivio informatizzato degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento, gestito dalla Banca d’Italia mediante affidamento ad una società esterna - dove rimarrà iscritto per sei mesi. Decorsi i 6 mesi dall’iscrizione alla Centrale di Allarme Interbancaria il nominativo viene automaticamente cancellato. Mentre per l’emissione di assegni senza autorizzazione (firma non conforme o soggetto interdetto) non è possibile la sanatoria, nel caso di assegni 3. Centrale di Allarme Interbancaria. Il d.lgs 30 dicembre 1999, n. 507, emanato in attuazione della legge 25 giugno 1999, n. 205, ha modificato la disciplina sanzionatoria relativa agli assegni bancari e postali emessi senza autorizzazione o senza provvista. La riforma ha introdotto un sistema sanzionatorio alternativo a quello penale, che basa la propria efficacia sulla disponibilità presso tutti gli intermediari delle informazioni sul soggetto che ha utilizzato in modo illecito lo strumento dell’assegno e sull’applicazione di misure di carattere interdittivo nei confronti degli autori di tali comportamenti. La legge n. 386 del 1990 prevede che gli istituti di credito contestualmente al protesto dell’assegno sono tenuti a dare immediata comunicazione al protestato tramite preavviso di revoca di firma (art. 9bis). Da quella data il soggetto protestato ha 60 giorni di tempo dalla data di scadenza della presentazione del titolo, per effettuare il pagamento dell’importo del titolo e degli ulteriori oneri e spese (penale pari al 10% dell’importo non pagato, interessi ed eventuali spese di protesto).(6) b) nel caso di difetto di provvista, quando è decorso il termine stabilito dall'articolo 8 senza che il traente abbia fornito la prova dell'avvenuto pagamento, salvo quanto previsto dall'articolo 9bis, comma 3. 3. L'iscrizione nell'archivio determina la revoca di ogni autorizzazione ad emettere assegni. Una nuova autorizzazione non può essere data prima che sia trascorso il termine di sei mesi dall'iscrizione del nominativo nell'archivio. 4. La revoca comporta il divieto, della durata di sei mesi, per qualunque banca e ufficio postale di stipulare nuove convenzioni di assegno con il traente e di pagare gli assegni tratti dal medesimo dopo l'iscrizione nell'archivio, anche se emessi nei limiti della provvista. (6) Art. 9 legge 386 del 1990. Revoca delle autorizzazioni: 1. In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per mancanza di autorizzazione o di provvista, il trattario iscrive il nominativo del traente nell'archivio previsto dall'articolo 10-bis. 2. L'iscrizione è effettuata: a) nel caso di mancanza di autorizzazione, entro il ventesimo giorno dalla presentazione al pagamento del titolo; 10 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ che non siano stati pagati per mancanza di fondi le sanzioni amministrative e la “revoca di sistema” possono essere evitate dando prova del pagamento al beneficiario dell’importo dell’assegno più le spese e interessi. Il procedimento di segnalazione alla CAI non prevede, quindi, l’esclusione del cliente, che deve essere informato e, nel caso di mancanza di provvista ha la possibilità di evitarla. Il contenzioso giudiziario si appunta spesso su tale aspetto. L’art. 9-bis prevede che il preavviso di revoca deve indicare che, scaduto il termine di 60 giorni si procederà alla segnalazione e che da tale data verrà revocata l’autorizzazione ad emettere assegni, con obbligo di restituire tutti i moduli di assegno in suo possesso alle banche e agli uffici postali che li hanno rilasciati. L’importanza dell’effettiva conoscenza del preavviso, da un lato, e della spedita effettuazione dello stesso, dall’altro, comporta che all'atto della conclusione di convenzioni di assegno, il cliente elegge domicilio e che eventuali variazioni del domicilio eletto debbono essere comunicate con dichiarazione presentata direttamente alla banca o all'ufficio postale, ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, o con altro mezzo concordato dalle parti, di cui sia certa la data di ricevimento. (art. 9-ter). La comunicazione, quindi, va effettuata presso il domicilio eletto dal traente entro il decimo giorno dalla presentazione al pagamento del titolo, mediante telegramma o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero con altro mezzo concordato tra le parti di cui sia certa la data di spedizione e quella di ricevimento. (7) E’ onere del cliente comunicare eventuali variazioni di domicilio con dichiarazione presentata direttamente alla banca, ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, o con altro mezzo concordato dalle parti, di cui sia certa la data di ricevimento. (art. 9-ter). Ne consegue che la comunicazione di preavviso di revoca si ha per effettuata ove consti l'impossibilità di eseguirla presso il domicilio eletto. Va prestata attenzione, però al fatto che la comunicazione deve essere perfezionata o impossibile in tale domicilio, mentre se essa viene ricevuta da persona diversa dal cliente e non collegata allo stesso, non risulta rispettata l’art. 9-ter, non essendovi né prova legale della ricezione, né dimostrazione del difetto di diligenza del cliente nel comunicare la variazione di domicilio (cfr. ordinanza del Tribunale di Napoli, II Sezione del 28.5.2010 allegata). Per contro, la conseguenze dell’inadempimento dell’obbligo di segnalazione sono gravi per il trattario: ai sensi dell’art. 10 della legge 386/1990, il trattario che omette o ritarda l'iscrizione nell'archivio della CAI, ovvero che autorizza il rilascio di moduli di assegni in favore di persona il cui nominativo risulta iscritto nell'archivio, è obbligato in solido con il traente a pagare gli assegni emessi dallo stesso traente nel periodo in cui avrebbe dovuto operare la revoca, anche se manca o è insufficiente la provvista. 3.1. Legittimazione passiva. Anche in vista di un giudizio risarcitorio ed in conformità alle disposizioni regolamentari citate appare opportuno convenire nel giudizio la banca segnalante. Ai sensi della legge 386 del 1990 titolare del trattamento dei dati è la Banca d’Italia. Senonché l’ art. 5, comma 4 del Regolamento del Governatore della (7) Anche in deroga a quanto stabilito dall'articolo 9, comma 2, lettera b), l'iscrizione del nominativo del traente nell'archivio non può aver luogo se non sono decorsi almeno dieci giorni dalla data comunicazione. di ricevimento della 11 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Banca d'Italia del 29 gennaio 2002 (8), prevede, però che <<La cancellazione e la rettifica dei dati dell'archivio sono effettuate dall’ente che ha originato la relativa segnalazione, anche su ordine dell'autorita' giudiziaria o del garante per la protezione dei dati personali. I provvedimenti dell’autorita’ giudiziaria o del garante che dispongono la sospensione ovvero la cancellazione temporanea dell’iscrizione, sono eseguiti dall’ente che ha originato la segnalazione; in tal caso, traccia della segnalazione, non piu’ consultabile e protetta in conformita’ ai vigenti requisiti di sicurezza, viene conservata al solo fine di consentire l’eventuale riattivazione dell’iscrizione.>> La giurisprudenza ha pertanto affermato che i poteri di segnalazione alla Centrale d’allarme interbancaria, connessi con la funzione pubblicistica inerente al regolare funzionamento del sistema dei pagamenti, sono attribuiti in via esclusiva agli intermediari finanziari, mentre la Banca d’Italia, per il tramite del suo concessionario S.I.A. s.p.a, svolge la mera attività di materiale tenuta dell’archivio e di controllo formale dei dati trasmessi. E’ pertanto ritenuta fondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Banca d’Italia sollevata in un procedimento ex art. 700 c.p.c. volto a ottenere l’inibizione o la cancellazione dell’iscrizione nella C.A.I., dovendo piuttosto l’eventuale ordine essere impartito alla banca segnalante. (9) Poiché, tuttavia, ai sensi dell’art. 10bis della legge n. 386 del 1990, il titolare del trattamento dei dati resta la Banca d’Italia, non può escludersi in via assoluta che vi possa essere un errore di sistema o che vi sia un inadempimento della banca trattaria rispetto all’ordine dell’autorità. Potrebbe sussistere in questi casi, piuttosto remoti, una legittimazione anche dell’ente centrale. Si rinvia alla tematica dell’attuazione delle ordinanze cautelari avverso segnalazioni alla Centrale rischi, che ha delle regole secondarie specifiche, per tale profilo. 4. Segnalazioni alla Centrale dei rischi. La Banca d’Italia ha modificato la Circolare in materia di Centrale dei rischi (13° aggiornamento del 4° marzo 2010) (10), tenendo conto degli sviluppi del crescente contenzioso giurisdizionale, pur senza intaccare l’architettura complessiva del sistema. Appare opportuno, quindi, analizzare il sistema di segnalazione evidenziando, da un lato, le conclusioni a cui è giunta la giurisprudenza ed i diversi orientamenti, dall’altro le novità della circolare, per poi (10) La Centrale dei rischi è regolata dalle Istruzioni della Banca d’Italia emanate in base alla delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) del 29 marzo 1994, emanata ai sensi dell’art. 53, comma 1, lett. b), del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario, T.U.B.) il quale prevede che la Banca d’Italia, in conformità alle delibere del CICR, emani disposizioni generali aventi ad oggetto il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni. Analoghe disposizioni sono dettate dall’art. 67 del T.U.B. per la vigilanza consolidata (comma 1, lett. b) e per gli intermediari iscritti nell’elenco speciale (comma II, lett. b). Si tratta delle Istruzioni per gli intermediari creditizi relative alla Centrale dei rischi emanate con circolare della Banca d’Italia n. 139 dell’11 febbraio 1991, e successive modifiche. (10) Cfr. Istruzioni della Banca d’Italia, Capitolo I, Sezione I, § 1.5. (8) In G.U. n. 27 del 1 febbraio 2002, come modificato il 16 marzo 2005 (G.U. n. 69 del 24 marzo 2005). (9) Tra le altre TRIBUNALE DI MANTOVA; ordinanza 9 gennaio 2007, conf. TRIBUNALE DI BARI; ordinanza 22 febbraio 2007; TRIBUNALE DI MESSINA; ordinanza coll. 5 aprile 2007; TRIBUNALE DI MILANO; ordinanza 4 maggio 2007;TRIBUNALE DI ISERNIA; ordinanza 15 maggio 2007; TRIBUNALE DI BRESCIA, sez. distaccata di Breno; ordinanza 14 giugno 2007;tutte su bancaditalia.it. 12 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ indicare alcuni aspetti problematici della segnalazione. La Centrale dei rischi (11) è gestita dalla Banca d’Italia ed accentra i dati comunicati dagli intermediari creditizi e finanziari in ordine agli affidamenti concessi ai singoli clienti. Si tratta di <<un sistema informativo sull’indebitamento della clientela delle banche e degli intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia>> (12), nel quale gli intermediari effettuano diverse tipologie di segnalazione collegate all’importo del credito o alla peculiare condizione di rischio (13) sia quando se ne verificano inizialmente i presupposti sia quando vi è un mutamento di status (14). La Centrale restituisce agli stessi intermediari un flusso di informazioni (flusso di ritorno personalizzato), nel quale è contenuto il quadro riassuntivo dei crediti del cliente censiti, nonché dei soggetti coobbligati, con indicazione dei rispettivi importi globali accordati e utilizzati (c.d. posizione globale di rischio) (15). A questo flusso informativo si accompagna un diverso strumento informativo, ovvero il servizio di prima informazione, che consente alle banche di ottenere dalla Centrale dei rischi, in tal caso su istanza ed a pagamento, la posizione globale di rischio di qualsiasi soggetto censito, non solo quando abbia fatto richiesta di credito, ma ogni qual volta sussistano “finalità connesse all’attività di assunzione del rischio nelle sue diverse configurazioni” (16). (11) Il d.m. Min. ec. 22.09.2008 (in G.U. n. 228 del 29.9.2008), ha abrogato la cs. Centralina, ovvero l’istituzione di un separato archivio per la rilevazione dei rischi di importo contenuto (cd. Centralina) e conseguentemente ne ha revocato l’affidamento in gestione alla SIA; ha disposto, inoltre, che nella Centrale dei rischi della Banca d’Italia siano censiti anche i rischi di importo contenuto in conformità alle disposizioni dettate dal medesimo Istituto di vigilanza. la gestione del rischio di credito.>> Riguardo ai limiti di censimento, <<gli intermediari sono tenuti a segnalare l'intera esposizione nei confronti del singolo cliente se, alla data cui si riferisce la rilevazione,>> risultano operazioni per oltre € 30.000 (accordato, utilizzato, derivasti, factoring, cessione di credito, garanzie), oppure il cliente versa in una condizione di sofferenza (Istruzioni, cap. II, sez. 1, § 5.). (15) <<Il flusso di ritorno contiene ulteriori informazioni ritenute utili per la valutazione e il controllo della rischiosità della clientela, concernenti, tra l'altro, l'ammontare degli sconfinamenti e dei margini disponibili calcolati per ciascuna categoria di censimento e variabile di classificazione, il numero degli intermediari segnalanti e, in particolare, di quelli che segnalano il soggetto a sofferenza, il numero delle richieste di prima informazione pervenute negli ultimi sei mesi e motivate dall'avvio di un'istruttoria propedeutica all'instaurazione di un rapporto di natura creditizia. Con riferimento ai censiti segnalati, viene infine evidenziato l'eventuale trascinamento dei dati. Oltre alla posizione globale di rischio nei confronti di tutti gli intermediari, viene evidenziata, per ciascun soggetto segnalato, la posizione globale di rischio nei confronti degli intermediari finanziari e del gruppo creditizio di appartenenza dell’intermediario segnalante>> . (Istruzioni, cap. I, sez. 1, § 7.). (16) Istruzioni, Cap. I, sez. 1, § 8. (12) Le Istruzioni prevedono la partecipazione obbligatoria alla Centrale dei rischi per: a) le banche iscritte nell'albo di cui all'art. 13 del T.U.B.; b) gli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del T.U., iscritti nell’albo o nell’elenco speciale (artt. 64 e 107 del medesimo T.U.). (13) In particolare, viene rilevato il passaggio dei crediti a sofferenza, la ristrutturazione del credito, nonché la regolarizzazione di posizioni in precedenza segnalate a sofferenza o oggetto di ristrutturazione, che devono essere comunicate entro tre giorni lavorativi (Istruzioni, Cap. I, Sez. II, § 7.) (14) Ovvero i rapporti di credito e di garanzia che il sistema creditizio intrattiene con la propria clientela. In particolare, sono oggetto di segnalazione: << i rapporti di affidamento per cassa e di firma, le garanzie reali e personali rilasciate agli intermediari in favore di soggetti dagli stessi affidati, i derivati finanziari e altre informazioni che forniscono elementi utili per 13 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Il servizio di centralizzazione dei rischi, quindi, consente ai singoli intermediari partecipanti di valutare la capacità di rientro dei finanziamenti ed, a livello generale, contribuisce a preservare la stabilità del sistema creditizio dai rischi derivanti dai fidi multipli (17). Di certo, poiché sono le stesse Istruzioni a prevedere testualmente ipotesi ulteriori rispetto allo stato di insolvenza vero e proprio, non possono essere condivise le decisioni che, in tempi non recenti, ravvisavano la sofferenza esclusivamente nello stato di insolvenza del cliente (21). Secondo alcuni (22), accanto allo stato di insolvenza, la norma regola una condizione di difficoltà che non rappresenta un vero e proprio status decoctionis, <<anche se comunque basata su di una situazione economica del debitore incerta e tale da evidenziare una oggettiva difficoltà a far fronte alle obbligazioni assunte>>.(23) 4.1. La segnalazione di crediti <<a sofferenza>>. Gli intermediari sono tenuti a segnalare le esposizioni dei propri clienti in sofferenza, indipendentemente dal loro importo (18). Si tratta di un’attività di carattere valutativo che, svolgendo la Banca d’Italia un ruolo di pura gestione, è rimessa all’intermediario segnalante, nel quadro delle regole dettate dalla stessa Autorità di vigilanza e dalla giurisprudenza sia riguardo alle condizioni della segnalazione sia con riguardo all’iter procedimentale corretto da seguire per effettuarla. Le Istruzioni della Banca d’Italia affermano che <<Nella categoria di censimento sofferenze va ricondotta l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili>>.(19) Per definire lo stato di insolvenza si richiama l’insolvenza regolata dall’art. 5 l.f. Non univoca, invece, è la definizione delle <<situazioni equiparate>> (20). (DOLMETTA, Il <<credito in sofferenza>> nelle istruzioni di vigilanza sulla centrale dei rischi, in Centrali dei Rischi Profili civilistici a cura di Sciarrone Alibrandi, Milano 2005, pagg. 40-41). (21) Tribunale Alessandria, ordinanza del 20 ottobre 2000, in Banca Borsa tit. cred. 2001, II, 571, con nota di Giusti. Va detto che la pronuncia, essenzialmente, si riferisce a tale condizione per affermare l’illegittimità della segnalazione in presenza di un mero inadempimento. (22) STILO, La lesione della reputazione commerciale del debitore e la rilevazione centralizzata dei rischi creditizi, Relazione al Corso interdistrettuale di formazione decentrata di Messina e Reggio Calabria su La tutela del debitore, marzo 2006. (23) L’indirizzo assolutamente maggioritario ritiene equiparabile allo stato di insolvenza <<un’obiettiva condizione di grave difficoltà nel rientro>> (Tribunale di Cagliari, 25 ottobre 2000), uno <<stato oggettivo di difficoltà finanziaria>> (Tribunale Napoli, 18 marzo 2005, cit.; vedi anche Tribunale Milano, 17 marzo 2004, in Banca Borsa tit. cred. 2004, II, 528; Tribunale Padova, 5 aprile 2004, in Giur. merito 2004, 2229; Tribunale Patti, 17 settembre 2004, cit.; Tribunale Potenza, 30 giugno 2001, in Giur. comm. 2003, II, 404, con nota di Marchese; Tribunale Milano, 19 febbraio 2001, in Giur. it. 2002, 334, con nota di Salinas (che richiede anche una preventiva richiesta di adempimento da parte della Banca segnalante); Tribunale Alessandria, 20 ottobre 2000, in Banca Borsa tit. cred. 2001, II, 571, con nota di Giusti; Tribunale Roma, 5 agosto 1998, in Banca (17) Cfr. le Istruzioni per gli intermediari creditizi relative alla Centrale dei rischi emanate con circolare della Banca d’Italia n. 139 dell’11 febbraio 1991, 11° aggiornamento del 10 novembre 2008, cap. I, sez. 1, par. 2. (18) Esclusi per ragioni di continuità con il sistema precedente gli importi al disotto di € 250 ( Istruzioni, cap. II, sez. 1, § 5.). (19) Cfr. Istruzioni, Capitolo I, Sezione I, § 1.5. (20) La dottrina ha evidenziato, infatti, come l’ordinamento conosca diverse nozioni di sofferenza che mutano a seconda dei vari contesti normativi, anche se le stesse hanno in comune una situazione deficitaria del debitore 14 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Per trovare un riferimento normativo ulteriore rispetto all’insolvenza si è fatto ricorso alle norme sull’amministrazione controllata (art. 187 l.f.), definendo le <<situazioni equiparate>> come una difficoltà economica temporanea, ma non transitoria, e superabile (24). In termini parzialmente diversi, molti Tribunali di merito, hanno equiparato allo stato di decozione <<una persistente instabilità patrimoniale e finanziaria idonea ad intralciare il recupero del credito da parte dell’intermediario>> (25). Di recente, la Corte di legittimità ha recepito la descrizione dello <<stato di insolvenza e (del)le situazioni equiparabili in termini di valutazione negativa di una situazione patrimoniale apprezzata come deficitaria, ovvero, in buona sostanza, di grave (e non transitoria) difficoltà economica, senza, cioè, fare necessario riferimento all'insolvenza intesa quale situazione di incapienza, ovvero di definitiva irrecuperabilità>>. (26) Le stesse Istruzioni esplicitamente indicano che <<l'appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest'ultimo nel pagamento del debito.>> (27) Si può certamente escludere, quindi, che il ritardo nell’adempimento, possa da solo giustificare la segnalazione alla Centrale dei rischi, ma anche che l’inadempimento di per sé possa portare alle medesime conclusioni (28), come giustamente ha indicato la giurisprudenza di merito (29). Borsa tit. cred. 1999, II, 453; Tribunale Roma, 10 marzo 1998, in Banca Borsa tit. cred. 1999, II, 452; Tribunale Cagliari, 28 novembre 1995, in Banca Borsa tit. cred. 1997, II, 353, 492). (26) Corte di cassazione, I^ civile, sent. 1° aprile 2009 n. 7958. (27) Cfr. Istruzioni, Capitolo I, Sezione II, § 1.5. (28) La tesi della sufficienza dell’inadempimento, anche definitivo porta al paradosso della legittimità della segnalazione anche per inadempimenti di scarsa rilevanza per entità, come quello ritenuto insufficiente per la segnalazione affrontato dal Tribunale di Napoli del 18 marzo 2005, per presunta posizione debitoria di circa 680 euro per spese varie a fronte di un volume di affari di circa € 90.000. Per l’insufficienza del mero ritardo nell’adempimento v. anche Trib. Salerno, Sez. Dist. di Eboli 22 aprile 2002 la quale sottolinea la necessaria onnicomprensività della valutazione stessa, alla luce <<sia del fatto testuale che fa riferimento, nell’individuare i presupposti per la segnalazione, non solo alla situazione di insolvenza, ma anche ad altre “situazioni equiparabili”, sia alle finalità della norma, consistenti, tra l’altro, nell’apprestare uno strumento diretto ad evitare che un soggetto abbia un’esposizione complessiva nei confronti dell’intero sistema creditizio eccessiva rispetto alla sua capacità economicofinanziaria>>. (29) Trib. Napoli, Sezione Distaccata di Frattamaggiore, ordinanza del 17 dicembre 2007, esclude che l’insolvenza possa essere integrata da un mero rifiuto ad adempiere espresso dal debitore. Il Tribunale di Parma del 21 settembre 2006 anche ha escluso la (24) MAIMERI, Errata segnalazione a <<sofferenza>> in Centrale dei rischi, in Dir. banc. merc. fin., 2005, 92 ss.; Tribunale Roma, 5 agosto 1998, in Banca Borsa tit. cred. 1999, II, 453; Tribunale Alessandria, ordinanza del 20 ottobre 2000, in Banca Borsa tit. cred. 2001, II, 571; Tribunale di Roma, 5 agosto 1998 Tribunale Roma, 31 luglio 2001, inedita. Vedi Tribunale di Potenza del 4 maggio 2001, il quale, pur partendo dall’adesione alla tesi secondo cui il punto di riferimento lo specifico credito, riconosce la necessità di ancorarsi <<a qualche elemento oggettivo” e conclude che comunque per addivenire alla segnalazione la banca non potrà “mai prescindere da un adeguato e ponderato apprezzamento dello stato di difficoltà economica e finanziaria del cliente, le cui dimensioni rendano serio, concreto ed attuale il pericolo di un’irrecuperabilità della prestazione>>. (25) Tribunale di Napoli, XI° Sezione civile (ordinanza del 19/12/2007); Tribunale di Paola– Sezione Distaccata di Scalea ord. 20.04.2001; v. Trib. Matera, 27/11/2005, in Giur. merito 2006, 2, 333; Trib. Napoli, 18/3/2005, in D&G Dir e Gius. 2005, 18; Trib. Padova, 5/4/2004, in Giur.merito 2004, 2229. 15 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Un’analisi sistematica delle ipotesi di segnalazione alla Centrale dei rischi porta a condividere, anche se non integralmente, la concezione della <<sofferenza>> recentemente ribadita dalla Corte di Cassazione. Nelle Istruzioni della Banca d’Italia, accanto alla nozione di sofferenza ritroviamo anche le nozioni di incaglio (30), di inadempimento persistente (31) e di ristrutturazione del credito (32), contenute tra le variabili di classificazione dei rischi (33), che arricchiscono il contenuto informativo della segnalazione. (34)(35) Le Istruzioni, infatti, indicano che la variabile di classificazione stato del rapporto, nell’ambito dei crediti per cassa (rischi autoliquidanti, rischi a scadenza e rischi a revoca), distingue gli inadempimenti persistenti, le linee di credito ristrutturate ed i clienti ad incaglio, ovvero i clienti in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, che sia prevedibile possa essere rimossa in un congruo periodo di tempo (36). Tale qualifica, <<in quanto relativa all’intera posizione del cliente, deve essere indicata su tutte le linee di credito>>. Da tale disciplina si desume, quindi, che, oltre la sofferenza, anche l’incaglio, riguarda la situazione complessiva del cliente e non il singolo credito, diversamente dalle altre variabili di stato sofferenza del ricorrente analizzando i dati di bilancio. Nello specifico ha confrontato il credito oggetto di segnalazione pari ad €. 168.632,64 (oggetto di contestazione) con i dati dell'ultimo bilancio (l’utile dell'esercizio conseguito, la situazione debitoria a breve (pari ad €. 9.472.875) e l'attivo circolante (pari ad €. 10.731.641), e le rimanenze (pari ad €. 8.107.721 per prodotti finiti) consistenti in vetture presumibilmente vendibili ad un valore almeno pari a quello di costo iscritto in bilancio. Tale situazione finanziaria non è stata considerata <<tale da integrare uno stato di difficoltà economica in capo alla ricorrente idoneo ad incidere sulla possibilità di recupero del credito da parte della banca, quantomeno rendendola consistentemente ardua>>. Per la necessità di una valutazione complessiva si è espresso anche il Tribunale di Roma del 2 agosto 2002. (30) I clienti in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, che sia prevedibile possa essere rimossa in un congruo periodo di tempo. (31) Crediti scaduti e/o sconfinanti in via continuativa da oltre 90/180 giorni. (32) Rapporti contrattuali modificati o accesi nell'ambito di un'operazione di ristrutturazione cioè di un accordo con il quale un intermediario o un pool di intermediari, a causa del deterioramento delle condizioni economicofinanziarie del debitore non riconducibile unicamente a profili attinenti al rischio-paese, acconsente a modifiche delle originarie condizioni contrattuali (ad esempio, riscadenzamento dei termini, riduzione del debito e/o degli interessi) che diano luogo a una perdita. (33) Le variabili di classificazione rricchiscono il contenuto informativo della rilevazione. Si tratta, infatti, di qualificatori volti a connotare più dettagliatamente la natura e le caratteristiche delle operazioni che confluiscono nelle categorie di censimento. (34) La ristrutturazione è anche una delle tre ipotesi di rilevazione dello status della clientela, accanto alla sofferenza ed alla regolarizzazione delle posizioni precedenti. (Cap. I, Sez. II, § 5). (35) Istruzioni, Cap. II, Sez. 2, § 9, anche per le indicazioni alle note immediatamente successive. (36) Mentre la ristrutturazione riguarda i rapporti contrattuali modificati o accesi nell'ambito di un'operazione di ristrutturazione cioè di un accordo con il quale un intermediario o un pool di intermediari, a causa del deterioramento delle condizioni economicofinanziarie del debitore non riconducibile unicamente a profili attinenti al rischio-paese, acconsente a modifiche delle originarie condizioni contrattuali (ad esempio, riscadenzamento dei termini, riduzione del debito e/o degli interessi) che diano luogo a una perdita13. Un'operazione di ristrutturazione può avere natura liquidatoria o non liquidatoria a seconda che l'accordo di ristrutturazione rappresenti o no un piano di rientro dell'intera esposizione volto a liquidare la relazione commerciale con il cliente. 16 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ del rapporto sopra indicate.(37) Sofferenza ed incaglio si presentano come status alternativi, tanto è vero che sempre le Istruzioni indicano che, alla prima inadempienza del credito ristrutturato, <<Fermi restando i criteri generali di classificazione a sofferenza ovvero a incaglio, gli intermediari sono tenuti (…) a classificare l’intera posizione del cliente fra le sofferenze o gli incagli>>. (38) Non bisogna dimenticare, però, che l’esistenza del credito insoluto in capo all’intermediario resta comunque determinante per la segnalazione, in quanto rappresenta la pre-condizione per il rilievo della sofferenza: la segnalazione di una posizione di rischio tra le sofferenze non è più dovuta, infatti, non solo se cessa lo stato di insolvenza o la situazione ad esso equiparabile, ma anche, alternativamente, se il credito viene rimborsato dal debitore o da terzi; inoltre, in un’ottica di effettività del rischio, la segnalazione in sofferenza di una cointestazione presuppone che tutti i cointestatari versino in stato di insolvenza. (39) Il confronto tra la nozione di sofferenza e quella di incaglio, pertanto, consente di escludere che possano equipararsi all’insolvenza, non solo i meri inadempimenti (anche di lunga durata) che non rientrano in una generale condizione di difficoltà economica, ma anche tutte le ipotesi di difficoltà economica rimuovibili in tempi congrui, che rappresentano incagli, e non sofferenze. Quest’ultime, in conclusione, riguardano ipotesi solo di insolvenza oppure di incapienza, se non definitive, almeno di risoluzione in tempi lunghi o comunque non determinabili. Le banche, come emerge dall’esame del contenzioso, spesso provvedono alla segnalazione facendo riferimento al solo rapporto critico, oppure limitandosi all’esame dei rapporti tra la stessa ed il cliente. Tale prassi è supportata da un orientamento dottrinale, il quale ritiene che l’intermediario non debba compiere indagine estranee ai rapporti che essa intrattiene con il cliente, e ciò per tre motivi: a) il riferimento alla nozione di insolvenza fallimentare sarebbe apodittico; b) perché si graverebbe la banca di indagini complesse e costose; c) perché per far cessare l’obbligo della segnalazione è sufficiente l’adempimento o la cessione del credito, fatto indicativo dell’attenzione rivolta al singolo rapporto patrimoniale (40). La tesi ha anche un conforto giurisprudenziale, ma l’indirizzo è decisamente minoritario (41). (40) SCOGNAMIGLIO, Sulla segnalazione a sofferenza nella Centrale dei Rischi della Banca d’Italia, in Banca, borsa tit. cred., 1999, I, 303 ss.; (41) Secondo tale orientamento, la “sofferenza” che legittima la segnalazione del nominativo del cliente della banca alla Centrale Rischi è rappresentata dal mero inadempimento, non occorrendo invece uno stato d’insolvenza, e ciò essenzialmente sul presupposto che l’analisi della banca che conduce alla segnalazione a sofferenza ha come punto di riferimento lo specifico rapporto che la lega al soggetto segnalato (v. ad es. Tribunale Roma, 3 novembre 1995, in Banca borsa tit. cred. 1997, II, 492, con nota di Vella; e più di recente Tribunale Ascoli Piceno, 4 marzo 2004). Va segnalata anche la pronuncia del Tribunale di Padova, ordinanza del 5 aprile 2004 che, escludendo che insolvenza indicata nelle Istruzioni coincida con l’insolvenza di cui all’art. 5 l.f., ritiene che essa coincida con il grave inadempimento e, quindi, con il serio rischio di non poter recuperare il finanziamento concesso, ritenendo legittima la segnalazione di un cliente che non movimentava il conto corrente da un anno, con “grave saldo (37) Al contrario, la qualifica di inadempimenti persistenti, non riguarda la posizione del creditore, ma quella del singolo credito, tanto è vero che la relativa informazione (così come quella sulla ristrutturazione del credito), anche se riferita a crediti vantati nei confronti di clientela ad incaglio, deve essere rilevata sulle singole linee di credito interessate. (38) Istruzioni, Cap. II, Sez. 3, § 10. (39) Istruzioni, Cap. 2, Sez. II § 1.5. 17 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ La giurisprudenza maggioritaria, allacciandosi al dato normativo della necessità di un esame della complessiva situazione patrimoniale del cliente, è giunta a conclusioni completamente diverse. Non solo ha escluso che la valutazione di sofferenza possa scaturire dal mero inadempimento (42), ma ha affermato che l’attività valutativa deve estendersi anche a rapporti bancari distinti da quello intrattenuto con l’intermediario segnalante, sostenendo, ad esempio: che sia necessaria una verifica dell’intera esposizione debitoria del cliente, inclusa l’emissione di decreti ingiuntivi contro lo stesso (43); che vada accertata <<l’effettiva consistenza patrimoniale dello stesso in relazione all’ammontare del credito, la circostanza se si tratti di debitore monoaffidato o pluriaffidato, l’eventuale esistenza di iniziative giudiziarie da parte di terzi creditori o le capacità di produrre reddito>> (44), che si debba tener conto di riferimento ai debiti contratti con altri istituti di credito o società erogatrici, al fine di poter addivenire alla prospettazione della detta «insolvenza» e poter, quindi, legittimamente effettuare la segnalazione alla Centrale dei Rischi ed ha l'obbligo, prima di disporre la segnalazione, di verificare la non solvibilità del cliente alla stregua di una valutazione complessiva della situazione del medesimo, valutazione che non può certo limitarsi alla verifica del mero inadempimento, ma che deve considerare e valutare ulteriori elementi dai quali desumere l'oggettiva difficoltà economicofinanziaria del cliente, individuabili esemplificativamente in protesti, pendenza di procedimenti esecutivi, ulteriori decreti ingiuntivi, squilibrio tra i mezzi a disposizione del debitore e consistenza della debitoria da coprire e, quindi, verifica della capacità di produzione di reddito e della liquidità, parametrate alla possibilità di far fronte, a mezzo delle dette disponibilità, alla debitoria da segnalare a sofferenza.>> (44) In senso analogo il Tribunale di Napoli, XI° Sezione civile (ordinanza del 19/12/2007): <<la valutazione in oggetto non può essere riferita solo ed esclusivamente al singolo rapporto di affidamento che intercorre tra l’istituto bancario ed il debitore, dovendosi altrimenti concludere che il mero inadempimento comporti la necessità di operare la segnalazione. Piuttosto, la valutazione della banca deve essere riferita alla situazione patrimoniale complessiva del debitore ed ancorata ad indici di carattere oggettivo, sintomatici di una difficoltà del cliente di adempiere i propri obblighi, quali, ad esempio, la situazione finanziaria ed economica del soggetto, l’effettiva consistenza patrimoniale dello stesso in relazione all’ammontare del credito, la circostanza se si tratti di debitore monoaffidato o pluriaffidato, l’eventuale esistenza di iniziative giudiziarie da parte di terzi creditori o le capacità di produrre reddito. >> debitore”, senza rispondere ai solleciti e dopo un’inutile messa in mora. Si tratta, quindi, sicuramente di una condotta certamente diversa dal mero inadempimento di una prestazione a breve scadenza, ma non risulta esaminata la condotta complessiva del cliente. (42)Tribunale di Napoli, Sezione Distaccata di Frattamaggiore, ordinanza del 17 dicembre 2007, esclude che l’insolvenza possa essere integrata da un mero rifiuto ad adempiere espresso dal debitore. Il Tribunale di Parma del 21 settembre 2006 anche ha escluso la sofferenza del ricorrente analizzando i dati di bilancio. Nello specifico ha confrontato il credito oggetto di segnalazione pari ad €. 168.632,64 (oggetto di contestazione) con i dati dell'ultimo bilancio (l’utile dell'esercizio conseguito, la situazione debitoria a breve (pari ad €. 9.472.875) e l'attivo circolante (pari ad €. 10.731.641), e le rimanenze (pari ad €. 8.107.721 per prodotti finiti) consistenti in vetture presumibilmente vendibili ad un valore almeno pari a quello di costo iscritto in bilancio. Tale situazione finanziaria non è stata considerata <<tale da integrare uno stato di difficoltà economica in capo alla ricorrente idoneo ad incidere sulla possibilità di recupero del credito da parte della banca, quantomeno rendendola consistentemente ardua>>. Per la necessità di una valutazione complessiva si è espresso anche il Tribunale di Roma del 2 agosto 2002. (43) Il Tribunale Matera del 28 giugno 2005, in Giur. merito, 2007, 2, 336, ha affermato che : <<Nella valutazione della situazione di «insolvenza», la Banca deve tener presente la situazione complessiva del debitore, anche in 18 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ <<elementi quali la liquidità del soggetto, la sua capacità produttiva e/o reddituale, la situazione contingente di mercato in cui opera, l’ammontare complessivo del credito ottenuto dal sistema creditizio e/o finanziario, ovvero di altri dati indicativi, riferiti al caso concreto, fermo restando che la esigenza oggettiva del credito insoddisfatto o la sussistenza della pendenza di un giudizio per l’accertamento del credito non possono integrare da sole i presupposti per effettuare la segnalazione de qua laddove la concreta situazione del cliente non crei alcun allarme quanto alla sua generale solvibilità>>(45). Questo indirizzo è stato confermato dalla recente sentenza di legittimità (46) la quale ha evidenziato i seguenti principi: a) <<l'appostazione a sofferenza nella centrale dei rischi implica una valutazione della complessiva situazione finanziaria del cliente>>; b) essa <<non può scaturire automaticamente da un mero ritardo nel pagamento del debito>>; c) <<nessun rilievo assume la manifestazione dell'intenzione di non adempiere, se giustificata da una seria contestazione del titolo del credito vantato dalla banca>>; d) bisogna considerare <<una situazione oggettiva d'incapacità finanziaria, anche se non accertata giudizialmente, e non transitoria d'inadempimento delle obbligazioni assunte>>. E’ chiaro, ormai che ad essere in sofferenza, per così dire, non è la specifica esposizione del cliente, ma la sua situazione economico-finanziaria complessiva, come del resto può desumersi dal requisito indicato dell’insolvenza o di situazioni equiparate, che postula una verifica della complessiva condizione del cliente, e non solo ai suoi rapporti con la banca segnalante. Ciò non significa, però, che il singolo credito non possa giustificare la segnalazione: la banca, tuttavia, ha l’onere di verificare l’incidenza di tale esposizione rispetto alla posizione del debitore e può procedere alla segnalazione se l’importo del credito appare incidere significativamente su quest’ultima, tanto che il ritardo nell’adempimento sia di per sé univocamente significativo di una difficoltà non transitoria nel far fronte alle proprie obbligazioni. La giurisprudenza, inoltre, non è unanime su un aspetto pratico della valutazione complessiva della situazione finanziaria del cliente, ovvero su quali siano le fonti di conoscenza che essa può e deve valutare. Certamente vanno valutate le altre segnalazioni esistenti sulla Centrale Rischi ed il flusso finanziario di ritorno; si è ritenuto, ad esempio, che possa essere valutata la progressiva riduzione delle linee di fido concesse dal sistema bancario, ivi risultante. Ancora, un forte indebitamento è stato ritenuto non univoco della decozione, in quanto indicativo di una valutazione favorevole da parte del sistema bancario (47), mentre la sottoutilizzazione degli affidamenti per operazioni con l’estero e la riduzione degli scoperti sono considerati, invece, segnali negativi (48) (49). La banca, quindi, legittimamente utilizza i dati complessivi presenti nella (45) Cfr. Tribunale di Napoli del 18 marzo 2005, il quale evidenzia come <<il soggetto segnalante debba verificare, sulla base di qualche elemento oggettivo a sua disposizione, se il proprio debitore si trovi in una situazione che induca a ritenere la riscossione del credito a rischio, ossia delle probabilità di successo non elevate.>> (46) Corte di Cassazione, I^ civile, sent. del 1° aprile 2009 n. 7958, cit. (47) Corte di Appello di Venezia del 4 dicembre 1998. (48) Tribunale di Rovigo 22.12.1998; per il carattere negativo della riduzione delle linee di fido v. anche Tribunale di Milano del 27 ottobre 1999. (49) Da sottolineare che le ultime pronunce valutano le segnalazioni come prova della scientia decoctionis della banca dell’insolvenza del cliente in sede di revocatoria fallimentare. 19 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ obbligatoria del cliente in caso di prima segnalazione << non configura in alcun modo una richiesta di consenso all’interessato per il trattamento dei suoi dati ai fini CR, atteso che gli intermediari sono tenuti a fornire alla Banca d’Italia i dati relativi all’indebitamento della clientela per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge (artt. 51, 66, comma 1, e 107, comma 3 T.U.B.) e sono, pertanto, esonerati dall’obbligo di acquisire il consenso dell’interessato.>> (Cap. II, Sez. II, par. 5). Va ricordato, sul punto che l’art. 7 del Codice della privacy prevede che “L’interessato ha diritto di ottenere: a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati; b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati…”. L’art. 8, comma 2, lett. d) esclude, però, che i diritti di cui all'articolo 7 possano essere esercitati quando i dati sono trattati <<da un soggetto pubblico, diverso dagli enti pubblici economici, in base ad espressa disposizione di legge, per esclusive finalità inerenti alla politica monetaria e valutaria, al sistema dei pagamenti, al controllo degli intermediari e dei mercati creditizi e finanziari, nonché alla tutela della loro stabilità>>. Il Garante per la privacy ha espressamente escluso l’applicabilità dell’art. 7 e l’inammissibilità del ricorso nei confronti della Banca d’Italia ai sensi dell’art. 152 cod. privacy nei confronti della Banca d’Italia proprio in virtù dell’art. 8(50). Centrale e può e deve utilizzare le altre notizie presenti nel fascicolo del cliente, oltre a dati di carattere notorio, come il rapporto tra esposizione e posizione di mercato del cliente, almeno quando l’esposizione risulti di scarsa rilevanza rispetto alle dimensioni dell’impresa ed al suo avviamento. Una valutazione più completa della situazione del cliente, allargata a dati non presenti nella Centrale dei rischi, comporta, però, necessariamente l’abbandono di un’istruttoria riservata per acquisire informazioni in modo legittimo e completo sulla solidità patrimoniale del cliente. 4.2. Informazione del cliente. Ed, in effetti, l’ulteriore profilo implicato dalla valutazione della <<complessiva situazione finanziaria>> del cliente è quello procedimentale il quale si traduce, in sostanza, nella scelta di coinvolgere o meno il cliente nella segnalazione. Il rapporto tra banca e cliente presenta tre diversi profili: I) la necessità del consenso del cliente alla segnalazione; II) il diritto del cliente ad essere informato della segnalazione a sofferenza; III) il diritto-dovere della banca di richiedere al cliente informazioni utili riguardo alla sua condizione patrimoniale prima di procedere alla segnalazione. (I) Il consenso del cliente. Anche se si tratta di dati personali non è necessario che cliente presti il al trattamento dei dati da parte delle banche: l’art. 24, comma 1, lett. a) del codice per la privacy (d.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003) prevede che <<il consenso non è richiesto, oltre che nei casi previsti nella Parte II, quando il trattamento (…) è necessario per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria>>. Le Istruzioni attuali chiariscono espressamente che l’informativa (50) Decisione del Garante della Privacy del 26 luglio 2006 (doc. web n. 1332498, bollett. n. 74/luglio 06). 20 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Si è anche sostenuto (51) che l’art. 8 non potrebbe impedire al cliente l’esercizio dei diritti di cui all’art. 7 perché il sistema della Centrale dei rischi non è regolato da un’espressa previsione di legge ma, in sostanza, oggetto di una normazione dell’Autorità di vigilanza semplicemente autorizzata da disposizioni di rango primario (52) ed, inoltre, che appare comunque dubbio che le preclusioni ex art. 8, comma 2, lett. d) possano valere, oltre che nei confronti della Banca d’Italia, anche nei confronti delle banche aderenti. Una lettura così restrittiva appare criticabile, se si considera che la disciplina della Centrale dei rischi rappresenta, in sostanza, una normativa delegificata. Non è comunque necessario esaminare più a fondo la questione per due diversi motivi. In primo luogo, anche chi sostiene l’inapplicabilità alla Centrale rischi dell’esenzione dell’art. 8, limita i diritti di cui all’art. 7 alla sola ipotesi di segnalazione di dati oggettivamente erronei (come l’errore sui dati anagrafici,), e non su dati di natura valutativa come quello delle condizioni della segnalazione a sofferenza. L’art. 8 comma 4°, infatti, prevede testualmente che “L’esercizio dei diritti di cui all’art. 7, quando non riguarda dati di carattere oggettivo, può avere luogo salvo che concerna la rettificazione o l’integrazione di dati personali di carattere valutativo…” (53). In secondo luogo, le Istruzioni della Banca d’Italia prevedono la possibilità di esercitare alcuni dei diritti previsti all’art. 7 del cod. privacy, non direttamente applicabili alla segnalazione a sofferenza. I clienti, infatti, possono richiedere quali informazioni personali siano inserite nella Centrale; hanno diritto a ricevere la propria posizione globale di rischio; possono rivolgere istanza alla Banca d’Italia per conoscere anche il dettaglio delle diverse segnalazioni; la Banca d’Italia, in seguito alla richiesta, fornisce un prospetto contenente i dati richiesti. (54) (II) L’informativa segnalazione. al cliente sulla e di diritto comune per il “recupero” della correttezza dei dati trasmessi alle Centrali dei rischi, in Sciarrone Alibrandi, Centrale dei rischi. Profili civilistici, cit., pag. 130 ss. (54) Istruzioni, Cap. I, Sez. 1, § 3: <<Secondo quanto previsto dalla delibera CICR del 29 marzo 1994, i soggetti censiti nella anagrafe della Centrale dei rischi possono conoscere le informazioni registrate a loro nome. In base alle disposizioni attuative emanate dalla Banca d’Italia, gli intermediari - su specifica richiesta - devono rendere nota al soggetto segnalato o al suo rappresentante la relativa posizione globale e parziale di rischio quale risulta dai flussi informativi ricevuti dalla Banca d’Italia, nonché i dati di rischio relativi alle cointestazioni di cui lo stesso risulti far parte. Ove l’interessato manifesti l’esigenza di conoscere il dettaglio delle segnalazioni prodotte a suo nome da ciascun intermediario, nonché i dati relativi alle forme di coobbligazione, diverse dalle cointestazioni, rilevate dalla Centrale dei rischi, l’istanza deve essere indirizzata alla Filiale della Banca d’Italia nel cui ambito territoriale il richiedente ha la residenza o la sede legale (o ad altra Filiale presso la quale lo stesso intende recarsi per il ritiro dei dati). La Banca d’Italia fornisce al diretto interessato un prospetto contenente i dati richiesti, corredato da un Foglio informativo che illustra lo scopo e il funzionamento della Centrale dei rischi.>> (51) SCIARRONE ALIBRANDI, Trasmissione di dati alle centrali dei rischi: consenso e informazione dell’interessato, in Centrali dei Rischi Profili civilistici a cura di Sciarrone Alibrandi, cit., pag. 90 ss; STILO, La lesione della reputazione commerciale del debitore e la rilevazione centralizzata dei rischi creditizi, cit. (52) Contra TARANTINO, In tema di segnalazione alla Centrale Rischi: profili di responsabilità della banca segnalante (e delle banche terze), in Banca borsa tit. cred., 2002, II, 245, nota 62. (53) Contra, nel senso dell’applicabilità dell’art. 7 anche a tali ipotesi, MINNECI, Tutele privacy 21 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Il 13° aggiornamento della Circolare ha previsto che <<Gli intermediari devono informare per iscritto il cliente la prima volta che segnalano lo stesso a sofferenza.>> (Cap. II, Sez. II, par. 5), esplicitando un obbligo che poteva essere desunto da sistema già in precedenza. La norma, quindi, stabilisce un diritto ad essere informati dell’avvenuto trattamento dei dati, ma non prevede, almeno non espressamente, che tale informazione sia preventiva. Alcuni Tribunali, per il passaggio <<a sofferenza>> hanno sostenuto che la procedura non prevede alcun contraddittorio con il soggetto esposto (55), anche se tale affermazione è stata effettuata al fine di evidenziare che, per la mancanza di una dialettica preventiva, il dovere di diligenza della banca nella valutazione è particolarmente intenso. Parte della giurisprudenza, soprattutto recente, invece, ha affermato che la banca al fine di verificare la sussistenza di una situazione di sofferenza debba attivare un <<canale di diretta interlocuzione con il cliente>>, consentendo a quest’ultimo di spiegare le ragioni dell’esposizione. (56) Anche se le Istruzioni non vi fanno riferimento, l’obbligo di una preventiva partecipazione del cliente all’istruttoria finalizzata alla segnalazione, si desume sia dall’estensione dell’accertamento che deve compiere la banca (che, riguardando l’intera condizione patrimoniale del cliente, richiede naturaliter l’acquisizione di informazioni dal primo) sia dalla necessità del rispetto dell’obbligo generale di buona fede, che non può non includere anche la possibilità per il cliente di illustrare le ragioni dell’assenza dell’ipotizzata condizione di insolvenza che la segnalazione vena effettuata. (57) posizione o meno di sofferenza del credito, tanto più che procede a quella istruttoria unilateralmente, senza che vi partecipi, in qualche forma di contraddittorio, l’imprenditore interessato>> (Trib. Savona, ord. n. 1139 del 03 aprile 2002).>> Il Tribunale di Foggia, ordinanza del 19 dicembre 2003 non ha mancato di porre in rilievo come <<anche in presenza di un unico rapporto contrattuale intercorrente tra la società segnalatrice ed il presunto debitore, sia pur sempre necessaria una disamina e valutazione complessiva della situazione finanziaria del cliente, in vista della quale ben può pretendersi che la prima attivi quanto meno un canale di diretta interlocuzione con quest’ultimo, allo scopo di permettere una delibazione delle ragioni poste a fondamento dell’esposizione attribuendo altresì al cliente medesimo la concreta possibilità di contribuire all’istruttoria che l’istituto di credito è pur sempre tenuto a svolgere prima della segnalazione>>. Cfr. anche Tribunale Palermo, 4 novembre 2002, in Giur. merito, 2003, 207; Tribunale Foggia, 19 dicembre 2003 e 19 marzo 2004, entrambe in www.dirittobancario.it). (57) Non vi è dubbio che un onere di informativa e di interlocuzione promana certamente anche dall’obbligo generale di buona fede e correttezza informazione gravante sulle parti del contratto sia durante le trattative che nel corso dello svolgimento del rapporto, fondato sugli artt. 1337, 1175, 1375 c.c. e sul dovere di solidarietà costituzionale sancito dall’art. 2 Cost. In materia v. CARRESI, Il contratto, in Trattato di dir. civ. e comm., diretto da Cicu e Messineo, XXI, 1, Milano, 1987, p. 803; CARRESI, Oneri ed obblighi nella genesi del contratto, in (55) Tribunale Napoli, 18 marzo 2005, cit.; Tribunale Paola, 20 aprile 2001 e 20 maggio 2001, in Riv. dir. comm., 2001, II, 167 ss.; Tribunale Brindisi, 20 luglio 1999, in Giust. civ., 2000, I, 555 ss. (56) Tribunale di Como, Sezione Distaccata di Cantù, sentenza del 24 dicembre 2006 afferma la necessità nella specie di un contraddittorio senza esplicitare una conclusione di ordine generale, affermando da un lato che <<In tale contesto probatorio, l’Istituto ha omesso una doverosa fase di contraddittorio con la cliente in conformità ai principi di correttezza che devono presiedere al trattamento delle informazioni altrui al fine di chiarire i fatti e comunque senza accertare le effettive capacità di adempimento del cliente, non potendosi tale condizione desumere dalla mera chiusura del conto corrente>>, dall’altro che <<ogni banca, prima ed al fine di effettuare la segnalazione, deve procedere con più attenta diligenza all’istruttoria per l’accertamento della 22 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ In altri termini, la banca ha un obbligo di informarsi (58) acquisendo informazioni direttamente dal cliente, che deriva dal dovere di diligenza professionale nell’accertamento dei presupposti della segnalazione, derivante dall’art. 1176, comma 2 c.c.), ed un obbligo di informare il cliente sia dell’avvio dell’istruttoria, per consentire al cliente di interloquire e di dimostrare l’assenza dei presupposti della segnalazione, che deriva, invece, dall’obbligo di correttezza e di buona fede (artt. 1337, 1175, 1375 c.c.), espressione del dovere di solidarietà costituzionale (art. 2 Cost.) (59)(60). Le modifiche del d.lgs. n. 141 del 2010 hanno portato all’introduzione di un articolo nel credito al consumo specificamente dedicato alle banche dati (art. 124-bis T.U.B.), il quale al comma 3 prevede espressamente che <<i finanziatori informano preventivamente il consumatore la prima volta che segnalano a una banca dati le informazioni negative previste dalla relativa disciplina. L’informativa è resa unitamente all’invio di solleciti, altre comunicazioni, o in via autonoma.>>, informando anche il consumatore <<sugli effetti che le informazioni negative registrate a suo nome in una banca dati possono avere sulla sua capacità di accedere al credito.>> (Comma 5) L’introduzione di tali obblighi nei confronti dei consumatori, non porta ex post ad escludere l’esistenza dei sopra descritti obblighi verso i clienti che non sono consumatori, sebbene le informazioni non debbano rispondere alle caratteristiche descritte dall’art. 124-bis t.u.b. Come rovescio della medaglia, il cliente che si rifiuta di fornire informazioni sulla sua condizione patrimoniale o che fornisce informazioni incomplete o inesatte sarà inadempiente rispetto ai propri obblighi di cooperazione e non potrà dolersi della successiva segnalazione. Foro pad., 1948, I, c. 803; MENGONI, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, nota a Cass. 5 maggio 1955, n. 1259, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 368 s.; GRISI, L’obbligo precontrattuale di informazione, Napoli, 1990, p. 61 ss. Si rinvia anche per i riferimenti giurisprudenziali e legislativi recenti a SERRAO D’AQUINO, “Gli obblighi di informazione nella legislazione e nella giurisprudenza”, Relazione tenuta al corso del Consiglio Superiore della Magistratura “Informazione, buona fede e correttezza nel mercato globale, 2008, www.csm.it. (58) Gli obblighi di informazione sia attivi che passivi rappresentano un tema ricorrente del rapporto intermediario-cliente, basti pensare agli obblighi previsti dal T.U.F. (d.lgs. n. 58 del 1998.) (59) La dottrina, in proposito, ha affermato che l’informazione al cliente è imposta dall’obbligo di buona fede in executivis (art. 1175 e 1375 c.c.), trattandosi dell’adempimento di un obbligo di protezione (SCIARRONE ALIBRANDI, Trasmissione di dati alle centrali dei rischi: consenso e informazione dell’interessato, in Centrali dei Rischi Profili civilistici a cura di A. Sciarrone Alibrandi, cit., pag. 108.) (60) E’ il caso di segnalare, infine, che in due casi analoghi è previsto l’obbligo del preavviso all’interessato: a) per le centrali private è stato imposto il preavviso prima della segnalazione a sofferenza dal Garante della privacy con provvedimento del 2002; b) il codice deontologico sui sistemi di informazioni creditizie del 2004 prevede il diritto dell’interessato di essere informato con preavviso scritto di quindici giorni 4.3. I crediti litigiosi. Molte segnalazioni delle banche che hanno dato vita a contenzioso riguardano crediti contestati dal cliente con riferimento alla richiesta di interessi anatocistici (61), all’applicazione della commissione di massimo scoperto, all’applicazione degli interessi <<su piazza>>, al superamento del tasso usura o, qualche volta, semplicemente al dell’annotazione dei ritardi nei pagamenti in via preventiva rispetto alla stessa (artt. 5 ed 8). (61) Prima della delibera CICR del 2000. 23 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ calcolo delle somme dovute e già incassate. A fronte dell’inadempimento del cliente, dell’obbligo di restituzione della somma ricevuta in mutuo, di un mancato rientro da un saldo negativo per l’apertura di conto corrente, la banca normalmente diffida il cliente ad adempiere e spesso procede direttamente alla segnalazione alla Centrale dei rischi. Il cliente, tuttavia, invece di restare inerte, contesta l’esistenza del credito della banca o la sua entità. A questo punto sia che la banca agisca per ottenere giudiziariamente il pagamento, sia che il cliente prevenga la banca con un’azione di accertamento o cautelare, i tribunali, per accertare la legittimità della segnalazione, devono comunque valutare l’esistenza e la misura di un credito contestato. Le Istruzioni ora chiariscono espressamente che la <<contestazione del credito non è di per sé condizione sufficiente per l’appostazione a sofferenza>> (par. 1.5). Se il mero rifiuto di pagamento non giustifica la segnalazione, neppure le parti devono attendere per effettuare o contestare la segnalazione che l’autorità giudiziaria accerti con sentenza l’esistenza del credito, avendo la stessa natura ovviamente dichiarativa. Il giudice investito del controllo sula legittimità della segnalazione del credito litigioso deve limitarsi a delibare la fondatezza della contestazione da parte del cliente (può dirsi del fumus boni iuris della contestazione del credito e con essa della domanda di cancellazione della segnalazione) e, quindi, secondo quanto indicato dalla giurisprudenza di legittimità una <<seria contestazione del titolo del credito>>. (62,63) Il notevole contenzioso in materia di segnalazione di crediti litigiosi ha portato ad inserire nel sistema della Centrale dei rischi, tra le variabili di stato del rapporto, la qualità di <<credito contestato>>, qualità che presuppone, tuttavia, non il semplice rifiuto di adempimento, ma l’instaurazione di una controversia, fin quando non vi sia una decisione dell’autorità. <<Si considera “contestato” il credito per il quale è stata adita un’Autorità terza rispetto alle parti (l’Autorità giudiziaria, il Garante della Privacy o altra preposta alla risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela). La qualifica di credito contestato non è più dovuta dalla rilevazione riferita alla data del provvedimento assunto da tale Autorità e le segnalazioni dovranno essere adeguate in conformità a quanto stabilito dal provvedimento stesso>> (Sez. 3, par. 9). 4.4. I rimedi esperibili dal cliente. A seguito di una segnalazione ritenuta illegittima, sia o meno legata ad un credito litigioso, ormai pacifica l’ammissibilità del ricorso al giudice ordinario ed anche l’ammissibilità della tutela cautelare, anche se il quadro delle azioni esperibili resta, in realtà, meno chiaro di quanto possa sembrare. Viene qualificato come diritto soggettivo, da tutelare davanti al giudice ordinario, l’interesse del cliente a non normativa speciale di settore ed è contraria al canone generale della buona fede la segnalazione da parte di un Istituto di Credito alla Centrale Rischi della Banca d’Italia come posizione di sofferenza di un debito del cliente che risulti tra le parti contestato (cd. “credito litigioso”), qualora la contestazione abbia i caratteri della non manifesta infondatezza e sia alla base del rifiuto del debitore di adempiere”>>. (Tribunale di Pescara ord. del 21 dicembre 2006) (62) Cass., I^ Sez. civile 1° aprile 2009 n. 7958, cit. (63)Anche in questo caso la copiosa giurisprudenza di merito ha anticipato tale tesi sostenendo che <<Non è conforme alla 24 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ essere leso da segnalazioni non corrette.(64) La segnalazione erronea alla Centrale dei Rischi, determinando la possibilità di una revoca immediata dei fidi, l’inibizione della concessione di ulteriori crediti, un pregiudizio alla reputazione di “affidabilità” del cliente può pregiudicare, in modo irreparabile, la posizione del soggetto segnalato. In assenza di strumenti cautelari tipici viene ordinariamente richiesta la cancellazione della segnalazione in via d’urgenza ai sensi dell’ articolo 700 c.p.c.(65). L’applicazione alla Centrale dei rischi delle norme sul Codice della Privacy (tesi in parte avallata dalla recente pronuncia della Corte di Cassazione che afferma l’applicabilità di parte delle norme ed, in particolare dell’art. 152 Cod. privacy - e ciò anche nei confronti della Banca d’Italia), dovrebbe, però avere come corollario logico l’inammissibilità della tutela ex art 700 c.p.c. per difetto di residualità. (66) L’art. 152, infatti, oltre a prevedere uno specifico rito per adire il giudice in via ordinaria prevede, infatti, al comma 6 uno specifico rimedio cautelare, <<Quando sussiste pericolo imminente di un danno grave ed irreparabile il giudice può emanare i provvedimenti necessari con decreto motivato, fissando, con il medesimo provvedimento, l’udienza di comparizione delle parti entro un termine non superiore a quindici giorni. In tale udienza, con ordinanza, il giudice conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto.>> (64)<<La controversia avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno proposta da un cliente nei confronti di una banca, a causa dell'erronea segnalazione del proprio nominativo alla Centrale rischi della Banca d'Italia per un credito "in sofferenza", è devoluta al giudice ordinario, non rientrando tra le controversie in materia di pubblici servizi attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall'art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo introdotto dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205 - quale risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 - in quanto detta giurisdizione esclusiva presuppone che la P.A. agisca esercitando il suo potere autoritativo, ovvero avvalendosi della facoltà, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del predetto potere. Per contro, l'interesse del cliente a non essere leso dal comportamento della banca, in affermata violazione delle disposizioni dell'autorità di vigilanza, configura un diritto soggettivo, restando irrilevante l'inosservanza da parte della banca delle istruzioni impartite in materia dalla Banca d'Italia, giacché l'interesse del cliente è del tutto indipendente dall'esercizio dei poteri di vigilanza dell'Istituto Centrale sulle banche>> (Cass. Sez. Unite, Ord. n. 7037 del 28/03/2006.) (65)Privo di fondamento risulta l’iniziale orientamento negativo, che faceva leva sul carattere doveroso della segnalazione alla Centrale dei Rischi (Pretura di Crotone, 23 gennaio 1993, in Banca Borsa tit. cred. 1994, II, 595; Pretura di Roma, 12 ottobre 1990, in Mondo bancario, 1991, fasc. 4, p. 47; Tribunale Roma, 4 dicembre 1989, in Banca Borsa tit. cred. 1991, II, 674; Tribunale Roma, 3 novembre 1995.) Si era sostenuto, infatti, che l’ordine di cancellazione fosse inammissibile o che non sarebbe rinvenibile nell’ordinamento la norma che consentirebbe al giudice di ordinare alla Banca d’Italia la cancellazione sella segnalazione errata (Trib. di Avezzano, ord. del 12 giugno 1998, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, II, p. 452 ss.). Sono ostacoli in realtà inesistenti, trattandosi di tutela atipica ex art. 700 c.p.c. e mancando un potere autoritativo tanto dell’intermediario che della Banca d’Italia. (66) V. anche Tribunale di Patti, 16 maggio 2005, in D&G Dir. e Giust., 2005, f. 35, 24, secondo cui “Colui il quale si dolga della illegittima segnalazione dei propri dati personali alla Centrale Rischi gestita dalla Banca d’Italia, può domandare in via cautelare, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., la rettifica dell’annotazione nei confronti dell’intermediario che l’ha effettuata, ma non nei confronti della Banca d’Italia; nei confronti di quest’ultima, infatti, qualsiasi diritto non può essere fatto valere con lo strumento residuale di cui all’art. 700 c.p.c., ma soltanto col procedimento espressamente previsto a tal fine dall’art. 152 d.lg. 196/03)”. 