PDF newsletter

Transcript

PDF newsletter
FOCUS
Libero acquista Seat Pagine Gialle. AGCM apre un’istruttoria
Con il provvedimento n. 25606 adottato nell’adunanza del 3 settembre scorso l’Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) ha aperto un’istruttoria, da concludersi entro 45 giorni, sui riflessi si
siffatta acquisizione rispetto ai mercati rilevanti entro i quali operano le società coinvolte. Secondo AGCM
l’operazione in oggetto risulterebbe idonea a determinare “[…] il rafforzamento o la costituzione di una
posizione dominante sul mercato del servizio di informazione abbonati via telefono (directory assistance) e
che tale esito è suscettibile di produrre effetti anticoncorrenziali significativi”.
1. IL MERCATO DEL SERVIZIO DI INFORMAZIONE ABBONATI VIA TELEFONO
AGCM, infatti, ha constatato che l’operazione in questione determinerebbe una situazione di quasi
monopolio. Il soggetto risultante dall’operazione deterrebbe una quota tra il 90 e il 95 del mercato
rilevante identificato come il mercato del servizio di informazione abbonati via telefono. Tale mercato, che
secondo AGCM ha dimensione nazionale, deve essere considerato distinto da altri mercati sempre riferibili
alla fornitura di informazioni sugli abbonati telefonici ma attraverso altri canali (elenco abbonati cartaceo,
internet, etc.). Sulla delimitazione del mercato la società notificante considerando la riduzione di fatturato
costante di entrambe le società coinvolte negli ultimi anni, nonché le rinnovate modalità di acquisizione
delle informazioni circa i soggetti presenti sull’elenco abbonati telefonici (ad esempio attraverso internet)
ha chiesto ad AGCM di compiere una rivalutazione complessiva del mercato. L’Autorità non ha, tuttavia,
dato seguito a tali sollecitazioni considerando che per ciò che attiene alle ricerche su internet le stesse
coinvolgono un numero crescente ma limitato della popolazione, mentre in generale le ricerche via
telefono hanno delle caratteristiche industriali diverse da quelle condotte via internet essendo le prime a
totale carico degli utenti interessati. Quindi, secondo AGCM, il mercato in questione non può essere
considerato comprensivo anche delle ricerche sulla rete internet effettuate in mobilità.
2. GLI ALTRI MERCATI RILEVANTI
Tanto chiarito, l’Autorità passa in rassegna gli altri mercati rilevanti nell’ambito dei quali le società coinvolte
non detengono, comunque, un significativo potere di mercato. Sotto tale profilo il provvedimento AGCM
appare particolarmente interessante in quanto, sulla scorta di precedenti nazionali e comunitari, torna sulla
definizione dei mercati (tutti considerati nazionali): 1) della raccolta pubblicitaria online; 2) dei servizi di
direct marketing; e 3) della fornitura di servizi web.
Riprendendo propri precedenti, AGCM definisce il mercato della raccolta pubblicitaria online come mercato
distinto rispetto alla pubblicità tradizionale in ragione delle caratteristiche peculiari del mezzo internet:
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
interattività, commistione tra pubblicità tradizionale e marketing diretto e possibilità di quantificare e
individuare direttamente i contatti.
Altro mercato nell’ambito del quale operano le società coinvolte nell’operazione è quello dei servizi di
direct marketing. Con tale locuzione AGCM fa riferimento ai servizi “[…] volti a promuovere l’immagine di
un prodotto o di un servizio basandosi sull’interazione diretta con un destinatario preciso per stimolarne
risposte ed opinioni sull’oggetto pubblicizzato, attraverso l’attività di raccolta, selezione e trattamento dei
dati anagrafici, elaborazione e vendita di liste di potenziali clienti, gestione delle banche dati e realizzazione
di materiali pubblicitari”. La società notificante propone di includere tale mercato nell’ambito del più
ampio mercato dei servizi di marketing per le imprese che comprende una serie variegata di attività di
comunicazione. AGCM considerando che l’indagine sulla quota di mercato delle società coinvolte non
comporta criticità sotto un profilo concorrenziale ritiene sul punto di non esprimersi.
Ultimo mercato rilevante considerato da AGCM è quello della fornitura di servizi web che comprende la
progettazione, costruzione e attivazione di siti web e la fornitura di servizi di realizzazione grafica dei siti.
AGCM nel provvedimento che si commenta riconosce come tale mercato sia autonomo e distinto da quello
della raccolta pubblicitaria, al contrario di quanto sostenuto dalla società notificante, in quanto mercati
relativi ad attività strutturalmente diverse tra loro.
