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La pubblicazione di questo volume è stata finanziata dal Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari
e dal Servizio Relazioni Internazionali dell’Università degli Studi di Padova.
I testi pubblicati sono stati sottoposti al vaglio di revisori anonimi
Comitato scientifico
Giuliano Boccali, Luca Clerici, Elisabetta Fava, Elisa Grossato, Romano Lazzeroni, Marcello Meli,
Paola Mura, Giangiorgio Pasqualotto, Carlo Saccone, Giorgio Tinazzi
Carmina Paduana 2011: Carmina Indica
un progetto del Dipartimento di Lingue e Letterature Anglo-Germaniche e Slave dell’Università di Padova
con
Dipartimento di Discipline Linguistiche, Comunicative e dello Spettacolo dell’Università di Padova
Concentus Musicus Patavinus - Centro di Studi, Formazione e Ricerche Musicali dell’Università di Padova
con il patrocinio e il contributo di
Università degli Studi di Padova
Comune di Padova
Quartiere 1 Centro - Comune di Padova
con il patrocinio di
Consolato Generale dell’India - Milano
Associazione Italiana di Studi Sanscriti
Cesmeo - Istituto Internazionale di Studi Asiatici Avanzati
Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova
con il contributo di
P3 srl - Preinsulated Panels Systems
con la collaborazione di
Cantiere Cinema
La Voce della Musica
Comitato promotore
Marcello Meli (presidente), Luca Clerici, Elisa Grossato, Paola Mura
Organizzazione e coordinamento
Luca Clerici
Prima edizione 2015, Padova University Press.
Titolo originale
© 2015 Padova University Press
Università degli Studi di Padova
via 8 Febbraio 2, Padova
www.padovauniversitypress.it
ISBN 978-88-6938-026-6
Stampato per conto della casa editrice dell’Università degli Studi di Padova - Padova University Press nel mese
di marzo 2015.
Tutti i diritti di traduzione, riproduzione e adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (comprese le copie
fotostatiche e i microfilm) sono riservati.
Carmina Indica
Figure dell’India in Occidente dal Settecento a oggi
a cura di
Luca Clerici, Marcello Meli, Paola Mura
Indice
Prefazione / Foreword
Luca Clerici, Marcello Meli, Paola Mura
p. 9
Nota introduttiva / Introductory note
Paola Mura
p. 17
Quasi una premessa / Almost a foreword
Marcello Meli
p. 23
La Compagnia delle Indie Orientali britannica: economia, politica e
cultura tra India ed Europa durante la seconda metà del Settecento e
la prima metà dell’Ottocento
Luca Clerici
p. 33
Fra filologia e linguistica. Divagazioni sulla conoscenza del vedico
nell’Ottocento
Romano Lazzeroni
p. 69
Il Ṛgveda e la tradizione nordica
Marcello Meli
p. 81
Michele Kerbaker e la ricezione del Ṛgveda nell’Italia dell’Ottocento
al tempo dell’Aurora di Giosue Carducci
Daniele Maggi
p. 93
La letteratura indiana classica nell’editoria italiana contemporanea
Giuliano Boccali
p. 111
Splendori e miserie della Śakuntalā. I giudizi opposti di Herder e
Hegel sull’India
Davide De Pretto
p. 123
Gioco di specchi e coni d’ombra. Declinazioni del «pensiero
indiano» in Hegel, Schopenhauer e Nietzsche
Emanuela Magno
p. 145
La Sakontala di Georg Forster, Goethe e l’Oriente
Marco Meli
p. 167
Presenza della leggenda indiana di Śakuntalā nelle creazioni
musicali ottocentesche di area austro-ungarica
Elisa Grossato
p. 179
Itinerari poetici e musicali tra India ed Europa
Stefania Cerutti
p. 193
Aria di Sakontala
Franz Schubert, Vittoria De Leonardis
p. 213
Il canto dell’ospite indiano. La suggestione indiana nel melodramma
europeo tra Otto e Novecento
Adone Brandalise
p. 229
Il fascino dell’India nelle arti figurative occidentali: le scenografie
ottocentesche per il teatro d’opera
Gabriella Olivero
p. 243
Mahler e l’Oriente: un percorso letterario e musicale
Alberto Fassone
p. 261
Schegge indiane in due nuove opere liriche: Big Bang Circus (Piccola
storia dell’universo) e Il canto della pelle - Sex Unlimited
Claudio Ambrosini
p. 273
Il fascino della musica indiana nel cinema di Pier Paolo Pasolini
Roberto Calabretto
p. 307
Avventure coloniali, enigmi e viaggi dello spirito: alcune riflessioni
sull’India nel cinema occidentale
Stefano Socci
p. 319
Testi dei brani musicali contenuti nel dvd
p. 331
Fonti delle illustrazioni
p. 337
Prefazione
Luca Clerici, Marcello Meli, Paola Mura
Il volume e il dvd che qui presentiamo traggono la propria origine da un
progetto dell’Università di Padova, Carmina Paduana 2011: Carmina Indica, dedicato alla ricezione della cultura indiana in Occidente dal Settecento a oggi.