25 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Si tratta, quindi, di un rimedio tipico, anche se presenta caratteri comuni con il provvedimento ex art. 700 c.p.c. (istruttoria senza formalità, citazione con decreto, possibilità di emissione anche inaudita altera parte), tanto da poter essere considerato un rimedio sostanzialmente assimilabile alla tutela cautelare prevista dall’art. 700 c.p.c., con alcune differenze, come quelle riguardanti la competenza territoriale, che il cod. privacy radica esclusivamente nel tribunale del luogo ove risiede il titolare del trattamento dei dati, da identificarsi nella banca che ha proceduto alla segnalazione e, se citata in giudizio, anche nella Banca d’Italia. l’irrisarcibilità del danno: anche i diritti della persona che hanno copertura costituzionale potenzialmente possono essere risarciti per equivalente, ma ciò non esclude l’irreparabilità del pregiudizio medio tempore arrecato ai fini della tutela cautelare, tanto che è stato riconosciuto talvolta tale requisito perfino per l’inadempimento di obbligazioni meramente pecuniarie, quando esse sono funzionali alla tutela dei primi o quando il mancato pagamento può pregiudicare gravemente la posizione del creditore. La risarcibilità del pregiudizio, quindi, non esclude l’irreparabilità ai fini della tutela cautelare (69). La segnalazione illecita, inoltre, può determinare una perdurante lesione della reputazione della reputazione commerciale ed un grave danno alle opportunità imprenditoriali e negoziali del segnalato; essa, quindi, può incidere pesantemente sull’attività economica ed imprenditoriale, sia inibendo nuove opportunità sia determinando, in alcuni casi, una vera e propria condizione di insolvenza indotta dalle richieste di rientro immediato dei fidi. (70) Quale che sia la fonte normativa del provvedimento atipico, resta il fatto che va dimostrata in concreto, per la tutela cautelare, l’effettiva sussistenza di un pregiudizio irreparabile, oppure se si può ricorrere a presunzioni. Alcuni Tribunali hanno sostenuto che nel caso degli imprenditori l’irreparabilità del pregiudizio sarebbe in re ipsa, poiché la segnalazione può pregiudicare la loro reputazione commerciale (67): la segnalazione può determinare una richiesta di rientro immediato dai fidi, la mancata concessione di altri ed essa stessa indurre ad uno stato di insolvenza dell’imprenditore. Altri, però, hanno ritenuto non configurabile il pregiudizio irreparabile, affermando, ad esempio, che trattandosi di questioni di <<ordine finanziario>> sia sempre possibile il risarcimento del danno (68). Si tratta di una opinione non condivisibile: va mai confusa, infatti, l’irreparabilità del pregiudizio con (69)Ad esempio, Tribunale di Torre Annunziata, Sezione Distaccata di Castellammare di Stabia del 2 maggio 2006, inedita; Tribunale di Reggio Calabria 09 settembre 2003, in Giur. merito, 2004, p. 794 in materia di licenziamento per i riflessi che esercita sulla personalità del lavoratore; Tribunale Venezia 27 settembre 2000, in Gius, 2001, p. 787. (70)Il criterio di accertamento del periculum, in ogni caso, è strettamente correlato alla prospettazione del diritto leso ed alle allegazioni in ordine all’attività esercitata dal cliente: l’imprenditore accede ordinariamente al credito e la segnalazione determina verosimilmente una drastica riduzione delle banche potenzialmente offerenti. La segnalazione illegittima, quindi, intrinsecamente determina un danno irreparabile. Non può escludersi, tuttavia, che tali condizioni non si verifichino e che l’imprenditore abbia un’organizzazione imprenditoriale che non comporta l’utilizzo di fidi o che abbia una reputazione commerciale (67) Tribunale Roma, 15 dicembre 2003, in Redazione Giuffrè 2005; Tribunale Palermo, 4 novembre 2002, in Gius 2003, 995. (68) Tribunale di Avezzano, ord. del 12 giugno 1998, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, II, p. 452 ss. 26 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Le decisioni che hanno richiesto di dimostrare la probabilità di una 71 restrizione dell’accesso al credito. ( ) o che hanno sostenuto che qualora il periculum non emerga dall’attività stessa del cliente, esso vada dimostrato in concreto (72) colgono dei profili meritevoli di attenzione: non sempre la qualità di imprenditore giustifica il danno in re ipsa; è necessario, infatti, che dall’allegazione della natura dell’attività esercitata si desuma il normale ricorso credito bancario, naturalmente frustrato da una segnalazione a sofferenza del cliente. E’ invece giusto richiedere la prova della sussistenza del periculum in mora quando il segnalato non sia un imprenditore, non potendosi escludere in astratto una situazione di pregiudizio imminente ed irreparabile. (73) Nel caso di danno alla reputazione personale, comunque, se il pregiudizio irreparabile è insito nella segnalazione, ovvero nel perdurante effetto lesivo di un diritto della persona, occorre prestare particolare attenzione al profilo del fumus, non essendo affatto scontato che la segnalazione a sofferenza comporti un pregiudizio della reputazione personale per effetto della segnalazione (v. infra). Una volta accertata in sede cautelare l’esistenza dei presupposti previsti dall’art. 700 c.p.c., il giudice deve emanare l’ordine di cancellazione dalla Centrale dei rischi. La giurisprudenza non ha analizzato le modalità di eliminazione della notizia dalla banca dati. Alcuni autori, invece si sono posti il problema dell’efficacia retroattiva o non retroattiva della segnalazione, evidenziando il contrasto tra l’interesse del segnalato ad un’elisione retroattiva della segnalazione (74) e l’interesse degli intermediari aderenti alla Centrale rischi a dimostrare che i propri comportamenti (es. richiesta di rientro immediato del fido) sono giustificati dalla classificazione negativa inserita nella banca dati da altri intermediari (75). Essi hanno concluso per l’opportunità di una cancellazione con efficacia ex nunc, che salvaguardia questo secondo interesse e che asseconda l’esigenza di lasciare traccia dei flussi informativi laddove la retroattività non potrebbe comunque portare ad una elisione dei danni già prodotti, rispetto ai quali si pone esclusivamente un problema di determinazione del risarcimento. (76) In effetti, non sembra corretto ordinare la scomparsa integrale del file della segnalazione, proprio perché si tratta di notizie alle quali hanno lecitamente attinto altri aderenti al sistema, senza possibilità di verifica della loro fondatezza, e che hanno determinato comportamenti e valutazioni da parte degli stessi (es. richieste di rientro dal fido o altre segnalazione alla Centrale dei rischi, nel quadro della “valutazione complessiva” dell’esposizione del 4.5.La decisione giurisdizionale. tale da non subire effetti sugli altri fidi. Certamente, quindi, anche in sede cautelare il ricorrente dovrà allegare la natura dell’attività esercitata e dimostrare anche l’utilizzazione di altri fidi o la programmazione certa del ricorso al fido bancario. (71) v. ad es. Tribunale Salerno, 22 aprile 2002 in Dir. e prat. soc. 2002, f. 14-15, 94, con nota di Ferri. (72) Tribunale Palermo, 16 giugno 2003, in Gius 2003, 1907. (73) STILO, La lesione della reputazione commerciale del debitore e la rilevazione centralizzata dei rischi creditizi, Relazione al Corso interdistrettuale di formazione decentrata di Messina e Reggio Calabria su La tutela del debitore, marzo 2006. (74) Per Giusti, nota a Tribunale Alessandria, 20 ottobre 2000, in Banca Borsa tit. cred. 2001, II, p. 580 unica idonea a tutelare pienamente il segnalato. (75) VENDITTI, Diligenza e responsabilità nella segnalazione di crediti in sofferenza alla Centrale dei rischi, Satura, Napoli, 2005, pp. 83-84. (76) VENDITTI, op. cit., p. 83. 27 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ solo se il segnalante resta contumace, ma anche se egli si limita a confermare la condizione di sofferenza). Ciò non esclude che il giudice possa emanare un provvedimento di rettifica e non di cancellazione il quale, quale accoglimento parziale della domanda cautelare originaria, non è ultra petita (se per es. pronuncia la rettifica da <<sofferenza>> ad una condizione levior, come il caso classico dell’incaglio, che presuppone un disagio temporaneo destinato ad essere risolto entro un congruo periodo di tempo senza dover presumibilmente azionare un giudizio per il recupero) (77). Di certo, tuttavia, non è agevole l’accertamento, per la tecnicità delle segnalazioni e la complessità dei diversi requisiti, di qualsiasi altra condizione di segnalazione. Anche se al giudice non viene formulata alcuna domanda cautelare subordinata, comunque andrebbe accertata la sussistenza di altro presupposto di segnalazione ed emesso l’ordine in conformità; ma se l’accertamento dovesse essere incompatibile con i tempi della tutela cautelare, l’ordine di cancellazione deve essere ristretto alla sola segnalazione della condizione di “sofferenza”, in modo da non precludere la liceità della necessaria segnalazione ad altro titolo, in presenza dei relativi presupposti. debitore). E’ necessario, quindi, che il sistema conservi memoria della segnalazione e dell’ordine di cancellazione, indicando le rispettive date. Si consideri, peraltro, che esso già attualmente custodisce in memoria il file della segnalazione “rettificata”, sebbene non leggibile dagli aderenti, così come non viene cancellata la notizia dell’avvenuta segnalazione dopo il pagamento del debito. Altro problema legato al tipo di provvedimento che deve emanare il giudice della cautela, oltre a quello della decorrenza degli effetti dell’ordine di cancellazione è quello di procedere, invece, non all’integrale cancellazione dei dati della segnalazione, ma ad una loro rettifica. Ciò in quanto, soprattutto nei crediti litigiosi, può emergere che il credito risulti di importo effettivo minore o che, pur non esistendo una condizione definibile come <<sofferenza>>, il credito rientri tra quelli oggetto di comunicazione a diverso titolo. Si pensi che ad esempio, alle categorie – alle quali si è accennato in precedenza - degli incagli, delle linee di credito ristrutturate e degli inadempimenti persistenti. Se un credito non può essere considerato in sofferenza, l’ordine del giudice deve imporre, non la mera cancellazione, ma la sua corretta classificazione. La questione è più di carattere processuale, che sostanziale. Non vi è dubbio, infatti, che l’accertamento negativo della sofferenza non escluda la riconducibilità del credito ad altra voce (es. incaglio o inadempimento persistente). L’atipicità della tutela ed art. 700 C.P.C. certamente consente tanto l’emanazione di un ordine di cancellazione, quanto di un ordine di rettifica della segnalazione (ovvero la segnalazione non di una sofferenza, ma di una diversa voce). Residuano, però, problemi di ordine pratico. Può accadere, infatti, che nel giudizio il contraddittorio non si estenda a tale profilo (e ciò non (77) Sull’incaglio v. Trib. Catania, 2 aprile 2003, in Giur. merito, 2003, p. 1400, oltre alla sentenza inedita del Tribunale di Napoli del 1^ febbraio 2006. In altra precedente pronuncia si è affermato che deve considerarsi illegittima la segnalazione fondata su un temporaneo disagio economico del cliente il quale abbia tempestivamente offerto all’istituto di estinguere la propria posizione debitoria attraverso il pagamento dilazionato in più rate proporzionate all’entità del debito (Trib. Cagliari, 25 ottobre 2000, in Riv. Giur. Sarda, 2002, 369). 28 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Esemplificativa dei problemi e delle possibili soluzioni sono due pronunce di merito. L’attuale versione delle Istruzioni, attualmente, chiarisce espressamente che, a seguito di ordine del giudice, si debba procedere <<alla rettifica e all’eventuale riclassificazione della posizione oggetto di accertamento>>. (CAp. 1, Sez. 5). Il Tribunale di Napoli (sentenza del 1^ febbraio 2006) ha dichiarato illegittima la segnalazione alla Centrale dei rischi di un credito, ordinando all’intermediario di <<cancellare o richiedere la cancellazione dell’indicazione del suddetto credito come “a sofferenza”, indicandolo invece come credito “incagliato”>>, oltre a condannare lo stesso risarcire in via generica i danni derivanti all’attore da tale segnalazione. 4.6. La legittimazione passiva della Banca d’Italia. In diversi casi i clienti delle banche convengono nel giudizio cautelare oltre alla banca segnalante, anche la Banca d’Italia. Alcuni tribunali accolgono l’eccezione del difetto di legittimazione passiva della Banca d’Italia, mettendo in evidenza il ruolo meramente esecutivo dell’ente gestore e precisando che alla rettifica deve provvedere la banca, senza alcun potere di variazione da parte della prima, (79); altri tribunali, invece, respingono l’eccezione, sottolineando come la cancellazione venga materialmente effettuata la Banca d’Italia e, quindi, anche quest’ultima debba essere 80 convenuta in giudizio. ( ) La dottrina (81) ha criticato questo secondo orientamento in quanto, la tutela cautelare resta funzionale al giudizio di merito risarcitorio, al quale è estranea la Banca d’Italia, anche se, in verità, la legittimazione passiva dei soggetti gestori di banche dati rispetto alla cancellazione Il Tribunale di Nocera Inferiore, con provvedimento del 4 luglio 2008, invece, è intervenuto su una segnalazione di "inadempimento persistente" ed ha affermato che l’omessa indicazione del pegno su titoli offerto da terzi a garanzia dell'esposizione bancaria,<<non solo viola le disposizioni impartite dalla Banca d'Italia che espressamente richiedono la segnalazione delle garanzie reali e personali rilasciate agli intermediari dagli stessi affidati o da terzi (si veda la richiamata circolare n. 139), ma pregiudica lo stesso soggetto segnalato>> (78), per cui <<considerato che l'art. 700 c.p.c. consente l'adozione dei provvedimenti che appaiono secondo le circostanze più idonei ad assicurare gli effetti della decisione sul merito, anche al di là delle specifiche richieste della parte istante, (…) non par dubbio che in questa sede possa ordinarsi alla società resistente di procedere alla integrazione della segnalazione mediante indicazione del pegno costituito a garanzia delle obbligazioni assunte.”>> (79) Tribunale Napoli, 18 marzo 2005, in D&G Dir. e Giust. 2005, f. 18, 29, con nota di Giacomardo. In questo senso ha deciso anche il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con provvedimento del 5 febbraio 2006, il Tribunale di Viterbo con ordinanza del 26.10.2006, inedita; il Tribunale di Chieti con sentenza del 13 febbraio 2007. (80) Così Trib. Patti sez. dist. di Sant’Agata Militello, 17 settembre 2004, in D&G Dir. e Giust. 2004, f. 47, 87, con nota di Rossetti. (81) STILO, La lesione della reputazione commerciale del debitore e la rilevazione centralizzata dei rischi creditizi, cit. (78) Poiché “omette di pubblicizzare un elemento che, in quanto, rafforza l'aspettativa di adempimento delle obbligazioni, costituisce un dato innegabilmente positivo al fine di valutare la solvibilità e l'affidamento del debitore”. 29 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ di dati comunicati da altri è stata affermata anche con riguardo alle Camere di Commercio per i protesti illegittimi.(82) Secondo una terza posizione della giurisprudenza di merito, la Banca d’Italia non sarebbe legittimata passiva ai sensi dell’art. 700 C.P.C., ma potrebbe esser convenuta con lo speciale rimedio previsto dal codice della privacy per la rettifica o cancellazione dei dati personali (83). Ed in effetti, come abbiamo in precedenza indicato la recente sentenza della Corte di Cassazione del 1° aprile 2009, partendo dal presupposto che l’art. 8 del codice della privacy, anche se con motivazione non particolarmente esaustiva, ha escluso l’applicabilità all’ente gestore solo di parte del codice della privacy ex art. 8, confermando la legittimazione passiva Banca d’Italia rispetto all’azione prevista dall’art. 152 cod. privacy.(84) Nell’attuale versione delle Istruzioni, il problema appare superato, in quanto si indica espressamente che << gli intermediari devono ottemperare senza ritardo agli ordini dell’Autorità giudiziaria riguardanti le segnalazioni trasmesse alla Centrale dei rischi (ad es. ordine di cancellazione di una sofferenza). Ove l’ordine sia impartito alla Banca d’Italia, quest’ultima chiede prontamente tramite posta elettronica certificata (PEC) o a mezzo fax all’intermediario che ha effettuato la segnalazione di provvedere tempestivamente e comunque entro i tre giorni lavorativi successivi a quello della richiesta - alla rettifica e all’eventuale riclassificazione della posizione oggetto di accertamento. In caso d’inerzia dell’intermediario, la Banca d’Italia provvede d’iniziativa entro il giorno disciplina rilevante in materia di trattamento di dati personali e della segnalazione al fine di sollecitare un controllo della disciplina medesima (art. 141, lett. a e b). La conseguenza è quella dell'applicabilità delle norme generali in tema di trattamento dei dati di cui all'art. 11 («1. I dati personali oggetto di trattamento sono: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati. 2. I dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati») e in tema di responsabilità per i danni cagionati per effetto del trattamento di cui all'art. 15 («1. Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile. 2. Il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell'articolo 11»).>> (82) In questo senso Tribunale di Torre Annunziata del 7.11.2006; contra Tribunale di Nola del 17.02.2006. (83) V. però Tribunale di Patti, 16 maggio 2005, in D&G Dir. e Giust. 2005, f. 35, 24, secondo cui “Colui il quale si dolga della illegittima segnalazione dei propri dati personali alla Centrale Rischi gestita dalla Banca d’Italia, può domandare in via cautelare, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., la rettifica dell’annotazione nei confronti dell’intermediario che l’ha effettuata, ma non nei confronti della Banca d’Italia; nei confronti di quest’ultima, infatti, qualsiasi diritto non può essere fatto valere con lo strumento residuale di cui all’art. 700 c.p.c., ma soltanto col procedimento espressamente previsto a tal fine dall’art. 152 d.lg. 196/03). (84) Afferma, infatti, la Corte che <<la Banca d'Italia, in relazione al trattamento dei dati personali effettuato dalla Centrale Rischi, non è estranea all'applicazione del codice in esame, essendo esclusi soltanto alcuni rimedi altrimenti a disposizione dell'interessato, come la tutela amministrativa (Sezione II del codice) e quella definita dal codice come «tutela alternativa a quella giurisdizionale» (Sezione III), mentre resta applicabile, ovviamente, la tutela giurisdizionale di cui al Capo II (art. 152) oltre a quella dinanzi al Garante nelle forme del reclamo per rappresentare una violazione della 30 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ La rettifica di dati errati o di mutamenti di status avviene, secondo le Istruzioni, ad opera dell’intermediario:<< Gli intermediari sono tenuti a controllare le segnalazioni di rischio trasmesse alla Banca d’Italia e a rettificare di propria iniziativa le segnalazioni errate o incomplete riferite alla rilevazione corrente e a quelle pregresse.>> (Cap. I, Sez. I, par. 5) In conclusione, l’ente gestore non è il legittimato passivo, principale, non è litisconsorte necessario. L’ordinanza del giudice, nel caso di estraneità della Bnca d’Italia al giudizi, avendo efficacia inter partes vincola l’intermediario convenuto, ma quest’ultima è tenuta dalle disposizioni sulla Centrale dei Rischi a recepire la segnalazione di rettifica dell’intermediario o a provvedervi direttamente in caso di inerzia. seguente a quello di scadenza del predetto termine e avvia la procedura per l’irrogazione delle sanzioni di cui all’art. 144 del T.U.B. nei confronti dell’ente segnalante.>>(Cap. 1, Sez. 5). Sebbene, quindi, sia principalmente tenuto l’ente segnalante alla rettifica, qualora vi sia un ordine dell’autorità giudiziaria rivolto alla Banca d’Italia, questa può sostituirsi alla banca inadempiente. Risulta evidente, quindi, che la Banca d’Italia sia che la Banca d’Italia possa essere convenuta in giudizio sia che essa possa essere considerata responsabile del ritardo nella rettifica quando non effettui l’intervento sostitutivo previsto. Nonostante l’intervento della Banca d’Italia appaia collegato alla sua partecipazione al giudizio, deve ritenersi che, avendo espressamente un potere di manipolazione dei dati inseriti dai partecipanti, anche quando essa, invece, sia rimasta estranea al giudizio, possa invitare la banca segnalante ad ottemperare all’ordine dell’autorità ed, in caso di inadempienza, possa effettuare direttamente la rettifica (la stessa circolare peraltro ricorda che, ancorché appellabili si tratta di provvedimenti esecutivi). Resta escluso, invece, che la Banca d’Italia possa procedere direttamente alla rettifica, senza che sia previamente interpellato il soggetto che effettua la valutazione dei presupposti della segnalazione, inserisce i dati e ne risponde della correttezza; presumibilmente, a fronte di una istanza di rettifica o cancellazione non assistita da provvedimento giudiziario, può attivarsi per verificare la correttezza della segnalazione ed invitare a procedere alla stessa, ma comunque, non avendo alcun rapporto diretto con il cliente, non può effettuare modifiche dei dati secondo valutazioni diverse da quelle della banca che li ha inseriti. 5. La tutela di merito. La riforma del codice di procedura civile del 2006, attenuando la provvisorietà dei provvedimenti cautelari anticipatori come l’art. 700 c.p.c. ha reso ammissibile la restrizione dell’iniziativa giudiziaria alla sola domanda cautelare di cancellazione della segnalazioneo del protesto, senza dover necessariamente azionare il successivo giudizio di merito. Quando quest’ultimo viene, invece, attivato, il cliente che contesta una segnalazione o pubblicazione, chiede il risarcimento del danno. L’esame delle pronunce in materia di risarcimento del danno impone una distinzione dei profili implicati dalle diverse domande azionate. Appare opportuno, infatti, procedere rispettando un certo ordine logico: a) definendo i diritti che i clienti assumono come lesi dalla segnalazione illegittima; b) distinguendo tra danno patrimoniale e non patrimoniale; c) delineando la natura della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale connessa alla 31 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ segnalazione; d) fissando i criteri di prova e di liquidazione del danno. Per contro la giurisprudenza di legittimità ha di recente affermato che <<La semplice illegittimità del protesto, pur costituendo un indizio quanto all'esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nelle sue diverse articolazioni, non è di per sé sufficiente per la liquidazione del danno medesimo, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del pregiudizio conseguente: elementi, questi, che possono essere provati anche mediante presunzioni semplici, fermo restando l'onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l'esistenza e l'entità del pregiudizio.>> ( Cassazione civile sez. I, 23 giugno 2010, n. 15224, Resp. civ. e prev. 2010, 11, 2246 ) 5.1. I diritti lesi dalle segnalazioni illegittime e la natura del danno. Non sempre la giurisprudenza di merito procede ad una verifica analitica della natura del diritto invocato e del pregiudizio che si assume arrecato allo stesso, ricorrendo spesso alla figura del danno in re ipsa (85) nei casi di erronea elevazione del protesto, di illecite comunicazioni alla Centrale di Allarme Interbancaria (C.A.I.) ed alla Centrale dei rischi. Si afferma spesso, infatti, che <<il danno per l’imprenditore segnalato consiste nella lesione della reputazione commerciale e ben può liquidarsi equitativamente ed indipendentemente dalla prova di un concreto nocumento agli interessi commerciali e patrimoniali del soggetto leso>> (86‘87). Nel lessico giurisprudenziale si fa riferimento al pregiudizio di beni diversi come la reputazione commerciale (88), la reputazione personale (89), la lesione del diritto di impresa (90), la responsabilità da informazioni inesatte (91). Come correttamente riconosce la giurisprudenza di legittimità, la divulgazione di informazioni errate sulla solvibilità del debitore “si risolve in una più complessa vicenda, di indubitabile discredito, tanto (85) v. Tribunale Milano, ord. 19 febbraio 2001, cit., e Tribunale Lecce, Sezione distaccata di Campi Salentina, 3 novembre 2005, in www.altalex.com. (86) Tribunale Milano, 27 luglio 2004; conforme Tribunale di Cantù del 24.12.2006 e Tribunale di Pescara ordinanza del 21 dicembre 2006. (87) Già in precedenza si era affermato che <<L’accertamento di una lesione della onorabilità della persona determina in re ipsa anche l’accertamento di un danno risarcibile, da liquidarsi equitativamente indipendentemente dalla prova di un concreto nocumento agli interessi commerciali e patrimoniali del soggetto leso>> Trib. Milano, ord. 19 febbraio 2001, in Giur. it., 2002, 334; Tribunale Milano, ord. 19 febbraio 2001; Tribunale Lecce, Sezione distaccata di Campi Salentina, 3 novembre 2005. In modo più articolato la Corte di Cassazione (Sez. 1, Sentenza n. 18316 del 30/08/2007 - Rv. 598531) sostiene che <<In tema di levata illegittima del protesto, al risarcimento dei danni cagionati dal protesto per la pubblicità "ipso facto" conferita all'insolvenza del debitore e conseguente discredito tanto personale quanto patrimoniale (anche sotto il profilo della lesione dell'onore e della reputazione al protestato come persona, a prescindere dai suoi interessi commerciali), senza che al danneggiato incombesse l'onere di provare la esistenza del pregiudizio, poiché il protesto illegittimo e non seguito da una efficace rettifica è risultato lesivo di diritti della persona).>> (88) Trib. Potenza 4 maggio 2001. (89) Tribunale di Foggia, ord. del 19 dicembre 2003, ad esempio, fa riferimento al diritto all’immagine ed alla reputazione (in www.dirittobancario.it). (90) Tribunale Palermo 4 novembre 2002; Tribunale di Foggia 19 marzo 2004, in www.dirittobancario.it. (91) Tribunale di Milano, ord. 19 febbraio 2001, in Giur. it., 2002, 334 con nota di Salinas. 32 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ personale quanto patrimoniale” (92); una condotta potenzialmente plurioffensiva che può pregiudicare interessi diversi, a seconda dell’attività esercitata dal cliente e della sua personalità. (93) reputazione personale dalla lesione alla reputazione commerciale, precisa che quest’ultima assume una valenza di tipo patrimoniale: nel primo caso è il danno è in re ipsa, mentre nel secondo, qualora sia dedotta specificamente <<una lesione della reputazione commerciale” per effetto dell'illegittimità del protesto, quest'ultima costituirà semplice indizio dell'esistenza di un danno alla reputazione, da valutare nel contesto di tutti gli altri elementi della situazione cui inerisce.>> (95). Una distinzione che ha seguito anche nella giurisprudenza di merito.(96) A seconda della natura del diritto leso, muta il criterio di accertamento del danno ed i presupposti della sua risarcibilità. La Corte di Cassazione (94), distinguendo la lesione dell’onore e della (92) Cass. civ., sez. I del 28 giugno 2006 n. n. 14977, in Giust. civ. Mass. 2006, 6; Resp. civ. e prev. 2007, 3, p. 545, con nota di Scognamiglio; conforme sul punto Cass. civ. sez. I, 30 agosto 2007 n. 18316 in Giust. civ. 2008, 12, 2863, con nota di Francisetti Brolin); in termini analoghi Cass. civ., Sez. I^, sent. n. 11103 del 05/11/1998 (Rv. 520382). (93) Cass. civ., Sez. I del 28 giugno 2006: n. 14977, in Giust. civ. Mass. 2006, 6; Resp. civ. e prev. 2007, 3, 545 con nota di Scognamiglio); conforme sul punto Cass. civ. sez. I, 30 agosto 2007 n. 18316 in Giust. civ. 2008, 12, 2863, con nota di Francisetti Brolin); in termini analoghi Cass. civ., Sez. I^, sent. n. 11103 del 05/11/1998 (Rv. 520382), cit. Per l’orientamento giurisprudenziale che nel caso di illegittima levata di protesto cambiario riconosce la risarcibilità del danno: Cass. 5 luglio 2007 n. 15217; Cass. 7 febbraio 2007 n. 2711; Cass. 18 aprile 2007 n. 9233; Cass. 28 giugno 2006 n. 14977; Cass. 30 marzo 2005 n. 6732 (in Banca, borsa, 2006, 699; in Resp. civ. prev., 2005, 709, con nota di ZIVIZ, Danno non patrimoniale: i pericoli dell'indeterminatezza); per alcuni orientamenti di merito: Trib. Pescara 27 settembre 2007; Trib. Modena 13 settembre 2007, Trib. Bari 6 febbraio 2007, in Guida al diritto 2007, n. 25, p. 51; Trib. Palmi 20 aprile 2005, in Corr. merito, 2005, 884.; Trib. Bari 1° luglio 2004; Trib. Modena 2 marzo 2004; Trib. Vallo Lucania 22 ottobre 2003, in Giur. merito, 2004, 893; Trib. Salerno 20 agosto 2003, ivi, 2003, 2414; Trib. Roma 11 agosto 2003; Trib. Roma 11 agosto 2003, entrambe ivi, 2414; Cass. 23 marzo 1996 n. 2576, ivi, 1996, 320, con nota di CARBONE, Il protesto, la riabilitazione, il risarcimento; in Banca, borsa, 1997, 382, con nota di MARTORANO, Le mobili frontiere del danno alla salute: lo shock da protesto illegittimo). (94) Cass. Sez. 1, Sent. n. 11103 del 05/11/1998 (Rv. 520382). (95) Conformi Cass. Sez. III, Sentenza n. 4881 del 03/04/2001 (Rv. 545458), Cass. Sez. III, Sentenza n. 2576 del 23/03/1996 (Rv. 496541); conforme riguardo alla necessità di prova per il danno commerciale Cass. Sez. III, Sentenza n. 2679 del 26/03/1997 (Rv. 503277): <<La pubblicazione nell'apposito bollettino delle Camere di commercio di un protesto cambiario illegittimo non può di per se considerarsi produttiva di danno per lesione della reputazione commerciale del protestato; il quale, pertanto, ove chieda giudizialmente il ristoro di detto specifico pregiudizio, ha l'onere di provare, eventualmente anche con presunzioni, le sfavorevoli conseguenze patrimoniali derivategli dalla pubblicazione del protesto (quali ad es. la necessità di rivolgersi a finanziatori privati a seguito di sospensione degli affidamenti bancari, o l'interruzione di forniture o di trattative commerciali) e solo ove abbia fornito tale prova può invocare in proprio favore l'uso da parte del giudice del potere di liquidazione equitativa del danno.>> (96) Il Tribunale di Cantù del 24.12.2006, <<la lesione della reputazione personale esime il soggetto leso dall'onere di fornire in concreto la prova del danno in quanto questo viene considerato in re ipsa e che legittima pertanto il diritto al risarcimento senza che incomba sul danneggiato l’onere di fornire la prova dell’esistenza del danno distingue il danno alla reputazione personale dal danno all'attività imprenditoriale che deve essere provato accogliendo la domanda di risarcimento per il danno alla reputazione e all'immagine patito 33 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Alcuni autori (102) hanno evidenziato che il pregiudizio patrimoniale in caso di illegittimo protesto consiste in una lesione nella determinazione della libertà negoziale dell'individuo, dovuta alle difficoltà a conseguire credito monetario presso i consueti (e legali) canali di finanziamento ed il rischio di esclusione da futuri rapporti giuridici patrimoniali. Resta però un’incertezza di fondo riguardo alla reputazione commerciale perché non si definisce correttamente il rapporto tra reputazione personale ed economica. In diverse decisioni, il riferimento è al pregiudizio alla <<reputazione commerciale ed allo svolgimento dell’attività economica sul mercato>> (Tribunale Roma, 5 agosto 1998) (97). In un altro caso (98) si è sottolineato come l’erronea segnalazione può comportare difficoltà insormontabili nell’accesso al credito bancario e la revoca di quello già concesso, con possibili effetti di alterazione del mercato creditizio ed imprenditoriale, ledendo il regime della libera concorrenza, in qualche modo rifacendosi ad una <<lesione del diritto di impresa>> ed alla libertà di iniziativa economica sancita dall’art. 41 Cost. (99), espressamente richiamate in altre pronunce (100). La pluralità di situazioni soggettive individuate dalla giurisprudenza e la mancanza di univoci orientamenti dottrinali, rendono opportuno un approfondimento. La reputazione individuale, così come il diritto all’immagine, intesa come <<sentimento che altri hanno di un determinato soggetto>> o come <<dignità e prestigio di un soggetto determinato in un certo contesto>> rientra certamente tra i diritti della persona (103). La dottrina ha osservato che le pronunce di merito non offrono un’adeguata distinzione concettuale tra la lesione della libertà economica e gli effetti della lesione reputazione commerciale dell’imprenditore sul versante dei rapporti con altri imprenditori e le banche (101). (102) FRANCISETTI BRIOLIN, nota a Cass. civ. sez. I, 30 agosto 2007 n. 18316 in Giust. civ. 2008, cit., p. 2863 ss. (103) Possiamo rimandare alle considerazioni della Corte di Cassazione, secondo cui <<In tema di diritti della personalità umana, esiste un vero e proprio diritto soggettivo perfetto alla reputazione personale anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge ordinaria, che va inquadrato nel sistema di tutela costituzionale della persona umana, traendo nella Costituzione il suo fondamento normativo(Corte cost. 184/1986, 479/87), in particolare nell'art. 2 (oltre che nell'art. 3, che fa riferimento alla dignità sociale) e nel riconoscimento dei diritti inviolabili della persona. L'art.2 Cost., nell'affermare la rilevanza costituzionale della persona umana in tutti i suoi aspetti, comporta che l'interprete, nella ricerca degli spazi di tutela della persona, è legittimato a costruire tutte le posizioni soggettive idonee a dare garanzia, sul terreno dell'ordinamento positivo, ad ogni proiezione della persona nella realtà sociale, entro i limiti in cui si ponga come conseguenza della tutela dei diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali nelle quali si esplica dall’attrice quale correntista della banca (nella misura di € 2.000) essendo lo stesso considerato in re ipsa, e rigettando il danno patrimoniale non potendo invece essere risarcito alcun altro danno non essendo stata fornita la prova dello stesso.>> (97) Tribunale Roma, 5 agosto 1998, in Banca Borsa tit. cred. 1999, II, 459-460. (98) Il Tribunale Brindisi, 20 luglio 1999, in Giust. civ., 2000, I, p. 555 ss. (99) V. sul punto VENDITTI, Diligenza e responsabilità nella segnalazione di crediti in sofferenza alla Centrale dei rischi, cit. , pp. 98-99. (100) Tribunale Palermo 4 novembre 2002; Tribunale di Foggia 19 marzo 2004, in www.dirittobancario.it. (101) VENDITTI, op. cit., p. 100, GIUSTI, op. cit. p. 581. 34 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Più articolato è il discorso relativo alla reputazione commerciale, intesa come <<considerazione sociale delle capacità e qualità dell’individuo connessa alle attività da questi concretamente svolta>>. (104) Altri autori hanno parlato di reputazione economica precisando che il quadro di riferimento potrebbe essere costituito dalle norme in materia di concorrenza sleale (art. 2598, n. 2 c.c.), ma osservando, al tempo stesso, che in quella sede vengono sanzionati atti di denigrazione esclusivamente se commessi da un imprenditore a danno di altro imprenditore concorrente e se essi consistono in un’attività di <<diffusione>> di apprezzamenti e notizie di un concorrente, idonea a determinarne discredito. Per questa ragione si è ritenuto che la reputazione economica possa essere tutelata, non con l’illecito anticoncorrenziale, ma con gli strumenti previsti per la tutela dell’onore della persona (106), con la sola specificità di un accentuato aspetto di danno economico nella sua lesione (107). Innanzitutto, secondo qualcuno non esiste un diritto unitario dell’imprenditore alla reputazione economica, ma esiste, da un lato, il diritto all’onore commerciale, dall’altro, il diritto a non vedere screditare i propri prodotti (105). la sua personalità. L'espresso riferimento alla persona come singolo rappresenta certamente valido fondamento normativo per dare consistenza di diritto alla reputazione del soggetto, in correlazione anche all'obiettivo primario di tutela "del pieno sviluppo della persona umana", di cui al successivo art. 3 cpv. Cost. (implicitamente su questo punto Corte Cost. 3 febbraio 1994, n. 13). Infatti, nell'ambito dei diritti della personalità umana, con fondamento costituzionale, il diritto all'immagine, al nome, all'onore, alla reputazione, alla riservatezza non sono che singoli aspetti della rilevanza costituzionale che la persona, nella sua unitarietà, ha acquistato nel sistema della Costituzione. Trattasi quindi di diritti omogenei essendo unico il bene protetto.>> (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6507 del 10/05/2001 (Rv. 546572). Altri ancora, invece, ritengono che, visto che l’immagine professionale è aspetto cardine della sua professionalità, la reputazione economica invece, un diritto alla reputazione economicadiritto della personalità espressione del diritto assoluto all’onore (diritto a non vedersi diffusi riferimenti personali negativi riguardo alle proprie qualità imprenditoriali) ed un diritto alla reputazione economica-capacità di guadagno, costituito dall’interesse patrimoniale a non veder ridotto il proprio volume di affari ed espressione generale della libertà di iniziativa economica (pag. 80). (104) Cfr. sul punto, DI AMATO, Il danno da informazione economica, Napoli 2004, p. 37 ss.; V. ZENO-ZENCOVICH, Onore e reputazione nel sistema del diritto civile, Napoli 1985, 141 ss.; ALPA, Lesione della reputazione economica e circolazione di notizie inesatte, in Resp. civ. prev., 1979, 747 ss.; GIULIANI, La tutela aquiliana della reputazione economica, in Contratto, impresa, 1985, 73 ss.; PANTALEONI, Rassegna di giurisprudenza in tema di reputazione economica, in Riv. dir. comm., 1996, II, 263 ss.); MARCHESE, La reputazione economica, in Gli interessi protetti nella responsabilità civile, a cura di Cendon, vol. II, Torino, 2005. (106) DI AMATO, Sulla reputazione economica dell’imprenditore, in Giur. civ., 1973, p.825; AUTERI, La tutela della reputazione economica, in ALPA, BESSONE, BONESCHI, CAIAZZA, L’informazione e i diritti della persona, Napoli, 1983, p. 93 ss. (107) Dovendosi trovare un punto di equilibrio tra libertà di informazione e diritto di critica, da un lato, e reputazione economica dall’altro, una comparazione di interessi rilevante in base alla clausola generale dell’illecito aquiliano e da valutarsi vagliando la diligenza sul controllo della fonte sui fatti riferiti (AUTERI, La tutela della reputazione economica, cit., pp. 104106.) (105) GIULIANI, La tutela aquiliana della reputazione economica, in Contratto ed impresa, cit., 1985, p. 73 ss. Esisterebbe, 35 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ rappresenterebbe un diritto della personalità di valenza anche patrimoniale (108). La reputazione, anche solo commerciale, tramite gli art. 2, 3, 32, 36 Cost. sarebbe oggetto di copertura costituzionale (quella commerciale anche sotto il profilo dell’art. 41 Cost), soprattutto per il suo possibile collegamento con la dignità della persona (109) e potrebbe essere inquadrata una figura non nominata, consistente nel diritto soggettivo alla buona reputazione professionale. (110) patrimoniale (es. riduzione della clientela attenta a tali temi).(112) La reputazione economica dell’imprenditore è uno dei fattori dell’avviamento (113), consente di mantenere ed incrementare fornitori, affidamenti bancari, clientela. Il discredito commerciale può portare sia ad una rottura delle relazioni commerciali in atto sia alla perdita di nuove opportunità: sia che si tratti di danno emergente che di lucro cessante o, se si vuole, di vera propria perdita di chances commerciali (opportunità economiche già sviluppate e quelle ancora da sfruttarsi), comunque il pregiudizio è di carattere 114 patrimoniale.( ) La giurisprudenza di legittimità, in casi di inapplicabilità dell’art. 2598 c.c., ha ritenuto risarcibili i pregiudizi all’attività economica derivanti da comportamenti scorretti in quanto lesivi del diritto all’integrità del patrimonio, tutelata ex art. 2043 c.c. (111). Sia si riporti la cd. reputazione commerciale nel diritto all’integrità del patrimonio, sia che si ricolleghi l’interesse dell’imprenditore a non subire una riduzione o un mancato sviluppo della propria attività economica alla libertà di iniziativa economica costituzionalmente tutelata, la risarcibilità della lesione trova fondamento nell’art. 2043 c.c. Certamente la reputazione commerciale dell’imprenditore assume diverse forme, potendo essa riguardare sia l’impresa (rispettabilità come debitore di obbligazioni pecuniarie, affidabilità creditizia), sia i prodotti sia anche aspetti non patrimoniali (es. che si tratti di un’impresa rispettosa dell’ambiente), anche se suscettibili di pregiudizio (112) CIPRIANI, Dall’identità personale all’identità commerciale, in Riv. dir. comm., 1997, I, 267-295; DI AMATO, Sulla reputazione economica dell’imprenditore, cit.,p. 825; PANUCCIO, La lesione della c.d. identità commerciale e la tutela non patrimoniale, in AA.VV., La lesione dell’identità personale e il danno non patrimoniale, cit., p. 93 ss.;SANTINI, I diritti della personalità nel diritto industriale, Padova, 1959. Giuliani, La tutela aquiliana della reputazione economica, cit., 73 ss. (108) PANTALEONI, Rassegna di giurisprudenza in tema di reputazione economica, cit. 265. (109) M. FRANCISETTI BRIOLIN, op. cit., 2863. Va ricordato, infatti, che secondo la tesi maggioritaria il novero dei diritti della personalità è sorretto da un principio di tendenziale atipicità in virtù della clausola generale di cui all'art. 2 cost. che fa riferimento ai «diritti inviolabili» dell'individuo. Si veda in proposito PERLINGIERI, La personalità umana nell'ordinamento giuridico, Napoli 1972, 183 ss.; ID., Il diritto civile nella legalità costituzionale, 3ª ed., Napoli 2006, 719 ss. (113) In termini analoghi già AUTERI, La tutela della reputazione economica, cit., p. 94. (114) Per reputazione economica nella duplice nozione di espressione di un diritto della personalità e di reputazione economica relativa alla capacità di guadagno (GIULIANI, La tutela aquiliana della reputazione economica, cit., p. 73 ss). (110) FRANCISETTI BRIOLIN, op. cit., p. 2863. (111) Cass. 25.07.1987, in NGCC, 1987, I, p. 390. 36 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Essa non può, invece, essere considerata come autonomo diritto della persona, essendo indimostrata l’autonoma esistenza di diversi profili reputazionali dell’individuo nel quadro costituzionale; è solo un’eventuale articolazione, di rilevanza descrittiva, del diritto alla reputazione personale dell’individuo (o anche lo stesso diritto all’identità personale), qualora l’attività professionale caratterizzi in modo molto significativo la vita del cliente. Se, invece, si esclude l’applicabilità dell’art. 15, l’inquadramento costituzionale del diritto alla reputazione (personale ed economica) diviene rilevante dopo l’intervento delle Sezioni Unite in materia di risarcibilità del danno esistenziale e del danno non patrimoniale in genere (Cass. 26972 del 2008). Poiché, infatti, le Sezioni Unite sostengono che solo il danno patrimoniale è atipico, mentre il danno non patrimoniale è tipico perché risarcibile solo se vi è espressa previsione normativa oppure se attiene a diritti inviolabili individuati dal giudice (116), l’appartenenza a quest’ultima categoria del diritto leso dalla segnalazione diviene determinante per la sua risarcibilità. Ed, in effetti, le stesse Sezioni Unite includono nella tutela minima dei diritti costituzionali anche i diritti alla reputazione, all’immagine, al nome, alla riservatezza, considerati inviolabili perché riguardanti la dignità 5.2. La risarcibilità del danno. L’art. 15 del codice della privacy prevede che <<Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile. 2. Il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell'articolo 11>>. L’applicabilità di tale norma a tutte le segnalazioni inerenti il merito creditizio comporta la risarcibilità qualsiasi danno, anche non patrimoniale, determinato dall’illegittima segnalazione. Ed, in effetti, come recentemente sostenuto dalla citata sentenza della Corte di Cassazione del 1° aprile 2009, che la deroga prevista dall’art. 8, comma 2 lett. d) riguarda solo i diritti previsti dall’art. 7, e non l’intero codice della privacy. (115) normativa sulla privacy (al tempo della pronuncia art. 9 e 29, comma 9 l. 675 del 2009). (116) L’art. 2059 c.c., secondo l’impostazione delle Sezioni Unite non regola un’autonoma fattispecie di illecito. I requisiti costitutivi dell’illecito (condotta, nesso di causalità, danno ingiusto consistente nella lesione non giustificata di interessi meritevoli di tutela e del danno che ne consegue - dannoconseguenza) sono regolati, invece, dall’art. 2043 c.c. L’art. 2059, però, regola i danni non patrimoniali mediante rinvio alle leggi che stabiliscono la risarcibilità degli stessi (art. 185 c.p.c. ed altri casi tipici di compromissione di valori personali). Non può attribuirsi rilevanza, nell’ambito del danno non patrimoniale a qualsiasi bene giuridicamente rilevante, perché, sostanzialmente ciò significa riportare il danno non patrimoniale al principio di atipicità previsto dall’art. 2043 c.c. Il carattere aperto dei diritti della persona riconosciuto dall’art. 2 cost. consente, nell’ambito di un processo evolutivo, di rinvenire nel complessivo sistema costituzionale, indici che consentano di elevare nuovi interessi emersi nella realtà sociale ad interessi di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona. (115) Ad esempio, il Tribunale di Orvieto con sentenza del 25 novembre 2002 (in Danno e resp. 2003, 281.) ha affermato la responsabilità extracontrattuale della banca, ex artt. 2043 e 2050 c.c., in un caso di illegittimo svolgimento di indagini sulla solvibilità ha riconosciuto il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c. <<comprensivo non solo dei danni patrimoniali in senso stretto, ma anche di tutti i danni derivanti dalla lesione di diritti di rilevanza costituzionale e che rilevano per il solo fatto della lesione, prescindendo dal concreto pregiudizio patrimoniale>>; il danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. <<consistente nell’ingiusto turbamento dello stato d’animo conseguenza dell’offesa subita>>; il danno non patrimoniale riconosciuto dalla 37 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ della persona tutelata dagli artt. 2 e 3 Cost. (117,118) Per tirare le fila del discorso, se vi è lesione della reputazione personale, non vi è dubbio che il danno derivante da illecito aquiliano sia risarcibile. L’attuale indirizzo della Corte di Cassazione consente la liquidazione equitativa, ma a condizione che esso sia comunque provato, precludendosi ogni automatismo risarcitorio del danno non patrimoniale.(119) Se, invece, per reputazione commerciale, si intende un profilo dell’avviamento commerciale, si tratterà, ai sensi dell’art. 2043 c.c. di provare il danno e di determinarlo, senza alcuna preclusione risarcitoria.(120) La questione, tuttavia, potrebbe trovare un’ulteriore significativa semplificazione se si considera che ordinariamente la segnalazione avviene nell’ambito di un rapporto contrattuale. L’art. 1174 c.c., infatti, nel descrivere il carattere patrimoniale della prestazione, precisa che essa può corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore, evidenziando che l’inadempimento contrattuale può riverberarsi su momenti della vita del creditore non suscettibili di valutazione economica. Resta il fatto, però che la segnalazione rappresenta un atto della banca che non riguarda l’esecuzione della prestazione principale della banca (v. infra.) In concreto, pur essendo risarcibili anche i danni non patrimoniali, la possibilità una lesione alla reputazione personale o all’onore da parte di una segnalazione a sofferenza appare, però, meno probabile di quanto le sentenze lascino intendere. Ciò non solo perché la società attuale è molto lontana dalla concezione dell’arresto per debiti ed, in genere, dall’idea del discredito personale derivante dall’insuccesso dell’attività economica (si pensi alla mutata concezione del fallito rispetto al tempo dell’emanazione della legge fallimentare del 1942), ma soprattutto perché la segnalazione del credito a sofferenza riguarda un sistema chiuso, non accessibile alla generalità dei cittadini e che si limita ad una valutazione della difficoltà ad adempiere. Si tratta, quindi, di qualcosa di diverso dall’elevazione del protesto, che sancisce erga omnes l’inadempimento del debito cartolare. Senza con questo voler appiattire il sistema valoriale dell’ordinamento rispetto al concreto svolgersi dei rapporti sociali può dirsi che il pregiudizio di diritti della personalità è improbabile, anche se astrattamente possibile; inoltre, bisogna aggiungere che esso deve essere certamente provato, senza poter ricorrere alcun sistema di presunzioni. La segnalazione non è una prestazione contrattuale, né è un adempimento accessorio funzionale alla soddisfazione dell’interesse della controparte, ma nasce da un obbligo normativo, il cui presupposto è rappresentato dal credito della banca verso il cliente che risponde (117) V. Sent. Cass. n. 25157 del 2008; v. anche Corte Costituzionale, n. 233 del 2003, in Danno e resp., 2003, 939. (118) Quali il diritto alla salute ex. art. 32 Cost., ormai definito come danno biologico dal testo unico delle assicurazioni (artt. 138 e 139 del d.lgs. n. 209 del 2005); i diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.) compromessi dalla perdita o compromissione del rapporto parentale per morte o grave invalidità del congiunto); oltre, appunto, al diritto alla reputazione. (119) Alla stessa conclusione si giunge per la reputazione professionale, se si aderisce all’idea secondo cui anche tale dimensione rientra tra i profili di realizzazione dell’essere uomo e, quindi, al catalogo dei diritti della personalità, in via autonoma, oppure come espressione della dignità umana. (120) Per reputazione economica nella duplice nozione di espressione di un diritto della personalità e di reputazione economica relativa alla capacità di guadagno (GIULIANI, La tutela aquiliana della reputazione economica, cit., p. 73 ss). 38 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ alle caratteristiche previste dalle Istruzioni della Banca d’Italia. La banca, prima della segnalazione è tenuta, oltre alle cautele specificamente imposte dalle Istruzioni, anche alle ulteriori precauzioni collegate ai principi generali di correttezza e buona fede, a copertura costituzionale (art. 2 Cost.) che nascono per il solo fatto di entrare in contatto con un soggetto determinato (art. 1337 e 1338 c.c.) (121) e che permangono, non solo al momento del perfezionamento del contratto, ma anche nella fase esecutiva (art. 1175 e 1375 c.c.), la cui intensità dipende anche dal carattere professionale di una delle parti. La responsabilità della banca, quindi, è connessa all’inadempimento di obblighi di protezione collaterali rispetto alla prestazione principale di origine non contrattuale, sebbene essi assumano comunque carattere contrattuale sia secondo la tesi contatto sociale (122), sia perché si ricorre alla figura dell’inadempimento contrattuale per la loro violazione successivamente al perfezionamento del negozio (123) sia perché, ancora, si sostiene, comunque, la natura contrattuale della responsabilità per violazione di obblighi previsti da norme di legge. (124) 6. Sintesi delle segnalazioni sul merito creditizio. Le segnalazioni alla CAI ed alla Centrale dei rischi presuppongono la preventiva informazione del cliente, non la pubblicazione del protesto. In caso di segnalazioni illegittime è ammissibile la tutela cautelare, sebbene: a) la distinzione tra soggetti imprenditori e non imprenditori possa costituire un indice del periculum, dovendosi concludere per la sua sussistenza solo in presenza di precise allegazione supportate da indizi concreti; b) l’ordine del giudice è di sospensione o cancellazione temporanea e, nel caso della Centrale dei rischi, anche di rettifica della segnalazione stessa; c) i dati non vanno cancellati mediante elisione integrale degli stessi, ma, almeno all’ente gestore deve risultare all’ente gestore l’avvenuta rettifica e la data della stessa; d) l’esperibilità del rimedio giurisdizionale previsto dall’art. 152 cod. privacy rende problematico il ricorso all’art. 700 C.P.C. per difetto di residualità. Riguardo alla tutela risarcitoria bisogna riscontrare: a) l’essenza di un autonomo diritto alla reputazione commerciale a copertura costituzionale, costituendo la stessa un profilo dell’avviamento o rientrando nel diritto alla reputazione personale, tendenzialmente non pregiudicato dalla (121) Si veda di recente Cass. Sez. 1, Sent. n. 1618 del 22/01/2009 (Rv. 606271) secondo la quale <<Il principio di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, espressione del dovere di solidarietà fondato sull'art. 2 della Costituzione, impone a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico di entrambe, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge; ne consegue che la sua violazione costituisce di per sé inadempimento e può comportare l'obbligo di risarcire il danno che ne sia derivato. >> (122) V. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 589 del 22/01/1999 (Rv. 522538), che parla anche di <<obblighi senza prestazione>> richiamando la tesi dottrinaria di <<un'obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e torto>>, decisione che afferma nello specifico del medico, che la <<responsabilità professionale nei confronti del paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul "contatto sociale" ha natura contrattuale>>. (123) V. in proposito Cass. Sez. Unite, Sentenza n. 26724 del 2007. (124) Nessun dubbio, invece, sul carattere squisitamente aquiliano delle segnalazioni di soggetti in base ad errori anagrafici, non esistendo alcun contratto con il segnalato. 39 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ mera segnalazione <<a sofferenza>>; b) il collegamento della responsabilità della banca con la violazione di obblighi di protezione, imposti dal dovere solidaristico, così come dalle stesse Istruzioni; b) la necessità di una prova del pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale subito, in ogni caso risarcibile, anche mediante presunzioni. 40 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ anatocistici (126) che esclude la validità delle clausole di capitalizzazione 127 trimestrale ( ), oltre dieci anni dalla introduzione della norma inderogabile della pari periodicità della loro eventuale capitalizzazione, nonché dalla esplicita previsione dell’esclusione della regola dell’usurarietà cd. sopravvenuta degli oneri passivi (128). Da un lato, infatti, le cause bancarie hanno ricevuto continua linfa dalla tesi della decorrenza della prescrizione dalla chiusura del rapporto, che ha <<ibernato>> le domande restitutorie aventi ad oggetto periodi precedenti (129); dall’altro, tale flusso è alimentato anche da più fattori metagiuridici: • dagli impulsi del management bancario, che spinge verso la conservazione dei profitti anche in periodi di discesa dei tassi, con incremento delle somme richieste PARTE PRIMA SEZIONE SECONDA Questoni attuali in tema di anatocismo, usura e commissione di massimo scoperto SOMMARIO.1. APPROVAZIONE DEL CONTO. 2. ONERE DI CONTESTAZIONE SPECIFICA. 3. OBBLIGAZIONE NATURALE. 4. PRESCRIZIONE. 4.1TERMINE. 4.2 TESI DELLA DECORRENZA DALLA SINGOLA OPERAZIONE. 4.3. LA DECORRENZA DALLA CHIUSURA DEL CONTO. 4.4. LA TESI MISTA DI CASS. 2.12.2010 N. 44418. 4.5. ASPETTI 5. PROBLEMATICI DEL MILLEPROROGHE. PATTUIZIONE SCRITTA DEGLI INTERESSI E RINVIO AGLI USI SU PIAZZA. 5.1. CONTRATTO STIPULATO IN DATA ANTERIORE LEGGE SULLA TRASPARENZA BANCARIA. 5.2. L’ART. 117 E LA INDIVIDUAZIONE DELLE <OPERAZIONI ATTIVE E DELLE OPERAZIONI PASSIVE>. 5.3. IL MOMENTO DI DETERMINAZIONE DEL TASSO BOT. 6. ANATOCISMO E CAPITALIZZAZIONE TRIMESTRALE. 6.1. LE MODALITÀ DI ADEGUAMENTO ALLA DELIBERA CICR. 6.2.CAPITALIZZAZIONE ANNUALE O NESSUNA CAPITALIZZAZIONE. 7. COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO.7.1. PROFILI CAUSALI 7.1.2. LA TESI DELLA NULLITÀ DELLA C.M.S. 7.1.3. LA TESI DELLA VALIDITÀ DELLA C.M.S. 7.1.4. LA TESI DELLA VALIDITÀ SOLO IN RELAZIONE ALLO SCOPERTO DI CONTO. 7.1.5. VALIDITÀ SOLO DELLA COMMISSIONE DI AFFIDAMENTO. 7.2.LA NORMATIVA DEL 2009. 7.3. COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO E TASSO USURARIO. 8. INTERESSI USURARI. 8.1. USURARIETÀ ORIGINARIA E IUS VARIANDI. 8.2. TASSO SOGLIA E CLAUSOLE IMPOSITIVE DI ONERI PASSIVI INVALIDE. 8.3. USURA ED INTERESSI DI MORA. (126)TRAPUZZANO, Sull’anatocismo, in Giur. merito, 2010, 02, 56 s.; CABRAS, La capitalizzazione degli interessi nel conto corrente bancario: l'equivoco della sineddoche, in Giur. comm., 2000, I, 348; DI PIETROPAOLO, Osservazioni in tema di anatocismo , in Nuova giur. civ., 2001, II, 96; DI STASI, Anatocismo e usura: il nuovo orientamento in tema di capitalizzazione degli interessi, in Arch. civ., 2004, f. 7-8, 837; GAGGERO, La capitalizzazione degli interessi nei rapporti bancari, in Nuova giur. civ., 2000, II, 332; INZITARI, Convenzione di capitalizzazione trimestrale degli interessi e divieto di anatocismo ex art. 1283 c.c., in Giur. it., 1995, I, 2, 409. (127) In precedenza si affermava la tesi opposta v. es. Cass. 18 dicembre 1998, n. 12675; Cass. 5 giugno 1987, n. 49. (128)In virtù della legge di interpretazione autentica che esclude l’usurarietà sopravvenuta art. 1, comma 1°, del decreto legge 29 dicembre 2000 n. 394, convertito nella legge 28 febbraio 2001 n. 24 e che ha superato il vaglio di costituzionalità: cfr. Corte Costituzionale n. 29 del 2002. (129 ) Qualcuno imprudentemente continua ad estenderle, senza verifica di eventuali comunicazioni al cliente, anche a periodi successivi al 2000. Il contenzioso bancario sugli oneri passivi è più che vitale, nonostante siano passati undici anni dal revirement della Cassazione (125) in materia di interessi (125) Cass. 16 marzo 1999, n. 2374. 41 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ con la discussa commissione di massimo scoperto (c.m.s.); • dalle resistenze alla spontanea o, almeno stragiudiziale, omologazione alla giurisprudenza delle Sezioni Unite; • da scelte normative discutibili e conseguenti reazioni giudiziarie dei clienti, come la frequente introduzione di norme “interpretative” testimonia. I due principi fondanti della materia,il divieto di capitalizzazione asimmetrica ed il principio usurarietà solo originaria del saggio di interessi non sono stati intaccati; i contrasti in sede giudiziaria, invece, si sono verificati su questioni collaterali (prescrizione, capitalizzazione annuale o esclusione di ogni capitalizzazione, commissione di massimo scoperto, valute, ecc.) che, per loro natura, assumono comunque una rilevanza decisiva per le sorti delle controversie e che appare opportuno esaminare secondo l’ordine logico delle questioni. C.App. Lecce n. 598/2001; Trib. Pescara 4/7 aprile 2005, Tribunale Nuoro, 25.07.2007, in BBTC, 2008, 6, II, 707.) 2. Onere di contestazione specifica. Il cliente, però, non può limitarsi ad una contestazione generica dell’estratto, ma deve effettuare rilievi specifici ai sensi degli articoli 1832 c.c. e 1857 c.c., senza i quali l’estratto costituisce piena prova del credito del saldo. E’ solo il mero estratto di saldaconto, redatto ai sensi dell'art. 102 della vecchia legge bancaria che, pur essendo idoneo a costituire prova ai fini del giudizio monitorio, non può assumere valore di prova nel giudizio a cognizione piena (Cassazione civile sez. I, 28 maggio 2008, n. 14044, Guida al diritto 2008, 41, 52). Ciò a portato la giurisprudenza di merito ad affermare che <<Le risultanze di conto corrente bancario, allegate a sostegno della domanda di pagamento dei saldi non solo legittimano l'emissione di decreto ingiuntivo, ma nell'eventuale giudizio di opposizione hanno anche efficacia fino a prova contraria, potendo essere disattese solo in presenza di circostanziate contestazioni, non già attraverso il mero rifiuto del conto o la generica affermazione di nulla dovere.>> (130) 1.Approvazione del conto. Di frequente le difese delle banche eccepiscono l’infondatezza delle domande del cliente di restituzione dell’indebito per la mancata opposizione scritta nel termine di 60 giorni dall’invio degli estratti conto, o di altre comunicazioni periodiche (art. 119 T.U.B.). La giurisprudenza è sostanzialmente unanime nell’affermare che l’approvazione del conto – anche tacita - preclude qualunque contestazione circa la conformità delle singole e concrete operazioni sottostanti ai rapporti obbligatori da cui derivano gli addebiti e gli accrediti sotto il profilo meramente contabile, senza incidere sulla validità ed efficacia dei rapporti medesimi, che restano soggetti alle regole ordinarie, (Cassazione civile sez. I, 31 ottobre 2008, n. 26318, cit. Cassazione civile sez. I, 31 ottobre 2008, n. 26318, cfr. Cass. N. 12507/1999; Cass. N. 1978/1996; Trib. Genova sent. 5.5.2002; Ciò non significa, però, che il thema decidendum verta esclusivamente sulle singole annotazioni specificamente contestate (spesso molte centinaia), ma che esso va ristretto, se non a singole poste, a voci o categorie di addebito contestati (c.m.s., le valute, la capitalizzazione differenziata degli (130) << A tale fine è irrilevante che l'estratto conto non sia già stato stragiudizialmente reso noto al correntista, atteso che la produzione in giudizio costituisce trasmissione ai sensi dell'art. 1832 c.c. onerando perciò il correntista delle necessarie specifiche contestazioni per poter superare l'efficacia probatoria della produzione. >> (Tribunale Monza sez. III, 05 marzo 2008, Guida al diritto 2008, 44, 70). 42 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ interessi, ecc.) individuate per il loro collegamento ad una clausola contenuta nel testo del contratto, oppure in via esemplificativa (es. indicando come il tasso convenuto in contratto fosse superiore al TEG, come i giorni di valuta siano computati in modo illecito ). La dottrina ha evidenziato come tali addebiti si collochino nel quadro di un arido rapporto economico e di un meccanismo impositivo che vede almeno la passività se non una sorta di sostanziale soggezione del cliente, non può essere qualificata come obbligazione naturale, sia per il difetto della spontaneità che della configurabilità di un obbligo morale e sociale (133,134) 3. Obbligazione naturale. Del tutto priva di seguito è la tesi dell’obbligazione naturale collegata alla tolleranza dell'addebito degli interessi e di ogni altra prestazione eventualmente illegittima effettuata da un istituto bancario nell'ambito di un rapporto di conto corrente. (131) ''Nessun adempimento spontaneo di un'obbligazione naturale (con conseguente irripetibilità di quanto pagato) può ... rinvenirsi nel comportamento del correntista che abbia versato somme maggiori in pagamento di interessi anatocistici pattuiti in contratto, quindi in adempimento di un'obbligazione giuridica; ancorché in forma invalida e non già di mero dovere morale o sociale'' (Trib. Pescara, 6 maggio 2005).(132) 4. Prescrizione. La prescrizione applicabile è quella regolata con termine decennale il termine dall'art. 2946 c.c., e non quello di prescrizione quinquennale. Non può farsi riferimento, infatti, né alla prescrizione breve del diritto al risarcimento del danno, trattandosi di obbligazione derivante dalla legge (2033 c.c.) e non da obbligazione ex delicto, né a quella quinquennale di cui all’art. 2948 n. 4 c.c., che riguarda esclusivamente la domanda diretta a conseguire gli interessi che maturano annualmente o in termini più brevi, non già la restituzione di parte degli stessi in quanto indebitamente corrisposti. (131) V. DAGNA, Esclusione dell'eccezione di obbligazione naturale per la ripetizione degli interessi anatocistici, commissione di massimo scoperto e soglia d'usura, in BBTC, 2007, 2, 204 s. (132) Trib. Cassino, 29 ottobre 2004, Cass., n. 2262/1984 in ordine al fatto per cui, essendo stata la banca a procedere all'addebito degli interessi ultralegali sul conto corrente del cliente per sua esclusiva iniziativa e senza alcuna autorizzazione del medesimo, non poteva ricorrere, nella fattispecie in esame, l'adempimento dell'obbligazione naturale. Ed inoltre, dal momento che gli interessi ultralegali erano stati determinati in via unilaterale dalla banca, senza un riferimento preciso ad un tasso applicato con consenso espresso della controparte, ma mediante generico rinvio alla clausola ''uso piazza'', proprio in virtù di questa indeterminabilità dell'oggetto o al massimo determinabilità ex post, il tribunale di Cassino escludeva il requisito della spontaneità di quanto pagato in più dal cliente e quindi deduceva 4.1. Decorrenza del termine di prescrizione. La decorrenza del termine di prescrizione, dalla chiusura del conto, l'inapplicabilità della disciplina di cui all'art. 2034 c.c. (133) v. Cass. 2262/1984 che sottolinea appunto il profilo della esclusiva iniziativa dell'istituto bancario, A. Grieco, Il contenzioso bancario, togati.formazionemagistratinapoli.it. (134)Non è stato quindi seguito un orientamento giurisprudenziale risalente all'epoca anteriore alla determinazione del tasso di interesse legale, secondo il quale: ''il pagamento non spontaneo di interessi ultralegali non pattuiti per iscritto - configurandosi come adempimento di obbligazione naturale e rientrando quindi nella regola dettata dall'art. 2034 c.c. - non è soggetto a ripetizione, semprechè si tratti di misura contenuta nei limiti del lecito''. 43 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ oppure dalle singole operazioni, è oggetto di un ampio dibattito giurisprudenziale, che ha visto un punto arrivo nella nota sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 02 dicembre 2010, n. 24418 e poi, ancora nell’approvazione del discusso art. 2 quinquies del decretolegge 29 dicembre 2010, n. 225, il quale prevede che << In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge.>>, in vigore dal 27 febbraio 2011. conto corrente, considerata quale momento a partire dal quale si definiscono i rapporti di credito o debito tra le parti, dovendo essere valorizzato il legame intercorrente fra la pluralità di atti di addebito di interessi in virtù dell’unicità del rapporto giuridico derivante da un contratto unitario (Cass. 9 aprile 1984, n. 2262; e Cass. 14 maggio 2005, n. 10127, che richiama precedenti pronunce) (136). 4.4. La tesi mista di Cass. 2.12.2010 n. 44418. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite Cassazione del 02 dicembre 2010, n. 24418 ha affermato un principio composito: "Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati".(137) 4.2. Tesi della decorrenza dalla singola operazione. La norma richiama l’indirizzo di merito tendenzialmente minoritario, che evidenziava come il diritto alla ripetizione fosse esercitabile anche nel corso del rapporto (art. 2935 c.c.), poiché nel conto corrente bancario (a differenza del conto corrente ordinario), a differenza del conto corrente ordinario, il saldo è sempre disponibile e l’accertamento dei conti non è rimesso alla chiusura del rapporto (135). (136) Nonché: Trib. Brescia 18 gennaio 2010, in Il caso.it; Trib. Torino 6 ottobre 2009, in Il caso.it; Trib. Arezzo 12 maggio 2009, in Juris Data; Trib. Benevento 29 agosto 2008, in Guida al diritto, 2009, 3, 81; App. L’Aquila 16 luglio 2008, in Il caso.it; App. Torino 14 novembre 2007, in Il caso.it; Tribunale Monza, 7 aprile 2006, in Juris Data; Trib. Bari 5 maggio 2005, in giurisprudenzabarese.it (137) Essa, infatti, ha ritenuto fondato il rilievo secondo cui l'unitarietà del rapporto giuridico derivante dal contratto di conto corrente bancario non è, di per sè solo, elemento decisivo al fine d'individuare nella chiusura del conto il momento da cui debba decorrere il termine di prescrizione del diritto alla ripetizione d'indebito, osservandosi che in diversi rapporti di durata nei quali vi siano 4.3.La decorrenza dalla chiusura del conto. Risulta disatteso, quindi, l’indirizzo maggioritario secondo cui il dies a quo va individuato non nel momento dei singoli pagamenti (o addebiti in conto) degli interessi, bensì nella data di chiusura del (135) In tal senso: Trib. Mantova 2 febbraio 2009; App. Brescia 16 gennaio 2008; entrambe in Il caso.it, di recente M. Porzio, relazione tenuta all’incontro prescrizione ed usura nei rapporti bancari alla luce della recente giurisprudenza, 27.1.2011 dall’Ordine dei Dottori commercialisti e revisori contabili di Napoli e dell’Ufficio del referente per la Formazione Decentrata di Napoli. 44 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ prestazioni in denaro ripetute e scaglionate nel tempo (es. canoni di locazione o d'affitto, oppure del prezzo nella somministrazione periodica di cose) <<l'unitarietà del rapporto contrattuale ed il fatto che esso sia destinato a protrarsi ancora per il futuro non impedisce di qualificare indebito ciascun singolo pagamento non dovuto, se ciò dipende dalla nullità del titolo giustificativo dell'esborso, sin dal momento in cui il pagamento medesimo abbia avuto luogo; c.d. è sempre da quel momento che sorge dunque il diritto del solvens alla ripetizione e che la relativa prescrizione inizia a decorrere.