3. CONCLUSIONI
Il provvedimento segnalato appare di particolare interesse perché da un lato, prende in considerazione un
mercato quello della directory assistance che alla luce dell’evoluzione tecnologica risulta essere destinato
progressivamente ma inesorabilmente a un forte ridimensionamento se non a una definitiva scomparsa, e
sotto altro profilo delinea una serie di mercati rilevanti nel mondo di internet che è oggetto di una
progressiva e anch’essa inevitabile specializzazione anche sotto un profilo squisitamente antitrust. Sarà
interessante verificare se e quali iniziative intenderà assumere AGCM nel mercato della directory assistance
a fronte della situazione di quasi monopolio che si andrà a creare a seguito dell’operazione notificata in un
mercato nel quale, come riconosciuto dalla stessa Autorità, appare difficile prevedere ingressi da parte di
nuovi operatori.
Il Garante Europeo interviene sulla proposta di riforma del diritto europeo sulla protezione dei dati
personali
“Una grande opportunità per l’Europa”, così viene definita dal Garante Europeo per la protezione dei dati
personali la proposta di regolamento europeo COM(2012)11 final, licenziata dalla Commissione UE circa 3
anni fa e che dal 24 giugno 2015 è approdata al tavolo del “trilogo” tra Parlamento, Consiglio e
Commissione.
Nella sua veste di autorità europea indipendente, non partecipante al trilogo, e alla luce del suo ruolo
garantito dall’art. 41.2 del Regolamento 2001/45/CE, il Garante ha deciso di partecipare proattivamente e
costruttivamente al procedimento che nelle intenzioni della Commissione dovrebbe portare
all’approvazione, entro la fine dell’anno, del nuovo regolamento da parte dei due co-legislatori europei.
La proposta di riforma riveste un’importanza particolare, in un momento storico in cui la fiducia dei
cittadini nelle istituzioni che dovrebbero garantire la protezione dei loro dati personali è ai minimi in
seguito ai ripetuti scandali sulla protezione dei dati personali che hanno coinvolto da vicino anche alcuni
Paesi europei. La buona riuscita del trilogo è auspicabile anche perché le innovazioni che la proposta
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
introduce avranno delle profonde e sostanziali ricadute non solo nel vecchio continente, ma anche nei
confronti dei titolari siti in paesi terzi.
Tanto detto, si deduce come questa rara opportunità non debba essere sprecata e come, anche se le
negoziazioni rischiano di affievolire alcuni caratteri innovativi, l’obiettivo di conseguire il migliore risultato
possibile rimanga essenziale.
L’opinione del Garante rende noto che le preoccupazioni principali a cui le tre istituzioni europee sono
chiamate a dare una risposta sono:
1)
LA NECESSITÀ DI OTTENERE PIÙ VANTAGGI PER I CITTADINI
Il Garante insiste sul fatto che è necessario dapprima sistematizzare le definizioni per renderle agevolmente
fruibili da parte dei cittadini, facilitando così l’esercizio dei conseguenti diritti. Conseguentemente a ciò, il
Garante ha puntualizzato come tutte le operazioni di trattamento debbano necessariamente superare due
vagli: sia di liceità che di giustificazione, alla luce dei principi sanciti nel regolamento stesso,
raccomandando, infine, che sia garantita la possibilità per i cittadini di fornire un consenso realmente
informato e agevolmente revocabile.
In seguito, il Garante auspica che il regolamento contenga previsioni che facilitino il lavoro delle Autorità
nazionali di protezione dei dati personali non appena lo stesso entrerà in vigore, nonché previsioni che
rendano le varie Autorità sempre più aperte alla possibilità di ricevere reclami e segnalazioni da parte dei
soggetti interessati. A tal proposito, suggerisce, infine, che il regolamento autorizzi le associazioni di
categoria a rappresentare le persone fisiche in sede giudiziale.
2)
L’ESIGENZA DI APPROVARE NORME CHE FUNZIONINO NELLA PRATICA
Il Garante mette in guardia dal fatto che un eccessivo formalismo e ossequio delle procedure possa rendere
il regolamento a tutti gli effetti inapplicabile e inefficace. A tal fine, raccomanda che siano poste una serie
di salvaguardie piuttosto che di procedure nell’ottica di un risultato comune, ossia quello di coniugare gli
obblighi dei titolari con i diritti degli interessati. Suggerisce, inoltre, che il regolamento contempli l’esigenza
di assicurare la liceità del trattamento dei dati per finalità storiche, statistiche e di ricerca, da disciplinare
compiutamente attraverso la predisposizione di idonee salvaguardie.
Da ultimo, il Garante auspica che le Autorità nazionali diventino sempre più organi vicini al cittadino, quasi
come uno sportello unico al quale chiedere informazioni e presso il quale ricevere assistenza
nell’espletamento delle varie procedure.
