giovedì santo - Parrocchia Santa Silvia
Transcript
giovedì santo - Parrocchia Santa Silvia
OMELIA DI DON PAOLO PER IL GIOVEDI’ SANTO 2013 Nel 1263, 750 anni fa, un sacerdote, un certo Pietro di Praga, intraprese un pellegrinaggio a Roma, per invocare la liberazione da un dubbio che lo accompagnava e lo tormentava ogni volta che celebrava la Messa. Influenzato dalle affermazioni di un certo Berengario che negava la trasformazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo, anche questo sacerdote si chiedeva: ma può essere veramente Cristo questo pane tra le mie mani? Fatta tappa a Bolsena, in Umbria, durante la messa, dopo la consacrazione, preso ancora dai forti dubbi, ecco che Pietro è spettatore di un evento straordinario: dall’ostia spezzata caddero gocce di sangue, fino a macchiare il corporale. Il sacerdote, preso da una forte emozione, non ha più dubbi: è il corpo di Cristo. Dal Miracolo di Bolsena ad oggi sono passati tanti anni, sono cambiate tante cose e credo che nei confronti dell’eucarestia, di cui oggi celebriamo l’origine, vorrei subito, in questo giovedì santo dell’Anno della Fede, farmi portavoce di tutti e professare la nostra fede: noi crediamo che, il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire ai nostri sensi come pane e vino, è una presenza vera, reale e sostanziale del Signore Gesù. E quando entriamo in chiesa il nostro primo sguardo dovrebbe essere sempre verso il Tabernacolo, dov’è presente il Signore… (ai bambini della prima comunione usiamo spesso una formula semplice per comprendere la presenza reale di Gesù nel Tabernacolo. Quando le prime volte si chiede loro dove sia Gesù, istintivamente quasi tutti indicano il crocifisso. Allora diciamo loro: “Sulla croce Gesù si vede… ma non c’è; nel Tabernacolo Gesù non si vede… ma c’è!”) Infatti mi sembra che oggi più che i dubbi sull’eucarestia bisogna combattere l’indifferenza, la superficialità. Mi verrebbe da dire: Ma come, Dio è presente realmente tra noi, per noi si fa addirittura nutrimento e noi non ce ne accorgiamo, siamo distratti, ci fa fatica inginocchiarci… magari facciamo anche la comunione senza renderci veramente conto che Dio entra di nuovo nella mia vita! Dovremmo prendere esempio di nuovo non solo dai santi, tutti innamorati del mistero dell’eucarestia, ma anche da grandi personaggi della storia. Si racconta che Galileo Galilei si inginocchiava come un bambino davanti all’eucarisita, Guglielmo Marconi passava ore intere davanti al Santissimo Sacramento e Alcide De Gasperi, politico grande nel pensiero e nella vita morale, amava dire: “Mi inginocchio davanti all’Eucaristia per stare in piedi davanti agli uomini”. Erano forse ingenui, intelligenti in tutto tranne che nella fede? No, erano semplicemente uomini capaci, nella grandezza della vita e delle loro opere, riconoscere che tutto viene da Dio. Questa sera, come ogni anno, siamo in tanti ad iniziare il Triduo pasquale. Siamo qui con il nostro desiderio di bontà, di cose vere e profonde, che tocchino di nuovo il cuore. Siamo qui perché vogliamo credere che solo qui, a contatto con il Signore che si dona a noi, possiamo trovare pace. Abbiamo avuto il dono di un nuovo Papa. Dopo la rinuncia, fatta con coraggio e umiltà, di Benedetto XVI, il Signore ci ha sorpreso regalandoci Francesco. Sì, lo considero una sorpresa di Dio in un tempo in cui noi uomini, fuori e anche dentro la chiesa, tendiamo a fare troppi calcoli umani. Benedetto e Francesco ci hanno richiamato ad una realtà così forte che quasi ce ne stavamo dimenticando: è Dio che guida la sua chiesa, Dio provvede ai suoi uomini, non abbandona mai il suo gregge. Sì, ci guida, anche in mezzo alle tempeste del mondo, assicurandoci la sua amicizia, il suo sostegno. Ci guida, spronandoci ad andare verso l’altro, a non accontentarci mai se non ne momento in cui avremo raggiunto tutti con il nostro amore. L’eucarestia è il segno più bello di un Dio che non se ne sta chiuso in sé, ma è dono per noi. L’eucarestia è fatta per essere