>> Diventa quindi necessario stabilire se il pagamento indebito costituisca l’esecuzione della prestazione del debitore oppure abbia un’altra funzione, come quella di mero ripristino della provvista nell’ambito del contratto di apertura di credito. <<L'annotazione in conto di una siffatta posta comporta un incremento del debito del correntista, o una riduzione dei credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nei termini sopra indicati: però non vi corrisponde alcuna attività solutoria del correntista medesimo in favore della banca. Sin dal momento dell'annotazione, avvedutosi dell'illegittimità dell'addebito in conto, il correntista potrà naturalmente agire per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo favore delle risultanze del conto stesso. E potrà farlo, se al conto accede un'apertura di credito bancario, allo scopo di recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido concessogli. Ma non può agire por la ripetizione di un pagamento che, in quanto tale, da parte sua non ha ancora avuto luogo. Occorre allora aver riguardo, più ancora che al già ricordato carattere unitario del rapporto di conto corrente, alla natura ed al funzionamento del contratto di apertura di credito bancario, che in conto corrente è regolata. Come agevolmente si evince dal disposto degli artt. 1842 e 1843 c.c., l'apertura di credito si attua mediante la messa a disposizione, da parte della banca, di una somma di denaro che il cliente può utilizzare anche in più riprese e della quale, per l'intera durata del rapporto, può ripristinare in tutto o in parte la disponibilità eseguendo versamenti che gli consentiranno poi eventuali ulteriori prelevamenti entro il limite complessivo del credito accordatogli. Se, pendente l'apertura di credito, il correntista non si sia avvalso della facoltà di effettuare versamenti, pare indiscutibile che non vi sia alcun pagamento da parte sua, prima del momento in cui, chiuso il rapporto, egli provveda a restituire alla banca il denaro in concreto utilizzato. In tal caso, qualora la restituzione abbia ecceduto il dovuto a causa del computo di interessi in misura non consentita, l'eventuale azione di ripetizione d'indebito non potrà che essere esercitata in un momento successivo alla chiusura del conto, e solo da quel momento comincerà perciò a decorrere il relativo termine di prescrizione. Qualora, invece, durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l'effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo (o, come in simili situazioni si preferisce dire "scoperto") cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'accreditamento. Non è così, viceversa, in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell'affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere.>> Precisano le SS.UU che la distinzione tra atti ripristinatori della provvista ed atti di pagamento compiuti dal correntista per estinguere il proprio debito verso la banca, è già nota alla giurisprudenza, che ne ha fatto applicazione in innumerevoli casi, a partire da Cass. 18 ottobre 1982, n. 5413 sino a tempi più recenti (si vedano, ad esempio, Cass. 6 novembre 2007, n. 23107; e Cass. 23 novembre 2005, n. 24588). <<Un versamento eseguito dal cliente su un conto il cui passivo non abbia superato il limite dell'affidamento concesso dalla banca con l'apertura di credito non ha nè lo scopo nè l'effetto di soddisfare la pretesa della banca medesima di vedersi restituire le somme date a mutuo (credito che, in quel momento, non sarebbe scaduto nè esigibile), bensì quello di riespandere la misura 45 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Sintetizzando la complessa pronuncia, dal momento che il carattere continuativo di un rapporto non impedisce di qualificare come pagamento e di ripetere le singole attribuzioni patrimoniali, il termine di prescrizione decorrerebbe dalla chiusura del rapporto se non vi siano pagamenti del cliente o se essi avvengono nel limite del fido, mentre decorre dai singoli pagamenti nel caso in cui il cliente avesse un’esposizione oltre il fido accordato, oppure non vi fosse fido alcuno.(138) 4.5. Aspetti milleproroghe. problematici del La legge 26/2/2011 n.10 di conversione con modificazioni del decreto legge 29/12/2010 n. 225, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie” (c.d. decreto milleproroghe) (139), ha introdotto l’art. 2 comma 61 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, il quale prevede al comma 9 che << In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l'art. 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge.>>, in vigore dal 27 febbraio 2011. dell'affidamento utilizzabile nuovamente in futuro dal correntista.>> <<Di pagamento, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente al'atto della chiusura del conto.>> (SU n. 24418/2010. cit.) (138) Restano problematiche le ipotesi nelle quali non vi sia un contratto di apertura di credito, ma comunque l’operazione economica nasconda un fido di fatto. In tale caso, può darsi prevalenza all’analisi economica del rapporto, posto che dal punto di vista funzionale vi è un rientro nell’accordato di fatto, piuttosto che un atto di pagamento e che un’eventuale richiesta di rientro immediato, dopo il consolidarsi di tale prassi di affidamento di fatto sul conto potrebbe essere contraria a buone fede. Si veda anche Cass. civ., Sez. I, 23/9/2002, n. 13823; Cass. civ., Sez. I, 6.12.2002, n. 17338; Cass. civ., Sez. III, 18/4/2001, n. 5675; Cass. civ., Sez. III, 21/11/2000, n. 15024, in Giust. Civ., 2001, I, 689; Cass. civ., Sez. I, 19/7/2000, n. 9465, in Giust. Civ., 2000, I; Cass. civ., Sez. I, 11/5/1998, n. 4735, in Banca Borsa, 2000, II, 110; Cass. civ., Sez. I, 23/6/1998, n. 6247 in Giust. Civ., 1999, I, 508; Cass. civ. Sez. I, 11/8/1998, 7871; Cass. civ., Sez. I, 10/11/1997, n.11042 in Banca Borsa, 1999, II, 10; Cass. civ., Sez. I, 29/11/1996, n.10657 in Corr. Giur., 1997, 427<<si applica, "ratione temporis", l'art. 8 della legge n. 64 del 1986 (abrogato dall'art. 4 della legge n. 488 del 1992 con decorrenza dal 1° maggio 1993) (…), in quanto tale norma vieta con disposizione non derogabile la differenziazione dei tassi di La norma, di redazione certamente infelice, ha creato notevoli dubbi sulla sua effettiva portata. L’articolo contiene due diverse disposizioni ed in prima lettura sembrerebbe destinato a trovare applicazione nel caso qui giudicato: secondo il suo tenore letterale sarebbe prescritta la domanda di ripetizione di somme annotate nel conto corrente oltre dieci anni prima del primo atto interruttivo, e sarebbe preclusa la ripetizione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge. interesse in relazione alle singole zone del territorio, con salvezza solo dei tassi più favorevoli per il correntista previsti espressamente dalla legge per le zone più svantaggiate> (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4095 del 25/02/2005 (Rv. 580985). (139) Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 47 – Supplemento ordinario n.53. 46 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Questo ennesimo intervento in materia di oneri passivi è stato interpretato come reazione del legislatore alla citata pronuncia delle Sezioni Unite n. 24418 del 2010 sulla decorrenza della prescrizione nel rapporto di conto corrente bancario. momento dell’entrata in vigore della legge, mentre la seconda sarebbe una norma puramente intepretativa riguardante la decorrenza della prescrizione. L’interpretazione letterale, secondo la terminologia propria dei rapporti bancari, delle disposizioni contenute nel secondo periodo <<In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge>>, dovrebbe comportare l’irripetibilità delle somme oggetto di versamento sul conto corrente nella accezione propria del termine <<versamento>>, ovvero come operazione passiva per la banca in seguito a trasferimento di denaro da cliente (in contanti per versamento di titoli, ecc.), secondo la dicotomia classica della tecnica bancaria versamentoprelevamento, nell’ambito della più ampia categoria dell’accreditamento a favore del cliente (che include anche qualsiasi altra somma riconosciuta a favore del cliente e che determina un debito e, quindi, una passività della banca). La seconda parte del comma 61 citato, sembra precludere la ripetizione di somme già versate ed è stato oggetto di critiche anche maggiori rispetto alla norma intepretativa sulla decorrenza della prescrizione per l’apparente completa inibizione della tutela giurisdizionale, tanto che vi è stata una diffusa accusa dell’introduzione di una irragionevole norma <salva-banche>>, destinata a rappresentare una pietra tombale per il passato sul contenzioso bancario. Bisogna chiedersi però quale sia l’interpretazione corretta di tali norme, in quanto la compatibilità costituzionale della norma va valutata scandagliando ogni alternativa interpretativa della disposizione introdotta. La principale alternativa nell’interpretare le due norme contenute nel comma 61 è quella della lettura disgiuntiva o congiuntiva delle stesse. Incidendo la disposizione, secondo questa opzione ermeneutica, sullo stesso diritto alla restituzione, per i rapporti bancari o i giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore, appare logicamente preliminare esaminare la norma sulla ripetizione delle somme rispetto alla norma sulla decorrenza della prescrizione. 4.5.1. Lettura disgiuntiva: Irripetibilità dei versamenti del cliente sul conto corrente già effettuati, anche se di carattere indebito. Nella prima ipotesi la regola dell’irripetibilità dei versamenti effettuati alla data di entrata in vigore della legge (2° inciso) e la regola della decorrenza dalle annotazioni in conto della prescrizione dei diritti nascenti dalle stesse (1° inciso), andrebbero considerate separatamente: la prima sarebbe una norma di portata generale per la ripetizione dell’indebito bancario al Ad avviso del Tribunale, la norma sulla irripetibilità delle somme, così come interpretata appare però in contrasto con: a) l’art. 117 della Costituzione in relazione all’art. 6, comma 1° della Convenzione Europea per la salvaguardia 47 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.; Convenzione, per i motivi della preminenza del diritto e dell’equo processo consacrato dall’art. 6 della CEDU, impedisce l’applicazione di norme retroattive ai processi in corso <<salvo imperativi motivi di interesse generale>>. ( 141): <<the principle of the rule of law and the notion of fair trial enshrined in Article 6 of the Convention preclude any interference by the legislature – other than on compelling grounds of the general interest – with the administration of justice designed to influence the judicial determination of a dispute” (142). b) l’art. 3 della Costituzione; c) l’art. 24 della Costituzione; d) violazione dell’art. 102 della Costituzione; e) l’art. 47 della Costituzione. e) l’art. 2 della Costituzione; f) l’art. 111 della Costituzione. Appare opportuno evidenziare, quindi, che la deroga alla irretroattività della legge non può essere derogata ad un generico pubblico interesse, ma alla presenza di un interesse ineludibile o cogente, come traspare dalla valutazione compiuta da dalla stessa Corte Europea. I. Contrasto con I) art. 117 della Costituzione in relazione all’art. 6, comma 1° della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). La norma che stabilisce l’irripetibilità delle somme già versate è in conflitto con l’art. 117 Cost. e con e l’art. 6.1. della CEDU per effetto dell’interferenza del potere legislativo su giudizi in corso. Nel caso Scordino-Italia, infatti, la Corte ha rilevato che lo Stato italiano non ha dimostrato che le esigenze finanziarie dello Stato italiano portate a La norma introdotta, apparendo destinata ad incidere su diritti già maturati in base all’ordinamento preesistente assume, infatti, un’indubbia efficacia retroattiva. norme retroattive che incidono su diritti derivanti da leggi in vigore, per i motivi della preminenza del diritto e dell’equo processo consacrato dall’art. 6 della CED, ne impedisce l’applicazione ai processi in corso <<salvo preminenti motivi di interesse generale>>. (141) In precedenza Zielinski et Pradal & Gonzales c. France [GC], nos 24846/94 et 34165/96 à 34173/96, § 57, CEDH 1999-VII ; Raffineries grecques Stran et Stratis Andreadis c. Grèce, arrêt du 9 décembre 1994, série A no 301-B ; Papageorgiou c. Grèce, arrêt du 22 octobre 1997, Recueil 1997-VI, National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society and Yorkshire Building Society v. the United Kingdom, 23 October 1997.ancora più di recente nella Causa Scoppola (n. 2) c. Italia – sentenza de la Grande Chambre del 17 settembre 2009 (ricorso n. 10249/03). 142 Par. 126 della sentenza Scordino-Italia, sentenza del 29 marzo 2006 La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali è intervenuta diverse volte sul tema delle leggi retroattive, affermando che la Convenzione non preclude in assoluto l’introduzione di norme che intervengono su diritti derivanti da leggi in vigore, ma, come affermato ad esempio, nella sentenza della Grande Camera del 29 marzo 2006 (Scordino c. Italia) (140), la (140) La Grande Chambre, con la decisione del 29 marzo 2006, nella causa Scordino contro Italia, afferma che la Convenzione non vieta al legislatore l’introduzione di 48 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ giustificazione della restrizione quantitativa dell’indennizzo previsto dall’art. 5bis della legge 359/1992 potessero rappresentare gli «impérieux motifs d’intérét général» (143). Appare del tutto evidente , invece, come, nella specie, non solo la norma trovi applicazione anche ai processi in corso, ma non vi sia nessuna preminente motivo di interesse generale alla base dell’introduzione della norme, posto che: alla base della sua emanazione non vi è Al contrario, la legittimità di interventi retroattivi del legislatore, come rilevato dalla stessa Corte Costituzionale è stata riconosciuta, in primo luogo, allorché ricorrevano ragioni storiche epocali, come nel caso della riunificazione tedesca (caso ForrerNiederthal c. Germania, sentenza del 20 febbraio 2003). (144) Regno Unito (utilizzata mutatis mutandis anche nella citata pronuncia Forrer-Niederthal c. Germania. Nello stesso solco si pone la sentenza del 27 maggio 2004, Ogis-institut Stanislas, Ogec St. Pie X e Blanche De Castille e altri c. Francia, in cui le circostanze del caso di specie non erano identiche a quelle del caso Zielinski del 1999. Nel caso National & Provincial Building Society del 1997, la Corte Europea, come evidenziato dalla stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 139 del 2009) ha ritenuto che la finalità dell’intervento legislativo fosse quindi quella di garantire la conformità all’intenzione originaria del legislatore a sostegno di un principio di perequazione, aggiungendo che gli attori non avrebbero potuto validamente invocare un “diritto” tecnicamente errato o carente, e dolersi quindi dell’intervento del legislatore teso a chiarire i requisiti ed i limiti che la legge interpretata contemplava.>>. La citata sentenza 139/2009 della Corte Costituzionale, nell’interpretazione della nozione di «motivi imperativi d’interesse generale», ha rilevato che la Convenzione lascia <<ai singoli Stati contraenti quanto meno una parte del compito e dell’onere di identificarli, in quanto nella posizione migliore per assolverlo, trattandosi, tra l’altro, degli interessi che sono alla base dell’esercizio del potere legislativo. Le decisioni in questo campo implicano, infatti, una valutazione sistematica di profili costituzionali, politici, economici, amministrativi e sociali che la Convenzione europea lascia alla competenza degli Stati contraenti, come è stato riconosciuto, ad esempio, con la formula del margine di apprezzamento, nel caso di elaborazione di politiche in materia fiscale, salva la ragionevolezza delle soluzioni normative adottate (come nella sentenza National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society c. Regno Unito, del 23 ottobre 1997). >> (sentenza Corte Cost. n. 311 del 26 novembre 2009.) In altri casi, nel definire e verificare la sussistenza o meno dei motivi imperativi d’interesse generale, la Corte di Strasburgo ha ritenuto legittimo l’intervento del legislatore che, per porre rimedio ad un’imperfezione tecnica della legge interpretata, aveva inteso con la legge retroattiva ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore (145) (143) Sentenze richiamate National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society and Yorkshire Building Society v. the United Kingdom, 23 October 1997, Reports 1997 VII; OGIS-Institut Stanislas and Others, cited above, § 61; Forrer-Niedenthal; and Bäck. 144 In questo caso, la Corte europea, di fronte ad una norma che faceva salvi con effetto retroattivo i trasferimenti di proprietà, senza indennizzo, in «proprietà del popolo» della ex D.D.R., ha concluso per la compatibilità dell’intervento con la norma convenzionale; ciò non soltanto per il motivo “epocale” del nuovo riassetto dei conflitti patrimoniali conseguenti alla riunificazione, ma anche in considerazione della sussistenza effettiva di un sistema che aveva garantito alle parti, che contestavano le modalità del riassetto, lo svolgimento di un processo equo e garantito. (145) Si tratta, in primo luogo, della sentenza 23 ottobre 1997, nel caso National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society c. 49 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ alcun disegno complessivo di disciplina della materia; alcuna esigenza di uniformazione dei trattamenti giuridici delle parti coinvolte, alcuna esigenza preminente di carattere finanziario per lo Stato, non essendovi oneri a carico dello Stato, né emergendo in alcun modo una incidenza significativa di tale contenzioso sulla stabilità del sistema bancario interno e, quindi, sulla tutela del risparmio e degli interessi economici pubblici. b) Violazione dell’art. 3 della Costituzione del principio di ragionevolezza. La norma impugnata preclude il diritto alla restituzione di somme indebitamente percepite nell’ambito del rapporto di conto corrente bancario. Si palesa il contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge: appare evidente una disparità di trattamento tra titolari di diritti restitutori nascenti da rapporti bancari di conto corrente (per meglio dire, regolati da rapporti bancari di conto corrente) e titolari di analoghe posizioni soggettive regolate da conto corrente ordinario o maturati in rapporti di altra natura; a maggiore ragione sussiste Anche la prima parte dell’art. 2, comma 61, che prevede la decorrenza della prescrizione dall’annotazione e non dal pagamento risulta in contrasto con la convenzione. Non solo la norma, per i motivi meglio indicati in seguito, anticipa la decorrenza della prescrizione del diritto alla ripetizione ad un momento anteriore a quello in cui può essere esercitato, ma adotta un’interpretazione che non risulta coerente con il quadro giurisdizionale pregresso (che non fissava la decorrenza della prescrizione dall’annotazione) e che, quindi, non rimediando a dubbi o contrasti interpretativi, appare comunque in contrasto, per l’intervento del legislatore con il principio del diritto ad una processo equo. Le norme della CEDU sono, invece, di rango sub-costituzionale ed esplicano effetti nel nostro ordinamento mediante l’art. 117 Cost., integrativo di una precedente lacuna costituzionale (Corte Cost. sentenza 349 del 2007), che dispone il dovere costituzionale di rispetto degli obblighi internazionali, anche pattizi, assunti dallo Stato e, quindi, operando un rinvio a tali norme, con il limite della loro conformità alla stessa Costituzione. Per tale motivo il vaglio dell’interprete <<deve essere condotto in modo da verificare: a) se effettivamente vi sia contrasto non risolvibile in via interpretativa tra la norma censurata e le norme della CEDU, come interpretate dalla Corte europea ed assunte come fonti integratrici del parametro di costituzionalità di cui all'art. 117, primo comma, Cost.; b) se le norme della CEDU invocate come integrazione del parametro, nell'interpretazione ad esse data dalla medesima Corte, siano compatibili con l'ordinamento costituzionale italiano (sentenza 348 del 2008).>> Il contrasto con il parg. 6.1. della CEDU determina l’incostituzionalità per conflitto con il nuovo art. 117 Cost. (146) 146 Va ricordato che le norme della Convenzione, a differenza, di quanto previsto in altre legislazioni europee non sono attualmente suscettibili di immediata applicazione nell’ordinamento nazionale (cfr. giurisprudenza della Corte Costituzionale a partire dalle sentenze n. 348 e 349 del 2007). Tali norme, infatti, avendo carattere pattizio, non ricadono nell’alveo applicativo dell’art. 11 della Costituzione, destinato ad avere efficacia solo per le norme di diritto internazionale consuetudinario e per le norme comunitarie. Riguardo al primo aspetto si è già evidenziato il contrasto di tale interpretazione dell’art. 2, comma 61 con la Convenzione, mentre è appena il caso di osservare che il divieto, salvo eccezioni, per motivi di imperativo interesse generale delle norme retroattive non risulta in contrasto con alcuna disposizione costituzionale, dovendo il potere legislativo essere esercitato conformemente al quadro delle norme costituzionali ed internazionali. 50 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Occorre, inoltre che: disparità di trattamento se si distingue, quanto alla ripetibilità, tra i versamenti del cliente e gli accrediti della banca. 4.5.2. Corte Costituzionale norme interpretative. 1. sia salvaguardato il principio generale di ragionevolezza, che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; e Con Sentenza n. 209 dell’11 giugno 2010 n. 2009 la Corte Costituzionale, nel solco di un consolidato orientamento, ha delineato i limiti costituzionali entro i quali il Legislatore deve contenersi nell’adozione di norme interpretative. La Corte infatti ha così letteralmente, individuando delle precondizioni: 2. sia tutelato l'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di Diritto; incertezze 4. siano salvaguardate l'integrità delle attribuzioni costituzionali dell'autorità giudiziaria (art. 102 Cost.).>> (v. anche sentenza n. 525 del 2000, sentenze n. 374 del 2002, n. 26 del 2003, n. 274 del 2006, n. 234 del 2007, n. 170 del 2008, n. 24 del 2009).>>148 devono interpretative; sussistere 3. sia salvaguardata l'effettività del diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (art. 24, primo comma, Cost.); la scelta imposta dalla legge deve rientrare tra le possibili varianti di senso del testo originario (147); In relazione al principio di ragionevolezza si è detto di come la preclusione dell’azione giudiziaria per le somme già versate sia del tutto privo di razionalità e discrimini tra le posizioni dei diversi cittadini sulla base di un dato temporale che incide in via del tutto occasionale su analoghe situazioni soggettive. 147 Questa Corte ha costantemente affermato che il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull'applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche «quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore» (sentenza n. 525 del 2000; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 374 del 2002, n. 26 del 2003, n. 274 del 2006, n. 234 del 2007, n. 170 del 2008, n. 24 del 2009).>> La Corte, inoltre, ha individuato una serie di limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi, «che attengono alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento [...]; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto [...]; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico [...]; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere Riguardo agli altri profili di incostituzionalità della norma retroattiva, si rimanda a quanto in seguito evidenziato. giudiziario» (sentenza n. 397 del 1994) (147). E’ dunque da ritenere che una norma interpretativa, per essere costituzionalmente legittima, possa essere adottata dal legislatore solo quando sussistano incertezze sulla sua applicazione o contrasti giurisprudenziali ovvero anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore.Tuttavia (148) C. Cost., sent. n. 209/2010 cit.. 51 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ c) Contrasto con l’art. 24 della Costituzione. Le norme, non avendo un valore puramente interpretativo, per il suo carattere retroattivo violano l’integrità delle attribuzioni del potere giurisdizionale, sia in relazione a pronunce già emesse (come espresso in altro caso dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 209 del 2010), sia in relazione alla potestà di individuare la norma applicabile al caso esaminato, senza interferenza del potere legislativo che non sia giustificata da imperfezioni tecniche che determinino obiettive oscurità interpretative che possano determinare errori o contrasti interpretativi. La norma sull’irripetibilità delle somme versate e la norma sulla decorrenza della prescrizione dall’annotazione risultano in contrasto anche con l’art. 24 della Costituzione. La prima priva le parti di ogni possibilità di far valere in giudizio il diritto alla ripetizione di somme versate, quale che sia il fondamento originario della pretesa restitutoria, incidendo, quindi, retroattivamente, non sul diritto a far valere il vizio dell’atto (quale esso sia, anche se derivanti da illeciti penale), sui cui si fonda la pretesa di adempimento o restitutoria (nullità del negozio, errore di pagamento, erroneità materiale delle mere annotazioni contabili), ma in via generale sul diritto alla restituzione delle somme versate e, quindi, sul diritto dell’individuo alla tutela giurisdizionale garantito dall’art. 24 Cost. (149) e) Violazione dell’art. 111. Cost. Le norme, così come interpretate, violano il principio del diritto al giusto processo. L’espressione <<giusto processo>> contenuta nell’attuale formulazione del comma 1 dell’art. 111 non può ritenersi descrittiva dei valori costituzionali regolati dai commi successivi, ma ha un autonomo valore precettivo: le norme introdotte dal legislatore ordinario che, direttamente o indirettamente, incidono sulla gestione e sui risultati del processo devono essere conformi a tale parametro di <<giustizia>> del processo stesso; esso non si traduce in una formale uguaglianza dei poteri delle parti nel processo, ma anche nella possibilità legislativamente garantita (o non ostacolata) che il processo giunga anche ad un giusto risultato. Ciò non significa che il significato di <<giustizia>> del processo sia sostanzialmente diverso da quello di <<equità>> del processo e, che, quindi, il primo sancisca solo il divieto di disuguaglianza degli strumenti processuali offerti alle parti del processo, mentre l’equità avrebbe un valore più intenso: il giusto processo va inteso come possibilità di addivenire ad un risultato giusto; una decisione per essere giusta (ai sensi dell’art. 111 Cost.) è la non basta d) Contrasto con l’art. 102 della Costituzione. 149 Non può neppure sostenersi che la norma esclude il diritto sostanziale alla ripetizione della somma ingiustamente versata e, quindi, agisce sul diritto stesso e non sulla sua tutela giurisdizionale, perché è il diritto all’effettività della tutela giurisdizionale delle diverse situazioni giuridiche azionabili ad essere integralmente compromesso, non risultando pienamente tutelato il diritto ad agire per la nullità di una clausola contrattuale senza che vi sia tutela del conseguente diritto alla restituzione delle somme versata in base alla clausola impugnata(sentenza 209 del 2010 della Corte Costituzionale).Per inciso anche la norma sulla decorrenza della prescrizione, secondo quanto in seguito illustrato, frusta il diritto alla tutela giurisdizionale, prevedendo un decorso della prescrizione da un momento anteriore rispetto a quelli da cui il diritto può essere fatto valere. 52 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ che abbia correttamente applicato le norme vigenti, ma che abbia pienamente applicato le norme processuali strumentali all’accertamento della situazione di fatto sottostante al processo, con i soli limiti dell’autoresponsabilità del singolo nella cura dei propri diritti sostanziali e dei propri poteri processuali e del rispetto di altre norme costituzionali nella ricerca della prova (tra cui, oltre le libertà personali, anche la parità delle parti ed il contraddittorio), senza alcuna interferenza da parte di soggetti o poteri estranei all’autorità giurisdizionale, incluso il potere legislativo, analogamente a quanto indicato dalla Corte CEDU e dalla Corte Costituzionale in relazione al diritto ad un processo equo previsto dall’art. 6.1. della Convenzione Europea.(150) Può rimandarsi, quindi, a quanto già indicato per le norme retroattive che, in difetto dei descritti requisiti, violano, oltre che gli artt. 117, 3, e 102 Cost. anche l’art. 111 Cost. f) Contrasto con l’art. 47 della Costituzione. Le norme esaminate non appaiono conformi neppure al principio della tutela costituzionale del risparmio consacrato dall’art. 47 Cost. Poiché la gestione del risparmio avviene abitualmente, come nel caso di specie, mediante una regolamentazione in conto corrente ne è evidente la frustrazione della tutela che, per la considerazione costituzionale dovrebbe essere rafforzata e che, ad esempio, rende pienamente giustificabili tutele asimmetriche in favore del cliente della banca (es. nullità di protezione, azionabili solo dal cliente), senza incorrere automaticamente in una violazione dell’art. 2 Cost. per disparità di trattamento tra le parti. 150 CORDERO, Procedura penale, Milano 2001, 1265, il quale precisa che «la lite richiede una sentenza [...] ora, i modi del decidere non costituiscono una variabile libera in mano al legislatore: regoli lo strumento come meglio ritiene, purché sia " giusto " [...]».3. A tale scopo va osservato, per cominciare, che "" giusto " non è qualunque processo che si limiti ad essere "regolare" sul piano formale". La Commissione Europea sull’art. 6 CEDU ha chiarito che il giusto processo permea l’inero art. 6 della CEDU e non solo il par. 3 (ric. Nielsen c. Danimarca). G. Vignera, Le garanzie costituzionali del processo civile alla luce del "nuovo" art. 111 cost., Riv. trim. dir. proc. civ. 2003, 04, 1185, il quale, dopo aver ricordato le tesi opposte della irrilevanza e della novità della carta costituzionale della nozione di <<giusto processo>> a seguito della modifica costituzionale. Così intesa, per vero, la nuova nozione divisata dall'art. 111, comma 1°, cost. si risolverebbe in una formula retorica priva di qualsivoglia significato e di ogni giustificazione. Infatti, poiché solo nei confronti di specifici e determinati procedimenti già esauritisi è possibile stabilire se gli stessi siano stati o meno regolari sul piano formale, nel significato suindicato il " giusto processo" null'altro sarebbe g) Violazione Costituzione. dell’art. 2 della Sussiste un contrasto della norma sulla irripetibilità delle somme versate con il principio di buona fede e di solidarietà costituzionale fissato nell’art. 2 Cost., immanente all’intero ordinamento giuridico per diritto vivente della Corte di Cassazione (Sez. Unite n. che un inutile criterio di valutazione di (concrete) esperienze processuali già compiute. È innegabile, viceversa, che il valore della "giustizia" ex art. 111, comma 1°, cost. deve connotare il modello costituzionale (generale ed astratto) del processo, il quale (data la posizione primaria occupata dalle norme costituzionali nella gerarchia delle fonti) è destinato a condizionare la fisionomia dei singoli procedimenti giurisdizionali elaborati (sempre in via generale ed astratta) dal legislatore ordinario. 53 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ 26724 del 2007, Sez. 3, Sentenza n. 20106 del 2009) . La norma, infatti, nega il diritto alla ripetizione di somme versate in contrasto con il principio di solidarietà tra le parti del rapporto contrattuale, ormai sancito dalla Corte di Cassazione, in difformità rispetto all’obbligo a fondamento costituzionale di cooperazione, consentendo legislativamente ad una parte di frustrare le aspettative dell’altra nel completo perseguimento delle utilità derivanti dal contratto. Il dato testuale della norma che regola indistintamente tutti i versamenti effettuati, si è detto, non consente un’interpretazione costituzionalmente orientata, né conforme alla Convenzione Europea che consenta di salvaguardare la costituzionalità della norma, per i motivi qui espressi. 7.2. Interpretazione della nozione di <<versamento>> come operazione attiva personalmente disposta dal cliente. Un’interpretazione di segno più restrittivo sempre di questo secondo inciso, porta a considerare il dato testuale della irripetibilità di <<importi già versati>>, ovvero già effettuati come limitato alle sole operazioni in conto corrente che comportino un afflusso in denaro in conto corrente per effetto di una autonoma e volontaria iniziativa del cliente (versamento in contanti, giroconto bonifico da altro conto corrente, versamento di titoli di credito), escludendosi, invece, l’applicazione della norma retroattiva alle mere annotazioni passive non attuative di valide clausole negoziali ed anche alle operazioni passive Interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata. Nonostante il contrasto analiticamente descritto con numerose norme costituzionali, in attuazione del principio ripetutamente affermato dalla Corte deve essere tentata un’ interpretazione conforme alla Costituzione ed alla Corte Europea, prima di concludere per la necessità di un ricorso alla questione incidentale di legittimità costituzionale della norma. (151) (151) <<Nel caso in cui si profili un contrasto tra una norma interna e una norma della Convenzione europea, il giudice nazionale comune deve, pertanto, procedere ad una interpretazione della prima conforme a quella convenzionale, fino a dove ciò sia consentito dal testo delle disposizioni a confronto e avvalendosi di tutti i normali strumenti di ermeneutica giuridica,>> con la precisazione che <<l’apprezzamento della giurisprudenza europea consolidatasi sulla norma conferente va operato in modo da rispettare la sostanza di quella giurisprudenza, secondo un criterio già adottato dal giudice comune e dalla Corte europea (Cass. 20 maggio 2009, n. 10415; Corte eur. dir. uomo 31 marzo 2009, Simaldone c. Italia, ric. n. 22644/03)>>; <<solo quando ritiene che non sia possibile comporre il contrasto in via interpretativa, il giudice comune, il quale non può procedere all’applicazione della norma della CEDU (allo stato, a differenza di quella comunitaria provvista di effetto diretto) in luogo di quella interna contrastante, tanto meno fare applicazione di una norma interna che egli stesso abbia ritenuto in contrasto con la CEDU, e pertanto con la Costituzione, deve sollevare la questione di costituzionalità (anche sentenza n. 239 del 2009), con riferimento al parametro dell’art. 117, primo comma, Cost., ovvero anche dell’art. 10, primo comma, Cost., ove si tratti di una norma convenzionale ricognitiva di una norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta. La clausola del necessario rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, dettata dall’art. 117, primo comma, Cost., attraverso un meccanismo di rinvio mobile del diritto interno alle norme internazionali pattizie di volta in volta rilevanti, impone infatti il controllo di costituzionalità, qualora il giudice comune ritenga lo strumento dell’interpretazione insufficiente ad eliminare il contrasto. (Corte Costituzionale, sentenza n. 311 del 2009). 54 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ per la banca derivanti da bonifici di terzi, operazioni di mera scadenza di titoli su conto titoli con riaccredito in conto corrente ed analoghe, conseguente ripetibilità di tali somme. Questa tesi restrittiva della portata della norma può trovare giustificazione nel richiamo della prima parte della norma all’art. 2935 c.c. in materia di prescrizione, con conseguente limitazione applicativa a tale materia, nonché nello stesso ricorso dell’espressione “in ogni caso”, non intesa come volontà estensiva della norma a qualsiasi domanda di restituzione (“in qualunque caso”), ma solo a quelle sulle quali di fatto potrebbe avere inciso la norma interpretativa per effetto di precedenti interpretazioni delle parti o del giudice adito. Un’interpretazione siffatta, tuttavia, non è comunque immune da censure di costituzionalità per violazione dei citati articoli 2,3,24,102 111,117 Cost. ed art. 6.1. CEDU in quanto estinguerebbe retroattivamente sul piano sostanziale e priverebbe retroattivamente della tutela giurisdizionale i diritti alla ripetizione di somme pagate senza una valida giustificazione causale, indipendentemente da se il pagamento sia stato effettuato per mero errore, se sia stato effettuato in esecuzione di una clausola invalida, spontaneamente o su richiesta di adempimento della controparte, stravolgendo il consolidato principio secondo cui le operazioni di prelevamento e versamento rilevano sul piano contabile, ma non determinano una alcuna rinuncia alla tutela giurisdizionale inerente gli atti su cui si fondano. In altri termini: - la prima parte dell’articolo esaminato prevederebbe, come interpretazione autentica, la decorrenza della prescrizione per le operazioni bancarie in conto corrente dalle annotazioni in conto, con ciò implicitamente statuendo che non vi è diritto alla restituzione di somme annotate oltre dieci anni prima della domanda giudiziale o di un atto interruttivo, anche se non è decorso un decennio dalla chiusura del rapporto di conto corrente; 7.3. Lettura congiuntiva delle disposizioni: interpretazione dell’irripetibilità degli importi versati come irripetibilità del pagamento del debito prescritto. - la seconda parte dell’articolo, tuttavia, nella consapevolezza del legislatore che un indirizzo giurisdizionale prevalente fissava la decorrenza dalla chiusura del rapporto, avrebbe previsto nel secondo periodo null’altro che una mera specificazione di quanto affermato dall’art. 2940 c.c., ovvero l’irripetibilità del pagamento del debito prescritto già effettuato prima dell’entrata in vigore della legge (con esclusione di pagamenti attuativi di decisioni giurisdizionali non passate in giudicato). L’altra principale opzione dell’interprete nell’interpretazione del comma 61 comporta una lettura congiuntiva dell’intero contenuto della disposizione: l’irripetibilità degli<<importi già versati>>, andrebbe collegata alla norma precedente che interpreta il quadro normativo del decorso della prescrizione nei rapporti regolati dal contratto di conto corrente bancario fissando il principio della decorrenza del termine dalle annotazioni e non dalla chiusura del rapporto. L’irripetibilità delle somme versate, quindi, non si riferirebbe (come appare dalla lettura della norma e dalla sequenza dell’evoluzione giurisdizionale e 55 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ dal successivo intervento del legislatore con norma di interpretazione autentica) alla volontà di precludere la tutela giurisdizionale dei diritti restitutori nascenti da azioni di nullità di clausole o di somme ad altro titolo indebitamente annotate a debito o pagate, ma, all’opposto alla volontà di evitare che, stabilito per interpretazione autentica che la prescrizione decorre già dall’annotazione, si possa pretendere la restituzione di pagamenti di debiti restitutori già prescritti, inclusa la spontanea esecuzione di obbligazioni restitutorie conseguenti a precedenti introiti indebiti (mediante annotazioni a debito o ricezioni di versamenti del cliente). Ciò presuppone, tuttavia, che l’interpretazione della norma interpretativa sulla decorrenza della prescrizione nei rapporti bancari sia costituzionalmente legittima e che il sistema unitario di disciplina che ne deriva sia razionale ed autenticamente interpretativo dell’ordinamento preesistente. In effetti, deve registrarsi come nel dibattito degli operatori e degli studiosi vi fossero diverse tesi e che le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 24418 del 2010 abbiamo elaborato una tesi che si discostava sia dalle posizioni di chi sosteneva che la prescrizione decorresse sempre dalle annotazioni sia dalla prevalente tesi della decorrenza dalla chiusura del rapporto. La norma, quindi, non avrebbe alcuna portata innovativa rispetto all’ordinamento preesistente. In proposito va evidenziato che, in un quadro di diritti relativi non appare irragionevole che il diritto alla ripetizione di somme decorra dal momento in cui viene effettuato il pagamento/versamento fondato su una causale nulla e non dalla chiusura definitiva del rapporto, sia per esigenze generali di certezza dei rapporti giuridici sia, soprattutto, perché il diritto da tale momento può essere fatto valere. La norma, così come interpretata, individualmente considerata potrebbe non violare l’art. 2, apparendo il pagamento di debito prescritto e, quindi, potrebbe essere conforme al principio di solidarietà costituzionale, all’art. 3 cost, essendo l’art. 2940 c.c. applicabile a tutti i rapporti giuridici prescritti, all’art. 24 Cost. non essendovi diritti restitutori di carattere civile fondati su pagamento di debito prescritto ai sensi dell’ordinamento vigente, con l’art. 47 Cost. , essendo il risparmio avvantaggiato (e non compromesso) dalla esplicitazione di tale irripetibilità, con l’art. 111 Cost., non incidendo la norma così come interpretata sui giudizi in corso, se non come legittima norma interpretativa; infine con l’art. 117 Cost. e l’art. 61,1 CEDU e l’art. 102 Cost., rispondendo la norma a legittime esigenze di chiarire che l’introduzione della norma interpretativa non darebbe luogo a pretese diverse da quelle desumibili dall’intero ordinamento. Ciò che non può, invece, in alcun modo ritenersi ammissibile è la decorrenza della prescrizione di un diritto da un momento anteriore a quello in cui il diritto stesso può essere legalmente esercitato, con conseguente irragionevole menomazione della tutela effettiva del diritto stesso. E’ evidente, infatti, che se una delle parti (e nei contratti di conto corrente bancario, sempre la banca) procede ad annotare illegittimamente a debito delle somme, il cliente può agire per la declaratoria di nullità degli atti negoziali o di inefficacia degli atti esecutivi, ma non potrà agire per la restituzione di somme indebitamente 56 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ percepite fino a quando la banca non avrà incamerato un versamento solutorio, imputatolo a copertura dell’annotazione passiva illegittima e, quindi, fino a quando il cliente non avrà <<pagato>> un debito inesistente. La prescrizione di tale diritto alla ripetizione della somma dovrà necessariamente decorrere quanto meno dal momento in cui il pagamento è stato effettuato. In sintesi, il diritto alla ripetizione non può decorrere che dal momento in cui è giuridicamente necessario e possibile l’esercizio dell’azione di ripetizione dell’indebito (cfr. Cass. SU n. 24418/2010). Continuerebbero a trovare applicazione, quindi, i principi enunciati dalla giurisprudenza e dalle Sezioni Unite in materia di decorrenza della prescrizione, con differenziazione tra versamenti solutori (assenza di fido o pagamenti extrafido) e versamenti ripristinatori della provvista effettuati nei limiti di un fido esistente. conoscenza che il dell’annotazione stessa. cliente ha Ciò non è incompatibile con il quadro costituzionale. Per orientamento costante della Corte di legittimità, ai fini dell’art. 2935 c.c., il fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione è solo la causa giuridica che ostacola l’esercizio del diritto e non anche l’impedimento oggettivo o l’ostacolo di mero fatto, in virtù dell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici (Cass. Sez. Lav. N. 15991 del 2009, Cass. 28 luglio 2004, n. 14429, Cass. 3.5.1999 n. 4389). La norma desunta dal comma 61 deve essere valutata ai sensi dell’art. 3 Cost,, nonché delle norme costituzionali di cui agli art. 2,3,24 e 47 Cost. Non vi è neppure una necessaria irrazionalità del sistema se vi sono decorrenze diverse per i termini decadenziali e per termini di prescrizione. Nel caso dei rapporti di conto corrente bancario, infatti, per legge l’estratto deve essere inviato con periodicità almeno annuale (art. 119, comma 1 t.u.b.) ed il cliente ha il potere di ottenere entro 90 giorni copia della documentazione inerente (anche) a singole operazioni (art. 119, comma 3 t.u.b.), risultando, quindi, adeguata, in un quadro di diligenza ed autoresponsabilità, la possibilità di agire a tutela dei diritti derivanti dalle annotazioni contabili. A ciò consegue, non solo che l’irripetibilità dei versamenti effettuati riguarda solo la categoria dei pagamenti di debiti prescritti, ma anche che <i diritti nascenti dalle annotazioni>> e, quindi, appunto dal <<fatto dell’annotazione>> altro non sarebbero che i soli diritti conseguenti alle mere operazioni contabili effettuate sul conto, e non i diritti collegati alla validità ed efficacia dei titoli negoziali in base ai quali le operazioni sono effettuate: si tratterebbe delle medesime posizioni soggettive su cui incide l’approvazione del conto ai sensi dell’art. 119, comma 2 t.u.b. che, come si è detto preclude la contestazione delle concrete operazioni sotto il profilo meramente contabile, senza incidere sulla validità ed efficacia dei rapporti medesimi. Volendo a questo punto trarre le conclusioni dell’analisi ermeneutica della norma introdotta, può quindi affermarsi che nei rapporti bancari regolati in conto corrente: Resta il fatto che la prescrizione a) decorre dall’annotazione e non dalla i diritti il cui termine di prescrizione decorre dalle annotazioni, sono solo i diritti ad un corretto calcolo 57 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ b) c) contabile delle operazioni compiute, da identificarsi nelle sole posizioni soggettive soggette a decadenza ai sensi dell’art. 119 t.u.b. in caso di approvazione espressa o non contestazione dell’estratto conto (omologhe ai diritti di cui all’art. 1832 c.c., errori di scritturazione, omissioni, duplicazioni), legalmente esercitabili già dall’annotazione; la prescrizione dei diritti (quelli che ovviamente si prescrivono) derivanti da invalidità dei titoli su cui si fondano le operazioni decorre dal momento in cui il diritto può essere giuridicamente esercitato, secondo le regole proprie del vizio dedotto e della pretesa azionata (es. annullabilità, dalla conoscenza del vizio, ripetizione dell’indebito, dal momento del pagamento); l’irripetibilità delle somme versate alla data di entrata in vigore della legge è solo quella inerente i diritti alle restituzione di somme indebitamente corrisposte sul presupposto della decorrenza della prescrizione da un momento successivo a quello già desumibile da sistema secondo una tesi interpretativa, e, quindi, versando nell’erronea convinzione della persistenza temporale del proprio debito restitutorio (ovvero dalla chiusura del conto e non dalle annotazioni per i diritti di ripetizione connessi ad erronei computi contabili, oppure dal pagamento per i versamenti effettuati in assenza di fido, in conformità a Cass. SU n. 24418 citata, ancora dalla chiusura del rapporto per i pagamenti puramente ripristinatori della provvista); norme interpretative in quanto, essendo puramente interpretative del quadro giuridico pregresso, sono: 1. conformi al principio generale di ragionevolezza, perché, non introducendo norme destinate ad avere una applicazione retroattiva, non differenziando tra banca e cliente, distinguendo solo tra contratti di conto corrente bancario ed ordinario, soggetti a regole e pratiche diverse (solo nel secondo i crediti sono inesigibili ed indisponibili fino alla chiusura del conto, art. 1823 c.c., soggetti), non introducono ingiustificate disparità di trattamento; 2. tutelano l'affidamento legittimamente sorto nei soggetti, quale principio connaturato allo Stato di Diritto, in quanto si limitano ad esplicitare regole già desumibili dal sistema; 3. salvaguardano l'effettività del diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (art. 24, primo comma, Cost.), in quanto precludono l’azione di ripetizione già esclusa dall’art. 2940 c.c. per il pagamento di debiti prescritti; 4. salvaguardano l'integrità delle attribuzioni costituzionali dell'autorità giudiziaria (art. 102 Cost.), non incidendo innovativamente su diritti preesistenti; 5. non violano il principio della tutela costituzionale del risparmio (art. 47 Cost.), essendo pienamente tutelabili le situazioni giuridiche lese, con reciproca eccezione della non ripetibilità di debiti effettivamente assunti dalle parti e spontaneamente pagati; Solo in tali termini, allontanandosi dall’interpretazione letterale ed attribuendo effettivamente una portata puramente interpretativa alle norme previste dal decreto milleproroghe se ne può escludere l’incostituzionalità. Esse, infatti, rispondono ai requisiti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale per le 6. non violano i principi del <<giusto processo civile>>, orientando la decisione giurisdizionale verso un assetto degli interessi conforme alle posizioni economiche sostanziali di partenza; 58 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ 5. Pattuizione scritta degli interessi e rinvio agli usi su piazza. Contratti stipulati in data anteriore legge sulla trasparenza bancaria. 7. non violano l’art. 117 Cost. in relazione all’art. 6.1. della CEDU in quanto la norma, così limitata, è destinata ad avere carattere puramente interpretativo, diversamente da quasi tutte le ipotesi censurate dalla Corte Europea e rispondendo la norma, nella sua obiettività, prescindendo da motivazioni storico-politiche all’origine della sua introduzione ad obiettivi di interesse generale di specificazione di regole generali dell’ordinamento sulla prescrizione dei diritti e sulla ripetizione dell’indebito nell’ambito di un diffuso contenzioso caratterizzato da complesse scansioni temporali e qualificazioni dei singoli atti esecutivi. Il saggio degli interessi, ove ultralegale, deve essere previsto con apposita pattuizione scritta come stabilito dall'art. 1284 c. 3 c.c., successivamente dagli artt. 3 e 4 della legge 154/1992 ed infine dall'art. 117 D.Lgs. 385/1993. Per i contratti stipulati anteriormente all’entrata in vigore della legge 154/92 (8.7.1992), la giurisprudenza si è da tempo orientata nel senso di ritenere che tali clausole sono nulle per contrasto con la previsione di cui all’art. 1346 c.c. poiché, riferendosi genericamente agli interessi usualmente praticati su piazza, non distinguono fra le varie categorie di essi e dunque non consentono di stabilire a quale previsione le parti abbiano in concreto inteso riferirsi.(152) Con la clausola interessi “uso piazza”, quindi, il saggio di interessi resta indeterminato, mentre il richiamo ad elementi esterni deve avvenire rispettando criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, obiettivamente individuabili, mancando un uso bancario che consente la preventiva ed esatta determinazione del saggio convenuto tra le parti.(153) Si è così detto che la nullità del richiamo agli interessi praticati sulla piazza è dovuto alla mancanza di criteri certi, univoci e predeterminati di individuazione delle condizioni abitualmente praticate dai Tale tesi è stata sostenuta dallo scrivente nella sentenza parziale del Tribunale di Napoli, Sezione Distaccata di Frattamaggiore il 30 marzo 2011. Vanno segnalate, però, due ordinanze di remissione alla Corte Costituzionale del Tribunale di Benevento che con motivazione succinta deduce la violazione degli art3. 3,24, 47 e 102 Cost.) e del Tribunale di Brindisi, sezione Distaccata di Ostini del 14.03.2011, che con motivazione accurata solleva la questione in riferimento agli art, 3,24,47,102,104, 111,117 in relazione al par. 6.1. della CEDU, evidenziando anche la disparità di trattamento tra le situazioni giuridiche anteriori e successive all’entrata in vigore della legge. Infine, alcuni Tribunali, hanno, in modo estremamente sintetico, sostenuto l’irrilevanza della disposizione introdotta (Corte di Appello di Ancona, 3 marzo 2011, il caso .it), dovendosi far decorrere la prescrizione comunque dalla data del pagamento, necessariamente coincidente con la chiusura del conto (Tribunale di Brescia, 24 marzo 2011, il caso.it). (152) Cass. 1-2-2002 n. 1287; Cass. 18-4-2001 n. 5675; Cass. 19-7-2000 n. 9465; Cass. 8-5-1998 n. 4696; Cass. 23-6-1998 n. 6247; Cass. 9-12-1997 n. 12456; Cass. 10-11-1997 n. 11042; Cass. 2911-1996 n. 10657. (153) Cfr., tra le tante, Cass. 20 giugno 1978 n.3028; Cass. 9 aprile 1983 n.2521; Cass. 14 febbraio 1984 n.1112; Cass. 28 maggio 1984 n.3252; Cass. 12 novembre 1987 n.8335, v. App. Milano 15 dicembre 1989; Trib. Milano 24 febbraio 1992; App. Milano 31 gennaio 1992; Pret. Pavia, 28 novembre 1992; Trib. Pavia I ottobre 1993; Tribunale Napoli 13 maggio 1994. 59 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ singoli istituti di credito (“prime rate”, “top rate” e tassi intermedi - Cass. 14684/2003 e Cass.13823/2002). Anche di recente, si osservi non è stata esclusa in assoluto la validità degli interessi determinati per relationem, avendo la S.C. sostenuto che <<In tema di contratti di mutuo, affinché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell'art. 1284, comma 3, c.c., che è norma imperativa, deve avere forma scritta ed un contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse; tale condizione, che nel regime anteriore all'entrata in vigore della l. n. 154 del 1992 può ritenersi soddisfatta anche "per relationem", attraverso il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purché obbiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse, postula, nel caso di rinvio alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza, l'esistenza di discipline vincolanti fissate su scala nazionale con accordi di cartello, restando altrimenti impossibile stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso riferirsi in presenza di diverse tipologie di interessi; ove il tasso convenuto sia variabile, è idoneo ai fini della sua precisa individuazione il riferimento a parametri fissati su scala nazionale alla stregua di accordi interbancari, mentre non sono sufficienti generici riferimenti, dai quali non emerga con chiarezza quale previsione le parti abbiano inteso richiamare con la loro pattuizione.>> (Cassazione civile sez. III, 19 maggio 2010, n. 12276, Giust. civ. Mass. 2010, 5, 783 (154) Tali clausole, in ogni caso, sono divenute inoperanti a partire dal 9/7/92, data di acquisto dell’efficacia della legge stessa. L’art. 4 di tale legge, poi trasfuso nell’art. 117 del d.lgs. 385/93, sancendo la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse, pur non incidendo, in base ai principi regolanti la successione delle leggi nel tempo, sulla validità delle clausole contrattuali inserite in contratti già conclusi, impedisce infatti che esse possano produrre per l’avvenire ulteriori effetti nei rapporti ancora in corso poiché l’innovazione normativa “impinge sulle stesse caratteristiche del sinallagma contrattuale, generatore di conseguenze obbligatorie protraentesi nel tempo” (Tribunale di Napoli, III Sezione Civile, G.U. Troncone, 19 gennaio 2010, cfr. Cass. S.U. 4-11-2004 n. 21095; Cass. 18-92003 n. 13739; Cass. 20-8-2003 n. 12222; Cass. 28-3-2002 n. 4490; Cass. 2-5-2002 n. 6258, cfr. del). (155) rate, benché nella pratica possano trovare applicazione tassi inferiori o superiori); in precedenza conf. (Corte di Cassazione, sentenza del 18 aprile 2001, n. 5675). (155) Va ricordato, comunque che, in passato era sostenuta anche la tesi opposta, secondo cui il rinvio al tasso di interesse usualmente praticato sulla piazza non rendeva indeterminabile l’oggetto del contratto, e ciò sul presupposto che le condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza erano fissate su scala nazionale con accordi di cartello, per cui tale rinvio consente di ancorare la misura degli interessi a fatti oggettivi, certi e di agevole riscontro, non influenzabili dal singolo istituto bancario (Cass. 14 febbraio 1984 n.1112; Cass. 30 maggio 1989 n.2644; Tribunale Milano 15 giugno 1989; Tribunale Milano 11 gennaio 1990; Cass. 25 agosto 1992 n.9839; Tribunale Milano 22 marzo 1993; Tribunale Roma 17 novembre 1993; Cass. 18 maggio 1996 n.4605 Cass., 14.2.1984, n. 1112, in Giust. civ., Mass. 1984; Cass., 12.11.1987, n.8335, in Giust. civ., Mass. 1987; Cass., 30.5.1989, n. 2644, in Foro it., 1989, I, 3127; Trib. Roma, 17.11.1993, in Gius, 1995, 150; Trib. Saluzzo, 29.1.1994, in Giur. it., 1994, I, 2, 639.). Sebbene, quindi, gli (154) In applicazione dei suddetti principi, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, ritenendo valida la clausola che prevedeva la corresponsione di "interessi attivi composti bancari" in un periodo in cui tale prassi era diffusa, ma non esistevano discipline vincolanti, aveva quantificato gli interessi in base al prime 60 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ La nullità in esame, poi, non può essere sanata dalle successive comunicazioni delle variazioni del tasso periodicamente inviate dalla banca al cliente; in tal caso, infatti, gli interessi vanno considerati come pattuiti senza la forma scritta essendo irrilevante che il contratto sia stato sottoscritto in epoca anteriore all'entrata in vigore della I. n. 154/1992 (cfr. Cass. 1.2.2002 n. 1287, 28.3.2002 n. 4490 e Cass. 18.4.2001 n. 5675). proprio, con l'effetto che può essere dedotto anche in sede di appello. (157) L’omologa nullità per divieto di rinvio agli usi ex art. 117, comma 6 T.U.B, rientra tra le nullità di protezione, a carattere relativo (art. 127 comma 2). Da ciò deriva che al contratto privato della clausola nulla si applicano gli interessi in misura legale e dunque: - in quella calcolata ex art. 1284 c.c. fino all’entrata in vigore della L. n. 154/92 (e quindi fino al 8-7-1992). Accertata la nullità del saggio uso piazza, per i contratti anteriori a tale data non può essere applicato quale tasso sostitutivo rispetto al saggio illegittimo quello previsto dall'art. 117 comma 7 d.lg. n. 358 del 1993: la norma suddetta è priva di effetti retroattivi, come stabilisce espressamente l'art. 161 comma 6 d.lg. 385 del 1993, in base a cui “I contratti già conclusi e i procedimenti esecutivi in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo restano regolati dalle norme anteriori” (Trib. 5.1. Il criterio sostitutivo legale di determinazione degli interessi. La nullità della clausola di rinvio agli usi ai sensi dell’art. 1346 c.c. è rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 1421 c.c. , senza porsi in contrasto con il principio della domanda ex artt. 99 e 112 c.p.c.: a fronte della richiesta di adempimento dell’obbligazione pecuniaria di origine negoziale giudice ne deve accertare il fondamento contrattuale anche in assenza di allegazioni difensive del convenuto ed anche in caso di contumacia (156). Ciò comporta, peraltro il rigetto della domanda monitoria in caso di domanda di interessi fondati sulla clausola nulla, con conseguente necessità di sospendere il ricorso con cui si richiede capitale ed interessi ultralegali, invitando al ricalcolo ed alla rideterminazione della somma dovuta, escludendo la concessione del decreto ingiuntivo sulla base del saldaconto o degli estratti senza allegazione del contratto. Trattandosi mera difesa e non un'eccezione in senso (157) Per le medesime considerazioni sugli interessi anatocistici illegittimi, TRAPUZZANO, op. cit., Giur. merito ,2010, 02, 561 s. : <<, nelle controversie aventi ad oggetto la pretesa di pagamento ovvero di ripetizione delle somme sborsate nell'ambito dell'attuazione di un contratto bancario di durata e, in specie, del conto corrente di corrispondenza, venendo in considerazione l'applicazione o l'esecuzione di un atto, la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda proposta, il giudice è tenuto a rilevarne l'eventuale nullità ex art. 1421 c.c. in qualsiasi stato e grado del giudizio, a prescindere dall'attività assertiva delle parti. In questi casi, la validità del negozio costituisce il presupposto per l'accoglimento della domanda, con la conseguenza che il rilievo d'ufficio della sua nullità è del tutto compatibile con il principio della domanda. Ciò accade in particolar modo nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo richiesto e ottenuto dalle banche.>>( (37) Cfr. tra le ultime Cass. 19 giugno 2008, n. 16621; Cass. 21 dicembre 2007, n. 27088; Cass. 10 ottobre 2007, n. 21141; Cass. 31 agosto 2007, n. 18453. interessi ultralegali dovessero essere convenuti per iscritto (art. 1284 c.c.), poiché la relatio è ammissibile anche nel contratto a forma vincolata, la pattuizione conserverebbe la sua validità. (156) ROSSETTI, Contratti, quando il giudice rileva la nullità, in D&G, 2004, f. 44, 30. 61 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ conto (saldi dare), che sono quelli che scaturiscono operazioni attive ed il tasso massimo ai saldi creditori (avere) che sono quelli che scaturiscono dalle operazioni passive. Infatti, l’art. 117, settimo comma, lett. a, D.Lgs. 385/’93 così dispone: In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del Tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive. Ci si può riportare agli argomenti spesi dal Tribunale di Napoli, III Sezione Civile, G.U. Troncone, 19 gennaio 2010. E’ chiaro che il legislatore, a mezzo dell’utilizzo dell’avverbio rispettivamente, ha collegato il tasso nominale minimo alle operazioni attive e quello massimo alle operazioni passive. E quest’ultime vanno determinate alla stregua delle comuni regole di tecnica bancaria e di diritto bancario, secondo cui le operazioni attive sono quelle di impiego fondi, ossia quelle che si concretizzano in operazioni di finanziamento alla clientela, come le aperture di credito in conto corrente, mentre le operazioni passive sono, invece, quelle di raccolta o provvista di fondi, che si concretizzano in operazioni di deposito in conto corrente con saldi a credito del correntista. Anche la Banca d'Italia nelle sue statistiche, come anche nelle istruzioni di vigilanza impartite alle banche, ricomprende fra le operazioni attive come anche per i tassi attivi - quelle che sono effettuate a debito del cliente e che apportano alla banca una componente attiva di reddito, mentre ricomprende fra le operazioni passive quelle a credito del cliente e a debito della banca. Bari, sez. I, 27 febbraio 2007, n. 548, in Guida al diritto, 2007, 46, 80). Invece, in forza della regola di cui all’art. 1419 c.c., opera la sostituzione della clausola difforme da una norma imperativa con il dettato della norma imperativa medesima. Gli interessi perciò andranno calcolati nella misura del tasso legale ex art. 1284 c.c.; - in quella calcolata in applicazione il criterio sostitutivo previsto dall’art. 5 l. 154/92 (sostituito poi dall’art. 117 VII co. lett. a del t.u.l.b. avente identico contenuto), dopo l’entrata in vigore di tale legge (nel caso di specie le norme applicabili ratione temporis sono gli artt. 4 e 5 della legge 154/92 in considerazione della protrazione della loro efficacia operata dall’art. 165 del d. lgs. 385/93 atteso che la delibera del CICR, cui la disposizione fa riferimento, è stata adottata solamente il 4/3/03, con efficacia dall’1/10/03 e, pertanto, solo da quest’ultima data è entrato in vigore l’art. 117 t.u.l.b.); da quel momento infatti la misura legale degli interessi, per i contratti bancari, deve ritenersi quella prevista dalle citate norme stante la specialità di tali disposizioni rispetto alla disciplina generale contenuta nell’art. 1284 c.c.. (C. Cost. n. 338 del 14.12.2009, Cassazione 1° marzo 2007, n. 4853, e Cassazione 21 dicembre 2005, n. 28302; nonché Tribunale ordinario di Cagliari, sentenza 27 maggio 2002, n. 1441, e Tribunale ordinario di Reggio Emilia, sentenza 17 novembre 2001). 5.2. L’art. 117 e l’individuazione delle <operazioni attive e delle operazioni passive>. Il criterio integrativo previsto dall’art. 5 della legge 154/92 deve essere interpretato, ai fini della concreta individuazione del tasso nominale minimo o massimo dei BOT emessi nei dodici mesi precedenti, nel senso dell’applicazione del “tasso minimo” ai saldi debitori del 62 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Peraltro, che sia questa la corretta interpretazione delle locuzioni ‘operazioni passive’ ed ‘operazioni attive’ è confermato anche: a.- dalla L. 154/’92, che, al suo art. 7, chiarisce cosa debba intendersi per operazione passiva, ricollegandone l’esistenza ad attività di versamento di denaro presso un ente creditizio [la norma, infatti, nell’occuparsi della decorrenza delle valute, così dispone: 1. Per le operazioni passive gli interessi sui versamenti presso un ente creditizio di denaro, di assegni circolari emessi dallo stesso ente creditizio e di assegni bancari tratti sullo stesso sportello presso il quale viene effettuato il versamento devono essere conteggiati con la valuta del giorno in cui è effettuato il versamento e sono dovuti fino a quello del prelevamento]; b.- dallo stesso D.Lgs. 385/’93, che, in tema di credito al consumo, all’art. 124, quinto comma, dispone che nei casi di assenza o nullità delle clausole contrattuali, queste ultime sono sostituite di diritto secondo i seguenti criteri: a) il TAEG [ossia il tasso annuo effettivo globale; tasso dell’interesse a debito del consumatore] equivale al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto.(158) Va disatteso, quindi, l’opposto orientamento, meno motivato, secondo cui <<tale criterio non potrebbe essere realizzato applicandosi in favore del cliente della banca il tasso massimo dei bot e nei confronti della banca il tasso minimo, poiché si configurerebbe per tale via un ingiustificato arricchimento del correntista ed un rapporto illogico ed antieconomico. Osserva in contrario il giudicante che la previsione de qua è particolare e limitata al meccanismo di sostituzione del tasso di interessi illegali; ha pertanto una sua specifica logica ed una sua propria. motivazione che prescinde dal generale profilo del rapporto tra banca ed utente, (v. pure Corte di Appello di Milano Sez. 4.2.2009>>,(Tribunale di Salerno sez. I Data: 08 settembre 2010 Numero: n. 1988, www.dejure.giuffre.it). 5.4. Il momento di determinazione del tasso BOT. L’interpretazione strettamente letterale dell'art. 117 del T.U.B. porterebbe ad applicare a tutto il rapporto il tasso BOT dei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto; ma ciò è ragionevole per i contratti bancari che contengono un'unica operazione di finanziamento; per i contratti di durata, ove le operazioni si susseguono nel tempo, vi è la necessità di agganciare la misura degli interessi al costo del denaro con riferimento al momento in cui le operazioni vengono effettuate . <<Per tali contratti, risultando il saggio di interesse soggetto a continue modifiche in funzione dei mutamenti del mercato, si ritiene che il valore minimo e massimo dei BOT debba essere riferito ai dodici mesi precedenti ogni chiusura dei conti (trimestrale o annuale).>> (ancora Tribunale di Napoli, III Sezione Civile, G.U. Troncone, 19 gennaio 2010) D'altra parte, una rigida applicazione del portato letterale dell'art. 117 del T.U.B. condurrebbe a soluzioni paradossali: con la discesa dei tassi intervenuta negli anni '90, si verrebbero a (158) Anche la giurisprudenza che ha affrontato la questione ha confermato la correttezza di tale interpretazione, come comprovano, tra le altre, le sentenze del Tribunale di Mantova dello 03.02.2004, del Tribunale di Lecce del 29.11.2005, l’ordinanza emessa dal Tribunale di Napoli, XII Sezione Civile, nell’ambito del proc. civ. rg. 22699/’06, nonché la recente sentenza del Tribunale di Napoli, IV Sezione civile, n. 7894/2008 del 19 giugno / 7 luglio 2008, Tribunale di Napoli, III Sezione Civile, G.U. Troncone, 19 gennaio 2010. 