Massimario-07-1 - Ordine Commercialisti Salerno
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Massimario-07-1 - Ordine Commercialisti Salerno
GIURISPRUDENZA T R I B U TA R I A S A L E R N I TA N A EDITO DALL’ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI DI SALERNO 1/07 Sped. in a. p. art. 2 comma 20/C Legge Legge 662/96 - Filiale di Salerno - Anno XIII - Copia omaggio SOMMARIO NOTE, ARTICOLI E COMMENTI Acquisto della qualifica di esportatore abituale, nota a Commissione Tributaria Regionale di Napoli, Sez. IX, 22 marzo 2006, n. 328 - Aniello Ruggiero pag. 13 L’omessa relazione di notificazione e la mancanza di sottoscrizione del notificatore determinano l’inesistenza giuridica della notifica, nota a Commissione Tributaria Provinciale Salerno, Sez. VI, 4 ottobre 2006, n. 303 - Luca De Rosa ” 27 Misure cautelari propedeutiche all’espropriazione forzata: condizioni di impugnabilità ed applicabilità, nota a Commissione Tributaria Provinciale Salerno, Sez. XVIII, 30 ottobre 2006, n. 281 - Luciana Capo Fruscione ” 49 Al tardivo versamento delle accise sul consumo di gas metano è applicabile l’autonomo regime sanzionatorio speciale, nota a Commissione Tributaria Provinciale Salerno, Sez. XVI, 9 maggio 2006, n. 482 ” 62 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI IMPOSTA REGIONALE SULLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE Imposta regionale sulle attività produttive – Attività di accertamento e riscossione - Competenza territoriale – E’ dell’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 25 del D.Lgs. n. 446/1997 – Carenza di legittimazione passiva della Regione – Consegue. Imposta regionale sulle attività produttive – Esercenti arti e professioni - Soggettività passiva – Requisiti – Autonoma organizzazione dell’attività – Si realizza quando i mezzi utilizzati sono tali da generare autonomamente valore – Istanza di rimborso dell’imposta versata – Onere della prova della non debenza del tributo – Grava sull’istante. pag. 7 ” 7 IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE GIURIDICHE Tributi erariali diretti ed indiretti – Imposta sul reddito delle persone giuridiche – Imposta sul valore aggiunto – Accertamento – Documentata e contestata attività di concreta ingerenza dell’amministratore di fatto nella gestione dell’ente societario – Contestuale irrogazione delle sanzioni in capo all’autore delle violazioni e quale organo amministrativo di fatto – Legittimità – Utilizzo strumentale dell’interposto schermo societario da parte dell’autore delle violazioni – Invocata applicabilità dell’esimente di cui all’art. 7 del D.L. 30/9/2003 n. 269 conv. in L. 24/11/2003 n. 326 – Esclusione. 1 ” 63 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO Imposta sul valore aggiunto – Acquisti in sospensione d’imposta nei limiti del c.d. plafond – Condizioni – Acquisto dello status di esportatore abituale – Modalità – Cessioni all’esportazione superiori al 10% del volume di affari – Sufficienza – Utilizzo del plafond mobile o del plafond fisso – Necessità di comunicazione all’Ufficio – Esclusione. con nota di Aniello Ruggiero pag. 11 ACCISE Tributi erariali indiretti – Accise – Art. 20, D.L. n. 331/93 conv. in L. n. 427/93 – Esenzione dal pagamento del tributo per gli acquisti di carburanti destinati ad attività aeronautiche non da diporto – Acquisti di carburanti destinati all’attività “HEMS” (servizio “118”) – Esenzione – Spetta – Acquisto di carburante non defiscalizzato e successiva istanza di rimborso dell’imposta pagata – Procedura prevista al punto 3 della circolare 121/D del 21/4/95 – Mancato rispetto da parte del contribuente – Ininfluenza ai fini del beneficio concesso. ” 21 ” 15 ” 18 TRIBUTI LOCALI Tributi minori – Contributi consortili – Presupposto impositivo – Beneficio specifico e diretto dell’immobile ricadente nel perimetro consortile – Necessità – Dimostrazione – Spetta al Consorzio in presenza di contestazione del contribuente – Utente tenuto al pagamento della tariffa per il servizio di pubblica fognatura – Resta obbligato al solo c.d. beneficio idrogeologico. IMPOSTE E TASSE AGEVOLAZIONI Agevolazioni tributarie – Credito di imposta – Investimenti nelle aree svantaggiate ex art. 8 legge n. 388/2000 – Art. 62, comma 1, L. n. 289/2002 – Necessità di proposizione di istanza telematica (c.d. Mod. CVS) a pena di decadenza del beneficio – Omessa presentazione – Effetti. 2 CONTENZIOSO Procedimento e processo – Estratto del ruolo rilasciato dal Concessionario della riscossione su richiesta del contribuente – Ha valenza meramente interna – Impugnazione dinanzi alle Commissioni Tributarie – Inammissibilità – Consegue. ” 24 Procedimento e processo – Notificazioni – Atti impositivi – Cartella di pagamento – Omessa compilazione della relata di notifica – Assenza di sottoscrizione da parte del soggetto notificatore – Inesistenza giuridica della notificazione – Sussiste – Sanabilità ex art. 156, comma 3, del codice di procedura civile – Esclusione. con nota della Redazione e con nota di Luca De Rosa pag. 26 Procedimento e processo – Prelievo supplementare latte di cui alla legge n. 468/1992 – Natura di tributo – Non sussiste – Giurisdizione delle Commissioni tributarie – Esclusione. ” 30 Procedimento e processo – Autotutela amministrativa – Natura – Provvedimento di dinego dell’annullamento – Impugnazione – Giurisdizione delle Commissioni tributarie – Sussiste – Oggetto della giurisdizione – E’ limitato all’esame formale e alla correttezza nella formazione del provvedimento impugnato – Effetti della pronuncia – Non possono estendersi alla valutazione circa la legittimità della pretesa tributaria. ” 35 Notificazione della cartella di pagamento – Art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 – Natura del termine – Conseguenze. ” 43 Procedimento e processo – Atti impugnabili – Impugnativa dell’atto di iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. n. 602/1973 quale misura cautelare – Giurisdizione del Giudice ordinario ante art. 35 del D.L. n. 223/2006 conv. in Legge n. 248/2006 – Sussisteva – Giurisdizione del Giudice tributario in seguito all’entrata in vigore dell’art. 35 del D.L. n. 223/2006 conv. in Legge n. 248/2006 – Sussiste – Sopravvenuto mutamento legislativo posteriore all’introduzione della domanda – Ius superveniens che attribuisce al Giudice tributario adito competenza giurisdizionale su materia che egli non aveva all’epoca dell’introduzione della domanda – Giurisdizione - Spetta al Giudice tributario. ” 46 Imposte e tasse – Riscossione – Definizione dei ritardati ed omessi versamenti ex art. 9-bis della legge n. 289/2002 – Mancato pagamento delle rate successive alla prima – Persistente validità del condono – Sussiste – Iscrizione a ruolo ex art. 14 del D.P.R. n. 602/1973 – Legittimità. ” 55 Condono tributario – Condono “liti potenziali”, ex art. 15 legge 27 dicembre 2002 n. 289 – Definizione di p.v. di constatazione – Redazione della domanda su modello non conforme e errata quantificazione dell’importo dovuto – Errore scusabile – Sussiste – Successiva regolarizzazione dei vizi riscontrati – Inefficacia della definizione agevolata – Non sussiste. ” 57 CONDONO TRIBUTARIO 3 RISCOSSIONE Riscossione – Riscossione dei tributi erariali diretti ed indiretti – Liquidazione delle imposte ex artt. 36 bis D.P.R. n. 600/73 e 54 bis D.P.R. n. 633/72 – Termini previsti a pena di decadenza dalla L. 31 luglio 2005 n. 156 – Disciplina transitoria di cui all’art. 1, comma 5 bis, lett. b) L. 156/2005 – Applicazione alle liquidazioni operate prima dell’entrata in vigore della legge – Applicabilità. ” 39 Riscossione – Riscossione dei tributi locali – Imposta comunale sugli immobili – Avvisi di liquidazione previamente notificati e non opposti – Successiva Iscrizione a ruolo – Termini di decadenza ex art. 17 D.P.R. n. 602/1973 – Inapplicabilità – Termini di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 504/92 – Applicabilità. pag. 43 Riscossione – Riscossione forzata – Atto di iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. n. 602/1973 – Termini di decadenza ex art. 50 del D.P.R. 602/1973 – Inapplicabilità. con nota di Luciana Capo Fruscione ” 46 Riscossione – Riscossione delle imposte dirette e indirette – Liquidazione della dichiarazione modello Unico – Maggiori imposte non versate – Invio di invito bonario al pagamento ex artt. 54 e 60, comma 6, D.P.R. n. 633/72 e art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 462/97 – Necessità – Omissione – Nullità della successiva cartella di pagamento – Consegue. ” 53 Imposte e tasse – Riscossione – Definizione dei ritardati ed omessi versamenti ex art. 9-bis della legge n. 289/2002 – Mancato pagamento delle rate successive alla prima – Persistente validità del condono – Sussiste – Iscrizione a ruolo ex art. 14 del D.P.R. n. 602/1973 – Legittimità. ” 55 ” 60 SANZIONI Accise – Contestato tardivo versamento dell’imposta sul consumo del gas metano – Circostanza disciplinata da pluralità di sanzioni amministrative – Ricorso al principio di specialità ex art. 15 c.p. – Applicabilità - Regime sanzionatorio di cui ai DD.Lgs. nn. 471/1997, 472/97 e 473/97 – Inapplicabilità – Regime sanzionatorio di cui aI D.Lgs. n. 504/1992 – Applicabilità in ragione del principio di specialità ex art. 9 Legge n. 689/1981 – Consegue. 4 INDICE CRONOLOGICO Commissione tributaria regionale di Napoli, Sezione Staccata di Salerno, Sez. IX, 22 marzo 2006, n. 328 pag. 11 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVI, 9 maggio 2006, n. 482 ” 60 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XIV, 17 luglio 2006, n. 422 ” 15 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 292 ” 39 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 298 ” 24 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 305 ” 24 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XV, 6 settembre 2006, n. 190 ” 43 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVIII, 3 ottobre 2006, n. 194 ” 63 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. VI, 4 ottobre 2006, n. 303 ” 26 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVIII, 16 ottobre 2006, n. 224 ” 57 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVIII, 30 ottobre 2006, n. 281 ” 46 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. IV, 7 novembre 2006, n. 289 ” 21 Commissione tributaria regionale di Napoli, Sez. Staccata di Salerno, Sez. IX, 8 novembre 2006, n. 163 ” 53 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XV, 8 novembre 2006, n. 292 ” 18 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVI, 15 novembre 2006, n. 265 ” 30 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XIV, 16 novembre 2006, n. 122 ” 7 Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVIII, 23 novembre 2006, n. 231 ” 35 5 Imposta sulle attività produttive IL CONCETTO DI AUTONOMA ORGANIZZAZIONE AI FINI IRAP Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XIV, 16 novembre 2006, n. 122 Pres. Del Grosso – Rel. Minichini I) Irap – Attività di accertamento e riscossione - Competenza territoriale – E’ dell’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 25 del D.Lgs. n. 446/1997 – Carenza di legittimazione passiva della Regione – Consegue II) Irap – Esercenti arti e professioni - Soggettività passiva – Requisiti – Autonoma organizzazione dell’attività – Si realizza quando i mezzi utilizzati sono tali da generare autonomamente valore – Istanza di rimborso dell’imposta versata – Onere della prova della non debenza del tributo – Grava sull’istante I) Ai sensi dell’art. 25 del D. Lgs. n. 446/1997, per le attività di rettifica delle dichiarazioni, di accertamento e di riscossione ai fini Irap, nonché per il relativo contenzioso, si applicano le norme in materie di imposte dirette. Pertanto, competente a provvedere sulle istanze di rimborso del tributo è l’Agenzia delle Entrate territorialmente competente in base al domicilio fiscale del contribuente e non la Regione; analogo criterio vige per la determinazione della competenza territoriale della Commissione da adire per decidere la relativa controversia giudiziaria. II) Ai fini del riconoscimento della soggettività passiva in capo ai soggetti esercenti arti e professioni, deve ritenersi sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione quan- do gli strumenti materiali e personali utilizzati dal professionista siano capaci di generare autonomamente valore, senza che sia indispensabile la presenza e l’operatività del lavoratore autonomo. Nell’ipotesi di istanza di rimborso del tributo corrisposto, è onere del contribuente fornire la prova, in sede processuale, dell’esclusione dall’imposizione Irap. Svolgimento del processo Con ricorso notificato il 4 e 5 agosto 2005 rispettivamente all’Agenzia delle Entrate di Salerno ed alla Regione Campania, depositato il 30 successivo, la signora T. A., esercente la professione di avvocato, ha impugnato il silenzio dell’Amministrazione formatosi sulla sua domanda di rimborso dell’Irap versata per gli anni 2002, 2003 e 2004. La ricorrente basa la sua pretesa sul rilievo secondo cui l’attività professionale svolta manca del minimum d’organizzazione che secondo la sua prospettazione, costituirebbe il presupposto imponibile, ed afferma che per l’esercizio della professione dispone della sola autovettura e del telefono cellulare e che la sua assenza dall’attività impedirebbe lo svolgimento della stessa. L’Agenzia delle Entrate si è costituita in giudizio con la memoria depositata il 31/10/2005, con la quale ha controdedotto chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza. La Regione Campania, costituitasi in giudizio, con la memoria depositata in data 11/11/2005, ha sollevato eccezioni in rito e, nel merito, ha controdedotto chiedendo il rigetto del ricorso. 7 Motivi della decisione 8 In via preliminare vanno esaminate le eccezioni in rito della Regione, d’incompetenza territoriale della Commissione adita, d’inammissibilità del ricorso per mancato inoltro della domanda di rimborso all’Agenzia delle Entrate (s’intende di Salerno) che viene indicata come competente in materia, nonché di carenza legittimazione passiva della Regione perché, ancora, non sarebbe essa competente a provvedere sulla domanda di rimborso, ma l’Agenzia delle Entrate. Con discorso più diffuso, con la prima eccezione si sostiene che in materia è competente la Commissione tributaria di Napoli e non di Salerno, e ciò perché in Napoli ha sede la Regione; con la seconda eccezione si rileva l’inammissibilità del ricorso, affermandosi che il ricorrente ha inoltrato la domanda di rimborso alla sola Regione ed assumendosi che il rimborso è di competenza dell’Agenzia delle Entrate (di Salerno); e con la terza eccezione si prospetta la carenza di legittimazione passiva della Regione rilevandosi ancora che non è la Regione l’organo deputato a provvedere sulle istanze di rimborso, ma l’Agenzia delle Entrate (di Salerno). In altri termini, ed in buona sostanza, si sostiene che competente a provvedere sulle istanze di rimborso è l’Agenzia delle Entrate territorialmente competente in base al domicilio fiscale del contribuente e non la Regione, e che la sede di questa, poi, ed invece, sarebbe il luogo da tenere in conto ai fini della competenza territoriale (inderogabile e rilevabile d’ufficio) della Commissione tributaria, con la conseguenza che, nel caso in esame, competente a provvedere sull’istanza di rimborso sarebbe l’Agenzia delle Entrate di Salerno e territorialmente competente a decidere la relativa controversia giudiziaria sarebbe la Commissione tributaria provinciale di Napoli. Le prime due eccezioni sono infondate; la terza è fondata e comporta l’estromissione dal giudizio della Regione. Premesso, in fatto, che, contrariamente da quanto si afferma dalla Regione, la ricorrente, come risulta ex actis, ha inoltrato l’istanza di rimborso non alla sola Regione, ma anche all’Agenzia delle Entrate, si reputa che la soluzione delle questioni richiede il richiamo alla legislazione in materia. L’art. 10 del D.Lgs. n. 546/1992, recante le disposizioni sul processo tributario, indica che parte necessaria del processo è l’Ufficio (o il soggetto) che ha emanato l’atto impugnato e, per quanto qui direttamente interessa, nei casi di silenzio-rifiuto a provvedere, l’Ufficio che non ha emanato l’atto richiesto (dal contribuente). Occorre allora individuare l’organo a cui compete, nel caso in esame, di provvedere sull’istanza di rimborso del tributo versato. Al riguardo è necessario richiamare che: a) l’art. 24 comma 1 del D.Lgs. n. 446/1997, concernente l’istituzione dell’I.R.A.P., prevede che le regioni a statuto ordinario possono disciplinare le procedure applicative dell’imposta e che all’ente regionale è attribuita la competenza in materia di accertamento del tributo); b) che l’art. 25 comma 3 (norma transitoria) del medesimo D.Lgs. stabilisce che sino a quando "non hanno effetto" le leggi previste dal precedente art. 24, per le attività di rettifica delle dichiarazioni, di accertamento, di riscossione e per il relativo contenzioso si applicano le norme in materia d’imposte dirette, con ciò indicandosi, dunque, la competenza delle Agenzie delle Entrate; c) l’art. 2 della legge regionale n. 3/2003 dispone che a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2001 le attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione dell’imposta, nonché i rimborsi ed il contenzioso sono dì competenza della Regione; d) come risulta dalle chiare, inequivocabili, determinate e decisive dichiarazioni ed affermazioni della Regione, la disciplina legislativa regionale "non ha avuto ancora attuazione, sicché permane, allo stato, la competenza degli uffici periferici del Ministero dell’Economia e delle Finanze". Osserva allora la Commissione che il chiaro dettato della norma