lavoro confine con la Svizzera

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lavoro confine con la Svizzera
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Diritto tributario italiano
Il regime tributario in Italia
dei redditi realizzati dai lavoratori frontalieri
Marta Passiu
Dottoressa in giurisprudenza
Praticante avvocato
in uno studio professionale
tributario in Milano
Verso un nuovo accordo tra Italia e Svizzera sulla tassazione dei frontalieri?
1.
Premessa
È notizia recente quella che riguarda la ripresa dei negoziati bilaterali tra Italia e Svizzera[1]. Infatti, durante un incontro avvenuto il 9 maggio 2012 tra il consigliere diplomatico del Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano e il segretario di
Stato del Dipartimento Federale delle Finanze svizzero, sono
state discusse alcune tematiche di natura finanziaria e fiscale
di primaria importanza, tra cui l’accesso ai mercati finanziari,
le black-lists esistenti, la revisione della Convenzione bilaterale
per evitare le doppie imposizioni. Soprattutto, è stato oggetto
di discussione l’accordo relativo all’imposizione dei lavoratori
frontalieri, il cui punto “dolente” è costituito attualmente dalla disparità di trattamento tra lo status di frontaliere (fiscale)
residente nella fascia compresa entro i 20 km dalla frontiera e
lo status di frontaliere (non fiscale) residente al di fuori di tale
fascia. Infatti i primi, come si dirà meglio più avanti, sono soggetti d’imposta, per quel che riguarda il loro reddito di lavoro
dipendente, solo nel territorio della Confederazione Elvetica,
mentre i secondi devono dichiarare il loro reddito anche in Italia. Inoltre, a fronte delle spese sostenute dai Comuni italiani di
confine a causa dei frontalieri che risiedono sul loro territorio,
ma esercitano la propria attività lavorativa in uno dei Cantoni
svizzeri confinanti con l’Italia, è previsto che questi ultimi versino ogni anno una parte del gettito fiscale proveniente dalla
imposizione delle remunerazioni dei frontalieri italiani (i cosiddetti “ristorni”).
Proprio a causa della decisione del Consiglio di Stato del Cantone Ticino di sospendere il 50% dei ristorni dovuti per l’anno
2011, presa, tra l’altro, per protestare contro le black-lists fiscali italiane in cui compare la Svizzera, il dialogo sulla necessità
di rivedere la Convenzione fiscale italo-svizzera aveva subìto
lo scorso anno una battuta d’arresto. A seguito del summit, il
blocco dei ristorni è stato revocato e sono ricominciate le trattative; un primo gruppo di lavoro tra i rappresentanti dei due
Stati si è riunito giovedì 24 maggio 2012.
2.
La nozione di lavoratore frontaliero
Vivere in un Paese e lavorare in un altro è la condizione di numerosi cittadini italiani che viaggiano quotidianamente per
prestare la propria attività lavorativa in zone di confine (Francia, Austria, Slovenia, San Marino e naturalmente Svizzera), o
limitrofe (Principato di Monaco), pur continuando a mantenere
la propria residenza entro i confini del territorio italiano. Ma
chi sono i lavoratori frontalieri, secondo la normativa vigente?
Non esiste, in verità, una nozione univoca, a livello europeo,
di lavoratore frontaliero. Tale concetto copre infatti realtà diverse, a seconda che si consideri l’accezione comunitaria o le
disposizioni contenute nelle varie convenzioni bilaterali contro
la doppia imposizione, valide per la determinazione del regime fiscale applicabile ai lavoratori frontalieri. In particolare,
la normativa comunitaria in materia di protezione sociale dei
lavoratori all’interno dell’UE definisce come frontaliero il lavoratore occupato sul territorio di uno Stato membro e residente
sul territorio di un altro Stato membro, dove torna quotidianamente o almeno una volta alla settimana[2]. Ai fini fiscali rilevano, invece, le convenzioni internazionali in materia di
doppia imposizione, ossia il Modello di Convenzione OCSE e gli
accordi bilaterali. Nei rapporti Italia-Svizzera ci si deve riferire
all’Accordo relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri ed
alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di
confine del 3 ottobre 1974, che è a sua volta parte integrante
della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera per evitare le doppie imposizioni.