Tale progetto, culminato in tre giornate svoltesi dal 28 al 30 novembre 2011, si è
caratterizzato per la combinazione del versante scientifico e di quello artistico,
nella sua articolazione in un convegno nazionale e due spettacoli musicali e
coreici, nei quali sono state eseguite composizioni musicali di autori occidentali
ove la figurazione dell’India costituisce tratto determinante.
La rilevanza del tema della ricezione della cultura indiana in Occidente
emerge dalla constatazione di come il fenomeno della ricezione sia complesso
e presenti stratificazioni e dissonanze molteplici. Nel nostro caso esso, tutto
sommato, pare essersi concentrato sulle dottrine soteriologiche e sulla poesia
religiosa ed erotica: questi, almeno, paiono rivelarsi gli ambiti che hanno avuto
maggior presa sui traduttori e sui volgarizzatori, oltre che sui pensatori e sugli
artisti, occidentali. Il pensiero scientifico e tecnologico, di contro, pur cospicuo,
è quasi assente nella ricezione occidentale.
Un ulteriore e rilevante aspetto del fenomeno della ricezione è costituito
dalla funzione assunta dalle figure provenienti dalla tradizione indiana nella
rappresentazione dell’India operata in Occidente. Si è, infatti, portati a confondere tra loro tradizione e ricezione, ma i due fenomeni quasi mai presentano
motivazioni analoghe. Per un verso, infatti, la conoscenza della tradizione e dei
testi indiani aiuta a comporre un discorso, più o meno scientifico a seconda de-
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Prefazione
gli intenti, sull’India. Per un altro verso, però, il fenomeno della ricezione non si
arresta a tale dialogo con la tradizione, ma si sviluppa anche nell’elaborazione di
una rappresentazione occidentale dell’India, dove quest’ultima costituisce spesso un pretesto per formulare un discorso che riguarda principalmente l’Occidente medesimo: attraverso l’India, insomma, l’Occidente rappresenta se stesso.
Due esempi. Il primo concerne il Buddhismo. In questo caso, la valenza soteriologica della biografia di Aśvaghoṣa – monaco buddhista e sommo poeta
vissuto tra I secolo a.C. e I secolo d.C. – scompare nelle rielaborazioni letterarie
occidentali, quali la meno nota del poeta crepuscolare Carlo Vallini (La leggenda
del principe Siddharta, 1907) e la notissima di Hermann Hesse (Siddhartha, 1922),
dove la dottrina del Buddha è ricondotta, in un modo o nell’altro, alla rinuncia al
mondo. La rinuncia al mondo, però, è rappresentazione che l’Occidente ha di sé
e non rappresentazione che l’Occidente ha dell’India. Il Buddhismo, qui, è pretesto per propugnare un sistema di valori anti-moderno in una modernità che,
in tal modo, viene rinvigorita da una tradizione estranea e non compromessa
con quella occidentale.
Un altro esempio è costituito dalla traduzione del Kāmasūtra, che si è organicamente inserita nella letteratura erotica di età vittoriana e appartiene perciò
sia alla rappresentazione che l’Occidente ha dell’India, sia alla rappresentazione
che l’Occidente ha di se stesso. La prima rappresentazione è fallace per quanto
riguarda la manualistica erotica indiana, poiché quest’ultima si mostra funzionale a una corretta vita sessuale e alla generazione di un figlio maschio, che
possa celebrare i riti funebri del padre. La seconda si rileva nell’incapacità di
accettare l’esplicitazione di aspetti della vita sessuale, che in Occidente vengono
relegati, al di là della funzione propria del testo indiano, nella marginalità culturale.
