Il lavoro autonomo occasionale

Transcript

Il lavoro autonomo occasionale
Articolo pubblicato sul numero 27|2015 del 06/07/2015
Il lavoro autonomo occasionale
di Gesuele Bellini
Dopo gli interventi pubblicati nei numeri precedenti (Consulenza n.24 e n.23) concludiamo l’analisi di questo particolare
filone del diritto del lavoro, illustrando di seguito gli aspetti contrattuali ed operativi del lavoro autonomo occasionale
Lavoro : Rapporto di lavoro : Lavoro occasionale
Cod.civ. art. 2222
D.P.R. n. 600 del 1973, art. 25
D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61
Circ. INPS n. 142 del 18 dicembre 2012
Ris. Ag. Entrate n. 49/E del 11 luglio 2013
Circ. INPS n. 74 del 6 giugno 2014
C.M. n. 1 del 8 gennaio 2004
C.M. n. 9 del 22 gennaio 2004
Nell’ordinamento giuridico si riscontrano, con modalità e
forme differenziate, una molteplicità di rapporti occasionali di
lavoro per i quali la riconducibilità al tipo legale risulta
un’operazione qualificatoria particolarmente controversa, in
ragione, soprattutto, della pluralità di fonti regolatrici e della
mancanza di coordinamento tra le stesse.
Gli interventi legislativi, nei diversi settori di riferimento, non sono stati infatti coordinati in modo
complessivo e integrato, con evidenti ricadute sul piano della certezza del diritto.
In questo quadro, il lavoro occasionale si afferma come categoria aperta, all’interno della quale
possono essere ricondotte tipologie di lavoro sia subordinato che autonomo.
Non esiste, in altri termini, una figura dominante di lavoro occasionale né un contratto
giuridicamente definito come tale; esistono, invece, prestazioni occasionali svolte secondo lo schema
tipico della subordinazione o dell’autonomia, potendo assumere entrambe le conformazioni in
ragione delle modalità di svolgimento e di attuazione del rapporto. (Brino V., Voce "lavoro
occasionale", digesto delle discipline civilistiche - sez. commerciale, Torino, UTET)
Se le prime non destano particolari problemi di qualificazione e regolamentazione, trattandosi di
forme residuali di lavoro subordinato, lo stesso non può dirsi per le prestazioni occasionali di lavoro
autonomo.
www.consulenza.it
pagina 1 di 10
Copyright © Gruppo Buffetti S.p.A. - E' vietata la riproduzione anche parziale
24-07-2015
Il lavoro autonomo occasionale
Una di queste tipologie lavorative sovente utilizzata è il lavoro autonomo occasionale ex art. 2222 cc.
Il lavoratore che rientra in tale fattispecie, come anche specificato dall’Inps con circ. n. 9 del 22
gennaio 2004, può essere definito come colui che “si obbliga a compiere un'opera o un servizio, con
lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione e senza alcun coordinamento con il
committente”.
Si tratta, quindi, di un’attività lavorativa caratterizzata dall’assenza di requisiti quali l’abitualità, la
professionalità, la continuità e la coordinazione.
Gli elementi caratterizzanti del contratto d'opera riscontrabili nella fattispecie in argomento possono
così riassumersi:
●
●
●
●
1) obbligo di compiere verso corrispettivo un'opera o un servizio;
2) effettuazione dell'opera o del servizio con lavoro prevalentemente proprio;
3) assenza del vincolo di subordinazione nei confronti del committente;
4) piena autonomia nei modi e nei tempi necessari al compimento dell'opera o del servizio.
L'esercizio dell'attività da parte del soggetto, inoltre, deve essere del tutto occasionale, senza i
requisiti dell'abitualità e della professionalità, in assenza di una qualsiasi forma di organizzazione
finalizzata allo svolgimento della stessa.
In base alla giurisprudenza che si è prodotta nel corso degli anni sull'argomento, si può parlare di
lavoro autonomo occasionale quando:
●
●
si è in presenza di una prestazione unica ad esecuzione istantanea, occasionale e destinata, quindi,
a non ripetersi nel corso del tempo (Cass., 23 novembre 1988, n. 6928);
l'interazione fra le parti è limitata alle sole fasi dell'accettazione dell'opera e del versamento del
corrispettivo (Cass., 15 ottobre 1986 n. 6052).