transitoria di cui all’art. 25 D.Lgs. n. 446/1997 ha disposto che per tutte le attività in materia di gestione dell’imposta de qua, in esse incluso il contenzioso, competono all’Agenzia delle Entrate sino a quando le leggi regionali "non hanno effetto", significandosi ed indicandosi precisamente con siffatta precisa formula letterale ("non hanno effetto") che non la mera emanazione della legislazione regionale è fonte del trapasso dalla disciplina transitoria a quella definitiva regionale, ma che, invece, la concreta attuazione ed operatività di quest’ultima reca con sé il detto trapasso, evento questo che, come è stato chiarito, per esplicita affermazione della Regione, non si è verificato ancora. Ne consegue allora che è corretta la prospettazione della Regione relativa alla sussistenza, ancora ed allo stato, della competenza dell’Agenzia delle Entrate a provvedere sulle istanze di rimborso del tributo in questione; non è corretto invece reputare che il sistema delineato cambi direzione al solo riguardo del processo tributario a proposito della relativa competenza territoriale, ostando a ciò la medesima legislazione innanzi richiamata che, come si è visto, chiaramente associa e rende paralleli la gestione dell’imposta (accertamento, rimborso ecc.) ed il relativo contenzioso giudiziario. E, dunque, alla stregua delle osservazioni svolte, va affermata la sussistenza della competenza territoriale di questa Commissione; va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per carenza del presupposto dell’inoltro della domanda di rimborso all’organo competente; e va accolta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva della Regione, con conseguente estromissione dal giudizio della stessa. Nel merito, il ricorso è fondato. La ricorrente afferma che la sua attività professionale di avvocato è stata esercitata senza alcuna struttura organizzativa, che ha usato all’uopo i soli suoi telefono cellulare ed autovettura e che la sua assenza dall’attività avrebbe impedito lo svolgimento della stessa. L’Agenzia resistente richiama la giurisprudenza che, in presenza di alcuni elementi strumentali afferenti all’organizza- zione dell’attività (computer, telefono, fax, automobile ecc.), afferma la sussistenza del presupposto imponibile del tributo per cui si controverte. Posta nei suddetti termini la questione, va in primo luogo, richiamato l’art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997 che indica il presupposto imponibile nell’esercizio abituale "di un’attività autonomamente organizzata" volta alla produzione o allo scambio di beni ovvero, per quanto interessa nella fattispecie in controversia, alla prestazione di sevizi. Dall’indicazione del dato normativo emerge, dunque, che l’elemento che dà luogo alla nascita del presupposto dell’imposta è l’attività autonomamente organizzata. E di questa ha certamente i caratteri quell’attività che viene svolta, pur se nel minimum organizzativo, mediante l’articolazione di una struttura autonoma non suscettibile d’interruzione alla benché minima assenza dell’apporto del professionista e con l’uso di beni strumentali anche non complessi, ma non quella attività che si avvale della sola forza lavorativa propria dell’esercente e con i soli strumenti di lavoro di uso normale e comune indispensabilmente necessari ed usualmente adoperati dal solo professionista in stretta inerenza alla sua solitaria attività lavorativa d’opera professionale. Si osserva infatti che, come ha avuto modo di affermare la Corte Costituzionale (sent. n. 156/2001), l’Irap non è un’imposta sul reddito, ma un’imposta a carattere reale che colpisce il valore aggiunto derivante dall’organizzazione strutturale dell’attività che da luogo ex se ad un nuovo fatto economico (con relativa ricchezza) diverso dal reddito. E, dunque, applicando i suddetti principi alla fattispecie in esame, deve concludersi per l’accoglimento del ricorso, posto che, per gli elementi di fatto innanzi esposti, devesi reputare che non sussistono gli elementi d’organizzazione dell’attività che danno vita al presupposto imponibile, considerandosi anche che, inerendo la sussistenza o meno del presupposto d’imposta a questione di merito, la prova dell’esistenza dell’organizzazione come richiesta dalla legge deve es- 9 sere data dall’Ente impositore. In definitiva, il ricorso è fondato e pertanto, previa estromissione dal giudizio della Regione Campania, va accolto e, per l’effetto, va dichiarato il diritto ricorrente di ottenere il rimborso richiesto e la correlativa obbligazione dell’Agenzia delle Entrate resistente di corrispondere le somme versate dal contribuente con i cespiti aggiuntivi degli interessi legali corrispettivi che, come è noto, decorrono ex se in ragione della naturale fecondità del denaro e ciò dalla maturazione del credito sino all’effettiva soddisfazione dello stesso. 10 Tenuto conto della peculiarità delle questioni sottoposte all’esame, ricorrono giuste ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese processuali. P.Q.M. La Commissione tributaria provinciale di Salerno - Sezione n. 14 - previa declaratoria di estromissione dal giudizio della Regione Campania, accoglie il ricorso indicato in epigrafe proposto da T. A. e, per l’effetto, dichiara il diritto della stessa di ottenere il rimborso richiesto. Spese compensate. Imposta sul valore aggiunto ACQUISTO DELLA QUALIFICA DI ESPORTATORE ABITUALE Commissione tributaria regionale di Napoli, Sezione Staccata di Salerno, Sez. IX, 22 marzo 2006, n. 328 Pres. Iannarone – Rel. Buono Imposta sul valore aggiunto – Acquisti in sospensione d’imposta nei limiti del c.d. plafond – Condizioni – Acquisto dello status di esportatore abituale – Modalità – Cessioni all’esportazione superiori al 10% del volume di affari – Sufficienza – Utilizzo del plafond mobile o del plafond fisso – Necessità di comunicazione all’Ufficio – Esclusione Ai sensi dell’art. 1 del D.L. n. 746/83, lo status di esportare abituale si acquisisce quando l’ammontare dei corrispettivi delle cessioni all’esportazione, registrati nell’anno precedente ovvero nei dodici mesi precedenti (nel caso di adozione del plafond mobile), è superiore al 10% del volume di affari. La facoltà di acquistare beni o servizi senza applicazione di imposta, prevista dall’art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, è ammessa in tutte le ipotesi in cui viene superata la soglia del suddetto rapporto e non è subordinata all’invio di alcuna comunicazione. Svolgimento del processo Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, il curatore del fallimento della ditta individuale D.M. impugnava l’avviso di rettifica anno d’imposta 1995, emesso dall’Ufficio IVA di Salerno, con il quale veniva contestata l’omessa regolarizzazione di acquisti non im- ponibili per un totale di lire 1.544.358.957, per un’imposta IVA ad aliquota media dichiarata dell’ 11,64%, di lire 179.763.383. L’Ufficio evidenziava: • che il titolare della ditta, con la dichiarazione annuale IVA 1995, chiedeva il rimborso di parte del credito IVA riportato, per un importo di lire 430.000.000; • che al fine di verificare la legittimità del rimborso, invitava la curatela ad esibire la documentazione contabile; • che dall’esame della documentazione esibita è risultato che la ditta ha registrato operazioni di acquisto non imponibili, a seguito del rilascio della dichiarazione d’intenti, per un totale di lire 1.544.358.957. L’Ufficio rilevava: • che la ditta non aveva i necessari requisiti di legge per assumere la qualifica di esportatore abituale, non avendo effettuato alcuna operazione di esportatore nell’anno precedente; • che la ditta non ha effettuato le annotazioni obbligatorie circa l’ utilizzo del "plafond" (articolo 1, comma 3°, del d.l. 29.11.1983, n. 746, convertito con la legge 27.2.1984, n. 17), né ha rispettato gli obblighi di comunicazione. Il ricorrente chiedeva l’annullamento dell’ atto impugnato rilevando: - che l’ Ufficio non aveva allegato copia degli atti comprovanti i presunti acquisti in sospensione d’imposta (dichiarazione IVA 1994 e scritture contabili), documenti che non erano in possesso della curatela fallimentare e, pertanto, quest’ ultima non era in condizioni di potersi difendere; - che la ditta aveva utilizzato anziché il plafond fisso (relativo alle cessioni di esportazione effettuate nell’anno solare precedente 1994) il plafond mobile (relativo alle cessioni effettuate nei dodici mesi precedenti); 11 12 II ricorrente eccepiva, infine, illegittimità dell’avviso per violazione del divieto di duplicazione d’imposta e chiedeva l’applicazione del principio del favor rei. L’Ufficio, con memorie depositate il 2.2.2001, si costituiva in giudizio e chiedeva la conferma della pretesa tributaria osservando: - che la documentazione è stata esibita dal curatore che ne aveva la piena disponibilità già prima che la esaminasse; inoltre la circostanza espressa nel ricorso è contraddetta dal fatto che proprio dalla documentazione esibita è stata rilevata da copia della dichiarazione 1994 presa a base per dimostrare che nessuna operazione «non imponibile» era stata effettuata in detto anno; - che, per quanto concerne la regolarizzazione degli acquisti, la norma espressamente prevede che la corrispondente imposta non può essere portata in diminuzione, stante il disposto dell’articolo 19 del D.P.R. n. 633/72; che la legge n. 154/89 prevede che il recupero dell’imposta va effettuato anche nei confronti del cessionario; - che l’aliquota media applicata dall’Ufficio, pari all’11,64%, per il recupero dell’imposta, è inferiore a quella massima praticata dalla parte, aliquota massima che l’Ufficio avrebbe potuto applicare; - che non è possibile l’applicazione del plafond mobile, al caso in esame, in quanto nessuna opzione risulta essere stata effettuata, né risulta alcun plafond disponibile nel primo mese dell’ anno 1995. Con sentenza n. 225 dell’1.10.2001 l’adita Commissione Tributaria rigettava il ricorso. Avverso tale sentenza proponeva appello il contribuente e, in riforma della sentenza impugnata, chiedeva l’annullamento dell’avviso impugnato rilevando che l’unica documentazione a disposizione del ricorrente, prodotta in giudizio, riguarda esclusivamente l’anno 1995; mentre l’avviso di rettifica trova la sua giustificazione nella dichiarazione resa per l’anno 1994, pertanto, il provvedimento di imposizione si fonda su un documento non in possesso della curatela fallimentare, soggetto terzo nei confronti del fal- lito e unico legittimato all’impugnazione. L’assenza di tale documentazione non ha consentito, inoltre, alla curatela fallimentare di verificare le affermazioni rese dall’Ufficio impositore in ordine alla negata acquisizione della qualifica di esportatore abituale. L’appellato Ufficio, con memorie depositate il 25.9.2003 si costituiva nel giudizio di appello e chiedeva la conferma della sentenza impugnata. All'udienza odierna svoltasi davanti a questa Commissione Tributaria Regionale l’appello è stato deciso come da dispositivo. Motivi della decisione Premessa la definitività del giudicato relativamente alle eccezioni circa l’applicazione dell’aliquota media dell’11,64 e l’assenza di evasione tributaria, in mancanza di specifica censura alla sentenza su tali questioni, all’esame di questo giudicante restano le doglianze del ricorrente relative: a) omessa alligazione degli atti sui quali si fonda la motivazione della rettifica; b) esistenza dello status di esportatore abituale (articolo 1 D.L. n. 746/1983). E’ opportuno esaminare per primo la doglianza di cui al punto b). A norma dell’articolo 1 del D. L. n. 746/83 lo "status di esportatore abituale" si acquisisce quando l’ammontare dei corrispettivi delle cessioni all’esportazione, registrati nell’anno precedente, ovvero nei dodici mesi precedenti (nel caso di adozione del plafond mobile) è superiore al 10% del volume di affari. L'articolo 2, della legge n. 28/1997, dispone che gli acquisiti in sospensione d’imposta, si possono effettuare nei limiti del plafond. Il plafond è costituito dalla somma dei corrispettivi relativi alle operazioni internazionali, non imponibili, registrate ai fini IVA nei dodici mesi precedenti a quello in cui si vogliono effettuare gli acquisti in sospensione d’imposta, se si utilizza il plafond mobile. Come osservato dall’Ufficio, dal combinato disposto della detta normativa si deduce che per poter effettuare acquisiti in sospensione d’imposta, occorre la disponibilità del plafond, che in caso di mobilità, si sia formato con i corrispettivi relativi a cessioni all’esportazione, registrate nei dodici mesi precedenti. L’Ufficio ritiene, nel caso in esame, che l’appellante nei dodici mesi precedenti non aveva effettuato alcuna registrazione di corrispettivi relativi a cessioni all’esportazione e che quindi non aveva titolo ad acquistare in sospensione d’imposta. Sulla questione il giudice di primo grado ha ritenuto che, effettivamente, l’esportatore può avvalersi del cosiddetto plafond mobile senza obbligo di comunicazione e senza vincolo all’opzione triennale (D.L. n. 330/1994 - convertito con la legge n. 473/1994) però, nel caso in esame, la documentazione contabile prodotta, relativa alle cessioni effettuate nei primi mesi dell’anno 1995, non attesta l’effettuazione di cessioni all’esportazione e l’acquisto dello "status di esportatore". La conclusione non è condivisibile. Invero dal registro IVA UNICO (acquisti e vendite) esibito, si rileva che sin dal mese di marzo il ricorrente aveva effettuato vendite in esenzione d’imposta, ai sensi dell’articolo 8 D.P.R. n. 633/1972 (vendite all’esportazione) e nel successivo mese di aprile tali vendite avevano superato la soglia del rapporto con il volume di affari dei dodici mesi precedenti, fissato nella misura del 10% ed aveva dunque un plafond da utilizzare per gli acquisti in sospensione d’imposta (vedi registro unico e prospetto allegato - per il volume d’affari cfr. dichiarazione annuale IVA 1994 allegata alle controdeduzioni dell’ Ufficio). L’acquisizione dello status di esportatore abituale legittimava gli acquisiti in sospensione d’imposta che l’Ufficio ha ritenuto di contro non spettanti. Resta assorbita ogni altra domanda e/o eccezione. La complessità della materia trattata e la controvertibilità delle questioni di fatto e di diritto in uno a contrastanti giudicati, suggerisce la compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. La Commissione accoglie l’appello del contribuente e, pertanto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla l’avviso di rettifica IVA 1995. Spese compensate. _________ La sentenza su riportata, pienamente condivisibile in quanto riconosce la legittimità del comportamento adottato dal contribuente, non indugia però, sui presupposti normativi che regolano la materia, che per sua stessa ammissione è oltremodo complessa, aggravata, peraltro, da una serie di disposizioni succedutesi nel tempo. L’occasione, appare pertanto propizia, per una disamina se pur breve dello status di esportatore abituale e sulla formazione e spendita del plafond da parte del cosiddetto “esportatore abituale”. Per effetto dell’art. 8, comma 2, e dell’art. 68, comma 1, del D.P.R. 633/1972, gli operatori che effettuano cessioni all’esportazione hanno la possibilità di acquistare i beni e i servizi (indicati nella lettera C), primo comma, del citato art. 8, nonché di importare i beni, senza pagamento dell’imposta (cosiddetto plafond). Se così non fosse, gli operatori economici che esportano beni si troverebbero, agli effetti dell’IVA, in una posizione creditoria gravosa dovendo subire il pagamento dell’imposta sugli acquisti che potrebbero recuperare solo mediante richiesta di rimborso agli Uffici competenti (art. 30 del D.P.R. 633/1972). L’agevolazione innanzi detta, all’origine non era concessa in via illimitata ma secondo le condizioni e i limiti stabiliti dal D.L. n. 746/1983, convertito con modificazione nella legge n. 17/1984. Ed invero, la possibilità di acquistare beni senza l’applicazione dell’IVA, veniva concessa a condizione che : - la percentuale risultante dal rapporto tra l’ammontare delle cessioni all’esportazione, registrate nell’anno solare precedente o nei dodici mesi precedenti ed il relativo volume d’affari, sia superiore al 10%; tale requisito di carattere sostanziale, fa assumere lo status di esportatore abituale; - i soggetti che intendono avvalersi della facoltà di acquistare beni e servizi senza pagamento dell’IVA devono presentare una dichiarazione mod. 99 - al competente Ufficio, entro il 31 gennaio ovvero oltre tale data ma anteriormente al momento di effettuazione della prima operazione, indicando l’ammontare dei corrispettivi delle esportazioni fatte nell’anno solare precedente (plafond fisso) o nei dodici mesi precedenti (plafond mobile o variabile). 