3)
L’ESIGENZA DI APPROVARE NORME CHE DURINO UNA GENERAZIONE
Stante l’innovazione tecnologica dirompente, le disposizioni contenute nella prima direttiva 95/46/CE si
appalesano oramai superate e non più al passo con i tempi. Il Garante auspica che le nuove norme siano
tali da durare più a lungo possibile nel tempo attraverso un connubio felice di omnicomprensività e di
flessibilità, con uno sguardo particolare ai temi della dignità delle persone e dell’etica, sempre più essenziali
in un mondo in cui – afferma il Garante – nel 2030 potremmo già probabilmente assistere a fenomeni
tecnologici ad oggi impensabili, quali la nascita di intelligenze artificiali e l’uso sistematico di sistemi
biometrici.
Il nuovo diritto europeo della protezione dei dati personali dovrebbe promuovere prassi commerciali e
innovazioni responsabili, nel rispetto della trasparenza e della fruibilità delle disposizioni da parte anche dei
non addetti ai lavori.
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
In conclusione, il Garante afferma che il pacchetto di riforma con alte probabilità non sarà mai completo
senza un’organica revisione anche di due ulteriori testi normativi, ossia del regolamento 2001/45/CE, sul
trattamento dei dati personali nell’ambito delle istituzioni e degli organismi europei, nonché della c.d.
“direttiva e-privacy” 2002/58/CE, con il fine di armonizzare le regolamenti in tutti i settori e rendere il
quadro legislativo chiaro e trasparente. Qui il testo completo del parere del Garante europeo.
BREVI
Made in Italy” ed etichettatura. La Corte di Giustizia si pronuncia sulla legge n. 8/2013.
L’articolo 3, comma 2, della legge n. 8/2013 (recante nuove disposizioni in materia di utilizzo dei termini
«cuoio», «pelle» e «pelliccia» e di quelli da essi derivanti o loro sinonimi) prevede segnatamente che «è
vietato mettere in vendita o altrimenti in commercio con i termini “cuoio”, “pelle”, “pelliccia” e loro
derivati o sinonimi, sia come aggettivi che sostantivi, anche se inseriti quali prefissi o suffissi in altre parole
ovvero sotto i nomi generici di “pellame” “pelletteria” o “pellicceria”, anche tradotti in lingua diversa
dall’italiano, articoli che non siano ottenuti esclusivamente da spoglie animali lavorate appositamente per
la conservazione delle loro caratteristiche naturali e, comunque, prodotti diversi da quelli indicati all’art. 1. I
prodotti ottenuti da lavorazioni in paesi esteri e muniti di diciture in italiano devono obbligatoriamente
recare un’etichettatura indicante il loro Stato di provenienza.
La Corte di Giustizia, con decisione del 16 luglio 2015 (causa C-95/14) si è pronunciata per la non
compatibilità della legge n. 8/2013 con la direttiva 94/11/ CE.
La questione pregiudiziale era stata posta dal Tribunale di Milano, che aveva sospeso una controversia in
merito alla messa in commercio in Italia, senza indicazione concernente il paese d’origine del prodotto,
delle calzature recanti sulla suola interna la denominazione generica, in lingua italiana, “pelle” o “vera
pelle”.
Il Tribunale di Milano aveva posto diversi quesiti alla Corte di Giustizia, sia relativi all’interpretazione del
diritto primario (da art. 34 TFUE ad art. 36 TFUE), che della direttiva 94/11/ CE e del Regolamento n.
952/2013. La Corte di Giustizia tuttavia ha dichiarato 4 quesiti su 6 irricevibili poiché non connessi
concretamente all’oggetto della controversia principale, mentre si è pronunciata sui seguenti quesiti posti
dal Tribunale:
-
Se gli articoli [da 34 TFUE a 36 TFUE], correttamente interpretati, ostino all’applicazione
dell’articolo 3, comma 2, della legge nazionale n. [8/2013] – che fa obbligo di etichettatura recante
l’indicazione dello Stato di provenienza per prodotti ottenuti da lavorazioni in paesi esteri che
utilizzano la dicitura italiana “pelle” – ai prodotti in pelle legalmente lavorata o commercializzata in
altri Stati membri dell’Unione europea, risolvendosi tale legge nazionale in una misura di effetto
equivalente ad una restrizione quantitativa vietata dall’articolo [34 TFUE] e non giustificata
dall’articolo 36 TFUE.
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
-
Se gli articoli 3 e 5 della direttiva 94/11(…), correttamente interpretati, ostino all’applicazione
dell’articolo 3, comma 2, della legge nazionale n. [8/2013] – che fa obbligo di etichettatura recante
l’indicazione dello Stato di provenienza per prodotti ottenuti da lavorazioni in paesi esteri che
utilizzano la dicitura italiana “pelle” – ai prodotti in pelle legalmente lavorata o legalmente
commercializzata in altri Stati membri dell’Unione.