In altre parole, ciò che contraddistingue questa tipologia di lavoro è l’assenza di coordinamento con
l'attività del committente, il carattere episodico dell'attività e la mancanza di continuità della
prestazione.
Il lavoratore autonomo occasionale, dunque, deve poter svolgere la sua attività in modo autonomo e
non essere vincolato dal committente a orari rigidi e predeterminati, fatte salve ovviamente
specifiche esigenze dell'azienda. In questo tipo di collaborazione, quindi, il lavoratore agisce in
assenza di rischio economico, non è tenuto a rispettare un orario di lavoro preciso e la sua attività va
intesa non come strutturale all’intero ciclo produttivo, ma solo come di supporto al raggiungimento
di obiettivi momentanei del committente.
Questa modalità lavorativa esonera da taluni obblighi, tra cui quelli di applicare le regole sulla
prevenzione degli infortuni o altre norme previste per gli altri lavoratori.
Per riassumere, dunque, è necessario che, dall'analisi delle modalità di effettuazione della
prestazione e dalla sua eventuale ripetitività nel tempo, non emergano elementi che facciano
www.consulenza.it
pagina 2 di 10
Copyright © Gruppo Buffetti S.p.A. - E' vietata la riproduzione anche parziale
24-07-2015
propendere per un diverso inquadramento della prestazione stessa nell'ambito delle collaborazioni
coordinate e continuative ex art. 409 c.p.c. o nell'ambito dell'esercizio abituale di un'arte o
professione.
Diversamente, se dall’esame della fattispecie emergono i caratteri della continuità nel tempo e della
coordinazione con la struttura organizzativa del soggetto committente, in tal caso si configura una
collaborazione coordinata e continuativa.
La prestazione di lavoro autonomo non rientra, inoltre, nell’occasionalità quando l'attività esercitata
non è singolare e/o episodica, ma - all'opposto - presenta i caratteri della ripetitività, regolarità,
stabilità e sistematicità; si realizza in queste ipotesi l'esercizio abituale di un'arte o professione o di
un'attività d'impresa.
Al riguardo, non si ritiene rilevante nell’inquadramento della fattispecie l'ammontare del compenso
percepito, ai fini dell'individuazione di una prestazione di lavoro autonomo e, a tal proposito la
definizione di prestazione occasionale fornita dall'art. 61 del D.Lgs. n. 276/2003 in un primo
momento aveva indotto in possibili diverse interpretazioni, tra cui quella che vi sussisteva un criterio
quantitativo per la qualificazione del lavoro autonomo occasionale.
La circolare n. 1/2004, emanata dal Ministero del lavoro ha tuttavia fugato ogni dubbio.
In essa si chiarisce infatti che il legislatore con l'art. 61, co. l, ha voluto solamente ricondurre tutte le
vecchie co.co.co. nell'ambito dei cosiddetti lavori a progetto con modalità, forme e contenuti in esso
espressamente previsti; nel successivo co. 2 si è poi stabilito che sono escluse dalle disposizioni di
cui al co. 1 (ossia dalla necessaria riconducibilità al progetto) le prestazioni occasionali, definite
dalla stessa norma “quei rapporti di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell'anno
solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo
anno solare, sempre con lo stesso committente, sia superiore a 5 mila euro”.
Le prestazioni occasionali che soddisfano queste condizioni restano pur sempre delle collaborazioni
coordinate e continuative, che proprio per la loro non rilevante portata non sono state obbligate alla
riconduzione al progetto.
Rimangono tuttavia concettualmente e giuridicamente distinte dalle attività di lavoro autonomo
occasionale vere e proprie, quelle che rientrano nelle società e enti commerciali disciplinate
fiscalmente dall' art. 81, co. 1, lett. l) del TUIR.
Distinzioni da altre fattispecie analoghe
Dopo aver inquadrato la natura giuridica del lavoro autonomo occasionale, al fine di distinguerlo da
altre forme di lavoro (collaborazioni occasionali, lavoro accessorio ecc), si ritiene opportuno
aggiungere alcune ulteriori precisazioni.