63 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ 6. Anatocismo trimestrale. praticare tassi oltremodo elevati, talvolta superiori anche ai tassi soglia disposti dalla legge 108/96: il tasso minimo dei BOT emessi nei dodici mesi precedenti il 9/7/92 (data di entrata in vigore della legge 154/92), pari a 11,88%, verrebbe a risultare maggiore, a partire dal '99, al tasso soglia stabilito dalla legge 108/96 per le aperture di credito superiori a Lit. 10 milioni. L'adeguamento del tasso ad ogni chiusura trimestrale del conto si giustifica,poi, alla stregua della considerazione secondo cui la previsione contenuta nell'art. 5 l. 154/92 e poi nell'art. 117 t.u.b. si riferisce ad un contratto contemplante un'unica operazione e non invece a quello che dà luogo (come nell'ipotesi del conto corrente) ad un rapporto di durata, caratterizzato da molteplici operazioni poste in essere nella continua variazione dei tassi di interesse a causa delle mutevoli condizioni del mercato (159) e capitalizzazione L’ art. 120, comma 2 t.u.b. attualmente prevede che <<Il CICR stabilisce modalita' e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivita' bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicita' nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori.>> E’ noto, invece, che In precedenza, la clausola dell’art. 7 delle NUB prevedeva per gli interessi debitori del cliente la capitalizzazione trimestrale e per quelli della banca la capitalizzazione annuale, per diversi decenni ritenuta valida dalla giurisprudenza che rilevava l’esistenza di un uso normativo legittimante la capitalizzazione trimestrale ai sensi dell’art. 1283 c.c. Alcune sentenze della Corte di Cassazione (Cass. 30.3.1999 n. 3096; Cass., 16.3.1999 n. 2374, entrambe in Foro it., 1999, I, 1153; nonché Cass., 11.11.1999 n. 12507, in Foro it., 2000, I, 451 e definitivamente Cass., Sez. Un., 4.11.2004 n. 21095), innovando l’ indirizzo giurisprudenziale radicato in precedenza, hanno invece dichiarato la nullità della clausola sostenendo, in senso contrario, l’inesistenza di tale uso normativo. (160,161). (159) Tanto che la facoltà di variazione dei tassi è prevista in via generalizzata e con modalità semplificate dagli artt. 6 l. 154/92 e 117 comma 5 del TUB), dovendosi inoltre tenere conto del fatto che la finalità sanzionatoria (per la banca) che sta alla base delle predette disposizioni, verrebbe ad essere frustrata in caso di difformità per eccesso fra il tasso calcolato in relazione al rendimento dei B.O.T. emessi nell'anno antecedente alla stipula del contratto e quello in concreto applicato dall'istituto di credito durante il corso del rapporto (eventualità che si risolve in certezza ove si consideri la progressiva caduta, nel corso degli ultimi anni, dei tassi di interesse, fenomeno che ha indotto il legislatore a intervenire in materia di mutui bancari come si desume dal preambolo al d.l. 29-12-2000 n. 394): d'altro canto, la finalità perseguita dal legislatore con gli artt. 5 l. 154/92 e 117 del T.U.B. è stata proprio quella di ancorare il tasso sostitutivo degli interessi ad un altro in qualche modo legato all'andamento del mercato dei tassi. >> Tribunale di Napoli, III Sezione Civile, G.U. Troncone, 19 gennaio 2010) (160) Il ragionamento seguito dalla Suprema Corte è fondato sui seguenti punti: a) l’art. 1283 c.c. prevede il generale divieto di anatocismo e cioè della produzione di interessi sugli interessi, salvi gli usi contrari; b) tali “usi contrari” sono esclusivamente quelli normativi, di cui agli artt. 1 e 8 delle disposizioni preliminari al c.c. e non gli usi negoziali di cui all’art. 1340 c.c.; i quali, pertanto, potranno derogare alla norma di legge solo se formatisi prima della medesima, altrimenti sottostando al principio per cui gli usi sono fonte sempre subordinata alla legge; c) gli usi normativi consistono nella ripetizione 64 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ E’ iniziata, quindi, una travagliata vicenda normativa,in virtù della quale prima l’art. 25, comma III, del D.lgs. n. 342/1999 ha previsto la validità ed efficacia retroattiva delle “clausole relative alla produzione degli interessi sugli interessi maturati contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma II” .Tale norma, tuttavia, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di delega in contrasto con l’art. 77 Cost. da Corte Costituzionale n. 425 del 17.10.2000. Il CICR ha provveduto, con la delibera del 9.2.2000, entrata in vigore il 22.4.2000, ad eseguire le direttive di cui all'art. 25, co. 2° d.lg. 342/99, stabilendo, in particolare, che: 1) in tutti i rapporti deve essere indicata la periodicità di capitalizzazione degli interessi; 2) le clausole di capitalizzazione degli interessi devono essere approvate specificamente per iscritto, ai sensi dell'art. 1341 c.c.; 3) nei rapporti di conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nella capitalizzazione degli interessi creditori e debitori. Ne consegue che, nel rispetto di tali previsioni contrattuali, dall'1.7.00 - data indicata nella stessa delibera del CICR - la clausola anatocistica deve ritenersi valida. generale, uniforme, costante e pubblica di un determinato comportamento, accompagnata dalla convinzione che si tratti di un comportamento giuridicamente obbligatorio, e cioè conforme ad una norma che esiste o che si ritiene debba esistere nell’ordinamento (la opinio iuris ac necessitatis); d) non esiste un uso normativo legittimante l’anatocismo trimestrale nei rapporti bancari, sia da un punto di vista oggettivo (perché tale clausola è stata prevista per la prima volta nelle norme bancarie uniformi del 1952) sia da un punto di vista soggettivo (perché l’anatocismo è consentito dai clienti delle banche non nella consapevolezza di esservi vincolati da una norma giuridica ma solo in quanto la relativa clausola è compresa nei moduli predisposti dal contraente forte, istituto di credito). (161) Con tale revirement giurisprudenziale di legittimità la clausola del contratto di c/c di previsione di un cd. “doppio binario di capitalizzazione degli interessi debitori (trimestrale per il correntista ed annuale per la banca: cfr. il contratto di c.c.) è stata definitivamente considerata nulla per contrarietà alla norma imperativa di cui all’art. 1283 c.c. (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n.10127 del 2005; Cass. N. 10599/2005; Cass. S.U. n. 21095/2004; Cass. N. 2593/2003; Cass. N. 17813/2002; Cass. N. 8442/2002; Cass. N. 4490/2002; C.Cost. n. 425/2000; per la giurisprudenza di merito cfr. Trib Torino 7.1.2003; Trib. Napoli 27.11.2002; Trib Roma 8.11.2002; Corte App. L’Aquila 11.6.2002, cfr. negli stessi termini Trib. Mantova sentenza 16.1.2004; Corte d’Appello Milano, sent. del 28.1.2003 citata; cfr. C. App. Torino 21.1.2002). Sono intervenute ulteriori sentenze della Suprema Corte, le quali hanno confermato l’orientamento citato, estendendolo anche ad altre ipotesi di anatocismo (cfr. Cass., 17.4.1999 n. 3845, in Foro it., 1999, I, 1429, in relazione all’anatocismo nel caso di interessi moratori; Cass., 18.9.2002 n. 17813, in Guida dir., 2003, fasc. 3, 46, in materia di clausole penali che consentissero la riproduzione del meccanismo anatocistico; Cass., 23.10.2002 n. 2593, in Guida dir., 2003, fasc. 10, 40, in relazione all’anatocismo nei contratti di mutuo ad ammortamento e che ben motiva altresì sull’impossibilità della formazione, in tale materia, di usi contrari successivi al 1942. Alcune sentenze dei giudici di merito che hanno ritenuto invece, in contrario avviso, di ammettere l’uso normativo in questione (cfr. Trib. Napoli, 5.11.2001, in Banca, Borsa e Titoli di Credito, 2002, 580 ss.; ma anche Trib. Napoli, sezione distaccata di Portici, 24.4.2002, inedita; Trib. Firenze, 8.1.2001, in Foro it., 2001, I, 2362, sul presupposto dell’inutilità ai fini della formazione della consuetudine dell’elemento dell’opinio iuris; Trib. Bari, 28.2.2001, in Foro it., 2001, 2361; ma vide in senso conforme all’orientamento della Suprema Corte anche Trib. Terni, 16.1.2001, in Foro it., 2001, 1772; Corte App. Lecce, 22.10.2001 in Foro it., 2002, 555; Trib. Napoli, 17.12.2002; Trib. Napoli 27.11.2002; Trib. Torino 14.11.2002; Trib. Roma, 8.11.2002; Trib. Milano, 4.7.2002, tutte in Giur. merito, 2003, 243) (A. Greco, Il contenzioso bancario, cit.) 65 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ scritta del contratto, non potendo la banca modificare unilateralmente l’assetto negoziale attraverso gli adempimenti indicati. (164) 6.1. Le modalità di adeguamento alla delibera CICR. Restava, però il problema dei contratti in corso che prevedevano la clausola nulla. Per questi contratti è stata ritenuto ammissibile l’adeguamento del contratto entro il 30 giugno 2000 (art. 7 della delibera CICR) citata semplicemente procedendo alla pubblicazione sulla G.U. delle modifiche delle condizioni contrattuali necessarie per adeguarsi alla normativa sopravvenuta ed informando per iscritto il cliente circa l’assolvimento di tale formalità. La tesi appare condivisibile perché essendo reciproca la capitalizzazione trimestrale,la clausola non sarebbe sfavorevole al cliente perché consente l’adeguamento mediante pubblicazione in GU e comunicazione scritta al cliente delle nuove condizioni contrattuali non peggiorative del cliente (162),(163) Secondo una diversa tesi minoritaria, invece, sarebbe necessaria una modifica 6.2. Capitalizzazione nessuna capitalizzazione. annuale Uno degli aspetti che restavano controversi era quello delle conseguenze della declaratoria di nullità della clausola conforme all’art. 7 N.U.B.: esclusa la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, il ricalcolo delle somme dovute alla banca doveva avvenire con la capitalizzazione annuale o escludendo qualsiasi capitalizzazione? Di recente sul punto si sono espresse le Sezioni Unite con la sentenza del 2 dicembre 2010, n. 24418, aderendo alla seconda tesi . Superandosi il precedente contrasto giurisprudenziale (evidente in distretti come quello della Corte di Appello di Napoli, ove i giudici di primo grado aderivano prevalentemente alla tesi della non capitalizzazione e la Corte di Appello a quella della capitalizzazione annuale), la Corte di Cassazione, quindi, ha chiarito l’infondatezza di altro argomento difensivo delle banche, collegato al contenuto della clausola secondo cui essendovi una duplice previsione contrattuale di chiusura contabile annuale del conto e, quindi, anche degli interessi e di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, la caducazione di quest’ultima, non si potrebbe estendere alla prima; in altre parole, si tratterebbe di una doppia clausola, venuta meno la (162) cfr. anche A. GRIECO, Il contenzioso bancario, cit. (163) L’art. 7 della citata Delibera C.I.C.R. dispone che: “1. Le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30/6/00 e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1° luglio. 2. Qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30/6/00, possono provvedere all’adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile, e, comunque, entro il 30/12/00. 3. Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela.” (164) In tale ambito v’è una tesi la quale afferma che, a seguito della declaratoria di incostituzionalità del comma 3° dell’art. 25 del decreto legislativo n. 342 del 1999, sarebbe caducato anche l’art. 7 della delibera CICR, per cui per adeguare i contratti sarebbe necessario sottoscrivere un nuovo accordo che contempli una variazione in tal senso del contenuto negoziale Trib. Torino, 5 ottobre 2007, in Foro It., 2008, I, 646). 66 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari o Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ quale resterebbe l’altra. (165). Le SU, invece, affermano che la prima clausola si riferisce esclusivamente agli interessi creditori del correntista. Viene respinta, quindi, la tesi di alcuni tribunali di merito, secondo cui dall’art. 1284 c.c. sarebbe desumibile un principio di capitalizzazione annuale degli interessi su conti correnti bancari. L’art. 1284, comma 1 c.c. sembra, infatti, costituire una norma volta esclusivamente ad imporre un criterio temporale uniforme di scansione per la determinazione dei saggi di interesse, mentre non sembra potersi univocamente dedurre una regola di capitalizzazione sulla base dell’unitàanno. Di qui necessità di non applicare nel calcolo alcun criterio di capitalizzazione. Il debito per interessi (anche quando sia stata adempiuta l'obbligazione principale) non si configura come una qualsiasi obbligazione pecuniaria, dalla quale derivi il diritto agli ulteriori interessi dalla mora nonché al risarcimento del maggior danno ex art. 1224 comma II cod. civ., ma resta soggetto alla regola dell'anatocismo di cui all'art. 1283 cod. civ., derogabile soltanto dagli usi contrari ed applicabile a tutte le obbligazioni aventi ad oggetto originario il pagamento di una somma di denaro sulla quale spettino interessi di qualsiasi natura. 7. Commissione di massimo scoperto. La commissione di massimo scoperto è altro aspetto critico dei rapporti bancacliente. Nella pratica le banche sono ricorse a diversi modelli di C.M.S: a) una commissione di mancato utilizzo (c.m.u.) rilevata e percepita in principio trimestralmente, consistente in una somma espressione di una percentuale calcolata sull'accordato al netto dell'utilizzato (se l'accordato è 100 ed il cliente nulla ha utilizzato, la base di calcolo sarà 100; se il cliente ha utilizzato 60 la base di calcolo sarà 40). La commissione sull’accordato avrebbe la funzione di compensare la disponibilità del denaro che la banca si impegnava mantenere in favore del cliente, e quindi i costi industriali e finanziari di essa; essa non era confondibile con gli interessi, perché prescindeva dall'effettivo utilizzo della liquidità, dando un autonomo valore alla messa a disposizione della somma non utilizzata. b) una "commissione di massimo scoperto (c.m.s.), molto più frequente, sempre rilevata e percepita di regola trimestralmente, sull'ammontare massimo dell'utilizzo nel trimestre, quando questo ammontare massimo di utilizzo sia durato un minimo di tempo (in genere 3, 6, 10 giorni, ma anche talora un giorno soltanto). La c.m.s. è calcolata sul picco massimo della somma prelevata dal cliente in certo arco temporale, in genere il trimestre, con la funzione di remunerare la banca non tanto per (165) LA S.C. ha rilevato, infatti che l'art. 7 del contratto esaminato (più verosimilmente basato sulle N.U.B.) da cui origina la presente causa contiene due commi: il primo prevede la chiusura contabile annuale dei rapporti di dare ed avere tra le parti, con registrazione in conto degli interessi, delle commissioni e delle spese; il secondo stabilisce che i conti anche saltuariamente debitori siano invece chiusi trimestralmente, quindi con capitalizzazione trimestrale degli interessi maturati nel periodo a carico del correntista, ferma restando la capitalizzazione annuale di quelli eventualmente spettanti a suo credito. Secondo la Corte di legittimità non è sostenibile, infatti, che la disposizione contrattuale, nel prevedere la capitalizzazione annuale degli interessi, si riferisca anche a quelli eventualmente maturati a debito del correntista e che, perciò, venuta meno la previsione del comma 2, che assoggetta invece tali interessi debitori alla capitalizzazione trimestrale, debba trovare applicazione per essi la capitalizzazione annuale, perché il secondo comma regola specificamente gli interessi debitori, mentre il comma 1 è limitato agli interessi a credito del correntista. Non vi è quindi una estensione della nullità dal secondo al primo comma, ma una irrilevanza del primo comma. 67 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ disponibilità concessa al cliente (il c.d. accordato), quanto piuttosto per quella dallo stesso effettivamente utilizzata. c) raramente, le banche applicano congiuntamente entrambe.(166) Talvolta la c.m.s. è stata applica in casi diversi dai contratti di apertura di credito in conto corrente, ma anche riferimento ai fidi di fatto (c.d. scoperture e sconfinamenti di conto corrente). La commissione di massimo scoperto (c.m.s.) non è definita dalla legge e tradizionalmente non lo è mai stata neppure nei contratti. Le NUB (art. 7, comma 3) citavano solo la c.m.s. sottolineando che, come altre voci di costo, essa era regolata da <<i criteri concordati con il correntista o usualmente praticati dalle banche sulla piazza con le valute indicate nei documenti contabili o comunque negli estratti conto>>.(167) Le Istruzioni della Banca d'Italia precedenti al 2009 descrivevano la c.m.s. ("Metodologia di calcolo della percentuale della commissione di massimo scoperto" v. Istruzioni, Sez. I, C/5), riferendosi ad una delle sue forme: "Tale commissione nella tecnica bancaria viene definita come il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto. Tale compenso - che di norma viene applicato allorché il saldo del cliente risulti a debito per oltre un determinato numero di giorni - viene calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento" (ovvero sulla punta massima di utilizzo del credito nel trimestre). 7.1. Profili causali. La c.m.s. potrebbe avere una giustificazione causale nella remunerazione della banca della semplice messa a disposizione della somma, cosa che comporta astrattamente la conservazione della disponibilità e, quindi, un costo finanziario per l’impresa bancaria Si è osservato, che la commissione <<sul credito accordato può astrattamente rinvenire la sua funzione nell’esigenza di riconoscere un corrispettivo per la banca in relazione all’effettiva erogazione di fondi ovvero alla messa a disposizione dei fondi stessi, con il conseguente obbligo di erogazione del credito a carico della banca, a richiesta del cliente: nel primo caso sarebbe assimilabile assimilabile agli interessi passivi, nel secondo rappresenterebbe un corrispettivo autonomo dagli interessi.>> (168 Tale alternativa è stata evidenziata dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 870 del 18 gennaio 2006), definendola come la remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente (166). In tale senso la C.M.S. è intesa come un onere per il cliente medesimo, a fronte dell'impegno della banca di mantenere la predetta riserva di denaro, venendo anzi a definire "il prezzo complessivo che il cliente della banca deve sostenere per sottoscrivere un contratto di apertura di credito" (INZITARIDAGNA, Commissioni e spese nei contratti bancari, Cedam, 2010, p. 7; App. Lecce, 22 ottobre 2001, in Riv. dir. comm., 2002, II, p. 251). SI critica , in vece, l’impiego della C.M.S., come remunerazione della banca per il capitale effettivamente messo a disposizione del cliente (TATARANO, La commissione di massimo scoperto : profili giusprivatistici, ESI, 2004, p. 39; MACCARONE, Le operazioni bancarie in conto corrente, in Giur. banc., 1989, 6-7, p. 184), con conseguenze dirompenti sulla sistematica dell'istituto. (167) In seguito alla circolare del 3 febbraio 1995 dell’A.B.I., che ha dettato le nuove norme per i contratti di corrispondenza e servizi connessi, nell’intestazione della proposta contrattuale predisposta per il cliente è stato previsto uno spazio per l’indicazione dell’ammontare della commissione di massimo scoperto. (168) GRIECO, op. cit. 68 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ dall'effettivo prelevamento della somma, osservando che "o tale commissione è un accessorio che si aggiunge agli interessi passivi - come potrebbe inferirsi anche dall'esser conteggiata, nella prassi bancaria, in una misura percentuale dell'esposizione debitoria massima raggiunta, e quindi sulle somme effettivamente utilizzate, nel periodo considerato che solitamente è trimestrale - e dalla pattuizione della sua capitalizzazione trimestrale, come per gli interessi passivi o ha una funzione remunerativa dell'obbligo della banca di tenere a disposizione dell'accreditato una determinata somma per un certo periodo di tempo (e, quindi, costituire un corrispettivo autonomo dagli interessi), indipendentemente dal suo utilizzo come sembra preferibile ritenere anche alla luce della circolare della Banca d'Italia del primo ottobre 1996 e delle successive rilevazioni del cd. tasso di soglia, in cui è stato puntualizzato che la commissione di massimo scoperto non deve esser computata ai fini della rilevazione dell'interesse globale di cui alla legge 7 marzo 1996 n. 108, ed allora dovrebbe esser conteggiata alla chiusura definitiva del conto –“ (cfr. in tal senso anche Cass., sez. III, 6 agosto 2002, n. 11772). Sono, però le modalità di applicazione della c.m.s. da parte del sistema bancario hanno acuito i dubbi sulla sua legittimità. mancherebbe la giustificazione causale, perché la messa a disposizioni rientrava già nello schema causale dell’apertura di credito con fido e la commissione sull’utilizzazione era un costo che si aggiungeva senza ragione alla prestazione di interessi (Trib. Monza, 12 dicembre 2005 (nt. 2); Trib. Milano, 4 luglio 2002 (nt. 2), Tribunale Salerno, sez. I, 12/06/2009, n. 1412), (169) Altra giurisprudenza aveva sanzionato la commissione per l’indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto ex art. 1348 c.c., non essendo indicate le Lo stesso Tribunale Salerno, sez. I, 1/06/2009 aveva in senso opposto evidenziato che, sebbene dal punto di vista operativo la prassi bancaria attuasse una impropria simbiosi tra le due prestazioni a carico del cliente (giacché la c.m.s. come sistema di calcolo veniva parametrata all’interesse, procedendo poi ad una capitalizzazione della somma a tale titolo dovuta su base trimestrale a chiusura del conto debitore esattamente negli stessi termini di quella adottata per gli interessi), la commissione di massimo scoperto, in ragione della sua natura e della sua funzione, non potesse, a differenza dell'anatocismo, in alcun modo essere considerata una componente del tasso di interesse o una modalità del calcolo dello stesso. (169) In dottrina v. DOLMETTA e MUCCIARONE (nt. 4), 377 s.; INZITARI, Diversa funzione della chiusura nel conto ordinario e in quello bancario. Anatocismo e commissione di massimo scoperto , in questa Rivista, 2003, II, 470 s.; M. TATARANO, La commissione di massimo scoperto . Profili giusprivatistici2, Napoli, 2007, part. 55 ss.; DE POLI, Costo del denaro, commissione di massimo scoperto ed usura, in Nuova giur. civ. comm., 2008, II, 353 ss. Individuano invece il fondamento causale della commissione sempre nella disponibilità del denaro, ma senza inferire la nullità della clausola che la prevede, SOLINAS, La commissione bancaria, in Contr. e impr., 2002, 658 s., e, in giurisprudenza, Cass., 18 gennaio 2006, n. 870, in Foro it., 2006, I, 1762; Cass., 6 agosto 2002, n. 11772; Trib. Firenze, 17 febbraio 2004, in questa Rivista, 2006, II, 389; v. altresì GHIGLIOTTI, Oscillazioni giurisprudenziali sugli interessi bancari e recenti pronunce sulla commissione bancaria di massimo scoperto , in Foro pad., 2002, I, 438 7.1.2. La tesi della nullità della c.m.s. Infatti, è stato sostenuto, da una parte della giurisprudenza di merito, che la c.m.s. deve essere considerata nulla per mancanza di causa, sia perché in modo tranchant si è detto che si sostanzia in un ulteriore e non pattuito addebito di interessi corrispettivi rispetto a quelli convenzionalmente previsti per l’utilizzo dell’apertura di credito (Trib. Milano 4.7.2002 e Trib. Lecce 11.2.2005) sia perché si è sostenuto che ne 69 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ modalità di calcolo praticate (Trib. Monza, 12 dicembre 2006; Trib. Milano, 4 luglio 2002, Trib. Genova 18.10.2006) o per mancata osservanza della forma scritta prescritta dall’art. 117, co.4, del TUB (Cass. 14.5.2005, n. 10127). surrettiziamente il tasso di interesse debitore).>> (Tribunale di Torre Annunziata, Sezione Distaccata di Castellammare di Stabia, 29 aprile 2007). Proprio l’intervento di Cass. n. 870 del 2006, avrebbe portato, secondo alcuni (171) a ritenere che la Corte di legittimità ne abbia ormai riconosciuto la validità. 7.1.3. La tesi della validità solo in relazione allo scoperto di conto. Una terza tesi sostiene che la c.m.s. può ritenersi sorretta da una causa lecita solo se parametrata sullo scoperto di conto, essendo invece priva di causa se prevista anche l’utilizzato nel limite dell’affidamento (170). Parte della dottrina, invece, ne aveva escluso la validità in assenza di fido per la mancata messa a disposizione della somma in favore del cliente (Inzitari). 7.1.5. Le tesi validità della c.m.s. dottrinarie della Parte della dottrina nella c.m.s. in parola la ricompensa per il costo che la banca deve sopportare per far fronte a richieste di denaro improvvise ed eccedenti la normale media di utilizzazione dell'affidamento: i picchi di utilizzo di breve durata sono remunerati in misura assai modesta dagli interessi, ma costringono l'istituto finanziatore, che eroga il prestito sulla base di un calcolo di ricorso "medio" alla somma messa a disposizione, ad uno sforzo ulteriore e a costi aggiuntivi, che proprio la commissione di massimo scoperto sarebbe chiamata a premiare;si tratterebbe di una remunerazione per l’elasticità del fido (172). A ciò si è obiettato che la sola utilità economica non assorbita dal concreto godimento del denaro, riscontrabile in un rapporto di finanziamento in conto corrente, è rappresentata dalla costante disponibilità della somma, anche quando non utilizzata, entro il limite dell'affidamento concesso, cosa che rappresenta un vantaggio per il cliente, satisfattorio di un interesse del tutto autonomo e indipendente dalla misura del concreto ricorso al denaro affidato, fermo restando, però che le modalità concrete di applicazione, sull’utilizzo non erano congruenti con tale scopo (M. Cian, Il 7.1.4. La tesi della validità della c.m.s. Altre pronunce hanno affermato che sarebbero valide solo le commissioni di affidamento e dovrebbero essere computate solo ed unicamente nel caso in cui il cliente non abbia mai utilizzato l'apertura di credito (cfr. App. Lecce 27 giugno 2000). Si è inoltre sottolineato che <<. La Suprema Corte ha definito la commissione di massimo scoperto come “remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma”) Cass., Sez. I, n. 870 del 2006). Avendo tale clausola una specifica funzione meritevole di tutela essa si sottrae a censure di validità quando non vi sono elementi certi per desumere che essa si configuri come negozio in frode alla legge (es. quando in realtà sia economicamente diretta ad innalzare (170) Trib. Mondovì, 17 febbraio 2009, in Giur. Merito 2009, 4, 973, in questo senso sostanzialmente anche Tribunale di Ascoli Piceno il 4/02/2010, Trib. Teramo 18/01/2010, n. 84. (171) GRIECO, op. cit., p. 31. (172) FERRO-LUZZI, Ci risiamo (a proposito dell'usura e della commissione di massimo scoperto, in Giur. comm., 2006, I, 673. 70 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido. Sono altresì nulle le clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, salvo che il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme sia predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata dell'affidamento richiesto dal cliente e sia specificatamente evidenziato e rendicontato al cliente con cadenza massima annuale con l'indicazione dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, fatta salva comunque la facoltà di recesso del cliente in ogni momento”. Non è difficile constatare come la norma sia solo apparentemente repressiva della c.m.s, perché pur qualificando nulle le clausole contrattuali che prevedono la c.m.s., di fatto, riconosce la validità della stessa a certe condizioni. Dalla lettura della norma appare evidente che il legislatore abbia inteso disciplinare due distinte commissioni. Infatti la prima parte del co.1 si occupa chiaramente della commissione di massimo scoperto (da calcolarsi sul picco del credito effettivamente utilizzato dal cliente), introducendo due punti innovativi, e precisamente: a) fissazione ex lege del limite temporale minimo (30 giorni) di esposizione a debito per la corresponsione della CMS da parte del cliente (laddove in passato, come si è evidenziato, anche costo del credito bancario alla luce dell'art. 2-bis l. 2/2009 e della l. 102/2009: commissione di massimo scoperto , commissione di affidamento, usura, BBTC, 2010, 02, 182). Certo è che della commissione veniva fatto un uso discutibile, che gli importi della c.m.s. sono rapidamente saliti con il decrescere dei tassi di interesse e che i margini di utile delle banche derivanti dalla c.m.s. percentualmente incrementati di molto. Il Governatore della Banca d’Italia espresse, quindi l’auspicio di procedere alla sostituzione della commissione di massimo scoperto (“un istituto poco difendibile sul piano della trasparenza”), con “una commissione commisurata alla dimensione del fido accordato, come avviene in altri paesi.”. Anche l’Autorità garante per la concorrenza è intervenuta, aprendo anche diversi procedimenti di illegittimità della pratica commerciale. Gli istituti di credito coinvolti presentarono ciascuno una proposta di assunzione di impegni ai sensi dell’art. 27, comma 7°, del codice del consumo; la successiva accettazione degli impegni assunti dalle banche determinò tuttavia la chiusura del procedimento. 7.2. La normativa del 2009. Lo stato del dibattito ha portato all’emanazione di due interventi normativi in materia. Il primo costituito dal decreto legge 20 novembre 2008 n. 185, convertito in legge 28 gennaio 2009 n. 2 e, il secondo, dal decreto legge 1 luglio 2009 n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009 n. 102. La cattiva fattura dell'art. 2-bis della legge n. 2 del 28 gennaio del 2009, si contraddistingue per una cattiva qualità che ne rende particolarmente problematica l'interpretazione. Il co. 1 così recita: “Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto se il saldo del cliente risulti a debito per un 71 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ l’utilizzo limitato ad un solo giorno avrebbe determinato il suo calcolo); b) applicabilità della CMS solo ad alcuni contratti riconducibili all'apertura di credito e comunque solo sul fido effettivamente utilizzato nell’ambito dell’affidamento accordato, escludendo, quindi, ogni applicazione della commissione sugli scoperti di conto corrente e sugli sconfinamenti eventualmente tollerati dalla banca oltre l'ammontare dell'affidamento. Si tratta, quindi, di una remunerazione accessoria rispetto agli interessi passivi. La seconda parte del co. 1 dell'art. 2bis disciplina, invece, la provvigione d'affidamento (“quale corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme” e, dunque, indipendente dall'utilizzo delle somme messe a disposizione), riconoscendone la validità, a condizione che il corrispettivo sia: a) predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate; b) oggetto di patto scritto non rinnovabile tacitamente; c) determinato in misura onnicomprensiva rispetto ad ogni altra voce di costo; d) determinato in misura proporzionale all'importo credito accordato) ed alla durata dell'affidamento richiesto dal cliente. Per apparente paradosso, quindi, la c.m.s. è stata di fatto legittimata sotto entrambi i profili in precedenza contestati (173). Dopo poco l’entrata in vigore della norma ora descritta, si è registrato un ulteriore intervento legislativo sul tema. Infatti, l'art. 2, co. 2, del d.lgs. 1 luglio 2009, n. 78 ha aggiunto all'ultimo periodo del co. 1 dell'art. 2-bis l. n. 2/09 la previsione secondo cui l'ammontare del corrispettivo onnicomprensivo di cui al periodo precedente non può comunque superare lo 0,5%, per trimestre, dell'importo dell'affidamento, a pena di nullità del patto di remunerazione. Il legislatore ha poi: • fissato (con il secondo intervento normativo) un tetto nell’ammontare del corrispettivo (per contenere gli immediati effetti di aumento dei costi per gli utenti); • regolamentato il calcolo dei giorni valuta con effetto dal 1 aprile 2010; • previsto che la c.m.s. deve entrare nel calcolo del TEG, facendo peraltro salve le precedenti rilevazioni che non ne hanno tenuto conto; • stabilito un termine per l’adeguamento dei contratti in corso alle disposizioni sopravvenute. 7.3. Commissione di scoperto e tasso usurario. massimo Una questione di bruciante attualità nel contenzioso bancario è quella della computabilità della c.m.s. nel T.E.G. ai fini del rispetto della normativa antiusura. Due sentenze della Corte di Cassazione penale hanno affermato che la c.m.s. va sommata al saggio di interesse (Sez. 2, Sentenza n. 28743 del 14/05/2010 Ud. (dep. 22/07/2010 ) Rv. 247861 ): <<Nella determinazione del tasso di interesse, ai fini di verificare se sia stato posto in essere il delitto di usura, occorre tener conto, ove il rapporto finanziario rilevante sia con un istituto di credito, di tutti gli oneri imposti all'utente in connessione con l'utilizzazione del credito, e quindi anche della "commissione di massimo scoperto", che è costo indiscutibilmente legato all'erogazione del credito.>> (conforme N. 12028 del 2010 Rv. 246729). Gli arresti di legittimità si fondano, innanzitutto, su due argomenti letterali. Il primo fondato sull’art. 644, comma 4°, c.p., il quale prevede che per la determinazione del tasso di interesse usurario (cd. “tasso soglia”) si tiene conto delle commissioni, delle remunerazioni a (173) GRIECO, op. cit. 72 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ qualsiasi titolo e delle spese ( escluse imposte e tasse) collegate con l’erogazione del credito. La Corte ricorda che il T.E.G. viene determinato mediante una procedura amministrativa: <<A norma della L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4 "il limite previsto dall'art. 644 c.p., comma 3, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà." Lo stesso art. 2, ai commi 1 e 2 prevede le modalità di svolgimento della procedura amministrativa per la determinazione del limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, devolvendo al Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei Cambi, il rilievo del <<tasso effettivo globale medio>>. Affermano le due citate sentenze di legittimità che <<la norma di cui all'art. 644 c.p. si presenta come una norma penale parzialmente in bianco, in quanto per determinare il contenuto concreto del precetto penale è necessario fare riferimento ai risultati di una complessa procedura amministrativa. Se tale procedura non venisse portata a termine, con la pubblicazione trimestrale dei Decreti del Ministro del Tesoro (attualmente dell'Economia e delle Finanze) portanti la rilevazione dei tassi globali medi, il reato non sarebbe punibile per la mancanza di un elemento essenziale, integrativo della condotta, fatta salva l'ipotesi dell'abuso dello stato di bisogno.>>I dubbi di costituzionalità della norma per il rinvio alle fonti amministrative con violazione della riserva di legge <<la suddetta legge indica analiticamente il procedimento per la determinazione dei tassi soglia, affidando al Ministro del tesoro solo il limitato ruolo di "fotografare", secondo rigorosi criteri tecnici, l'andamento dei tassi finanziari. Non v'è dubbio che la legge abbia determinato con grande chiarezza il percorso che l'autorità amministrativa deve compiere per "fotografare" l'andamento dei tassi finanziari. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20148 del 18/03/2003 Ud. Rv. 226037). La sentenza n. 28743 del 14/05/2010(dep. 22/07/2010, Rv. 247861 ), ricorda sia l’esclusione da parte delle Istruzioni della Banca d’Italia della c.m.s. dal calcolo del TEG sia il fatto che <<fin dal primo decreto (D.M. 22 marzo 1997) il Ministro del Tesoro determinava la tabella dei tassi di interesse effettivi globali medi, precisando che "i tassi non sono comprensivi della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata".>>, evidenziando le perplessità emerse nella correttezza del calcolo del TEG che esclude la C.M.S. operato dalla Banca d’Italia, alla luce del <<chiaro tenore letterale dell'art. 644 c.p., comma 4 (secondo il quale per la determinazione del tasso di Interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per Imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito) impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito. Tra essi rientra indubbiamente la Commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo indiscutibilmente collegato all'erogazione del credito, giacché ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente, e funge da corrispettivo per l'onere, a cui l'intermediatario finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente. Ciò comporta che, nella determinazione del tasso effettivo globale praticato da un intermediario finanziario nei confronti del soggetto fruitore del credito deve tenersi 73 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108. >> (2 bis del decretolegge 29 novembre 2008 n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009 n. 2 (c.d. decreto “anticrisi”):)la norma, quindi, fornisce un’interpretazione autentica di segno diametralmente opposto rispetto a quello sostenuto dal citato indirizzo di legittimità; l’indirizzo avversato, inoltre, omette di considerare che le Istruzioni della Banca d’Italia dell’agosto del 2009 in materia di rilevazione del TEG – le quali ora esplicitamente includono la CMS nel calcolo del TEG - per il periodo transitorio prevedono espressamente che <<fino al 31 dicembre 2009, al fine di verificare il rispetto del limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, gli intermediari devono attenersi ai criteri indicati nelle Istruzioni della Banca d'Italia e dell’UIC pubblicate rispettivamente nella G.U. n. 74 del 29 marzo 2006 e n. 102 del 4 maggio 2006.>> (che escludevano il computo) ed ancora, <<Nel periodo transitorio restano pertanto esclusi dal calcolo del TEG per la verifica del limite di cui al punto precedente (ma vanno inclusi nel TEG per l’invio delle segnalazioni alla Banca d’Italia): a) la CMS e gli oneri applicati in sostituzione della stessa, come previsto dalla legge 2 del 2009 (omissis)>>. Vanno anche considerati altri aspetti che sembrano portare ad escludere la commutabilità della c.m.s nel tasso usura prima del 2009. Innanzitutto, va considerato che il TEG non comprende la c.m.s., ma essa veniva comunemente applicata dalle banche e conto anche della commissione di massimo scoperto, ove praticata. Il secondo argomento trae origine dalla inclusione della c.m.s. nel TEG operata nel 2009. L’art. 2 bis, comma 2 del d.l.. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con la L. 28 gennaio 2009, n. 2. prevede che "gli interessi, le commissioni, le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente (..) sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'art. 1815 c.c., dell'art. 644 c.p. e della L. 7 marzo 1996, n. 108, artt. 2 e 3". Anche le nuove Istruzioni della Banca d’Italia dell’agosto 2009 per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull'usura. Prevedono al punto C.4 (trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG) sono indicate (sub 7) fra le varie voci da comprendere nel calcolo che: "gli oneri per la messa a disposizione dei fondi, le penali e gli oneri applicati nel caso di passaggio a debito di conti non affidati o negli sconfinamenti sui conti correnti affidati rispetto al fido accordato e la commissione di massimo scoperto laddove applicabile secondo le disposizioni di legge vigenti". Non vi sono più dubbi, quindi sul fatto che oggi la c.m.s. rientri nel calcolo del TEGM. Questo non prova però che la norma sia interpretativa del quadro giuridico pregresso. Chi scrive (Tribunale di Napoli, Sezione Distaccata di Frattamaggiore - ordinanza ex 186 ter c.p.c., del 4.11.2010) si è espresso in senso contrario evidenziando la parziarietà del richiamo alla norma e il risultato opposto a cui la sua lettura dovrebbe condurre: <<2. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente 74 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ interesse globale inclusivo della c.m.s. Si tratta, però, di una clausola che prevede un criterio di calcolo che il predisponente deve considerare prudenzialmente nella sua formulazione nell’ipotesi di utilizzo più oneroso per il cliente e quindi, sarebbe perfettamente giustificabile la sanzione di nullità contro una clausola che porta al superamento del TEG in caso di utilizzo discontinuo ed irregolare del fido. Volendo, a questo punto, trarre alcune conclusioni sulla c.m.s., considerato che attualmente, esistono due tipi di commissione, validi a certe condizioni oggi previste per legge, per il periodo antecedente, la validità delle omologhe commissioni di provvigione e di massimo coperto è da ritenersi subordinata a condizione che le clausole: • rispettassero il requisito della forma scritta; • il contratto indicasse anche l’entità numerica della c.m.s. • sul piano economico corrispondano potenzialmente a costi finanziari della banca collegati alla messa a disposizione delle somme ed alle loro modalità di utilizzo, sia pur non aritmeticamente proporzionali, dovendosi altrimenti ritenere la clausola non meritevole di tutela ex art. 1322, comma 2 c. In ogni caso, il dato testuale di interpretazione autentica della norma del 2009 porta ad escludere che tale commissione rientri per il passato nel calcolo del T.E.G., diversamente da quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione penale. dagli intermediari finanziari, per cui la comparazione avviene tra entità economiche disomogenee: nel tasso applicato dalla banche è inclusa e nel tasso rilevato è esclusa. Tale considerazione è stata sviluppata dal Tribunale di Napoli, II^ Sezione Civile, , 18.11.2010), che non ha recepito il criterio di calcolo prospettato dal C.T.U. il quale ha ovviato all’inconveniente di rapportare dati disomogenei ricalcolando il TEGM mediante l’integrazione del tasso che si rinviene nei decreti ministeriali con quello con le risultanze delle separate rilevazioni sui tasso delle commissioni di massimo scoperto operate secondo le istruzioni della Banca d’Italia, osservando che <<In tal modo… si realizza la creazione di un nuovo TEGM che non è contemplato dalla legge …,una forzatura del dato normativo>>. Per completezza di esposizione, va anche segnalato che alcuni operatori hanno sostenuto contro questo argomento, che, in una prospettiva sanzionatoria della banca, sarebbe perfettamente giustificabile che si confrontino entità disomogenee, altri hanno più fondatamente sostenuto, in questa prospettiva che anche al TEG rilevato deve essere aggiunta la c.m.s. rilevata trimestralmente dalla Banca d’Italia. Un terzo motivo di esclusione della c.m.s. dal tasso rilevante, di carattere eminentemente pratico è l’estrema difficoltà di computo della CMS che è collegata al picco di utilizzo per N. giorni con il tasso di interesse di saggio annuale. Un quarto argomento prospettato evidenzia, non a torto, che lo sforamento del tasso usura dipende dal modo di utilizzo del fisso da parte del cliente (il quale a seconda della durata e della somma determina indirettamente l’ammontare della commissione) perché minore è il periodo di utilizzazione massima e più è irregolare il ricorso all’accordato, di più sale il tasso di 8. Interessi usurari. La legge n. 108 del 1996, ha modificato l’art. 1815 c.c., prevedendo che, nel contratto di mutuo, <<se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi>>. L’abbandono del collegamento giurisprudenziale all’elemento dell’ <<approfittamento dello stato di 75 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ bisogno>> del vecchio reato di usura ha consentito di ridurre i margini di discrezionalità e le conseguenti incertezze in ordine al carattere usurario degli interessi, ancorando lo stesso al superamento del TEG, rilevato trimestralmente con decreto ministeriale. accertata al momento della variazione. Ciò non tanto perché la citata norma di interpretazione autentica si riferisce all’art. 644 c.p. ed all’art. 1815 c.c.(174), ma piuttosto perchè, trattandosi di una modifica dell’accordo contrattuale, seppure non bilaterale, si procede, anche nel caso di esercizio dello jus variandi, ad accertare la conformità alla legge del tasso al momento dell’introduzione del (nuovo) saggio di interesse contrattuale. 8.1. Usurarietà originaria e ius variandi. Poiché l’art. 644 c.p. si riferisce tanto al “farsi promettere” quanto al “farsi dare” interessi usurari, si è chiesti inizialmente se il carattere usurario dovesse essere accertato con riferimento al TEG vigente al momento della pattuizione, oppure dell’addebito in conto o della riscossione delle rate di mutuo. L’art. 1, comma 1°, del decreto legge 29 dicembre 2000 n. 394, convertito nella legge 28 febbraio 2001 n. 24 (ritenuto costituzionale, cfr. Corte Costituzionale n. 29 del 2002), ha introdotto come l’interpretazione autentica il principio di usurarietà originaria: "ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815 , comma 2, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento". La questione nell’ipotesi classica del mutuo è chiusa: è irrilevante che la discesa dei tassi determini un superamento successivo del TEG al momento della scadenza della rata del mutuo e la banca non ha alcun obbligo di adeguamento. Ma cosa accade nei rapporti bancari regolati in conto corrente, con apertura di credito (con apertura di credito o comunque affidati), nei casi, quindi, in cui il tasso non è fisso e neppure varia secondo parametri determinati ex ante? Le banche si avvalgono del potere di modifica unilaterale delle condizioni contrattuali. In questo caso non vi è dubbio che, trattandosi la usurarietà vada 8.2. Tasso soglia e clausole impositive di oneri passivi invalide. Resta problematica, invece, l’ipotesi in cui vi è una variazione del tasso che risulta dagli estratti conto, ma non risulti agli atti la comunicazione di variazione: in questo caso, solo se è espressamente contestata la comunicazione da parte del cliente, vi sono due opzioni: ritenere non dovuto il tasso incrementato senza avviso al cliente e, quindi, applicare il tasso precedente, indipendentemente dall’eventuale superamento del tasso soglia, oppure ritenere che il principio (174) L’art 1, comma 1° della legge 28 febbraio 2001 n. 24, di conversione del decreto legge 29 dicembre 2000 n. 394, di interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996 n. 108, che ha fissato la valutazione della natura usuraria dei tassi d’interesse al momento della convenzione e non a quello della dazione,, indica che la norma interpretativa è introdotta “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del codice penale e dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile”, come evidenziato nell’ambito di una analisi estesa anche ai lavori preparatori da A. Grieco, op. cit., il quale giustamente critica l’indirizzo della S.C. che, senza un particolare approfondimento della motivazione, ha statuito che la legge non si applica solo ai rapporti di mutuo ma a tutte le fattispecie negoziali che possano contenere la pattuizione d’interessi usurari, compreso il contratto di apertura di credito (Cass. 27009/2008; Cass. 15621/2007). Per la restrizione, invece, al solo mutuo o allo stesso assimilabili App. Milano 6 marzo 2002, in Giur. It. 2003, 93), 76 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ dell’usurarietà originaria, da un lato porti ad escludere la rilevanza, nel caso di invarianza del tasso praticato, dello sforamento dovuto al successivo decrescere del TEG, ma dall’altro imponga che per ogni variazione del tasso applicato (sia o no frutto di accordo contrattuale o dell’esercizio dello jus variandi), si debba valutare in quel dato momento la conformità al tasso soglia. Si tratta null’altro che di chiedersi se la clausola nulla che impone interessi o oneri che incidono sul TEG sia rilevante o non sia rilevante ai fini del suo computo. Le conseguenze sono rilevanti perché, in un caso si tratta di nullità dell’intera obbligazione di interessi (estesa anche agli interessi convenzionali redatti per iscritti e di per sé validi), con estensione della domanda di ripetizione a tutte le somme diverse dal capitale e dalle imposte; nell’altra solo della clausola nulla per cui l’azione di ripetizione è limitata alle somme addebitate in forza della clausola stessa. Mi sembra preferibile la seconda ipotesi (la quale implica che l’art. 1815 c.c. non estende l’ambito applicativo anche alla convenzione invalida di interessi usurari). E’ vero che il legislatore penale sanziona anche la mera richiesta di pagamento di tassi usurari, indipendentente dal fatto che la stessa sia attuativa di accordi (o di validi accordi) tra le parti; tuttavia, l’art. 1815 c.c. si riferisce solo ad interessi “convenuti: poiché quod nullum est nullum producit effectum, si dovrà semplicemente scomputare le somme dovute in base a clausola nulla, senza poter richiedere la restituzione di tutti gli interessi versati. Accade talora, inoltre, che la banca, esercitando lo ius variandi della banca riduca il tasso, ma che il nuovo tasso, sia pur inferiore di quello originariamente convenuto (in linea con il TEG al momento della pattuizione), ma il nuovo saggio non sia ridimensionato in misura tale da essere in linea con il TEG del tempo della variazione. Si crea, quindi, una situazione singolare per la quale un tasso più basso del precedente, poiché entra a far parte dell’accordo contrattuale successivamente, dovrebbe essere usurario, con rilevanti conseguenze sia civili sulla debenza del tasso ex art. 1815, comma 2 c.c. sia penali. Poiché, tuttavia, l’esercizio dello jus variandi non può che essere conforme al quadro legale ed economico attuale, vanno confermate le conclusioni precedenti anche in caso di modifica migliorativa del tasso non conforme al nuovo tasso soglia. 8.3. Usura ed interessi di mora. Secondo l’indirizzo prevalente è nel senso che anche gli interessi di mora rientrino nella previsione sanzionatoria della legge 108/96 (così Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5324 del 04/04/2003 (Rv. 561894) Cass. 17 novembre 2000 n. 14899 e Corte Cost. 25 febbraio 2002 n. 29, Cass. 22.4.2000 n. 5286; Cass. 17.11.2000 n. 14899; Cass. 13.6.2002 n. 8442; Cass. 4.4.2003 n. 5324.) Si è così affermato che gli interessi moratori non devono superare – per non essere ritenuti usurari – il limite stabilito dal tasso effettivo globale medio aumentato della metà (Tribunale Campobasso, sent. del 03/10/2000; Tribunale Napoli, sent. del 19/05/2000; Tribunale Roma, sent. del 10/07/1998; Tribunale Parma, sent. del 07/08/2000,Tribunale Torino sez. II, 03 novembre 2006). In senso contrario si è evidenziato che tale orientamento sembra in conflitto con gli stessi meccanismi predisposti dalla legge in caso di interessi di mora “iniqui”, che infatti, equivalendo in sostanza a una penale per il ritardo nell’adempimento, possono essere ridotti dal giudice (175). (175) Anche d’ufficio seguendo l’ indirizzo delle Sezioni Unite sulla riduzione della penale: CSU 18128/2005, GRIECO, op. cit. 77 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Si tratta di un diritto soggettivo autonomo, il quale trova fondamento nei doveri di solidarietà e negli obblighi di comportamento secondo buona fede nella esecuzione del rapporto e, per altro verso, sulla disposizione di cui all’art. 119, comma 4, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Tribunale Torino 12 aprile 2010, il caso.it). La casistica giurisprudenziale si è occupata sia delle modalità di tutela processuale del diritto sia delle richieste istruttorie di copia della documentazione formulate nel corso di un giudizio avente ad oggetto domande di pagamento o restituzione inerenti il rapporto. PARTE PRIMA SEZIONE TERZA Estratti conto e prova del credito SOMMARIO.1. IL DIRITTO SOSTANZIALE DEL CLIENTE. 2. IL DECRETO INGIUNTIVO DI CONSEGNA DELLA DOCUMENTAZIONE BANCARIA. 3. LA TUTELA SOMMARIA DEL DIRITTO ALLA CONSEGNA DELLA DOCUMENTAZIONE. 4. MANCATA CONSERVAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE ANTERIORE AL DECENNIO. 5. L’ORDINE DI ESIBIZIONE EX ART. 210 C.P.C. 5.1. LA TESI POSITIVA. 5.2. LA TESI NEGATIVA. 5.3. LA TESI DELLA PREGIUDIZIALITÀ DELLA RICHIESTA EX ART. 119 T.U.B. 6. IL CONTENUTO DELLA RICHIESTA. 7. AMMISSIONE IMPLICITA DEL DIRITTO. 8. PERSISTENZA DELL’OBBLIGO DI CONSEGNA ALLO SCIOGLIMENTO O SUCCESSIONE NEL RAPPORTO. 9. AMMISSIBILITÀ DELLA DOMANDA EX ART. 696 BIC C.P.C. 10. L’INCOMPLETEZZA DELLA DOCUMENTAZIONE ED IL CD. SALDO ZERO. 10.1. MANCANZA TOTALE DEGLI ESTRATTI CONTO. 10.2. MANCANZA DEGLI ESTRATTI CONTO INIZIALI. 10.3. MANCANZA DEGLI ESTRATTI INTERMEDI.11. SALDO DEL CONTO ULTRADECENNALE. 2. Il Decreto ingiuntivo di consegna della documentazione bancaria. 1. Nei contratti di durata i soggetti indicati nell'articolo 115 forniscono al cliente, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente stesso, alla scadenza del contratto e comunque almeno una volta all'anno, una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto. Il CICR indica il contenuto e le modalità della comunicazione. 1. Il diritto sostanziale del cliente. Il cliente vanta il diritto (176) alla consegna della documentazione bancaria ed anche a copie o duplicati di quanto già inviatogli nel corso del rapporto(art. 119 t.u.b.) (177) 2. Per i rapporti regolati in conto corrente l'estratto conto è inviato al cliente con periodicità annuale o, a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile. 3. In mancanza di opposizione scritta da parte del cliente, gli estratti conto e le altre comunicazioni periodiche alla clientela si intendono approvati trascorsi sessanta giorni dal ricevimento. (176) Si è quindi affermato che <<Il diritto del cliente alla consegna dei documenti relativi a rapporti bancari ha la consistenza di diritto soggettivo autonomo, il quale trova fondamento nei doveri di solidarietà e negli obblighi di comportamento secondo buona fede nella esecuzione del rapporto e, per altro verso, sulla disposizione di cui all’art. 119, comma 4, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385.>> (Tribunale di Torino, 12 aprile 2010 – Est. Emanuela Germano, il caso.it. 177 Art. 119 Comunicazioni periodiche alla clientela. 4. Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitate solo i costi di produzione di tale documentazione. 78 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Si discute se tale diritto sia tutelabile mediante ricorso alla procedura monitoria. Già in precedenza, in materia fallimentare, si è ritenuto che il curatore del fallimento possa fare ricorso al procedimento monitorio, al fine di ottenere copia degli estratti conto relativi ai rapporti intrattenuti con gli istituti di credito dall'impresa fallita (Trib. Milano 21 giugno 1996, in Foro it., 1996, I, 3200). Tale orientamento è stato criticato dalla dottrina, la quale ha evidenziato che: • il bene debba essere preventivamente formato all'esito di una complessa attività ricognitiva, concretandosi quindi la consegna in un'obbligazione di facere del debitore; • il procedimento per ingiunzione non viene attivato al fine di conseguire in forme più semplici e rapide - la condanna alla consegna di un cosa o al pagamento di una somma di denaro, bensì al precipuo scopo di ottenere il rilascio di una prova documentale, da utilizzare poi in procedimenti diversi da quello monitorio. <<È chiaro, infatti, che l'eventuale opposizione del debitore non potrebbe avere mai ad oggetto le singole poste contabili dell' estratto, ma soltanto il diritto dell'istante all'esibizione del documento. Per il che il decreto ingiuntivo verrebbe, in buona sostanza, a concretare un mezzo per ottenere surrettiziamente un ordine di esibizione (art. 210 c.p.c.) con decreto - anziché con ordinanza, ossia sentite le parti (ex artt. 134 e 186 c.p.c.) - in violazione di quanto dispone l'art. 176 c.p.c. per tutti i provvedimenti istruttori.>> (A. VALITUTTI, Il procedimento di ingiunzione: le problematiche pratiche più controverse, in Giur. merito, 2010, 7-8, 2032 s.). eventualmente sfocia in un‘azione giudiziaria e resta un motivo di per sé irrilevante e, quindi, non ostativo della richiesta. 3. La tutela sommaria del diritto alla consegna della documentazione. E’ stato ritenuto ammissibile il ricorso al procedimento sommario per la domanda di consegna di copia della documentazione in casi di intermediazione finanziaria (Tribunale Ferrara 04 giugno 2007, il caso.it, Tribunale Pisa 13 novembre 2007, il caso.it) e di procedimento sommario sommario regolato dal rito societario (art. 19 l. n. 5 del 2003), ma non vi è alcun ostacolo concettuale o normativo all’estensione di tale facoltà anche ai contratti bancari ed al rito sommario introdotto dalla legge n. 69 del 2009.(178) (178) Art. 19. Procedimento. Ambito di applicazione. 1. Fatta eccezione per le azioni di responsabilita' da chiunque proposte, le controversie di cui all'articolo 1 che abbiano ad oggetto il pagamento di una somma di danaro, anche se non liquida, ovvero la consegna di cosa mobile determinata, possono essere proposte, in alternativa alle forme di cui agli articoli 2 e seguenti, con ricorso da depositarsi nella cancelleria del tribunale competente, in composizione monocratica. 2. Disposta la comparizione delle parti e assegnato il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza, il giudice designato, ove ritenga sussistenti i fatti costitutivi della domanda e manifestamente infondata la contestazione del convenuto, pronuncia ordinanza immediatamente esecutiva di condanna e dispone sulle spese ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile. L'ordinanza costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. A tali obiezioni può rispondersi che il facere assume un ruolo ancillare e non caratterizza la prestazione. La finalità dell’acquisizione degli estratti solo 3. Il giudice, se ritiene che l'oggetto della causa o le difese svolte dal convenuto richiedano una 79 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Il Tribunale di Pisa specifica che il ricorso alla procedura sommaria non è contraria a buona fede se preceduta dalla richiesta a mezzo di missiva, non essendo previsto un termine minimo per l’attesa una volta decorsi tre mesi dalla richiesta antecedente alla domanda contenziosa. 5. L’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. Vi è notevole contrasto giurisprudenziale sulla possibilità di richiedere l’esibizione della documentazione ex art. 210 c.p.c. 4. Mancata conservazione della documentazione anteriore al decennio. 5.1. La tesi positiva. Secondo l’orientamento positivo, non sarebbe possibile fa discendere dal mancato esercizio del diritto sostanziale la preclusione all’esercizi della facoltà processuale prevista dall’art. 210 c.p.c. che, tra l’altro, per gli estratti conti risalenti ad un periodo precedente al decennio, non sarebbe comunque esercitabile: il diritto non è precluso dal precedente invio della documentazione e non richiede la prova di un precedente smarrimento accidentale o incolpevole, senza trascurare che anche i doveri di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1374 c.c.) suggeriscono l’ammissibilità della richiesta (Tribunale di Latina del 19 luglio 2007, il caso.it Tribunale di Padova, 9 marzo 2009, il caso.it). Essa, infatti, rappresenta la trasposizione sul piano processuale della norma sostanziale di cui all’art. 119, comma 4, d. lgs. n. 385/1993, norma da interpretarsi alla luce del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto. (Tribunale Latina 19 giugno 2007 , cit.) In forza dell’art. 119 t.u. n. 385 del 1993, la banca può sì ritenersi legittimata a non conservare per oltre un decennio la documentazione legata al conto, ma non a pretendere, ove abbia provveduto alla distruzione della documentazione precedente al decennio, di essere esonerata dagli ordinari impegni probatori, ogni qual volta intenda fondare la propria pretesa su situazioni sostanziali destinate a trovare riscontro proprio nella documentazione distrutta. (Tribunale Catania, sez. IV, 23 maggio 2008, n. 2795, Diritto & Giustizia , 2008, dejure.giuffre.it). Sul piano della dialettica processuale, il venir meno, per effetto del decorso del tempo, dell’obbligo di conservazione della documentazione della quale viene chiesta la consegna ai sensi dell’art. 119, comma 4, d. lgs. n. 385/1993 deve comunque essere eccepito dalla banca convenuta (Tribunale di Brescia 10 ottobre 2007, il caso.it) 5.2. La tesi negativa. L’opposto orientamento nega l’azionabilità della facoltà ex art. 210 c.p.c. perché: a) il diritto ex art. 119 ha carattere sostanziale e non può quindi essere tutelato ai sensi dell’art. 199 t.u.b.; b) difetterebbe il requisito della “indispensabilità” di tale mezzo di prova, essendo acquisibili gli estratti su iniziativa del cliente ai sensi dell’art. 199 t.u.b. (Cass. 19475/2005; Cass. 149/2003; 9514/1999), c) l’ordine di esibizione di cognizione non sommaria, assegna all'attore i termini di cui all'articolo 6. 4. Avverso l'ordinanza di condanna puo' essere proposta esclusivamente impugnazione davanti alla corte di appello nelle forme di cui all'articolo 20. 5. All'ordinanza non impugnata non conseguono gli effetti di cui all'articolo 2909 del codice civile. 80 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ documenti ex art. 210 c.p.c. deve essere tenuto distinto dalla produzione in giudizio dei documenti di cui la parte è direttamente onerata ex art. 2697 c. c., sicché esso non può essere considerato in funzione sostitutiva dell’onere probatorio, né l’istanza di parte, cui è subordinata la possibilità di emissione del provvedimento, può avere un effetto modificativo dell’incombenza legale derivante dall’applicazione del citato art. 2697 cit. legittimità (ex plurimis: Cass. 17149/2008; Cass. Cass. 10043/2004; Cass. 9126/1990). (179) 149/2003; Cass. N. 4363/1997; Cass. N. 4907/1988). In applicazione di tali consolidati principi, si è ad esempio ritenuta inammissibile- perché generica in spregio alla disposizione di cui all’art. 94 disp. att. c.p.c. e meramente esplorativa- una richiesta di ordine di esibizione “del fascicolo relativo al conto corrente bancario” non accompagnata da alcuna specifica contestazione in ordine alla regolarità ed esattezza delle singole partite contabili" (Cass. N. 10916/2003) ovvero di “tutti i documenti contabili” di una società relativi ad un dato esercizio finanziario richiesta al fine di dimostrare l'inesistenza dello stato di insolvenza ma senza la specifica indicazione dei documenti asseritamente comprovanti detto stato, al fine di consentire al giudice di valutare la pertinenza del documento e la sua idoneità a provare determinati fatti (Cass. N. 9514/1999), ovvero “delle scritture e dei libri contabili” senza ulteriori specificazioni (che rischierebbe di sconfinare nell'ipotesi di comunicazione integrale di detti libri e scritture contabili, consentita dal primo comma dell'art. 2711 c.c. solo in ben determinate ipotesi, diverse da quella di cui all’art. 210 c.p.c.: Cass. N. 2760/1996), ovvero della “contabilità” di una banca al fine della prova dell'eccepito soddisfacimento del credito cartolare dell’istituto di credito ma senza specificazione di quale partita o registrazione conterrebbe quella dimostrazione (pena “un'inammissibile pretesa di acquisire indiscriminatamente tale contabilità nella speranza che vi fossero annotazioni a lei favorevoli”: così testualmente Cass. N. 6707/1991 in motivazione). L'esibizione a norma dell'art. 210 cod. proc. civ. non può quindi in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova a carico della parte istante (Cass. Sez. L, Sentenza n. 17948 del 08/08/2006; Cass. Sez. L, Sentenza n. 10043 del 25/05/2004; Cass. N. 149 del 2003; Cass. Sez. L, Sentenza n. 9126 del 04/09/1990). Ne consegue che l'esibizione a norma dell'art. 210 cod. proc. civ. non può essere ordinata allorché l'istante avrebbe potuto di propria iniziativa acquisire la documentazione in questione, acquisendone copia e producendola in causa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19475 del 06/10/2005; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 149 del 10/01/2003: fattispecie in cui la Cassazione ha ritenuto non censurabile poi il mancato accoglimento dell'istanza attrice (179) Tribunale di Pescara 4 ottobre 2007, n. 1288 – Est. Gianluca Falco. <<A fronte di siffatte premesse, deve tuttavia ritenersi innanzitutto che l’istanza istruttoria spiegata da parte attrice ex art. 210 c.p.c. è inammissibile, sia perché afferente a documenti ad essa direttamente accessibili, sia perché spiegata in modo generico. Si premette in diritto che: L'ordine di esibizione di documenti previsto dall'art. 210 cod. proc. civ., provvedimento tipicamente discrezionale del giudice di merito (come tale censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione), deve riguardare documenti che siano specificamente indicati dalla parte che ne abbia fatto istanza, dei quali sia noto, o almeno assertivamente indicato, un preciso contenuto, influente per la decisione della causa, che come tali risultino indispensabili al fine della prova dei fatti controversi, che concernano fatti o elementi la cui prova non sia acquisibile aliunde (cfr. da ultimo Cass. N. 10043/2004; Cass. N. 5908/2004; Cass. N. 13072/2003; Cass. N. 12782/2003; Cass. N. 10916/2003; Cass. N. 149/2003; Cass. N. 4363/1997; Cass. N. 4907/1988). Di conseguenza un tale strumento istruttorio ufficioso e “residuale”non può avere fini meramente esplorativi, ossia non può essere richiesto ed ammesso al solo scopo di indagare se detta prova possa essere rinvenuta nei documenti stessi, altrimenti lo stesso servirebbe a supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova a carico della parte istante (cfr. da ultimo Cass. Sez. L, Sentenza n. 17948 del 08/08/2006; Cass. N. 10043/2004; Cass. N. 5908/2004; Cass. N. 13072/2003; Cass. N. 12782/2003; Cass. N. 10916/2003; Cass. N. 81 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ 5.3. La tesi della pregiudizialità della richiesta ex art. 119 t.u.b. Si è sostenuto anche che l’istanza di cui all’art. 210 c.p.c. volta ad ottenere l’esibizione della documentazione inerente i conti di cui gli attori sono titolari, non potendo essere utilizzata per supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante, potrà trovare accoglimento solo nel caso in cui la parte abbia dato prova di aver richiesto alla banca la documentazione medesima ai sensi dell’art. 119, 4° comma d.lg. n. 385/1993 (Tribunale di Barcellona P.G., ordinanza 13 ottobre 2006, il caso.it). Il diritto del cliente di ottenere dalla banca copia della documentazione di cui all’art. 119 d.lgs. n. 385/1993 può essere azionato anche facendo riferimento a tutte le operazioni riportate nell’estratto conto ed eseguite in un determinato arco temporale. In detta fattispecie deve ritenersi ammissibile l’istanza di esibizione prevista dall’art. 210 c.p.c., posto che il requisito della indispensabilità dei documenti per conoscere i fatti di causa previsto dall’art. 118 c.p.c. non è rimesso alla valutazione del giudice, ma è definitivamente risolto dalla prescrizione dell’art. 119, IV° comma citato (Tribunale Milano 17 ottobre 2006 ). La Corte di Cassazione ha evidenziato la non necessità di una richiesta dettagliata: <<non è necessario che il richiedente indichi specificamente gli estremi del rapporto a cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo sufficiente che l'interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle l'individuazione dei documenti richiesti, quali, ad esempio, i dati concernenti il soggetto titolare del rapporto, il tipo di rapporto a cui è correlata la richiesta e il periodo di tempo entro il quale le operazioni da documentare si sono svolte. (Cassazione civile sez. I, 12 maggio 2006, n. 11004 Giust. civ. Mass. 2006, 5, D&G Dir. e giust. 