Sul primo punto la Corte, pur di chiarandolo ricevibile, non si è pronunciata, poiché ha ricordato che
secondo giurisprudenza consolidata, qualsiasi misura nazionale in un ambito che costituito oggetto di
un’armonizzazione esauriente a livello dell’Unione (e in questo caso la direttiva 94/11 CE lo è stata) deve
essere valutata solo alla luce di queste disposizione di armonizzazione.
Con riferimento al secondo quesito sopra riportato, la Corte ha dichiarato che gli articoli 3 e 5 della direttiva
94/11 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa di uno Stato membro, quale
quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta, inter alia, il commercio degli elementi in cuoio
delle calzature provenienti da altri Stati membri o da paesi terzi e che, in quest’ultimo caso, sono già state
poste in commercio in un altro Stato membro o nello Stato membro interessato, quando questi prodotti
non riportano indicazioni relative al loro paese d’origine.
La Royal Court of Justice del Regno Unito ordina la judicial review del diritto di copia privata senza equo
compenso
Con sentenza del 19 giugno scorso, la Royal Court of Justice ha ammesso la revisione giudiziale (judicial
review) della decisione del Governo inglese di introdurre nella legge sul Copyright il diritto di copia privata
senza prevedere la corresponsione di un contributo o un equo compenso in favore degli autori e aventi
diritto. La sentenza non ha invalido la nuova previsione, ma ha invitato il Governo a riesaminare la
questione. Il caso che ha condotto alla decisione che si commenta è il British Academy of Songwriters,
Composers and Authors (BASCA) et al. vs. Secretary of State for Business, Innovation and Skills.
Il diritto di copia privata è stato introdotto recentemente nel Regno unito con l’inserimento di un nuovo
articolo (l’articolo 28B) nella legge sul copyright inglese, il Copyright, Designs and Patent Act del 1998
(“CDPA 1998”). Tale articolo dispone un’eccezione al diritto d’autore basata sull’uso personale e privato.
Infatti, chiunque lecitamente acquisti contenuti (per esempio musica, film, libri) è legittimato a fare una
copia di tali opere per uso strettamente personale e non commerciale senza che ciò costituisca una
violazione del copyright.
Il diritto di copia privata è stato introdotto dal Governo inglese sulla base della articolo 5, comma 2, lettera
b) della Direttiva 2001/29/CE (“Direttiva InfoSoc”), che permette a ciascuno Stato membro di creare
eccezioni al copyright “per quanto riguarda le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona
fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali, a condizione che i titolari
dei diritti ricevano un equo compenso”, lasciando agli Stati un margine discrezionale riguardo l’ambito di
applicazione delle rilevanti eccezioni nazionali al diritto di copia privata. La Direttiva InfoSoc permette
anche di implementare siffatte eccezioni senza stabilire un “equo compenso” per i titolari dei diritti, a
condizione che il pregiudizio arrecato ai titolari dei diritti sia minimo (in applicazione del principio c.d. de
minimis). Diversi Paesi, tra i quali l’Italia, hanno previsto forme di equo compenso a differenza di quanto
avvenuto nel Regno unito.
Il Governo inglese ha deciso di non prevedere un corrispondente mezzo di compensazione per i titolari dei
diritti, basandosi su una considerazione strettamente economica, ossia che i titolari dei diritti d’autore non
subiscono un danno dalle copie private dal momento che nell’individuazione del prezzo di vendita i titolari
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
dei diritti comprendono eventuali perdite derivanti dalle copie effettuate dagli utenti per il proprio uso
personale.
Su richiesta di molte organizzazioni del settore musica, la Royal Court of Justice ha statuito che il Governo
britannico non ha fornito prove sufficienti a dimostrare la propria tesi sul pregiudizio de minimis. La
sentenza in esame invita il Governo a proporre nuovi argomenti a supporto della tesi su cui si basa la norma
impugnata. Se in seguito a un successivo esame, la Corte dovesse ritenere non sufficienti le prove addotte
dal Governo, quest’ultimo sarà chiamato ad abrogare l’articolo 28B, oppure a introdurre un equo
compenso.
AGCOM: istituito il “Comitato permanente per lo sviluppo dei servizi di comunicazione M2M”
Con Delibera n. 708/13/CONS, l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha avviato un’indagine
conoscitiva sui servizi di comunicazione machine to machine (“M2M”). Si tratta di tecnologie e servizi che,
con una limitata interazione umana, consentono di trasferire in automatico le informazioni tra i dispositivi,
connettendo “oggetti” alla rete. Molti sono i servizi coinvolti (c.d. segmenti verticali): le connected cars,
automobili che utilizzano la connessione per le dotazioni di sicurezza; le smart grid che permettono
l’eliminazione dei contatori elettromeccanici; le smart cities, città aventi servizi più efficienti grazie alle
tecnologie ICT.
