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COSE DELL’ALTRO MONDO CACCIA AL TESORO DEGLI ZAR Diamanti, corone, gioielli, icone incastonate nell’oro, perle, rubini, zaffiri: l’incommensurabile tesoro degli zar è nascosto nell’immenso e stepposo deserto di Gobi, in Mongolia. A sostenerlo è una signora americana ultraottantenne con alle spalle una vita più avventurosa di Indiana Jones. Patte Barham, ricchissima figlia di un editore, dopo essere stata corrispondente nella guerra di Corea, coautrice di libri investigativi sulla morte di Marilyn Monroe e sul controverso monaco russo Grigori Rasputin, e ospite nei salotti più illustri da Newport Beach a Beverly Hills, è pronta per la sfida più importante della sua vita: scovare le ricchezze segrete dei Romanov. Fu il suo patrigno, il principe George Meskhi-Gleboff, fedelissimo dell’ultimo imperatore di Russia Nicola II, a consegnarle in punto di morte una mappa del tesoro che lui stesso aveva disegnato. Peccato che, come in un giallo di Agatha Christie, la preziosa cartina sia scomparsa subito dopo in circostanze misteriose. Il 28 febbraio 1917, durante la Rivoluzione russa, Gleboff era stato incaricato dalla zarina Alessandra di mettere in salvo dai bolscevichi i gioielli della corona. Il principe si mise in viaggio, prima in treno e poi con carovane tirate da cammelli, verso la lontanissima Bank of China di Pechino. Il tesoro si trovava nascosto in sette bare assieme ai cadaveri di due bambini che dovevano essere sepolti in Cina. O almeno questa era la scusa ufficiale con cui la missione pensava di giustificare quel viaggio impossibile in caso di controlli. Nel deserto di Gobi, però, la spedizione fu attaccata dai predoni, con tanto di scontri a fuoco, così che Gleboff – una volta messosi in salvo – decise di sotter- 50 a cura di Francesca Lancini rare tutte le bare in una fossa lunga 3 metri e larga 4. Già due tentativi per recuperare l’incredibile bottino non sono andati a buon fine ma, a novant’anni dall’uccisione dei Romanov, Patte non si dà per vinta. Dice di aver trovato nuove prove e di voler riconsegnare queste misteriose ricchezze alla Russia. «Datemi un Gps e portatemi con un aereo sopra il deserto della Mongolia, e sarò io a dirvi dove sono i gioielli dello zar». Chissà che un giorno, invece, non vengano alla luce da soli, per l’erosione continua e progressiva del suolo di Gobi, insieme con scheletri di dinosauri e antichi mammiferi in condizioni ottimali di conservazione. RISTORANTI ANTI-CRISI “Just pay us what you think it’s worth”, pagateci solo quanto pensate che sia giusto, si legge sul sito del ristorante Little Bay di Londra, che si trova nella zona centrale in Farringdon Road e che promuove un’insolita iniziativa “anti-crisi”: è il cliente a decidere quanto pagare sulla base della qualità, del gradimento e del servizio. Peter Dragisa Ilic, cuoco di origine serba, sta sperimentando questo modo innovativo per combattere la crisi che ha colpito ogni strato della società, dagli operai ai ricchi banchieri. In Gran Bretagna negli ultimi mesi i ristoratori hanno registrato un calo delle visite e Ilic si è accorto che i suoi clienti pretendevano sempre più di pranzare a un prezzo ragionevole. Proprietario di quattro ristoranti a Londra, Ilic dichiara: «Tutto, tra un penny e 50 sterline, mi renderà felice. La decisione spetta all’ospite». L’uomo, che da trent’anni vive a Londra, dov’è sbarcato proprio con il sogno di fare il cuoco, pensa di aver trovato il modo giusto per far fronte alla crisi economica. Una simile soluzione ha già funzionato per altri settori, come quello musicale dove i Radiohead hanno utilizzato questo sistema per la vendita dei loro cd: «Se qualcosa piace, il cliente è pronto a pagarlo. Molti addirittura danno il 20% in più del prezzo originale perché sono così educati da non pagare meno del previsto», afferma il cuoco. Peter è sicuro di coprire tutte le spese e ha chiesto al personale di trattare ogni ospite, anche se ha pagato un penny, come se avesse lasciato 50 o 60 sterline. Il suo ristorante art decor, coloratissimo, con una scultura di Zeus e la buona