mangiata, condivisa. Dio è per noi. Dio è per me! Per questo motivo non possiamo passare indifferenti in questo giovedì santo, ma siamo chiamati ad entrare in crisi tutti, a cominciare da me. se Dio si offre a me, che aspetto io ad offrirmi, ad aprirmi all’altro. Tra poco, come sapete, ci sarà la lavanda dei piedi, che farò io a dodici persone, rappresentanza di tutta la comunità. Questo gesto mi mette e mi deve mettere in crisi, pensando anche al gesto del papa che da poco ha celebrato questo rito nel carcere minorile: parlo da parroco, ma parlo anche a nome di tutti voi, parrocchia di S. Silvia, e mi chiedo: l’eucaristia che celebriamo ci apre all’amore per gli altri? Sono pronto a farmi lavare i piedi da Gesù, per lavare poi io i piedi degli altri? Sono pronto cioè a rinunciare ai miei titoli, alle mie sicurezze, al mio tempo, anche alla mia dignità, per mettermi dalla parte del povero, per raggiungere le periferie dell’anima umana? Gesù ci ama fino alla fine, cioè in modo vero, totale, per sempre, perché questo è amore. Non si può amare a metà, quando ce la sentiamo, finché dura. L’amore o è fino alla fine o non è amore. Questo vale in famiglia, tra amici, in comunità. Nessuno di noi ne è capace e allora, stasera, chiediamo l’aiuto di Dio per fare il primo passo: chinarci davanti all’altro, farci di nuovo umili. Noi non siamo niente, niente. Dio è tutto. Lasciamoci di nuovo toccare stasera da Dio! Ma non solo con una bella emozione che va via come viene, ma con una certezza: la mia vita cambia se mi apro veramente a Dio! La mia esistenza si rinnova se mi lascio conquistare da Dio. Nessuna sicurezza economica, sociale, lavorativa, affettiva, può competere con la ricchezza dell’amore di Dio. Papa Francesco ieri mattina, nella sua prima udienza del mercoledì, lo ha detto di nuovo con forza: usciamo da noi stessi per andare a cercare l’altro! Usciamo da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiuderci nei nostri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. Dio può e vuole fare cose grandi in me e attraverso di me. vorrei dirlo soprattutto ai più giovani: bambini, lasciatevi coinvolgere da Dio in un progetto di felicità che nessuno potrà mai darvi; ragazzi, amati giovani della nostra comunità, non accontentatevi di un’esistenza e di una fede piatta, senza sapore. Apritevi senza timore al Signore! E voi tutti, famiglie, adulti, anziani: preparate sempre un posto alla tavola della vostra casa, per il Signore Gesù. Invitiamolo a casa nostra, a cena, da stasera, per non lasciarlo più andar via. Lui sta bussando da tempo, solo che noi non riusciamo a sentirlo, presi come siamo da noi stessi. Apriamogli la porta, anzi spalanchiamola, e allora non avremo paura di condividere poi il pasto con un povero, un malato, uno straniero, una persona sola. Questo è il giovedì santo: il giorno dell’umiltà di Dio, della sua tenerezza infinita, che ridona senso alla nostra vita… Il vero miracolo eucaristico potrà essere il voler versare noi fino all’ultima goccia di sangue per fare felici gli altri. Permettetemi ora un ringraziamento personale. Quest’anno celebrerò, tra poco più di un mese, venti anni di sacerdozio, dieci dei quali passati tra voi. Voglio rendere grazie al Signore per questo tempo di grazie, chiedendo perdono dei miei peccati, soprattutto delle omissioni nella carità. Voglio rendere grazie, insieme ai miei confratelli, don Alfredo, don Pier Luigi, don Felicien, p. Roberto, per il grande dono dell’essere sacerdote, siamo felici, strafelici di essere preti, consapevoli di essere una vita donata. Siamo strumenti di una misericordia che va al di là dei nostri limiti. Con voi chiedo il dono di nuove vocazioni, anche dalla nostra comunità e di un rinnovamento nella chiesa nello spirito sempre attuale del Vangelo di Gesù Cristo. Buon giovedì santo, amici miei. Lasciatevi stupire di nuovo. Aiutiamoci tutti ad essere la chiesa del Giovedì Santo, la chiesa dell’eucarestia e della carità, la chiesa della gente, la vera chiesa della Pasqua.