Nel corso dell’indagine conoscitiva, conclusasi con la Delibera n.120/15/CONS, è emerso il coinvolgimento
di numerosi soggetti fra cui i produttori di dispositivi di comunicazione, gli operatori di rete, i gestori di
piattaforme, i produttori di contenuti e i fornitori di servizi, nonché si è sottolineato come il modello di
connettività alla base dei servizi M2M sia diverso dalle tradizionali applicazioni di trasmissione dati del
mondo Internet. Questi elementi di novità comporteranno la necessità di un intervento regolamentare, il
quale, per essere costruttivo, dovrà essere preceduto da un confronto tra i soggetti che operano nel settore
di sviluppo dei segmenti verticali e gli operatori specializzati nelle comunicazioni elettroniche tradizionali.
Per il raggiungimento di tali obbiettivi, l’AGCOM ha istituito, con delibera n.459/15/CONS, il "Comitato
permanente per lo sviluppo dei servizi di comunicazione Machine To Machine", un gruppo di lavoro con
funzioni consultive, aperto alla partecipazione dei principali soggetti interessati (pubblici e privati).
Fra i compiti del Comitato vi sono l’approfondimento e l’individuazione di opzioni regolamentari, in
coerenza con le altre iniziative legislative volte a favorire lo sviluppo dei servizi M2M, nonché la
facilitazione, promozione e coordinamento tra i soggetti coinvolti per assicurare una maggior coesione
dell’intervento pubblico nel favorire lo sviluppo dei servizi M2M e tutelare la concorrenza.
Il Comitato è chiamato a elaborare proposte, segnalazioni e pareri da sottoporre al Consiglio dell’Autorità.
Il testo completo della Delibera n. 459/15/CONS è consultabile al seguente link.
AGCOM: pubblicate le linee guida sulla quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie
Il 16 luglio 2015 l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), con Delibera n.265/15/CONS, ha
approvato le “Linee guida sulla quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate
dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”. Le linee guida di recente approvazione si situano in un
percorso sul tema avviato con la Delibera 410/14/CONS, che ha regolato l’irrogazione di sanzioni
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
amministrative pecuniarie e l’accettazione di impegni da parte dell’Autorità a seguito dell’accertamento di
una violazione delle norme alla cui vigilanza è preposta.
Nella Premessa della Delibera in esame, AGCOM sottolinea come l’adozione delle linee guida costituisca
una best practice necessaria a fronte della prassi già consolidata sul punto, la quale va da un lato ad
agevolare l’operato dell’Autorità nelle sue valutazioni, dall’altro pone i soggetti interessati nella posizione
di verificare la congruità dell’ammontare della sanzione, in un’ottica di maggiore trasparenza dell’azione
sanzionatoria dell’Autorità.
In risposta alle osservazioni di alcuni operatori intervenuti nella consultazione, l’ambito applicativo delle
Linee Guida è stato specificato, stabilendone l’integrale applicazione in tutti quei casi in cui la sanzione è
fissata dalla legge entro un massimo e un minimo edittale, mentre nei casi in cui la sanzione deve essere
proporzionale al fatturato dell’impresa che ha compiuto la violazione accertata, i principi delle Linee Guida
saranno applicati in quanto compatibili.
Le Linee Guida chiariscono i criteri che AGCOM seguirà nello stabilire l’ammontare della sanzione da
irrogare fra il minimo e il massimo edittale previsti dalla legge, interpretando le regole fornite dall’articolo
11 della legge n.689 del 24 Novembre 1981. Nel definire l’importo dovuto, infatti, devono essere
considerate le seguenti circostanze:




la gravità della violazione, da valutarsi sulla base di diversi elementi, fra cui: la durata della
condotta illecita e la sua estensione territoriale, la serietà del danno provocato, la potenzialità
lesiva della condotta rispetto al bene giuridico tutelato, nonché l’indebito vantaggio conseguito dal
soggetto agente in conseguenza della violazione;
la personalità dell’agente, valutando eventuali recidive, tentativi di occultamento della violazione o
se la stessa risulta essere frutto di un’apposita strategia aziendale decisa a livello apicale, la
presenza di un’organizzazione interna idonea a garantire il rispetto del quadro normativo vigente e
la marginalità del ruolo dell’agente in caso di illecito plurisoggettivo;
le condizioni economiche dell’agente, tenendo conto del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio
chiuso prima dell’avvio del procedimento sanzionatorio, ma anche della presenza di un eventuale
dissesto finanziario;
l’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze della violazione,
bastando la sola iniziativa intrapresa con strumenti obiettivamente idonei al conseguimento del
risultato, anche se esso non sia concretamente raggiunto.