Novità fiscali / n.06 / giugno 2012
Né nella Convenzione, né nell’Accordo, per la verità, è presente
un’esplicita definizione di lavoratore frontaliero. Tuttavia nel
secondo si fa riferimento ai Cantoni svizzeri dei Grigioni, del
Ticino e del Vallese e ai Comuni italiani di confine come ai diretti interessati dell’Accordo stesso, soprattutto per quel che
concerne la compensazione finanziaria accordata a questi ultimi (i ristorni a cui si accennava in apertura). Da ciò è invalsa
la prassi di considerare come frontalieri ai fini fiscali soltanto i
lavoratori che prestano attività di lavoro dipendente in uno dei
suddetti Cantoni confinanti con l’Italia e che siano residenti
in un Comune italiano compreso in una fascia di circa 20 km
dalla frontiera.
liero riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili
soltanto nello Stato in cui tale attività è svolta”, prescrive una regola differente per i lavoratori frontalieri, rispetto a quella del
Modello OCSE.
La regola della imponibilità esclusivamente nel Paese di produzione del reddito (la Svizzera) vige, naturalmente, solo per i
lavoratori contemplati dall’Accordo del 1974, ossia quei lavoratori che risiedono in uno dei Comuni italiani compresi nella
fascia dei 20 km dal confine svizzero, a favore dei quali l’Accordo prevede una compensazione finanziaria nella misura del
40% (poi sceso al 38.8%) dell’ammontare lordo delle imposte
pagate in Svizzera dai cittadini italiani.
Per tutti gli altri lavoratori vige la regola generale contenuta
nel Modello OCSE e nella Convenzione italo-svizzera, per cui
sono soggetti alla legislazione fiscale in entrambi i Paesi.
4.
La normativa italiana
Per ciò che concerne l’imposizione dei redditi da lavoro prodotti all’estero da una persona fisica residente in Italia, la normativa cui attualmente fare riferimento è la seguente:
◆
3.
Il Modello OCSE e la Convenzione italo-svizzera
L’articolo 15, comma 1 del Modello di Convenzione OCSE
prevede, come regola generale per i redditi di lavoro dipendente, l’imposizione nello Stato del luogo di lavoro, indipendentemente dal Paese di residenza del lavoratore. Tale norma tuttavia non preclude l’eventuale tassazione nello Stato di
residenza del lavoratore, potendosi pervenire all’eliminazione
della doppia imposizione attraverso due strade: l’esenzione
(articolo 23A del Modello di Convenzione OCSE) o il credito
d’imposta (articolo 23B). Il primo metodo consiste nell’escludere dalla base imponibile del Paese di residenza i redditi già
tassati nel Paese in cui il reddito è prodotto. Il secondo metodo, invece, permette allo Stato di residenza di considerare nel
calcolo della base imponibile anche i redditi prodotti all’estero.
Per questi, però, dovrà concedere al contribuente un credito
d’imposta, ossia una detrazione dalle proprie imposte dell’imposta pagata nell’altro Stato.
