Due parole su Expo 2015 e sul nostro progetto

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Due parole su Expo 2015 e sul nostro progetto
Due parole su Expo 2015 e sul nostro progetto
L'anno prossimo a Milano si terrà l'Esposizione Universale, che
avrà come tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Dal 1°
maggio al 31 ottobre 2015, 1000 mq di spazio ospiteranno 130
Paesi e accoglieranno 20 milioni di visitatori (come si prevede).
Questa manifestazione avrà come tema l'alimentazione e parlerà di
nuove tecniche di agricoltura e di cibo inteso come tradizione e
cultura di un territorio.
Anche noi alunni della classe quinta della Scuola Primaria di
Cervesina vogliamo comunicarvi l'importanza del cibo e del legame
che esso ha con la terra e con le tradizioni, parlandovi della Cena
delle Sette Cene, che un tempo si festeggiava pochi giorni prima del
Natale.
Vi invitiamo non solo a leggere i nostri testi, ma anche a provare le
nostre ricette, per far rivivere e gustare i piatti antichi dell'Oltrepò
Pavese.
Foody, la mascotte di Expo 2015
Il cibo è tradizione: la Cena delle Sette Cene
Due giorni prima di Natale, la sera del 23 Dicembre, i nostri nonni
e bisnonni (ma speriamo che qualcuno lo faccia anche ora) si
riunivano con la famiglia a tavola per onorare l’arrivo del Natale
con la Cena delle Sette Cene. Il nome deriva dal fatto che le portate
dovevano essere sette, né una in più, né una in meno. Perché sette?
Gli studiosi della tradizione dicono che questo è un numero
simbolico: sette sono i peccati capitali, sette i colori dell’arcobaleno,
sette i giorni della settimana, sette i giorni della Creazione. Ma
quali sono i piatti che venivano serviti? Scopriamolo insieme.
Il pane, cibo sacro
Al centro della tavola, la sera dell’Antivigilia, non poteva mancare
il pane - la tradizionale micca - impastata in casa o nel forno del
paese. Prima della lievitazione si tracciava sulla superficie una
croce con il coltello, quasi a simboleggiare che era un cibo sacro. Era
uso tenerne da parte un pezzetto che veniva conservato fino al 17
Gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate protettore degli animali.
Allora il pane veniva benedetto e usato durante l’anno per curare gli
animali malati.
La “micca”, pane tradizionale dell’Oltrepò
Il cibo è territorio
Gli antipasti: dai peperoni di Voghera agli “stricco’” del Po
La Cena delle Sette Cene si apriva con un piatto tipico dell’Oltrepò
Pavese: l’insalata di bietole rosse e peperoni di Voghera, che le
donne avevano coltivato nell’orto durante l’estate e conservato in
grosse damigiane di vetro con sale e aceto. I più golosi potevano, in
alternativa, comprare al mercato di Voghera, un pezzo di anguilla
marinata o accontentarsi (si fa per dire) degli “stricc” in carpione,
cioè le alborelle pescate nel Po, infarinate e messe sotto aceto con
alloro e altri aromi. Più semplice ma molto tradizionale era il
tortino di zucca, preparato con la zucca dell’orto, la cipolla, l’olio,
il sale, il parmigiano e il pane grattugiato. Il suo colore ricordava
il sole e richiamava le feste pagane dedicate al solstizio invernale
che il Natale aveva, nel corso dei secoli, sostituito. Al suo posto si
preparavano le cipolle ripiene, i cui ingredienti erano la polpa di
zucca, il pane grattugiato, le mandorle e il parmigiano.