Traduzioni letterarie, come la storia della regina Śakuntalā o il celebre episodio della principessa Sāvitrī nel Mahābhārata, sono dunque da esaminarsi sotto
due aspetti. Da un lato, sono testi che parlano dell’India; dall’altro lato, possono
configurarsi come pre-testi che, in vari grado e misura, tacciono dell’India e parlano dell’Occidente. L’influsso della Sakontala tradotta da Georg Forster (1791)
sul Prologo in teatro del Faust di Goethe, così come sugli opposti giudizi sull’India sviluppati da Herder e da Hegel, non è più affare dell’India, ma dell’Occidente. Analogamente, l’apporto della filosofia indiana in Hegel, Schopenhauer
e Nietzsche non è più affare della filosofia indiana, ma della filosofia di questi
pensatori. È assai probabile, in particolare, che si possano ridurre i concetti «indiani» di costoro a concetti «occidentali»: azione che, del resto, si compie normalmente nell’esegesi del suo pensiero.
Inversamente, la traduzione tedesca delle Upaniṣad di Paul Deussen (1897)
parla dell’India, considerando la contestualizzazione dei testi, che li toglie all’in-
Luca Clerici, Marcello Meli, Paola Mura
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determinatezza di una forma di pensiero comunque e ovunque valida, ma la
traduzione italiana di Pio Filippani Ronconi (1968), per portare un esempio, ne
fa nuovamente pretesti per la filosofia dell’Occidente. Va tuttavia notato che,
in generale, le iniziative editoriali italiane relative alla letteratura indiana sono
caratterizzate da un notevole rigore scientifico e letterario.
Dopo i primi passi mossi dai britannici, quasi tutti funzionari della Compagnia delle Indie Orientali impegnati nell’amministrazione dei territori indiani, la ricezione della tradizione indiana ha avuto larga eco nella cultura tedesca dell’Ottocento, a partire da Friedrich von Schlegel (Über die Sprache und
Weisheit der Indier - Lingua e saggezza dell’India, 1808). Innumerevoli sono stati i
contributi alla filologia indiana di studiosi tedeschi, e di grande qualità, sicché si
può dire che senza la cultura tedesca non sarebbe stata possibile una conoscenza
approfondita e scientificamente fondata del pensiero indiano. Fra questi emerge
Friedrich Max Müller, sebbene abbia risieduto per lungo tempo in Inghilterra,
figlio del poeta Wilhelm Müller.
Nel campo letterario, di assoluta rilevanza e notorietà sono le figure di Johann Wolfgang von Goethe e Friedrich Rückert, quest’ultimo peraltro prodigioso poliglotta e traduttore. Ad essi si può aggiungere Hermann Grassmann, più
noto come studioso di geometria e matematica, ma autore di studi linguistici
approfonditi e di una raffinata traduzione del Ṛgveda (1877), lavori che contribuirono a centrare l’attenzione culturale e scientifica del tempo su questi temi.
Si può dunque facilmente intuire che qualsiasi intervento sulla ricezione della
tradizione indiana, in qualsivoglia campo, non può ragionevolmente porsi senza un necessario riferimento alla grande tradizione culturale della Germania
dell’Ottocento, che ne ha favorito l’emergere su basi filologiche, filosofiche e
artistiche stabili.
Altrettanto rilevante è il fenomeno dalla ricezione della cultura indiana
da parte della musica colta occidentale e della rappresentazione dell’India in
componimenti musicali. La rappresentazione che l’Occidente si dà dell’India
(e, attraverso l’India, di se stesso), dapprima generica e indistinta, si fa con i
secoli più particolareggiata, mediante la scelta dei soggetti e dei caratteri del
melodramma, nelle sue diverse declinazioni di terra di mezzo tra differenti
linguaggi artistici e tecnici. La notorietà di alcune opere è, anzi, dovuta proprio
alla presenza di inserti folcloristici, di grande fascino e spesso di notevole virtuosismo, in omaggio all’estetica della lontananza. E su questa estetica si gioca
anche la rappresentazione dell’India fornita dalla cinematografia occidentale, la
quale si concentra, in prevalenza, sui temi dell’avventura, della magia, del mito,
della spiritualità e della natura.