13 Entrambi i requisiti di cui sopra erano considerati come conditio sine qua non per potersi avvalere della facoltà di acquistare senza l’applicazione dell’IVA, sicché se mancava anche uno solo di essi, veniva meno la possibilità di usufruire del plafond. Inoltre, per i contribuenti che assumevano ai fini del plafond le cessioni all’esportazione registrate nei dodici mesi precedenti, la dichiarazione aveva effetto sempre che ne permanessero i presupposti per un triennio solare. Senonché con l’art. 1 del D.L. n. 330 del 31/05/1994, introdotto dalla legge di conversione n. 473 del 27/07/1994, veniva abrogata la disposizione riguardante l’obbligo di presentazione di apposita dichiarazione con la quale si manifestava la volontà di volersi avvalere della facoltà di acquistare beni e servizi in sospensione di imposta e con la quale si optava per il plafond fisso o per il plafond variabile. Pertanto, nell’anno 1995 (periodo in contestazione) non sussistevano gli obblighi innanzi detti, il cui mancato rispetto faceva decadere dalle agevolazioni. Nell’ambito della semplificazione che aveva ispirato la norma di cui al D.L. n. 330 citato, si dava risalto al comportamento concludente del contribuente. La scelta del metodo di plafond veniva fatta preventivamente, pur se manifestata a posteriori in se- 14 de di dichiarazione IVA dell’anno di riferimento, ma a differenza di quanto avveniva prima della modifica, tale manifestazione, anche se omessa, non pregiudicava la scelta operata. In tale ottica, ben poteva il contribuente avvalersi del plafond variabile, relativo i dodici mesi precedenti. Tale scelta poteva essere verificata solo attraverso l’esame delle scritture contabili al fine di controllare se le operazioni attive che concorrono alla formazione del plafond, registrate nei dodici mesi precedenti, superano il 10% del volume d’affari del corrispondente periodo (status di esportatore), nonché verificare l’ammontare del plafond di cui si può disporre. La determinazione del “plafond disponibile” si ricava ogni mese applicando la seguente formula: Esportazioni registrate nei dodici mesi precedenti Progressivo utilizzo = Plafond disponibile Tutti questi elementi erano desumibili dal registro Unico (acquisti e vendite) esibito dal contribuente sicché è stato possibile riscontrare l’acquisizione dello status di esportatore e quindi la legittimazione ad effettuare acquisti in sospensione di imposta, nonché la scelta operata di utilizzare il plafond riferito ai dodici mesi precedenti. Aniello Ruggiero Contributi consortili PRESUPPOSTO IMPOSITIVO DEL CONTRIBUTO CONSORTILE Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XIV, 17 luglio 2006, n. 422 Pres. Del Grosso – Rel. Minichini Tributi minori – Contributi consortili – Presupposto impositivo – Beneficio specifico e diretto dell’immobile ricadente nel perimetro consortile – Necessità – Dimostrazione – Spetta al Consorzio in presenza di contestazione del contribuente – Utente tenuto al pagamento della tariffa per il servizio di pubblica fognatura – Resta obbligato al solo c.d. beneficio idrogeologico Ai sensi dell’art. 13, commi 3 e 8, della Legge Regionale n. 4/2003, a partire dall’anno 2002 non è dovuta la porzione del contributo consortile relativa al c.d. beneficio di scolo da parte del singolo utente tenuto al pagamento della tariffa dovuta per il servizio di pubblica fognatura, mentre resta dovuta la porzione relativa all’attività di prevenzione idrogeologica (c.d. beneficio idraulico) sempre che venga dimostrata da parte del Consorzio l’esistenza di un beneficio diretto e specifico per l’immobile conseguente alle attività istituzionale dell’ente. Svolgimento del processo La signora L.A. proponeva il ricorso in epigrafe contro il consorzio di bonifica … e l’E.TR. S.p.a. con notifica in data 23/09/2004 ed avverso la cartella di pagamento con la quale veniva richiesto alla ricorrente il pagamento a favore di detto consorzio della somma di euro 97,01, quale quota consortile per l’anno 2002 oltre diritti di notifica per euro 5,56 per un importo totale di euro 102,57. La ricorrente eccepisce la mancanza del presupposto impositivo, ai sensi degli artt. 14 e 27 della L. n. 36/1994 nonché dell’art. 31 c. 3 della L.R. n. 16 del 27/07/2002, facendo presente che già provvede al pagamento per gli oneri fognari. Eccepisce ancora la violazione del termine previsto dall’art. 25 del D.P.R. n. 602/73 secondo cui l’esattore deve notificare la cartella non oltre il giorno cinque del mese successivo a quello nel corso del quale gli è stato consegnato il ruolo nonché la mancanza nell’atto impugnato di indicazioni previste a tutela del diritto di difesa del contribuente. Afferma infine che gli immobili oggetto della pretesa contributiva pur essendo inseriti nel comprensorio consortile non traggono il beneficio diretto e specifico dalle opere e dall’attività del Consorzio come indicato dall’indirizzo della giurisprudenza di legittimità. Da ultimo veniva genericamente sollevata eccezione di prescrizione. Nel gravame veniva richiesta in via cautelare la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato. Si costituiva in giudizio l’E.TR. con il deposito di controdeduzioni con cui veniva affermato la correttezza dell’operato della società quale concessionario della riscossione. Si costituiva altresì l’ente impositore con il deposito di controdeduzioni con cui veniva evidenziato che lo stesso aveva adottato un piano di classifica degli immobili rapportato a specifici indici di beneficio approvato dalla giunta regionale e pubblicizzato secondo 15 le prescrizioni specifiche previste. Affermava l’esistenza del beneficio diretto a favore dell’immobile in questione che ne ricava anche un vantaggio economicamente apprezzabile. Precisava infine che la L.R. n. 4 del 2003 art. 13 aveva introdotto l’esenzione del contributo limitatamente al beneficio di scolo ed a decorrere dall’annualità 2002. Con ordinanza in data 7/2/2005 veniva respinta l’istanza cautelare. Motivi della decisione 16 Va in primo luogo esaminata l’eccezione preliminare di decadenza sollevata dal ricorrente per violazione del termine previsto dall’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 e riportata dalla parte in fatto. Tale eccezione va rigettata in quanto il termine invocato non aveva carattere perentorio nell’arco temporale riguardante la fattispecie all’esame; infatti la sanzione della decadenza è stata introdotta con la disposizione di cui all’art. 1 comma 417 lett. c della legge 31/12/2004 n. 311 e con applicazione ai ruoli esecutivi a decorrere dal 1° gennaio 2005 ai sensi del successivo comma 420 della citata legge (nella fattispecie il visto di esecutività è del 22/5/2002). In ordine all’altra eccezione preliminare circa la mancanza di dati essenziali nella cartella impugnata essa non è fondata giuridicamente. Osserva al riguardo il collegio che i dati contenuti nella cartella sono conformi alle prescrizioni previste (D.M. 28/6/1991 e successive modificazioni) e che essi hanno consentito al ricorrente di apprestare una idonea difesa in sede giurisdizionale. Parimenti va rigettata la generica eccezione di prescrizione dovendosi nella fattispecie far riferimento al termine quinquennale. Passando alle altre censure avanzate dalla ricorrente in ordine alla non debenza del contributo consortile ai sensi della L. n. 36/1994 artt. 14 e 27 e della disposizione di cui all’art. 31, comma 3, della L.R. 26/7/2002 n. 15 il collegio osserva quanto segue. La citata norma regionale prevede per gli utenti tenuti all’obbligo di versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura ai sensi della legge 36/94 art. 14 la esenzione dal pagamento del contributo di bonifica per i servizi di raccolta collettamento ed allontanamento delle acque meteoriche. Con il successivo comma della menzionata L.R. n. 15 viene posta a carico dei soggetti gestori del servizio idrico integrato la contribuzione alle spese consortili in proporzione al beneficio derivante dalla utilizzazione di canali e strutture di bonifica. L’ulteriore disposizione (comma 5) prevede che nelle more dell’affidamento del servizio idrico integrato gli oneri relativi ai contributi spettanti ai consorzi vengono assunti dalla regione. L’esenzione sopra richiamata viene confermata dalle disposizioni di cui all’art. 13 comma 3 della L.R. 25 febbraio 2003 n. 4 che reca il titolo nuove norme in materia di bonifica integrale con la precisazione che rimangono fermi gli altri obblighi contributivi ove dovuti per bonifica integrale e con la ulteriore precisazione della decorrenza della esenzione dal 1° gennaio 2002 (comma 8). Ora appare necessario puntualizzare che quello consortile è un contributo a natura complessa che comprende più elementi: il c. d. beneficio di scolo di cui ai servizi elencati nelle richiamate disposizioni regionali; il c.d. beneficio idraulico collegato alla prevenzione del rischio idrogeologico. Quindi a partire dall’annualità 2002 non è dovuta la porzione del contributo consortile (espresso in percentuale) relativa al c.d. beneficio di scolo da parte del singolo utente tenuto al pagamento della tariffa dovuta per il servizio di pubblica fognatura. Nel caso di specie l’affermazione della ricorrente di effettuare il pagamento per tale servizio non è stata contrastata dalle difese del consorzio. Viceversa è dovuta l’altra parte del contributo relativa all’attività di prevenzione idrogeologica (c.d. beneficio idraulico) sempre che venga dimostrata l’esistenza di un beneficio diretto e specifico per l’immobile conseguente alle attività istituzionale dell’ente. A riguardo di tale ultima questione va rammentato che il consorzio ha adottato un piano di classifica degli immobili ai fini di un corretto riparto delle spese in base a specifici indici di beneficio. Tale atto è stato approvato dalla giunta regionale e reso pubblico secondo le prescrizioni in materia; esso non risulta essere stato oggetto di opposizione. A parte ciò il Consorzio ha dimostrato con argomentazioni tecniche e documentazione che la propria attività ha arrecato un beneficio diretto e specifico all’immobile oggetto della pretesa contributiva al quale rinviene un vantaggio economicamente apprezzabile. Infatti nel territorio dove è situato l’immobile è presente una rete di scolo consortile che l’attività manutentoria dell’Ente mantiene in efficienza. Inoltre viene provveduto alla maggiore sicu- rezza e protezione dell’immobile per effetto della salvaguardia idraulica operata dal Consorzio con opera di bonifica a monte del bene e con l’attività di manutenzione e sorveglianza. In conclusione il ricorso va parzialmente accolto con la precisazione che non è dovuta quella parte del contributo consortile relativo al c.d. beneficio di scolo. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione fra le parti delle spese del giudizio. P.Q.M. La intestata commissione, sezione XIV, accoglie parzialmente il ricorso in epigrafe, come precisato in parte motiva. Dispone la compensazione fra le parti delle spese del presente giudizio. 17 Agevolazioni EFFETTI DELL’OMESSO INVIO DEL MODELLO C.V.S. Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XV, 8 novembre 2006, n. 292 Pres. Santaniello – Rel. Sacco Agevolazioni tributarie – Credito di imposta – Investimenti nelle aree svantaggiate ex art. 8 Legge n. 388/2000 – Art. 62, comma 1, L. n. 289/2002 – Necessità di proposizione di istanza telematica (c.d. Mod. CVS) a pena di decadenza del beneficio – Omessa presentazione – Effetti La previsione della decadenza dal contributo di cui all’art. 8 della legge n. 388/2000, portata dall’art. 62, comma 1, della legge n. 289/2002, appare adeguata e coerente con la ratio della norma censurata e non eccede i limiti dell’ampia discrezionalità del legislatore in materia di agevolazioni, risultando infondata la censura relativa alla violazione del principio di irretroattività e del principio dell’affidamento, in quanto la norma censurata non dispone per il passato, ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal contributo, a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito. 18 Svolgimento del processo La ricorrente società "B. snc", come in atti rappresentata e difesa, con atto notificato mediante consegna in data 29-4-05 all’impiegato addetto alla ricezione dell’Agenzia delle Entrate di Eboli, propone, previa sospensione, opposizione avverso l’avviso di recupero del credito d’imposta per investi- menti in aree svantaggiate ex art. 8 L. n. 388/2000, indebitamente utilizzato in compensazione negli anni 2001 e 2002, a seguito di mancato invio del Mod. CVS previsto a pena di decadenza dall’art. 62 L. n. 289/02, come da processo verbale di constatazione del 30-8-04. La società ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto impugnato in relazione a credito d’imposta utilizzato interamente prima del sorgere dell’obbligo della trasmissione del relativo modello CVS, quale diritto acquisito ex art. 8 L. n. 388/00 in modo automatico e senza gli ulteriori adempimenti previsti soltanto dal D.L. n. 138/02 dell’8-7-02, in sintonia con il principio dell’irretroattività delle norme tributarie sancito dall’art. 3 L. n. 212/00 (Statuto dei diritti del contribuente). L’Agenzia delle Entrate, nelle controdeduzioni depositate in data 24-6-05, rileva, in via pregiudiziale, l’inammissibilità del ricorso proposto il 29-4-05 avverso atto notificato il 10-2-05 ex art. 21 D. Lgs. n. 546/92 e, nel merito, ribadisce la legittimità dell’atto impugnato in ragione della decadenza dal diritto al credito d’imposta maturato ex art. 8 L. n. 388/00 per espressa previsione normativa ex art. 62, comma 1, lett. a) D.L. n. 253/02, come confermato ex art. 62, comma 1, lett. a) L. n. 289/02, comminata a carico dei soggetti, che, avendo conseguito il diritto al credito di imposta ex art. 8 L. n. 388/00 anteriormente alla data dell’8-7-2002, alla data del 28-2-2003 risultassero inadempienti all’obbligo di comunicazione dei dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati. Parte ricorrente, nelle memorie integrative depositate il 6-9-06, ribadisce il diritto al credito d’imposta, in quanto l’obbligo di presentazione del mod. CVS deriva da D.L. n. 253/02, successivo, cioè, alla definitiva utilizzazione del beneficio ed in violazione dell’art. 3, comma 2, L. n. 212/00 circa il divieto di norme impositive di oneri con scadenza inferiore a sessanta giorni ed, in via subordinata, chiede la non applicazione delle sanzioni per obiettive condizioni di incertezza sull’applicazione della normativa vigente in materia, richiamando precedenti specifiche sentenze di varie Commissioni Tributarie. Motivi della decisione La Commissione, che già in data 14-9-05 con Ordinanza n. 380/05, comunicata alle parti, aveva respinto l’istanza di provvisoria sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, riunitasi in data 20-9-06 per la trattazione del ricorso in udienza pubblica, viste le conclusioni a verbale delle parti presenti, osserva: Il ricorso, tempestivamente proposto in data 29-4-05 avverso avviso di recupero notificato il 9-3-05, come da allegati, e non il 10-205, come erroneamente indicato da parte ricorrente, risulta infondato nel merito dei motivi addotti in diritto, anche nelle memorie integrative. Infatti, come ben ribadito anche dall’Ufficio resistente nel merito, tutti i punti specifici della controversia risultano ampiamente definiti in senso sfavorevole a parte ricorrente nella motivazione dell’Ordinanza n. 124 del 24-3-06 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 62, comma 1, lett. a) L. n. 289/02. L’art. 8 L. n. 388/00, secondo la formulazione precedente alla modifica apportata dall’art. 10 D.L. n. 138/02, convertito in L. n. 178/02, nell’intento di introdurre incentivi automatici per il sostegno all’economia nelle zone svantaggiate, riconosceva alle imprese che effettuavano nuovi investimenti in dette aree un contributo immediatamente fruibile nella forma del credito di imposta, da far valere, mediante compensazione, nel- la dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale era realizzato il nuovo investimento, senza un previo assenso dell’A.F., pur rinviando ad una fase successiva le verifiche da compiersi con riferimento alle dichiarazioni dei redditi dei beneficiari del contributo, secondo modalità da determinarsi in base a successivi decreti. L’art. 10 D.L. n. 138/02, prima ancora dell’emanazione di detti decreti, ha modificato il citato art. 8, eliminando l’automaticità della fruizione del contributo a partire dall’8-7-02. Nel quadro di questo nuovo sistema basato sulla fruizione del contributo previo assenso, l’art. 62 L. n. 289/02 ha previsto una nuova procedura di acquisizione dei dati sugli investimenti realizzati, ponendo il relativo obbligo informativo a carico sia delle imprese che già hanno conseguito in via automatica il diritto al contributo sia di quelle che lo hanno conseguito previo assenso dell’Agenzia delle Entrate. Nella fase di passaggio dal regime fondato sulla fruizione automatica del contributo a quello fondato sulla fruizione previo assenso, la sollecita acquisizione di dati esaurienti assume speciale importanza in relazione alle imprese che hanno conseguito in via automatica il contributo, in quanto le stesse, in mancanza dei decreti per le verifiche ex art. 8, comma 8, L. n. 388/00, rimanevano assoggettate solo agli eventuali controlli della dichiarazione, previsti in via ordinaria dal D.P.R. n. 600/73. Pertanto, la previsione della decadenza dal contributo appare adeguata e coerente con la ratio della norma censurata e non eccede i limiti dell’ampia discrezionalità del legislatore in materia di agevolazioni, risultando infondata la censura relativa alla violazione del principio di irretroattività e del principio dell’affidamento, in quanto la norma censurata non dispone per il passato, ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal contributo, a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito. 19 Infine, la dedotta violazione dell’art. 3, comma 2, L. n. 212/00 non rileva in alcun modo ai fini della legittimità dell’atto impugnato, in quanto l’art. 62 L. n. 289/02, secondo cui "i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 comunicano all’Agenzia delle Entrate, a pena di decadenza dal contributo conseguito automaticamente, i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati" non denota affatto obiettive condizioni di incertezza sull’applicazione al ricorrente, che, non adempiendo all’onere imposto per legge, decade ex art. 2966 c.c. dal diritto 20 maturato ex art. 8 L. n. 388/00, ma non acquisito in pendenza del termine per verifiche da parte dell’Ufficio ex D.P.R. n. 600/73 delle relative dichiarazioni reddituali. Le spese processuali sono, in via