Il lavoro occasionale autonomo va innanzitutto tenuto distinto dalle collaborazioni occasionali.
Invero – come precisato dall’INPS e dal Ministero del Lavoro, rispettivamente con circ. n. 9/2004 e
circ. n. 1/2004, seguite poi dalle circolare n. 18/2005 e n. 41/2006 – le collaborazioni occasionali,
escluse dalla riforma Biagi dall’obbligo del progetto, perché di breve durata e di modesto importo
www.consulenza.it
pagina 3 di 10
Copyright © Gruppo Buffetti S.p.A. - E' vietata la riproduzione anche parziale
24-07-2015
(30 giorni e 5.000 euro massimi nell'anno solare con lo stesso committente), sotto il profilo giuridico
e quindi anche previdenziale, restano a tutti gli effetti delle collaborazioni coordinate e continuative,
di cui conservano i requisiti tipici.
Pertanto, ai sensi della Legge n.335/1995, istitutiva della Gestione Separata, sono soggetti sempre e
comunque a tale Gestione, qualunque sia la durata e l'importo; inoltre, da punto di vista fiscale esse
sono assimilate ai redditi da lavoro dipendente, il che implica l'applicazione delle stesse norme di
definizione della base imponibile.
Il lavoro autonomo occasionale va tenuto distinto anche da altre forme di lavoro accessorio, che
riguardano prestazioni meramente occasionali non riconducibili a tipologie contrattuali tipiche di
lavoro subordinato o autonomo, i cui compensi sono del tutto esenti ai fini fiscali e non incidono sullo
stato di disoccupato o inoccupato.
Per tali prestazioni il D.Lgs. n. 276/2003 ha previsto un meccanismo di tutela assicurativa e
previdenziale del tutto innovativo, grazie al sistema dei c.d. buoni lavoro o vouchers.
Rispetto alla co.co.co, a progetto e non, il lavoro autonomo occasionale si distingue quindi per la
completa autonomia del lavoratore circa i tempi e le modalità di esecuzione del lavoro, dato il
mancato potere di coordinamento del committente, la mancanza del requisito della continuità, dato il
carattere del tutto episodico dell’attività lavorativa, il mancato inserimento funzionale del lavoratore
nell’organizzazione aziendale
Le prestazioni di lavoro autonomo occasionali, invece, a prescindere dalla tipologia contrattuale
utilizzata, soddisfano esigenze lavorative limitate nel tempo e sono svolte al di fuori delle attività
professionali per le quali è necessaria l’iscrizione agli appositi albi esistenti o delle altre attività di
lavoro autonomo esercitate abitualmente.
Elementi comuni tanto al rapporto di lavoro autonomo occasionale quanto a quello di collaborazione
occasionale sono, inoltre, l’effettuazione della prestazione con lavoro prevalentemente proprio e la
mancanza del vincolo di subordinazione, che si traduce in una sostanziale autonomia del prestatore
di lavoro sia in ordine all’orario di lavoro (potrà avere limitazioni di accesso agli uffici
conformemente agli orari di apertura aziendali, ma non dovrà osservare un orario di lavoro rigido e
prestabilito), sia in ordine alla modalità di esecuzione della prestazione (non soggiace alle direttive
del datore di lavoro, anche se l’autonomia operativa ha un tratto più marcato nel caso di prestazioni
occasionali ex art. 2222 del cod. civ., atteso che il collaboratore occasionale ex art. 61, co. 2, del
D.Lgs. n. 276/2003 può essere soggetto alle indicazioni di massima del committente sulle modalità di
svolgimento della prestazione lavorativa).
Da un’attenta analisi si desume che i caratteri differenziali della prestazione autonoma occasionale
ex art. 2222 del cod. civ., rispetto alla collaborazione occasionale ex art. 61, co. 2, del D.Lgs.
n.276/2003, vanno individuati nell’assenza di coordinamento con l’attività del committente (il
prestatore di lavoro, non dovendo operare all’interno del ciclo produttivo aziendale, non deve
necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze organizzative del committente),
nella mancanza dell’inserimento funzionale nell’organizzazione aziendale (il prestatore di lavoro non
dirige dei dipendenti o non ha un ufficio a propria disposizione in azienda), nella completa
autonomia circa il modo ed il tempo della prestazione e nel carattere episodico dell’attività (la
www.consulenza.it
pagina 4 di 10
Copyright © Gruppo Buffetti S.p.A. - E' vietata la riproduzione anche parziale
24-07-2015
prestazione deve essere saltuaria e non deve essere resa in modo continuativo ovvero per un arco di
tempo determinato).