L’alborella, un tempo molto diffusa nelle acque del Po
I primi: minestra di verdure e tagliatelle ai funghi chiodini
Uno dei primi tradizionali era la minestra di verdure preparata con
brodo di carne con gli “occhi”, cioè con macchie di grasso
galleggianti, con legumi secchi, con lardo battuto sul tagliere e con
un trito d’aglio e cipolla. L’aglio e le cipolle erano presenti in molti
piatti della Cena delle Sette Cene: si pensava che scacciassero gli
spiriti maligni. In alternativa si servivano le tagliatelle fatte in
casa condite con sugo di funghi chiodini raccolti sulle rive del Po,
infilati in una cordicella e essiccati al calore della stufa. Le
tagliatelle erano fatte in casa e dovevano essere piuttosto larghe per
ricordare le fasce dove era avvolto il Bambino. Oggi, che di tempo
per fare la pasta ce n’è poco, questo piatto si può preparare con le
Reginette.
I chiodini, di cui ancora oggi sono ricchi i nostri boschi in autunno
Secondi e contorni: baccalà e insalata
di verze dell’orto
Come secondo non mancava il merluzzo cucinato con uvetta e
cipolle. Per prepararlo si usava il baccalà salato, un ingrediente
molto amato nella cucina tradizionale italiana, che veniva tagliato
a pezzi e messo a mollo perché perdesse il sale. Come contorno si
poteva servire un pinzimonio o un’insalata di verza dell’orto.
Il baccalà
E per finire… dolci, frutta di stagione e mostarda
La frutta che veniva servita a fine cena era quella di stagione,
soprattutto i cachi e le pere, magari cotte insieme alle castagne nel
vino rosso aromatizzato con cannella e chiodi di garofano. Non
mancava quasi mai la mostarda (rigorosamente della ditta
Barbieri di Voghera), servita con la crescenza. La storia narra che
nel 1397 il duca Gian Galeazzo Visconti inviò una lettera al
Podestà di Voghera per chiedere uno “zebro” di frutta candita
senapata per accompagnare le carni della sua tavola. Questa
lettera testimonierebbe che la mostarda di Voghera, fatta con zucca
bianca, prugne, pere, fichi, ciliegie e albicocche, zucchero e senape, è
molto antica. Grazie alla famiglia Barbieri questa ricetta
sopravvive e viene prodotta ancora oggi. Qualcuno preparava anche
il croccante, il tipico dolce a base di zucchero e mandorle, se il
portafoglio lo permetteva. I più poveri dovevano accontentarsi di
sostituire queste con le “finte” mandorle contenute dentro i noccioli
delle albicocche raccolte in estate.
Mostarda e crescenza
Il cibo, regalo prezioso
Tanto tempo fa, quando i nostri nonni e bisnonni erano piccoli, il
Natale era festeggiato in modo diverso da oggi. I bambini e le loro
famiglie erano più poveri e i piccoli non ricevevano in regalo giochi,
ma mandarini, caramelle, frutta secca e torroncini. I più fortunati
qualche libro, come “Pinocchio”, “Cenerentola”, “Cuore”. Anche gli
adulti facevano regali, non tanto ai familiari, quanto alle persone
di cui avevano bisogno durante l’anno, come il medico, l’ostetrica,
l’insegnante o i proprietari terrieri. Però non si regalavano, come
adesso, vassoi, tazzine, set di coltelli o gadget tecnologici. Si
donavano torte fatte in casa, come la “torta al vento” o conserve
preparate con pomodori e frutta dell’orto. Nelle campagne i regali
più comuni erano i prodotti dell’agricoltura, per esempio patate,
cipolle e uva. Mi hanno raccontato che il mio bisnonno quando
andava nella vigna coglieva i grappoli più belli e li metteva in
cassette di legno che riponeva in un ambiente asciutto, per poi
regalarli. Si donavano anche insaccati, salami, coppe e pancette del
proprio maiale, e polli o tacchini nostrani. Scusatemi, ma ritorno un
attimo indietro. I bambini mettevano le scarpe e le ciabatte davanti
al camino, in modo che Gesù Bambino mettesse all’interno piccoli
pacchi regalo, perché un tempo si faceva il presepe e non era
diffusa la tradizione dell’albero. Io conosco meglio le usanze dei
paesini, però vi do qualche informazione sulla città. I cittadini
regalavano insaccati, vini e torte comprati, o un vaso di mostarda.