equitativa, da compensare in ragione delle specificità della fattispecie per ricorso proposto in pendenza di giudizio di legittimità costituzionale della normativa di riferimento. P.Q.M. La Commissione rigetta il ricorso - Spese compensate. Agevolazioni AI FINI DELLA FRUIZIONE DELL’AGEVOLAZIONE NON RILEVA IL RISPETTO DELLE PROCEDURE PREVISTE DALLA PRASSI AMMINISTRATIVA Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. IV, 7 novembre 2006, n. 289 Pres. Santaniello – Rel. Tipaldi Tributi erariali indiretti – Accise – Art. 20, D.L. n. 331/93 conv. in L. n. 427/93 – Esenzione dal pagamento del tributo per gli acquisti di carburanti destinati ad attività aeronautiche non da diporto – Acquisti di carburanti destinati all’attività “HEMS” (servizio “118”) – Esenzione – Spetta – Acquisto di carburante non defiscalizzato e successiva istanza di rimborso dell’imposta pagata – Procedura prevista al punto 3 della circolare 121/D del 21/4/95 – Mancato rispetto da parte del contribuente – Ininfluenza ai fini del beneficio concesso Ai fini della fruizione dell’esenzione da accise dei carburanti destinati alla “navigazione aerea diversa dall’aviazione privata da diporto e per voli didattici”, di cui all’art. 20 del D.L. n. 331/93 conv. in L. n. 472/93, è ininfluente il mancato rispetto della procedura per il rimborso dell’imposta, spettante nell’ipotesi di impossibilità di acquisto, da parte degli aventi diritto, di carburante defiscalizzato, atteso che la procedura medesima è prevista da una circolare ministeriale, atto amministrativo che non può essere considerato un provvedimento di carattere costitutivo di un diritto o di un obbligo, ma un semplice atto ricognitivo e, quindi, non equiparabile a dichiarazione di volontà. Svolgimento del processo Con istanza 09-12-04 la società A. s.r.l. chiede all’Ufficio delle Dogane di Salerno il rimborso delle accise assolte sugli acquisti di carburanti riferibili all’attività "HEMS", nota come "118", rivolta al trasporto con elicottero di malati, feriti, personale medico e paramedico, esercitata per conto della Regione Campania, come da contratto 14-1201, allegando all’uopo inerente documentazione. Formatosi il silenzio-rifiuto, la società propone ricorso per vedersi riconosciuto il suo buon diritto ad ottenere il richiesto rimborso di € 49.924,58. A sostegno della propria richiesta rappresenta: - che svolge l’attività di trasporto aereo, come definito della normativa emanata dall’ENAC e confermato con la comunicazione numero ……, in copia allegata al gravame; - che, ai sensi dell’art. 2 della Tab. "A", allegata al D.Lgs. n. 540/92 sono esenti dalle accise «gli impieghi di carburanti per la navigazione aerea diversa da quella da diporto»; - che, nel parere 9-2-2005 chiesto alla competente Direzione Regionale (per conoscenza inviato anche alla società), l’Ufficio di Salerno rappresenta che la società è in possesso dei titoli sostanziali per usufruire del richiesto beneficio, ma non ha osservato la procedura di cui al punto 3 della circolare ministeriale 121/D; - che l’esenzione delle accise per l’attività in questione è prevista anche dalla direttiva CEE n. 92/81. Resiste l’Ufficio con contro deduzioni depositate il 15-09-05 chiedendo: a) in via principale l’inammissibilità del ricorso, perché intempestivo, tenuto conto della data (11-03-05) di comunicazione di rigetto del richiesto rimborso effettuata dalla Direzione Regionale; 21 b) in subordine il rigetto del ricorso, non essendo stata effettuata la comunicazione di cui al punto 3 della circ. 121/D. Con memorie depositate il 29-06-06 la società, nel contestare tutte le eccezioni dell’Ufficio con articolate argomentazioni, sottolinea la legittimità del gravame per irrituale notifica del diniego e per inconferenza della richiamata circ. 121/D che tratta l’imbarco di carburanti già defiscalizzati, per cui non applicabile nel caso de quo, come da consolidato comportamento degli altri Uffici Doganali. Motivi della decisione 22 1. Preliminarmente la Commissione prende in esame la pregiudiziale eccezione di diritto, appurando che non risulta agli atti documentazione idonea a supportare la paventata inammissibilità del gravame. Ben vero nel fascicolo dell’Ufficio risulta inserita solo la copia della risposta negativa che la Direzione Regionale avrebbe rimesso alla ricorrente ma non la prova documentale dell’avvenuta notifica. 2. Ai sensi del punto 2 della Tab. A di cui all’art. 20 del D.L. 30-08-93, n. 331 conv. in L. 29-10-93, n. 427 sono esenti da accise «gli impieghi come carburanti per la navigazione aerea diversa dall’aviazione privata da diporto e per voli didattici». Come indicato alla nota n. 1) della suddetta tabella per «aviazione privata da diporto» si intende l’uso di un aeromobile per scopo non commerciale ed in particolare per scopi diversi dal trasporto di passeggeri o merci o dalla prestazione di servizi a titolo oneroso o per conto di autorità pubbliche. 2.1 Le attività aeronautiche non da diporto e, quindi, fruenti dell’esenzione in questione, sono state riunite dall’ENAC in due gruppi: a) attività di trasporto aereo di passeggeri e merci, per il cui esercizio occorre munirsi del previsto «Certificato di Trasporto Aereo»; b) attività di lavoro aereo per servizi commerciali, quali voli pubblicitari, spegnimenti incendi, irrorazione di fondi agricoli ecc., esercitabile previo possesso di apposita licenza. Come da certificazione ENAC allegata al ricorso la ricorrente società è abilitata a svolgere l’attività di trasporto aereo, in cui sono inclusi e servizi "HEMS", esercitati per la Regione Campania, come da contratto in premesse richiamato. 2.3 Sulla scorta di quanto esposto e dei documenti agli atti, nessuno dei quali contestato dall’Ufficio, appare incontrovertibile che alla società A. s.r.l. spetta il beneficio di cui al già richiamato art. 20 del D.L. n. 331/93 conv. in L. n. 427/93. Consequenziale corollario è che, in caso di acquisto di carburante non defiscalizzato, come verificatosi nell’aeroporto di Pontecagnano per carenza dell’apposito punto di rifornimento, alla società spetta il rimborso delle accise pagate e non dovute, come dallo stesso articolo previsto. Tanto, in buona sostanza, è riconosciuto dallo stesso Ufficio di Salerno nel parere 09-02-05 posto alla competente Direzione Regionale, col quale, nel dichiarare che la società era «in possesso di titoli sostanziali» per accedere al rimborso, rappresentava che la stessa non aveva messo in essere la procedura di cui al punto 3 della circ. 121/D del 21-04-95. Dall’esame della suddetta circolare la Commissione rileva che la società avrebbe dovuto comunicare all’U.T.F. di esercitare l’attività di trasporto aereo, cosa, tra l’altro, già a conoscenza dell’Amministrazione Finanziaria, di cui l’U.T.F. fa parte, con la presentazione del Mod. AA7/7 ai fini dell’attribuzione della partita IVA. A parere di questo Giudice la mancanza di tale formalità, non prevista da alcuna norma, non essendo stato neanche emanato l’inerente decreto di cui al più volte citato art. 20, non può affievolire l’agevolazione spettante alla società obbligata ad imbarcare carburante non defiscalizzato per mancanza del relativo punto di vendita. Ininfluente è il fatto che la procedura sia prevista da una circolare, atteso che questa non può essere considerata un provvedimento di carattere costitutivo di un diritto o di un obbligo, ma un semplice atto ricognitivo e, quindi, non equiparabile a «dichiarazione di volontà normativa» (Cass. 13-07-01/1202-02, n. 2133). In proposito la giurisprudenza amministrativa ha confermato il proprio orientamento, riconoscendo alle circolari una valenza solo applicativa della norma primaria (C. di Stato sez. IV, 9-11-05, n. 6243). In tal senso anche la Corte di Cassazione, secondo il cui consolidato orientamento le circolari non costituiscono fonti di legge, ma rappresentano provvedimenti amministrativi «di efficacia meramente interna» (Cass. Sez. Trib. 10-11-00, n. 14619), aventi lo scopo di indirizzare e disciplinare in modo uniforme l’attività degli organi inferiori (Cass. Sez. Trib. 30-05-05, n. 11449), di tal che non vincolano né i contribuenti né i giudici (Cass. Sez. Trib. 18-08-04, n. 16108, n. 2133/02). Non va, infine, trascurato che: - trattasi di agevolazione prevista dal diritto comunitario che il giudice nazionale deve applicare anche di Ufficio (sentenza della Corte di Giustizia CE, 14-12-95, n. 9 312/93) sussistendo la prevalenza del diritto Comunitario su quello nazionale (Corte Cost. 08-06-94, n. 170); - che il beneficio di utilizzare carburante defiscalizzato per la navigazione aerea non da diporto è riconosciuto anche dalla Corte di Giustizia CE con la sentenza della Sez. V 10-06-99, n. 346/97 in via automatica applicabile nello Stato Membro (Cass. Sez. Trib. 15-05-03, n. 7554 e 30-10-02, n. 15229), avendo nello stesso diretta efficacia sia le pronunce pregiudiziali (Corte Cost. 23-04-85, n. 113 e 18-04-91, n. 168) che quelle rese in sede contenziosa (Corte Cost. 04-07-89, n. 389). Tanto puntualizzato appare quantomeno pretestuosa l’insistenza dell’Ufficio di affievolire un diritto acquisito solo per la mancata osservanza di una circolare che prevede l’invio di notizie, tra l’altro, già in possesso dell’A.F., di cui fa parte l’U.T.F.. La novità della materia trattata, nonché la sua complessità per mancanza di una regolamentazione normativa inducono a ritenere equa la compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. La Commissione accoglie il ricorso e, per l’effetto, ordina il rimborso richiesto con l’istanza del 09-12-04. 23 Procedimento e processo E’ INAMMISSIBILE IL RICORSO AVVERSO L’ESTRATTO DI RUOLO Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 298 Pres. Amato – Rel. Lobosco Procedimento e processo – Estratto del ruolo rilasciato dal Concessionario della riscossione su richiesta del contribuente – Ha valenza meramente interna – Impugnazione dinanzi alle Commissioni Tributarie – Inammissibilità – Consegue Nell’iter procedimentale previsto per la riscossione tramite ruolo, le prime due attività, iscrizione a ruolo e redazione della cartella di pagamento, costituiscono le componenti interne di un atto amministrativo complesso a formazione progressiva, che viene ad esistenza, a latere decoris, soltanto con la notifica della cartella di pagamento, acquisendo un rilevo giuridico quando si manifesta all’esterno e consentendo a chi lo riceve di verificarne l’oggetto e la legittimità allo scopo. Pertanto, è inammissibile il ricorso proposto avverso l’estratto del ruolo, rilasciato dal concessionario della riscossione su richiesta del contribuente, avendo esso una natura meramente ricognitiva del credito iscritto a carico del contribuente. - intervenuta prescrizione triennale ex art. 3 della Legge n. 60/86; - il ruolo era stato formato oltre i termini prescrizionali; - la cartella di pagamento, mai notificata, doveva essere consegnata non oltre il giorno cinque del mese successivo a quello della consegna del ruolo al concessionario. Chiedeva 1’accoglimento del ricorso ed il pagamento delle spese del giudizio. Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate evidenziando: - il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile essendo stata notificata la cartella di pagamento il 22.12.04, come risultava dall’interrogazione all’Anagrafe Tributaria; - non è compreso, tra gli atti impugnabili, l’estratto ruolo; - non era intervenuta la decadenza da parte dell’Ufficio avendo notificato il 28.4.01 tramite POSTEL, l’atto di contestazione entro il termine triennale di decadenza ex art. 3 D.L. 6.1.86 e che, non essendo stato opposto, era divenuto definitivo e, quindi, nell’ulteriore termine triennale aveva iscritto a ruolo la tassa dovuta, il 28.10.04. Chiedeva il rigetto del ricorso ed il pagamento delle spese del giudizio. Motivi della decisione 24 Svolgimento del processo Avverso l’estratto ruolo n. …… si opponeva S. M., rappresentata e difesa come in atti, evidenziando che, a seguito di una ricerca effettuata presso lo sportello della E.TR., era venuta a conoscenza del ruolo relativo alla tassa automobilistica per l’anno 1998. Eccepiva: La Commissione, esaminati gli atti e la documentazione prodotta, ritiene che la richiesta dell’A.F. di dichiarare inammissibile il ricorso, non rientrando l’estratto ruolo tra gli atti autonomamente impugnabili ex art. 19 del D.Lgs. n. 546/92, avendo pregio, debba essere accolta in quanto il ruolo, essendo un provvedimento od un atto recettizio emesso dall’Amministrazione Finanziaria con lo scopo di esigere maggiori imposte, per esistere, deve venire nella giuridica e effettiva conoscenza del destinatario solo con la notifica della cartella di pagamento che lo rende palese. Infatti l’assetto normativo attuale non prescinde dall’originario procedimento esattivo strutturato in tre fasi distinte e consequenziali fra di loro. Nella prima l’ente impositore, titolare del credito, procede alla iscrizione a ruolo, ossia alla formazione dell’elenco delle pretese vantate nei confronti dei contribuenti. L’atto, quindi, è dotato di esecutività mediante sottoscrizione con firma elettronica e trasmesso al concessionario per la riscossione. Nella seconda, l’esattore, che ha ricevuto il ruolo, si fa carico della redazione della cartella di pagamento che si esplica nell’esatta quantificazione del credito vantato verso il debitore. Nella terza, a chiusura dell’iter procedimentale, la richiesta di pagamento è portata a conoscenza del contribuente con la notifica della cartella di pagamento. Appare, pertanto, evidente come le prime due attività, iscrizione a ruolo e redazione della cartella di pagamento, costituiscono in realtà le componenti interne di un atto amministrativo complesso a formazione progressiva, che viene ad esistenza, a latere decoris, soltanto con la notifica, acquisendo un rilevo giuridico quando si manifesta all’esterno e consentendo a chi lo riceve di verificarne l’oggetto e la legittimità allo scopo, se del caso, di opporvisi con gli adeguati strumenti di tutela giurisdizionale che l’ordinamento tributario gli mette a disposi- zione. Tale orientamento è confortato dalla sentenza della Suprema Corte n. 139 del 27.6.03, che autorevolmente afferma: "La cartella esattoriale costituisce l’atto impositivo attraverso il quale il contribuente assume contezza dell’iscrizione a ruolo ed i cui vizi comportano l’illegittimità della pretesa tributaria, perciò è contro di essa che va riferita, di regola, l’impugnazione mentre i ruoli sono atti interni dell’Amministrazione, i cui processi solo eccezionalmente - in base a norme specifiche (ad esempio, art. 17 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, che stabilisce che i termini di decadenza entro i quali i ruoli devono diventare esecutivi) - si riverberano sul rapporto tributario individuale e, pertanto, solo in tali casi si rendono impugnabili". La seconda affermazione è ribadita dalla sentenza n. 18541 del 4 dicembre 2003 e da quella a SS.UU. n. 19388 del 17 dicembre 2003. Per completezza di esposizione, evidenzia, infine, che il concessionario avrebbe dovuto lasciare al contribuente un duplicato della cartella di pagamento, come riportato nell’estratto ruolo, notificata il 22.10.04, come risulta dalla interrogazione dell’anagrafe tributaria effettuata dall’Amministrazione Finanziaria, e non un estratto ruolo. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidante come in dispositivo. P.Q.M. La Commissione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore dell’Amministrazione Finanziaria, che liquida in € 200,00 (duecento/00). 