Non si potrà utilizzare, come elemento di discrimine, il risultato finale, che consiste a volte in
un’opera ma più spesso in un servizio; sarà necessario, invece, guardare oltre che, ovviamente al
nomen juris, sia al programma negoziale che ai comportamenti effettivi posti in essere dalle parti,
con riguardo, in particolare, alle previste modalità di svolgimento della prestazione.
Ove il contratto preveda da parte del committente il controllo del solo risultato finale, allora ci
troveremo di fronte ad un profilo di lavoro autonomo; ove, invece, il contratto preveda controlli più
penetranti da parte del committente, pur salvaguardando l’autonomia delle scelte del prestatore
(quali fornire indirizzi di massima, effettuare controlli intermedi ed ovviamente il controllo sul
risultato finale), allora potremo affermare di trovarci verosimilmente di fronte ad un rapporto di
collaborazione occasionale.
Il lavoro autonomo occasionale concerne, invece, prestazioni che trovano la loro fonte normativa
nelle disposizioni dell'art. 2222 e ss. cc sul contratto d'opera, e che, a prescindere dalla durata e
dall'importo percepito, hanno carattere del tutto episodico e sono completamente svincolate dalle
esigenze di coordinamento con l'attività del committente; per tali ragioni non è configurabile, per
esse, la fattispecie giuridica della collaborazione coordinata e continuativa.
Il D.Lgs. n. 276/2003, disciplinando le collaborazioni coordinate e continuative, ha istituito la
disciplina del progetto per quei rapporti lavorativi che superano i 30 giorni e/o i 5 mila euro nel
corso dell’anno solare e per lo stesso committente; il Ministero del Lavoro ha però precisato che la
disciplina del progetto non ha abrogato le disposizioni di cui al 2222 ss. c.c., per cui se anche si
dovessero superare i limiti, non necessariamente questo configurerebbe una collaborazione
coordinata e continuativa a progetto o a programma.
Come sarà meglio specificato più avanti, sotto il profilo fiscale i compensi da lavoro autonomo
occasionale sono qualificati come redditi diversi, mentre sotto quello previdenziale invece non sono
stati assicurati nella Gestione Separata fino al 2003, poiché non contemplati dalla Legge n. 335/1995;
dal 1° gennaio 2004 sono stati invece assicurati per effetto di altra norma e solo per redditi
fiscalmente imponibili superiori a 5 mila euro nell'anno solare, considerando la somma dei compensi
corrisposti da tutti i committenti occasionali.
Formalità e documenti
La legge non prevede espressamente che il rapporto lavoro autonomo occasionale venga stipulato
attraverso un contratto scritto, tuttavia, è consigliabile formalizzare il rapporto per poter dimostrare
la fonte del reddito percepito, in moda da tutelare entrambe le parti, il lavoratore autonomo e il
datore di lavoro.
Il soggetto che svolge tale forma lavorativa è tenuto a rilasciare una ricevuta al proprio datore di
lavoro, che è soggetta ad imposta di bollo (di 2 euro) se la prestazione supera i 77,45 euro.
Inoltre, il compenso è soggetto a ritenuta a titolo d’acconto con aliquota del 20% e concorre a
formare il reddito complessivo del percettore, soggetto a tassazione ai fini IRPEF.
www.consulenza.it
pagina 5 di 10
Copyright © Gruppo Buffetti S.p.A. - E' vietata la riproduzione anche parziale
24-07-2015
La ricevuta deve essere predisposta dal lavoratore e deve essere emessa al momento del pagamento
del corrispettivo pattuito con il committente.