2006, 23, 27, BBTC, 2007, 6, 731, dejure.giuffre.it) I Tribunali di merito, su questa linea hanno affermato che la richiesta formulata dall’investitore all’intermediario di consegnare “l’intero incartamento relativo alla operazione finanziaria” è idonea ad identificare ogni documento attinente una determinata operazione /Tribunale di Pisa, ordinanza 15 dicembre 2006 – G. Bufardeci, il caso.it) e che, inoltre, è sufficiente il riferimento a tutte le operazioni riportate 6. Il contenuto della richiesta. di esibizione da rivolgersi agli istituti di credito interessati; Cass. N. 9514 del 1999). (…) Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni”(IV comma). Il diritto del cliente di ottenere dall'istituto bancario la consegna di copia della documentazione relativa alle operazioni dell'ultimo decennio, previsto dal quarto comma dell'art. 119 del D.Lgs. n. 385 del 1993, si configura come un diritto sostanziale la cui tutela è riconosciuta come situazione giuridica "finale" e non strumentale, onde per il suo riconoscimento non assume alcun rilievo l'utilizzazione che il cliente intende fare della documentazione, una volta ottenuta la e deve escludersi, in particolare, che tale utilizzazione debba essere necessariamente funzionale all'esercizio di diritti inerenti il rapporto contrattuale corrente con l'istituto di credito (ben potendo, ad esempio, essere finalizzata a far emergere un illecito, anche non civilistico, di un terzo soggetto o di un dipendente della banca: Cass Sez. 1, Sentenza n. 11733 del 19/10/1999; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11004 del 12/05/2006).>> 82 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ nell’estratto conto ed eseguite in un determinato arco temporale. <<In detta fattispecie deve ritenersi ammissibile l’istanza di esibizione prevista dall’art. 210 c.p.c., posto che il requisito della indispensabilità dei documenti per conoscere i fatti di causa previsto dall’art. 118 c.p.c. non è rimesso alla valutazione del giudice, ma è definitivamente risolto dalla prescrizione dell’art. 119, IV° comma citato.>> (Tribunale Milano 17 ottobre 2006 , ilcaso.it., Tribunale Pisa 15 dicembre 2006 , il caso.it). L’accesso ad informazioni concernenti il rapporto con la banca è stato anche riconosciuto in base alla normativa sul trattamento dei dati personali, sebbene si tratti di ipotesi riguardante contratti di intermediazione finanziari (180) 7. Ammissione implicita del diritto. L’allegazione di aver già consegnato la documentazione è stata considerata come <<una implicita ammissione del fatto costitutivo del diritto la parte convenuta in sede di ricorso ex art. 19 d.lgs. n. 5/03 volto ad ottenere copia della documentazione relativa a determinati servizi di investimento>> (Tribunale Nocera Inferiore 31 luglio 2006 , il caso.it). 8. Persistenza dell’obbligo di consegna allo scioglimento o successione nel rapporto. Il diritto previsto dall’art. 119 del t.u.b. non si estingue con lo scioglimento del rapporto, anche in caso di fallimento del cliente (art. 78 l.f.)(181) 180 L'art. 7 d. lgs.vo n.ro 196/2003 riconosce all'interessato il diritto di chiedere al titolare del trattamento l’accesso ai propri dati personali, ed a qualunque informazione relativa alla persona, di ottenere conferma dell'origine, dell'esistenza, delle finalità e modalità del loro trattamento e di riceverne comunicazione in forma chiara ed intelligibile.Alla richiesta di accesso corrisponde il dovere del titolare del trattamento di dare riscontro all'interessato ai sensi dell'art. 10 d. lgs.vo n.ro 196/2003, estraendo dai propri archivi tutte le informazioni allo stesso relative della richiesta e comunicandole nelle forme e nei modi più idonei a renderle chiare e perfettamente comprensibili.L’istituto di credito, titolare del trattamento dei dati personali ai sensi dell’art. 28 d. lgs.vo n. 196/03, ove ne sia fatta richiesta, è quindi tenuto a:1. dare conferma dell'esistenza presso i propri archivi dei dati personali del ricorrente afferenti operazioni di investimento mobiliare a far data dall'inizio del rapporto;2. comunicare al richiedente tutti i dati e le informazioni personali che lo riguardano relative ad ogni atto, rapporto, documento ed operazione concernenti: a) il contratto originario di prestazione dei servizi di investimento e accessori e/o di gestione di portafogli di investimento e deposito titoli siglati inter partes, incluse eventuali successive modifiche e integrazioni; b) il contratto originario regolante il rapporto di conto corrente eventualmente in essere ed ogni sua eventuale modifica e integrazione; c) le operazioni di investimento, gli ordini di acquisto e gli acquisti di titoli, di qualsivoglia genere, specie e natura, compiuti dal richiedete presso o tramite ovvero con l'intermediazione dell'istituto di credito dall'inizio del rapporto, compresi i rendiconti, i movimenti e la composizione del deposito titoli regolati nell'anzidetto periodo. (Tribunale Bologna 28 luglio 2005 , il caso.it. ) (181)In quanto si tratta di un << diritto che promana dall'obbligo di buona fede, correttezza e solidarietà, declinandosi in prestazioni imposte dalla legge (ai sensi dell'art. 1374 c.c.), secondo una regola di esecuzione in buona fede (ex art. 1375 c.c.) che aggiunge tali obblighi a quelli convenzionali quale impegno di solidarietà (ex art. 2 cost.), così imponendosi a ciascuna parte l'adozione di comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere extracontrattuale del "neminem laedere", senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell'altra parte;posto che tra i doveri di comportamento scaturenti dall'obbligo di buona fede vi è anche quello di fornire alla controparte la 83 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Va notato che già in precedenza si era affermato che <<L'art. 119, comma 4, d.lg. n. 385 del 1993, come sostituito dall'art. 24, comma 2, d.lg. n. 342 del 1999, riconoscendo al cliente (…) il diritto di ottenere copia della documentazione relativa a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, si applica anche a situazioni soggettive che, se pur derivanti da un rapporto concluso, non hanno ancora esaurito nel tempo i loro effetti, con la conseguenza che detto diritto di copia è riconosciuto al cliente della banca e al suo successore prescindendo dall'attualità del rapporto a cui la documentazione richiesta si riferisce.>> (Cassazione civile sez. I, 12 maggio 2006, n. 11004, Giust. civ. Mass. 2006, 5, Banca borsa tit. 182 cred. 2007, 6, 731., ( ). 9. Ammissibilità della domanda ex art. 696 bic c.p.c. Il Tribunale di Napoli ha ritenuto ammissibile l’istanza ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c. di accertamento tecnico preventivo, formulata dopo la richiesta stragiudiziale ex art. 119 t.u.b. di richiesta di esibizione alla banca della documentazione bancaria e di devoluzione ad un CTU del compito della ricostruzione contabile del rapporto (Tribunale di Napoli del 16.10.2007, il caso.it). 10. L’incompletezza della documentazione ed il cd. saldo zero. Accade di frequente che la documentazione acquisita al processo, dopo l’ammissione dei mezzi istruttori manchi o resti incompleta. documentazione relativa al rapporto obbligatorio ed al suo svolgimento, il predetto diritto alla documentazione trova fondamento e regolazione inoltre nell'art. 8 l. 17 febbraio 1992 n. 154 e compiutamente nell'art. 119 del t.u.l.b. (d.lg. 1° settembre 1993 n. 385), (…) indipendentemente dall'adempimento del dovere di informazione da parte della banca e anche dopo lo scioglimento de rapporto (Cass. Civ. 13 luglio 2007, n. 15669 Giust. civ. Mass. 2007, 7-8, Giust. civ. 2008, 3, 712, Ilcivilista 2007, 3, 80) Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito ordinato all'istituto di credito la consegna alla curatela del fallimento delle informazioni riguardanti numero dei conti intrattenuti dal fallito, garanzie prestate, movimenti bancari, saldi attivi con gli interessi maturati, modalità di estinzione dei conti, ritenendo che per tali richieste non fosse necessario altro che l'inquadramento del rapporto di conto corrente, senza onere dell'istante di indicare in dettaglio gli estremi delle singole operazioni e prescindendo dall'utilizzazione finale potenziale della documentazione, essendo la richiesta non giudizialmente indirizzata e risolvendosi nella piena tutela della posizione di amministratore del patrimonio fallimentare. 10.1. Mancanza totale degli estratti conto. Nel caso in cui gli estratti non siano prodotti, se è la banca ad agire per la riscossione di un credito, non essendo sufficiente il saldaconto, la mancata produzione degli estratti conto, anche in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, comporta il rigetto della domanda, ovviamente in presenza di contestazioni specifiche circa l’applicazione di clausole invalide (v. Cass. 10692/2007). Se, invece, è il correntista ad agire per la restituzione degli interessi anatocistici credito la consegna alla curatela del fallimento degli estratti conto degli ultimi due anni- la sentenza di merito che aveva escluso la configurabilità di un diritto alle copie dei documenti inerenti il rapporto una volta ricevute dalla banca le comunicazioni periodiche di cui all'art. 119 TU cit.;; Cass. 19 ottobre 1999, n. 11733; Cass. 22 maggio 1997, n. 4598; cfr. anche il provvedimento del 7.12.2006 del Garante per la protezione dei dati personal (182) Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12093 del 27/09/2001: nella specie, la SC ha cassato - e decidendo nel merito ordinato agli istituti di 84 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ o usurati pagati o addebitati sul suo conto, l’onere della prova si inverte e ricade per intero a suo carico secondo una tesi e comporta, invece, la partenza del calcolo dall’ultimo estratto secondo la seconda tesi. (cfr. per l’onere della prova Tribunale di Napoli n. 3108 del 2008 e Tribunale di Napoli n.1789 del 2008, Tribunale di Mantova del 2 febbraio 2009, il caso.it). La terza ipotesi è che la sequenza degli estratti conto non sia continua, perché la banca non produca l’intera sequenza degli estratti conto, ma ne produca uno successivo al primo, il saldo da cui partire per l’analisi contabile deve essere pari a zero, essendo la banca venuta meno all’onere di esibizione e di prova del saldo iniziale differente dallo zero (in tal senso la giurisprudenza prevalente). Secondo una diversa, tesi, invece, nel caso di mancanza degli estratti conto dei periodi intermedi, il CTU dovrebbe partire dall’estratto più risalente se è la banca ad agire, fermo restando, al contrario che se è il cliente attore sostanziale, si partirà, invece, dal saldo più recente. 10.2. Mancanza degli estratti conto iniziali. Altro caso possibile è che gli estratti conto siano prodotti, ma manchino gli estratti iniziali. Se è la banca a richiedere il pagamento e la documentazione bancaria sia parziale o incompleta o in mancanza di qualsiasi giustificazione causale del saldo iniziale passivo, l’eventuale CTU dovrà procedere al calcolo partendo dal saldo zero. In questo senso è intervenuta la recentissima sentenza della Cassazione civile sez. I del 26 gennaio 2011 n. 1842, che ha annullato la sentenza cui era stata rigettata la domanda della banca per la mancata produzione degli estratti iniziali, potendo la CTU essere effettuata partendo dall’ipotesi più sfavorevole alla banca del nulla inizialmente dovuto (183). Nel caso in cui sia il cliente, ad agire, invece, si potrà partire come base di calcolo dal primo estratto prodotto. 10.3. Mancanza intermedi. degli 11. Saldo del conto ultradecennale. Il Tribunale di Pescara, n.78 del 2008 ha ricordato che” nel nostro sistema vige il principio generale di conservazione della documentazione contabile per la durata di dieci anni (art. 2220 c.c.) e l’art. 119, ultimo comma TUB consente di ottenere da parte del cliente-correntista copia di documentazione inerente a singole operazioni se poste in essere nell’ultimo decennio. Ora, siccome spetta a chi agisce in giudizio munirsi di tutta la documentazione necessaria per far valere le proprie ragioni, e non rinvenendosi principio in base al quale l’istituto di credito sarebbe tenuto ad una conservazione illimitata delle scritture contabili contrattuali, nulla può pretendersi dalla parte convenuta in base alla normativa vigente nell’ambito di una domanda di restituzione di indebito e rispetto ad estratti contabili che non sono stati a suo tempo neppure oggetto di contestazione; il mancato assolvimento dell’onere della prova non può che ricadere su parte attrice. Di conseguenza, i conteggi, debbono tener conto delle estratti (183) cfr. anche Trib. Pescara 18 novembre 2005, in Giur. di Merito, 2006 p. 1874; App. Lecce, 19 aprile 2004, Trib. Genova, 9 novembre 2001, in Foro pad., 2002, I, 287 ss., pur non precisando se l'onere di produzione debba estendersi a tutti gli estratti conto a partire dall'accensione del conto corrente; Trib. Nuoro, 11 luglio 2007, in questa Rivista, 2008, II, 708 ss.; alla conclusione riportata nel testo, anche se nell'ambito di una questione diversa dall'anatocismo, perviene Trib. Genova, 3 giugno 1996, in Fallimento, 1997, 208 ss 85 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ indicazioni di saldo del primo estratto conto disponibile.” Alla medesima conclusione si giunge a parti invertite, posto che di recente, la Corte di legittimità ha ribadito il principio, affermando che non può <<la banca può sottrarsi all'assolvimento di tale onere invocando l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni, perché non si può confondere l'onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito.>> (Cassazione civile sez. I, 25 novembre 2010, n. 23974, Red. Giust. civ. Mass. 2010, 11), con ciò estendendo il principio del saldo zero anche ai rapporti ultradecennali. 86 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ I prodotti strutturati combinano strumenti finanziari classici (azioni, obbligazioni, panieri di titoli), con derivati o con operazioni equivalenti, spesso rappresentati da options. Rientrano nella categoria, ad esempio, le obbligazioni legate ad indici azionari e panieri di indici o singole azioni (index ed equity index linked bonds), le obbligazioni callable e puttable, che attribuiscono rispettivamente all'emittente o al sottoscrittore la facoltà di estinzione anticipata del prestito, le obbligazioni step-up e step-down, che prevedono una variabilità crescente o decrescente dei tassi cedolari, le obbligazioni reverse floater, fixed reverse floater e reverse convertible, con cedola variabile indicizzata a parametri del mercato dei capitali ecc. È possibile anche che, nel corso del rapporto, ad una certa data, vari lo stesso criterio di indicizzazione, come avviene per le obbligazioni trasformabili. Le banche hanno fatto ampio uso dell'ingegneria finanziaria sia per la clientela corporate, utilizzando contratti di swap sempre più sofisticati, sia verso la clientela retail alla quale hanno proposto la conclusione di contratti che contemplano più operazioni finanziarie collegate. Hanno una struttura composita, però, anche i prodotti emessi da imprese di assicurazione, definiti di tipo «finanziario-assicurativo» (art. 29 Reg. Consob intermediari), come le polizze vita, nuziali e di natalità di tipo unit linked, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni, le polizze di tipo index linked, collegate ad indici o altri valori di riferimento (art. 1 comma 1, lett. w-bis, T.u.f.), ed i prodotti finanziari di capitalizzazione (art. 29, lett. c) reg. intermediari, art. 2 e 179 cod. assicurazioni); ad essi si applicano le regole del TU sui contratti di investimento (artt. 21 e 23, art. 25-bis), con “Un Cigno nero è un evento altamente improbabile con tre caratteristiche fondamentali. Primo: è isolato e imprevedibile. Secondo: ha un impatto enorme. Terzo: la nostra natura ci spinge ad architettare a posteriori giustificazioni della sua comparsa, per renderlo meno casuale di quanto non sia in realtà.” Nassim Nicholas Taleb, il Cigno nero, 2007. PARTE SECONDA – IL CONTENZIOSO DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI SEZIONE PRIMA. I PRODOTTI STRUTTURATI SOMMARIO: 1. PREMESSA. - 2. I CASI AFFRONTATI DALLA GIURISPRUDENZA DI MERITO - 3. L'OPERAZIONE «BTP DEL SALENTO» - 4. SI TRATTA DI CONTRATTI VALIDI? - 5. È NULLO SOLO L'ACCORDO NEGOZIALE RELATIVO ALLA PARTE STRUTTURATA, OPPURE È NULLA L'INTERA OPERAZIONE? - 6. I CONTRATTI «MY WAY» E «4YOU»? - 7. LE CRITICITÀ DI QUESTI PRODOTTI? 7.1. SI APPLICANO AI PRODOTTI STRUTTURATI LE NORME IN MATERIA DI INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA E LE NORME BANCARIE? - 7.3. ANNULLABILITÀ PER VIZI DELLA VOLONTÀ - 7.4. IL CONTROLLO DI MERITEVOLEZZA DEI CONTRATTI «MY WAY» E «4YOU» - 7.4.1. È POSSIBILE, QUINDI, UN CONTROLLO SULLA CORRETTA COSTRUZIONE DEL SINALLAGMA NEI CONTRATTI FINANZIARI STRUTTURATI? - 7.5. L'OGGETTO DEL CONTRATTO È DETERMINATO? - 7.5.1. DEVE ESSERE INDICATO IL TAEG? - 7.6. LE CONSEGUENZE DEI VIZI DI FORMA E DI CONTENUTO DEI CONTRATTI RELATIVI A PRODOTTI STRUTTURATI? - 7.7. IL DIRITTO DI RECESSO ALL'INVESTITORE NEI CONTRATTI MY WAY E 4YOU? - 7.7.1. È PREVISTO UN CORRISPETTIVO PER IL DIRITTO DI RECESSO DEL CLIENTE? - 7.7.2. LE INDICAZIONI DEL DIRITTO DI RECESSO. - 7.8. LA PROVA TESTIMONIALE DEL FUNZIONARIO CHE HA PROMOSSO L'INVESTIMENTO PER L'INTERMEDIARIO. 7.9 POLIZZE LINKED - 8. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE. 1. Premessa. 87 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ derivatives); contratti finanziari differenziali. Per il t.u.f., ai fini della disciplina dell'intermediazione finanziaria, rientra tra gli «strumenti finanziari derivati» anche qualsiasi «altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari (...), a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure» (art. 1 comma 1-bis e 3 t.u.f.). Il notevole contenzioso sui prodotti strutturati ed i derivati in genere suggerisce, anche per lo stimolo a nuove azioni legali derivante da più recenti crack finanziari, un'analisi sistematica delle decisioni giurisprudenziali, con la possibilità di enucleare e discutere tendenze evolutive ed affermazioni di principio suscettibili di essere estese a casi diversi rispetto a quelli oggetto di attuale decisione. Non si trascuri, però, che i casi pendenti davanti ai tribunali, sono per lo più regolati da disposizioni precedenti all'entrata in vigore delle norme primarie e secondarie attuative della Direttiva MIFID (d.lg. n. 164 del 2007) ed anche della stessa legge sulla tutela del risparmio (es. Trib. Roma, sez. III, 11 dicembre 2007, in dejure.giuffè.it, ricorda che l'art. 100 t.u.f., nel testo anteriore alla legge sul risparmio n. 262 del 2005, escludeva l'applicazione delle norme sulla sollecitazione all'investimento ai « prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione»). conseguente vigilanza della Consob, sull'offerta fuori sede (art. 30), sul collocamento e la promozione a distanza di strumenti finanziari e sull'offerta al pubblico di prodotti finanziari diversi alle quote o azioni di OICR aperti (artt. 94-98bis, 99 ss.); pertanto sono attualmente soggette agli obblighi di prospetto anche le imprese di assicurazione che offrono tali prodotti. Si tratta di contratti e di titoli che, pur essendo privi di una disciplina analitica, non sono ignorati dall'ordinamento. Il Regolamento n. 809/2004/CE (11ª considerando) ne fa menzione, precisando che «Alcuni titoli di debito, quali ad esempio le obbligazioni strutturate, incorporano taluni elementi degli strumenti derivati». Il Regolamento Consob in materia di emittenti definisce le «obbligazioni strutturate» come «i titoli obbligazionari il cui rimborso e/o la cui remunerazione dipendono, in tutto o in parte, secondo meccanismi che equivalgono all'assunzione di posizioni in strumenti finanziari derivati, dal valore o dall'andamento del valore di prodotti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi indici» oppure «dal verificarsi di determinati eventi o condizioni» (art. 51, lett. b, Reg. Consob n. 11971 del 1999). Molto più ampio è l'elenco dei derivati contenuto nella descrizione degli strumenti finanziari offerta da T.u.f. (art. 1 comma 2 d.lg. n. 58 del 1998): contratti di opzione, «future», «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti (financial derivatives), oppure a merci (commodities derivatives), a variabili climatiche (weather derivatives), a tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o ad altre statistiche economiche ufficiali, eventualmente negoziati su mercati regolamentati e/o in sistemi multilaterali di negoziazione; indici finanziari, strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito (credit 2. I casi ricorrenti. Il contenzioso giurisprudenziale più esteso ha riguardato contratti strutturati, nei quali, oltre ad indicizzarsi il rendimento dell'investimento del cliente, è stata introdotta anche una componente di finanziamento e di garanzia dell'operazione. Sono nati, quindi i noti filoni giurisprudenziali, quelli dei «BTP del Salento» e dei casi «My way» e «4you» decisi dai tribunali con criteri non sempre 88 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ uniformi. Non mancano anche decisioni riguardanti la stipula di polizze di tipo linked (es. Trib. Trani 30 aprile 2008, in dejure.giuffre.it per una polizza «Spazio Aperto Unit Linked»). Il default della Lemhan Brothers ha comportato notevoli perdite, non solo per coloro che hanno direttamente investito in obbligazione della banca americana (per esempio Trib. Venezia 5 novembre 2009, in www.ilcaso.it, doc. 1924/2009, Trib. Udine 5 marzo 2010, in www.ilcaso.it, doc. 2091/2010) ma anche per gli acquirenti di polizze assicurative collegate al loro rendimento. L'operazione implica, pertanto, la conclusione di quattro negozi: 1) un contratto di negoziazione di ordini su strumenti finanziari, che regola la prestazione dei servizi di investimento; 1) un accordo quadro per la stipula di strumenti finanziari derivati, che regola specificamente la negoziazione di questi ultimi; 3) un ordine di negoziazione su strumenti finanziari, che regola l'acquisto di BTP; 4) la proposta di contratto di vendita dell'opzione put collegato all'andamento dei corsi su titoli azionari (cfr. Trib. Bari 17 luglio 2006, in www.il caso.it, doc. 449/2006). 3. «BTP DEL SALENTO>>. Con tali contratti il cliente non si limita ad acquistare titoli sicuri come i BTP. La banca acquista anche per conto del cliente e vende a sé stessa, con opzione put a suo favore (ovvero con facoltà di rivendita), una certa quantità di un paniere di titoli europei rientranti nelle nuove tecnologie, al prezzo di borsa della data della stipula (c.d. corso strike). La banca esercita l'opzione put solo nel caso in cui i titoli abbiano un andamento inferiore e riceve il differenziale tra lo strike price ed il prezzo di mercato al momento dell'opzione (cash settlement). A garanzia del rischio del mancato versamento della differenza da parte del cliente vengono posti i BTP acquistati. Il cliente acquista titoli di Stato ad un prezzo più conveniente (al valore nominale, invece, del valore superiore di mercato), ma assume il rischio scommettendo sull'andamento favorevole dei titoli collegati. Si tratta, quindi, di due singole operazioni costituenti due diversi contratti di compravendita di strumenti finanziari: con il primo il cliente acquista un BTP con scadenza 1 gennaio 2004; con il secondo egli vende alla banca opzioni put collegate all'andamento dei corsi su titoli azionari (Trib. Brindisi 21 febbraio 2005, in www.ilcaso.it, doc. 34/05) 4. Contratto quadro e forma negoziale. La giurisprudenza ha risposto negativamente. Innanzitutto, si è dichiarata la nullità del contratto nei casi in cui non era stato preventivamente stipulato il contratto quadro di investimento tra cliente ed intermediario (es. Trib. Taranto, sez. II, 16 maggio 2005, in www.ilcaso.it, doc. 251/05, ha affermato che per prodotti finanziari «BTP Tel» e «BTP Index» non può sopperirsi alla mancanza del contratto quadro di cui all'art. 30 Reg. Consob n. 11522 del 1998, mediante gli ordini scritti di investimento, non indicando gli stessi né il prezzo base né il premio delle opzioni). Il Tribunale di Napoli, sez. VIII, con sentenza 7 marzo 2007 (inedita) ha rilevato il difetto di forma scritta del contratto, rilevando che nell'ordine scritto non vi era indicazione di diversi elementi essenziali, come la vendita dell'«opzione put» e del premio/corrispettivo pagato dalla Banca per tale acquisto e delle modalità del suo esercizio, dei titoli azionari da acquistare e del loro prezzo, dell'obbligo dell'investitore di coprire l'eventuale differenziale negativo tra tale prezzo e quello di mercato alla data di rilevazione 89 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ scommettendo su di esso. La decisione quindi, poggia su un collegamento negoziale inscindibile tra le due operazioni (conf. Trib. Brindisi 16 dicembre 2005, in www.ilcaso.it, doc. 395/2005 e Trib. Brindisi 21 febbraio 2005, in www.ilcaso.it, doc. 34/2005, conf. anche Trib. Pescara 28 dicembre 2007, in www.ilcaso.it). dei corsi di chiusura, della funzione di garanzia dei BTP. Il contratto di vendita di dell'opzione, secondo il tribunale, è affetto da nullità relativa, denunciabile solo dal cliente, per contrasto con gli artt. 23 t.u.f. e 30 Regolamento Consob n. 11522 del 1998, in quanto privo della forma scritta vincolata. Ha affermato, però la nullità del solo contratto derivato, non avendo la parte contestato la validità dell'acquisto dei BTP, rimasto in capo all'acquirente. Il Tribunale di Brindisi 2007, per contro, ha dichiarato la nullità di un analogo contratto derivato connesso a BTP con opzione put a favore della banca, non per vizio di forma, ma per indeterminatezza ed indeterminabilità dell'oggetto del contratto (art. 1346 c.c., Trib. Brindisi 18 luglio 2007, in www.ilcaso.it, doc. 969/2007, così anche Trib. Bari, sentenza 17 luglio 2006, n. 1993, in www.ilcaso.it, doc. 449/2006.). Nella descrizione degli strumenti finanziari contenuta nell'ordine di negoziazione vi era esclusivamente la voce «BTP index», senza ulteriori specificazioni, per cui, secondo il tribunale per il cliente non era possibile comprendere se l'oggetto del contratto era un titolo di Stato, oppure un titolo collegato ad un prodotto strutturato né quale fosse l'opzione che vendeva ed il relativo premio. (Trib. Brindisi 18 luglio 2007 e Trib. Bari, sent. 17 luglio 2006, n. 1993, cit.) 6. CONTRATTI «MY WAY» E «4YOU» Anche il piano finanziario denominato «My way» si compone di più contratti funzionalmente collegati: a) viene concesso un finanziamento al cliente, non concretamente erogato, ma vincolato all'acquisto di determinati titoli (obbligazioni e quote di fondi comuni di investimento);b) i titoli a reddito fisso sono acquistati ad un prezzo inferiore al valore nominale, e permettono al cliente di acquisire alla scadenza un capitale certo, di importo predeterminato, tale da garantire il recupero della sorte capitale e di una parte degli interessi versati alla banca per il rimborso del finanziamento alla scadenza di 15, 20 o 30 anni; c) il rendimento dei fondi costituisce la componente aleatoria dell'operazione, condizionata dall'andamento dei mercati finanziari nei trent'anni successivi alla sottoscrizione; d) i titoli sono inseriti in un deposito titoli, intestato al cliente e costituiti in pegno a favore della banca, a garanzia del rimborso del finanziamento (cfr. Trib. Bari 31 marzo 2009, in dejure.giuffre.it). Il contratto «4you» è un'operazione di finanziamento in gran parte simile: a) viene concesso un finanziamento al tasso di circa il 6,7%; b) destinato all'acquisto di titoli (obbligazioni senza cedole zero coupon e quote di fondi comuni); c) i titoli vengono depositati un conto e posti a garanzia del rimborso del finanziamento; d) è presente una polizza assicurativa in caso di morte o infortunio grave ed è previsto con corrispettivo per il recesso. Il titolo esprime quindi, le 5. Nullità parziale o integrale? La risposta può essere data richiamando la decisione del Trib. Bari 17 luglio 2006, che ha dichiarato la nullità dell'intero contratto mettendo in evidenza come nell'operazione strutturata il cliente acquisti titoli di Stato ad un prezzo più conveniente rispetto a quello di mercato (in pratica al valore nominale, invece, del valore superiore), assumendo, però, contestualmente, il rischio dell'andamento dei titoli collegati e 90 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ applicabile la disciplina di cui agli artt. 21 ss. t.u.f., che impone all'intermediario lo specifico obbligo di diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti del cliente (Trib. Brindisi 21 giugno 2005). Si è sottolineato, infatti, che nei contratti denominati «4 you» e «My way» la somma di denaro che la banca mette a disposizione dell'investitore viene da subito vincolata e veicolata, senza possibilità di diversa determinazione, verso un prestabilito piano finanziario di accumulo (Trib. Salerno 18 marzo 2008, in Guida dir., 2008, f. 20, 58.) Si è anche affermato che potrebbe essere congiuntamente applicata anche la normativa sulla trasparenza bancaria proprio perché lo stesso t.u.f. prevede, come indicato in precedenza tra i servizi accessori la concessione di finanziamenti agli investitori per operazioni in strumenti finanziari (art. 1 comma 6, lett. c), T.u.f., Trib. Benevento 30 ottobre 2007, in dejure.giuffre.it). Anche le polizze assicurative linked pur essendo emesse da imprese assicurative hanno, secondo la giurisprudenza funzione prevalente finanziaria e, quindi, sono soggette al t.u.f. (es. Trib. Busto Arsizio 6 novembre 2010, Trib. Milano, sez. IV, 12 gennaio 2007, entrambe in dejure.giuffré.it, SEVERI, nt. 16; MARTINA, 1946 s.). 7.2. La pubblicità che è stata fatta sui prodotti è ingannevole? L'Autorità Garante per la Concorrenza ed il mercato (decisione 6 marzo 2003) ha affermato che i messaggi divulgativi pubblicitari relativi ai prodotti «121 Performance» e «My way» integrano una fattispecie di pubblicità ingannevole ai sensi degli artt. 1, 2, e 3, lett. a), d.lg. n. 74 del 1992 perché essi sono prospettati nei rispettivi messaggi come « prodotti di investimento che consentono di accedere alle opportunità offerte dai mercati con versamenti mensili di modesta entità (...)», con modalità apparentemente simili ai piani di accumulo di capitale dei quattro componenti dell'investimento (finanziamento, obbligazioni, azioni, polizza assicurativa). Anche per i per i piani finanziari «My way» e «4you» la giurisprudenza ha affermato l'unitarietà delle operazioni e l'interdipendenza funzionale delle prestazioni, ad esempio, affermando l'inscindibilità della dichiarazione di recesso (Trib. Rimini 28 aprile 2007, in www.ilcaso.it, doc. 553/2007). 7. Aspetti problematici. All'esame della giurisprudenza sono stati posti diversi profili: 1. il quadro ordinamentale di riferimento e la natura dell'operazione; 2. l'attività promozionale; 3. la formazione del consenso; 4. la meritevolezza e liceità dell'operazione; 5. la determinatezza dell'oggetto contrattuale; 6. i requisiti di forma; 7. le modalità di recesso. È opportuno, quindi, esaminare specificamente ciascuno di essi. 7.1. Si applicano ai prodotti strutturati le norme in materia di intermediazione finanziaria e le norme bancarie? Un punto fermo fissato dalla giurisprudenza è l'applicabilità delle norme in materia di intermediazione finanziaria: nonostante la forte incidenza del componente di finanziamento dell'operazione. Si è escluso, infatti, che possa attribuirsi valenza assorbente al profilo del finanziamento, perché con l'accordo stipulato tra banca e cliente prevede la concessione di un finanziamento vincolato esclusivamente all'acquisto di particolari strumenti finanziari, per cui la causa del negozio deve essere ricercata nel collegamento negoziale tra il finanziamento e la vendita dei prodotti finanziari, con la conseguenza che alla fattispecie deve essere ritenuta 91 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ fondi comuni di investimenti; manca, quindi, un'informazione corretta sulla necessità di sottoscrivere un contratto di finanziamento per accedere ai prodotti, che non può essere considerato di carattere accessorio. La slealtà informativa di cui si sono rese responsabili le banche, quindi, si colloca in una fase precedente a quella degli obblighi informativi propri delle trattative della stipula ed esecuzione del contratto di investimento. La giurisprudenza si è occupata delle conseguenze della pubblicità ingannevole sulle trattative individuali. Il Tribunale di Pavia ha affermato che, essendovi stata preliminarmente una pubblicità di carattere ingannevole, imperniata sulle finalità previdenziali dei prodotti e, quindi, sulla non rischiosità dell'investimento, la banca deve ritenersi obbligata ad un'attività di informazione dettagliata e scrupolosa che, invece, consenta di comprendere esattamente la natura del prodotto. (Trib. Pavia 10 febbraio 2009, in www.ilcaso.it, doc. 1760/2009). In effetti, è ragionevole presumere che di fronte ad una campagna promozionale scorretta l'investitore si avvicini al prodotto ed aderisca al contratto perché attratto ed informato dalla stessa, per cui dovrà essere la banca a dimostrare, non solo che obblighi informativi generali sono stati scrupolosamente osservati, ma anche evidenziando la non correttezza del messaggio pubblicitario diffuso o quanto meno, fornendo elementi circostanziati, idonei a ripristinare una rappresentazione del prodotto corretta. contratto qualora l'investitore presti il proprio consenso nel convincimento di sottoscrivere un piano di investimento basato sull'accantonamento di una somma mensile, senza avere la consapevolezza di aver contratto un mutuo e che le somme pagate mensilmente ne rappresentano in realtà la rata di rimborso (Trib. Parma 6 dicembre 2006, n. 1442, in www.ilcaso.it, doc. 470/2006), e ciò anche perché per effetto del messaggio pubblicitario ingannevole «il destinatario del messaggio è portato ad immaginare che i piccoli versamenti mensili cui il messaggio fa riferimento vengano impiegati per far fronte all'investimento con modalità analoghe a quelle previste nei piani di accumulo di capitale dei fondi comuni di investimento» mentre non emerge in modo chiaro il profilo del finanziamento (Trib. Firenze 19 aprile 2005, in www.ilcaso.it, doc. 37/2005); - in senso contrario, si è affermato che «Il piano finanziario denominato 4you, pur avendo una struttura complessa, ha caratteristiche tali da poter essere compreso da un investitore di media diligenza ed attenzione, per cui devono essere disattese le domande di annullabilità del contratto per vizio del consenso determinato da dolo o errore essenziale ove le stesse siano basate sul contenuto del contratto» (Trib. Prato 5 marzo 2009, in www.ilcaso.it, doc. 1769/2009). Anche se non vi è dubbio della decettività del messaggio pubblicitario, l'annullamento del contratto non è una sua conseguenza automatica, ma va comunque verificata in concreto l'eziologia del messaggio ingannevole sulla formazione della volontà dell'investitore, anche mediante presunzioni logiche e massime di esperienza, collegando le caratteristiche del piano, le modalità di diffusione e di redazione del testo contrattuale all'attività informativa effettuata in concreto, alla sua personale 7.3. Annullabilità per vizi della volontà. La giurisprudenza di merito si divide riguardo all'annullabilità del contratto per vizi della volontà: - si è affermato si versa in ipotesi di errore essenziale riconoscibile sull'intero 92 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ insito nella connotazione previdenziale; al contrario il contratto è redditizio solo per la banca, perché il cliente è destinato a subire perdite riguardo alla componente azionaria, non potendo «effettuare operazioni di passaggio di fondi, indispensabili in caso di turbolenze dei mercati». Si tratta, quindi di un contratto atipico, «che non ha nulla dello schema del contratto di mutuo, in quanto dirotta le somme messe a disposizione verso incontrollate forme di investimento»; di conseguenza «non è certo meritevole di tutela giuridica ex art. 1322 c.c. in quanto eccessivamente squilibrato a vantaggio di un contraente, ben al di là della normale alea contrattuale, con detrimento elevato dell'investitore, che merita tutela giuridica, anche per la sua posizione di consumatore (v. art. 1469-bis c.c.)». Di recente la Corte appello Napoli sez. III, con sentenza del 3 marzo 2010 (dejure.giuffre.it), ha escluso la meritevolezza del contratto <<4you>> , analizzando la causa negoziale in modo unitario e ribadendo l’assenza di controllo del cliente sull’andamento dell’investimento ed evidenziando che <<la banca, oltre a realizzare il proprio legittimo interesse a guadagnare attraverso il corrispettivo del mutuo e della vendita dei titoli che ha in portafoglio, arriva ad eliminare il rischio conseguente alla propria attività di impresa facendolo gravare esclusivamente sul cliente>> e, quindi,<<non ha alcun interesse a perseguire la necessaria diligenza nell'esecuzione del contratto>>>> La tesi della validità del contratto. Un secondo indirizzo giunge a conclusioni opposte, ma secondo due strade diverse. Alcuni tribunali, effettuando una valutazione in concreto della causa, ne hanno affermato la validità, sostenendo che: a) il «My Way» consente, in una logica di medio-lungo periodo, un'incentivazione del risparmio diretto esperienza di investimento ed attività professionale. 7.4. Il controllo di meritevolezza dei contratti «My way» e «4you». La giurisprudenza ha esaminato questi piani, per gli elementi di complessità, collegamento negoziale ed atipicità sul piano del controllo previsto dall'art. 1322 comma 2 c.c,con risultanti molto contrastanti. La tesi del difetto di meritevolezza. Secondo una prima tesi il contratto («4you», ma il discorso è analogo per il «My way») sarebbe immeritevole di tutela ex art. 1322 c.c., perché, traslando il rischio su una sola delle parti, rappresenterebbe un contratto aleatorio unilaterale, da ritenersi nullo per difetto di causa, non essendo diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico, ai sensi dell'art. 1322 e 1343 c.c. (Trib. Brindisi, sez. fall., 8 luglio 2008, in Dir. e prat. soc., 2008, 62; conf. Trib. Civitavecchia 20 aprile 2007, in Red. Giuffrè, 2007, in precedenza già Trib. Brindisi, sez. fall., 28 giugno 2005, in www.ilcaso.it, doc. 32/2005, Trib. Brindisi 30 dicembre 2005, n. 1417, in www.ilcaso.it, doc. 28572005, di recente, sent. 8 ottobre 2008, in www.ilcaso.it, doc. 1305/2008), La Corte di Appello di Salerno (sent. 30 settembre 2009, n. 836), confermando un indirizzo già espresso in precedenza dal Tribunale di Salerno (sent. 26 settembre 2007, in www.ilcaso.it) è giunta alla medesima conclusione con un percorso argomentativo più composito: poiché «la causa del contratto in esame si sostanzia da una parte nell'erogazione di un finanziamento retribuito per l'acquisto di strumenti finanziari e dall'altra nell'acquisizione a scadenza di un capitale rivalutato con finalità previdenziali», l'alea sottostante a tale investimento può legittimamente riguardare, quindi, il quantum del vantaggio patrimoniale, ma non l'an dello vantaggio stesso perché 93 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ alla costituzione di un capitale futuro; b) il cliente può in ogni momento disinvestire; c) la somma erogata al cliente è destinata all'acquisto di tipologie di strumenti finanziari non particolarmente speculative (Trib. Roma, sez. III, 4 dicembre 2008, in dejure.giuffré.it, 24138, per la tesi che nega il difetto di meritevolezza anche conf. Trib. Milano, sez. VI, sent. 25 novembre 2008). Altri tribunali, invece, hanno sostenuto che la valutazione di meritevolezza deve appuntarsi sullo schema causale astratto del contratto e non sulla vantaggiosità economica in concreto del negozio atipico (Trib. Parma, sent. 1 aprile 2009, Trib. Torino, sez. I, 8 maggio 2009, in dejure.giuffre.it) inoltre, l'inquadrabilità del contratto nella figura del mutuo di scopo finalizzato ad operazioni in strumenti finanziari previsto come servizio finanziario accessorio (art. 1 comma 6, lett. c), t.u.f. e l'art. 47 comma 2 Reg. n. 11522 del 1997), riporta la figura ad una fattispecie normativamente già prevista. (Trib. Parma 1 aprile 2009, in www.ilcaso.it). Su questa linea si colloca anche la recente decisione della Corte di Appello di Firenze, sez. I, sent. 5 gennaio 2010 che, precisando che l'art. 1322 c.c. si limita a consentire negozi atipici basati su uno scambio di prestazioni non vietato o illecito, ha escluso il difetto di rilevanza giuridica del «4you» per eccessivo squilibrio delle prestazioni, nonché l'invocata illiceità della causa per la violazione della libertà di investimento e disinvestimento. 7.4.1. È possibile, quindi, un controllo sulla corretta costruzione del sinallagma nei contratti finanziari strutturati? Discutere di meritevolezza e liceità di più contratti collegati significa andare al cuore dei più dibattuti ed irrisolti problemi della teoria del negozio giuridico: causa e tipo, rapporto tra controllo di liceità e di meritevolezza, negozi atipici e negozi collegati, ed, inoltre, profili più recenti come il tema dell'eccessivo squilibrio delle prestazioni e della giustizia contrattuale che, evidentemente, non possono di certo essere affrontati compiutamente in questa sede. Si possono, però, effettuare alcune considerazioni: a) allorché si discute di collegamento negoziale (indipendentemente dalla tesi oggettiva, soggettiva o mista del collegamento), tendenzialmente si resta nell'ambito dei contratti tipici (a meno ché gli stessi negozi collegati siano individualmente atipici). Non è corretto, quindi, parlare di collegamento genetico e funzionale dei negozi ed al tempo stesso di contratto atipico per effetto di tale collegamento: se più contratti tipici sono interdipendenti, non diventano per ciò stesso atipici; è atipico, invece, il contratto misto, che si differenzia dai negozi collegati per la fusione delle diverse cause negoziali; b) oggetto della valutazione di meritevolezza, non è la causa in astratto, come pure ha affermato parte della giurisprudenza, ma la causa in concreto, ovvero la funzione pratica del negozio, come da decenni afferma la dottrina (cfr. per tutti, G.B. FERRI, Causa, 251) e come ha più volte affermato anche la stessa, Corte di Cassazione (cfr. Cass. 20 agosto 2003, n. 12216; Cass. 4 aprile 2003 n. 5324; Cass. 19 febbraio 2000, n. 1898, Rv. 534659, Cass. 19 marzo 1999, n. 2526; Cass. 15 luglio 1993, n. 7844, in Giur. it., 1995, I, 1, 734; Cass. 15 giugno 1991, n. 6771; Cass. 18 febbraio 1983, n. 1244; Cass. 29 gennaio 1983, n. 826; Cass. 11 agosto 1980, n. 4921; Cass. 22 gennaio 1976, n. 185; Cass. 13 ottobre 1975, n. 3300; Cass. 7 aprile 1971, n. 1025, in Foro it., I, 2574; Cass. 16 ottobre 1968, n. 3317; Cass. 15 febbraio 1963, n. 331; Cass. 7 maggio 1955, n. 1299, in Giur. it., 1955, I, 1075; Cass. 28 febbraio 1946 n. 217; v. ALPA, 1 ss.; soprattutto, vedi la 94 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ recente decisione delle sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947, Rv. 611834). c) Il giudizio di meritevolezza ex art. 1332 c.c. è inteso da alcuni come verifica della contrarietà della causa alla legge, all'ordine pubblico ed al buon costume (quindi, come giudizio di liceità della causa), da altri come valutazione dell'idoneità dello strumento elaborato dai privati ad assurgere a modello giuridico di regolamentazione di interessi, e, quindi come riconoscimento del carattere giuridicamente vincolante del negozio, con ciò presupponendo questa seconda tesi una distinzione tra tipo astratto di negozio previsto dal legislatore, soggetto a verifica ex art. 1322, perché diverso dagli schemi tipici predisposti dal legislatore, e la causa, intesa come effettivo assetto degli interessi delineato dalle parti e soggetta a «giudizio di liceità ha la funzione di salvaguardare l'ordine giuridico dalla presenza di singoli accordi impegnativi i cui contenuti siano in contrasto con i princìpi regolatori dell'ordinamento» (GAZZONI, Manuale..., 808 s.). Entrambe le tesi, anche se sotto profili diversi, sottopongono il concreto regolamento di interessi tra le parti al giudizio di liceità sia che esso risponda allo schema di un contratto tipico sia che non possa essere ricondotto ad uno degli schemi legali prefissati (cfr. anche GAZZONI, Atipicità..., 52 ss.; G.B. FERRI, Meritevolezza..., 81 ss.; G.B. FERRI, Ancora..., 331 ss., distingue tra «rilevanza» ed il giudizio meritevolezza, ma avvicina quest'ultimo con quello di liceità; anche PERLINGIERI, 289-429). Ne consegue, per i contratti strutturati in esame, che il fatto che il t.u.f. preveda il finanziamento legato all'acquisto di titoli e, quindi, che assuma natura tipica lo schema causale astratto del mutuo di scopo collegato all'investimento in strumenti finanziari, così come il fatto che il t.u.f. nomini ed in parte regoli gli strumenti finanziari derivati, proprio perché il giudizio di meritevolezza è sul concreto regolamento del negozio, non rendono i prodotti strutturati automaticamente tipici o meritevoli di tutela. d) La dottrina più recente a spingersi oltre la nozione di causa in concreto. «L'affare così come costruito dai privati deve essere riguardato nella sua unità formale, cioè come "operazione economica", indipendentemente dal singolo tipo o dall'insieme dei tipi, seppur tra loro collegati o dipendenti, che le parti hanno utilizzato per costruire il loro assetto di interessi»; «L'operazione economica, infatti, quale schema unificante l'intero assetto di interessi disegnato dall'autonomia privata, penetra all'interno delle singole cause che compongono il collegamento negoziale, qualificandole in concreto, a prescindere dalla causa tipica dei singoli schemi negoziali» (GABRIELLI, 905 s.; per un riferimento, sia pure fugace alla categoria dell'operazione economica cfr. Cass. 23 aprile 2005, n. 8565, Rv. 580637). e) la meritevolezza, consistendo in una valutazione della liceità del negozio o della possibilità di attribuzione allo stesso di giuridica rilevanza, e solo successivamente della validità, tradizionalmente non rappresenta una valutazione di conformità all'interesse sociale del negozioex art. 41 comma 2 Cost. di proporzione, delle prestazioni oppure di reciproca vantaggiosità, per cui appare poco sviluppata l'affermazione secondo cui «l'ordinamento non può ammettere la validità di contratti atipici che, lungi dal prevedere semplici modalità di differenziazione dei diversi profili di rischio, trasferiscano piuttosto in capo ad una sola parte tutta l'alea derivante dal contratto, attribuendo invece alla controparte profili certi quanto alla redditività futura del proprio investimento. L'insanabile squilibrio iniziale tra le prestazioni oggetto del sinallagma contrattuale rende allora 95 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ l'intero contratto (...) radicalmente nullo, non soltanto per contrasto con gli art. 21 ss. t.u.f., ma anche per sua contrarietà alla previsione di cui all'art. 1322 c.c., non essendo detto negozio volto alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico» (Trib. Brindisi, sez. fall., 8 luglio 2008, in dejure.giuffrè.it, per un commento v. SANGIOVANNI, 3116 s. ). f) Va ricordato che, nell'ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell'art. 18 comma 5, lett. a), non si applica l'eccezione di gioco o scommessa prevista dall'art. 1933 c.c. (art. 23 comma 5 t.u.f., così come modificato dall'così modificato dall'art. 4 d.lg. 17 settembre 2007, n. 164), fatto sintomatico della meritevolezza di contratti con finalità esclusivamente speculativa. Altra questione, invece, è se la conclusione di tali contratti si traduce in una violazione da parte dell'intermediario degli obblighi di protezione o delle norme sul conflitto di interessi. In altri termini, la poca o nulla convenienza per l'investitore nel contratto asimmetrico rileva certamente sul piano delle regole di condotta piuttosto che su quello delle regole di validità. Residua lo spazio per una rilevanza dei vizi della volontà quando la violazione delle prime integra il dolo o l'errore essenziale riconoscibile. g) Può però accadere che la causa del prodotto strutturato sia illecita quando il concreto regolamento degli interessi contrasti con finalità di tutela di interessi esplicitamente considerati dal legislatore. Ad esempio, si è sostenuto che la clausola negoziale di una polizza index vita, con cui l'assicuratore non garantisce alla scadenza il rimborso del capitale assicurato e i versamenti delle cedole annuali «appare in contrasto con la causa giuridica (causa previdenziale) del contratto di assicurazione sulla vita (...) perché è tipica infatti dei contratti di assicurazione sulla vita l'irrilevanza delle modalità di investimento dei premi ricevuti dall'impresa di assicurazione, la quale è sempre responsabile nei confronti degli assicurati del pagamento delle somme assicurate», come confermato anche dall'impignorabilità ed insequestrabilità delle somme dovute dall'assicuratore a titolo di prestazione assicurata in caso di morte dell'assicurato o in caso che l'assicurato sia in vita alla scadenza contrattuale (art. 1923 c.c.) (SALANITRO, 491 s., il quale precisa che il collegamento del capitale al rendimento di titoli sarebbe ammissibile se operante esclusivamente a favore dell'assicurato). Sul piano della meritevolezza/liceità della causa in concreto un ulteriore approfondimento va effettuato sul contenuto del programma contrattuale del piano strutturato sugli obiettivi che esso si pone. Si è fatto riferimento alla opposte conclusioni, in particolar,e dei giudici salernitani e brindisini e dei giudici fiorentini (Trib. Salerno 26 settembre 2007, in www.ilcaso.it). Non convince, però, argomento, pur accuratamente svolto, dei giudici pugliesi che ritengono che il finanziamento non costituisca né un mutuo ordinario, né un mutuo di scopo, in quanto, essendo destinato all'acquisto immediato dei titoli indicati dalla banca, di carattere puramente nominalistico che, pertanto, rappresenta un contratto atipico immeritevole di tutela. Si sostiene, infatti, che la valutazione negativa ai sensi dell'art. 1322 c.c. è collegata al carattere di contratto aleatorio unilaterale dell'operazione e, quindi, al vantaggio diretto esclusivamente in favore della banca proponente. È evidente, però, che si trascura di considerare che l'investitore ha l'utilità di effettuare un investimento in assenza di una qualsiasi disponibilità di denaro grazie al finanziamento, sia pure dirottato verso l'acquisto di titoli scelti dalla banca. La 96 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ convenienza economica del contratto ed uno squilibrio non giustificato delle prestazioni è problematica ed incerta, specialmente quando la normativa specifica tutela l'investitore e l'integrità dei mercati (art. 6 e 23 t.u.f.). Eppure questa è la strada per considerare valido un negozio atipico di carattere finanziario. In conclusione, un contratto in derivati con finalità di copertura, stipulato a condizioni economiche che, secondo le corrette analisi di mercato, non possono salvo il verificarsi di eventi eccezionali assicurare nell'esecuzione del contratto il raggiungimento dell'obiettivo, ha una causa illecita perché contrastante con tali principi costituzionali e con il principio di tutela dell'investitore immanente alla normativa settoriale; mentre un contratto in cui una parte fornisce una prestazione come il finanziamento finalizzato all'acquisto di titoli, garantendosi contro il rischio insolvenza attraverso un vincolo sui titoli acquistati e, quindi, non avendo un concreto rischio di inadempimento, laddove la controparte che ottiene il finanziamento ha una prospettiva di redditività solo eventuale è perfettamente lecito; sarà illecito, invece, se le scelte di investimento non possono essere modificate nel tempo su sua iniziativa, disinvestendo senza oneri aggiuntivi e, quindi, operando quelle variazioni di portafoglio necessarie a dare redditività all'investimento o quanto meno, a ridurre le perdite dovute agli andamenti dei mercati finanziari, ciò in quanto tali limitazioni aggravano anticipatamente la posizione contrattuale della controparte e,pertanto, contrastano con i principi della solidarietà costituzionale, della tutela del risparmio e della libertà di investimento. questione, quindi, si pone in modo diverso: entrambe le parti hanno un'utilità potenziale, sia pure diversamente distribuita perché la banca sterilizza a monte il rischio di inadempimento del mutuatario con la costituzione dei titoli «sicuri» a garanzia. La differenza rispetto ad un mutuo ipotecario risiede nella maggiore liquidità della garanzia rispetto agli immobili, da alienare con procedura esecutiva; nell'assenza di un'utilità diretta per il mutuatario del bene acquistato indipendente dall'incremento di valore dello stesso; infine, dal difficile bilanciamento della redditività dei titoli con gli interessi passivi del mutuo, superiore al 6%. La crescente valorizzazione dell'applicazione diretta delle norme costituzionali nei rapporti privatistici può probabilmente indurre ad affermare che i contratti finanziari atipici, così come tutti gli altri contratti possono essere non meritevoli di tutela o, se si vuole, nullità per illiceità della causa quando l'interesse economico che concretamente persegue il negozio non è conforme a parametri costituzionali di diretto riferimento come il principio di tutela del risparmio (art. 47 Cost.), oppure i doveri di solidarietà costituzionale (art. 2 Cost.). Si può richiamare, in proposito l'affermazione recente della corte di legittimità per la quale «i controlli insiti nell'ordinamento positivo relativi all'esplicazione dell'autonomia negoziale, coincidenti con la meritevolezza di tutela degli interessi regolati convenzionalmente e con la liceità della causa, devono essere in ogni caso parametrati ai superiori valori costituzionali previsti a garanzia degli specifici interessi, ivi compreso quello contemplato dall'art. 2 Cost. (che tutela i diritti involabili dell'uomo e impone l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà)» (Cass., sez. III, 19 giugno 2009, n. 14343, Rv. 608475). Non vi è dubbio che la linea (soprattutto pratica) di demarcazione tra 7.5. L'oggetto del contratto è determinato? Il Tribunale di Parma dell'11 dicembre 2008, per un piano «4you», adottando una 97 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ 1. Sebbene diversi tribunali parlino di «ordine», piuttosto che di contratto, in modo esplicito o implicito, viene riconosciuta l'autonomia negoziale del piano di investimento strutturato rispetto al contrato quadro (Trib. Torino, sez. I, 8 maggio 2009). Il primo, quindi, non potrà essere considerato in nessun caso come meramente attuativo del mandato originario e sarà soggetto a tutti i rimedi invalidatori e risolutori propri del contratto: annullabilità per vizi del consenso, nullità relativa per vizi di forma. 2. La sua unitarietà non consentirà interventi parziali degli effetti del contratto complesso, neppure quando il rimedio è di natura relativa come nullità per vizio di forma. Sia per il collegamento necessario tra le operazioni sia per il rispetto del principio risarcitorio puro (allorché il contratto strutturato consente l'acquisto di titoli a prezzo inferiore rispetto a quello di mercato) si dimostra necessaria, invece, una declaratoria di nullità che si estende all'ordine complessivo, anche quando la domanda di nullità è ristretta all'operazione in derivati. Il carattere unilaterale del collegamento esistente tra contratto quadro ed ordine, non va, invece, dichiarata la nullità anche del contratto quadro. 3. La componente di finanziamento determina la necessità di applicare congiuntamente anche le norme sulla trasparenza bancaria previste dal t.u.b., espressamente estese anche agli intermediari finanziari (cfr. artt. 115 e 121 t.u.b.): non si vede del resto perché si debbano escludere gli strumenti di tutela specifici per contratti che vedono una loro componente del tutto corrispondente ai classici contratti bancari (si pensi alla trasparenza contrattuale sui tassi di interesse e sul TAEG in caso di credito al consumo che, ad esempio, non a caso non si applicano quando il contratto non prevede interessi soluzione analoga a quella dei tribunali pugliesi per la decisione dei casi dei «BTP del Salento», ha sostenuto che il contratto è nullo per indeterminatezza ed indeterminabilità dell'oggetto perché si limita a descrivere le caratteristiche generiche dei titoli da acquistare, senza indicarne la scadenza, il tasso di interesse e non contiene in allegato il prospetto informativo dell'offerta al pubblico delle quote di fondi comuni, né del prestito obbligazionario zero coupon. Va precisato, tuttavia, come emerge dalla motivazione che tale conclusione è stata indotta dalla mancata produzione in giudizio del prospetto informativo relativo alla sottoscrizione delle quote di fondi comuni di investimento mobiliare, e del regolamento per l'emissione del prestito obbligazionario zero coupon. 7.5.1. Deve essere indicato il TAEG? La giurisprudenza ha individuato, per i contratti in materia di credito al consumo (art. 121 t.u.b.), ovvero quelli nei quali il cliente ha agito per scopi estranei alla propria attività professionale, un'ulteriore causa di nullità dei contratti strutturati in precedenza analizzati, consistente nel difetto di indicazione per iscritto del tasso annuo effettivo globale (TAEG) del finanziamento concesso al cliente. Il testo contrattuale indica, infatti, solo il tasso annuo nominale (TAN), mentre il TAEG include anche gli oneri ulteriori aggiuntivi rispetto al solo tasso nominale, violando l'art. 124 del d.lg. 1 settembre 1993, n. 385 (Trib. Benevento 30 ottobre 2007, in dejure.giuffre.it). La nullità prevista dal TUB non comporta però la nullità dell'intero contratto, ma solo della clausola relativa agli interessi passivi; l'art. 124 comma 5 t.u.b., infatti, prevede la sostituzione automatica della clausola nulla con il tasso nominale dei BOT o di titoli similari. 7.6. Le conseguenze dei vizi di forma e di contenuto dei contratti relativi a prodotti strutturati. 98 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Quando, però la forma assume una funzione informativa, con un contenuto minimo predeterminato, il rapporto tra i due vizi è più complesso: il difetto dei contenuti indicati, anche relativi all'oggetto, integra sia un difetto di forma (si pensi, ad esempio al contenuto minimo del contratto quadro che, in caso di omissione certamente determina una nullità ex art. 23 t.u.f. e non ex art. 1346 c.c., sia un vizio del contenuto dell'atto, in quanto il programma contrattuale è generico; la prima però è nullità relativa e la seconda è nullità assoluta.) Teoricamente le due nullità sono cumulabili, ma la prospettiva di protezione dell'investitore e la specialità della norma porterebbero a ritenere applicabile solo il rimedio relativo. Il risparmiatore, altrimenti, si troverebbe esposto alla più pericolosa nullità assoluta. Si pensi, poi al paradosso della nullità relativa del contratto verbale ed alla nullità assoluta del contratto scritto deficitario. Per risolvere il problema bisogna prima considerare che se il contratto è a forma libera, in caso di redazione di un testo contrattuale scritto, ma lacunoso non è configurabile la nullità per indeterminatezza dell'oggetto, perché l'accordo è completo (salvo il problema dei limiti di prova patti anteriori o contemporanei). Orbene, se consideriamo che la nullità per vizio di forma nel contratto di investimento in prodotti strutturati può essere fatta valere solo dal cliente, sono possibili le seguenti ipotesi: - il cliente può agire per la nullità relativa del contratto per vizio di forma. Trattandosi di un prodotto strutturato che esula dal mero ordine e che al tempo stesso prevede anche un finanziamento, devono essere rispettati congiuntamente gli obblighi di forma previsti dal t.u.b. e di stipula di un contratto quadro (salvo che il contratto noi rispetti tutti i requisiti di contenuto minimo del contratto o altri oneri analoghi), fermo restando che trovano poi applicazione i rimedi specificamente previsti (es. per l'omessa indicazione di interessi o del TAEG si applicheranno i tassi previsti dagli artt. 117 comma 7 e 124 comma 5 per l'omessa indicazione della durata del prestito varrà il termine di trenta mesi, per l'omessa indicazione delle garanzie, nessuna garanzia sarà validamente costituita art. 125 comma 5). 4. Per ciò che concerne le eventuali carenze formali dei contratti, bisogna preliminarmente esaminare il rapporto tra nullità del contratto per indeterminatezza del'oggetto e nullità per vizio di forma. La distinzione astratta tra nullità per mancanza della forma e nullità per indeterminatezza dell'oggetto sul piano logico è agevole: nel primo caso l'accordo è completo, ma non è rispettata la modalità esteriore di perfezionamento del negozio; nel secondo caso, anche se i requisiti formali sono rispettati, è l'accordo stesso intrinsecamente deficitario, perché le due volontà si sono appuntate su un quid eccessivamente generico e non è neppure determinabile in base ad «elementi prestabiliti dalle parti, che possono consistere anche nel riferimento a dati di fatto esistenti e sicuramente accertabili» ed il programma contrattuale, quindi, è concretamente impraticabile (cfr. Cass., sez. II, 29 marzo 2006, n. 7279, Rv. 587607; Cass., sez. II, 30 dicembre 1997, n. 13098, Rv. 511249). Nel caso della forma vincolata tradizionale è facile operare una distinzione funzionale tra le due ipotesi di nullità: la prima è essenzialmente legata alla funzione di avvertimento dell'importanza dell'atto ed a assicurare la paternità della sottoscrizione, per cui il requisito è sostanzialmente integrato dai requisiti minimi dell'atto pubblico o della scrittura privata. Se il testo contrattuale è lacunoso nel descrivere a prestazioni il contratto non è nullo per difetto di forma, ma per indeterminatezza dell'oggetto. 99 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ l'espresso riferimento alla sottoscrizione dell'art. 25 del previgente reg. intermediari (Trib. Isernia, 21 ottobre 2009, in www.il caso.it, doc. 2003/201). Il punctum dolens, tuttavia, non è stato l'accertamento del luogo di conclusione del contratto, ma dell'applicabilità a tali contratti delle norme in materia di offerte a distanza di servizi finanziari ed, in particolare, delle regole relative allo ius poenitendi: l'indicazione del diritto di recesso nel contratto, la sospensione dell'efficacia del contratto per sette giorni data di sottoscrizione da parte dell'investitore; la mancanza di spese o di corrispettivi (art. 30 comma 6 t.u.f.). Vi è un notevole dibattito nella giurisprudenza e nella dottrina sull'applicabilità dell'art. 30 a questi contratti strutturati, perché non è chiara la portata applicativa di tale norma. L'art. 30, infatti, definisce le offerte a distanza come la promozione e il collocamento presso il pubblico, in luogo diverso dalla sede legale e dalla dipendenza dell'intermediario, di strumenti finanziari e di servizi e attività di investimento. I commi 6 e 7 t.u.f. regolano testualmente lo ius poenitendi per i «contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede». Secondo un primo indirizzo, il collocamento va inteso in senso ampio, per diversi motivi: 1) per coerenza con la finalità di tutela del consumatore propria della Direttiva 857577/CEE e successive; 2) per la previsione della promozione e collocamento anche si servizi di investimento, oltre che di strumenti finanziari; 3) per evitare un'ingiustificata disparità di trattamento tra le diverse ipotesi di offerta fuori sede; 4) perché l'art. 36 Regolamento Consob sugli intermediari (n. 11522 del 1998, ora sostituito dal Reg. n. 16190 del 2007), prevede genericamente per tutte le offerte fuori sede - e non solo per la quadro), per cui verranno elisi gli effetti del contratto con obblighi restitutori del capitale investito; il cliente potrebbe agire alternativamente per indeterminatezza dell'oggetto in quanto, pur avendo stipulato il contratto quadro ed un successivo testo contrattuale, quest'ultimo non contiene una descrizione di tutte le condizioni contrattuali rilevanti, ed anche in questo caso verranno elisi gli effetti del contratto; - la banca non può agire per ottenere la nullità del contratto ex art. 1346 c.c. perché, nella sua prospettiva, non potendo dolersi delle lacune formali del testo contrattuale (difetto di legittimazione alla azione di nullità di protezione), l'oggetto del contratto, può ben essere determinato aliunde in base ad altri elementi quando il cliente non va valere il vizio di forma; - la nullità per indeterminatezza ed indeterminabilità dell'oggetto potrà essere fatta valere dalla banca solo nel caso in cui riesca a dimostrare che l'accordo delle parti di è perfezionato su un'operazione non esattamente determinata né determinabile in base agli accordi delle parti (senza, ad esempio, prevedere quali titoli o stabilire i criteri per la loro determinazione). 