25 Procedimento e processo L’OMESSA RELAZIONE DI NOTIFICAZIONE E LA MANCANZA DI SOTTOSCRIZIONE DEL NOTIFICATORE DETERMINANO L’INESISTENZA GIURIDICA DELLA NOTIFICA Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. VI, 4 ottobre 2006, n. 303 Pres. Della Valle – Rel. Falabella Procedimento e processo – Notificazioni – Atti impositivi – Cartella di pagamento – Omessa compilazione della relata di notifica – Assenza di sottoscrizione da parte del soggetto notificatore – Inesistenza giuridica della notificazione – Sussiste – Sanabilità ex art. 156, comma 3, del codice di procedura civile – Esclusione La mancata compilazione della relata di notifica nonché l’assenza di sottoscrizione del soggetto notificatore determinano l’inesistenza giuridica della notifica dell’atto impugnato e le citate irregolarità non risultano sanabili ex art. 156, comma 3 c.p.c. poichè tale sanatoria concerne gli atti squisitamente processuali tra i quali non possono essere annoverate le cartelle di pagamento. Svolgimento del processo 26 Col ricorso in oggetto fu prodotta impugnazione avverso l’atto impositivo come da epigrafe deducendosene l’illegittimità in quanto: 1) Affetto da nullità insanabile per inesistenza giuridica della notificazione; 2) Infondato per ciò che concerne il recupero operato dall’Ufficio giacché l’onere detraibile contestato è stato effettivamente assolto dal contribuente. L’Ufficio resistente, instauratosi il contraddittorio, si costituì contestando in fatto ed in diritto ogni avversa deduzione. Indi acquisiti gli atti tempestivamente prodotti dalle parti sulle loro conclusioni nei sensi sopra riportati questo collegio ha adottato la deliberazione, come da dispositivo e motivi qui contenuti all’odierna udienza svoltasi con le formalità di cui all’art. 34 D.Lgs. n. 546/92 nella ricorrenza di ogni requisito previsto dalla detta norma. Motivi della decisione Ritiene questa commissione di dover accogliere le ragioni del contribuente riguardanti la nullità della notifica dell’atto impugnato. Invero, per costante indirizzo giurisprudenziale la mancata compilazione della relata di notifica nonché l’assenza di sottoscrizione del soggetto notificatore, determinano l’inesistenza giuridica della notifica stessa (cfr. Ctp Torino sez. XIV n. 13/03; Ctp Catania sez. XII n. 769/04). Né dette irregolarità risultano sanabili ex art. 156 comma 3 c.p.c., riguardando tale sanatoria gli atti squisitamente processuali tra i quali non possono essere annoverati le cartelle di pagamento. Quanto sopra esposto rende superfluo ogni ulteriore esame in ordine alle ulteriori doglianze esposte nel proposto gravame. La natura della controversia integra giusti motivi per dichiarare compensate le spese tra le parti. P.Q.M. La commissione accoglie il ricorso. Spese compensate. _________ Nota La motivazione della sentenza, nella parte in cui nega l’applicabilità delle disposizioni del codice di procedura civile, non è in linea con l’orientamento della Corte Suprema di Cassazione che, a partire da Cass. Sez. Un. 5 ottobre 2004, n. 19854, ritiene applicabile la sanatoria del raggiungimento dello scopo, di cui agli art. 156 e 160 c.p.c., anche alla notificazione degli atti di accertamento, posto che il rinvio operato dall’art. 60, primo comma, del D.P.R. n. 600/73 alle norme stabilite dagli artt. 137 e ss. c.p.c. comporta altresì il richiamo del regime delle nullità e delle sanatorie previste per le notificazioni. Tuttavia, secondo l’anzidetto orientamento della Corte Suprema, la sanatoria non solo non ha efficacia retroattiva e perciò, spiegando effetto ex nunc, non impedisce le decadenze verificatesi nel frattempo, cioè prima della proposizione del ricorso, ma opera solo nei casi di nullità e non in quelli di inesistenza della notificazione dell’avviso, sicchè la sentenza che si pubblica è corretta nel dispositivo, vertendosi, appunto, in ipotesi di inesistenza. _________ Interessante pronuncia giurisdizionale dal doppio valore perché proviene dalla magistratura tributaria di merito che, spesso, risulta più concentrata sugli aspetti sostanziali delle controversie che sulle questioni di puro diritto. Il caso affrontato dal collegio concerneva una cartella di pagamento la cui notifica, a mezzo posta, era avvenuta in assenza di compilazione della relativa relata nonché in assenza di sottoscrizione del soggetto notificatore. Da qui la sentenza di annullamento dell’atto impositivo impugnato non prima di aver escluso l’applicabilità della sanatoria di cui all’art. 156, comma 3 c.p.c., concernendo, quest’ultima, unicamente gli atti processuali tra i quali non può certo contemplarsi la cartella di pagamento che, come noto, si sostanzia in un atto tributario sostanziale recettizio e giammai in un atto processuale. Inutile dire che la pronuncia offre anche la possibilità di riesaminare, sulla tematica della notifica delle cartelle di pagamento a mezzo posta (ma il discorso, con l’eccezione dell’iscrizione a ruolo, vale anche per tutti gli altri atti tributari di cui all’art. 19 del D.Lgs. 546/92), taluni essenziali profili inerenti il procedimento di notificazione che spesso, almeno a parere di chi scrive, vengono facilmente (ed incondivisibilmente) “bypassati” dalle Commissioni tributarie. E’ necessario premettere che l’art. 26, comma 1, secondo periodo, D.P.R. n. 602/1973 stabilisce che la notifica della cartella di pagamento può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento. In tal caso la disposizione normativa precisa la modalità della spedizione (in plico chiuso) e il momento di perfezionamento della notifica, che si considera avvenuta, alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda. La norma testè citata (secondo periodo del I comma dell’art. 26 D.P.R. n. 602/1973) non disciplina in maniera esaustiva la notificazione a mezzo del servizio postale. Difatti la norma richiamata stabilisce che la notificazione debba essere eseguita «nelle forme previste dalla legge» e, a completamento della disciplina sulla notificazione della cartella di pagamento, rinvia all’art. 60 D.P.R. 600/1973 (art. 26 citato, ultimo comma). Ora, l’art. 60, appena citato, a sua volta opera un rinvio alle «norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile». Trovano pertanto applicazione, nella notificazione della cartella di pagamento, anche le disposizioni di cui agli artt. 148 (sulla relazione di notificazione) e 149 c.p.c. (sulla notificazione a mezzo del servizio postale), le quali prescrivono l’apposizione della relazione di notificazione in calce all’originale ed alla copia dell’atto. Ora, come noto, la relazione di notificazione costituisce elemento essenziale e indefettibile della stessa notificazione: essa è l’atto di notificazione ovvero il processo verbale che fa fede fino a querela di falso e che deve essere redatto da chi è competente per legge e da quest’ultimo datato e sottoscritto. Ne consegue che l’omissione della relazione di notificazione comporta l’impossibilità di conoscere chi ha svolto e chi ha subito l’attività di notifica e se chi ha eseguito la notifica e chi ne è risultato destinatario siano o meno soggetti legittimati attivi e passivi, come espressamente disciplinato dal codice di rito. Non va, difatti, sottaciuto che gli atti autonomamente impugnabili di cui all’art. 19 del D.Lgs. 546/92 - e certamente anche la cartella di pagamento - sono sempre atti tributari sostanziali recettivi (con l’eccezione, come si è detto, del ruolo) e pertanto, per loro natura, richiedono ai fini della loro giuridica esistenza un legale e compiuto procedimento di notificazione perché suscettibili solo allora di produrre effetti rilevanti nella sfera giuridica del destinatario. La recettizietà degli atti tributari sostanziali trova oggi conferma nell’art. 6 dello Statuto del contribuente (oltre che nella giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass. n. 4760/2001) che sancisce espressa- 27 28 mente l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati, facendo salve, al contempo, le disposizioni in materia di notificazione recanti misure solo potenzialmente dirette a portare l’atto notificando ad effettiva conoscenza del destinatario e, comunque, idonee alla formazione della c.d. conoscenza legale (1). Ne consegue che una invalida notificazione è inidonea a realizzare la funzione tipica del procedimento notificatorio, compromettendone l’effetto finale, consistente nella legale conoscenza dell’atto notificando da parte del suo destinatario (2). Ciò premesso, le modalità di notifica a mezzo del servizio postale oltre ad essere disciplinate dagli articoli 148 e 149 del C.P.C., nonché dalla norma di cui all’articolo 60 del D.P.R. n 600/1973, sono, in via concorrente, altresì disciplinate dalla Legge n. 890/1982 denominata "Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari". Ai sensi dell’articolo 1 della norma testè citata, l’ufficiale notificante può avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti. In questa ipotesi vengono a cooperare due distinti soggetti: l’ufficiale giudiziario e l’ufficiale postale. L’ufficiale giudiziario, dopo avere sottoscritto ai sensi dell’art. 148 del C.P.C. la relata di notifica, consegna l’atto all’ufficio postale "facendo menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento." (art. 149 CPC e art. 3 della legge 890/1982). Inoltre, ai sensi dell’art. 3, comma II, della richiamata Legge 890/1982, la busta esternamente deve contenere il numero di registro cronologico e la sottoscrizione dell’ufficiale giudiziario. Dal combinato disposto delle citate norme si evince che in caso di notifica a mezzo posta l’agente notificatore: 1) deve compilare la relata di notifica dell’atto impositivo indicando l’ufficio postale da cui parte l’atto (art. 149 del C.P.C. e art. 3 della Legge n. 890/1982); 2) deve apporre la propria sottoscrizione sulla relata di notifica (art. 148 del C.P.C.); 3) dopo avere compilato la relata di notifica lo stesso deve provvedere ad includere l’atto nella busta al cui esterno deve essere riportata anche la sua sottoscrizione (art. 3 della Legge n 890/1982); 4) deve introdurre l’atto in un’apposita busta verde. Deve compilare l’avviso di ricevimento, anch’esso di colore verde (art. 2 della Legge n 890/1982); 5) deve consegnare la busta all’Ufficio postale. Con la consegna della busta all’Ufficio postale, la funzione della notifica, o meglio della consegna dell’atto, passa all’agente postale. Inoltre la Legge n. 890/1982, in materia di notificazioni di atti a mezzo posta, con l’art. 3 prevede che il notificatore apponga la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendo menzione dell’Ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Ed ancora il notificatore deve apporre sulla busta di spedizione il numero del registro cronologico, la propria sottoscrizione ed il sigillo dell’ufficio ed annotare sull’avviso di ricevimento il numero del registro cronologico. In aderenza all’osservanza delle citate disposizioni si registra copiosa giurisprudenza. Invero l’obbligo di indicare, nella relata di notifica, gli elementi innanzi illustrati è stato più volte ribadito sia dalla giurisprudenza di legittimità che da quella di merito e, segnatamente: dalla Corte di Cassazione nelle pronunce nn. 5305/1999, 13231/2005 e 3230/05; dalla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, Sez. VII, sentenze nn. 347/2003, 348/2003, 349/2003, 350/2003; dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, Sez. XIV sentenza n. 13/03; dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, Sez. XII, sentenza n 769/2004; dalla Commissione Tributaria di I Grado di Bolzano, Sez. VI, sentenza n. 5/2003; dalla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, Sez. IV, sentenza n 5/2006 e Sez. I, sentenza n. 160/2003; dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Sez. XVI, sentenza n. 34/2002; dalla Commissione Tributaria Regionale di Venezia, Sez. III, sentenza n 30/2001. In particolare: - i giudici della sezione VII della Commissione Tributaria Provinciale di Foggia si sono così espressi: "Le censure mosse dalla parte ricorrente si palesano fondate pertanto meritano accoglimento. In particolare circa il contenuto della relata di notifica la normativa dispone che a pena di nullità nella stessa deve essere riportata l’indicazione dell’ufficiale notificatore, la sua sottoscrizione, la data nonché le generalità del consegnatario, la firma e la sua qualità"; - i giudici della Sezione XIV della Commissione Tributaria Provinciale di Torino nella sentenza n. 13/2003 si sono così espressi: "Dall’esame delle relate di notifica e delle buste relative agli avvisi in capo alla società in oggetto, è emerso che: manca il numero cronologico del notificatore e la sottoscrizione o firma sulla busta relativa all’avviso di cui al ricorso ……; manca la firma del direttore responsabile sull’avviso di rettifica n. …… nonché la sottoscrizione o firma sulla busta da parte del notificatore per quanto riguarda l’avviso di cui al ricorso ……; infine dalla lettura della relata della notifica dell’avviso n. …… di cui al ricorso …… mancano l’indicazione del soggetto notificante e la sottoscrizione del medesimo. Accertate quindi queste irregolarità, questa Commissione ritiene nulli gli atti introduttivi dei ricorsi riuniti e proposti dalla società per inesistenza della loro notificazione alla parte resistente"; - i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza n. 5305/1999 si sono così espressi: "Qualora nell’originale dell’atto da notificare la relazione sia priva della sottoscrizione dell’ufficiale giudiziario, la notificazione deve ritenersi inesistente e non semplicemente nulla, non essendo configurabile una notifica in senso giuridico ove manchi il requisito indefettibile per l’attestazione dell’attività compiuta"; - i giudici della Sezione XII della Commissione Tributaria Provinciale di Catania nella sentenza n 769/2004 si sono così espressi " In caso di notifica a mezzo del servizio postale, ex articolo 14 della Legge n 890/1982, la mancata compilazione della relata di notifica comporta l’inesistenza della stessa, senza che possa invocarsi la sanatoria ex articolo 156 del codice di procedura civile." Va inoltre rimarcato che secondo la suprema Corte di Cassazione (Cass., Sez. I, n. 3819/1991; Sez. II, n. 286/1987; Sez. lav n. 3260/1986; Sez. III, n. 971/1980; Sez. I, n. 3506/1972; Sez. II, n. 6377 del 26/11/1988; Cass. Sez. II, n. 2147 del 27/2/1998 e Cass., Sez. Tributaria n. 7608 del 6/6/2000 e n. 8454/2005) ricade nell’ipotesi di inesistenza giuridica e non della nullità l’omissione della notificazione stessa o l’effettuazione di quest’ultima in modo assolutamente non previsto dal codice di rito. L’ipotesi dell’inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando quest’ultima sia effettuata in modo assolutamente non previsto dalla normativa, tale, cioè da impedire che possa essere assunta nel modello legale della figura, cfr. Cass. Civ., 11.04.1991, n. 3819. L’inesistenza della notificazione travolge l’atto im- pugnato della cui validità la notificazione è un presupposto fondamentale. Difatti l’atto di imposizione tributaria, quale atto di natura sostanziale recettizio, esiste solo se validamente notificato, ma la notifica non è un atto distinto dall’atto di imposizione, bensì elemento essenziale dello stesso, talchè un vizio di notificazione non è nient’altro che un vizio dell’atto stesso sicuramente non sanabile dall’accertamento della conoscenza da parte del destinatario del contenuto dell’atto viziato. La notifica, in questo caso, assume la connotazione di conditio sine qua non, in quanto solo se validamente notificato un atto amministrativo può produrre effetti altrimenti è considerato tamquam non esset o, altrimenti detto, non esse et non notificari paria sunt. Pertanto, allorquando ricorre ipotesi di inesistenza giuridica della notifica e non di nullità, l’impugnativa dell’atto pervenuto caratterizzato da inesistenza (giuridica) della notifica, non ha efficacia sanante essendo inapplicabile al caso di specie la sanatoria prevista per gli atti del processo di cui all’art. 156, comma 3, e 160 del codice di procedura civile che è invece rivolta solo ai casi di nullità della notifica. Peraltro le stesse SS.UU. della suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 19854 del 5/10/2004 hanno stabilito che la sanatoria dei vizi di notifica di cui all’art. 156, comma III, e art. 160 C.p.c. attiene solo alle ipotesi riconducibili alla nullità della notifica e non alla inesistenza. Luca De Rosa (1) M.G. Bruzzone, Notificazioni e comunicazioni degli atti tributari, pag. 179 (2) Op. citata pag. 156 29 Procedimento e processo LA COMPETENZA GIURISDIZIONALE IN TEMA DI PRELIEVO SUPPLEMENTARE NEL SETTORE DEL LATTE E DEI PRODOTTI LATTIERO - CASEARI NON APPARTIENE AL GIUDICE TRIBUTARIO Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVI, 15 novembre 2006, n. 265 Pres. Ferrara – Rel. Curcio Procedimento e processo – Prelievo supplementare latte di cui alla legge n. 468/1992 – Natura di tributo – Non sussiste – Giurisdizione delle Commissioni tributarie – Esclusione Il prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero - caseari, di cui alla legge n. 468/1992, pure se riscosso a mezzo di iscrizione a ruolo, costituisce uno strumento regolatore del mercato agricolo: pertanto, non ha natura di tributo, e conseguentemente non appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie ad esso relative, essendo devolute, ai sensi dell’art. 2 sexies della legge n. 109/2005, alla giurisdizione esclusiva del giudici amministrativi competenti per territorio. Svolgimento del processo 30 II Concessionario per la riscossione E. TR. S.p.a. notificava a M.F. la cartella di pagamento di totali euro 21.456,80 a titolo di prelievo supplementare latte di cui alla legge n. 468/1992 - anno 2002 - su iscrizione a ruolo della Regione Campania Settore T.A.P. - Alimentazione Salerno. Detta cartella recava l’annotazione di invio della stessa all’intestatario principale Società Cooperativa s.r.l. V.. Ricorreva, in data in data 15 marzo 2006, nei confronti della Regione Campania e della E. Tr. S.p.a., M.F. rappresentato e difeso dall’avv. V. G.. Premetteva che egli era produttore ed asse- gnatario di una quota latte "A" e "B" come stabilito dalla legge 468/92 ed aveva conferito l’alimento per l’annata 2002/2003 all’azienda V. cooperativa a r.l.. L’Agenzia per le erogazioni in agricoltura AGEA, in data 24/06/2005 gli aveva intimato il versamento della sanzione amministrativa pari ad euro 20.250,67 imponendo tuttavia, con precedente comunicazione, alla citata azienda V. in qualità di primo acquirente il versamento entro il 31 agosto 2003. Tenuto al pagamento, in virtù della normativa al momento applicabile, e cioè del comma 1 dell’art. 6 della legge 468/92, era infatti l’acquirente azienda V. malgrado che il folto contenzioso giudiziario sorto in materia avesse tuttavia ritenuto illegittima la procedura applicata dall’AGEA per l’irrogazione della sanzione dato il contrasto della legge 468/92, poi abrogata con decreto legge 28 marzo 2003, n. 49 convertito con legge 119/2003, con la normativa comunitaria ed i principi costituzionali. Evidenziava che i Q.R.I. (Quantitativo individuale di riferimento), introdotti dalla regolamentazione comunitaria, erano finora risultati nettamente inferiori alle produzioni aziendali, con conseguente grave limitazione del diritto di impresa, ed erano stati sospesi in sede giurisdizionale. Precisava ancora che per la campagna 2002/2003, riferita al prelievo in discussione, non risultava inserita la quota aggiuntiva che ai sensi dell’art. 1, comma 8 bis, del D.L. n. 82/2000 convertito con legge n. 79/2000 doveva essere assegnata proporzionalmente all’aumento di quota destinata allo Stato Italiano in sede comunitaria. Per quanto precede, eccepiva parte ricorrente, derivava la illegittimità delle assegnazioni dei Q.R.I. in virtù delle quali l’AGEA aveva determinato i prelievi