Tali criteri sono da considerarsi essenziali ai fini della quantificazione della sanzione da irrogare in concreto,
la quale sarà il risultato complessivo di una visione d’insieme della fattispecie esaminata. La quantificazione
deve essere il frutto di un procedimento articolato su due fasi: la prima volta a calcolare l’importo base
della sanzione che tiene conto dei criteri necessari, perché ricorrenti in ogni fattispecie; la seconda, invece,
considera l’unico criterio eventuale dei quattro citati, l’opera svolta dall’agente, per il calcolo dell’importo
finale della sanzione.
Altro elemento innovativo della Delibera è rappresentato dai chiarimenti forniti sul regime giuridico delle
sanzioni, previsto in via generale dall’art.8 della legge n.689/1981. Sulla base della richiamata disposizione
trova applicazione:

il cumulo giuridico delle sanzioni, quando la condotta illecita è unitaria (seppur frazionata nel
tempo) e le norme violate siano plurime, oppure sia violata più volte la medesima norma, da cui
deriva l’irrogazione di un’unica sanzione il cui importo è modulato tenendo conto di tutte le
circostanze del caso. Le Linee Guida propongono un’interpretazione estensiva del cumulo
giuridico, come richiesto dagli operatori: ai fini della valutazione dell’unicità dell’azione (possibile
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale

pur in presenza di diversi episodi fattuali), una pluralità di atti materialmente posti in essere dal
trasgressore integrano un’unica condotta giuridicamente rilevante se unico è lo scopo che li
governa o l’effetto materiale che essi determinano e se tali atti si susseguono nel tempo senza
apprezzabile interruzione;
il cumulo materiale delle condotte, quando plurime sono le stesse o le norme violate, che
comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa il cui importo è corrispondente alla somma
dei singoli importi relativi a ciascuna violazione.
Il diritto all’oblio è legge in Russia
Mentre nell’Unione Europea si continua a discutere del “diritto all’oblio” e delle sue ricadute
potenzialmente dirompenti nei rapporti tra gli operatori della rete, in Russia a metà luglio è stata approvata
dalla Duma e promulgata dal presidente Putin una legge che garantisce ai cittadini russi il diritto di chiedere
la rimozione dai motori di ricerca di link a informazioni riguardanti la persona che sono da essa ritenute
irrilevanti o inadeguate.
La legge, in alcune delle sue parti chiaramente ispirata alla sentenza Google Spain, nondimeno è stata
aspramente criticata perché diversamente dalla decisione della Corte di Giustizia introduce la possibilità
anche per le figure di rilevanza pubblica di rivolgersi ai motori di ricerca per chiedere la rimozione dei
contenuti, spostando pericolosamente l’ago della bilancia a favore del diritto alla riservatezza a discapito
della libertà di informazione.
Per chiedere la rimozione è necessario inoltrare la richiesta al motore di ricerca, il quale ha 10 giorni per
riscontrare e dare eventualmente seguito alla stessa. I motori di ricerca non possono tuttavia eliminare
contenuti che potenzialmente potrebbero consistere in elementi costitutivi di un reato per cui non è ancora
spirato il termine di prescrizione. Quest’ultima previsione, tuttavia, soffre di un vizio genetico, in quanto
attribuisce al motore di ricerca il potere, e la responsabilità, di decidere se e quando un contenuto è illecito
o meno, senza tuttavia predisporre dei criteri per guidarlo in questa valutazione. In aggiunta, la legge è
stata sottoposta a ulteriori critiche in quanto non fissa nemmeno i criteri per addivenire ad una
determinazione di quando un contenuto sia irrilevante o inadeguato.
La legge entrerà in vigore il 1° gennaio 2016, ma per il momento non contiene sanzioni per
l’inottemperanza alla richiesta di cancellazione, anche è in fase di discussione una proposta di legge che
apporterebbe modifiche al Codice degli Illeciti Amministrativi, fissando la sanzione per il mancato seguito
alla iniziale richiesta del cittadino a 100.000 Rubli (circa 1.300 Euro) e per il mancato rispetto di un ordine di
un tribunale a 3.000.000 Rubli (circa 40.000 Euro).
Nonostante l’indiscutibile portata innovativa di questo provvedimento, stante le numerose criticità dello
stesso, è ragionevole pensare che soprattutto nella fase applicativa il dibattito sullo stesso e nello specifico
sui suoi effetti su Internet e sugli utenti resterà aperto.
Mercato Unico Digitale: Aperta la consultazione pubblica sulla direttiva in materia di copyright e
broadcasting
Tra le iniziative adottate nell’ambito della strategia per il mercato unico digitale, la Commissione europea
ha recentemente avviato una consultazione pubblica sulla revisione della direttiva 93/83/CEE, in materia di
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
coordinamento di alcune norme relative a diritto d'autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione
via satellite e alla ritrasmissione via cavo.