7.7. Il diritto di recesso all'investitore nei contratti My way e 4you. In numerosi casi i Tribunali hanno accertato che tali contratti sono stati offerti fuori sede (es. perché avendo la banca ha inviato al cliente l'accettazione della proposta da questi formulata, il contratto ex art. 1326 c.c. è perfezionato presso il suo domicilio, Trib. Forlì 4 marzo 2006, in Merito, 2007, 34). Si è però sottolineato che non basta che le trattative si svolgano fuori sede, ma che è necessario che la stipula avvenga al di fuori dei locali commerciali dell'intermediario, non potendosi superare 100 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ promozione ed il collocamento - che i promotori finanziari illustrino agli investitori la facoltà prevista dall'art. 30 comma 6 t.u.; 5) infine perché, l'art. 61 comma 3 del regolamento ricomprende nel servizio di collocamento anche l'attività di offerta fuori sede di strumenti finanziari (Trib. Milano 4 aprile 2007; Trib. Mantova 10 dicembre 2004, in Contr., 2005, 604; Trib. Forlì 13 gennaio 2009, in www.ilcaso.it; Trib. Firenze 11 marzo 2008, in Contratti, 2009, 159, v. CARUSO, 2411 ss.; Trib. Parma 17 gennaio 2006, in www.giuraemilia.it, 2006; Trib. Pescara 9 maggio 2006, in www.ilcaso.it, doc. 316/2006; Trib. Roma 20 luglio 2006, in www.ilcaso, doc. 426/2006; Trib. Roma 14 settembre 2006, in www.ilcaso.it, 428/2006; Trib. Rimini 28 aprile 2007, in www.ilcaso.it, doc. 553/2007, Trib. Benevento 26 ottobre 2005). La tesi negativa, a sua volta, articola una pluralità di argomenti: 1) esclude che il legislatore abbia potuto utilizzare atecnicamente l'espressione collocamento includendovi la negoziazione in senso stretto, ossia l'attività di acquisto o di vendita titoli e l'attività di ricezione e trasmissione di ordini di acquisto, vendita o sottoscrizione; 2) sottolinea che, se il legislatore avesse voluto intendere per «contratti di collocamento di strumenti finanziari» tutti i contratti conclusi fuori sede come oggetto gli strumenti finanziari, non avrebbe avuto ragione di aggiungere, subito dopo, i «contratti di gestione di portafogli individuali», che si sarebbe tradotta in una specificazione inutile; 3) precisa che la negoziazione, consistente nell'esecuzione «di ordini di acquisto ricevuti dalla clientela stessa, a condizioni, quindi, diverse a seconda dell'acquirente e del momento dell'operazione» è attività non assimilabile al collocamento di strumenti finanziari che, consiste, invece, in un' attività svolta dal soggetto incaricato dall'emittente al fine di offrire al pubblico e di collocare le proprie azioni o obbligazioni; 4) evidenzia che il recesso è istituto eccezionale e, quindi, le norme che lo consentono sono di stretta interpretazione; 5) osserva che la negoziazione di ordini deve avvenire in tempi rapidi e, quindi, a differenza della gestione di portafogli di investimento, è ostacolata dal periodo di sospensione dell'efficacia del contratto; 7) ricorda, ancora, che la Direttiva 2002/65/CE in materia di servizi finanziari a distanza (art. 6, par. 2) esclude l'applicabilità del diritto di recesso ai servizi finanziari, diversi dalla gestione di portafogli di investimento che devono avere attuazione prima del decorso del termine per il recesso o il cui prezzo è soggetto ad oscillazioni del mercato finanziario che possono aver luogo durante il periodo di recesso. Tale esclusione, inoltre, essendo prevista per i consumatori a fortiori dovrebbe riguardare gli altri investitori destinatari dell'offerta a distanza prevista dall'art. 30 t.u.f.; al contrario, la gestione di portafogli ed il collocamento di strumenti finanziari (a prezzo fisso) sarebbero gli unici casi in cui il diritto di recesso non potrebbe essere strumentalizzato per trarre vantaggio dalle immediate fluttuazioni del prezzo (CARUSO, 2411, che pure conclude per l'insuperabilità delle espresse previsioni del regolamento; SANTOSUOSSO, 758, il quale ricorda che la Consob, nel prevedere con proprie norme regolamentari l'obbligo di registrazione degli ordini telefonici (art. 60 commi 2 e 3 Reg. interm.), ne ha implicitamente ammesso la legittimità, escludendo, ovviamente, il diritto di recesso). Alcuni Tribunali, inoltre, hanno risolto il problema, in alcuni casi esplicitamente aggirando la dibattuta questione, osservando che risulta pacifica l'esistenza di un collegamento negoziale inscindibile tra le diverse operazioni sottostanti a tali contratti; di conseguenza, per il «4 you» hanno sostenuto la nullità dell'intera operazione perché il diritto di recesso era 101 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ reputarsi nulla, ai sensi dell'art. 1469-bis comma 3, n. 5 c.c.(Trib. Brindisi 28 giugno 2005, cit.; conf. Trib. Pescara, 9 maggio 2006, in www.ilcaso.it, doc. 316/2006; Trib. Pavia 10 febbraio 2009, in www.ilcaso.it, doc. 1760/2009). Di segno opposto, invece, la decisione del Tribunale di Torino (sez. I, 8 maggio 2009, cit.), che ha ritenuto infondata la domanda di nullità delle clausole che prevedono il corrispettivo per il recesso ai sensi dell'art. 33 comma 2, lett. e) e g) e dell'art. 35 cod. consumo: con essa, infatti, non si pattuirebbe tanto un corrispettivo o una sanzione per il recesso, quanto le modalità per la determinazione della somma che il mutuatario deve rimborsare al mutuante in caso di estinzione anticipata del finanziamento erogato. 7.7.2. Le indicazioni del diritto di recesso. Una volta stabilito che il diritto di recesso spetta all'investitore e può essere esercitato unitariamente, vanno tratte le conclusioni riguardo alle modalità di informazione dell'esistenza di tale diritto. Quanto al contenuto dell'informativa sul recesso, la giurisprudenza è rigorosa; non basta una generica indicazione scritta del diritto di recesso, ma si è detto che: a) l'informazione scritta sul diritto di recesso deve essere indicata in tutti i contratti collegati e non solo nel prospetto informativo relativo alle quote di fondi (Trib. Bari 31 marzo 2009, in dejure.giuffre.it; Trib. Benevento 30 ottobre 2007, in dejure.giuffre.it., Trib. Rimini 28 aprile 2007, n. 441, in www.ilcaso.it, doc. 553/2007; b) deve essere inserita per espressa previsione legislativa nei moduli o formulari costituenti il testo dell'offerta contrattuale sottoscritta fuori sede dall'investitore e che, quindi, per cui ogni altra modalità di informazione (ivi incluso il prospetto informativo) non soddisfa il preciso requisito di forma stabilito dalla legge a pena di nullità; c) che non può previsto solo per uno dei contratti collegati (la sottoscrizione dei fondi comuni di investimento nel caso esaminato dal Trib. Bari 31 marzo 2009, massima in questa Rivista, 2009, 1867, per esteso in dejure.giiuffré.it) nel solo foglio informativo relativo agli stessi (Trib. Rovigo, sent. 2 ottobre 2009, in www.confoconsumatori.com e in www.ilcaso.it, doc. 1847/2009); Trib. Forlì 4 marzo 2006, in Merito, 2007, 34, che ha anche precisato che «La nullità che ne deriva per la mancata indicazione della facoltà di recesso riconosciuta al cliente, si estende, in virtù del collegamento negoziale, a tutta la fattispecie contrattuale, ivi compreso il mutuo». 7.7.1. È previsto un corrispettivo per il diritto di recesso del cliente? Si è evidenziato che la facoltà unilaterale di recesso dal piano My way, comporta il pagamento di un corrispettivo, diretto a compensare l'altro contraente dalla concessione di tale facoltà a proprio rischio: il cliente non perde le somme versate, ma le stesse vengono computate ai fini della determinazione della somma residua da versare per lo scioglimento del rapporto di finanziamento del quale il sottoscrittore ha beneficiato. Il Tribunale di Brindisi ha analizzato accuratamente i costi del recesso, individuando l'obbligo dell'investitore di corrispondere alla banca, «oltre agli interessi e gli altri oneri maturati fino all'esercizio di detta facoltà, un importo determinato dalla somma delle rate ancora a scadere, comprensive di capitale ed interessi, attualizzata al tasso IRS (Interest Rate Swap) corrispondente al periodo intercorrente tra la data di esercizio della facoltà di anticipata estinzione e la data di naturale scadenza del finanziamento», concludendo che si tratta «di una clausola limitativa del diritto di recesso, non bilanciata da analoga facoltà concessa al consumatore per l'ipotesi di recesso della banca», da 102 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ responsabilità contrattuale della banca, se prospettata dal cliente. riferirsi alla sola facoltà di recedere dal fondo, ma deve indicare il termine di sette giorni e fare riferimento alla complessiva ed unitaria operazione finanziaria My Way sottoscritta dall'attore fuori la sede dell'intermediario finanziario. (Trib. Benevento 30 ottobre 2007, cit.; Trib. Rovigo, sent. 2 ottobre2009) d) la clausola che regola i costi di recesso nel «4you», essendo comprensibile solo da esperti è vessatoria, e deve pertanto essere dichiarata inefficace (Trib. Prato 5 marzo 2009, in www.ilcaso.it, doc. 1769/2009.) 7.8. Polizze linked . La descrizione delle polizze di tipo linked può essere affidata alla parte motiva della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio del 6 novembre 2009, in dejuregiuffre.it) <<Il contratto di assicurazione si caratterizza per "la certezza della prestazione dell'assicurazione" per quanto riguarda sia l'an sia il quantum, sul presupposto che l'assicuratore assume su di sé tanto il c.d. "rischio demografico", ossia il rischio attinente alla durata della vita umana (morte o sopravvivenza dell'assicurato), quanto i rischi finanziari correlati al contratto, perché all'assicurato viene sempre garantita una determinata prestazione a prescindere dai risultati della gestione finanziaria, cosicché i rischi finanziari degli investimenti sfuggono dalla portata conoscitiva dell'assicurato, in quanto la loro gestione è di stretta competenza della sola compagnia assicuratrice. Questo assetto di interessi è completamente venuto meno negli ultimi decenni, quando si è sviluppato il fenomeno delle c.d. "linked life policies", contratti tipici dei mercati finanziari inglesi e nordamericani, che, sebbene inquadrati nel novero delle assicurazioni sulla vita, ricomprendono fattispecie molto diverse da quelle collegate in passato ai "bisogni previdenziali" dell'assicurato, potendo non solo mancare qualsiasi forma di garanzia da parte della compagnia in ordine alla restituzione del capitale, ma anche il quantum delle prestazioni stesse è determinato solo a posteriori sulla base dei risultati degli investimenti dei premi. Da tanto ne consegue che l'intero rischio dell'investimento dei capitali in questo secondo tipo di polizze è a carico dell'assicurato, sicché sul piano finanziario 7.8. La prova testimoniale del funzionario che ha promosso l'investimento per l'intermediario. Parte della giurisprudenza ha rilevato che vi sia un'incapacità a testimoniare ex art. 246 c.p.c. perché il funzionario che si è occupato della promozione sarebbe corresponsabile del danno e potrebbe essere citato in giudizio in via alternativa o solidale (Trib. Genova 22 aprile 2005; Trib. Genova 12 aprile 2005, in Red. Giuffrè, 2005; Trib. Napoli, sez. IV, 9 febbraio 2006,). Vi è da dire, però che le Sezioni Unite hanno affermato che «la veste di dipendenti o funzionari dell'intermediario, i quali hanno materialmente mantenuto col cliente i rapporti da cui sono scaturite le pretese risarcitorie discusse in causa, non basta a rendere i testi titolari di un interesse che ne giustificherebbe la personale partecipazione al giudizio, e quindi non determina la loro incapacità a deporre (Cass., sez. un., 19 dicembre 2007, n. 26724, Trib. Firenze 27 novembre 2002, in Dir. banc., 2004, I, 155). La corresponsabilità del funzionario di banca, però, è ristretta alla domanda di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale, non potendo essere esercitate nei suoi confronti né le domande di nullità ed annullabilità del contratto, né le domande fondate su una 103 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ alle polizze assicurative sulla vita collegate a valori mobiliari), pur tuttavia, ritiene che nel caso specifico prevalga la connotazione finanziaria dei contratti conclusi dallo Speroni, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in rito. Dal punto di vista giuridico, difatti, le index - linked sono delle polizze vita e, pertanto, sono soggette alla disciplina giuridica di questo tipo di prodotto (come l'impignorabilità, l'insequestrabilità, particolari vantaggi finanziari, ecc.), ma l'imprinting è la connotazione finanziaria delle stesse: mentre le polizze vita ordinarie si basano su principi di mutualizzazione dei rischi, le polizze di cui trattasi si caratterizzano per un elemento di rischio (l'andamento dell'indice) che è lo stesso per ogni polizza, per la rivalutazione del capitale in base ad indici azionari, titoli guida o composizioni miste, il che comporta per i piccoli investitori un collegamento tra la borsa (investimento ritenuto rischioso dalla maggior parte dei risparmiatori) e la banca-assicurazione che rassicura il piccolo risparmiatore. Certamente non sono polizze tradizionali, ma contratti legati a uno strumento finanziario di tipo speculativo che potrebbe offrire nel tempo maggiori opportunità di guadagno: proprio per la peculiarità di offrire presumibili maggiori rendimenti e, al contempo, di fornire anche un'ampia copertura previdenziale per gli anni a venire hanno ottenuto un grande successo di pubblico. Esse, infatti, non nascono in funzione delle esigenze personali del singolo cliente, ma sono frutto di una vera e propria operazione di "emissione" con versamento di un premio in un'unica soluzione ovvero secondo un piano di accumulo. Due sono gli strumenti di questo tipo di polizze: le polizze unit linked (ovvero polizze agganciate a un determinato fondo di investimento), e le polizze index si è più vicini ad un fondo comune di investimento che non ad una assicurazione sulla vita. Le polizze sulla vita, pertanto, si sono evolute, passando attraverso le polizze cd. rivalutabili, in polizze indicizzate (index, sia linked sia unit,...) al fine di cercare di riuscire a trarre un maggior rendimento dagli investimenti effettuati: di fatto, si può dire che le index - linked sono un prodotto intermedio tra l'investimento in borsa e la tradizionale polizza vita, attesa la particolare natura del prodotto, la durata, l'importo e anche l'entità dei premi minimi, che sono mediamente più elevati rispetto ad un prodotto prevalentemente assicurativo. Nella pratica, solitamente la compagnia di assicurazione si avvale di un grosso investitore finanziario professionale (che deve avere dei prerequisiti stabiliti dall'ISVAP, istituto che peraltro ha ampiamente regolamentato dette polizze con varie circolari), in grado di procurare i fondi necessari per finanziare il prodotto ovvero di "costruire il prodotto": gli attivi messi a garanzia dell'operazione finanziaria sono rappresentati da obbligazioni e precisamente da titoli di puro sconto (zero coupon bond). L'istituto finanziario (banca, sim o istituto assicurativo), nel proporre al cliente l'assicurazione "index linked" (legata all'indice- polizza indicizzata), gli rappresenta la possibilità di diversificare rischi nel breve/medio termine, nel senso che il valore del capitale assicurato dipende dall'andamento del valore di un indice azionario (o vari indici o ad un paniere azionario o altri valori di riferimento), ed è suscettibile di ampie oscillazioni (positive e negative) nel periodo di riferimento. Orbene, se pur il Collegio ben conosce l'ultimo orientamento del Supremo Collegio (cfr. Cass. S.U. 31.3.2008, n. 8671, in Foro it., 2008, I, 1434 che riconosce una connotazione pensionistica 104 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ insolevenza dell’emittente costituisce una clsusola di tipo vessatorio: <<Sono nulle le clausole di una polizza "index linked", con cui si pone a carico del cliente il rischio dell'inadempimento o dell'insolvenza dell'ente che ha emesso i titoli collegati alla polizza medesima, sia per il loro carattere di vessatorietà, sia perché non approvate specificatamente per iscritto; ne consegue che la compagnia assicuratrice è tenuta a corrispondere al cliente il capitale minimo garantito previsto nel contratto, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria a far tempo dalla scadenza della polizza.>> (Tribunale Milano, 12 febbraio 2010, Foro it. 2010, 5, 1626 ). linked (polizze legate invece ad un particolare indice di borsa o a un paniere di titoli azionari). Nella pratica si può dire che "le polizze unit linked sono un modo indiretto di comprare fondi comuni di investimento": infatti, i premi versati dall'assicurato, invece di essere investiti in titoli di Stato e altre obbligazioni a tasso fisso, vengono investiti in fondi, sicché il rendimento della polizza è strettamente legato alla rivalutazione del fondo prescelto. Le polizze index linked, invece, sono polizze vita, i cui rendimenti sono ancorati a particolari indici di borsa o a particolari panieri di titoli azionari, di tal che i rendimenti delle polizze beneficeranno, o meno, dell'aumento o del decremento di valore dell'indice o del paniere di azioni. Le index linked si caratterizzano, pertanto, per essere una specie di investimento intermedio tra l'acquisto di azioni in borsa e la tradizionale polizza vita: così consentono di diversificare il portafoglio titoli e presentano una componente previdenziale ridotta, ma non inesistente, utilizzabile anche per costruirsi una pensione complementare, con la speranza di poter ottenere capitali superiori a quelli conseguibili con le mere polizze rivalutabili. Questo Tribunale, pertanto, ritiene che le polizze vita indicizzate del tipo Index Linked si concretizzino prevalentemente per la componente propria degli investimenti finanziari, di tal che le stesse sono soggette al rito societario di cui all'art. 1 lett. d) D. Lgs. 17.1.03 n.5.>> (per la natura finanziaria anche Tribunale Firenze sez. III, 06 novembre 2007, in dejure.giuffre.it). 7.8.2. Buona fede nelle trattative e nell’esecuzione del contratto. La medesima pronuncia ha anche censurato il comportamento della compagnia assicurativa prima e durante l’esecuzione del contratto, considerando contrarie alla buona fede le condotte della compagnia assicuratrice che, nella stipulazione e nell'esecuzione di una polizza "index linked": 1) abbia consegnato le condizioni di polizza solo dopo l'accettazione della proposta; 2) non abbia reso edotto il cliente della connotazione finanziaria dei prodotto che stava acquistando e da rischi che così si assumeva; 3) si sia rifiutato di corrispondergli il minimo garantito; il cliente ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale (consistente nella ritardata disponibilità dell'importo costituito dal capitale minimo garantito) e non patrimoniale (consistente nella frustrazione che il rifiuto dell'assicuratore gli ha procurato, nonché nell'ansia e apprensione per il suo futuro e quello dei suoi cari e nello stato di angoscia e rabbia derivante dall'illecita sottrazione di una somma ingente che ritenevo invece di aver posto in sicurezza).(Tribunale Milano, 12 febbraio 2010, Foro it. 2010, 5, 1626 ). 7.8.1. Vessatorietà della clausola di devoluzione del cliente del rischio di insolvenza dell’emittente. La validità di tali polizze è stata messa in discussione, osservandosi che il trasferimento sul cliente del rischio 105 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ 7.8.3. Violazione degli obblighi informativi. Il Tribunale Firenze sez. III del 6 novembre 2007 ha anche affermato che la sostituzione di un polizza con capitale garantito con una di tipo linked con rischio di perdita del capitale investititi può rappresentare un’operazione inadeguata, ricordando che l’art. 29 del reg. intermediari n. 11522 del 1998 richiede l’obbligo di astensione dall’effettuare l’operazione, l’informazione al cliente e l’autorizzazione specifica per iscritto. Di analogo contenuto anche la precedente decisione del Tribunale Trani del 30 aprile 2008, n. 529 (dejure.giuffre.it) che applica i principi della know your product rule prevista dall’art. 26 del re. Intermediari n. 11522 del 1998 e della know your customer rule contemplata dal citato art. 29 (184). 7.8.4. Diritti dei consumatori. Il Tribunale Milano, con ordinanza del 21 dicembre 2009 in (Foro it. 2010, 5, 1627 s.) è intervenuto su una domanda inibitoria di una associazione di prodotto, sicché il cliente sia messo nella condizio-ne di effettuare scelte consapevoli e solo successivamente "può" con-sigliare e, sulla base delle disposizioni impartitegli da un cliente edotto, ef-fettuare l'operazione. Sul punto si sottolinea che l'obbligo informativo non è soddi-sfatto dalla consegna del documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, previsto dall'art. 28 comma I lett. b Reg. Consob, poiché tale documento, che pure rientra tra quanto va dato al cliente, è solo finalizzato ad una conoscenza generica della tipologia degli strumenti finanziari, senza tuttavia alcuna attinenza con quella informazione specifica su un determinato strumento, possibile oggetto di negoziazione. Ulteriore dovere informativo sancito dall'art.27 Reg. Consob è quello relativo all'ipotesi di esistenza di un interesse in conflitto, diretto o indiretto -derivante anche da rapporti di gruppo- nell'effettuazione dell'operazione con o per conto della propria clientela: in tal caso, infatti, l'operazione è vietata, salvo preventiva informazione scritta e consenso espresso preventivamente dal cliente per iscritto o su nastro registrato. Acquisiti gli elementi utili in ordine alle caratteristiche del prodotto incombe sull'intermediario, quindi, a norma dell'art. 29 Reg. Consob n. 11522/1998, l'onere di verificare gli obiettivi e le finalità dell'investimento, assumendo a tal fine informazioni dal cliente, onde poter compiutamente esprimere una valutazione sull'adeguatezza dell'operazione per tipologia, oggetto, frequenza e dimensione, ovvero se la stessa sia com-patibile con le esigenze e le capacità economiche dell'investitore, a-dottando una procedura di cautela in caso di ritenuta inadeguatezza dell'ope-razione. In tal caso, infatti, spetta all'intermediario acquisire ai sensi dell'art.29 comma II Reg. Consob n.11522/1998 un ordine scritto specificamente impartito dal cliente informato dell'inadeguatezza per eseguire l'operazione. (184) <<gli obblighi informativi gravanti sull'intermediario sono innanzitutto quelli di acquisire ogni notizia ed ele-mento utile a comprendere le caratteristiche dello strumento finanziario da trattare (art. 26 lett. e Reg. Consob). È necessario cioè che, prima ancora di fornire informazioni al cliente, sia lo stesso intermediario a verificare compiutamente le qualità generali del prodotto. Trattasi del primo essenziale dovere dell'operatore finanziario, che nello svolgere una funzione così rilevante nel mercato finanziario "deve" essere in grado di valutare il prodotto stesso, comprendendone caratteristiche oggettive e so-lidità rispetto al suo emittente, presupposto per valutare a sua volta l'adeguatezza rispetto alle esigenze del cliente-investitore. Sempre nell'alveo della ricezione delle informazioni l'intermediario, ai sensi dell'art.28 Reg. Consob, ha l'obbligo di acquisire dal cliente notizie sulla sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, sulla sua situazione finanziaria, sugli obiettivi d'investimento, sulla propensione al rischio. Infine, acquisite le notizie sul prodotto e sul soggetto (naturalmente ciò nella complessa organizzazione di cui dispone), "deve" fornire al potenziale investitore adeguate informazioni sulle caratteristiche, natura e rischi del singolo 106 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Unite 2008/8271), ha escluso, però, l’impignorabilità delle polizze linked per diversi motivi: • perchè si tratta di <<prodotti finanziari a tutti gli effetti che possono essere riscattati in qualsiasi momento e nulla garantiscono per l'assicurato nemmeno il rientro del valore investito il quale, contrariamente a quanto si verifica per le polizze vita "vere" viene assoggettato proprio a quel rischio che, secondo il codificatore, le polizze vita si prefiggono di ovviare">>, • vi è un versamento unico (…) certamente non volto, almeno in via principale, a soddisfare bisogni di natura previdenziale principalmente "legati ai bisogni dell'età post lavorativa o derivante dall'evento morte di colui che percepisce reddito dei quali anche altri si avvalga", • i prodotti prevedono una redditività esclusivamente legata a fenomeni di tipo finanziario e che la loro redditività può anche mancare in caso di negatività dei riferimenti finanziari: <<ciò che appare chiaramente incompatibile con "lo strumento, (che in ragione appunto della sua funzione previdenziale il divieto sub art. 1923 cod. civ. è volto a presidiare) della assicurazione sulla vita, quale forma di assicurazione privata (pur nelle possibili sue varie modulazioni negoziali) maggiormente affine agli istituti di previdenza elaborati dalle assicurazioni sociali">>; • <<che può quindi ritenersi dall'esame dei prodotti in esame che essi assolvano più a funzioni di investimento finanziario di capitali che alla funzione di una tutela previdenziale (che, proprio per le sue finalità, deve porsi come obiettivo minimo almeno quello della conservazione integrale del capitale)>>. In precedenza la giurisprudenza (185) aveva in senso contrario affermato che <<nelle polizze sulla vita indicizzate (c.d. consumatori formulata ai sensi dell’art. 140 del Codice del consumo (d.lgs. n. 206 del 2005) volta a rimediare alle comunicazioni della compagnia assicuratrice che, in relazione a polizze index linked di prossima scadenza collegate ad obbligazioni della Lheman Borthers, aveva inviato comunicazioni alla clientela indicando in termini certi che, per effetto del fallimento della soc. Lheman essi non avevano un diritto contrattuale nascente dalla polizza alla restituzione del capitale garantito, con probabili perdite rilevante e che avevano anche invitando la stessa ad aderire a proposte transattive. Ritenuta la violazione dei principi di buona fede, correttezza e lealtà previsti dall’art. 2, comma 2 cod. consumo, dai doversi di solidarietà costituzionale ex art. 2 Cost. e 1375 c.c., ha condannato ad un messaggio di rettifica contenente la valutazione del Tribunale delle missive ed, in termini di probabilità, degli effettivi diritti restitutori della clientela, individuando giusti motivi d'urgenza (art. 140, comma 8 cod. cons.) per la concessione di misure cautelari nel fatto che il tempo occorrente all'associazione rappresentativa dei consumatori per agire in via ordinaria potrebbe comportare l'adozione di una pronuncia non più efficace, sia per il rischio di prescrizione delle azioni individuali sia perché un’informazione a rettifica effettuata a distanza di tempo non riuscirebbe nello scopo di assicurare una informazione efficace nella fase di conclusione dei contratti sostitutivi. 7.8.5. Pignorabilità delle polizze linked. Il Tribunale Parma sez. I del 10 agosto 2010, n. 1107 nel fare applicazione dell’art. 1923 cod. civ., ovvero del divieto di pignoramento e di sequestro dellepolizze vita, per la funzione previdenziale riconoscibile al contratto di assicurazione sulla vita (cfr. Cass. Sez. (185) Il Tribunale Bologna, con decisione del 12 gennaio 2001, Assicurazioni, 2002, II, 164 (nota di: ROSSETTI). 107 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ "linked"), la finalità di risparmio non vale a snaturare il contratto di assicurazione, se la prestazione dell'assicuratore resta comunque ancorata ad un evento attinente la vita umana. Ne consegue che l'indennità dovuta al beneficiario, in esecuzione di un contratto di questo tipo, non può essere sottoposta a sequestro conservativo, ex art. 1923, comma 1, c.c. ,>>, pur precisando che <<attraverso l'esercizio del diritto di riscatto da parte dello stipulante viene realizzato uno scopo di risparmio, e non di previdenza.>> (186) (186) La non sequestrabilità dell’indennità spettante al beneficiario in caso di morte, quindi, deriva dal mancato esercizio di tale diritto di riscatto in vita. 108 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ PARTE SECONDA strumenti derivati l’art. 23, comma 5 del t.u.f. in tema di contratti prevede che non si applica l'articolo 1933 del codice civile sulla mancanza di azione per il debito derivante d giuoco o scommessa (189). L'interest Rate Swap (190)è lo swap più diffuso(191). Con questo contratto le parti si scambiano, per un periodo di tempo predefinito al momento della stipula, pagamenti calcolati sulla base di tassi di interesse differenti (Euribor o Libor) 192, SEZIONE SECONDA 2. GLI SWAPS. SOMMARIO. 1. GLI SWAP. 2. OBBLIGHI DI INFORMAZIONE LEGATI AGLI STRUMENTI DERIVATI. 2.1. GLI OBBLIGHI PREVISTI DAL REGOLAMENTO INTERMEDIARI N. 11522./98. 2.2. GLI OBBLIGHI DI INFORMAZIONE COLLEGATI AI DERIVATI DOPO LA MIFID. 2.3. CLASSIFICAZIONE DEL CLIENTE ED ESONERO DA OBBLIGHI INFORMATIVI: OPERATORI E CONTROPARTI <<QUALIFICATE>>.2.3.1.L’OPERATORE QUALIFICATO PRIMA DELLA MIFID. 2.3.2. CLIENTI AL DETTAGLIO, CLIENTI PROFESSIONALI, CONTROPARTE QUALIFICATA NELLA MIFID. 2.3.2.1. MODIFICA DELLA CLASSIFICAZIONE. 2.4.L’OBBLIGO DI INFORMAZIONE SULL’ANDAMENTO DEL DERIVATO. 3. MERITEVOLEZZA 4. SWAP E DELLO SCOPO PERSEGUITO. RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO PUBBLICO DEGLI ENTI LOCALI. 5. PROVVEDIMENTI CAUTELARI IN MATERIA DI DERIVATI. (189) “Nell'ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell'articolo 18, comma 5, lettera a), Comma così modificato dall’art. 4 del d.lgs. n. 164 del 17.9.2007.>>> (190) Altri swap sono il Coupon swap, contratto con il quale due parti si scambiano un flusso di interessi a tasso fisso ed uno a tasso variabile nella solita valuta (floating-to-fixed swap); il Basis swap, contratto con il quale due parti si scambiano flussi di interessi entrambi a tasso variabile nella solita valuta (floating-to-floating swap); il Cross-currency interest rate swap, contratto con il quale due parti si scambiano due flussi di interessi denominati in due diverse valute (fixed-to-fixed swap). Gli elementi del contratto IRS: - capitale Nozionale (E' il capitale sul quale vengono fatti i calcoli del contratto) , data stipula del contratto, data di inizio che può differire dalla data di stipula, - data di scadenza , - data di pagamento dei flussi, - il parametro di indicizzazione, - 'accordo delle parti: la parte che paga il fisso (nell'esempio sotto l'azienda) e la parte che paga il variabile (nell'esempio sotto la banca). Se TV>TF allora è la banca che paga il differenziale alla azienda; Se TV<TF allora è l'impresa che paga il differenziale alla banca. (191) La scelta di esaminare più analiticamente gli IRS nasce dal fatto che i derivati su tasso di interesse sono la tipologia più diffusa (84,2% a giugno 2008) , rispetto alle altre due tipologie (+15,5% per i derivati su cambi e +16,6% per i derivati su azioni e merci) è leggermente più contenuta. Gli IRS rappresentano, in termini di valore nozionale, circa il 73% (pari al 57% di tutti i derivati posti in essere in Italia (192) EURIBOR (Euro Interbank Offered Rate): il tasso interbancario lettera per i depositi in 1. GLI SWAPS. Prima di analizzare i profili di contenzioso più interessanti in materia di swap, è opportuno fornire alcune ulteriori indicazioni sulla natura di questi derivati per l’importanza assunta nel quadro finanziario generale Basti considerare che il volume degli swaps sul mercato mondiale ha assunto dimensioni notevolissime, raggiungendo, nel 2004, di 7,3 volte il volume del P.I.L. dei principali paesi (187). Gli swaps sono previsti dal testo unico della finanza tra gli strumenti finanziari derivati (188). Ricordiamo che per tutti gli (187) MARCELLI, I derivati: impiego a copertura e impiego speculativo. Strumenti di tutela del diritto, in Banche, consumatori e tutela del risparmio, a cura di Ambrosini e demarchi, Milano, 2009, p. 275 ss. (188) Art. 1, comma 2 t.u.f. che li elenca tra gli altri strumenti finanziari) e dal comma 3 che indica quali degli strumenti finanziari rappresentano strumenti derivati. 109 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ definiti come trassi parametro e predefiniti, applicati ad un capitale nozionale. I due flussi sono definiti come gambe dello swap. L’ acquirente dello swap si obbliga a pagamenti a tasso fisso ed il venditore a quelli a tasso variabile: il primo ha un’aspettativa di rialzo ed assume una posizione lunga (long swap position ed il secondo un’aspettativa di ribasso ed assume una posizione corta (short swap position). Il tasso swap è il tasso che rende neutro lo scambio. Se, come accade, i tassi di riferimento variano nel tempo, determinano la creazione di un differenziale positivo o negativo per il cliente. La copertura del rischio può riguardare le passività dell’impresa (liability swap) (193). Un’impresa può essere interessata ad un contratto IRS per eliminare l'incertezza di un debito contratto a tassi variabili (operazione di copertura): preferisce avere la certezza di quanto dovrà pagare per motivi di politica aziendale ovvero perché ipotizza un rialzo dei tassi. La banca lucra sull’intermediazione del prodotto derivato, mentre chi ha la posizione corta guadagnerà un dIfferenziale in caso di discesa dei tassi.(194) La copertura del rischio può riguardare anche le attività, ovvero le oscillazioni finanziarie che riguardano le entrate (asset swap).(195) Il contratto di Interest Rate Swap può essere utilizzato anche con diverse finalità speculative. Gli investitori istituzionali come gli Hedge Fund ricorrono agli swap quando hanno determinate attese sui tassi di interesse. (196) Gli swap, si è accennato, vengono venduti fuori dei mercati regolamentati (Over the Counter), come circuiti telematici riservati a dealer con alto livello di rating. Gli intermediari spesso mettono in relazione le due società che hanno entrambe esigenze di cautelarsi dalle variazioni dei tassi, percependo uno spread, un margine di intermediazione che remunera il servizio e compensa il rischio di default che viene assunto dall’intermediario. Finanziari, proprio per il rischio che queste strumenti finanziari possono creare sulla solidità della azienda che stipula questo contratto. (195) E’ il contratto utilizzato per modificare la natura fissa o variabile della remunerazione di attività finanziarie, neutralizzando il rischio della riduzione dei tassi attivi Un contratto di Interest Rate Swap, se il soggetto ha dei debiti a tasso variabile ed assume una posizione lunga ha la caratteristica di copertura contro il rischio di aumento del tasso di interesse sul mercato. Infatti l'acquirente paga un fisso e riceve un tasso variabile sul capitale nozionale di stipula, l'acquirente andrà perciò a guadagnare in una situazione di tassi in risalita e quanto riceve come differenziale a suo favore gli consente di neutralizzare quanto deve a tasso variabile. Si tutela perciò dal rischio di oscillazioni dei tassi, stabilendo fin da subito quale tasso andrà a pagare per la durata del contratto swap (hedging). Euro, rilevato alle ore 11.00 a.m. (ora di Bruxelles) e pubblicato sulla Reuters (o altra similare rete telematica). LIBOR (London Interbank Offered Rate): il tasso di interesse rilevato dalla British Bankers’ Association (BBA) alle ore 11.00 a.m. (ora di Londra) e pubblicato attualmente sulla pagina LIBOR01 e seguenti della Reuters, ovvero in similari reti telematiche eventualmente indicate dalla stessa BBA (da clausole contrattuali bancarie). (193) Al fine di modificare la natura fissa o variabile dell'onere di passività finanziarie, neutralizzando il rischio di innalzamento dei tassi di interessi passivi applicati su operazioni finanziarie. (194) Da notare che i contratti di Interest Rate Swap sono segnalati da parte della Banca proponente nei confronti della azienda stipulante alla Centrale Rischi. Quindi vanno ad appesantire la posizione debitoria della azienda che lo stipula. Vengono segnalati in un’ apposita sezione denominata Derivati (196) Ad esempio, in caso di previsione della riduzione dei tassi potrebbe vendere un contratto di Interest Rate Swap, assumendo quindi una posizione Short, pagando il tasso variabile e ricevendo il tasso fisso, avvantaggiandosi quindi da uno scenario di tassi in discesa. 110 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Si distinguono, tra le altre, tre tipologie di IRS: (1) I plain vanilla swap, detti anche coupon swap o generic swap, rappresentano il modello base di swap. Sono contratti in cui la parti si impegnano a scambiarsi reciprocamente flussi di interessi, di cui uno calcolato sulla base di in tasso fisso (fixed rate payer) ed uno a tasso variabile (floating rate payer). Un contratto plain vanilla può essere par o non par. I contratti par sono strutturati in modo tale che le prestazioni delle due controparti sono agganciate al livello dei tassi di interesse corrente al momento della stipula del contratto; a tale data il contratto ha quindi un valore di mercato nullo per entrambe le controparti. I contratti non par, invece, presentano al momento della stipula un valore di mercato negativo per una delle due controparti, poiché uno dei due flussi di pagamento non riflette il livello dei tassi di mercato. In generale, i termini finanziari della transazione vengono riequilibrati attraverso il pagamento di una somma di denaro alla controparte che accetta condizioni più penalizzanti pur di incassare la somma di denaro; tale pagamento, che dovrebbe essere pari al valore di mercato negativo del contratto, prende il nome di up front. (197) (2) I basis swap, in cui entrambi i flussi di cassa sono calcolati sulla base di un tasso variabile (floating-for-floating); (3) I cross currency interest rate swap (o CCIRS), in cui i contraenti si scambiano periodicamente flussi monetari in diversa valuta calcolati con diversi tassi di interesse (fisso contro fisso, variabile contro fisso, fisso contro variabile). I CCIRS sono degli IRS e non dei CS in quanto i capitali sono dei nozionali e non sono oggetto di scambio tra le parti. I contratti di interest rate swap possono presentare clausole aggiuntive che li rendono molto più complessi rispetto a quelli plain vanilla (e vengono denominati solitamente "esotici"); in tali casi la determinazione dei flussi di cassa dipende da condizioni che si potranno verificare in momenti successivi alla stipula del contratto o da formule matematiche complesse. Ad esempio, nel caso dei contratti con strutture cosiddette collar, una delle due controparti paga il tasso variabile solo se esso rimane entro un determinato "corridoio", definito da un tetto (cosiddetto cap) e da un valore minimo (cosiddetto floor). Anche tali contratti "esotici" possono essere par o non par.(198,199). <8198) AUDIZIONE CONSOB, cit. Come ulteriori caratteristiche dell’IRS, va segnalato che: il contratto ha scadenze che superano l'anno; ha le scadenze dei pagamenti (flussi) determinate a 3,6,9,12 mesi, ma le parti si possono accordare anche diversamente; può essere ceduto ad un'altra controparte rinegoziandone le caratteristiche. Un richiamo specifico al contratto di swap è contenuto nell’art.41 della legge 28 dicembre 2001 n.448 (Finanziaria 2002), che tra gli “Strumenti di gestione del debito pubblico”, relativamente alla finanza degli enti territoriali prevede la possibilità per gli enti pubblici territoriali di emettere titoli obbligazionari o di contrarre mutui, con rimborso del capitale in un’unica soluzione alla scadenza, previa costituzione, al momento dell’emissione o dell’accensione, di un fondo di ammortamento del debito o previa conclusione di contratti di swap per l’ammortamento del debito (amortizing swap). La scelta operata dal Legislatore nella legge finanziaria 2002 secondo la Consob - è evidentemente indirizzata verso l’utilizzo della tipologia negoziale non con finalità speculativa che, fra l’altro, mal si attaglia agli scopi istituzionali che improntano l’azione delle amministrazioni locali interessate, quanto piuttosto verso l’utilizzo della tipologia negoziale finalizzata alla copertura del rischio connesso ad operazioni di finanziamento delle attività pubbliche (Consob, Audizione, cit.). (197) INDAGINE CONOSCITIVA SULLA DIFFUSIONE DEGLI STRUMENTI DI FINANZA DERIVATA E DELLE CARTOLARIZZAZIONI NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI, Audizione presso il Senato Generale della Consob, 2009. del Direttore 111 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ strumenti finanziari (201). Il reg. intermediari prevedeva che per gli swap, prodotti offerti OTC e non standardizzati l'investitore, prima di sottoscrivere il contratto, debba essere sicuro di aver ben compreso, in sostanza la leva finanziaria e la possibilità di poter versare margini di garanzia, mentre l’investitore deve accertarsi se l’intermediario risponde in proprio dell’insolvenza della controparte.(202) 2) il contratto con l'investitore deve indicare e disciplinare, nei rapporti di negoziazione e di ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per l'esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati e warrant; (art. 30, comma 1°, lett. e), del più volte richiamato regolamento intermediari) 3) il contratto di gestione di portafogli di investimento deve indicare, con riguardo agli strumenti finanziari derivati, se essi possono essere utilizzati per finalità diverse da quella di copertura dei rischi connessi alle posizioni detenute (l'art. 37, comma 1°, lett. c), sempre del regolamento intermediari; 4) l’intermediario deve dare pronta informazione scritta sulla genesi di perdite Gli swap hanno dato vita ad un contenzioso che è possibile suddividere in quattro diverse questioni: A) la disapplicazione degli obblighi informativi previsti dalla normativa di settore; B) l’uso degli swap per finalità diverse da quelle di copertura di un rischio (cambio, variazione tassi, ecc.); C) l’obbligo di comunicazione dell’andamento del contratto e della previsione di chiusura; D) il ricorso agli swaps nell’ambito della finanza degli enti locali; E) la tutela cautelare per il maturarsi di passività in derivati; 2. Obblighi di informazione legati agli strumenti derivati. Un problema caratteristico del contenzioso in tema di tema di swap è quello della prassi di disapplicazione degli obblighi informativi da parte delle banche per questi prodotti il cui profilo economico, man mano che ci si allontana dall’ipotesi del plain vanilla, diviene estremamente complesso, se non del tutto inintelligibile per chi non abbia una solida preparazione in matematica finanziaria. L’offerta di prodotti derivati da parte dell’intermediario, quindi, comporta obblighi informativi specifici che si pongono accanto obblighi di informazione previsti per la prestazione di servizi (200). (201) Art. 28, comma 1°, lett. b), reg. 11522, All n. 3. (202) In quale modo e con quale rapidità le variazioni del parametro di riferimento si riflettono sulla determinazione dei differenziali che dovrà pagare o ricevere. Conviene altresì precisare che, in determinate situazioni, l'investitore può essere chiamato dall'intermediario a versare margini di garanzia anche prima della data di regolamento dei differenziali. Inoltre, tenuto conto dell'importanza assunta in tali operazioni dalla solidità patrimoniale della controparte, laddove quest'ultima sia "terza", l'investitore doveva informarsi sulla solidità della stessa ed accertarsi che l'intermediario risponderà in proprio se la controparte medesima risultasse insolvente (Allegato n. 3, sez. B, punto 4.1)(3). 2.1. Gli obblighi previsti dal regolamento intermediari n. 11522./98. Prima dell’attuazione della Mifid, schematicamente erano i seguenti: 1) obbligo di consegna del documento sui rischi generali degli investimenti in (200) PICARDI, La negoziazione di strumenti finanziari derivati fra codice civile e legislazione speciale, in Banca borsa tit. cred., 2006, 3, p. 355. 112 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ e 2), informano sul metodo e sulla frequenza di valutazione degli strumenti finanziari contenuti nel portafoglio del cliente; la descrizione del parametro di riferimento al quale verrà raffrontato il rendimento del portafoglio del cliente; i tipi di strumenti finanziari che possono essere inclusi nel portafoglio del cliente e i tipi di operazioni che possono essere realizzate su tali strumenti, inclusi eventuali limiti; gli obiettivi di gestione, il livello del rischio entro il quale il gestore può esercitare la sua discrezionalità ed eventuali specifiche restrizioni a tale discrezionalità. (artt. 29, comma 3); - gli intermediari sono tenuti a consegnare (204) la descrizione generale rilevanti in caso di derivati per finalità di diverse da quelle di copertura. 203 2.2. Gli obblighi di informazione collegati ai derivati dopo la Mifid. Attualmente l’informazione specifica è strutturata in questo modo: - per il servizio di gestione di portafogli di investimento, quando gli intermediari propongono di fornire il servizio, in aggiunta alle informazioni relative all’intermediario ed i servizi di investimento (art. 29, commi 1 (203) I soggetti autorizzati informano prontamente e per iscritto l'investitore non appena le operazioni in strumenti derivati e in warrant da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura(4) abbiano generato una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e di garanzia per l'esecuzione dell'operazione(all'art. 28, comma 3°, regolamento intermediari, il quale prevedeva che 3. Gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l'investitore appena le operazioni in strumenti derivati da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura abbiano generato una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia per l'esecuzione delle operazioni. Il valore di riferimento di tali mezzi si ridetermina in occasione della comunicazione all'investitore della perdita, nonché in caso di versamenti o prelievi. Il nuovo valore di riferimento è prontamente comunicato all'investitore. In caso di versamenti o prelievi è comunque comunicato all'investitore il risultato fino ad allora conseguito.). 5. gestione. Per la gestione prevedeva che 4. Gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l'investitore ove il patrimonio affidato nell'ambito di una gestione si sia ridotto per effetto di perdite, effettive o potenziali, in misura pari o superiore al 30% del controvalore totale del patrimonio a disposizione alla data di inizio di ciascun anno, ovvero, se successiva, a quella di inizio del rapporto, tenuto conto di eventuali conferimenti o prelievi. Analoga informativa dovrà essere effettuata in occasione di ogni ulteriore riduzione pari o superiore al 10% di tale controvalore. (204) Art. 31 (Informazioni sugli strumenti finanziari) 1. Gli intermediari forniscono ai clienti o potenziali clienti una descrizione generale della natura e dei rischi degli strumenti finanziari trattati, tenendo conto in particolare della classificazione del cliente come cliente al dettaglio o cliente professionale. La descrizione illustra le caratteristiche del tipo specifico di strumento interessato, nonché i rischi propri di tale tipo di strumento, in modo sufficientemente dettagliato da consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate. 2. La descrizione dei rischi include, ove pertinente per il tipo specifico di strumento e lo status e il livello di conoscenza del cliente, i seguenti elementi: a) i rischi connessi a tale tipo di strumento finanziario, compresa una spiegazione dell’effetto leva e della sua incidenza, nonché il rischio di perdita totale dell’investimento; b) la volatilità del prezzo di tali strumenti ed eventuali limiti di liquidabilità dei medesimi; c) il fatto che un investitore potrebbe assumersi, a seguito di operazioni su tali strumenti, impegni finanziari e altre obbligazioni aggiuntive, comprese eventuali passività potenziali, ulteriori rispetto al costo di acquisizione degli strumenti; d) eventuali requisiti di marginatura od obbligazioni analoghe applicabili a tali strumenti. 3. Se l’intermediario fornisce ad un cliente al dettaglio o potenziale cliente al dettaglio informazioni in merito ad uno strumento 113 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ della natura e dei rischi degli strumenti finanziari trattati che, tenendo conto in particolare della classificazione del cliente come cliente al dettaglio o cliente professionale, illustra le caratteristiche ed i rischi del tipo specifico di strumento interessato (eventualmente indicando i rischi aggiuntivi derivanti dalla combinazione di più strumenti), nonché i rischi propri di tale tipo di strumento, che deve includere, se pertinente, una spiegazione dell’effetto leva e della sua incidenza, nonché il rischio di perdita totale dell’investimento; la volatilità del prezzo di tali strumenti ed eventuali limiti di liquidabilità dei medesimi; la possibilità di indebitarsi oltre il costo di acquisizione degli strumenti con impegni finanziari e altre obbligazioni aggiuntive, comprese eventuali passività potenziali, eventuali requisiti di marginatura od obbligazioni analoghe applicabili a tali strumenti; i dettagli inerenti la garanzia di terzi eventualmente incorporata nel titolo.(art. 31 reg. inr. 16190) - l’art. 37, lett. e prevede che il contratto di investimento (oltre a specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche, indicando il contenuto delle prestazioni dovute e delle tipologie di strumenti finanziari e di operazioni interessate - lett. a), indica e disciplina, nei rapporti di esecuzione degli ordini dei clienti, di ricezione e trasmissione di ordini, nonché di gestione di portafogli, la soglia delle perdite, nel caso di posizioni aperte scoperte su operazioni che possano determinare passività effettive o potenziali superiori al costo di acquisto degli strumenti finanziari, oltre la quale è prevista la comunicazione al cliente (205); - L’art. 38 in materia di gestione di portafogli di investimento prevede diverse informazioni inerenti agli strumenti finanziari, ed in particolare, i derivati, dovendo indicare i tipi di strumenti finanziari che possono essere inclusi nel portafoglio del cliente e i tipi di operazioni che possono essere realizzate su tali strumenti, inclusi eventuali limiti; gli obiettivi di gestione, il livello del rischio entro il quale il gestore può esercitare la sua discrezionalità ed eventuali specifiche restrizioni a tale discrezionalità; se il portafogli può essere caratterizzato da effetto leva; la descrizione del parametro di riferimento, ove significativo, al quale verrà raffrontato il rendimento del portafoglio del cliente; il metodo e la frequenza di valutazione degli strumenti finanziari contenuti nel portafoglio del cliente. Inoltre, il contratto deve specificare esplicitamente la possibilità per l’intermediario di investire in strumenti finanziari fuori dei mercati regolamentati , in derivati o in strumenti illiquidi o altamente volatili; o di procedere a vendite allo scoperto, di acquistare <<tramite somme di denaro prese a prestito, operazioni di finanziamento tramite titoli o qualsiasi operazione che implichi pagamenti finanziario che è oggetto di un’offerta al pubblico in corso ed in relazione a tale offerta è stato pubblicato un prospetto conformemente agli articoli 94 e seguenti del Testo Unico, l’intermediario medesimo comunica al cliente o potenziale cliente le modalità per ottenere il prospetto. 4. Quando è probabile che i rischi connessi con uno strumento finanziario o con un’operazione finanziaria che combinano tra loro due o più strumenti o servizi finanziari diversi siano superiori ai rischi connessi alle singole componenti, l’intermediario fornisce una descrizione adeguata delle singole componenti e del modo in cui la loro interazione accresce i rischi. 5. Nel caso di strumenti finanziari che incorporano una garanzia di un terzo, le informazioni relative a tale garanzia includono dettagli sufficienti sul garante e sulla garanzia, affinché il cliente al dettaglio o potenziale cliente al dettaglio possa compiere una valutazione corretta della garanzia. (205) Quindi, non indica più le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per l'esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati e warrant. 114 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ di margini, deposito di garanzie o rischio di cambio. >>. Sulla validità di tali dichiarazioni vi è un acceso dibattito giurisprudenziale, che può essere sintetizzato in una domanda: è sufficiente l’autodichiarazione di essere operatore qualificato per escludere l’applicazione degli obblighi informativi? La questione nasce dal fatto che il regolamento n. 11522 del 1998 prevedeva l’esclusione degli obblighi di informazione per l’appunto, per gli operatori qualificati. I problemi non sono nati tanto dalla categoria dei clienti professionali di diritto (imprese di investimenti, di assicurazione, fondi pensione, soggetti che professionalmente svolgono la prestazione di servizi di negoziazione per conto proprio, agenti di cambio, altri investitori istituzionali, le fondazioni bancarie, ecc., ma anche le imprese di grandi dimensioni con requisiti patrimoniali notevoli), ma per i clienti professionali su richiesta, ovvero << le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare (…) nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante.>> (art. 31 reg. interm. 11522) (207). 2.3. Classificazione del cliente ed esonero da obblighi informativi: operatori e controparti <<qualificate>>. 2.3.1. L’operatore qualificato prima della Mifid. Prima dell’entrata in vigore delle norme Mifid, soprattutto nell’ambito della commercializzazione di prodotti derivati, si sono verificati numerosissimi casi di disapplicazione di regole ed obblighi informativi in base all’31 del reg. intermediari n. 11522 del 1998, ora abrogato e sostituito dal regolamento n. 16190 del 2007 (informazioni sul cliente ed al cliente sul prodotto, sull’adeguatezza, consegna del documento rischi generali, sulle perdite generate da derivati - art. 28, sulle operazioni inadeguate e sull’acquisizione di ordine scritto del cliente - art. 29, sul conflitto di interessi - art. 27, contenuto minimo dei contratti – artt. 30, 37,38, informazioni sugli ordini, categorie di prodotti, leva finanziaria, limiti inserimento di strumenti finanziari OTC, documentazione delle analisi, previsioni e strategie - artt 39 ss, ecc.).(206) La prassi delle banche è stata caratterizzata dalla ricorrente sottoposizione al cliente, soprattutto quelli rientranti nella clientela corporate, di un modulo prestampato con il quale il legale rappresentante della società si dichiarava operatore qualificato. (207) Art. 31, comma 2: Per operatori qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d'origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1^ settembre 1993, n. 385, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o (206) Art. 31 , comma 1 reg. 11522/1998:Ad eccezione di quanto previsto da specifiche disposizioni di legge e salvo diverso accordo tra le parti, nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 32, commi 3, 4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lett. e), 38, 39, 40, 41, 42, 43, comma 5, lett. b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lett. b) e c), 44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e 62. 2. 115 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Il contenzioso è sorto, sull’esonero dagli obblighi, non tanto nei confronti delle persone fisiche, tenute a <<documentare>> il possesso di requisiti specifici, ma nei confronti delle società che dovevano possedere competenza ed esperienza specifica e potevano dichiararlo per iscritto. La giurisprudenza di merito si è regolata in modo contrapposto. Alcune decisioni, soprattutto del 208 Tribunale di Milano, ( ) hanno sostenuto che la dichiarazione del cliente, non dovendo la banca procedere ad accertamenti complessi non previsti, era sufficiente a qualificare il primo come operatore qualificato ed a escludere gli obblighi informativi. Altre decisioni, invece, hanno ritenuto che la banca fosse tenuta a tali accertamenti, concludendo, quindi, per l’illecita pretermissione delle informazioni previste dal t.u.f. e dal regolamento intermediari n. 11522/1998. Per fare un esempio, il Tribunale di Roma ha escluso l’applicazione degli obblighi informativi, ritenendo che una società immobiliare potesse essere considerata operatore qualificato sulla base della dichiarazione contenuta nel contratto di IRS, perché deve presumersi che un amministratore di società di capitali abbia la capacità di comprendere il carattere speculativo dell’operazione (209). Merita di essere segnalata la sentenza del Tribunale di Torino del 18 09 2007 (210) la quale afferma, in relazione alle persone giuridiche, che la competenza del cliente deve essere necessaria e che la dichiarazione del legale rappresentante assume valore confessorio, a condizione che non sia indeterminata, ma contenga l’elencazione di fatti (non di opinioni) effettivamente indicativi dell’esperienza. La possibilità di raccogliere la dichiarazione, indica il Collegio, individua un <<punto di equilibrio tra esigenze di efficienza, flessitibilità e fluidità del traffico giuridico ed esigenze di protezione dell’investitore>>. La banca, quindi, non deve compiere specifiche indagini sulla veridicità, salvo l’obbligo di tener conto dei pregressi (209) <<E’ invero del tutto ragionevole che il sottoscrittore del contratto, amministratore di una società di capitali, fosse necessariamente dotato di diligenza professionale nello svolgimento del proprio mandato gestorio (art. 2392 c.c., nella sua formulazione applicabile nella specie) e fosse quindi a conoscenza delle operazioni speculative quale quella in esame, correlate ad operazioni di concessione di credito e ad operazioni produttive di guadagno, tipiche queste ultime dell’attività sociale. Non casualmente invero, nelle premesse del contratto normativo, è esposto che “il cliente è/sarà titolare di posizioni creditorie o debitorie suscettibili di generare interessi calcolati di volta in volta in base ad un tasso di interesse variabile o fisso; il cliente intende cautelarsi rispetto al rischio di tasso di interesse derivante dalle suddette posizioni debitorie/creditorie attraverso la conclusione di Interest Rate Swap (IRS) allo scopo di meglio correlare le posizioni medesime con la propria situazione creditoria e debitoria globale, oppure bilanciare posizione creditorie e/o debitorie generate da operazioni analoghe a quelle prevista nei diversi contratti posti in essere”. 210 In NCCC, 2008, I, 337. persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante. (208) App. Milano, 12.10.2007, in NGCC, 2008, I con nota di Ruggieri; Trib. Milano, 03.04.2004 in Banca borsa tit. cred., 2005, II, 36 con nota di Chionna, Trib. Milano 06.04.2005 inedita, 20.07,2006 inedita, 11.07.2005 inedita, 25,11,2005, inedita, Tribunale di Rimini, 25.03.2005, in Redazione Giuffrè, Tribunale Vincenza 08.10.2006, Tribunale Mantova, ord. 12.072004, Trib. Catania, sez. GIP, ord., 15.03.2005, Trib. Torino, ord. 07.072005, Tirb. Ancona 14.02.2007, Trib. Ancona 14.02.2007, Trib. Pescara 13.09.2006, Trib. Treviso, ord. 19.11.2007), Trib. Roma 11.10.2005 secondo cui la nullità relativa conseguente alla violazione degli obblighi di trasparenza in tema di swap sarebbe sanata dalle successive rinegoziazioni dei contratti ed accettazione degli addebiti, sentenza citate da P. Buontempi, nota a tribunale di Torino del 18.09.2007, in NGCC, 2008, I, p. 355) 116 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ rapporti intrattenuti con il cliente. E’ da respingere, invece, l’idea che la norma distingue due categorie, la prima delle persone fisiche che deve effettivamente essere dotata dei requisiti, e la seconda, invece, delle persone giuridiche, invece, che possono autoproclamarsi (211). La Corte di Appello di Milano, ha sanzionato una banca, affermando che <<Gli intermediari autorizzati devono predisporre accorgimenti procedurali per verificare l’effettivo possesso in capo alla clientela dei requisiti di operatore qualificato richiesti dall’art. 31 reg. Consob n. 11522/98>>. (212) Ancora, il Tribunale di Verona del 14.08.2005 (Il sole 24 ore – Inserto Plus) ha precisato che, prima di raccogliere le dichiarazioni del cliente, la banca deve illustrare al cliente il contenuto di tale dichiarazione e le gravi conseguenze che ne derivano. Una motivazione accurata è stata svolta su questa linea anche da una sentenza del Tribunale di Catania del 13 febbraio 2009, che ha accolto la domanda di risoluzione per inadempimento prevista in un caso di IRS. Il Tribunale in sintesi, ha indicato che, in un quadro di obblighi di protezione, la dichiarazione non può risolversi <<in una mera attestazione, dovendo piuttosto il dichiarante segnalare in modo piuttosto analitico all'intermediario le situazioni in forza alle quali si ritiene in via autoreferenziale dotato di esperienza e competenze in operazioni in strumenti finanziari ( per come si ricava del resto dall'utilizzo del termine letterale "specifiche" riferito per l'appunto alle esperienze e competenze ). (213) La Corte di Cassazione ha affermato che “L’art. 13 del regolamento di cui alla delibera Consob 2 luglio 1991, n. 5387, secondo il quale è classificabile come operatore qualificato anche «ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in valori mobiliari espressamente dichiarata per iscritto», esonera l’intermediario dal verificare l’effettiva esperienza dichiarata nel senso che, in mancanza di elementi contrari già in suo possesso, la semplice dichiarazione in questione, pur non costituendo dichiarazione confessoria in quanto volta alla formulazione di un giudizio e non alla affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo, esonera l’intermediario dalle (211) Nella specie, il caso riguardava una complessa operazione di interest rate swap con rinegoziazione progressiva del differenziale negativo mediante altri swap e veniva esclusa l’efficacia della dichiarazione che si limitata a riprodurre l testo dell’art. 31. reg. interm.(211); così anche il Tribunale di Novara del 18 01 2007, citato dal Tribunale di Torino (212) Corte Di Appello di Milano, prima sez. civ., decreto 13 novembre 2008, ilcaso.it, doc. 1451/2008, che ha anche affermato che gli intermediari autorizzati devono predisporre accorgimenti procedurali per verificare l’effettivo possesso in capo alla clientela dei requisiti di operatore qualificato richiesti dall’art. 31 reg. Consob n. 11522/98. Inoltre sostiene che gli intermediari autorizzati devono predisporre procedure di ingegnerizzazione idonee a formare prodotti derivati OTC che consentano di coprire i rischi degli operatori qualificati ai quali tali prodotti sono destinati, così da evitare che l’utilizzo dei medesimi assuma finalità speculative estranee alla finalità di copertura dei rischi della clientela. Dette procedure devono altresì essere dirette a limitare la discrezionalità degli operatori nella fissazione degli spread applicati alle singole transazioni e tali da fornire anche a posteriori indicazioni sui criteri di determinazione dei ricarichi applicati alla clientela (ilcaso.it). (213) La sentenza afferma anche l'interpretazione suggerita trova una conferma ex post nelle nuove e più dettagliate disposizioni normative emesse in esito alla direttiva MIFID. Ora, ferma la non applicabilità alla fattispecie della disciplina in questione, attualmente vigente, resta da dire che, all'infuori della procedura di accertamento descritta in via normativa, il nuovo regolamento non fa altro che confermare e dettagliare principi già ricavabili dal previgente testo regolamentare sempre se letto nell'ottica sistematica sopra suggerita. >> 117 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ verifiche sul punto. Tale dichiarazione, inoltre, in difetto di contrarie allegazioni specificamente dedotte e dimostrate dalla parte interessata e di ulteriori riscontri, può costituire argomento di prova che il giudice - nell’esercizio del discrezionale potere di valutazione del materiale probatorio a propria disposizione ed apprezzando il complessivo comportamento extraprocessuale e processuale delle parti può porre a fondamento della propria decisione anche come unica fonte di prova per quanto riguarda la sussistenza in capo all’investitore della sua natura di operatore qualificato e la diligenza prestata dall’intermediario. (214). La Cassazione, quindi, anche se esclude la natura di confessione della dichiarazione, afferma che la mera dichiarazione può essere sufficiente per ritenere legittima la condotta disapplicativa degli obblighi di informazione. E’ necessario, però compire alcune ulteriori osservazioni. L’art. 31, nel descrivere gli operatori qualificati di diritto prevede dei requisiti estremamente rigorosi che portano, in sostanza, ad escludere l’asimmetria informativa su cui si fondano gli obblighi di comunicazione. Si tratta, infatti, di altri intermediari, di categorie sostanzialmente equiparabili o di grandi imprese in forma societaria o di agenti di cambio. Inoltre, le persone fisiche devono effettivamente possedere i requisiti per svolgere l’attività proprio nelle s.i.m.(215). Non si può non tener conto di questo nel descrivere i confini della categoria dei clienti persone giuridiche. Stride con tale rigorosità l’idea che tutto possa basarsi su un’autocertificazione generica, mentre appare più coerente per le persone giuridiche, che sia necessario, in linea di principio, l’effettività del possesso dei requisiti. Opportunamente si esclude che l’intermediario debba svolgere una specifica indagine per accertare la verità di quanto dichiarato dal cliente per iscritto sul presupposto di un ordinario principio di affidamento nella controparte. E’ giusto però, che non si reputi sufficiente il cliente si limiti genericamente a dichiarare di avere l’esperienza necessaria. La banca può definire il cliente come operatore qualificato solo se la dichiarazione contiene fatti che la banca legittimamente valutare come dimostrativi dei requisiti previsti dall’art. 31 (es. indicando quali esperienze e qualifiche abbiano la struttura organizzativa o le persone che assumono le decisioni sulle scelte di investimento, oppure indicando i pregressi investimenti finanziari, anche ad alto rischio), fermo restando che dovrà comunque comparare tale auto-giudizio del cliente con gli elementi di conoscenza di cui già dispone e, nel dubbio sulla qualificazione, prudenzialmente esclude la qualifica esonerativa degli obblighi di informazione. Tale conclusione si impone, non solo mediante un’interpretazione sistematica dell’art. 31 e della finalità di ampia tutela del cliente propria dell’intera normativa dei servizi di investimento, con le deroghe necessarie a dare speditezza alle transazioni solo quando non vi è asimmetria informativa (216) ed, in particolare, dell’obbligo di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati (216) Cfr. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2004, 120, il quale avverte che trattare un investitore "esperto" allo stesso modo di un cliente privato può comportare l'applicazione di regole del tutto superflue e risolversi in un inutile dispendio di risorse tanto per l'intermediario quanto per il cliente: l'uno sconterà gli oneri derivanti dall'applicazione di regole pervasive e dal contenuto talora molto circostanziato; l'altro potrà risentire degli svantaggi dovuti, ad esempio, al rallentamento nell'esecuzione delle operazioni o all'incremento dei costi destinato a tradursi, inevitabilmente, in un aumento del prezzo dei servizi prestati. (214) Corte di Cassazione, Sez. I Civile 26 maggio 2009, n. 12138. (215 ) INZITARI-PICCININI, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, cit. p. 85 ss. 118 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ (previsto nei criteri generali per la prestazione dei servizi e delle attività di investimento – art. 21 t.u.f.); ma anche in base alle clausole generali di buone fede e correttezza, derivanti dal dovere di solidarietà costituzionale (art. 2 Cost.) e dagli obblighi previsti dall’art. 1337,1338, 1175 e 1375 in tute le fasi di svolgimento del rapporto. Non vi è dubbio che l’intermediario assume obblighi di natura protettiva e che le modalità di esecuzione del contratto di investimento devono essere improntate secondo buona fede ed secondo un principio di protezione degli interessi del cliente. Ciò deriva non solo dal principio di tutela costituzionale del risparmio, ma anche dalla presunzione di asimmetria informativa tra intermediario e cliente che necessariamente permea la normativa del mercato finanziario. E’ evidente che tagliare fuori tali finalità sulla base di autodichiarazione prestampata ed a carattere seriale appare certamente condotta contraria a buona fede ed inutilmente elusiva degli obblighi generali e puntuali di informazione. Si consideri, infine che la clausola di rinuncia alla tutela degli obblighi informativi è da considerarsi nulla perché le norme a tutela dell’investitore sono di ordine pubblico (217) E’ utile però richiamare come tale decisione correttamente ricordi che tale dichiarazione, non esonera l'intermediario solo dall’osservanza degli obblighi di informazione, ma anche dalla stessa redazione per iscritto di un contratto quadro (art. 30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione. 2.3.2. CLIENTI AL DETTAGLIO, CLIENTI PROFESSIONALI, CONTROPARTE QUALIFICATA NELLA MIFID. L’entrata in vigore delle norme <<MIFID>> ha modificato il quadro normativo degli esoneri dai doveri di informazione. L’esistenza di diversi livelli conoscitivi ed anche di una diversità di solidità finanziaria tra cliente e cliente non determina solo la modulazione concreta dell’informazione in relazione al profilo di ciascuno, ma comporta anche la distinzione tra diverse categorie di clienti, alla quale consegue una sostanziale diversità di regole informative. Classificazione dei clienti. Ai fini della prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori (218), viene indicata come «cliente» la persona fisica o giuridica alla quale vengono prestati servizi di investimento o accessori (art. 26, lett. c). Si distingue, però tra: a) controparte qualificata sono <<i clienti a cui sono prestati i servizi di esecuzione di ordini e/o di negoziazione per conto proprio e/o di ricezione e trasmissione ordini, definiti come tali dall’articolo 6, comma 2-quater, lettera d), numeri 1), 2), 3) e 5) del Testo Unico>> - art. 58 reg. interm.