supplementari sulla scorta di quote illegittime definite in base a dati statistici, e non reali, di produzione ed in violazione dell’art. 1, comma 12, della legge 118/99 e dell’art. 1, comma 5, della legge 79/2000. In sintesi motivano il presente ricorso i seguenti rilievi: - carenza di certificazione; - difetto di motivazione; - violazione di norme comunitarie, costituzionali e nazionali; - violazione delle norme in materia di iscrizione nei ruoli esattoriali. Concludeva per l’accoglimento del ricorso, previa sospensione degli effetti della cartella di pagamento opposta, con vittoria di spese. La Regione Campania, rappresentata e difesa dall’avv. M. C., curava la costituzione in giudizio con deposito in data 11 luglio 2006, con memorie giunte alla Sezione solo in data 4 settembre 2006, deducendo in via preliminare il difetto di giurisdizione della Commissione Tributaria adita in quanto la controversia era relativa a sanzione amministrativa irrogata in materia di quote latte, che in un primo momento il legislatore aveva attribuito in via esclusiva alla competenza dei tribunali ordinari (art. 1, comma 551, della legge 30 dicembre 2004, n. 31 c.d. legge finanziaria 2005). Successivamente, con l’art. 2-sexsies del D. L. 26.04.05, n. 63 convertito in legge 25 giugno 2005, n. 109, il legislatore aveva stabilito che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, e cioè dal 26 giugno 2005, le controversie relative all’applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte erano devolute alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi territorialmente competenti, restando radicati solo i giudizi già iniziati. Ne conseguiva la esclusione della competenza del giudice tributario. In ordine al pieno merito rappresentava che la Regione Campania aveva notificato alla parte ricorrente, in data 22 giugno 2005, atto di intimazione, non impugnato innanzi al TAR e quindi divenuto definitivo. Concludeva per la pronuncia del difetto di giurisdizione ed in subordine per il rigetto del ricorso e della istanza cautelare. Vinte le spese. In data 26 luglio 2006 la parte ricorrente depositava memoria e nel ribadire le conclusioni cui era pervenuta in sede di proposizione del ricorso evidenziava che il visto di esecutorietà della cartella di pagamento impugnata era stato reso tardivamente in data 19 dicembre 2005 mentre, tenuto conto che la comunicazione alla cooperativa V. era stata notificata in data 6.8.2003, il visto andava curato entro il 31 dicembre 2004. Concludeva per la richiesta di annullamento della cartella di pagamento, previa sospensione degli effetti. In data 1 agosto 2006 la Commissione accoglieva l’istanza cautelare e disponeva la sospensione degli effetti dell’atto impugnato. In data 12 settembre 2006 la Regione Campania provvedeva al deposito di memorie illustrative e ribadiva la eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto proposto a giudice privo della giurisdizione nella materia oggetto della controversia. Nel merito precisava che la richiesta fatta valere con la cartella di pagamento non proveniva dalla AGEA bensì dal Settore Provinciale di Alimentazione di Salerno della regione Campania che con nota indicata nell’atto di costituzione (allegato 2) aveva intimato, sia all’acquirente cooperativa V. che al produttore M. F., di effettuare il versamento del prelievo supplementare dovuto per la campagna 2002/2003, tanto in osservanza della legge n. 468/1992 e del D.L. 43/1999 convertito in legge n. 118/1999. Confermava che né il ricorrente produttore M. F., né l’acquirente V. avevano prodotto alcuna opposizione avverso il richiamato atto di intimazione, così divenuto definitivo, con successiva conseguente iscrizione a ruolo. In aggiunta alle deduzioni di cui all’atto di costituzione chiariva in ordine al motivo n. 17 spiegato dalla parte ricorrente che l’allevatore zootecnico che produce latte in esubero rispetto alla quota assegnata debba 31 32 acquistare o affittare quote proporzionali alla propria capacità aziendale, ovvero inoltrare domanda alla Regione per l’assegnazione dei quantitativi di riferimento disponibili alla riserva regionale. Di conseguenza il mancato equilibrio tra il patrimonio zootecnico e la quota latte posseduta produce eccedenza che immessa sul mercato genera il prelievo supplementare che va trattenuto dal prezzo di vendita dal primo acquirente, che viene chiamato a rispondere del debito in quanto responsabile solidale. Quanto alla eccezione di decadenza posta dal ricorrente in ordine alla inosservanza dei termini posti dall’art. 17 del D.P.R. n. 602/1973 la Regione ne eccepiva la inammissibilità dato che essa era stata svolta solamente con la memoria depositata in data 25 luglio 2006 mentre avrebbe dovuto essere contenuta nel ricorso, in ossequio della disposizione di cui al 2° comma dell’articolo 32 del D.Lgs. n. 546/1992 che non consente la proposizione di nuove domande e nuove eccezioni, e ne eccepiva inoltre la infondatezza in quanto le norme del D.P.R. n. 602/1973 si applicano solo in materia di imposte e tasse. Precisava che la circostanza che la legge vigente in tema di quote latte prevedesse l'utilizzo del procedimento di riscossione coattiva mediante ruoli non comportava necessariamente l’applicazione dei termini previsti dal citato D.P.R. n. 602/73 dettati in tema di tributi. Evidenziava che il prelievo supplementare oggetto della vertenza non era sussumibile né sotto la fattispecie del tributo, né di una sanzione, bensì apparteneva agli strumenti regolatori del mercato agricolo, ed in assenza di una specifica normativa speciale valevano le regole della prescrizione ordinaria. Concludeva come da atto di costituzione in giudizio. In data 25 settembre 2006 si costituiva in giudizio la Esazioni Tributi S.p.a. e chiariva che il concessionario per la riscossione opera quale mero agente attenendosi al ruolo formato dall’ente impositore che rappresenta l’unico soggetto legittimato a contraddire le doglianza della parte ricorrente. Concludeva per la infondatezza del ricorso e la dichiarazione di estraneità del concessionario per la riscossione. Con vittoria di spese. In data 5 ottobre 2006 la Regione Campania chiedeva che la trattazione del ricorso avvenisse in pubblica udienza. In data 6 ottobre 2006 la parte ricorrente depositava memorie di replica per dedurre in merito ad eccezioni mosse dalle parti resistenti. In ordine alla invocata carenza di giurisdizione della Commissione Tributaria sollevata dalla Regione Campania poneva in risalto che la competenza della detta Commissione era stata indicata dalla E.TR. S.p.a. sul retro della cartella impugnata ove erano espressamente riportate le modalità di impugnazione da seguire. Tali modalità erano state rispettate alla lettera e le conseguenze negative che potevano derivarne erano da imputate alla E.TR. S.p.a. con la conseguenza che la cartella di pagamento contenente tali erronee indicazioni, altamente lesive del diritto di difesa sancito dagli articoli 2 e 24 della Costituzione e dell’art. 1175 del c.c., andava annullata. In proposito, tuttavia la parte ricorrente, riteneva che nel rispetto degli articoli 2, 10 e 19 del D.Lgs. n. 546/92 la giurisdizione si appartenesse alla adita Commissione competente a decidere dei ricorsi in materia di tributi, di ogni genere e specie comunque denominati, radicati contro enti titolari della potestà impositiva e dei concessionari per la riscossione. Faceva altresì rilevare che la stessa Commissione si era ritenuta competente nell’adottare il provvedimento di sospensione. In ordine alla eccezione, mossa dalla Regione Campania, circa la tardività della lagnanza espressa dal ricorrente per la decadenza dei termini di cui all’articolo 17 del D.P.R. n. 602/1973, evidenziava che il motivo era riportato al punto 4 della memoria di costituzione ed era stato solo ampliato con le successive memorie. Concludeva come da ricorso ed in via subor- dinata, nel caso di accertato difetto di giurisdizione, per l’annullamento della cartella attese le false indicazioni fornite ed in via più gradata per la rimessione in termini. Motivi della decisione Il Collegio ritiene di dovere affrontare preliminarmente l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione della adita Commissione sollevato dalla Regione Campania che richiama il disposto ultimo portato dall’art. 2 sexies del decreto legge n. 63/2005 convertito con legge 26 giugno 2005, n. 109. In virtù di tale norma, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (26 giugno 2005), le controversie relative all’applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero caseari sono devolute alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi competenti territorialmente. La parte ricorrente fa rilevare che la competenza dell’adita commissione tributaria è stata indicata dal Concessionario per la esazione E.TR. S.p.a. che ha curato la notifica della cartella impugnata e su tanto ha fatto legittimo affidamento pur insistendo sulla giurisdizione della commissione tributaria che ai sensi del novellato art. 2 del D.Lgs. n. 546/92 ha competenza su tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali (...) le sanzioni amministrative comunque irrogate dagli uffici finanziari, gli interessi ed ogni altro accessorio. Al riguardo il Collegio osserva che già nella disciplina originariamente stabilita dall’art. 2 del D.Lgs. n. 546/92, ed ancor più nel testo sostituito dall’art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 come integrato dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, la tutela giurisdizionale dei contribuenti è affidata in esclusiva alla giurisdizione del giudice tributario, comprensiva di ogni e qualsiasi questione afferente l’esistenza dell’obbligazione tributaria (Cfr. Cass. Sez. Un. 04 aprile 2006 n. 7804). Ora la questione rimessa al vaglio della Commissione nasce dall’equivoco generato dalla modalità seguita dalla Regione per la riscossione del credito attraverso la iscrizione a ruolo e la emissione della cartella di pagamento da parte del concessionario per la esazione. Non basta certo il richiamo alle modalità seguite per la riscossione, e nel caso in esame la formazione del ruolo e la conseguente emissione della cartella di pagamento, per affermare la competenza del giudice tributario in quanto è invece necessario che l’atto impugnato (appunto la cartella e il presupposto ruolo) abbia ad oggetto un tributo, anche nella accezione allargata portata dalla innanzi citata disposizione di cui alla legge n. 248/2005. Né ad avviso del Collegio assume significativo rilievo che la impugnata cartella definisca le somme iscritte a ruolo quale tributo coattivo in quanto ciò rappresenta un fatto nominalistico e la natura del credito iscritto prescinde assolutamente dalla qualificazione assunta in cartella. In breve sintesi i requisiti per l’attribuzione della giurisdizione tributaria sono due: l’attribuzione della materia in applicazione della norma portata dall’art. 2 del D.Lgs. n. 546/92 come novellato e la individuazione dell’atto impugnabile nella elencazione, anche non tassativa, prevista dall’art. 19 del citato D.Lgs. n. 546/92. Nel caso in trattazione alla cartella di pagamento, atto che rientra nella elencazione del citato art. 19, non si accompagna la natura tributaria delle somme in contestazione dato che esse vengono richieste dalla Regione a titolo di prelievo supplementare in applicazione della legge n. 468/1992 e s. m. i. secondo quanto previsto dal comma 46 dell’art. 10 della legge n. 119/2003 e costituisce uno strumento regolatore del mercato agricolo. Neanche rilievo assume la circostanza che la istanza cautelativa sia stata trattata dal Collegio nella apposita udienza tenuta in data 1 agosto 2006 in quanto in essa venivano posti in discussione gli effetti dell’atto opposto e cioè della cartella di pagamento e in tale se- 33 de non veniva affrontato il problema della giurisdizione del giudice tributario che, pur essendo rilevabile anche d’ufficio, non era stato oggetto di esame in quanto le controdeduzioni della Regione Campania, pur essendo giunte presso la segreteria generale della Commissione in data 11 luglio 2006, erano state consegnate alla Sezione solo in data 4 settembre 2006. Il Collegio, conclusivamente sul punto, ritiene di riconoscere il proprio difetto di giurisdizione, in accoglimento della eccezione mossa dalla Regione Campania e nel rispetto della norma di cui al citato art. 2 sexies della legge n. 109/2005, individua nel giudice amministrativo l’autorità giurisdizionale competente. Tenuto conto della scusabilità dell’errore 34 commesso dalla parte ricorrente a causa della indicazione apposta sul retro della cartella di pagamento ritiene di dovere assegnare termine per la riassunzione innanzi a detto giudice. Il Collegio ravvisa infine giusti motivi, a causa della novità della questione trattata, per disporre la totale compensazione delle spese sostenute dalle parti costituite. P. Q. M. Dichiara il proprio difetto di giurisdizione in favore del TAR. Assegna per la riassunzione innanzi a detto ufficio il termine di giorni 120. Dichiara compensate tra le parti le spese procedurali. Procedimento e processo EFFETTI DEL RICORSO AVVERSO IL DINIEGO DI ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVIII, 23 novembre 2006, n. 231 Pres. Cobellis – Rel. Cusati Procedimento e processo – Autotutela amministrativa – Natura – Provvedimento di dinego dell’annullamento – Impugnazione – Giurisdizione delle Commissioni tributarie – Sussiste – Oggetto della giurisdizione – E’ limitato all’esame formale e alla correttezza nella formazione del provvedimento impugnato – Effetti della pronuncia – Non possono estendersi alla valutazione circa la legittimità della pretesa tributaria Stanti la natura e le caratteristiche dell’autotutela, il giudice del provvedimento, con il quale l’Amministrazione si è pronunciata negativamente sulla richiesta di autotutela tributaria, non può sostituirsi all’Amministrazione finanziaria in una valutazione sulla illegittimità o sulla ingiustizia della pretesa tributaria, ma può solo verificare se il provvedimento denegatorio, nel quale tale valutazione si estrinsechi, sia formalmente corretto, immune da vizi logici e frutto di un corretto e sereno esercizio del potere discrezionale. Svolgimento del processo Con atto consegnato all’Agenzia delle Entrate il 20 febbraio 2006, la O. s.r.l. ricorre "avverso e per l’annullamento", previa sospensione, "del provvedimento di diniego di autotutela e degli avvisi di accertamento relativi rispettivamente agli anni 1991 e 1992 e la cartella di pagamento emessa dal Concessionario della riscossione per dette annualità". L’Agenzia delle Entrate resiste al ricorso con controdeduzioni depositate in data 8.6.2006, e ne chiede il rigetto perché inammissibile, anche per difetto di giurisdizione della Commissione adita, ed infondato. La società ricorrente in data 24.5.2006 ha provveduto al deposito della documentazione richiesta dalla Commissione con ordinanza del 21.4.2006, e successivamente, in data 5 giugno 2006, ha prodotto ulteriore memoria illustrativa a sostegno del ricorso. La controversia, quindi, è stata in data odierna discussa oralmente in pubblica udienza e decisa come da dispositivo. Motivi della decisione La società ricorrente, richiamando il diritto alla esenzione decennale dall’Irpeg e dall’Ilor, riconosciutole con decisione n. 54/5/2004 del 22.3.2004 della CTR Campania - sezione quinta -, deduce la illegittimità del provvedimento di diniego opposto dall’Amministrazione Finanziaria alla richiesta datata 10.12.2005 di annullamento in autotutela della cartella esattoriale recante la iscrizione a ruolo di quanto accertato per Irpeg ed Ilor relativamente agli anni 1991 e 1992 con gli avvisi di accertamento n. … e n. …. Ritiene, in particolare, la O. s.r.l. che non sia preclusivo alla richiesta autotutela il giudicato, invocato dall’Amministrazione Finanziaria, formatosi negli specifici procedimenti insorti con la impugnativa dei predetti accertamenti, conclusi entrambi con decisioni della C.T.R. Campania solo formalmente, e 35 36 comunque per motivi non attinenti al merito della pretesa, sfavorevoli ad essa ricorrente. L’Agenzia delle Entrate, dedotta in via preliminare la inammissibilità del ricorso sia per il difetto di giurisdizione della Commissione adita sia per la impossibilità di far rientrare il diniego del provvedimento di autotutela tra quelli indicati nell’art. 19 del decreto legislativo n. 546/1992 come autonomamente impugnabili innanzi al giudice tributario, insiste nel considerare le due decisioni della C.T.R. Campania, che hanno definito le controversie relative agli accertamenti per gli anni 1991 e 1992, assolutamente ostative all’accoglimento della istanza di annullamento "in via di autotutela" del ruolo relativo alle imposte accertate. Ritiene questa Commissione di dovere preliminarmente risolvere le questioni di ammissibilità del ricorso, a) richiamando e facendo proprie le considerazioni di cui alla decisione n. 16776 del 10.8.2005 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, alla luce delle innovazioni nel sistema complessivo della giurisdizione tributaria introdotte dall’art. 12 comma 2 - della legge 28 dicembre 2001 n. 448, ha espressamente ritenuto la competenza del giudice tributario a decidere sul rifiuto espresso o tacito di autotutela; b) evidenziando, con specifico riferimento alla impugnabilità del rifiuto di autotutela, che, in virtù del sistema delineato dal predetto sistema, in cui la giurisdizione tributaria è divenuta - nell’ambito suo proprio - una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qualvolta si controverta di uno specifico rapporto tributario o di sanzioni irrogate da un ufficio