Obiettivo della consultazione è verificare se la direttiva del 1993 necessiti di essere aggiornata alla luce dei
notevoli cambiamenti intervenuti nel mondo dei servizi di trasmissione, in modo da rendere possibile la
creazione di un mercato unico digitale senza frontiere, evitando che ciò si traduca in una diminuzione della
tutela garantita al diritto d’autore e gli altri diritti connessi.
Consumatori, autorità pubbliche, emittenti, autori, produttori, operatori satellitari e via cavo, artisti e
internet provider potranno inviare i propri contributi entro il 16 novembre 2015.
Controlli a distanza e privacy: un matrimonio difficile
Con il decreto recante disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli
adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari
opportunità, di prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ultimo tra i decreti attuativi del c.d. Jobs Act, si
è provveduto ad aggiornare la disciplina dei controlli a distanza dei dipendenti, riformando il testo
dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Restano fermi il generale divieto dei controlli intenzionali, svolti cioè con la finalità di monitorare l’attività
lavorativa, e la legittimità dei controlli a distanza, attraverso strumenti che consentano indirettamente di
monitorare i lavoratori, se effettuati per specifiche esigenze, individuate dalla legge, e previo accordo con i
sindacati ovvero, in mancanza, in presenza dell’autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro
competente territorialmente.
Con l’entrata in vigore del decreto, oltre che per esigenze organizzative, produttive e di sicurezza del
lavoro, sarà possibile dotarsi di strumenti che consentano un controllo a distanza, anche per ragioni di
tutela del patrimonio aziendale.
Le novità principali della riforma riguardano però la sottrazione dall’ambito di applicazione della disciplina
dei controlli a distanza, appena descritta, degli “strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la
prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze” e l’utilizzabilità a tutti
i fini del rapporto lavorativo dei dati raccolti, sia mediante strumenti di controllo a distanza che attraverso
gli strumenti di lavoro, a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso
degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal Codice Privacy.
Il Garante Privacy si è mostrato assai critico rispetto alle novità introdotte, segnalando il rischio che
l’utilizzabilità, anche a fini disciplinari, dei dati così acquisiti, “diverrebbe in tal modo un effetto naturale del
contratto”. Il Garante ha poi precisato che l'applicazione di alcuni fondamentali principi (pertinenza,
correttezza, non eccedenza del trattamento, divieto di profilazione) del Codice Privacy, necessaria per la
legittimità del trattamento dei dati raccolti, consentirà di porre un argine alla “sorveglianza massiva e
totale del lavoratore”.
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
Corte di Giustizia Europea: diritti di proprietà industriale vs segreto bancario
Con la sentenza del 16 luglio 2015, relativa alla causa C-580/13, la Corte di Giustizia Europea si è
pronunciata in merito al rinvio pregiudiziale formulato dalla Bundesgerichtshof, la Corte federale suprema
tedesca, con riferimento alla Direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.
La questione pregiudiziale è stata presentata nell’ambito del procedimento, che vede protagoniste la Coty
Germany GmbH, società titolare del marchio Davidoff Hot Water, e la Stadtsparkasse Magdeburg, istituto
di credito, in merito al rifiuto di quest’ultimo di fornire alla prima alcune informazioni bancarie, necessarie
per indentificare il soggetto che vendeva merce contraffatta recante il marchio Davidoff Hot Water, così
rendendole gravosa, se non impossibile, la tutela dei suoi diritti.
Nel caso di specie la Corte federale suprema tedesca si era interrogata sull’effettiva portata dell’articolo 8
paragrafo 3, lettera e) della direttiva, che impone di tener conto anche delle norme che disciplinano il
trattamento di dati personali nel caso di richieste di informazioni da parte di autorità giudiziarie in
procedimenti riguardanti la violazione di un diritto di proprietà intellettuale, formulando in merito il
seguente quesito pregiudiziale: «Se l’articolo 8, paragrafo 3, lettera e), della direttiva 2004/48 debba essere
interpretato nel senso che tale norma osta a una normativa nazionale che, in una fattispecie come quella di
cui al procedimento principale, consenta a un istituto di credito di rifiutarsi di fornire informazioni, ai sensi
dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva, su nome e indirizzo del titolare di un conto,
invocando il segreto bancario».
La Corte di Giustizia Europea ha risolto positivamente tale quesito, operando la necessaria conciliazione tra
esigenze connesse ai diversi diritti coinvolti: il diritto ad un ricorso effettivo e il diritto di proprietà
intellettuale, protetto dal paragrafo 1, e il diritto alla tutela dei dati personali di cui al paragrafo 3 lettera e).
In proposito, la Corte di Giustizia Europea ha accertato che la disposizione nazionale, nella misura in cui
preveda in maniera illimitata e incondizionata di opporre il segreto bancario per rifiutarsi di fornire
informazioni relative al nome e all’indirizzo del titolare di un conto, è idonea a ledere il diritto
d’informazione riconosciuto dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/48 e, conseguentemente, il
diritto fondamentale ad un ricorso effettivo e il diritto fondamentale di proprietà intellettuale.