Sulla fattura, contraddistinta da un numero progressivo della ricevuta, oltre a luogo e data di
emissione, devono essere riportati i dati anagrafici e i codice fiscali del lavoratore e del datore di
lavoro; inoltre, va indicata la descrizione dell’attività svolta e dei giorni per i quali è stata prestata
con il relativo corrispettivo lordo e la ritenuta d’acconto applicata.
La ritenuta d’acconto deve essere applicata solo se il soggetto committente è un sostituto d’imposta
di cui all’art. 23 D.P.R. n. 600/1973). In particolare, va ricordato che sono sostituti d’imposta:
●
●
●
●
●
1. le società di capitali;
2. le associazioni senza personalità giuridica per l’esercizio in forma associata di arti e professioni;
3. gli enti pubblici e privati diversi dalle società;
4. le persone fisiche titolari di partita IVA;
5. il curatore fallimentare e il commissario liquidatore.
Nel caso in cui il lavoratore e il committente abbiano previsto che, oltre al compenso, il prestatore
abbia diritto a un rimborso per le spese sostenute, anche queste ultime sono soggette alla ritenuta
d’acconto ma, se gli accordi di collaborazione prevedono che al prestatore non spetti nessun
compenso ma solo un rimborso per le spese sostenute, queste non sono assoggettate al regime di
ritenuta d’acconto: quindi, le spese di viaggio e di alloggio, per esempio, non devono essere calcolate
a prescindere dal fatto che il lavoratore sia un soggetto residente o meno nel luogo di svolgimento
del lavoro.
A fini dichiarativi, il lavoratore autonomo occasionale deve indicare qual è stato l’ammontare lordo
percepito nel periodo di imposta e quali sono state le relative ritenute d’acconto complessive.
Al riguardo, è pur vero che se i lavoratori autonomi occasionali, nel corso di un anno solare, non
hanno superato il previsto limite di retribuzione, e se questo sia stato l’unico reddito percepito, non
sono tenuti a nessuna dichiarazione dei redditi.
Tuttavia, anche se per legge il prestatore non è obbligato a procedere con la dichiarazione, è
opportuno valutare la presentazione della stessa poiché se il committente ha effettuato delle
trattenute, il lavoratore può procedere col recupero solo se effettua la dichiarazione di tali redditi, in
modo che le eventuali trattenute superflue possono essere commutate in crediti di imposta a favore
del lavoratore che, così, potrà utilizzarle in suo favore per eventuali compensazioni future.
Aspetti fiscali e contributivi
Si è prima accennato che il corrispettivo economico del lavoratore autonomo occasionale è
assoggettato a ritenuta d'acconto del 20%.
Naturalmente la ritenuta d'acconto non esaurisce gli obblighi fiscali del lavoratore relativi al reddito
complessivo annuo. Infatti, egli dovrà eventualmente pagare sui propri compensi complessivi (dopo
il raggiungimento di determinati scaglioni di reddito), la relativa integrazione di aliquota dovuta per
l'Irpef, presentando la dichiarazione dei redditi.
www.consulenza.it
pagina 6 di 10
Copyright © Gruppo Buffetti S.p.A. - E' vietata la riproduzione anche parziale
24-07-2015
Uno degli aspetti più particolari e delicati di questo genere di prestazione lavorativa è, senza dubbio,
quello contributivo.
Va subito detto che chi si attiene ai limiti fissati per legge è esentato dal pagamento contributivo
INPS, giacché il professionista occasionale non può essere considerato né un lavoratore dipendente
(nessun legame di subordinazione col committente e nessuna busta paga a fine mese) né
un lavoratore autonomo (non raggiungendo i 5 mila euro lordi all’anno non può essere considerato
tale).
Per questo motivo non deve nulla all’ente di previdenza sociale e non ha quindi nessun diritto
all’assegno di previdenza previsto per le altre categorie; superando il predetto limite economico
annuale, invece, il lavoratore occasionale perde il suo status ed è costretto a iscriversi alla Gestione
Separata INPS, versando quindi quanto dovuto dal regime contributivo.
L’iscrizione alla gestione separata INPS di per sé, non è un adempimento difficile.