La ricezione dell’India nella musica occidentale avviene principalmente con
lo studio e l’utilizzo, da parte dei compositori, di testi indiani o di testi poeti-
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Prefazione
ci europei che traspongano temi e situazioni della poetica indiana. Particolare
importanza assume, nella storia musicale e teatrale ottocentesca, l’utilizzo della
storia di Śakuntalā, narrazione in cui si intrecciano i temi della bellezza, dell’amore e della natura, argomenti fondamentali per lo Sturm und Drang e, più in
generale, per tutto il Romanticismo. Altrettanto fondamentale è l’intermediazione degli scritti di Friedrich Rückert, apprezzati da tutti i più grandi compositori
di liederistica, che consentono a Gustav Mahler di sviluppare opere dalla notevole portata filosofica.
Nella musica contemporanea, infine, sono spesso toccate tematiche fondamentali sull’origine del mondo e sull’energia e destino dei viventi; la riflessione compositiva, imprescindibile dal contatto con i grandi testi sacri indiani, si
ampia alla struttura formale, supera la suggestione della parola, ricerca il suono
nucleico primordiale della parola stessa. Parallelamente, la musica contemporanea compie un ulteriore passo, che porta all’integrazione, nel sistema musicale
occidentale, di strutture ritmiche, melodiche e microtonali della musica tradizionale indiana. La musica indiana fa la propria comparsa anche nelle colonne
sonore dei film occidentali: nel cinema di Pier Paolo Pasolini, in particolare, essa
costituisce una delle chiavi per una comprensione antropologica della società
indiana.
È con l’auspicio che il pensiero occidentale rinunci a ricercare nell’India le
tracce di un’arcaicità perfetta e si apra decisamente a una ricezione non strumentale della tradizione indiana che diamo quest’opera alle stampe.
Foreword
Luca Clerici, Marcello Meli, Paola Mura
This volume and dvd originated from a project of the University of Padova,
Carmina Paduana 2011: Carmina Indica, dedicated to the reception of Indian
culture in the West from the eighteenth century to the present day. This project
culminated in a three-day event held in Padua, November 28-30, 2011, and it
has been characterised by the combination of scientific and artistic themes in a
national conference, as well as two events with music and dance performances,
featuring music by Western authors in which the representation of India is an
essential trait.
The relevance of the subject of the reception of Indian culture in the West
emerges from the complexity of the reception-phenomenon and its layered and
internally dissonant nature. The reception of Indian culture seems to have been
focused on soteriological doctrines and on poetry of a religious or erotic nature:
these are the areas that seem to have most captivated Western translators and
popularisers, as well as thinkers and artists. On the other hand, India’s scientific
and technological thought, although equally impressive, is almost absent in the
Western reception.
A further relevant aspect of the reception-phenomenon is the role played by
figures from the Indian tradition in the Western representation of India. There
is a tendency to confuse tradition and reception, but these are two phenomena
very rarely driven by similar motives. On the one hand, in fact, the knowledge
of Indian tradition and texts helps to construct a discourse on India, which can
be more or less scientific depending on its aims. On the other hand, however,
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Foreword
the reception-phenomenon does not stop with this dialogue with tradition, and
develops also by elaborating a Western representation of India, which is often a
pretext to formulate something that mainly regards the West: through India, in
other words, the West represents itself.
Two examples. The first regards Buddhism. In this case, the soteriological
aspect of the biography of Aśvaghoṣa – a Buddhist monk and exalted poet who
lived between the first century B.C. and the first century A.D. – disappears in
Western literary re-elaborations, such as the less known work by the Italian
Crepuscular poet Carlo Vallini (La leggenda del principe Siddharta - The legend
of the prince Siddharta, 1907), or Hermann Hesse’s famous Siddhartha (1922), in
which Buddha’s doctrines are linked in one way or another to a perspective of
renouncing the world. Renouncing the world, however, is a representation that
the West has of itself, and not the representation it has of India. Buddhism is,
in this case, an excuse to suggest an anti-modern value system, in a modernity
which is thus reinvigorated by a tradition that is alien and not compromised by
the Western.
Another example is the translation of the Kāmasūtra, which has become
an organic element in Victorian erotic literature, and thus matters both as a
Western representation of India, and as a way in which the Western world
represents itself. As a representation of India, it fails as far as Indian erotic
handbook literature is concerned, as this is functional to a correct sexual life
and to the production of a male son who will be able to celebrate the funerary
rites for his father. As a representation of the West, it stresses the inability
to accept the expression of certain aspects of human sexuality that Western
culture, beyond the function of that text in Indian culture, tends to relegate to
its margins.