Ah… dimenticavo… nelle nostre campagne si usava regalare ai
bambini un dolce chiamato “büséla”: lo scoprirete dopo.
Il salame nostrano
Le sette ricette interpretate da noi
Insalata di bietole rosse e peperoni di Voghera
Mettere in un'insalatiera i peperoni lavati, asciugati e
tagliati a quadrati e le bietole cotte a fette. Condire con
pezzetti di acciuga ben lavati, 2-3 cucchiai d'olio, aceto, uno
spicchio d'aglio tritato insieme a un ciuffo di prezzemolo.
Mescolare bene e servire.
Tortino di zucca
In una ciotola amalgamare la zucca cotta e ridotta in purea
con un po' di cipolla soffritta in poco olio, un pizzico di sale
e il parmigiano. Versare il composto in una teglia a bordo
basso, imburrata e distenderla bene. Spolverizzare la
superficie con pane grattugiato e parmigiano. Infornare a
180 C° finché non è gratinata.
Reginette con chiodini secchi
Soffriggere in poco olio aglio e cipolla tritati, quindi unire i
chiodini ammollati precedentemente in acqua. Mescolare e
aggiungere la passata di pomodoro e una foglia di alloro,
che poi leverete. Lasciare cuocere a fuoco basso per 10 minuti
e spolverizzare con prezzemolo tritato. Condire le Reginette.
Merluzzo con l'uvetta
Rosolare in una casseruola con sufficiente olio il merluzzo
ammollato tagliato a pezzi e leggermente infarinato. Togliere
quindi i pezzi e disporli in una teglia da forno. Affettare le
cipolle, metterle nella casseruola usata e portare a cottura
con qualche mestolo di brodo. Unire l'uvetta ammollata e
strizzata. Mescolare e fare assorbire il liquido. Bagnare con
aceto e spolverizzare con lo zucchero. Quando l'aceto sarà
evaporato, versare sul merluzzo, quindi passare in forno
caldo a 200 C° per 30 minuti circa. Servire con medaglioni di
polenta.
Insalata di verza e cavolo cappuccio dell'orto
Tagliare a listarelle sottilissime la verza e il cavolo
cappuccio. Condire con un paio di acciughe bel lavate e
rosolate in qualche cucchiaio d'olio.
Pere con le castagne
Dopo aver lavato le pere e le castagne, metterle in una
pentola a bordi alti e aggiungere i chiodi di garofano,
qualche pezzetto di stecca di cannella e lo zucchero. Coprire
con una miscela di acqua e vino rosso in proporzione uno a
uno. Portare a cottura. Scolare la frutta e rimettere la
pentola sul fuoco per ridurre il liquido di cottura. Lo
sciroppo denso ottenuto servirà per ricoprire la macedonia
cotta, prima di servirla.
La Büsela
Anche se non veniva servita durante questa cena, vogliamo
parlarvi di un dolce delle feste, che i bambini ricevevano in
dono a Natale: la büsela. Era preparato dalle donne e i suoi
ingredienti erano: farina, uova, latte, un pizzico di sale,
burro o strutto. In alternativa si usava la pasta del pane
avanzata che veniva dolcificata e arricchita con lo strutto.
Aveva la forma di una bambina o di un bambino che di solito
aveva le braccia conserte. Era decorata con chiodi di garofano
o uvetta per gli occhi e scorza d'arancia per la bocca e il
naso. Per fare il vestito si utilizzava il cacao che veniva
mescolato con l'impasto per ottenere il colore marrone. La
büsela veniva cotta insieme alle micche nel forno del paese.
L'usanza dice che alla büsela doveva essere “spezzato il
collo” il giorno di Santo Stefano. Se le ragazze o i ragazzi
non glielo spezzavano, si diceva che non si sarebbero sposati.
Questo dolce non veniva mai tagliati con il coltello, ma si
ottenevano pezzetti passandolo di mano in mano.
Buon appetito e viva il cibo
della nostra tradizione!