tributario, l’enumerazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del D. Lgs. n. 546 del 1992 non può considerarsi tassativa. D’altra parte non sono pochi i casi in cui la sezione tributaria della Corte Suprema ha, sia pure per facta concludentia (cfr., ad esempio, Cass. Sezione tributaria - 20 febbraio 2006 n. 3608), ritenuto ammissibile la impugnazione del predetto rifiuto. E’ evidente, però, che stante la particolarità di tale provvedimento e del particolare potere al quale lo stesso è correlato, l’esame e la decisione del giudice vanno nelle predette impugnative necessariamente limitati ai vizi propri di tale provvedimento, e non possono in alcun modo coinvolgere, ed ancor meno incidere sugli stessi fino ad annullarli, gli atti definitivi, in relazione ai quali è stato richiesto all’Amministrazione l’esercizio della rifiutata autotutela. Tanto si ricava innanzitutto dalla natura e dalle caratteristiche dell’autotutela, finalizzata a risolvere situazioni di palese illegittimità o di sostanziale ingiustizia, ed espressione di un potere affidato in via esclusiva e straordinaria alla stessa amministrazione che le consente la rimozione, sospensione o revoca di propri atti, palesemente ingiusti o illegittimi, prima ancora che il giudice si pronunci in via definitiva o quando tale pronuncia non sia più possibile alla stregua degli strumenti tipici della giurisdizione. Ne discende che l’esame da parte del giudice del provvedimento, con il quale l’Amministrazione si è pronunciata negativamente sulla richiesta di "autotutela", non può abilitare surrettiziamente lo stesso giudice a superare le norme che regolano compiutamente, nei tempi e nelle forme, la impugnazione dei provvedimenti e di pervenire, mediante l’esercizio di un potere proprio dell’Amministrazione, al rinnovo di un giudizio di legittimità, ormai precluso o esaurito in via ordinaria, sugli atti oggetto della richiesta di annullamento in autotutela. In effetti, il giudice tributario, in subjecta materia, non può sostituirsi all’Amministrazione finanziaria in una valutazione sulla illegittimità o sulla ingiustizia della pretesa tributaria, ma può solo verificare se il provvedimento denegatorio, nel quale tale valutazione si estrinsechi, sia formalmente corretto, immune da vizi logici e frutto di un corretto e sereno esercizio del potere discrezionale. Tali conclusioni risultano confortate anche dalla citata decisione n. 3608/2006 della Sezione tributaria della Corte Suprema, che sembra riaffermare chiaramente il principio secondo il quale, a meno che lo stesso non sia fondato sulla sopravvenienza di leggi successive, il ricorso proposto al giudice tributario avverso il diniego ... di autotutela non può risolversi in una impugnazione di atti impositivi in ordine ai quali siano già decorsi i termini per esperire la tutela giurisdizionale. Sul punto, anche se afferenti a materia diversa da quella fiscale, sono particolarmente chiare anche TAR Lombardia Milano - sezione quarta - 21 marzo 2005 n. 621 ("Il soggetto che non abbia tempestivamente impugnato un atto lesivo non può essere rimesso surrettiziamente in termini mediante il sollecito del potere di autotutela dell’Amministrazione e la successiva impugnazione dell’eventuale diniego"), TAR Puglia Bari sezione seconda - 10 marzo 2003 n. 1097 ("il contestato mancato esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione non è idoneo a far riaprire i termini di impugnazione, anche perché il diniego espresso o implicito non potrebbe che avere mero valore confermativo del precedente atto rimasto inoppugnato") e TAR Marche 19 settembre 1996 n. 582 che ribadisce la mancanza dell’obbligo dell’Amministrazione a pronunciarsi sulle istanze di autotutela. Dalle considerazioni svolte deriva che nel caso in esame, in cui peraltro è rimasta inoppugnata la cartella di pagamento emessa dal Concessionario della riscossione per le annualità in contestazione, non possono essere sicuramente accolte le richieste di annullamento della predetta cartella e degli accertamenti (per i quali, peraltro, nelle conclusioni dell’istanza di autotutela non si sollecita l’annullamento), che della prima costituiscono legittimo presupposto, ma può semplicemente essere valutata la legittimità formale del provvedimento di "diniego". In altri termini, non è consentito a questo giudice, fornire risposta alla domanda esplicitamente posta dalla ricorrente (cfr. pag. 4 della memoria illustrativa) "se la pretesa fiscale azionata con gli atti impositivi di cui si è chiesto l’annullamento in via di autotutela sia o meno legittima", mentre è consentito rispondere, sia pure in forma articolata, al secondo quesito posto a questo giudice dalla società ricorrente, per sapere se nella motivazione del diniego sia stato correttamente invocato l’effetto preclusivo del giudicato di cui al D.M. 11.2.1997 n. 37. Nel sistema dell’autotutela, infatti, nel quale il richiedente non ha un diritto soggettivo a che l’ufficio eserciti tale tutela e nel quale l’ufficio, a stretto rigore, ha il potere ma non il dovere di ritirare l’atto viziato, la risposta al primo quesito non può che venire dalla stessa amministrazione, nella complessità delle sue articolazioni anche gerarchiche, mentre al giudice è affidato solo il compito di controllare se il provvedimento, con il quale tale risposta venga fornita, sia formalmente legittimo. Tale verifica, peraltro, se non consente al giudice per quanto si è detto di estendere la delibazione di legittimità anche agli atti oggetto della richiesta di autotutela, per i quali tale controllo giurisdizionale sia già stato effettuato o non sia più possibile, costituisce pur sempre, ove la stessa si concluda favorevolmente al contribuente, utile certificazione di una patologia di comportamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria, sicuramente utilizzabile, per esempio, ai fini di una richiesta di riesame dell’istanza di autotutela o a supporto di eventuali azioni risarcitorie. A tal proposito, risulta interessante citare la stessa Amministrazione finanziaria che richiama nella circolare n. 198/98, ai fini del corretto e doveroso esercizio dell’autotutela, la necessità di evitare che la discrezionalità diventi arbitrio, nonché le possibilità dell’intervento sostitutivo dell’organo gerarchicamente sovraordinato e la particolare responsabilità disciplinare e professionale dei dirigenti. Sul secondo quesito che la O. s.r.l. pone con il suo ricorso alla Commissione, occorre preliminarmente precisare che nell’ordinamento tributario l’istituto dell’autotutela, espressamente previsto dall’art. 68 - comma primo - del D.P.R. n. 287/1992, poi abroga- 37 38 to, e dall’art. 2 quater della legge n. 656/1994, trova disciplina attuativa e regolamentare nel D. M. 11.2.1997 n. 37, che all’art. 2 prevede espressamente che "non si procede all’annullamento d’ufficio o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione Finanziaria". Ciò posto, sembra alla Commissione che la motivazione espressa dall’Agenzia delle Entrate nel provvedimento impugnato, sia insufficiente ed incongrua rispetto alle questioni prospettate dalla istanza della O., in quanto • si limita ad un richiamo formale alla preclusione di cui al citato art. 2 del D.M. n. 37/1997 per la esistenza del giudicato; • omette qualsiasi delibazione sulla idoneità di quel particolare giudicato, e dai motivi che lo hanno determinato, a paralizzare il potere di autotutela riconosciuto all’Amministrazione finanziaria; • trascura con superficialità ogni seria considerazione sulla "ingiustizia" della imposizione tributaria, in una situazione caratterizzata dallo stridente contrasto tra il diritto della società a godere dell’esenzione decennale dall’Irpeg e dall’Ilor ed il giudicato formatosi in precedenza sulla pretesa al pagamento delle predette imposte per gli anni 1991 e 1992. Sembra, inoltre, che la motivazione del provvedimento, trincerandosi dietro il richiamo agli effetti preclusivi di giudicati, anche per questa Commissione più attinenti a questioni di "rito" che di "sostanza" , non consideri, con colpevole omissione la "novità", rispetto a quei giudicati, costituita dal successivo giudicato, questa volta sicuramente sostanziale, formatosi sulla sussistenza delle condizioni per la concessione della invocata esenzione decennale e per il conseguente riconoscimento del diritto della O. s.r.l. a godere della stessa. In effetti, ritiene la Commissione, che l’Agenzia delle Entrate nella fattispecie in esame sia venuta meno al dovere imprescindibile di valutare compiutamente, ai fini della corretta motivazione del provvedimento, tutte le possibili implicazioni di fatto e di diritto di una situazione nella quale alla società ricorrente viene richiesto il pagamento di imposte, relative ad annualità ricomprese nell’arco temporale per il quale risulta accertato, in altro procedimento giurisdizionale, il suo diritto all’esenzione decennale dall’Irpeg e dall’Ilor. Né le suddette valutazioni possono essere effettuate da questo giudice, afferendo le stesse ad un giudizio che, pur dovendo rispondere compiutamente a criteri di ragionevolezza ed all’onere di congrua motivazione degli atti, nel caso di specie non compiutamente assolto, rimane pur sempre affidato, per quanto si è diffusamente detto in precedenza, in via esclusiva al prudente e libero apprezzamento della stessa Amministrazione ed al corretto esercizio di un suo potere discrezionale. In coerenza con le argomentazioni svolte il ricorso va parzialmente accolto con la declaratoria di illegittimità, sotto il profilo della carenza di motivazione, del provvedimento impugnato, mentre vanno rigettate le altre domande avanzate dalla ricorrente. Sussistono giusti motivi, anche per la peculiarità delle questioni trattate, per dichiarare integralmente compensate fra le parti le spese di causa. P.Q.M. La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno - sezione diciottesima - in parziale accoglimento del ricorso della O. s.r.l. annulla il provvedimento di diniego impugnato per carenza di motivazione e rigetta le altre domande. Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di giudizio. Riscossione I NUOVI TERMINI DI DECADENZA DELLA RISCOSSIONE SONO APPLICABILI RETROATTIVAMENTE Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 292 Pres. Amato – Rel. Pisapia Riscossione – Riscossione dei tributi erariali diretti ed indiretti – Liquidazione delle imposte ex artt. 36 bis D.P.R. n. 600/73 e 54 bis D.P.R. n. 633/72 – Termini previsti a pena di decadenza dalla L. 31 luglio 2005 n. 156 – Disciplina transitoria di cui all’art. 1, comma 5 bis, lett. b) L. 156/2005 – Applicazione alle liquidazioni operate prima dell’entrata in vigore della legge – Applicabilità A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 280/2005 che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973, il Legislatore ha introdotto la normativa transitoria di cui all’art. 1, comma 5-bis e 5-ter, del D.L. 17 giugno 2005 n. 106, convertito dalla legge 31 luglio 2005, n. 156, rivolta a regolare fatti e/o situazioni che potevano verificarsi a cavallo tra la vecchia normativa e quella successiva. Ne consegue che le notifiche di cartelle derivanti dalla liquidazione di dichiarazioni anteriori all’entrata in vigore di tale legge, debba utilmente avvenire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo per le dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo per le dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003 ed entro il 31 dicembre del terzo anno successivo per le dichiarazioni presentate a decorrere dal 1° gennaio 2004. Svolgimento del processo La S. Sport S.p.a. in liquidazione ha impugnato la cartella di pagamento di complessive €. 9.148.522,61 emessa dall’E.Tr. S.p.a. e riguardante omessi versamenti di ritenute alla fonte, omessi versamenti di addizionale regionale e comunale, omessi versamenti periodici Iva, oltre sanzioni ed interessi. L’iscrizione a ruolo avveniva nel 2005 a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione presentata per il periodo di imposta 2001, 2002, 2003, 2004, 2005. Le motivazioni addotte dalla ricorrente attengono: 1) l’illegittimità ed infondatezza della cartella per violazione dell’art. 36 bis del D.P.R. 600/73 ed art. 17 del D.P.R. n. 602/73 ed art. 6 comma 1 L. n. 212/00 limitatamente al controllo della dichiarazione UNICO 2002 di complessive €. 397.086.940.00 per violazione dei termini decadenziali, trattandosi di cartella notificata in data 18.01.2006; 2) l’illegittimità ed infondatezza della cartella di pagamento relativamente alle somme iscritte a ruolo, derivante dal controllo automatizzato del modello UNICO 2006 presentato per il periodo di imposta 2005, in considerazione del fatto che l’A. F. non solo non ha considerato i versamenti disposti dalla società ma non ha tenuto conto dei termini per la presentazione della dichiarazione; 3) l’illegittimità ed infondatezza della cartella di pagamento relativamente agli omessi versamenti a saldo, annuali e periodici Iva, per un importo complessivo di €. 3.388.215,00 la cui iscrizione a ruolo è avvenuta a seguito di p.v. del 23.06.2005, 39 40 per violazione art. 12, 14, 15 e 15 bis del D.P.R. n. 602/73 ed art 54 bis del D.P.R. n. 633/72; 4) l’illegittimità ed infondatezza della cartella di pagamento per violazione dell’art. 12 comma 7 L. n. 212/00; 5) illegittimità ed infondatezza della cartella di pagamento per violazione dell’art. 12 comma 3 D.P.R. n. 602/73 ed art 3 L. n. 241/90, art. 7 e 17 della L. n. 212/00; 6) illegittimità ed infondatezza della cartella di pagamento per violazione della normativa art. 7 L. 212/00 ed art 12 3 comma D.P.R. n. 602/73 ed art. 42 D.P.R. n. 600/73; 7) l’illegittimità ed infondatezza della cartella di pagamento per violazione dell’art. 6 del D. M. n. 321/99. In relazione alle contestazione di cui ai punti da 1 a 7 la ricorrente richiama giurisprudenza di merito, chiedendo la sospensione della riscossione, ai sensi dell’art. 47 del D.Lgs. n. 546/92 che questa Commissione concedeva nell’udienza del 07.04.2006. con ordinanza n. 115. Allegava al fascicolo di causa: - fotocopie di versamenti con il modello F24 di complessive €. 1.146.832,09 effettuato in data 30.06.2005 presso la Banca …, riguardante il versamento di ritenute e di addizionali regionali e comunali riferiti all’anno di imposta 2005. Concludeva con la richiesta di annullamento dell’iscrizione a ruolo. In data 22.03.2006 si costituiva in giudizio l’E.TR. Esazione Tributi s.p.a. Commissario Governativo del servizio riscossione Tributi per la provincia di Cosenza, eccependo, preliminarmente, la carenza di legittimazione passiva in quanto, il visto di esecutività della cartella era stato apposto in data 29.07.2005, consegnato al Concessionario il 25.08.2005 e nel contempo, riferiva che l’Ufficio delle Entrate di Salerno in data 25.01.2006 aveva emesso provvedimenti di sgravio per € 6.671.365,66, per cui il residuo debito risultava essere €. 2.477.151,39. Esplicitava l’attività del Concessionario in relazione alla funzione di riscossione. Concludeva che ai sensi della L. n. 156/05 la cartella impugnata non può essere considerata tardiva. In data 03.04.2006 si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate - Ufficio di Salerno che rappresentava l’avvenuto sgravio delle partite di ruolo per complessive €. 6.671.365,70 e la trasmissione in via telematica al C.N.C. per cui la controversia era limitata alla parte residuale. Rilevava l’infondatezza dell’eccepita violazione dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/73 ed art 17 comma 1 lett. A del D.P.R. n. 602 relativamente all’anno 2001, trattandosi di termini non perentori, che la ricorrente avrebbe fatto coincidere con la data di esecutività del ruolo. Ricollegandosi l’Ufficio alle variazioni intervenute nella normativa in materia di riscossione, ferma l’attenzione sulla legge n. 156/05 ed, in particolare, sul comma 5 bis, precisando che relativamente all’anno di imposta 2001, la cui dichiarazione è stata presentata nel 2002, la notifica è da ritenersi regolare in quanto è avvenuta entro il termine di decadenza dei 4 anni; cosi risultano superate le doglianze riguardanti le ritenute alla fonte e l’Iva per l’anno di imposta 2005 in quanto oggetto di sgravio. Ed ancora, per quanto riguarda gli omessi versamenti dell’Iva anno 2004. Relativamente alla violazione degli artt. 12, 14, 15. 15 bis del D.P.R. n. 602/73 ed art. 54 bis del D.P.R. n. 633/72, l’Ufficio precisa che le somme iscritte a ruolo riflettono imposte dichiarate e non versate e quindi non provengono da accertamento di maggiori imposte. Precisa, altresì, che il p.v.c. del 23.06.2005 ha riguardato il solo riscontro presso la società delle omissioni a seguito di liquidazione di dichiarazione, per cui nessuna violazione è stata effettuata i sensi della L. n. 212/00. In definitiva le somme richieste riguardano imposte dichiarate e non versate. Con memorie illustrative la società analizza il restante presunto debito tributario, ricalcando le osservazioni sulla data di esecutività del ruolo e richiamando in modo puntuale la disciplina dettata dalla L. n. 156/05 in relazione al fatto che l’iscrizione a ruolo è avvenuta in data 29.07.2005 e 30.08.2005, per cui non sono ravvisabili limitatamente alle ultime iscrizioni gli estremi di applicabilità, né dell’art. 25 del D.P.R. n. 602 introdotto dalla L. n. 156/05 né del regime transitorio. Motivi della decisione La Commissione, dopo aver attentamente esaminato la documentazione allegata al fascicolo di causa, e, in particolar modo il p.v.c. del 23.06.2005 unitamente alle doglianze della ricorrente ed agli intervenuti provvedimenti emessi dalla Agenzia delle Entrate - Ufficio di Salerno - riguardanti lo sgravio delle somme di complessive €. 