(219), vale a dire le imprese di Per tali ragioni non possono essere condivise la tesi espressa di recente dal Tribunale di Torino (sent. 31.12.2010) secondo cui la mera dichiarazione di operatore qualificato comporta una inversione dell’onere della prova: si tratta di argomento di prova, ma deve contenere riferimenti specifici; se essi sono indicati, non sarà neppure possibile per il principio di affidamento provare l’assenza di esperienza, salvo che essa emerga chiaramente da documenti nella disponibilità della banca. (218) Art. 26 Definizioni relative a PRESTAZIONE DEI SERVIZI E DELLE ATTIVITA’ DI INVESTIMENTO E DEI SERVIZI ACCESSORI. (219) Art. 58 (Rapporti con controparti qualificate) 1. Sono controparti qualificate i clienti a cui sono prestati i servizi di esecuzione di ordini (217) Cfr. anche INZITARI, Contratti derivati e dichiarazione di operatore qualificato, in Banche, consumatori e tutela del risparmio, a cura di Ambrosini- Demarchi, Milano, 2009, p. 272-274. 119 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ investimento, le banche, le imprese di assicurazioni, gli OICR, le SGR, i fondi pensione, gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi generali e speciali, gli istituti di moneta elettronica, le fondazioni bancarie, i Governi nazionali, le banche centrali e le organizzazioni sovranazionali a carattere pubblico; imprese che come attività principale negoziano per conto proprio merci e la cui attività principale consista nel negoziare per conto proprio merci e derivati su merci o la cui attività esclusiva consista nel negoziare per conto proprio nei mercati di strumenti finanziari derivati e, per meri fini di copertura a determinate condizioni, ecc.) oltre che alcune delle categorie dei clienti professionali. Alle controparti qualificate non si applicano gran parte degli informativi previsti (art. 29-56 del reg., ad eccezione del comma 2 dell’art. 49); b) cliente professionale: cliente professionale pubblico (220), e cliente professionale privato. Il cliente professionale privato (221) può ulteriormente essere distinto in - cliente professionali di diritto (in sostanza da un lato, banche, imprese di investimento, di assicurazione, negoziatori professionali, dall’altro grandi imprese) (222), e/o di negoziazione per conto proprio e/o di ricezione e trasmissione ordini, definiti come tali dall’articolo 6, comma 2-quater, lettera d), numeri 1), 2), 3) e 5) del Testo Unico. 2. Sono altresì controparti qualificate le imprese di cui all’Allegato n. 3, parte I, punti (1) e (2) non già richiamate al comma 1, a cui sono prestati i servizi ivi menzionati, nonché le imprese che siano qualificate come tali, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva n. 2004/39/CE, dall’ordinamento dello Stato comunitario in cui hanno sede o che siano sottoposte a identiche condizioni e requisiti nello Stato extracomunitario in cui hanno sede. Gli intermediari ottengono da tali controparti la conferma esplicita, in via generale o in relazione alle singole operazioni, che esse accettano di essere trattate come controparti qualificate. 3. Alla prestazione dei servizi di investimento, e dei servizi accessori ad essi connessi, a controparti qualificate, non si applicano le regole di condotta di cui agli articoli da 27 a 56, ad eccezione del comma 2 dell’articolo 49. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 35. 4. La classificazione come controparte qualificata non pregiudica la facoltà del soggetto di chiedere, in via generale o per ogni singola operazione, di essere trattato come un cliente professionale ovvero, in via espressa, come un cliente al dettaglio. La richiesta è soggetta al consenso dell’intermediario. 5. Quando, ai sensi del comma 4, una controparte qualificata richiede espressamente di essere trattata come un cliente al dettaglio, si applicano le disposizioni relative alle richieste di trattamento quale cliente non professionale di cui agli ultimi tre capoversi dell’allegato n. 3, parte I. (220) di cui al regolamento emanato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze ai sensi dell’articolo 6, comma 2-sexies del Testo Unico (art. 26 lett. d) reg. interm.). (221) Il regolamento Consob procedere a definizioni e distinzioni. CLIENTI PROFESSIONALI PRIVATI: Un cliente professionale è un cliente che possiede l’esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che assume. (222) I. Clienti professionali di diritto Si intendono clienti professionali per tutti i servizi e gli strumenti di investimento: (1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o esteri quali:a) banche; b) imprese di investimento; c) altri istituti finanziari autorizzati o regolamentati; d) imprese di assicurazione; e) organismi di investimento collettivo e società di gestione di tali organismi; f) fondi pensione e società di gestione di tali fondi; g) i negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci; h) soggetti che svolgono esclusivamente la negoziazione per conto proprio su mercati di strumenti finanziari e che aderiscono indirettamente al servizio di liquidazione, nonché al sistema di compensazione e garanzia (locals); i) altri investitori istituzionali;l) agenti di cambio; (2) le imprese di grandi dimensioni che presentano a livello di singola società, almeno 120 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ - clienti professionali su richiesta (223), ovvero clienti che per frequenza di operazioni, capitale investito ed esperienza pregressa soddisfano i requisiti di cui all’Allegato n. 3 del regolamento. Il cliente che non è controparte qualificata, ma che è comunque classificato come cliente professionale ha il diritto alle informazioni ed alle cautele previste dal regolamento, con alcune attenuazioni (224). c) cliente al dettaglio: il cliente che non sia cliente professionale o controparte qualificata, che ha diritto a ricevere la massima tutela prevista dal regolamento (art. 26, lett. e) reg. interm.). due dei seguenti requisiti dimensionali:— totale di bilancio: 20 000 000 EUR, — fatturato netto: 40 000 000 EUR, — fondi propri: 2 000 000 EUR. (3) gli investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla cartolarizzazione di attivi o altre operazioni finanziarie. (223) II. Clienti professionali su richiesta II.1. Criteri di identificazione Gli intermediari possono trattare i clienti diversi da quelli inclusi alla sezione I, che ne facciano espressa richiesta, come clienti professionali, purché siano rispettati i criteri e le procedure menzionati di seguito. Non è comunque consentito presumere che tali clienti possiedano conoscenze ed esperienze di mercato comparabili a quelle delle categorie elencate alla sezione I. La disapplicazione di regole di condotta previste per la prestazione dei servizi nei confronti dei clienti non professionali è consentita quando, dopo aver effettuato una valutazione adeguata della competenza, dell’esperienza e delle conoscenze del cliente, l’intermediario possa ragionevolmente ritenere, tenuto conto della natura delle operazioni o dei servizi previsti, che cliente sia in grado di adottare consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti di comprendere i rischi che assume. Il possesso dei requisiti di professionalità previsti per dirigenti e amministratori dei soggetti autorizzati a norma delle direttive comunitarie nel settore finanziario può essere considerato come un riferimento per valutare la competenza e le conoscenze del cliente. Nel corso della predetta valutazione, devono essere soddisfatti almeno due dei seguenti requisiti: — il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in questione con una frequenza media di 10 operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti; — il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in contante, deve superare 500.000 EUR; — il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti. In caso di persone giuridiche, la valutazione di cui sopra è condotta con riguardo alla persona 2.3.2.1. Modifica della classificazione. La disciplina attuativa della Mifid prevede la mobilità da una categoria all’altra, su iniziativa del cliente oppure della banca. Un cliente che potrebbe ricevere la qualifica di controparte qualificata può chiedere si essere qualificata come cliente professionale o al dettaglio, così come un cliente professionale può chiedere di essere classificato come cliente al dettaglio. E’ opportuno però chiarire che la scelta di trattare come cliente al dettaglio un cliente autorizzata ad effettuare operazioni per loro conto e/o alla persona giuridica medesima. 224 Per fare un esempio, nel servizio di consulenza in materia di investimenti o di gestione di portafogli ad un cliente professionale, gli intermediari possono presumere che, per quanto riguarda gli strumenti, le operazioni e i servizi per i quali tale cliente è classificato nella categoria dei clienti professionali, egli abbia il livello di esperienza e di conoscenza necessario per comprendere i rischi inerenti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio, che rappresentano uno dei criteri di valutazione della suitability (art. 40, comma 2 reg. intermediari). Se è classificato come cliente professionale di diritto, in caso di prestazione del servizio di consulenza <<gli intermediari possono presumere, ai fini del comma 1, lettera b), che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio di investimento compatibile con i propri obiettivi di investimento>> (art. 40, comma 3). 121 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ (226) devono comunicare, su supporto duraturo la nuova classificazione del cliente, contemporaneamente avvertendo il cliente del diritto ad essere diversamente qualificato e dei limiti di tutela che ne deriva. La rinuncia alle protezioni derivanti dalla classificazione è possibile, però solo successivamente a che: a) i clienti abbiano comunicato per iscritto all’intermediario che desiderano essere trattati come clienti professionali, a titolo generale o rispetto ad un particolare servizio od operazione di investimento o tipo di operazione o di prodotto; b) l’intermediario abbiano avvertito i clienti, in una comunicazione scritta e chiara, di quali sono le protezioni e i diritti di indennizzo che potrebbero perdere; c) i clienti abbiano dichiarato per iscritto, in un documento separato dal contratto, di essere a conoscenza delle conseguenze derivanti dalla perdita di tali protezioni; d) in ogni caso prima di decidere di accettare richieste di rinuncia, l’intermediario deve accertarsi che il cliente che chiede di essere considerato cliente professionale soddisfi i criteri di riferimento indicati dal regolamento (227) e la professionale o una controparte qualificata può essere effettuata anche dalla banca (art. 35 reg. interm.) Il cliente ha diritto a chiedere di essere inserito in una categoria più tutelata, oppure, al contrario, chiedere di essere classificato in una categoria superiore. Il cliente al dettaglio può chiedere di essere inserito tra i clienti professionali su richiesta per i quali comunque (non è comunque consentito presumere che tali clienti possiedano conoscenze ed esperienze di mercato comparabili a quelle delle categorie dei clienti professionali di diritto, elencate alla sezione I.).(225) Gli intermediari con le informazioni, “riguardanti la classificazione dei clienti” (225) Allegato II.2. Procedura. I clienti definiti in precedenza possono rinunciare alle protezioni previste dalle norme di comportamento solo una volta espletata la procedura seguente: — i clienti devono comunicare per iscritto all’intermediario che desiderano essere trattati come clienti professionali, a titolo generale o rispetto ad un particolare servizio od operazione di investimento o tipo di operazione o di prodotto; — l’intermediario deve avvertire i clienti, in una comunicazione scritta e chiara, di quali sono le protezioni e i diritti di indennizzo che potrebbero perdere; — i clienti devono dichiarare per iscritto, in un documento separato dal contratto, di essere a conoscenza delle conseguenze derivanti dalla perdita di tali protezioni. Prima di decidere di accettare richieste di rinuncia a protezione, devono essere adottate tutte le misure ragionevoli per accertarsi che il cliente che chiede di essere considerato cliente professionale soddisfi i requisiti indicati nella sezione II al punto 1. Gli intermediari devono adottare per iscritto misure interne appropriate per classificare i clienti. Spetta ai clienti professionali informare il prestatore del servizio di eventuali cambiamenti che potrebbero influenzare la loro attuale classificazione. Se tuttavia l’intermediario constata che il cliente non soddisfa più le condizioni necessarie per ottenere il trattamento riservato ai clienti professionali deve adottare provvedimenti appropriati (226) Art. 35 reg. interm.“1. Gli intermediari comunicano su supporto duraturo ai clienti la loro nuova classificazione in qualità di cliente al dettaglio, cliente professionale o controparte qualificata. 2. Gli intermediari informano i clienti, su supporto duraturo, circa l’eventuale diritto di richiedere una diversa classificazione e circa gli eventuali limiti che ne deriverebbero sotto il profilo della tutela del cliente.” (227)Allegato 3, sex. II Il possesso dei requisiti di professionalità previsti per dirigenti e amministratori dei soggetti autorizzati a norma delle direttive comunitarie nel settore finanziario può essere considerato come un riferimento per valutare la competenza e le conoscenze del cliente. Nel corso della predetta valutazione, devono essere soddisfatti almeno due dei seguenti requisiti: - il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in 122 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ disapplicazione è consentita solo si possa compiere una valutazione positiva, commisurata alle operazione e servizi previsti, della capacità del cliente di adottare decisioni consapevoli e di comprenderne i rischi (228). Ciò comporta una procedura molto più rigorosa rispetto alla precedente che dovrebbe consentire di ridurre la prassi della disapplicazione delle norme mediante sottoscrizione di un modulo prestampato. Infine, si precisa che, in linea di principio è il cliente professionale che deve informare il prestatore del servizio di eventuali cambiamenti che potrebbero influenzare la loro attuale classificazione. Se tuttavia l’intermediario constata che il cliente non soddisfa più le condizioni necessarie per ottenere il trattamento riservato ai clienti professionali deve adottare provvedimenti appropriati. Il meccanismo attuale, quindi, abbandona qualsiasi automatismo: gli intermediari devono anche adottare per iscritto misure interne appropriate per classificare i clienti, richiedendo una verifica attenta del possesso dei requisiti, e comunque, escludendo la possibilità di classificare il cliente, su richiesta come controparte qualificata, priva di diritte informativi e cautele. 2.4.L’obbligo di informazione dell’andamento del derivato. Alcune pronunce hanno ritenuto che l’intermediario non è tenuto solo agli obblighi informativi previsti per al stipula del contratto, derivato, ma è obbligato a tenere informato il cliente. Ad esempio il Tribunale Salerno sez. I, 03 dicembre 2010, dejure.giuffre.it ha affermato che <<In ipotesi di operazioni finanziarie in strumenti warrant, disposte per finalità diverse da quelle di copertura, l'intermediario, per escludere la propria responsabilità risarcitoria, deva dar prova dell'avvenuta informazione dell'investitore, sul sito internet, circa la natura, i rischi e implicazioni delle operazioni stesse, la cui conoscenza era necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento. L'obbligo di informazione posto a carico dell'intermediario è di carattere continuativo e non si esaurisce in occasione della prima operazione, né risultano a tal fine sufficienti le modalità informative standardizzate che l'intermediaria abbia procurato mediante i propri sistemi di trading on line. Tramite l'internet va altresì anticipata la comunicazione di eventuali perdite, effettive o potenziali, pari o superiori al cinquanta per cento del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia, derivanti da operazioni in strumenti derivati e in warrant, disposte per finalità diverse da quelle di copertura.>> questione con una frequenza media di 10 operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti; - il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in contante, deve superare 500.000 EUR; - il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti. In caso di persone giuridiche, la valutazione di cui sopra è condotta con riguardo alla persona autorizzata ad effettuare operazioni per loro conto e/o alla persona giuridica medesima. (228) <<quando, dopo aver effettuato una valutazione adeguata della competenza, dell’esperienza e delle conoscenze del cliente, l’intermediario possa ragionevolmente ritenere, tenuto conto della natura delle operazioni o dei servizi previsti, che il cliente sia in grado di adottare consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi che assume>> sulla base di una procedura (All. 3, Sez. II.1). 3. Meritevolezza perseguito. dello scopo 123 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ I contratti di swaps sono atipici e sono soggetti al controllo di meritevolezza. Quando essi hanno una funzione di copertura di un rischio, vi sono pochi dubbi sulla loro liceità ai sensi dell’art. 1322, comma 2 c.c. Più problematiche sono le ipotesi nelle quali, invece, finalità non è di hedging, ma di trading. Come si è già detto in precedenza, il carattere speculativo del contratto non è esclude la liceità della causa; non per questo, però, è possibile accantonare la verifica della meritevolezza della causa in concreto ordinanza del Tribunale di Bari del 15 luglio 2010, ricordando, appunto il recepimento da parte della S.C. della tesi della causa in concreto (Cass. 8/5/2006 n. 10490, Cass. 11/11/2008, n. 26972 sul danno non patrimoniale e 18/2/2010, n. 3947 sulla polizza fideiussoria) - pur negando che la violazione delle regole di comportamento possa comportare la deviazione dal tipo sociale sul piano della causa concreta (per l'indeducibilità delle regole di validità dalle regole di comportamento) - ha sancito la nullità di contratti di swap successivo al primo, stipulati per incorporare le passività pregresse, rilevando che il 44,5% del costo complessivo dell’operazione era collegato a costi impliciti.(229) Nei limiti di una pronuncia cautelare, non è l’up front o i costi impliciti a determinare la nullità ma la loro rilevante incidenza sulla funzione di copertura del rischio. Non sembra però che si possa escludere la validità di contratti derivati perché speculativi, considerato anche che l’art. 23, 5° comma del t.u.f. ora espressamente prevede la non applicazione agli strumenti finanziari derivati dell’eccezione di gioco e di scommessa prevista. 4. Swaps e ristrutturazione del debito pubblico degli enti locali. Un’ indagine conoscitiva condotta nel 2004 dalla Consob ha evidenziato che già allora erano molto diffusi contratti con valore di mercato negativo per gli Enti locali (circa il 70% dei contratti era in perdita), anche se non era chiaro in che misura ciò derivasse da rinegoziazioni di precedenti contratti o piuttosto da nuovi contratti non par che prevedevano l’incasso di una somma up front per gli Enti. In sostanza, le operazioni di rinegoziazione dei contratti derivati, a seguito di operazioni di ristrutturazione del debito, prevedono già in partenza condizioni di sfavore per gli Enti o implicano l’assunzione di rischi aggiuntivi che fanno sì che la probabilità che gli Enti stessi possano effettivamente beneficiare da tali contratti, in termini di protezione dal rischio di tasso di interesse, rimane assai remota(230). La Legge Finanziaria per il 2009 (art. 3 l. 203/2008), ha riformulato il disposto dell’art. 62 del D.L. n. 112/2008, abrogando le precedenti disposizioni relative all’utilizzo degli strumenti derivati da parte degli Enti territoriali, e prevedendo che a) in via regolamentare il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sentite la Consob e la Banca d’Italia, disciplini la tipologia dei contratti relativi agli gli strumenti finanziari derivati previsti dall’art. 1, comma 3 del TUF che gli Enti (incluse le regioni) possono concludere e le componenti derivate, implicite o esplicite, che gli stessi Enti hanno facoltà di prevedere nei contratti di finanziamento” b) la nullità dei contratti stipulati in violazione delle disposizioni contenute nell’emananda regolamentazione, che può essere fatta valere solo dall’Ente “al fine di assicurare la massima trasparenza dei contratti relativi agli strumenti finanziari derivati nonché delle clausole relative alle predette componenti derivate, la medesima 229 Lembo, La rinegoziazione dei contratti derivati: brevi note sulle problematiche civilistiche e fallimentari, in Dir. fall., 2005, I, 355 ss. (230) Consob,Audizione, cit. 124 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ regolamentazione individua anche le informazioni, rese in lingua italiana, che gli stessi devono contenere”; c) il divieto di “stipulare fino all’entrata in vigore della suddetta regolamentazione, e comunque per il periodo minimo di un anno decorrente dall’entrata in vigore del citato decreto-legge, contratti relativi agli strumenti finanziari derivati”; a ciò fa eccezione l’ipotesi della ristrutturazione del debito, visto che resta ferma <<la possibilità di ristrutturare il contratto derivato a seguito di modifica della passività alla quale il medesimo contratto è riferito, con la finalità di mantenere la corrispondenza tra la passività rinegoziata e la collegata operazione di copertura>>; d) i regolamenti devono prevedere che “ai fini della conclusione di un contratto relativo a strumenti finanziari derivati o di un contratto di finanziamento che include una componente derivata, il soggetto competente alla sottoscrizione del contratto per l’ente pubblico attesta per iscritto di avere preso conoscenza dei rischi e delle caratteristiche dei medesimi” (art. 62, comma 4, d.l. n. 112/2008); e) la violazione dell’art. 62 comporta la nullità di protezione del contratto: “il contratto relativo a strumenti finanziari derivati o il contratto di finanziamento che include una componente derivata, stipulato dagli enti di cui al comma 2 in violazione delle disposizioni previste dal regolamento emanato in attuazione del comma 3 o privo dell’attestazione di cui al comma 4, è nullo. La nullità può essere fatta valere solo dall’ente” (art. 62, comma 5, d.l. n. 112/2008. La norma è stata impugnata violazione dell’art. 117, comma 3 e comma 6 cost. dalla Regione Veneto, ma la Corte costituzionale, sent. 18 febbraio 2010, n. 52, ha dichiarato infondata la questione.(231) I contratti in derivati hanno comportato corpose passività per gli enti «ai mercati finanziari», all'«ordinamento civile» e al «coordinamento della finanza pubblica»: le prime due di competenza esclusiva dello Stato e l'ultima di competenza concorrente. In applicazione del "criterio della prevalenza" deve rilevarsi che la finalità principale della normativa statale in esame sia rappresentata dalla tutela del risparmio e dei mercati finanziari, nonché dalla disciplina di rapporti privatistici e dei connessi rimedi azionabili in caso di violazione delle disposizioni disciplinatrici del settore. La peculiarità del contenuto della tipologia contrattuale in esame impone, in questo caso, di risolvere il concorso delle plurime competenze legislative riconducibili alle elencazioni contenute nel secondo e terzo comma dell'art. 117 Cost. mediante l'inquadramento della normativa censurata in via prevalente nelle materie dei mercati finanziari e dell'ordinamento civile, di esclusiva spettanza del potere legislativo statale. Ne discende che anche la questione sollevata in relazione al sesto comma dell'art. 117 Cost. non ha fondamento dato che allo Stato spetta la potestà regolamentare - senza alcuna limitazione connessa alla tipologia dei regolamenti - nelle materie che la stessa Costituzione attribuisce alla esclusiva potestà legislativa statale. In ogni caso, il coinvolgimento regionale risulta, nella specie, assicurato dal novellato comma 3 dell'art. 62Non è fondata, in riferimento agli art. 70 e 77 cost., la q.l.c. dell'art. 62, commi 01, 1, 2 e 3 d.l. 25 giugno 2008 n. 112, conv., con modificazioni, in l. 6 agosto 2008 n. 133. La disciplina introdotta con le disposizioni del censurato art. 62 è diretta a contenere l'esposizione delle regioni e degli altri enti locali territoriali a indebitamenti che, per il rischio che comportano, possono esporre le rispettive finanze ad accollarsi oneri impropri e non prevedibili all'atto della stipulazione dei relativi contratti aventi ad oggetto i cosiddetti derivati finanziari. Sussistono, pertanto, oggettivamente le ragioni di straordinarietà e urgenza che giustificano il ricorso al decretolegge, volto, da un lato, alla disciplina a regime del fenomeno e, dall'altro, al divieto immediato per gli enti stessi di ricorrere ai predetti strumenti finanziari.( Corte costituzionale, sent. 18 febbraio 2010, n. 52) (231) Osservando che <<La disciplina dei derivati finanziari si colloca alla confluenza di un insieme di materie, vale a dire quelle relative 125 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ locali (232), ed è sorto un contenzioso sia civile sia penale (es. come nel Caso del Comune di Milano, che ha portato, oltre che al rinvio a giudizio di diversi imputati per i reati di truffa aggravata e falso ideologico, anche all’emissione di un decreto di sequestro preventivo nei confronti di diversi istituti bancari per oltre 100 milioni di euro), imperniato: a) sulla esistenza di costi impliciti; b) sulla elusione degli obblighi informativi previsti per la conclusione dei contratti attribuendo all’ente la qualità di <<operatore qualificato>>. Nel frattempo i primi procedimenti hanno avuto una conclusione e, soprattutto, opportunamente alcuni enti pubblici sono intervenuti in autotutela. Il T.A.R. di Firenze, davanti al quale sono stati impugnati gli atti di autotutela, ha recentemente affermato che <<Viola l'art. 41, comma 2, della l. 28 dicembre 2001, n. 448 per assenza di convenienza economica un'operazione di "swap" posta in essere da un ente pubblico nella quale, al momento della stipulazione, il risultato differenziale tra le parti non sia eguale a zero ma comporti uno squilibrio a sfavore dell'ente.>> (T.A.R. Firenze, Sez. I, 11 novembre 2010, n. 6579, Red. amm. TAR 2010, 11, dejure.giuffre.it) (233) (232) C.Conti reg. Campania sez. contr., 25 febbraio 2010, n. 11Riv. corte conti 2010, 1, 9 <<La Sezione osserva che i contratti di "swap" sottoscritti dal comune di Napoli sino all'anno 2006 prevedevano una delegazione di pagamento a favore delle banche, circostanza ritenuta, secondo una corretta interpretazione della normativa di settore, non legittima; inoltre, nell'analisi del merito dell'operazione, pur non trattandosi di estinzione anticipata del debito con effettivo esborso, ma di rinegoziazione dei contratti di strumenti finanziari derivati in materia di gestione del debito; tuttavia, in tale sede l'onere della chiusura dei precedenti contratti non può non riversarsi sulla nuova posizione debitoria e ciò rammentando che i contratti sostituiti presentavano un "mark to market" di notevole entità, operazione, quella del "mark to market", che si configura come un valore tipico attinente ai contratti di gestione dei debiti come lo "swap" con il correlato finanziario che tale valore non dà luogo ad esborso materiale di denaro, nel caso di ristrutturazioni di contratti precedenti, ma comporta inevitabilmente che l'onere della chiusura si riversa sulla nuova posizione debitoria. Ancora la Sezione rileva che la stessa amministrazione, in occasione della chiusura di precedenti contratti di "swap", ha preso atto del "mark to market" negativo ed ha previsto l'incidenza sulle condizioni contrattuali successive come emerge da una deliberazione del servizio finanziamenti europei e finanza innovativa; soluzione però non satisfattiva permanendo, quale punto critico nei contratti all'esame l'esistenza di un "collar" a favore del limite superiore (cap) con la conseguenza che nel caso che l'euribor salga, i costi per l'ente sono maggiori rispetto ai vantaggi derivanti da una quotazione dell' "euribor" in ribasso dovendosi allora aggiuntivamente considerare che, atteso che dopo il 2023 viene prevista una quota maggiore per rimborso del capitale appare fondato ritenere che il Comune abbia operato la scelta di rinviare ai futuri bilanci maggiori oneri.>> (233) La Provincia di Pisa ha indetto una gara ufficiosa per individuare uno o più intermediari finanziari con i quali perfezionare un'operazione di ristrutturazione del proprio debito. La gara è stata vinta dalle società Dexia Crediop s.p.a. e Depfa Bank PLC riunite in associazione temporanea di imprese. L'operazione si è concretizzata nell'emissione di un prestito obbligazionario al tasso variabile Euribor maggiorato dello spread indicato nell'offerta di gara, per un importo di 95.494.000; la Provincia ha poi perfezionato due operazioni in derivati di copertura dal rischio di tasso, finalizzate a garantire che il livello dei tassi d'interesse da corrispondere fosse oscillante all'interno di un minimo ed un massimo prestabiliti. La Provincia di Pisa ha poi annullato la procedura poiché sarebbero stati violati l'art. 41 l. 28 dicembre 2001 n. 448 e l'art. 3 della circolare ministeriale 27 maggio 2004 a causa di costi impliciti dell'operazione non dichiarati dalle ricorrenti. Tali provvedimenti sono stati impugnati con i gravami epigrafati, notificati il 9 ottobre 2009 e depositati il 19 ottobre 2009, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili. Si é costituita la Provincia di Pisa chiedendo la reiezione dei ricorsi. 126 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Spesso è accaduto che proprio l’attribuzione di una somma iniziale abbia invogliato gli enti alla conclusione del derivato. Il Tribunale di Bologna, 14 dicembre 2009, però, ha affermato che nell’IRS, la clausola up front, non comporta una funzione di finanziamento del contratto; l’attribuzione di liquidità non è equiparabile ad un <<credito a restituirsi>> e non trasforma la causa, assimilandola al mutuo, restando prevalente la funzione di scambio di tassi di interessi. La conclusione è stata oggetto di critiche(234); si è osservato che quando i contratti derivati sono gravati da oneri divenuti insopportabili per il cliente e sono "rinegoziati” mediante corresponsione a titolo di up front da parte della Banca al cliente di importo pari al mark to market di chiusura del contratto <<in maniera tale da perseguire l'obiettivo di (quantomeno) recuperare con una certa remunerazione l'importo erogato a titolo up front (…) pare davvero difficile escludere la natura di finanziamento dell'up front riconosciuto al cliente, né rileverebbe, al riguardo, eccepire il carattere eventuale della prestazione restitutoria del cliente (in qualche modo connessa alle assunzioni previsionali supposte dall'IRS rinegoziato), visto e considerato che la natura di finanziamento dell'erogazione di somme appare compatibile con il carattere incerto della restituzione (cfr., ad es., la fattispecie del mutuo sub condicione, su cui Cass. civ. sez. I n° 13168/2005)>>. La decisione del Tribunale di Bologna è intervenuta anche sul tema dell’<<operatore qualificato>>, affermando che Il Comune il cui dirigente abilitato rilascia la dichiarazione ex art. 31 reg. intermediari può essere considerato come operatore qualificato, perché è noto che il Comune ha competenza finanziaria perché dispone di complesse strutture ragioneristiche ed effettua operazioni finanziarie complesse come l’emissione di strumenti obbligazionari e la partecipazione al capitale azionario. In senso contrario si è pronunciato il Tribunale di Rimini (sentenza 12.10.2010), il quale ha escluso la validità della dichiarazione consistente nella competenza maturata in virtù dell’ausilio di un advisor essendo il contratto di consulenza stato concluso solo 7 giorni prima dell’operazione in derivati, fatto noto alla controparte, appartenendo il consulente al medesimo gruppo bancario della controparte contrattuale. Vista l’inefficacia di tale dichiarazione, il Tribunale, ha altresì considerato che il contratto era stato stipulato presso la sede del Comune e, quindi, esso doveva contenere l’informativa riguardante il diritto di recesso, con conseguente nullità derivante dalla qua omissione ex art. 30 del d.lgs. n. 58 del 1998. La questione è rilevante in quanto i Comuni spesso si sono avvalsi di advisors riconducibili agli stessi gruppi bancari con Nel caso di specie il contratto era stato stipulato il 4 luglio 2007 per la copertura del rischio derivante dalla fluttuazione dei tassi relativi ad un bond (capitale nozionale) emesso dalla Provincia il 28 giugno 2007, e il differenziale sarebbe stato calcolato sulle oscillazioni dell'Euribor. La scadenza delle rate tra i contraenti era stabilita a sei mesi. La Provincia intimata e le ricorrenti avevano anche stabilito che l'oscillazione sulla quale calcolare il differenziale venisse contenuta entro determinati limiti, in modo che se l'Euribor fosse salito oltre il 5,99% (cap), la differenza sarebbe rimasta a carico delle banche; se invece fosse sceso il 4,64% (floor), la Provincia avrebbe comunque continuato a pagare detto tasso.(T.A.R. Firenze, 11 novembre 2010, n. 6579, Red. amm. TAR 2010, 11, dejure.giuffre.it). (234) ZAMAGNI, CEDRINI, La clausola "up front" non cambierebbe l'inquadramento dello "swap" in mutuo, parola di Tribunale. E anche i piccoli Comuni erano abilitati... al rischio di sovraindebitarsi, in Diritto e Giustizia, 2010, 0, 75 s. 127 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ cui hanno concluso operazioni in derivati per il ripianamento di passività, talvolta concludendo contratti non soggetti alla legge italiana, ma di altri stati europei. Verona 01 aprile 2008 , sempre su il caso.it). 5. Provvedimenti cautelari in materia di derivati. Il carattere puramente finanziario dei contratti derivati porterebbe ad escludere la tutela cautelare del cliente per difetto di periculum in mora. In realtà, la centralità di questi contratti nell’equilibrio finanziario delle imprese e le conseguenze degli inadempimenti per le segnalazioni alla Centrale dei rischi, con conseguenti ricadute rilevanti nella sua esposizione e debitoria e sul merito creditizio, e la possibile rinuncia o rescissione dei contratti in corso, può portare all’accoglimento anche di domande cautelari. E’ stata di recente, riconosciuto, infatti, in più di una occasione il periculum in mora derivante dall’esecuzione di un contratto di Interest Rate Swap quando è prevedibile l’andamento negativo dello stesso, quando esso può comportare il superamento del fido, la segnalazione alla Centrale dei rischi, la revoca dei contratti commerciali in corso (Tribunale di Catanzaro, 30 novembre 2010, Tribunale di Catanzaro, 17 dicembre 2009, il caso.it), Tribunale Bari 15 luglio 2010 , il caso.it ,che segnala anche la perdita del merito creditizio). In tali casi il giudice adito, quando è stata prospettata una domanda di nullità o di inefficacia delle obbligazioni assunte con l’IRS, ha dichiarato la sospensione dell’efficacia di tali obbligazioni (Tribunale di Catanzaro, 30 novembre 2010) , o il divieto di addebito sul conto corrente delle passività derivati dal contratto stesso (Tribunale Bari 15 luglio 2010) 235, v. anche Tribunale Pasquale Serrao d’Aquino volto a conseguire un provvedimento a carattere anticipatorio rispetto al "petitum" di merito, di inibitoria dell'esecuzione di addebiti per effetto di contratti di swap sui conti correnti intrattenuti con la banca e della segnalazione alla Centrale rischi della Banca d'Italia, laddove sussista il "fumus" - ravvisabile nella nullità dei predetti contratti per mancanza di causa, ed alla conseguente azione di ripetizione - ed il "periculum in mora", ravvisabile nell'irreparabilità del pregiudizio denunciato, avente ad oggetto il soddisfacimento di un preteso credito della controparte, le cui conseguenze non appaiono riparabili patrimonialmente, tenuto conto che vi sarebbe uno scarto non colmabile fra danno subito e danno risarcibile, avuto riguardo agli effetti negativi di uno sconfinamento e della perdita del merito creditizio per la stessa esistenza di un'attività imprenditoriale esercitata dalla ricorrente, già in situazione di difficoltà secondo quanto emerge dall'ultimo bilancio sociale approvato. (235) Tribunale Bari sez. IV, 15 luglio 2010:<<Va accolto il ricorso ex art. 700, c.p.c., 128 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ PROVVEDIMENTI INTERESSE GIUDIZIARI effettuata, in ordine alla quale il giudice, ai sensi dell'art. 152, comma 12, può provvedere anche in deroga al divieto di cui all'art. 4 l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E. DI Segnalazioni alla Centrale dei rischi. Autorità: Cassazione civile sez. I Data: 01 aprile 2009 Numero: n. 7958 Parti: G.E. C. Banca d'Italia e altro Fonti: Giust. civ. Mass. 2009, 4, 561, Resp. civ. e prev. 2010, 5, 1095 (s.m.) (nota di: BOLOGNINI) Testo Persona fisica e diritti della personalità - Riservatezza - Centrale dei rischi - Disciplina generale in tema di trattamento dei dati personali Applicabilità Conseguenze Segnalazione erronea - Responsabilità civile della Banca d'Italia Configurabilità - Legittimazione passiva in ordine all'azione ex art. 152 del d.lg. n. 196 del 2003 - Sussistenza - Rettifica o cancellazione - Ammissibilità Nella gestione della Centrale dei rischi, la Banca d'Italia non si sottrae alla disciplina generale in tema di trattamento dei dati personali, dettata dal d.lg. 3 giugno 2003 n. 196, in quanto la riconducibilità di tale trattamento all'ipotesi prevista dall'art. 8, comma 2, lett. d, del d.lg. cit. esclude soltanto l'applicabilità della tutela amministrativa e di quella alternativa alla tutela giurisdizionale, ma non anche di quella giurisdizionale prevista dall'art. 152 e di quella dinanzi al Garante nelle forme previste dall'art. 141, lett. a) e b): è pertanto configurabile una responsabilità civile della Banca d'Italia in relazione ai danni cagionati dal predetto trattamento, ai sensi dell'art. 11 del d.lg. cit., con la conseguenza che spetta alla medesima Banca la legittimazione passiva in ordine all'azione proposta dall'interessato per ottenere la rettifica o la cancellazione della segnalazione erroneamente Autorità: Tribunale Trani sez. I Data: 12 settembre 2008 Numero: Parti: Fonti: Giurisprudenzabarese.it 2008 Classificazione TITOLI DI CREDITO Assegno bancario a vuoto aggravanti Testo A differenza della disciplina esistente in tema di Centrale Rischi presso la Banca ddItalia, quella dettata in materia di emissione di assegni senza provvista è dettagliatamente descrittiva dei doveri e delle cadenze temporali, indifferibili, del trattario, sul quale anzi, nell'ipotesi di ritardata iscrizione nell'archivio informatico dei protesti gravano le responsabilità previste dall'art. 10 della l. n. 386 del 1990, come modificata dal D.lg. n. 507 del 1999. La lettera della normativa non lascia spazio alla banca ad alcuna discrezionalità, e ddaltronde ciò si spiega alla luce del quadro complessivo normativo, che partendo dalla depenalizzazione degli assegni bancari emessi senza autorizzazione o provvista, ha previsto llapplicazione di sanzioni amministrative, anche queste evitabili per la sola ipotesi di mancanza di provvista, purché il traente rispetti i tempi dettati per il pagamento e la messa a disposizione delle relative prove. Autorità: Cassazione civile sez. I Data: 24 maggio 2010 Numero: n. 12626 Parti: Soc. Imarfa C. Banca Carime Fonti: Guida al diritto 2010, 3334, 67 (s.m.) 129 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Classificazione BANCA (Istituti di credito) Banca d'Italia Il giudice dott. Pasquale Serrao d’Aquino, letti gli atti; OSSERVA Il ricorrente ha chiesto, ex art. 700 c.p.c., ordinarsi ai resistenti _________e Camera di commercio di Napoli: 1. la sospensione e la cancellazione dei protesti elevati in danno della ditta individuale ______________________, 2. la cancellazione della segnalazione alla CAI, atti entrambi ritenuti illegittimi per la mancata comunicazione dell’avviso ex art. 9 bis l. 386 del 1990. La banca indica di aver regolarmente effettuato la notifica al domicilio eletto e la necessità di rispettare i tempi di segnalazione previsti per legge. La Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Napoli di Napoli resistente ha evidenziato che l’art. 4 della legge n. 77 del 1995, come sostituito dall’art, 2,comma 1 della legge n. 235 del 2000, prevede il ricorso al Giudice di Pace avverso la reiezione o la mancata decisione del Presidente del responsabile dirigente dell’ufficio protesti della C.C.I.A.A. sulla richiesta di cancellazione del protesto illegittimo o erroneo. Ha, quindi, eccepito: • il difetto di residualità del rimedio esperito; • il difetto di legittimazione passiva, dovuto al fatto che essa è mera destinataria materiale di una eventuale pronuncia del giudice. 1. Domanda di sospensione o cancellazione della pubblicazione del protesto. Le eccezioni della Camera di Commercio presuppongono logicamente che sia ammissibile la procedura amministrativa descritta anche nel caso degli assegni bancari e che la stessa esclude la tutela cautelare o, al limite, ne Testo La segnalazione di una posizione in sofferenza presso la centrale rischi della Banca ddItalia, secondo le istruzioni del predetto istituto, lungi dal poter discendere dalla sola analisi dello specifico o degli specifici rapporti in corso di svolgimento tra la singola banca segnalante e il cliente, implica una valutazione della complessiva situazione patrimoniale di questo ultimo, ovvero del debitore di cui alla diagnosi di sofferenza. L’accostamento che tali istruzioni hanno inteso stabilire tra stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente) e situazione sostanzialmente equiparabili, inducono a preferire quelle ricostruzioni che, oggettivamente gemmate dalla piattaforma di cui all'art. 5 l. fall., hanno tuttavia proposto, ai fini della segnalazione, una nozione "levior" rispetto a quella della insolvenza fallimentare, così da concepire lo stato di insolvenza e le situazioni equiparabili in termini di valutazione negativa di una situazione patrimoniale apprezzata come deficitaria, ovvero - in buona sostanza - di grave (e non transitoria) difficoltà economica, senza - cioè - fare necessario riferimento all'insolvenza intesa quale situazione di incapienza, ovvero di definitiva irrecuperabilità. Conclusivamente, ciò che rileva è la situazione oggettiva di incapacità finanziaria (incapacità non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte) mentre nessun rilievo assume la manifestazione di volontà di non adempimento, se giustificata da una seria contestazione sulla esistenza del titolo del credito vantato dalla banca. Domanda di cancellazione sospensione di protesto. o Tribunale di Napoli III Sezione Civile 130 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ condizioni l’ammissibilità al suo previo esperimento. L’art. 4, comma 1 della legge n. 77 del 1995, attuale formulazione, regolando la cancellazione a seguito di pagamento tardivo del capitale ed accessi, menziona esclusivamente la cambiale ed il vaglia cambiario e non l’assegno bancario. Non vi è dubbio che tale norma non trovi applicazione anche per l’assegno bancario, così come chiarito anche dalla Corte Costituzionale la quale, con la sentenza di rigetto n. 70 del 2003 (poi ribadita dall’ordinanza di inammissibilità n. 84 del 2004), ha rimarcato la non irragionevolezza dell’esclusione degli assegni bancari da tale previsione. Richiamando tali pronunce il Tribunale di Nola ha escluso l’applicabilità della procedura di cui all’art. 4 alla cancellazione dell’assegno illegittimamente protestato (ord. del 17.02.2006), così come era stata esclusa da altri tribunali di merito (Tribunale di Foggia, 5 febbraio 2004, in Giur. Merito, 2004, p. 914) e da parte della dottrina. Questo Giudice, ritiene, al contrario, che possa giungersi ad una diversa conclusione. Sembra, infatti, non corretto estendere le conclusioni a cui si può e si deve giungere in relazione alla fattispecie di cui all’art. 4, comma 1 alla diversa ipotesi prevista dall’art. 4, comma 2. Nel primo caso viene regolata la cancellazione del protesto a seguito di ravvedimento operoso, ovvero del pagamento tardivo del capitale e degli accessori; nel secondo caso, invece, si chiede la cancellazione del protesto erroneo o illegittimo. La Corte Costituzionale, come può evincersi dalla sentenza e dall’ordinanza citate, è stata chiamata, appunto, a valutare una ritenuta disparità di trattamento tra il “ravvedimento operoso” avente ad oggetto la cambiale o il vaglia cambiario e quello avente ad oggetto l’assegno, ritenendo infondata la questione sulla base di una persistente non omogeneità normativa e funzionale tra assegno e cambiale. E’ sufficiente mettere in evidenza che cosa ben diversa è non onorare quanto previsto in uno strumento di credito, quale la cambiale, rispetto all’insolvenza di un assegno, che costituisce, invece, strumento di pagamento e determina un affidamento nel prenditore sull’esistenza dei fondi. Come può evincersi da una lettura della sentenza n. 70 del 2003, la Consulta sofferma la sua analisi solo sul primo comma dell’art. 4: è tale norma, nella sua inapplicabilità all’assegno bancario, ad essere sospettata di incostituzionalità da parte dei giudici emittenti sulla base di argomentazioni ritenute infondate da parte del Giudice delle Leggi. Con un esame attento dell’art. 4 può notarsi come né il tenore letterale dell’art. 4, comma 2, né il suo aspetto funzionale consentono una perfetta sovrapposizione delle due norme, e questo per diverse ragioni. Innanzitutto, il capoverso dell’art. 4, ed anche la disciplina successiva, diversamente dal comma 1, non effettuano un riferimento alla cambiale ed al vaglia cambiario. Non è senza rilievo, sul punto, che anche i commi successivi dell’art. 4 nel regolare la procedura applicabile tanto alle ipotesi di cui al comma 1, quanto a quelle di cui al comma 2, non contengano alcun riferimento alla cambiale ed al pagherò cambiario. E’ appena il caso di notare, poi, che la legge n. 77 del 1955 è denominata “Pubblicazione dei protesti cambiari”, ma regola i protesti anche degli assegni cambiari. L’omessa menzione degli assegni (come anche delle cambiali), nel comma 2 dell’art. 4, anche se non costituisce argomento decisivo per ritenere la norma applicabile anche agli assegni bancari, di certo non è dirimente per accedere alla tesi opposta. Quest’ultimo rilievo, poi, contribuisce a negare qualsiasi rilevanza al fatto che l’allegato all’art. 4 contenente un modello di richiesta di cancellazione dal registro informatico dei protesti contiene 131 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ dell’inapplicabilità dell’art. 4, comma 2 alle ipotesi, come quella di apocrifia della sottoscrizione, che non potrebbero essere oggetto di accertamenti in sede amministrativa; in proposito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, prima della riforma legislativa dell’art 4, aveva ritenuto ammissibile la procedura ex art. 700 e sussistente la giurisdizione dell’A.G.O. in considerazione della natura meramente materiale, e non amministrativa della pubblicazione dei protesti). Difetto di residualità della tutela cautelare. L’esistenza della procedura prevista dall’art. 4, tuttavia, diversamente da quanto sostenuto dalle resistenti non determina l’inammissibilità della procedura di urgenza: l’azione per cui è competente il giudice di pace, infatti, è comunque un’azione di merito e, pertanto, non esclude la necessità di una tutela cautelare prima o durante il giudizio di merito. La proposizione dell’istanza al responsabile dell’ufficio protesti della C.C.I.A.A. costituisce una condizione di procedibilità del giudizio di merito, ma non di astratta esperibilità della tutela cautelare. Tuttavia, come già rilevato di recente da questo medesimo Tribunale, III Sezione (8 aprile 2010), <<parte della dottrina e un settore della stessa giurisprudenza di merito (Trib. Udine 13 febbraio 2002; in termini, sia pure implicitamente Trib. Napoli, 13 febbraio 2001, in Giur. Merito, 2001,I, 626) ritengono che non possa ritenersi proponibile immediatamente dinanzi al giudice ordinario, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., in sede cautelare, l'istanza di cancellazione della pubblicazione di un protesto illegittimo, giacché la cancellazione va preventivamente richiesta al Presidente (rectius: dirigente responsabile dell'ufficio protesti) della Camera di commercio, organo investito in tema di pubblicazione degli elenchi dei protesti di potestà il riferimento ai titoli cambiari e non anche agli assegni. Basta considerare che molte Camere di Commercio forniscono modelli per la cancellazione dei protesti nei quali, nei casi di cui al comma 2 vi è la generica indicazione di “titoli”. Inoltre, a fronte di un’illegittimità o erroneità nella levata del protesto, alcuna differenza appare rivestire la qualità del titolo di credito al quale esso fa riferimento, non apparendo configurabile alcuna rilevanza della diversità funzionale tra cambiale ed assegno. Nel comma 1 non ci si duole dell’atto di protesto, ma si chiede di cancellarne gli effetti per effetto di un ravvedimento successivo; nel secondo comma si chiede di ovviare ad un errore del protesto stesso. Di particolare importanza, ancora, è la distinzione tra i soggetti legittimati all’istanza: per il pagamento tardivo, il solo debitore; per l’illegittimità o erroneità del protesto, chiunque vi abbia interesse, oltre che lo stesso pubblico ufficiale che ha redatto il protesto. La previsione appare logica, in quanto il pagamento tardivo è atto del debitore cambiario il quale, dopo l’adempimento, chiede anche la cancellazione della pubblicità negativa conseguente al protesto del titolo. Nel secondo caso, invece, può essere lo stesso pubblico ufficiale che intende ovviare ad un proprio errore; può trattarsi del debitore danneggiato dall’errore; oppure può anche trattarsi di un terzo (come nel caso di specie ove l’ex socio accomandatario lamenta l’erroneo inserimento del suo nominativo nell’atto di protesto). In conclusione, sussistono ad un esame compiuto del testo normativo induce a ritenere applicabile la procedura di cui all’art. 4,comma 2 l. n. 77 del 1955 anche agli assegni. Esula dal presente giudizio, ove si discute dell’erroneità letterale dell’atto di protesto, la diversa questione, accennata dalla giurisprudenza di merito (Tribunale di Foggia, 11 febbraio 2003, in Giur. Merito, 2004, p. 914), 132 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ amministrativa ad esso riservata e non più riconducibile a mera operazione materiale. Secondo tali indirizzi lascerebbero propendere per questa soluzione il carattere necessariamente prodromico della fase amministrativa e la circostanza che un provvedimento cautelare adottato prima della presentazione dell'istanza al suddetto dirigente responsabile della Camera di commercio non risulterebbe strumentale ad un giudizio di merito, assolutamente eventuale, bensì alla decisione adottata dall'organo amministrativo(Trib. Vallo della Lucania, 17 maggio 2004).>> La citata decisione del Tribunale di Napoli, III Sezione (8 aprile 2010), sottolinea che va <<rimarcato in proposito che gli orientamenti favorevoli all'ammissibilità della indicata tutela cautelare possono risultare plausibili qualora il petitum dello strumento urgente si identifichi con la richiesta di sospensione della pubblicazione ritenuta erronea od illegittima, mentre desta perplessità l'indirizzo che propone una visione più ampia dell'esercitabilità di siffatta tutela fino ad inglobare in essa anche la possibilità dell'ottenimento, in via d'urgenza, di una pronuncia che comporti direttamente l'effetto della cancellazione del protesto (in quanto illegittimo od erroneo), al quale è preposto un procedimento ad hoc normativamente predeterminato (ancorché di tipo amministrativo) rispetto al quale potrebbe venirsi a configurare un problema di sovrapposizione, collidente con il necessario requisito della residualità (o sussidiarietà) che, come è noto, caratterizza il procedimento previsto dall'art. 700 del codice di rito. In altri termini, il procedimento ex art. 700 c.p.c. - alla stregua anche dell'attuale quadro normativo - non sembra poter essere finalizzato (né per cambiali né per assegni) alla cancellazione del protesto, mentre esso si profila ammissibile (per ambedue le categorie di titoli) qualora il ricorso abbia ad oggetto la sospensione (degli effetti) del protesto ed a prescindere dal preventivo esperimento dell'iter amministrativo precedentemente descritto; è scontato che all'esito favorevole del successivo giudizio di merito non potrebbe che conseguire la cancellazione, ma questa, tuttavia, non è altro che la naturale consecutio logica di quella domanda cautelare, mediante la quale il diritto dell'interessato, sussistendo le condizioni di legge, trova il suo pieno e definitivo soddisfacimento (incompatibile, in quanto tale, con una pronuncia anticipatoria di tipo cautelare).>> Orbene, questo giudice ritiene condivisile tali conclusioni, ma per ragioni in parte diverse. La tutela cautelare è indirizzata ad assicurare l’effettività dell’azione giudiziaria. Per tale motivo la Corte Costituzionale (Sentenza del 30 novembre 2007, n. 403) ha dichiarato non fondata la questione di incostituzionalità del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall'art. 1 comma 11, della legge 31/7/1997, n. 249, censurato, in riferimento all'art. 24, co., Cost., se esteso alla tutela cautelare, affermando che tale << assunto risulta privo di fondamento alla luce degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza costituzionale in tema di tentativo obbligatorio di conciliazione e di tutela cautelare. Occorre, infatti, considerare che questa Corte ha affermato che quanto stabilito dall'art. 412-bis del codice di procedura civile, con riferimento alla disciplina delle controversie di lavoro, secondo cui il mancato espletamento del prescritto tentativo di conciliazione non preclude la concessione di provvedimenti cautelari, deve essere inteso nel senso che <<un istituto di generale applicazione in ogni controversia di lavoro (il tentativo obbligatorio di conciliazione) si arresta in presenza di un'istanza cautelare, 133 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ ed effettiva della situazione giuridica violata non può essere condizionata dall’ammissibilità del ricorso amministrativo. Quest’ultimo, quindi, non è, ad avviso di questo giudice, condizione di ammissibilità della tutela cautelare. E’ condivisile, invece, la conclusione dell’ammissibilità della domanda cautelare alla sola sospensione del protesto, con esclusione della cancellazione. Quest’ultimo, infatti, è provvedimento sostanzialmente definitivo che comporterebbe una successiva iscrizione del protesto in caso di inefficacia o revoca del provvedimento cautelare; il provvedimento cautelare esaurirebbe la tutela conseguibile attraverso il giudizio di merito, con problematiche in parte assimilabili – anche se ben più gravi – assimilabili alla domanda di cancellazione di altre iscrizioni (iscrizione di ipoteca, per la quale però vi è un espresso riferimento al giudicato, la trascrizione della domanda giudiziale, cfr. in tal senso anche Cass. 16 gennaio 1986, n. 251, in Nuova giur. civ. comm., 1986, 483, e secondo cui l'ordinanza che dispone la cancellazione della trascrizione della domanda è da considerarsi in netto contrasto con il connotato più tipico dei provvedimenti di urgenza ex art. 700, quello che lo accomuna agli altri provvedimenti cautelari dello stesso Capo III, cioè la provvisorietà, e, producendo effetti irreversibili, spezza quel legame di strumentalità che il provvedimento di urgenza deve avere con quello di cognizione ordinaria e assume i caratteri di un provvedimento abnorme).>> La cancellazione, quindi, è provvedimento demandabile esclusivamente il giudizio di merito, trattandosi di un facere che assume carattere definitivo. Ne consegue che la domanda è in parte qua inammissibile. Non portano a conclusioni diverse le modifiche intervenute in tema di giudizi cautelari ed, in particolare, il fatto che il prevalendo - sulle altre perseguite dal legislatore - le esigenze proprie della tutela cautelare>> (sentenza n. 199 del 2003). In termini più generali, questa Corte ha inoltre riconosciuto, sia pure incidentalmente, che, per i procedimenti cautelari, <<l'esclusione dalla soggezione al tentativo di conciliazione si correla alla stessa strumentalità della giurisdizione cautelare>> (sentenza n. 276 del 2000) rispetto alla effettività della tutela dinanzi al giudice ripetutamente ribadita da questa Corte (sentenza n. 336 del 1998; ma si vedano anche le sentenze n. 199 del 2003, n. 165 del 2000, n. 161 del 2000, n. 190 del 1985 e le ordinanze n. 179 del 2002, n. 217 del 2000).La tutela cautelare, infatti, in quanto preordinata ad assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale, in particolare a non lasciare vanificato l'accertamento del diritto, è uno strumento fondamentale e inerente a qualsiasi sistema processuale (sentenza n. 190 del 1985), anche indipendentemente da una previsione espressa (Corte di giustizia delle Comunità Europee, sentenza del 19 giugno 1990, causa C-213/89, Factortame). (…) si deve, quindi, interpretare la predetta disposizione nel senso che il mancato espletamento del prescritto tentativo di conciliazione non preclude la concessione di provvedimenti cautelari. Tale opzione interpretativa - che obbedisce al principio, espresso anche dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità, costituendo deroga alla disciplina generale, devono essere interpretate in senso non estensivo.>> La diversità della procedura prodromica all’azione giudiziale (nel caso di specie si tratta di ricorso amministrativo e non di tentativo di conciliazione), non esclude che i principi di effettività dell’azione giudiziale abbiano la medesima valenza: il diritto ad ottenere una tutela giudiziale immediata 134 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ provvedimento ex art. 700 c.p.c. non ha più un carattere necessariamente provvisorio in quanto può essere scollegato rispetto ad un successivo giudizio di merito e, così come gli altri provvedimenti cautelari, conserva la sua efficacia in caso di estinzione del giudizio di merito. Tali modifiche hanno fatto discutere di una provvisorietà attenuata del giudizio cautelare; tuttavia, mentre la sentenza ha un’attitudine “naturale” a divenire definitiva, contro la volontà della parte soccombente qualora non venga riformata (così come anche il decreto ingiuntivo, che diviene definitivo anche quando l’opposizione è rigettata) il nuovo provvedimento cautelare anticipatorio diviene definitivo solo se una delle parti non inizia il giudizio di merito, conservando, quindi, una provvisorietà che viene a mancare solo eventualmente, per effetto dell’inerzia delle parti e con efficacia limitata a quel processo (la sua autorità, infatti, non è invocabile in un diverso processo.) Per i motivi sopra espressi è astrattamente ammissibile la domanda cautelare volta ad ottenere la sospensione della pubblicazione del protesto, ma non la sua cancellazione. Legittimazione passiva della Camera di Commercio. Dalla possibilità di esperire la procedura di cui all’art. 4, comma 2 l. n. 77 del 1995 deriva la qualità di legittimato passivo della C.C.II.AA.; non appare revocabile in dubbio il fatto che sia la C.C.II.AA. ad effettuare la cancellazione del protesto dal registro informatico, sia quest’ultima a dover essere destinataria di un eventuale ordine del giudice (da ultimo, Cass. Sez. Unite, Sentenza n. 4464 del 25/02/2009 (Rv. 606666). Fumus boni iuris e periculum in mora della domanda di cancellazione o sospensione della pubblicazione del protesto. Orbene, in concreto, la fondatezza della domanda cautelare di sospensione e di cancellazione del protesto non risulta dimostrata in quanto l’omessa comunicazione ex art. 9 bis l. 386 del 1990 non è funzionale alla pubblicazione del protesto, ma alla segnalazione alla Centrale di Allarme Interbancaria (CAI). Sebbene la parte attrice si dolga dei lunghi tempi necessari per la cancellazione dall’elenco dei protestati prevista dalla legge 235 del 2000 ed il danno conseguente ad una giovane ditta individuale connesso all’impossibilità di emettere assegni in pagamento, non evidenzia ragioni specifiche dell’illegittimità del protesto relativo al primo assegno, avvenuto per mancanza di provvista. E’ evidente, quindi, il difetto di fumus boni iuris. Segnalazione alla Centrale di Allarme Interbancaria . La comunicazione successiva ex art. 9, invece, riguarda la sola segnalazione alla CAI. Sul punto va evidenziato che la lettera che la banca ha inviato, effettivamente, al domicilio eletto mediante raccomandata a.r., è stata ricevuta da persona priva di qualsiasi legame con il correntista ricorrente, come risulta dallo stesso avviso di ricezione. Orbene, se è vero che il correntista non può dolersi della spedizione al domicilio prescelto qualora abbia modificato la residenza o il centro dei propri interessi senza comunicarlo alla banca, è altresì vero che la comunicazione deve raggiungere il destinatario o persona allo stesso collegata (familiare convivente, addetto alla ricezione, portiere), oppure essere impossibile per irreperibilità, in questo caso gravando sul destinatario le conseguenze dell’omessa comunicazione. Al contrario, la ricezione da parte di persona per la quale non risulta indicato né dimostrato un legame con il destinatario, mina ogni possibilità di 135 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ conoscenza dell’atto, senza che ciò sia dovuto ad alcuna negligenza del destinatario stesso. Ne consegue, allo stato, l’esistenza del fumus boni iuris dell’illegittimità della segnalazione, che presuppone necessariamente il preventivo avviso ex art. 9bis. Sussiste, a riguardo anche il periculum in mora. La reputazione economica dell’imprenditore è uno dei fattori dell’avviamento, consente di mantenere ed incrementare fornitori, affidamenti bancari, clientela. Il discredito commerciale derivante dalle informazioni può portare sia ad una rottura delle relazioni commerciali in atto sia alla perdita di nuove opportunità: sia che si tratti di danno emergente che di lucro cessante o, se si vuole, di vera propria perdita di chances commerciali (opportunità economiche già sviluppate e quelle ancora da sfruttarsi), comunque il pregiudizio è di carattere patrimoniale. L’allegazione della natura di imprenditore del ricorrente, quindi, appare sufficiente a rendere probabile che egli possa subire un pregiudizio irreparabile dalla segnalazione, con conseguenti restrizioni nell’accesso al credito e nei pagamenti, dovendo ritenersi puramente eventuale la possibilità che egli operi senza relazioni commerciali con banche , mediante l’uso esclusivamente di contanti. Spese del giudizio cautelare. Il rigetto della domanda di cancellazione del protesto e l’accoglimento della domanda di sospensione della segnalazione alla C.A.I., determinano una soccombenza reciproca che giustifica la compensazione delle spese di lite rispetto all’Unicredit, e la condanna alle spese nei confronti della Camera di Commercio. p.q.m. visto l’art. 700 C.P.C.: • ordina a BANCA in persona del legale rappresentante pro tempore la sospensione della segnalazione alla Centrale di Allarme Interbancaria di ______________; • rigetta la domanda cautelare di cancellazione e/o sospensione del protesto elevato il ____________nei confronti di___________________; • compensa integralmente le spese del giudizio cautelare; • condanna _________________al pagamento in solido nei confronti della resistente Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Napoli delle spese relative al giudizio cautelare che si fissano in € 650 per onorari, € 600 per diritti, spese vive € 300, oltre spese generali 12,5% IVA e CPA, se dovute. Napoli 28 maggio 2010 Il giudice dott. Pasquale Serrao d’Aquino Commissione di massimo scoperto ed usura REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, II^ Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona del dott. Mario Suriano, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al N° 34731/2006 Ruolo Generale Affari Contenziosi Civili, avente ad oggetto:ripetizione dell’indebito, e vertente TRA S.M., rappresentata e difesa dall’avvocato___, ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Napoli, alla_________, in virtù di mandato in capo all’atto di citazione. ATTRICE E 136 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Banca Popolare di___speciale rag. Gregorio Monachino, rappresentata e difesa dall’avvocato______, in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta. CONVENUTA CONCLUSIONI Per l’attrice: “… si riporta alle conclusioni formulate in atti e nei verbali di causa, qui integralmente ripetute e trascritte. Impugna e contesta le avverse eccezioni, deduzioni e conclusioni”. Per la convenuta: “… impugna e contesta l’avverso dedotto, nonché la C.T.U. per quanto di ragione e per i motivi che meglio si evidenzieranno nella comparsa conclusionale (inclusione della commissione di massimo scoperto nel calcolo del tasso effettivo globale medio, ad esempio)”. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente, va rilevato che si omette di sviluppare lo svolgimento del processo, atteso che, a norma dell’art.132 c.p.c. come novellato a seguito della L. 18.6.2009, n.469, la sentenza deve contenere unicamente la “concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”. Sempre in limine litis, appare meritevole di accoglimento l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla convenuta in relazione alla domanda di risarcimento danni proposta dall’attrice. Con ordinanza pronunciata all’esito della prima udienza del 1° febbraio 2007, venne fissato alla parte istante termine per integrare la domanda ai sensi dell’art. 164, comma 5 c.p.c., data “la nullità della citazione con riferimento alla domanda di risarcimento danni … non risultando in alcun modo descritte le ragioni di un pregiudizio ulteriore rispetto alla obbligazione di carattere restitutorio e non risultando altresì chiara la riserva o meno di far valere il diritto risarcitorio in altro giudizio”. Ebbene, l’atto di integrazione della citazione depositato dall’attrice in data 13.3.2007 non fornisce risposta alle lacune e alle incertezze di allegazione evidenziate nell’ordinanza del 1° febbraio 2007, contenendo solo una quantificazione della pretesa risarcitoria, precisazione questa che non consente la sanatoria dell’originario difetto dell’atto introduttivo del giudizio. Conseguentemente, la domanda risarcitoria avanzata dall’attrice va dichiarata inammissibile. Occorre, pertanto, affrontare le ulteriori domande proposte dall’attrice. Sul punto, va osservato che l’istante, cliente del convenuto istituto di credito, ha chiesto la ripetizione di somme incassate dalla banca indebitamente stante la nullità delle pattuizioni concernenti gli interessi debitori posti a carico dell’attrice, praticati in misura “usuraria”, e la commissione di massimo scoperto. Vero è che l’attrice ha domandato, in via preliminare, “dichiararsi l’invalidità e la nullità parziale dei singoli contratti di apertura di credito a valere sul conto corrente ordinario oggetto del rapporto tra l’istante e la banca” e che di detti contratti di apertura di credito non è stata fornita prova in giudizio essendosi le parti limitate a stipulare, sulla base della documentazione prodotta, solo un contratto di conto corrente. Ciò, tuttavia, non può condurre ad un rigetto della domanda così come invocato dalla parte convenuta atteso che, a parere di questo giudicante, l'interpretazione della domanda giudiziale va compiuta non solo nella sua letterale formulazione, ma anche nel sostanziale contenuto delle sue pretese, con riguardo alle finalità perseguite nel giudizio. Orbene, non vi è dubbio alcuno che l’interesse principale dell’attrice sia quello volto ad ottenere la restituzione delle somme a suo dire illegittimamente percepite dalla banca e che le doglianze fatte valere in giudizio dall’attrice riguardino profili direttamente 137 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito” (comma 4). Il tenore letterale della norma sembrerebbe avvalorare pienamente la tesi sostenuta dal C.T.U. nella depositata relazione peritale e, dunque, confermare la bontà dell’opera prestata. Una disamina più approfondita della fattispecie sottoposta all’attenzione di questo giudicante lascia, tuttavia, pervenire a conclusioni diverse da quelle rese dall’ausiliare. Ed invero, il C.T.U. ha evidenziato nel proprio elaborato peritale che il superamento del cd. tasso soglia è influenzato dall’ammontare delle spese trimestrali addebitate alla cliente, ritenute dal dott. Ossani sproporzionate rispetto all’utilizzo del credito. Effettivamente, esaminando gli estratti conto in atti e, in particolare, il modello di conteggio delle competenze all’esito di ogni trimestre, risulta evidente la sproporzione tra gli importi addebitati alla cliente a titolo di interessi e commissione di massimo scoperto e quelli a titolo di “spese”. Come evidenziato sempre negli estratti conto in questione, dette spese sono costituite dagli importi relativi alla penale per liquidazione a debito di conti non affidati. L’inclusione di tali importi tra le spese è, dunque, impropria, poiché ci troviamo dinanzi ad una vera e propria clausola penale che determina il sorgere di obbligazioni di carattere risarcitorio che mal si conciliano con le categorie indicate dal quarto comma dell’art. 644 per la determinazione del tasso usurario. L’eccessiva determinazione dell’ammontare della penale, sproporzionata soprattutto in ragione della limitata “scopertura” del conto corrente, può trovare rimedio non nella disciplina relativa allo sconfinamento del cd. tasso soglia – come invocato nel riconducibili alla genesi e all’esecuzione del rapporto contrattuale documentato in atti. Ciò, evidentemente, induce questo Tribunale a valorizzare l’aspetto della pretesa attorea attinente alla spiegata azione di ripetizione dell’indebito e conseguentemente ad intendere per riferite al contratto di conto corrente prodotto in atti le doglianze impropriamente indirizzate a non meglio precisati contratti di apertura di credito, mai formalmente stipulati. Nel merito, la domanda è infondata e va rigettata. In corso di lite è stata assegnato al C.T.U. dott. Giovanni Ossani l’incarico di valutare anzitutto la conformità del tasso di interessi applicato a carico dell’attrice a quello pattuito contrattualmente, nonché di accertare il superamento o meno del cd. tasso soglia previsto dalla L. n. 108/1996. Il nominato C.T.U. ha avuto modo di constatare, esaminati gli estratti conto in atti, come la banca abbia rispettato, nel corso del rapporto, non solo il tasso di interessi convenzionalmente fissato ma anche tutte le altre condizioni economiche stabilite in contratto. L’ausiliare ha, tuttavia, evidenziato come, tenendo conto dell’ammontare delle eccessive e sproporzionate spese trimestrali addebitate alla cliente e dell’aggravio di ulteriori oneri economici imposti con l’applicazione della commissione di massimo scoperto contrattualmente prevista, vi sia stato, a suo parere, il superamento del cd. tasso soglia. Detta interpretazione trova sostegno nella disposizione di cui all’art. 644 c.p., come novellato dall’art. 1 della L n. 108/1996, in tema di usura. In particolare, la norma citata prevede che è la legge a stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari (comma 3) e che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene 138 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ intermedia del 2005, in tutte le altre circolari di “istruzioni” della Banca d’Italia è stato sempre escluso che la commissione di massimo scoperto rientrasse nel calcolo del tasso effettivo globale, essendosene disposta la rilevazione separata ed espressa in termini percentuali. Il valore del TEGM, fissato poi trimestralmente con decreti ministeriali, è risultato pertanto influenzato dal mancato conteggio della c.m.s. comportando la determinazione di un tasso soglia usurario più basso e, quindi, più facilmente superabile. Il C.T.U. ha ovviato all’inconveniente di rapportare dati disomogenei ricalcolando il TEGM mediante l’integrazione del tasso che si rinviene nei decreti ministeriali con quello con le risultanze delle separate rilevazioni sui tasso delle commissioni di massimo scoperto operate secondo le istruzioni della Banca d’Italia. In tal modo, tuttavia, si realizza la creazione di un nuovo TEGM che non è contemplato dalla legge e che risulta una forzatura del dato normativo anche perché è ai decreti ministeriali ai quali fa rinvio la normativa penale in materia di usura. La situazione è stata da ultimo interessata dall’entrata in vigore della legge 28 gennaio 2009 n. 2, di conversione del decreto legge 20 novembre 2008 n. 185. Nel comma 2° dell’art. 2 bis della legge n. 2 del 2009 si prevede, infatti, che interessi, commissioni e provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 1815 del codice civile, dell’articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 presente giudizio – ma al più mediante la richiesta di riduzione ad equità della penale che, nel caso di specie, non può essere effettuata d’ufficio esulando tale tematica dall’ambito del thema decidendum fissato nella domanda giudiziale. Secondo questo giudicante vanno esclusi dal computo del tasso usurario anche gli oneri derivanti dall’applicazione della commissione di massimo scoperto. L’art. 2 della L. n. 108/1996 assegna al Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, il compito di rilevare trimestralmente il tasso effettivo globale medio, “..comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari… nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi, derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta ufficiale” (art. 2, comma 1°, della legge n. 108/1996). Il comma 4° dell’art. 2 citato così stabilisce: “Il limite previsto dal terzo comma dell’articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà”. All’individuazione del tasso effettivo globale medio (TEGM) si perviene all’esito di rilevazioni del tasso effettivo globale (TEG) compiute seguendo apposite circolari emanate dalla Banca d’Italia e denominate: “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura”. Orbene, ad eccezione di una circolare 139 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ clausola contrattuale contenente la commissione di massimo scoperto. Premesso che la commissione in questione è espressamente pattuita nel contratto stipulato tra le parti, essa presenta altresì anche una sua autonoma e giustificata causale, assolvendo alla funzione di “remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del correntista indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma” (così in motivazione Cass., 18.1.2006, n. 870). La domanda di ripetizione dell’indebito proposta dalla Martucci è, dunque, infondata e va rigettata. Tenuto conto della natura del contenzioso e delle particolarità della fattispecie affrontata, soccorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese processuali. P.Q.M. Il Tribunale di Napoli così provvede: a) Dichiara l’inammissibilità della domanda di risarcimento danni proposta da _____________nei confronti della Banca Popolare_; b) rigetta la domanda di ripetizione dell’indebito proposta da ________nei confronti della Banca Popolare di Bari _______ c) dichiara interamente compensate le spese processuali. Napoli, 18.11.2010 marzo 1996, n. 108 (ai fini della determinazione del tasso soglia d’usura). La stessa legge prevede, poi, che il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in relazione all’applicazione dell’articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell’articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni. La singolare formulazione della disposizione nel mentre “ribadisce” che la commissione di massimo scoperto (e ogni altra commissione o remunerazione) deve rientrare nel calcolo del tasso soglia, dall’altro sembra avallare l’interpretazione seguita dai decreti ministeriali che hanno finora escluso la rilevanza della c.m.s. ai fini della determinazione del tasso soglia dell’usura, non spiegandosi, altrimenti, la previsione che il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, emana disposizioni transitorie in relazione all’applicazione dell’articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell’articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni. Da quanto sopra esposto deriva l’infondatezza della doglianza avanzata dall’attrice in ordine al dedotto superamento della soglia del tasso di interesse usurario. Del pari va disattesa la questione concernente l’affermata nullità della Il Giudice (dott. Mario Suriano) ______________ Tribunale di Napoli Sezione Distaccata di Frattamaggiore Il Giudice dr. Pasquale Serrao d’Aquino, sciogliendo la riserva formulata a seguito delle richieste istruttorie e di concessione dell’ordinanza ai sensi 140 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ dell’art. 186 ter C.P.C. per la domanda riconvenzionale della banca convenuta; considerato che parte attrice deduce la nullità degli interessi per violazione del tasso usura ex art .1812, comma 2 c.c.; considerato, però che con atto del 14.07.2008, la società cliente, oltre a riconoscere il debito, ha rinunciato a far valere ogni questione inerente il calcolo degli interessi e, quindi, al diritto ad un’eventuale restituzione degli interessi corrisposti, senza tener conto, peraltro, dei seguenti fatti: a) l’allegazione del superamento del tasso soglia è del tutto generica, non essendo stata effettuata nessuna comparazione del tasso praticato con il tasso usura, neppure a titolo esemplificativo, b) non sono stati neppure prodotti i decreti ministeriali relativi ai diversi tassi, c) l’argomento della necessità di sommare la CMS al tasso praticato al fine del computo del tasso usura non appare condivisibile per i motivi che seguono. La tesi sostenuta da Cass. Pen. Sez. 2, Sentenza n. 28743 del 14/05/2010 Ud. (dep. 22/07/2010 ) Rv. 247861 della necessità di computo della stessa nel tasso usura, perché <<Nella determinazione del tasso di interesse, ai fini di verificare se sia stato posto in essere il delitto di usura, occorre tener conto, ove il rapporto finanziario rilevante sia con un istituto di credito, di tutti gli oneri imposti all'utente in connessione con l'utilizzazione del credito, e quindi anche della "commissione di massimo scoperto", che è costo indiscutibilmente legato all'erogazione del credito>> (confermata anche da Cass. Pen. N. 12028 del 2010 Rv. 246729) appare poco convincente in quanto secondo le Istruzioni della Banca d’Italia del 2006: 1) la CMS non doveva essere rilevata per determinare il TEG e, quindi, il tasso soglia (per cui si comparerebbero entità disomogenee); 2) essa va computata separatamente dal TEG; 3) le istruzioni prevedevano espressamente che: <<C5. Metodologia di calcolo della percentuale della commissione di massimo scoperto La commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del TEG. (per la precisione esse affermavano che << Tale commissione è strutturalmente connessa alle sole operazioni di finanziamento per le quali l’utilizzo del credito avviene in modo variabile, sul presupposto tecnico che esista uno “scoperto di conto”. Pertanto, analoghe commissioni applicate ad altre categorie di finanziamento andranno incluse nel calcolo del TEG.>>). A ciò si aggiunge che la giurisprudenza citata non richiama compiutamente dell’espressione normativa secondo cui <<2. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108. >> (2 bis del decretolegge 29 novembre 2008 n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009 n. 2 (c.d. decreto “anticrisi”):);la norma, quindi, fornisce un’interpretazione autentica di segno diametralmente opposto rispetto a quello sostenuto dal citato indirizzo di legittimità; L’indirizzo avversato, inoltre, omette di considerare che le Istruzioni della Banca d’Italia dell’agosto del 2009 in materia di rilevazione del TEG – le quali ora esplicitamente includono la CMS nel calcolo del TEG - per il periodo transitorio prevedono espressamente che <<fino al 31 dicembre 2009, al fine di verificare il rispetto del limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 7 141 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ marzo 1996, n. 108, gli intermediari devono attenersi ai criteri indicati nelle Istruzioni della Banca d'Italia e dell’UIC pubblicate rispettivamente nella G.U. n. 74 del 29 marzo 2006 e n. 102 del 4 maggio 2006.>> ed ancora, <<Nel periodo transitorio restano pertanto esclusi dal calcolo del TEG per la verifica del limite di cui al punto precedente (ma vanno inclusi nel TEG per l’invio delle segnalazioni alla Banca d’Italia): a) la CMS e gli oneri applicati in sostituzione della stessa, come previsto dalla legge 2 del 2009 (omissis)>>; considerato che il riconoscimento del debito con relativa rinunzia è stato sottoscritto anche dai fideiussori, con ciò superandosi il profilo della qualificazione del negozio contratto autonomo di garanzia - che comporta l’ineccepibilità della nullità del rapporto principale salvo l’exceptio doli, cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26262 del 14/12/2007 (Rv. 601218) - oppure come contratto di fideiussione - che presuppone, invece l’accessorietà del rapporto a quello principale) (doc. 20 produzione banca) -, considerato che in ordine a tale ultimo aspetto di rimanda comunque agli argomenti già espressi riguardo all’infondatezza dell’eccezione di nullità per violazione del tasso soglia dell’usura; considerato, quindi, che il credito è fondato su prova scritta e che, invece, la difesa attorea avverso la domanda riconvenzionale, per quanto sopra esposto, non risulta fondata su prova scritta o di pronta soluzione; vista la richiesta di efficacia provvisoriamente esecutiva (memoria 3° termine) ed il riconoscimento del debito; considerato, ancora che, per i motivi espressi in precedenza (genericità delle allegazioni, omessa produzione de decreti relativi ai tassi soglia) non appaiono fondate le richieste istruttorie di parte attrice e dei chiamati in causa (gli estratti scalari risultano, peraltro già prodotti); p.q.m. visto l’art. 186 ter C.P.C.; - ingiunge a ________, in solido tra loro,il pagamento immediato in favore di Unicredit Banca di Roma s.p.a., in persona del l.r.p.t., della somma di € 395.336,74 oltre interessi convenzionali; - condanna_________, in persona del l.r.p.t, _________, in solido tra loro, alla rifusione del giudizio in favore di _____________in persona del l.r.p.t, che determina in € 2.800 per onorari, € 1.400 per diritti, € 150 per spese vive, oltre spese generali 12,5% ed IVA e CPA, se dovute; - rigetta le richieste istruttorie; - rinvia per la precisazione delle conclusioni al 21.11.2011; Manda alla Cancelleria per gli adempimenti. Frattamaggiore, 26 ottobre – 4 novembre 2010 Il Giudice dr. Pasquale Serrao d’Aquino Decreto ingiuntivo di consegna della documentazione bancaria. Tribunale di Patti Sezione distaccata di Sant'Agata di Militello Il Giudice Fatto visto il ricorso per ingiunzione che precede, iscritto al n. 160/10 R.G.; rilevato che M.S. ha chiesto che si ingiunga alla Banca Popolare di___ di consegnarle copia dei contratti di conto corrente e di apertura di credito relativi al rapporto di conto corrente n. 36602001/21, essendo rimaste senza esito le sue richieste inoltrate a mezzo di lettere raccomandate; considerato che, ai sensi dell'art. 117 del d.lgs. n. 385/93 ("Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia"), i 142 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ decreto ingiuntivo 21 giugno 1996, in Foro it. 1996, I, 3200); che su tale tesi si sono appuntati i dubbi di coloro che hanno evidenziato come l'attività della banca non si esaurisca nell'atto del semplice consegnare, richiedendosi ad essa un'attività di ricerca, elaborazione e stampa dei dati contabili richiesti (in questo senso, si cfr. Trib. Sant'Angelo dei Lombardi, 5 gennaio 2010, inedita, che ha ritenuto inammissibile il ricorso monitorio per ottenere la consegna di una copia della polizza fideiussoria, sul presupposto che la compagnia assicuratrice è "chiamata a svolgere un'attività di ricerca in archivio, formazione del duplicato e successiva consegna "); che i dubbi appaiono superabili in base all'argomento per cui la ricerca e la formazione di una copia di un documento contabile già predisposto, nel corso del rapporto, dalla banca costituiscono mere attività preparatorie rispetto alla consegna dello stesso documento, con la conseguenza che la prestazione, nel suo nucleo essenziale, resta qualificabile come " consegna ", restando assorbito il profilo del facere - perché ad esso collegato in funzione strumentale - in quello del dare; che non si ravvisano ostacoli nel tenore letterale dell'art. 119, laddove si fa riferimento a "singole operazioni", espressione che lascerebbe circoscrivere il diritto alla consegna delle copie dei soli documenti attinenti ad operazioni (contabili o finanziarie) e non già al documento contrattuale di base; che infatti nel raggio semantico del termine "operazione" si possono includere non solo gli atti contabili, ma anche quelli negoziali; che, in ogni caso, uno specifico diritto alla consegna del documento contrattuale (da intendersi come cosa mobile determinata) viene riconosciuto al cliente dell'istituto bancario dall'art. 114, laddove contratti bancari devono essere redatti per iscritto sotto pena di nullità; che, in base all'art. 119, comma 4 del citato decreto , il cliente della banca , colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni; che tale norma è stata oggetto di una lettura garantista da parte della giurisprudenza di legittimità: essa va interpretata, alla luce del principio di buona fede nell'esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), nel senso di attribuire ai soggetti indicati il diritto di ottenere la documentazione inerente a tutte le operazioni del periodo a cui il richiedente sia in concreto interessato, nel rispetto del limite di tempo decennale fissato dalla norma, e che comunque non è necessario che il richiedente indichi specificamente gli estremi del rapporto a cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo sufficiente che l'interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle l'individuazione dei documenti richiesti, quali, ad esempio, i dati concernenti il soggetto titolare del rapporto, il tipo di rapporto a cui è correlata la richiesta e il periodo di tempo entro il quale le operazioni da documentare si sono svolte (Cass. n. 11004/06; Cass. n. 12093/01); che l'art. 633 c.p.c., fra i crediti tutelabili con le forme del procedimento monitorio, annovera quello alla consegna di cose mobili determinate; che in giurisprudenza è stata ammesso il ricorso al procedimento monitorio da parte del curatore fallimentare per ottenere dall'istituto bancario la copia degli estratti- conto bancari relativi ai rapporti del fallito preesistenti alla dichiarazione di fallimento (Trib. Milano, 143 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ si prevede appunto che al medesimo deve esserne consegnato un "esemplare"; che il diritto di credito fatto valere, in quanto di fonte legale, è certo nella sua esistenza. P.Q.M. ingiunge alla ____, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, di consegnare immediatamente a M.S. copia dei contratti di conto corrente e di apertura di credito relativi al rapporto di conto corrente bancario n. 366-02001/21, e inoltre di pagare immediatamente alla stessa le spese di questo procedimento che liquida in complessivi euro 178,00 per spese vive, euro 511,00 per diritti ed euro 332,50 per onorari, oltre spese generali I.V.A. e C.P.A. come per legge. Sant'Agata di Militello, 21 aprile 2010 Il Giudice Dott. Giuseppe Bonfiglio della ricorrente dichiarazione ai sensi dell'art. 31 secondo comma regolamento Consob n. 11522 del 1998 in ordine al possesso di specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari. Il contratto e la dichiarazione da ultimo citata devono intendersi di data 27/11/2003, posto che il timbro di data 31/1/2007 recante la dicitura "dare corso" si trova nel documento dopo la sottoscrizione (di una sola delle parti, come si vedrà a breve). Quanto al valore giuridico della dichiarazione ai sensi dell'art. 31 secondo comma regolamento Consob, trattasi di testo conforme ai requisiti normativi alla stregua del recente arresto della Suprema corte (Cass. 26/5/2009, n. 12138). Per il vero la pronuncia di legittimità è giunta all'esito di un confronto a più voci nella giurisprudenza di merito, accompagnato da diverse prese di posizioni della dottrina, tendenzialmente caratterizzato dalla necessità di interpretare la norma regolamentare sulla base del criterio di legge enunciato dall'art. 21 t.u.f. quanto all'ampiezza degli obblighi di comportamento degli intermediari finanziari. La giurisprudenza di legittimità ha reputato di limitare l'efficacia della dichiarazione ad argomento di prova per il giudice, eventualmente in grado di sostenere la decisione, a condizione che la parte interessata non dimostri la discordanza fra il giudizio formulato e la situazione reale e la conoscenza da parte dell'intermediario mobiliare di tale circostanza. Ne discende che, come nel testo in atti, è sufficiente la semplice dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della società, dove il requisito di specificità, contrariamente a quanto ritenuto da una certa giurisprudenza di merito che ha richiesto la specifica indicazione dei fatti alla base del giudizio, attiene alla competenza ed esperienza, e non alla dichiarazione stessa. Non ignora il giudicante che con Altri provvedimenti: annullamento di addebito in conto corrente per nullità del derivato. Tribunale di Bari Il Giudice istruttore a scioglimento della riserva in ordine al ricorso proposto ai sensi dell'art. 700 c.p.c. in corso di causa nell'interesse di America s.r.l. e nei confronti di Intesa SanPaolo s.p.a., osserva quanto segue. Fatto Muovendo dall'esame delle circostanze di fatto deve premettersi che, alla stregua di quanto allegato dalla ricorrente, nonché di quanto documentato dalla convenuta, risulta stipulato in data 27/11/2003 contratto quadro di swap, al quale faceva seguito in data 12/1/2004 contratto di mandato per la negoziazione di strumenti finanziari, e quindi una sequenza di contratti interest rate swap, l'ultimo dei quali in data 2/2/2007. Sempre in data 27/11/2003 risulta sottoscritta dal legale rappresentante 144 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ investimento. Vi è in atti bilancio di esercizio al 28/2/2003, ma trattasi di un dato contabile isolato. Per converso non è stato documentato, sempre mediante i bilanci, che per tutto l'arco del periodo del rapporto con la banca non sono state compiuti investimenti di tipo finanziario. Anche il fatto che il conto corrente intrattenuto con la banca fosse utilizzato per normali operazioni di versamento e per l'utilizzazione di linee di credito, come allegato dalla ricorrente, non esclude la possibilità che presso altri operatori bancari in passato si fosse svolta attività di investimento finanziario (peraltro proprio con Banca Antonveneta erano stati stipulati i due mutui che hanno costituito il presupposto delle operazioni di swap). Tale dato a disposizione della banca non appare pertanto alla stato tale da comportare la conoscibilità di un'assenza di specifica competenza ed esperienza in materia finanziaria. Resta dunque per la ricorrente, sulla base degli elementi allo stato disponibili nel processo di merito, la qualifica di operatore qualificato. Venendo quindi alle nullità allegate dalla parte attrice, in primo luogo si deduce la nullità dell'operazione finanziaria per mancanza, in relazione al servizio di investimento prestato, di un contratto redatto per iscritto ai sensi dell'art. 23 primo comma t.u.f.. In particolare, secondo l'attrice, deve ritenersi che non sia stata osservata la forma prescritta, con conseguente nullità, perché il contratto è stato sottoscritto solo dal cliente e non anche dall'intermediario. Ha opposto la banca l'esistenza per un verso di dichiarazione confessoria da parte della ricorrente circa la ricezione di copia del contratto, da intendersi evidentemente completo delle sottoscrizioni di entrambe le parti, per l'altro il fatto che con la produzione il contratto deve intendersi sottoscritto anche dalla stessa parte che provvede alla produzione. È costante l'orientamento l'entrata in vigore della direttiva 2004/39/CE del 21/4/2004, dalla cui attuazione legislativa è poi disceso il nuovo regolamento Consob n. 16190 del 2007, si impone per il giudicante l'interpretazione del diritto nazionale in modo da non contraddire lo scopo perseguito dalla norma comunitaria fin dalla data di entrata in vigore della direttiva, e dunque prima della scadenza del termine del recepimento (Corte giust. 17/1/2008, causa C-246/06). E tuttavia un eventuale sforzo ermeneutico in tal senso è irrilevante perché la dichiarazione de qua è antecedente anche l'entrata in vigore della direttiva, sicché va qualificata in base all'ordinamento vigente all'epoca della sua emanazione, mentre, ai fini dell'applicazione della disciplina di fonte comunitaria, va evidenziato che l'ultimo contratto è antecedente l'entrata in vigore del nuovo regolamento Consob (il precedente regolamento è stato abrogato a partire dal 2/11/2007). Avendo quindi riguardo alla disciplina applicabile, per come interpretata dalla Corte di cassazione, va evidenziato, sulla base per il momento di una valutazione di fumus boni iuris, che la ricorrente ha allegato la discordanza fra la dichiarazione e la situazione reale, ma non ha dimostrato la conoscenza, o conoscibilità, da parte dell'intermediario mobiliare di tale circostanza. Non c'è infatti prova che la banca, all'epoca della sottoscrizione della dichiarazione, fosse a conoscenza della mancanza di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari, o che comunque tale circostanza fosse conoscibile. La conoscenza del bilancio di esercizio e dei relativi allegati non equivale a conoscibilità della dedotta mancanza di specifica competenza ed esperienza posto che l'occasionale assenza di indicazioni nel documento contabile in ordine al possesso di strumenti finanziari non esclude una pregressa attività di 145 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ sua configurazione la qualità di operatore qualificato. L'art. 23 t.u.f., prescrivendo a pena di nullità la forma scritta, autorizza la Consob a prevedere con regolamento, in relazione alla natura professionale dei contraenti, una diversa forma per particolari tipi di contratto. L'art. 31 comma prima del regolamento Consob n. 11522 del 1998 esclude, in presenza di operatore qualificato, l'applicabilità di diverse disposizioni del medesimo regolamento, e fra queste quella dell'art. 30 sulla necessità del contratto scritto per la prestazione del servizio di investimento. Permanendo pertanto nel giudizio di merito la qualità di operatore qualificato la denunciata nullità non può operare. La seconda nullità dedotta è di tipo non formale, ed attiene al requisito di sostanza rappresentato dalla causa. Anche sulla base del dictum della Suprema corte (Cass. 19/5/2005, n. 10598), e delle recenti acquisizioni dottrinali, il contratto di swap può essere definito un contratto nominato, ma atipico in quanto privo di disciplina legislativa (ovvero solo socialmente tipico), a termine, consensuale, oneroso e aleatorio, contraddistinto per ciò che riguarda l'interest rate swap dallo scambio a scadenze prefissate dei flussi di cassa prodotti dall'applicazione di diversi parametri ad uno stesso capitale di riferimento (c.d. nozionale). La funzione del contratto consiste nella copertura di un rischio mediante un contratto aleatorio, con la finalità di depotenziare le incertezze connesse ai costi dei finanziamenti. In pratica la posta passiva derivante dall'aumento del tasso variabile relativo al finanziamento dovrebbe essere, nella prospettiva del cliente, neutralizzata dalla posta attiva costituita dal rapporto fra tasso fisso e tasso variabile nel rapporto di swap. Se però il tasso di interesse anziché aumentare crolla, ciò rappresenta un indubbio vantaggio quanto al rapporto di finanziamento, ma nell'ambito dello swap della giurisprudenza (espresso in relazione alla compravendita immobiliare) secondo cui, vigendo la forma scritta ad substantiam, la manifestazione scritta della volontà di uno dei contraenti, la quale concorre alla formazione del negozio con efficienza pari alla volontà dell'altro, non può essere sostituita da una dichiarazione confessoria dell'altra parte, che non può essere utilizzata né come elemento integrante il contratto né(quand'anche contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto), come prova di questo (Cass. 7/4/2005, n. 7274; 18/6/2003, n. 9687; 7/3/1990 n. 1811). Quanto alla seconda eccezione, va rammentato l'altrettanto costante orientamento secondo cui "la produzione in giudizio, di una scrittura privata ad opera della parte che non l'aveva sottoscritta costituisce equipollente della mancata sottoscrizione contestuale e pertanto perfeziona sul piano sostanziale o su quello probatorio, il contratto in essa contenuto, purché la controparte del giudizio sia la stessa che aveva già sottoscritto il contratto e non abbia revocato, prima della produzione, il consenso prestato" (ex multis Cass. 12/6/2006, n. 13548). Proprio considerando tale indirizzo l'eccezione della banca è inidonea ad integrare un fatto impeditivo della pretesa di controparte, sotto un duplice profilo: in primo luogo se produzione equivale a sottoscrizione, ciò vuol dire che il contratto si intende sottoscritto all'epoca della produzione, e dunque in epoca successiva alla prestazione del servizio di investimento, che resta così eseguita senza una previa stipulazione di accordo scritto; in secondo luogo, sulla base di tutte le allegazioni di parte attrice nell'atto di citazione, ed in particolare quelle relative alla causa del contratto, il consenso deve intendersi comunque revocato, prima della produzione. La nullità allegata è pertanto astrattamente ipotizzabile. Osta però alla 146 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ comportamento, violando il principio, ormai non più solo dottrinale, ma anche giurisprudenziale (cfr. l'arresto delle sezioni unite di cui a Cass. 19/12/2007, n. 26724; e già prima Cass. 29/9/2005, n. 19024), dell'indeducibilità delle regole di validità dalle regole di comportamento. Più seria è la censura quanto ai contratti stipulati successivamente, caratterizzati dal crescente ammontare della passività. Si tratta di verificare, sul piano della causa concreta, se l'incorporazione nel regolamento della passività pregressa e degli ulteriori costi renda lo schema negoziale ab origine incapace di realizzare la funzione di copertura del rischio, da intendersi connaturata al tipo sociale, stante anche quanto osservato dalla Consob con la comunicazione del 26/2/1999 (secondo Trib. Monza 31/8/2009 la previsione a carico del cliente di un tasso fisso in misura crescente, nell'ambito di una sequenza di contratti, preclude il raggiungimento dello scopo della copertura del rischio, e determina pertanto la nullità del contratto per difetto di causa). L'indagine tecnica effettuata da Calipso s.p.a., e prodotta dall'attrice, ha concluso nel senso che il 44,5% del costo complessivo dell'operazione per la società attrice si spiega con costi impliciti, e non sulla base di movimenti avversi di mercato. Benché la questione meriti un approfondimento in sede di giudizio di merito, anche eventualmente a mezzo di CTU, sul piano del fumus boni iuris, caratterizzante la presente fase, può concludersi nel senso del verosimile difetto genetico di causa dei contratti stipulati in sede di "ristrutturazione" del debito. Posto che quanto alla dedotta annullabilità del contratto indimostrato allo stato è il presupposto del dolo, e che la qualifica di operatore qualificato, escludendo l'operatività delle tutele di cui al regolamento Consob fatta eccezione comunque per il rispetto delle regole generali di comportamento di cui all'art. è il cliente a dover versare la differenza alla banca, e l'ammontare della perdita è direttamente proporzionale al livello di abbassamento del tasso. Tornando al caso di specie la società attrice ha allegato la non meritevolezza della causa in concreto deducendo che la violazione delle regole di comportamento prescritte dall'art. 21 t.u.f. si è tradotta in una deviazione della causa rispondente alla suddetta tipicità sociale, in quanto lo schema causale è stato adoperato dalla banca per finalità non ad esso coerenti. Con riferimento poi ai contratti stipulati successivamente al primo, costituenti una sorta di "ristrutturazione" del debito in quanto incorporanti le passività prodotte da quello precedente, ha dedotto la ricorrente che l'operazione, per effetto della pregressa passività e degli ulteriori costi, e della mancanza di copertura del rischio sottostante, non è in grado di realizzare la funzione dell'interest rate swap. La ricorrente fa in modo pertinente riferimento alla nozione di causa concreta, che risponde al modo in cui ormai la giurisprudenza di legittimità concepisce il requisito causale. Da quando Cass. 8/5/2006 n. 10490 ha affermato il principio che causa del contratto è la causa concreta, lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato, la causa concreta non solo è penetrata nelle pronunce a sezioni semplici (Cass. 12/11/2009, n. 23941), ma quel che più importa è che si tratta di nozione fatta propria da rilevanti arresti delle sezioni unite (Cass. 11/11/2008, n. 26972 sul danno non patrimoniale e 18/2/2010, n. 3947 sulla polizza fideiussoria). Quanto però al primo contratto di swap la deviazione dal tipo sociale sul piano della causa concreta viene indebitamente dedotta dalla violazione delle regole di 147 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ nullità e di ripetizione. Non accoglibile è invece la seconda istanza cautelare, posto che per un verso trattasi di domanda strumentale ad istanza risarcitoria, per la quale non è configurabile come si è visto il fumus boni iuris, per l'altro, anche ipotizzando la fondatezza della domanda risarcitoria, questa ha ad oggetto il lucro cessante e non altre forme di pregiudizio patrimoniale, cui sarebbe strumentale l'inibitoria dalla segnalazione. (Torna su ) P.Q.M. P.Q.M. Visto l'art. 700 c.p.c.; ordina a Intesa SanPaolo s.p.a. di non addebitare, sui conti correnti intrattenuti presso di essa da America s.r.l., somme in dipendenza dei contratti interest rate swap di cui al ricorso; si comunichi. Bari 15/7/2010 Giudice Enrico Scoditti 26 del regolamento, non rende allo stato evidente la ricorrenza dei presupposti dell'azione di risoluzione e di quella risarcitoria, è alla nullità per mancanza di causa, ed alla conseguente azione di ripetizione, che deve farsi riferimento per l'integrazione del requisito del fumus boni iuris. Venendo quindi all'aspetto del periculum in mora, va preliminarmente chiarito che fondandosi il fumus sul profilo della nullità, e non su quelli dell'annullabilità e/o risoluzione del contratto, la questione del carattere costitutivo non si pone, evidenziandosi solo la tutela anticipatoria rispetto a domanda di nullità e di ripetizione. In ordine alle conseguenze pregiudizievoli la società ricorrente ha prodotto relazione tecnica sottoscritta dal dott. Saverio Natale dalla quale si evince il concorso dei differenziali negativi swap, e da ultimo dell'imminente addebito di agosto p.v., nella determinazione di una situazione di sconfinamento dai fidi bancari. Quanto alla irreparabilità del pregiudizio denunciato, se è vero che il provvedimento invocato ha ad oggetto un credito preteso dalla controparte, le conseguenze del pagamento non appaiono riparabili patrimonialmente, o comunque vi sarebbe uno scarto non colmabile fra danno subito e danno risarcibile, avuto riguardo agli effetti negativi di uno sconfinamento e della perdita del merito creditizio per la stessa esistenza dell'attività imprenditoriale, già in situazione di difficoltà secondo quanto emerge dall'ultimo bilancio approvato. La ricorrente ha chiesto provvedimento di inibitoria dell'esecuzione di addebiti per effetto dei contratti in questione sui conti correnti intrattenuti con la banca e della segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d'Italia. Il primo provvedimento, come si è detto, ha carattere anticipatorio rispetto al petitum di merito, sotto il profilo dell'azione di Ammissibilità della tutela cautelare in caso di uso illegittimo di assegno in bianco a scopo di garanzia. Tribunale di Napoli 04 luglio 2007 Il G.D. letto il ricorso presentato in data 21 giugno 2007 da________., nonché da quest'ultima in proprio, nei confronti della Banca d'Italia, della Punto Immobiliare Caserta S.a.s. e del _______________., all'esito dell'udienza del 3 luglio 2007, ha pronunziato la seguente ORDINANZA Con la procedura ex art. 700 c.p.c. per cui è causa, la ricorrente ha chiesto inibirsi al _______la comunicazione all'archivio CAI della Banca d'Italia del mancato pagamento dell'assegno bancario n. omissis tratto sul conto corrente della ricorrente, ovvero disporsi l'immediata 148 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ avveniva direttamente ad opera delle banche e degli uffici postali, che vi provvedono in via informatica. Inoltre la gestione dell'archivio, era stato affidato dalla resistente alla S.I.A. avvalendosi della previsione di cui all'art. 10 bis comma 2 della legge n. 386/90, che appunto consente di avvalersi di un concessionario per la gestione dell'archivio. Si costituiva altresì il___________, il quale insisteva per il rigetto del ricorso, evidenziando che non era ravvisabile alcuna sua responsabilità nella negoziazione dell'assegno, ed essendo invece obbligata ad effettuare l'iscrizione una volta decorso il termine di sessanta giorni di cui all'art. 9 bis della legge n. 386 del 1990. Si costituiva anche la Punto Immobiliare Caserta, la quale confermava che al momento del conferimento dell'incarico da parte della ricorrente, era stato rilasciato in suo favore, a garanzia delle obbligazioni assunte con l'incarico, l'assegno poi portato all'incasso, dell'importo di euro 27.000,00, la cui funzione era quella di deposito cauzionale infruttifero. In particolare poichè la ricorrente aveva ingiustificatamente rifiutato di addivenire alla conclusione del preliminare con la venditrice del bene, cui era interessata, aveva quindi posto all'incasso l'assegno, che poi inopinatamente non era stato pagato dal Sanpaolo Banco di Napoli, senza che neanche fosse stato elevato il protesto. Aggiungeva che in relazione alla cifra oggetto dell'assegno insoluto, aveva richiesto ed ottenuto presso la Sezione Distaccata di Caserta del Tribunale di S. Maria C.V. un decreto ingiuntivo per l'importo di euro 27.000,00. Pertanto la domanda della ricorrente era infondata, poiché la ricorrente si era avvalsa dell'assegno a suo tempo lasciato in garanzia, una volta che la ricorrente si era resa del tutto inadempiente. cancellazione dell'iscrizione presso il medesimo registro. A sostegno del ricorso ha dedotto che l'assegno in questione sarebbe stato consegnato alla Punto Immobiliare al momento del conferimento di un incarico di mediazione per l'acquisto di un immobile, a scopo di garanzia, e privo sia della data che del luogo di emissione. Aggiungeva che essendo naufragate le trattative per l'acquisto, aveva però riscontrato che il detto assegno era stato posto all'incasso da parte della società di mediazione, essendo stata a tal fine contattata dal direttore dell'agenzia della banca trattaria. Pertanto, evitato il protesto, anche a seguito di denunzia dei fatti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria C.V., le veniva comunicato dalla banca che avrebbe proceduto alla revoca ai sensi dell'art. 9 bis della legge n. 386/90, laddove entro sessanta giorni non fosse stato onorario l'assegno, procedendo altresì all'iscrizione presso l'archivio CAI della Banca d'Italia. Deduceva che l'assegno in quanto emesso incompleto nell'indicazione della data e del luogo di emissione, era da ritenersi nullo, e quindi inefficace come titolo esecutivo non potendo quindi essere portato all'incasso. Ne conseguiva che l'iscrizione sarebbe risultata illegittima, determinando altresì un evidente periculum in mora, consistente nell'impossibilità di procedere all'emissione di assegni, con paralisi dell'attività imprenditoriale svolta dalla ricorrente, alla quale sarebbe stata preclusa anche la possibilità di stipulare qualsiasi contratto di conto corrente, convenzione di assegno o apertura di credito. Disposta la comparizione delle parti, e notificato il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza, si costituiva la Banca d'Italia, la quale eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, evidenziando che l'inserimento e l'aggiornamento dei dati del registro CAI 149 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ ove si legge che la cancellazione e la rettifica dei dati inseriti nell'archivio sono effettuate dallo stesso ente che ha a suo tempo effettuato la segnalazione anche su ordine dell'autorità giudiziaria, i cui provvedimento sono appunto eseguiti dall'ente segnalante. Ne discende che a differenza di quanto avviene per la Camera di Comemrcio, per la gestione del bollettino dei protesti, la Banca d'Italia conserva una sola titolarità formale dell'archivio e non può in alcun modo essere destinataria di eventuali provvedimenti di cancellazione o rettifica dei dati inseriti, occorrendo invece a tal fine, coinvolgere unicamente le anche o gli uffici postali che originariamente hanno effettuato la segnalazione. Una volta rigettato il ricorso nei confronti della Banca d'Italia, occorre quindi esaminare la domanda relativamente agli altrui resistenti, e cioè nei conforti della società che ha messo all'incasso l'assegno per cui è causa, e della banca trattaria, la quale non avendo provveduto al pagamento dell'assegno per carenza della provvista, ha prima effettuato la comunicazione di preavviso di cui all'art. 9 bis della legge n. 386 del 1990, per poi procedere in data 2 luglio 2007 all'iscrizione della ricorrente nell'archivio CAI ed a richiedere la restituzione dei moduli di assegno in suo possesso, recedendo dalla convenzione di assegni. Le affermazioni di parte ricorrente, secondo cui l'assegno n. omissis tratto sul conto corrente della Casa & Arte s.a.s n. omissis acceso presso la Filiale n. omissis del Sanpaolo Banco di Napoli, venne consegnato alla Punto Immobiliare privo dell'indicazione della data e del luogo di emissione, appaiono confermate dalla stessa difesa della società di intermediazione immobiliare, la quale nella propria memoria ha precisato che tale assegno costituiva una garanzia per gli impegni che la ricorrente si assumeva con il conferimento dell'incarico All'esito della comparizione delle parti, e sentiti liberamente il legale rappresentante della società ricorrente e della Punto Immobiliare Caserta, all'udienza del 3 luglio 207, il Giudice si riservava la decisione. Il ricorso è fondato e pertanto deve essere accolto. Preliminarmente deve essere accolta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da parte della Banca d'Italia, apparendo del tutto condivisibili le argomentazioni adottate dai numerosi precedenti giurisprudenziali allegati alla produzione della detta Banca, le quali hanno appunto evidenziato l'estraneità della medesima rispetto alle richieste di inibire ovvero ordinare la cancellazione delle iscrizioni presso l'archivio CAI di cui all'art. 10 bis della legge n. 386 del 1990. Tale archivio di cui formalmente è titolare la Banca d'Italia, può essere gestito anche, così come avvenuto in concreto, da un ente esterno, previo ricorso alla figura della concessione, giusta provvedimento del 15/3/2002, prorogato in data 20/5/2005, e quindi in corso di validità sino al 26/4/2008. Ne consegue che all'esito di tale affidamento, alla Banca residua solo un potere superiore di controllo ed eccezionalmente sostitutivo, ma è escluso ogni potere concretamente gestorio, quale in particolare quello di effettuare la cancellazione dei dati inseriti nell'archivio. Infatti, ai sensi del combinato disposto dell'art. 10 bis della legge n. 386 del 1990 e dell'art. 2 del D.M. Giustizia del 7 novembre 2001 n. 458, che regolamenta il funzionamento dell'archivio in questione, le attività di inserimento, aggiornamento e cancellazione dei dati avvengono per via telematica, esclusivamente da parte delle banche trattarie e dagli uffici postali. Ciò appare altresì confermato dall'art. 5 del regolamento della Banca d'Italia del 29/01/2002, sempre relativo al funzionamento dell'archivio in oggetto, 150 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ tutti gli elementi dell'assegno sano presenti al momento della sua emissione ( Cassazione civile 3 maggio 1967 n. 828, in BBTC 1967, II, 507). Ed invero la giustificazione della sanzione della nullità si rinviene nella ontologica natura dell'assegno il quale, pur a seguito delle modifiche intervenute nel corso degli anni, che hanno eliminato la rilevanza penale dell'emissione degli assegni in bianco, conserva la sua funzione essenziale di mezzo di pagamento, posto che altrimenti opinando verrebbe ad assumere una funzione totalmente diversa, assolvendo uno scopo assimilabile a quello della cambiale. Tale argomento è quello che, anche a seguito dell'abrogazione dell'art. 116 l. assegni ad opera dell'art. 12 della legge n. 36 del 1990, permette di concludere per la nullità per illiceità della causa dell'eventuale accordo di riempimento dell'assegno parzialmente in bianco, in quanto il venir meno dell'illiceità penale, non fa venire meno anche la contrarietà con le norme di cui agli artt. 1 e 2 della l. assegni, con una frode alla legge, atteso il travisamento della funzione del titolo in oggetto che da mezzo di pagamento si trasformerebbe in uno strumento di credito. In tale ottica deve quindi confermasi la validità dell'orientamento giurisprudenziale in base al quale l'emissione di un assegno in bianco, cui di regola si fa ricorso per realizzare il fine di garanzia, nel senso che è consegnato a garanzia di un debito e deve essere restituito al debitore qualora questi adempia regolarmente alla scadenza della propria obbligazione, rimanendo nel frattempo nelle mani del creditore come titolo esecutivo da far valere in caso di inadempimento, è contrario alle norme imperative di cui agli artt. 1 e 2 del R.D. n. 1736 del 1933, e dà luogo ad un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme professionale alla Punto Immobiliare, avendo altresì la funzione di rappresentare un deposito cauzionale infruttifero. Tale circostanza appare documentata anche dalla lettura della lettera di conferimento di incarico, predisposta su carta intestata della Toscano Immobiliare, cui la Punto Immobiliare è affiliata, nella quale si da atto che è stato creato un deposito cauzionale dell'importo di euro 27.00,00, previo rilascio dell'assegno per cui è causa. Inoltre nella stessa produzione della resistente si rinviene una fotocopia dell'assegno in oggetto, che reca in bianco sia la data che il luogo di emissione, conformemente alla fotocopia allegata alla produzione della ricorrente, unitamente alla firma per ricevuta da parte di F.F., agente della Punto Immobiliare. Appare quindi pacifico che l'assegno de quo, al momento della sua consegna alla resistente venne emesso privo della data e del luogo di emissione e cioè degli elementi di cui al n. 5) dell'art. 1 del R.D. n. 1736 del 1933. A mente del successivo art. 2, l'assenza di alcuno dei requisiti di cui al precedente articolo determina che il titolo non valga come assegno, ed in tal senso la contenete giurisprudenza di legittimità ha affermato che l'assegno privo di data è nullo, potendo invece valere quale promessa di pagamento ( Cassazione civile 6 marzo 2006 n. 4804; Cassazione civile 14 novembre 2001 n. 14158; Cassazione civile 30 maggio 1996 n. 5039 che evidenziasi peraltro la differenza con l'assegno postdatato, il quale è affetto da una mera irregolarità, ben potendo essere immediatamente pagato). Né appare possibile supplire a tale carenza con il potere conferito dal traente al prenditore di completare successivamente il titolo con la data mancante, essendosi ritenuta inefficace tale delega, in quanto è necessario che 151 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ nominativo della ricorrente nell'archivio CAI di cui all'art. 10 bis della legge n. 386/1990, ovvero, nel caso vi abbia già provveduto, ad ordinarne l'immediata cancellazione, con conseguente inefficacia del recesso dalla convenzione di assegni e del divieto di emissione degli assegni, e di tutte le conseguenze di cui all'art. 9 della legge ora menzionata. Attesa la particolare complessità della questione trattata, considerato che la banca trattaria non aveva elementi per valutare che l'assegno fosse stato originariamente rilasciato in bianco, e considerato che la nullità dell'assegno deriva dalla consapevole partecipazione della ricorrente che ha appunto scientemente consegnato un assegno in bianco, sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese della presente procedura. P.Q.M. -Rigetta il ricorso nei confronti della Banca d'Italia; -Inibisce al ________di procedere all'inserimento del nominativo __________nell'archivio di cui all'art. 10 bis della legge n. 386 del 1990, in relazione al mancato pagamento dell'assegno n. omissis tratto sul conto corrente della omissis acceso presso la Filiale n. omissis del ______ovvero in caso di già avvenuto inserimento, ne ordina l'immediata cancellazione, con conseguente inefficacia di tutte le conseguenze di cui all'art. 9 della legge n. 386 del 1990; -Compensa integralmente tra le parti le spese di lite. Napoli, 4 luglio 2007. Il Giudice designato Dott. Mauro Criscuolo imperative, all'ordine pubblico ed al buon costume ( Cassazione civile 19 aprile 1995 n. 4368). Attesa la evidente nullità dell'assegno in questione, lo stesso, valendo al più come promessa di pagamento ( ed in tale veste è stato correttamente azionato dalla Punto Immobiliare al fine di ottenere e l'emissione di un decreto ingiuntivo, potendosi in sede di opposizione far valere le questioni relative alla validità del rapporto sottostante), non poteva essere pertanto portato legittimamente all'incasso, con l'ulteriore conseguenza che la banca trattaria non era tenuta a garantirne il pagamento. Ne discende altresì il fumus della domanda attorea, posto che, non trattandosi di mancato pagamento di un assegno, essendo il titolo in questione radicalmente nullo, non si impone la comunicazione di cui all'art. 9 bis della legge n. 386 del 1990, ed appare altresì illegittimo l'inserimento del nominativo della ricorrente nel registro di cui all'art. 10 bis della medesima legge. Quanto al periculum in mora, lo stesso si evidenzia nella circostanza che la ricorrente svolge attività imprenditoriale, e che tale attività verrebbe a subire un pregiudizio irreparabile, attesa la paralisi di qualsiasi forma di transazione e pagamento scaturente dalla revoca della convenzione di assegni. Inoltre l'inserimento dell'archivio CAI, oltre ad inibire il normale sviluppo delle relazioni con il mondo bancario e finanziario, atteso il sospetto che investe la persona il cui nominativo sia stato ivi inserito, determina anche un pregiudizio a carattere non patrimoniale, minando il buon nome, la credibilità e l'immagine, commerciale e non, del soggetto illegittimamente iscritto. Sussistono quindi i presupposti per la concessione della richiesta tutela innominata d'urgenza, con la conseguenza che deve inibirsi al Sanpaolo Banco di Napoli, di provvedere all'inserimento del Fideiussione e contratto autonomo di garanzia 152 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ Autorità: Cassazione civile sez. I Data: 14 dicembre 2007 Numero: n. 26262 Parti: Fonti: Giust. civ. Mass. 2007, 12, Banca borsa tit. cred. 2009, 4, 412 (s.m.) (nota di: CUCCOVILLO) Classificazione Testo Fideiussione - Rapporti fra creditore e fideiussore - Eccezioni opponibili dal fideiussore - Contratto autonomo di garanzia - Caratteri - Obbligo di effettuare il pagamento a semplice richiesta del creditore - Rinuncia ad opporre le eccezioni inerenti al rapporto principale - Configurabilità Limiti - Abusiva esecuzione della garanzia - Nullità del contratto presupposto per contrarietà a norme imperative o per illiceità della causa Conseguenze - Fattispecie in tema di usura. In tema di contratto autonomo di garanzia, l'assunzione da parte del garante dell'impegno di effettuare il pagamento a semplice richiesta del beneficiario della garanzia comporta la rinunzia ad opporre le eccezioni inerenti al rapporto principale, ivi comprese quelle relative all'invalidità del contratto da cui tale rapporto deriva, con il duplice limite dell'esecuzione fraudolenta o abusiva, a fronte della quale il garante può opporre l'"exceptio doli", e del caso in cui le predette eccezioni siano fondate sulla nullità del contratto presupposto per contrarietà a norme imperative o per illiceità della sua causa, tendendo altrimenti il primo contratto ad assicurare il risultato che l'ordinamento vieta. (In applicazione di tale principio, la S.C., cassando con rinvio la sentenza impugnata, che aveva erroneamente ritenuto inammissibile l'eccezione di nullità, ha affermato il dovere di accertare - come richiesto dagli opponenti ad un decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca ai sensi dell'art. 50 d.lg. n. 385 del 1993 - l'eventuale previsione del tasso usurario sugli interessi passivi interessanti il rapporto di conto corrente ai sensi degli art. 644 c.p. e 1815 c.c., e la conseguente nullità ex art. 1418 c.c.). Quesiti al CTU in materia di usura ed anatocismo. -----Tribunale di Napoli Sezione Distaccata di Frattamaggiore Proc. n. …………… R.G.A.C…………….. Il G.I., letti gli atti e i documenti di causa; ritenuto che appare opportuno avvalersi dell’ausilio di un consulente di ufficio per la verifica di cui ai quesiti che segue: 1. Accertamento delle condizioni contrattuali. Voglia il consulente, previa acquisizione ed esame della documentazione relativa al rapporto di conto corrente in oggetto (contratto di apertura di conto corrente ed estratti conto dall’epoca di apertura del conto a quella di sua chiusura, conti scalari, ecc.), presente agli atti del giudizio (o acquisita consensualmente dalle parti), indicare separatamente le voci contrattuali previste per calcolo degli interessi, commissione di massimo scoperto, calcolo dei giorni di valuta. 2. Sviluppo delle condizioni convenute nel contratto. Predisponga un calcolo applicando il tasso di interesse pattuito tra le parti nel contratto nella misura numerica ivi indicata, ovvero il diverso tasso di interesse modificato in senso favorevole dalla Banca o anche sfavorevole al cliente (se non vi siano contestazioni delle comunicazioni 153 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ periodiche allo stesso, oppure se esse risultino allegate); 3. Applicazione saggio legale ed art. 117 TUB: nel caso in cui il tasso di interesse non sia determinato nel contratto, manchi il contratto oppure venga determinato mediante rinvio alle condizioni su piazza (oppure nel caso in cui gli interessi siano più sfavorevoli rispetto a quelli pubblicizzati per il periodo successivo al 3.12.2010) verificata l’epoca di stipula del contratto o di inizio del rapporto, sostituisca gli interessi applicati dalla banca con gli interessi al saggio legale, se il contratto è antecedente al 09.07.1992, data di entrata in vigore della legge n.l 152 del 1992 sulla trasparenza e fino a tale data; se, invece, è successivo (o per il periodo successivo al 09.07.1992), applichi il tasso nominale minimo dei BOT per le operazioni attive della banca (prestiti al cliente), ed il tasso nominale massimo per le operazioni passive (annotazioni a credito del cliente), determinando tale tasso sui BOT a 12 mesi emessi nell’anno precedente a quelli di applicazione (quindi non esclusivamente la rendita dei BOT al momento della stipula del contratto); 4. Tasso usura. Accerti il CTU, secondo i d.m. prodotti dalle parti, se al momento della pattuizione degli interessi,o dell’esercizio dello ius variandi da parte della banca, si sia superato il TEG, confrontando, quindi, il tasso con ul TEG al momento della stipula o della variazione. 5. Accertamento della c.m.s. verifichi se la c.m.s. è stata convenuta per iscritto, quale sia la sua natura (come provvigione sull’accordato, sull’accordato al netto dell’utilizzato oppure come commissione determinata sull’ammontare massimo dell’utilizzato nel periodo individuato in contratto, oppure sulla misura massima dello sconfinamento), applichi tale commissione esclusivamente nel primo caso, altrimenti se determinata sul picco massimo di scoperto, se non convenuta per iscritto o determinata con rinvio agli usi escluda dal calcolo integralmente la c.m.s., 6. Esclusione di costi non dovuti Esclusa qualsiasi altra remunerazione contabilizzata a carico del correntista, ma non pattuita nel contratto, ad eccezione delle imposte e delle tasse come dovute ex lege, 7. Accertamento dell’usurarietà originaria. per i contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore della legge n. 108 del 1996, oppure in caso di variazione successiva del tasso convenzionale, .verifichi se vi sia stata usurarietà originaria del saggio applicato accertando il rispetto al tasso soglia al momento della stipula del tasso originariamente convenuto sia del tasso convenzionale anche unilateralmente variato al momento della variazione stessa (il tasso non sarà quindi usurario se il superamento del tasso soglia nel periodo di riferimento rappresenta l’effetto della discesa dei tassi e non della variazione del tasso applicato) nel caso di superamento del tasso soglia nei casi indicati, applichi la sanzione ex art. 1815, comma 2 c.c. (<<nessun interesse è dovuto>>), 8. Formule di calcolo ed oneri inclusi ed esclusi. determini il tasso soglia in conformità alle formule di calcolo previste nelle Istruzioni della Banca d’Italia applicabili nel periodo di riferimento, 9. Usura e c.m.s. nell’accertare il superamento del tasso soglia escluda dal calcolo la c.m.s. fino al 31.12.2009 (’art. 2 bis. comma 2 del d.l.. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con la L. 28 gennaio 2009, n. 2, Istruzioni della Banca d’Italia dell’agosto del 2009), 10. Capitalizzazione trimestrale degli interessi. Verifichi l’applicazione degli usi o della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, predisporre analitico calcolo delle voci 154 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ costituenti il saldo passivo, applicando la misura legale degli interessi ed il criterio di capitalizzazione pattuito dalle parti; 11. Esclusione di ogni capitalizzazione fino al 2000. predisponga, altresì, altro calcolo applicando la misura convenzionale degli interessi o se non possibile per i motivi sopra indicati, il saggio legale degli interessi ed il saggio ex art. 117 TUB senza operare alcuna capitalizzazione degli stessi, fino alla data di comunicazione al cliente, previa pubblicazione della clausola di reciprocità della capitalizzazione trimestrale sulla Gazzetta Ufficiale e, successivamente applichi la capitalizzazione reciproca trimestrale per gli interessi attivi e passivi (30.6.2000); 12. Saldo zero. Nel caso in cui sia la banca a richiedere il pagamento e la documentazione bancaria sia parziale o incompleta o in mancanza di qualsiasi giustificazione causale del saldo iniziale passivo, sempre che sia stata tempestivamente eccepita la mancata dimostrazione del saldo passivo, proceda il CTU al calcolo partendo dal saldo zero; nel caso, invece, in cui, invece, la documentazione sia incompleta nei periodi intermedi, proceda il CTU al calcolo partendo, in caso di richiesta della banca, dall’estratto più risalente e documentato, e nel caso, invece, di richiesta di indebito del cliente, partendo dall’estratto più recente e documentato; 13. Prescrizione. Nel caso di formulazione di eccezione di prescrizione, il CTU, consideri che: - il termine decorre dall’annotazione del versamento in caso di assenza di fido o nel caso in cui il pagamento sia imputabile all’extrafido, e dalla chiusura del conto nel caso in cui i versamenti siano ripristinatori della provvista - vanno a tal fine equiparate la regolare concessione di fido, e la concessione di un fido di fatto (riscontrabile se le modalità di utilizzo del conto dimostrino univocamente tale condizione). In caso di eccezione di prescrizione, quindi, effettui il ricalcolo senza escludere gli atti di pagamento – come sopra definitianteriori di oltre 10 anni rispetto al primo atto interruttivo della prescrizione (art. 2, comma 61 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, conv.in legge n. 10 del 2011). - - nomina consulente tecnico dr. _______________________________ preso atto della sua presenza all'odierna udienza e della disponibilità ad assolvere l’incarico; letto l'art. 193 c.p.c., riceve preliminarmente il giuramento di questi di bene e fedelmente adempiere le funzioni che gli vengono affidate al solo scopo di far conoscere al Giudice la verità, ricordandogli l'importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere; - autorizza il consulente a servirsi del mezzo proprio; ll C.T.U. dichiara di accettare l'incarico e chiede termine di giorni 120 per il deposito della relazione scritta decorrenti dall'inizio delle operazioni che fin da ora fissa per il giorno _________________________presso lo studio in ______________________ Il G.I. • • • • assegna il termine richiesto; manda inoltre al ctu di tentare la conciliazione della lite, sia in sede di inizio delle operazioni, sia alla chiusura della fase in contraddittorio; autorizza il ctu ad assumere informazioni dalle parti e da terzi, anche enti pubblici, ma non ad acquisire documenti, se non con il consenso delle parti; dispone fin d'ora che le comunicazioni tra il CTU e le parti, ai 155 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino Consiglio Superiore della Magistratura - 9° Commissione – Tirocinio e Formazione Professionale Incontro di studio in materia civile riservato ai magistrati nominati con D.M. 2/10/2009. ___________________________________________________________________________________________________________ • • • • sensi dell'art. 195, co. III, c.p.c. avvengano a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, posta elettronica certificata o telefax (da fornire al CTU in allegato al verbale o in occasione del primo accesso); invita il CTU a depositare copia della relazione e dei relativi allegati e ad inviare copia elettronica dell'elaborato definitivo sia alle parti, sia al giudice istruttore ([email protected]). invita il CTU al rispetto del termine dal medesimo indicato; i CTU provvederanno a depositare entro il ___________________ bozza di CTU da sottoporre alle parti che potranno depositare le loro controdeduzioni fino al ___________________ ed il CTU depositeranno CTU definitiva entro il _______________________ In caso di consegna della bozza di CTU in data successiva alla data indicata, il CTU provvederà a comunicare alle parti l’avvenuto deposito le parti avranno giorni 30 dalla comunicazione per controdeduzioni ed il CTU avrà ulteriori giorni 30 per il deposito della bozza finale. invita in ogni caso il CTU al rispetto del termine dal medesimo indicato e comunque al deposito in cancelleria, almeno 15 giorni prima dell’udienza a fissarsi, della relazione in originale nonché delle copie per le parti, onerandolo dell’avviso alle stesse del completamento delle operazioni peritali; evidenzia che eventuali proroghe potranno essere concesse solo per giustificati motivi e che il ritardo ingiustificato nel deposito della relazione costituirà motivo di segnalazione al Presidente del Tribunale ai sensi dell’art. 19 disp att. c.p.c.. fissa l'acconto in euro ___________________________ che pone provvisoriamente a carico dei_________________ • autorizza altresì la nomina dei consulenti di parte sino alla data d'inizio delle operazioni peritali ; P.Q.M. Rinvia all’udienza del __________________ Frattamaggiore, Il CTU Il Giudice dr. Pasquale Serrao d’Aquino 156 Il contenzioso bancario e degli intermediari finanziari Pasquale Serrao d’Aquino