Stando alla legge, però, chi supera i 5 mila euro, è tenuto a versare i contributi solamente per la
quota che eccede tale limite: se, per esempio, un lavoratore autonomo occasionale a fine anno ha
percepito un reddito netto pari a 6700 euro (con una o con la somma di più prestazioni occasionali),
la quota contributiva dovrà essere pagata esclusivamente sui 1.700 euro eccedenti e non sull’intero
guadagno. Nel momento in cui il lavoratore si accorge di aver oltrepassato la soglia fissata per legge,
deve dare comunicazione al suo committente e, quindi, procedere con l’iscrizione alla Gestione
Separata dell’INPS, a meno che non sia già un iscritto.
In merito agli adempimenti da seguire a carico dei lavoratori interessati, gli stessi devono
comunicare tempestivamente ai committenti occasionali il superamento della soglia di esenzione e,
solo per la prima volta, iscriversi alla Gestione, a meno che non si tratti di collaboratori o soggetti
assimilati già iscritti; qualora tale soglia fosse superata col concorso di più compensi nello stesso
mese, ciascun committente concorrerà in misura proporzionale, in base al rapporto fra il suo
compenso ed il totale di quelli erogati nel mese.
Se tale soglia fosse superata con il concorso di più compensi nello stesso mese, ciascun committente
concorrerà in misura proporzionale, in base al rapporto tra il suo compenso e il totale di quelli
erogati nel mese.
Ai lavoratori autonomi occasionali si applicano le stesse regole, già previste per i co.co.co., in
materia di iscrizione, ripartizione del contributo, versamento, denuncia, nonché le regole generali in
materia di aliquote massimali e accredito contributivo.
L’Inps, con il messaggio n. 12768 del 22 maggio 2007, ha precisato che ai lavoratori occasionali non
spetta l’indennità di malattia e ha quindi escluso gli stessi dal diritto alle prestazioni economiche
relative ad eventi di maternità, congedo parentale, assegno al nucleo familiare.
L’attività svolta a titolo di lavoro autonomo occasionale non risulta utile né per il diritto né per la
misura alle prestazioni di sostegno al reddito a seguito di disoccupazione; da ciò si evince inoltre che
le prestazioni occasionali non sono riconducibili al rapporto di lavoro subordinato, divenendo
pertanto escluse dall’applicazione della normativa in materia di cassa integrazione guadagni.
www.consulenza.it
pagina 7 di 10
Copyright © Gruppo Buffetti S.p.A. - E' vietata la riproduzione anche parziale
24-07-2015
Infine, in merito alla possibile perdita dello stato di disoccupazione in caso di percezione di tale
tipologia di reddito da parte di soggetti beneficiari degli istituti di sostegno al reddito, la normativa a
tutt’oggi risulta estremamente lacunosa. Si evidenzia tuttavia che la recente circolare Inps
n.142/2012 conferma il mantenimento della neo introdotta indennità Aspi nel caso in cui dalla
prestazione di lavoro autonomo derivi un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione
dello stato di disoccupazione (redditi di lavoro autonomo non superiori a 4.800 euro annui).
Infine, i prestatori d’opera occasionale non sono soggetti alla normativa assistenziale Inail prevista
dal D.P.R. n. 1124/65.
Riguardo la base imponibile, l’istituto previdenziale, nel ribadire che i primi 5 mila euro annui
costituiscono una soglia di esenzione dall’obbligo contributivo, conferma che i redditi da lavoro
autonomo occasionale sono fiscalmente classificati fra i “redditi diversi”, ai sensi dell’art. 67, co. 1,
lett. l del TUIR.
Al riguardo, l’art. 71, co. 2 del TUIR dispone che l’imponibile sia ricavato per differenza tra
l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione,
di conseguenza l’imponibile previdenziale è costituito dal compenso lordo erogato al lavoratore,
dedotte eventuali spese poste a carico del committente e risultanti dalla fattura.
E’ bene specificare che anche chi svolge un lavoro occasionale è tenuto a rilasciare la ricevuta di
pagamento: quindi va emesso tale documento per la prestazione occasionale, qualunque status abbia
il committente del lavoro; in merito, va specificato che, nel caso in cui ci si trovi a svolgere un
servizio per un soggetto che può essere definito sostituito d’imposta (amministratore di condominio,
libero professionista, società o enti vari, imprese individuali ecc.) i compensi percepiti sono soggetti
al regime di ritenuta d’acconto.