◆
La Convenzione tra Italia e Svizzera contro le doppie imposizioni, firmata a Roma il 9 marzo 1976 e ratificata con Legge
23 dicembre 1978, n. 943 in sostanza si conforma al Modello
OCSE. Tuttavia, a differenza di questo, introduce la categoria
dei lavoratori frontalieri, per la cui disciplina rimanda interamente all’ “Accordo tra l’Italia e la Svizzera relativo alla imposizione
dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore
dei Comuni italiani di confine” del 3 ottobre 1974; quest’ultimo,
nel suo articolo 1, stabilendo che “i salari, gli stipendi e gli altri
elementi facenti parte della remunerazione che un lavoratore fronta-
◆
innanzitutto, l’articolo 3 del Decreto del Presidente della
Repubblica (di seguito D.P.R.) del 22 dicembre 1986, n. 917
(Testo Unico delle Imposte sui Redditi, di seguito TUIR),
stabilisce che l’imposta sul reddito delle persone fisiche
(IRPEF) “si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato
per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili […]” (cosiddetta imposizione “mondiale”);
l’imponibile dei redditi da lavoro dipendente prodotti
all’estero è determinato mediante gli speciali criteri di cui
all’articolo 51 comma 8-bis del TUIR. Quest’ultimo prevede che “in deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 8, il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e
come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco
di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni
convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale di cui all’articolo 4, comma
1, del decreto 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 ottobre 1987, n. 398”. Come chiarito dalla
Circolare Ministeriale n. 207/E del 16 novembre 2000, tale
disposizione non si applica quando il contribuente presta la
propria attività lavorativa in uno Stato con il quale l’Italia ha
stipulato un accordo per evitare le doppie imposizioni e lo
stesso preveda per il reddito di lavoro dipendente la tassazione esclusivamente nel Paese estero, poiché la disciplina
convenzionale prevale sulle disposizioni fiscali interne;
in ottemperanza agli accordi internazionali volti ad evitare la doppia imposizione del reddito, l’articolo 165 del
TUIR accorda un credito d’imposta ai contribuenti italiani
che siano anche soggetti d’imposta in un altro Stato, stabilendo che le imposte pagate all’estero a titolo definitivo
sono ammesse in detrazione dell’imposta netta dovuta in
Italia. A tali fini, le imposte pagate all’estero sono considerate definitive se non sono suscettibili di modificazione a
favore del contribuente[3]. Inoltre, occorrerà conservare la
documentazione dalla quale risultino l’ammontare del red-
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dito prodotto all’estero e le imposte pagate in via definitiva,
da esibire o trasmettere a richiesta dell’Amministrazione
Finanziaria;
infine, i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato,
in via continuativa e come oggetto unitario del rapporto,
all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da
soggetti residenti in Italia concorrono a formare il reddito
complessivo per l’importo eccedente 6’700 euro, secondo
quanto stabilito dal cosiddetto Decreto Milleproroghe[4] ,
che ha ridotto il limite della franchigia per l’anno 2012, prima fissato a 8’000 euro.
5.
Conclusioni
In sintesi, da quanto sopra enunciato si ricava il seguente
quadro:
◆
◆
i lavoratori frontalieri residenti in uno dei Comuni italiani ricompresi entro la fascia di 20 km dalla frontiera svizzera,
aventi un contratto di lavoro subordinato in uno dei Cantoni svizzeri al confine con l’Italia (Grigioni, Ticino, Vallese),
e che ritornano quotidianamente o almeno una volta alla
settimana nel proprio Comune di residenza, sono tassati, in
relazione al loro reddito di lavoro dipendente, soltanto nel
Paese di produzione del reddito, ossia in Svizzera. Tale reddito non è soggetto a dichiarazione in Italia;
i lavoratori frontalieri che risiedono in un Comune italiano
fuori dalla fascia di confine e che prestano attività di lavoro
dipendente, in via continuativa e come oggetto unitario del
rapporto, in territori di frontiera e per un periodo superiore
a 183 giorni, devono invece dichiarare il reddito prodotto
all’estero, per l’importo superiore alla franchigia di 6’700
euro, anche in Italia. Tali soggetti godono inoltre di un credito d’imposta pari all’ammontare dell’imposta pagata
all’estero, per la parte del reddito ricevuto che sconti imposizione in Italia ed abbia scontato imposizione all’estero.
[1] Si veda il Comunicato Stampa n. 58 del 9 maggio 2012, disponibile sul sito internet del Ministero del Tesoro, in: http://www.tesoro.it/ufficiostampa/comunicati/?idc=29596 [26.06.2012].
[2] Si veda l’articolo 1, lettera b, del Regolamento
n. 1408/71/CEE.
[3] Si veda la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n.
50 del 12 giugno 2002.
[4] Si veda l’articolo 16-sexies del Decreto Legge n.
216 del 29 dicembre 2011, convertito con la Legge
n. 14/2012.
Elenco delle fonti fotografiche:
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http://www.infoinsubria.com/wp-content/uploads/2011/09/717px-Palazzo_Montecitorio_Rom_2009.jpg [26.06.2012]