cucina mediterranea che garantisce ampia scelta di carne, pesce e anche piatti vegetariani, ha sempre mantenuto i prezzi abbastanza bassi: gli antipasti costavano 4 o 5 sterline, il primo meno di 10. Le porzioni sono sempre state abbondanti e ben servite, il rapporto qualità-prezzo ottimo, e lo staff internazionale e cortese. Solo le bevande hanno un prezzo fisso e non sono incluse nella promozione. Se invece il cliente decide di bere acqua del rubinetto, ovviamente non costa nulla. Ilic confida nell’onestà e nel buon senso dei suoi clienti. Ma potrà la riscoperta di questi valori contribuire a risolvere la crisi economica mondiale? Quando si dice: l’arte di arrangiarsi… (Sanja Lucic) IL GRANDE FRATELLO DELLA RICONCILIAZIONE In epoca di abbuffate di reality show è andato in onda un Grande Fratello sui generis per promuovere il dialogo fra serbi e kosovari. Si chiama Cooperativa ed è stato trasmesso in otto puntate sulle tv B92 in Serbia e Rtk in Kosovo. Vi hanno partecipato dodici giovanissimi, fra i diciotto Corbis_Bettman COSE DELL’ALTRO MONDO un dj radiofonico poteva essere costretto a lasciare il Kosovo per aver messo in onda musiche serbe, oggi a Cooperativa (registrata in Montenegro e Macedonia) i concorrenti serbi hanno cantato tranquillamente canzoni tradizionali albanesi e quelli albanesi canzoni tradizionali serbe. Tutto ciò senza montepremi da capogiro: il premio in palio era un corso per cooperanti sulla comunicazione non violenta tenutosi a Ohrid e a Roma. MAMMA, HO SPOSATO UN CANE! _Lo zar Nicola II con la sua famiglia: l’imperatrice Alessandra, il principe Alessio, e le principesse Tatiana, Anastasia, Olga, e Maria e i ventuno anni, delle due etnie che ancora faticano a convivere, soprattutto in Kosovo. Quest’ultimo si è dichiarato indipendente dalla Serbia in modo unilaterale nel febbraio 2008, dopo un lungo conflitto fra la maggioranza albanese e la minoranza serba. Tuttora, però, i 100mila serbi kosovari vivono perlopiù in zone separate da quelle abitate dai due milioni di albanesi kosovari: una situazione ereditata dalla Guerra di Iugoslavia che rischia sempre di degenerare in nuove tensioni. Ecco perché Filip Pavlovic, direttore della ong Fractal di Belgrado, ha pensato di affidarsi a un reality per raggiungere tutti gli strati della società con messaggi di riconciliazione. Dopo un training di teoria di superamento del conflitto, i ragazzi hanno compiuto azioni di solidarietà e giochi di squadra, come ripulire spiagge, realizzare un concerto con i rom e trovare un tesoro nascosto. Secondo Nenad Maksimovic, dell’Accademia non profit Americana per lo sviluppo dell’istruzione (Aed) che ha partecipato al progetto, lo scopo del gioco è «mostrare che i giovani serbi e albanesi sono alle prese con gli stessi problemi». E ha aggiunto: «Abbiamo voluto promuovere persone giovani, intelligenti, educate, libere e tolleranti, valori vitali per una comunità». Se non molto tempo fa Come in ogni matrimonio indù che si rispetti, i religiosi cantavano preghiere in sanscrito, gli invitati indossavano ghirlande ed era stato preparato un gustoso banchetto. Peccato che lo sposo fosse un bimbo di due anni e la sposa un cane. “Cose dell’altro mondo” che accadono ancora nelle aree tribali dell’India, e in questo caso nel villaggio di Patarpur, distretto di Jaipur. Il piccolo Sagula Munda è arrivato in risciò a casa del cucciolo Jyoti, mentre i monaci li benedicevano. A spiegare il motivo di questa bizzarra unione, almeno ai nostri occhi, è stato il padre del ragazzino: «Abbiamo dovuto proteggerlo dagli spiriti maligni e dalla sfortuna dopo che si era rotto un dente. Segno di malaugurio». Secondo l’uomo, «gli indigeni non solo nello Stato del Rajastan, ma anche in quelli vicini del Chhattisgarh e del Jharkhand, osservano tali pratiche per tenere lontani i fantasmi cattivi». Il padrone del ghirlandato Jyoti ha aggiunto che «questa cerimonia serve a ingraziarsi la dea locale. Nell’opera epica di Mahābhārata un cane aiutò i Pandavas a raggiungere il paradiso». Si tratta, quindi, solo di superstizione: «Come quando indossi un ciondolo o un talismano». 51