Per quel che concerne gli aspetti concernenti l’iscrizione, ripartizione del contributo, versamento e
denuncia, nonché le regole generali in materia di aliquote, massimale ed accredito contributivo, va
precisato che ai lavoratori autonomi occasionali si applicano le stesse regole previste per i
collaboratori coordinati e continuativi per le medesime materie.
Il lavoro autonomo occasionale all’estero
Il mutamento del mercato del lavoro ha creato negli ultimi anni maggiori opportunità lavorative
all’estero anche per ciò che concerne il lavoro meramente occasionale e senza alcun vincolo di
subordinazione.
Al riguardo, l’art. 3, co. 1, del TUIR sancisce il principio di tassazione su base mondiale, secondo il
quale le persone fisiche fiscalmente residenti in Italia sono ivi tassate sui redditi ovunque prodotti.
Così anche chi svolge un’attività di lavoro autonomo occasionale all’estero senza partita IVA, dovrà
dichiarare tali redditi e soggiacere alla potestà impositiva del nostro Paese.
Tali redditi, derivanti da attività di lavoro non esercitate abitualmente, rimangono sempre
ricompresi tra i redditi diversi ex art. 67, co. 1, lett. l) del TUIR, la cui determinazione è data, ai
sensi dell’art. 71, co. 2 del Tuir, dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e
le spese specificatamente inerenti alla loro produzione. Inoltre, nel caso in cui il compenso percepito
www.consulenza.it
pagina 8 di 10
Copyright © Gruppo Buffetti S.p.A. - E' vietata la riproduzione anche parziale
24-07-2015
corrisponda alle spese strettamente necessarie per lo svolgimento dell’attività occasionale, l’Agenzia
delle Entrate con la Risoluzione n. 49/E/2013 ha previsto la possibilità di non dichiarare tali somme
nella dichiarazione dei redditi.
Detto ciò è bene precisare che la potestà impositiva del nostro Paese trova un inevitabile limite nelle
Convenzioni contro le doppie imposizioni che vengono stipulate con gli altri paesi esteri e le quali
trovano applicazione anche per la fattispecie reddituale in esame. C’è da dire, tuttavia, che
generalmente le suddette Convenzioni prevedono, nel paragrafo relativo alle professioni
indipendenti, la tassazione degli introiti esclusivamente nello Stato di residenza del soggetto
percettore, a meno che non si disponga di una base d’affari nel paese estero (ipotesi, questa, del
tutto inconciliabile con un’attività meramente occasionale).
Altro aspetto rilevante è l’applicazione della ritenuta alla fonte ex art. 25, co. 1, D.P.R. n. 600/1973,
considerato che l’art. 23, c. 1 del medesimo decreto sancisce che anche i soggetti di diritto estero e
non residenti in Italia possono agire da sostituti d’imposta e, quindi, essere obbligati ad effettuare la
ritenuta a titolo di acconto.
L’Amministrazione finanziaria, tuttavia, ha avuto modo di precisare con la Risoluzione n. 649/1980
che l’ente estero deputato a ciò è soltanto quello tenuto alla presentazione della dichiarazione dei
redditi nel nostro Paese, esonerando tutti gli altri.
Per quanto riguarda gli aspetti contributivi si rilevano talune criticità.
Com’è noto, infatti, per i compensi occasionali superiori a Euro 5 mila scatta l’obbligo d’iscrizione
alla Gestione Separata ex art. 44, co. 2 del D.L. n. 269/2003.
In questi casi, al superamento della soglia limite, è il committente ad operare tutte le ritenute
previdenziali del caso e versarle alla sede Inps di competenza. Pertanto, la problematica più evidente
ricorre laddove il committente estero non è sostituto d’imposta in Italia.
Nel silenzio della norma, una soluzione possibile è che in presenza di redditi occasionali erogati da
un committente estero privo dei requisiti per qualificarsi quale sostituto d’imposta in Italia sia il
percipiente residente a dover auto-liquidare il dovuto in sede di dichiarazione dei redditi. In
particolare il calcolo e la liquidazione del contributo dovuto alla Gestione Separata dovrà essere
effettuato nell’apposita sezione RR del modello Unico, compilando attentamente i relativi quadri
(Circolare Inps n. 74/2014).