AGCOM approva il nuovo Regolamento concernente la risoluzione delle controversie tra operatori
All’esito della consultazione pubblica sulle “Modifiche ed integrazioni al regolamento concernente la
risoluzione delle controversie tra operatori di cui alla delibera n. 352/08/CONS”, in data 20 aprile 2015
l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), con delibera n. 226/15/CONS, ha approvato il
nuovo Regolamento concernente la risoluzione delle controversie tra operatori che abroga il precedente
Regolamento adottato con delibera n. 352/08/CONS.
Le principali novità introdotte dal nuovo Regolamento sono le seguenti:

l’estensione dell’ambito soggettivo di applicazione (i) alle controversie tra imprese che forniscono
reti o servizi di comunicazione elettronica e altre imprese che beneficiano dell’imposizione di
obblighi in materia di accesso o di interconnessione derivanti dal Codice delle comunicazioni
elettroniche e (ii) alle controversie tra imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione
elettronica e soggetti tenuti alla fornitura di accesso ad infrastrutture di posa di reti in fibra ottica,
laddove entrambe le parti dichiarino espressamente di adire AGCOM;
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale

la previsione di regole in materia di improcedibilità ed inammissibilità della domanda;

la revisione della procedura cautelare di cui all’art. 4 del Regolamento attraverso (i) l’eliminazione
del riferimento alla “natura economica” del pregiudizio sofferto dal ricorrente quale presupposto per
l’emanazione di misure provvisorie, (ii) una disciplina più puntuale delle tempistiche della procedura
cautelare e (iii) l’introduzione di un provvedimento cautelare provvisorio che potrà essere emanato
dal Presidente della Commissione per le infrastrutture e le reti;

la possibilità per il responsabile del procedimento di sospendere, per un periodo non superiore a 1
mese e per non più di 3 volte, le attività istruttorie al fine di consentire alle parti di dar seguito a
tentativi di conciliazione;

relativamente alla fase di decisione della controversia, la precisazione che (i) sulle somme
eventualmente riconosciute in sede di definizione della controversia debbono riconoscersi gli
interessi legali, (ii) L’Autorità può imporre, a carico della parte che avuto nel corso del procedimento
una condotta sleale e/o scorretta tale da determinare un pregiudizio all’attività amministrativa, un
rimborso dell’attività inutilmente svolta nei confronti della controparte e/o dell’Autorità stessa e (iii)
l’Autorità può imporre, in tutto o in parte all’impresa che ha rifiutato la proposta di conciliazione
senza giustificato motivo, il pagamento delle spese documentate per l’esperimento della procedura.
Il nuovo Regolamento è entrato in vigore a partire dal giorno della sua pubblicazione sul sito web di
AGCOM avvenuta in data 12 agosto 2015; pertanto per alle controversie pervenute all’Autorità prima di
tale data continua ad applicarsi il Regolamento approvato con delibera n. 352/08/CONS.
Il testo completo del Regolamento è disponibile al seguente link.
AGCOM: avvio del procedimento per la valutazione delle dimensioni economiche del Sistema Integrato
delle Comunicazioni (SIC) per l’anno 2014
Con delibera n. 457/15/CONS del 28 luglio 2015, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha
dato avvio al procedimento per la valutazione delle dimensioni economiche del sistema integrato delle
comunicazioni per l’anno 2014 e la verifica dell’osservanza del limite anti-concentrazioni di cui all’art. 43,
comma 9 del d. lgs. del 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici),
secondo cui “i soggetti tenuti all’iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione costituito ai sensi
dell’articolo 1, comma 6, lett. a), numero 5), della legge 31 luglio 1997, n. 249, non possono né
direttamente, né attraverso soggetti controllati o collegati ai sensi dei commi 14 e 15, conseguire ricavi
superiori al 20 per cento dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni”.
Il servizio cui è stato affidato l’incarico di svolgimento del procedimento è il Servizio Economico-Statistico
ed il termine di conclusione del procedimento è di 180 giorni dalla pubblicazione del provvedimento sul sito
web di AGCOM, avvenuta in data 3 agosto 2015.
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale
FLASH NEWS DAL WEB
AGCOM: indagine conoscitiva sullo sviluppo delle piattaforme digitali e dei servizi di comunicazione
elettronica
Have your say on Internet speed & quality: the European Commission launches a 360° review of telecoms
rules
EDPS opinion "Towards a new digital ethics" just published
I numeri precedenti sono disponibili online sul sito.
Se desideri iscriverti al servizio clicca qui.
© 2015 Portolano Cavallo Studio Legale