Literary translations, such as the story of queen Śakuntalā, or the famous
episode of princess Sāvitrī in the Mahābhārata, are then to be examined from
two perspectives: as texts about India, and as pre-texts that, to varying extents,
say rather more about the West. The influence of Sakontala, translated by
Georg Forster (1791), on the Prologue for the theatre in Goethe’s Faust, as well
as on the opposite judgements of Herder and Hegel about India, regards no
longer India, but the totality of Western culture. Similarly, the contribution of
Indian philosophy in Hegel’s, Schopenhauer’s, and Nietzsche’s works no longer
regards Indian, but rather their own philosophy. «Indian» concepts in these
philosophers can probably be tracked back to «Western» concepts, and this is
routinely made in the exegesis of his thought.
The case of Paul Deussen’s German translation of the Upaniṣad (1897) is the
opposite, since he considers India contextualising its texts, and thus frees them
from the indeterminacy of a form of thought that is anywhere and anyhow
Luca Clerici, Marcello Meli, Paola Mura
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valid. But the Italian translation by Pio Filippani Ronconi (1968), for example,
exploits these texts once again as pretexts for the philosophy of the West. It
must however be noted that, in general, Italian publishing initiatives concerning
Indian literature are carried out with great scientific and literary rigour.
After the first steps taken by the British, almost all of them functionaries
of the East India Company engaged in the administration of Indian territories,
the reception of the Indian tradition has played a large role in German culture
during the nineteenth century, beginning with Friedrich von Schlegel (Über die
Sprache und Weisheit der Indier - On Indian language and wisdom, 1808). German
scholars have contributed vastly to Indian philology, to the point that, without
German culture, accurate and scientifically based knowledge of Indian thought
would not have been possible. Among them, although he lived for a long time
in England, Friedrich Max Müller, son of the poet Wilhelm Müller.
Johann Wolfgang von Goethe and Friedrich Rückert emerge among literary
figures for their fame and relevance; the latter was also an extraordinary
polyglot and translator. The famous mathematician Hermann Grassmann
should be also added to the list, as he authored extensive linguistic studies and a
very fine translation of the Ṛgveda (1877). These works contributed to get these
subjects into focus in the cultural and scientific debate of the period. It is then
easy to understand that, in working with the reception of the Indian tradition
in any field, one must necessarily refer also to the great cultural tradition of
nineteenth-century Germany, which has favoured its emergence on solid
philological, philosophical, and artistic grounds.
An equally relevant phenomenon is the reception of Indian culture in
Western cultivated music and the representation of India in Western musical
works. The West at first created its own musical representation of India (and,
through India, of itself) in generic and indistinct terms. With each century
this representation became more detailed: this shows in the choice of themes,
settings and characters in musical dramas and in their different forms as
a crossroad of different artistic and technical codes. The popularity of some
works is indeed due to the presence of folkloric features: these are often very
fascinating and characterised by great virtuosity while paying homage to the
aesthetics of exoticism. This framework of aesthetics is also the basis for Western
cinema’s representation of India, which is prevalently focused on the themes of
adventure, magic, myth, spirituality and nature.
The reception of India in Western music takes place mainly through composers
who study and employ Indian texts or European works that transpose themes
and situations typical of Indian poetry. In the history of nineteenth century
music and theatre a particularly important role is played by the utilisation of the
Śakuntalā story, a play featuring the themes of beauty, love and nature: these
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Foreword
are all fundamental elements for the Sturm und Drang, and more generally for
the entire Romantic movement. Of equally great importance is the mediatory
role played by the works of Friedrich Rückert: these were highly appreciated
by the greatest composers of the Lieder tradition and allowed Gustav Mahler to
develop works of a remarkable philosophical depth.
Contemporary music has also often availed itself of fundamental themes
regarding the origin of the world and the energy and destiny of living beings.
Composers inevitably reflect on the basis of contact with the great holy texts
of the Indian tradition, and this reflection extends to formal structures: it goes
beyond the evocative power of words and it seeks the core primordial sound
of the word itself. At the same time, contemporary music takes a further step,
integrating in the Western musical system rhythmic, melodic and microtonal
structures from traditional Indian music. Indian music also appears in the
soundtracks of Western films: in particular in the works of Pier Paolo Pasolini,
it is one of the keys for an anthropological understanding of Indian society.
We release this work in hopes that Western thought may forego its attempts
to seek in India the traces of a perfect archaic condition and that it may instead
open itself to a non-utilitarian and unbiased reception of the Indian tradition.