I lavoratori autonomi occasionali nelle PP.AA.
L’art. 7, co. 6 del D.Lgs. n. 165/2001 (T.U. sul pubblico impiego) recepisce un principio generale
conosciuto dall'ordinamento amministrativo italiano e codificato nell' art. 152 del D.P.R. n.
1077/1970 il quale disciplinava il conferimento da parte dei ministri di incarichi diretti allo studio di
particolari problemi e prima ancora nell' art. 380 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (M. Martinelli, Il
Personale, 2009).
Il principio può riassumersi nel dovere imposto agli organi della pubblica amministrazione di
provvedere direttamente con il proprio personale all'espletamento dei compiti loro demandati; ne
www.consulenza.it
pagina 9 di 10
Copyright © Gruppo Buffetti S.p.A. - E' vietata la riproduzione anche parziale
24-07-2015
discende che il ricorso a terzi estranei all'apparato istituzionale delle amministrazioni pubbliche è
ammesso in via del tutto eccezionale.
Il medesimo concetto finalizza e condiziona il ricorso a incarichi con contratti di lavoro autonomo a
esigenze cui le amministrazioni non possono far fronte con personale in servizio, con il vincolo di
accertare preliminarmente l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili
all'interno dell'ente.
La scelta di assegnare incarichi esterni non è pienamente discrezionale ma deve essere motivata in
base a valutazioni di necessità e non di mera opportunità (Corte dei conti Veneto, sentenza n. 1046
del 2 ottobre 2008).
Il co. 6 dell' art. 7 del D.Lgs. n. 165/2001 precisa che gli incarichi individuali conferibili dalle
amministrazioni pubbliche con contratti di lavoro autonomo sono quelli di natura occasionale o
coordinata e continuativa.
Poiché la specificazione è stata introdotta soltanto dalla novella del 2006 se ne potrebbe dedurre che
il legislatore abbia voluto esplicitamente chiarire e delimitare la portata della disposizione
riferendola ai soli contratti di lavoro autonomo occasionale e ai contratti di collaborazione
coordinata e continuativa con esclusione quindi dei contratti di lavoro autonomo professionale.
Va rilevato come la natura occasionale alla quale fa riferimento il co. 6 non qualifica tecnicamente la
prestazione bensì il rapporto che intercorre tra il lavoratore autonomo e la pubblica amministrazione;
saltuaria non è l'attività del lavoratore autonomo, quanto invece il rapporto che intrattiene con la
pubblica amministrazione.
Inoltre, la norma non definisce fattispecie contrattuali diverse rispetto a quelle già previste
dall'ordinamento e tanto meno lo fa con il termine collaborazione usato invece come sinonimo di
rapporto di lavoro autonomo.
In ogni caso, le disposizioni dell'art. 7, co. 6 e seguenti del D.Lgs. n. 165/2001 devono essere
osservate dagli enti pubblici per il conferimento di qualsiasi incarico individuale di lavoro autonomo
e che gli stessi enti devono dare attuazione a tali disposizioni nell'esercizio della loro potestà
regolamentare avendo cura, al contempo, di rispettare anche i principi di derivazione comunitaria
recepiti nel codice dei contratti.
Pertanto, la possibilità di affidare incarichi di collaborazione riguarda sia quelli di natura occasionale
sia quelli di tipo coordinato e continuativo, essendo eliminata dalla stessa legge n. 133/2008 la
differenziazione descrittiva tra consulenze, incarichi di studio e di ricerca. L’elemento fondamentale
individuabile in tutti i tipi di collaborazione è il carattere autonomo della prestazione; diversamente
sarebbero violate le norme sull’accesso alla Pubblica Amministrazione tramite concorso pubblico,
nonché i principi di buon andamento e imparzialità sanciti dall’art. 97 della Costituzione.
www.consulenza.it
pagina 10 di 10
Copyright © Gruppo Buffetti S.p.A. - E' vietata la riproduzione anche parziale
24-07-2015