6.671.365.70 riferite agli omessi versamenti delle ritenute alla fonte ed Iva periodica anno 2005 e, ancora agli omessi versamenti Iva anno 2004. rileva che la controversia è limitata alla parte residuale della cartella che riflette le partite relative all’anno 2001, 2002 e 2003, il cui importo di iscrizione a ruolo è avvenuto, a titolo definitivo, da parte dell’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 602/73. Invero, come riscontrabile dal p.v.c. del 23.06.2005, le operazioni hanno riguardato il mero riscontro presso la sede della società dei mancati versamenti, previa rilevazione dei dati dalla liquidazione delle dichiarazioni, per cui le somme iscritte a ruolo riflettono esclusivamente degli omessi versamenti nei periodi 2001, 2002, 2003 per i quali la ricorrente ha sollevato eccezioni di decadenza per violazione dei termini. Le eccezioni della ricorrente investono il provvedimento della "riscossione" che rappresenta l’attuazione delle obbligazioni tributarie, in tutte e tre le fasi: 1) iscrizione a ruolo; 2) consegna del ruolo al concessionario; 3) formazione e successiva notifica della cartella di pagamento nel rispetto dei termini; per cui si ritiene opportuno preliminarmente rappresentare, sia dal punto di vista dottrina- rio che giurisprudenziale. le questioni sollevate, per poi valutare le singole controversie. Iscrizione a ruolo. Rappresenta il momento in cui l’Ente impositore procede alla individuazione delle situazioni creditorie che vanta nei confronti di un soggetto. In merito alle modalità ed ai termini di formazione dei ruoli, l’iscrizione delle somme dovute per imposte e tributi viene, di regola, stabilita dalle norme che disciplinano il tributo medesimo. In particolare, per quanto concerne l’iscrizione a ruolo delle imposte dirette e dell’Iva, che interessano al caso, prima delle modifiche introdotte dalla legge n. 106 del 31 luglio 2005 (di conversione del decreto legge 17/06/2005 emanato per fronteggiare gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 280/05) occorreva riferirsi all’ormai abrogato art. 17 del D.P.R. n. 602/1973. Per i ruoli formati dal 1/07/1999, l’esecutività avviene attraverso l’apposizione da parte del titolare dell’Ufficio creditore, della firma elettronica (art. 1 lett. b D.P.R. 10/11/97 n. 513): in ogni modo, il momento della sottoscrizione del ruolo coincide con la sua esecutorietà (art. 12 comma 4 D.P.R. n. 602/73). Consegna del ruolo al concessionario. I ruoli così formati vengono trasmessi al concessionario, la cui consegna si intende così operata (art. 3 e 4 del D. Int. n. 321/99): Il 25° giorno dello stesso mese, per i ruoli trasmessi tra il 1° e il 15° giorno del mese; Il 10° giorno del mese successivo, per i ruoli trasmessi tra il 16° giorno e l’ultimo giorno del mese. Di tale termine il contribuente non ha possibilità di alcuna conoscenza in assenza di norma, ed è appunto su tale termine (dies a quo del termine per la notifica della cartella) che si è pronunciata la Corte Costituzionale (sent. 280). L’attività di riscossione è obbligatoriamente demandata al Concessionario (art. 10 D.P.R. n. 602/73 lett. a comma 1) le cui funzioni sono racchiuse nel Decreto Legislativo n. 112/99. Tale ultima norma è rivolta a regolare i rapporti intersoggettivi tra il concessionario e l’Amministrazione Fi- 41 42 nanziaria. Notifica della cartella. Una volta formata la cartella di pagamento, occorre procedere alla notifica al contribuente, secondo le disposizioni di cui all’art. 26 del D.P.R. n. 602/73. È questo il solo momento in cui il contribuente prende giuridica conoscenza della pretesa contenuta nella cartella (e del relativo ruolo), ed è solo da tale momento che iniziano a decorrere i termini per le attività previste delle leggi. I termini di decadenza riguardavano la sola iscrizione a ruolo (art. 17 D.P.R. n. 602/73). mentre i termini di prescrizione riguardavano la fase della notifica della cartella (art. 25 D.P.R. n. 602/73). Sulla funzione che il "termine" è chiamato a svolgere è intervenuta sia la Cass. SS. UU. sent. n. 1111/94. che la Corte Costituzionale (ordinanza n. 107/2003) e la Cassazione sent. n. 10/04. Con l’art. 1 comma 1 lett. b del Decreto Legislativo 27/04/2001 n. 193 il Legislatore aveva addirittura tolto il termine contenuto nell’art. 25 del D.P.R. n. 602/73. per poi prevederlo inserendolo nella Finanziaria del 2005 (Legge 30/12/2004 n. 311) al comma 417 dell’art. 1, applicabile però ai soli ruoli resi esecutivi successivamente al 1° luglio 2005. A colmare il vuoto normativo pregresso il legislatore ha introdotto il comma 5 bis e 5 ter dell’art. 1 del D.L. n. 106/05, convertito in Legge n. 156 del 2005, che riguarda però solo la liquidazione delle dichiarazioni (art. 36 bis del D.P.R. n. 600/73 e 54 bis D.P.R. n. 633/72). Tale normativa consta di una parte per così dire a "regime", che innova il procedimento cartolare, riassettando la disciplina della notifica della cartella insieme a quella della liquidazione e riscossione e di una parte transitoria, che invece regola le notifiche di cartelle derivanti da liquidazioni di dichiarazione che si sono verificate anteriormente alla entrata in vigore della L. n. 156. Nel caso di specie, alla cartella così come notificata deve applicarsi la disciplina transitoria di cui all’art 1 comma 5 bis, lett. b L. n. 156/05 di conseguenza, la notifica avvenuta il 18.01.2006 è da ritenersi effettuata entro il termine di decadenza dei 4 anni dal- la presentazione della dichiarazione. Per quanto concerne le ulteriori eccezioni, sollevate dalla ricorrente nella memoria illustrativa, o meglio gli ulteriori chiarimenti su eccezioni già sollevate nel ricorso principale, questa Commissione precisa che il legislatore con la L. n. 156/05 ha regolamentato fatti e/o situazioni che potevano verificarsi a cavallo tra la vecchia normativa e quella successiva. Invero nel regime transitorio è previsto che. per le somme che risultano dovute a seguito di controllo cartolare, il termine decadenziale di notificazione della cartella: a. è il 31.12 del quinto anno successivo per le dichiarazioni presentate sino al 31.12.2001 b. è il 31.12 del quarto anno successivo per le dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003. Siffatto trattamento della notifica è posto in deroga alle statuizioni a regime dettate dall’art. 25, comma 1, lett. a del D.P.R. n. 602/73 nella attuale versione ossia quella modificata dall’art. 1, comma 5 ter, lett. a, n. 2 della L. n. 156/05. Invero, il legislatore prende in considerazione i procedimenti di controllo che riguardano le dichiarazioni presentate prima della entrata in vigore della L. n. 156/05 e precipuamente quelle comunicate negli anni precedenti il 2004, per cui a partire da queste va a ritroso nel tempo, modificando i termini per la notifica delle cartelle. Di conseguenza i termini introdotti dalla normativa transitoria incidono anche nel caso di specie, per cui le eccezioni della ricorrente non possono essere accolte. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese, in considerazione del fatto che le somme iscritte a ruolo sono state oggetto di sgravio parziale da parte dell’Agenzia delle Entrate - Ufficio di Salerno . P.Q.M. La Commissione rigetta il ricorso, determinando il debito residuo a carico del contribuente, di cui alla cartella impugnata, in €. 2.477.151,39. Spese compensate. Riscossione I NUOVI TERMINI DELLA RISCOSSIONE NON SONO APPLICABILI AI TRIBUTI LOCALI Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XV, 6 settembre 2006, n. 190 Pres. Santaniello – Rel. Tipaldi I) Riscossione – Riscossione dei tributi locali – Imposta comunale sugli immobili – Avvisi di liquidazione previamente notificati e non opposti – Successiva Iscrizione a ruolo – Termini di decadenza ex art. 17 D.P.R. n. 602/1973 – Inapplicabilità – Termini di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 504/92 – Applicabilità II) Notificazione della cartella di pagamento – Art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 – Natura del termine – Conseguenze I) L’art. 17 del D.P.R. n. 602/1973, abrogato dall’art.1, n.1, del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, convertito dalla legge 31 luglio 2005, n. 156, non si applicava all’iscrizione a ruolo dell’ICI, la cui riscossione è regolata dall’art. 12 del D.P.R. 30 dicembre 1992, n. 504, per cui “il ruolo deve essere formato e reso esecutivo non oltre il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’avviso di liquidazione o l’avviso di accertamento sono stati notificati”. II) Ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 417, lett. c), della l. 30 dicembre 2004, n. 311, applicabile nella concreta vicenda, la notifica della cartella di pagamento doveva essere effettuata, a pena di decadenza, entro l’ultimo giorno del dodicesimo mese successivo a quello di consegna del ruolo al concessionario. Svolgimento del processo Trattasi di ricorso, rimesso all’E.Tr. S.p.A. e all’Ufficio impositore del Comune di P., avverso iscrizione a ruolo di ICI ed accessori dovuti per gli anni 1998 e 1999. R. A. chiede l’annullamento della cartella di pagamento eccependo: - la decadenza del diritto a riscuotere per inosservanza del termine previsto dall’art. 17 del D.P.R. n. 602/73; - la violazione dell’art. 25 dello stesso decreto per intempestiva notifica della cartella di pagamento, considerata la natura perentoria del termine, come anche dalla sentenza 01-04-03, n. 107 della Corte Costituzionale. Con controdeduzioni 09-06-05 l’Ufficio Tributi del Comune contesta la fondatezza delle argomentazioni proposte dalla parte, rappresentando, tra l’altro, che l’iscrizione a ruolo trae origine da due avvisi di liquidazione ICI, di cui allega copia, divenuti definitivi per mancata opposizione. L’E.Tr. S.p.A. non risulta costituita. Motivi della decisione 1. Preliminarmente la Commissione prende atto che, come risulta dalla documentazione depositata dall’Ufficio Tributi del Comune e non contestata dalla parte con eventuale memorie di replica, il ruolo trae origine da quanto dovuto in base agli avvisi di liquidazione ICI ritualmente notificati e divenuti definitivi per mancata impugnazione. 2. Tanto puntualizzato, a parere di questo giudice, destituite di qualsiasi fondamento si appalesano le argomentazioni del ricorrente. 43 44 2.1 Inconferente è il richiamo dell’art. 17 del D.P.R n. 602/73, abrogato dalla L. n. 156/2005, atteso che tale norma, «ratione temporis» applicabile, ha regolato le iscrizioni a ruolo delle II.DD. e dell’IVA, mentre la riscossione dell’ICI è regolamentata dall’art. 12 del D.Lgs. 30-12-92, n. 504. Ai sensi di tale articolo il ruolo deve essere formato e reso esecutivo non oltre il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’avviso di liquidazione o l’avviso di accertamento sono stati notificati. Nel caso che ci occupa, essendo stati gli avvisi di liquidazione notificati il 27-12-02, il ruolo doveva essere formato e reso esecutivo entro il 31-12-04. Dalla documentazione agli atti si rileva che il ruolo, donde trae origine la contestata cartella di pagamento, è tempestivo, essendo stato formato e reso esecutivo il 23-12-04. Non fondata è l’eccepita intempestività della notifica della cartella di pagamento, mentre inconferente è il richiamo della sentenza (rectius ordinanza) n. 107/03 della Corte Costituzionale. La riscossione delle somme iscritte a ruolo viene effettuata tramite cartella di pagamento formata e notificata dal Concessionario, come previsto dall’art. 25 del D.P.R. n. 602/73. Tale norma ha subito varie modifiche nel corso del tempo, di tal che la notifica doveva essere eseguita: a) fino al 30-06-99, non oltre il giorno cinque del mese successivo a quello nel corso del quale il ruolo è stato consegnato; b) dal 01-07-99, entro l’ultimo giorno del quarto mese successivo alla consegna del ruolo (art. 11 del D.Lgs. 26-02-99, n. 46); c) dal 09-06-01, non è prevista una specifica scadenza a seguito della modifica introdotta dall’art. 1, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 27-04-01, n. 193; d) dal 01-01-05, entro l’ultimo giorno del dodicesimo mese successivo a quella della consegna del ruolo, a seguito della novella di cui all’art. 1, comma 417 della L. 30-12-04, n. 311; e) dal 10-08-06, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 5 ter, lett. a) nn. 1, 2 e 3, comma 5 bis della L. n. 156/2005 di conversione del D.L. n. 106/2005. Sia in dottrina che in giurisprudenza non vi sono stati univoci orientamenti sulla natura (ordinatoria o perentoria) del termine per la notifica della cartella di pagamento, fino ad una prima presa di posizione assunta dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza 01-0403, n. 107. Con la citata ordinanza il Giudice delle leggi stabilì che il carattere perentorio di un termine non deve necessariamente risultare in modo esplicito, potendo essere desunto, come nel caso dell’art. 25 del D.P.R. n. 602/73, more temporis vigente, dalla funzione ricavabile dal testo della legge, che il termine è chiamato a svolgere secondo un’interpretazione adeguatrice del testo stesso. Dichiarò, quindi, inammissibile la sottoposta questione di illegittimità costituzionale, tenuto conto dei termini con cui era stata proposta. Ciò posto, a parere della Commissione inconferente per il caso in esame, anche per quanto esposto al sopra indicato punto d), è il richiamo alla suddetta ordinanza. Infondata è, poi, l’eccepita intempestività anche alla luce della successiva nota sentenza 15-07-05, n. 280 della stessa Corte, la quale, nel dichiarare incostituzionale l’abolizione del termine per la notifica della cartella di pagamento, disposta dall’art. 1, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 27-04-01, n. 193, ha specificamente indicato che la cartella di pagamento deve essere notificata a pena decadenza, entro un ben precisato ragionevole termine. Ben vero, nelle more, il legislatore aveva già rivisitato l’art. 25 con l’art. 1, comma 417, lett. e) della L. 30.12.04, n. 311 reinserendo con effetto dal 01-01-05 un preciso termine per la notifica della cartella di pagamento con l’aggiunta «a pena di decadenza» e precisamente entro l’ultimo giorno del dodicesimo mese successivo a quello di consegna del ruolo al concessionario. Dalla documentazione agli atti risulta che il ruolo fu consegnato al concessionario in da- ta 23-12-04, per cui la notifica della cartella di pagamento è tempestiva, perché avvenuta il 16-02-05, e, quindi, prima della spirare del previsto termine del 22-12-05. Non trova ingresso nel caso in esame la disciplina transitoria prevista dall’art. 1, comma 5 bis, della richiamata legge n. 156/2005, applicabile ai rapporti pendenti, perché trattasi, a parere della Commissione, di norma di natura interpretativa e non procedimentale, come anche da giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. Trib. 25-01-06, n. 1425; 30-11-05, n. 26104), atteso che la novella tributaria si applica solo alle II.DD. e all’IVA e limitatamente ai ruoli scaturenti dai controlli formali delle dichiarazioni, di cui, rispettivamente, agli artt. 36 bis e 36 ter del D.P.R. n. 600/73 e all’art. 54 bis del D.P.R. n. 633/72. In ogni caso, pur volendo ritenere applicabile la citata disciplina transitoria, considerato che, a differenza delle lett. a) e b) in chiaro riferibili alle liquidazioni delle II.DD. e dell’IVA, la lett. e) del rimodulato art. 25 parla genericamente di somme da riscuotere in base agli accertamenti degli Uffici, la notifica della cartella di pagamento è comunque tempestiva, essendo stata effettuata il 16-02-05 e, quindi, entro il previsto termine del secondo anno successivo a quello in cui i contestati avvisi sono divenuti definitivi, evento che, nel caso de quo, si è verifìcato il 25-02-05. Considerate le continue modifiche apportate all’art. 25 del D.P.R. n. 602/73 che hanno potuto comportare confuse interpretazioni, sussistono sufficienti motivi per compensare le spese. P. Q. M. La Commissione rigetta il ricorso - spese compensate. 45 Riscossione MISURE CAUTELARI PROPEDEUTICHE ALL’ESPROPRIAZIONE FORZATA: CONDIZIONI DI IMPUGNABILITA’ ED APPLICABILITÀ Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVIII, 30 ottobre 2006, n. 281 Pres. e Rel. Casale I) Procedimento e processo – Atti impugnabili – Impugnativa dell’atto di iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. n. 602/1973 quale misura cautelare – Giurisdizione del Giudice ordinario ante art. 35 del D.L. n. 223/2006 conv. in Legge n. 248/2006 – Sussisteva – Giurisdizione del Giudice tributario in seguito all’entrata in vigore dell’art. 35 del D.L. n. 223/2006 conv. in Legge n. 248/2006 – Sussiste – Sopravvenuto mutamento legislativo posteriore all’introduzione della domanda – Ius superveniens che attribuisce al Giudice tributario adito competenza giurisdizionale su materia che egli non aveva all’epoca dell’introduzione della domanda – Giurisdizione - Spetta al Giudice tributario 46 II) Riscossione – Riscossione forzata – Atto di iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. n. 602/1973 – Termini di decadenza ex art. 50 del D.P.R. 602/1973 – Inapplicabilità I) La giurisdizione nella controversia riguardante l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del D.P.R. n. 602/73 (quale atto funzionale all’espropriazione forzata e, quindi, mezzo di conservazione e realizzazione del credito, cioè misura caute- lare diretta a creare le condizioni per l’utile seguito di una procedura esecutiva) promossa anteriormente alla novella di cui al comma 26 quinquies dell’art 35 del D.L. n. 223/2006, conv. nella Legge n. 248/2006 con cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/92 è stata aggiunta tra gli atti impugnabili la lettera e/bis - spetta al giudice tributario già preventivamente adito poiché la norma testè citata ha indubbiamente inteso conferire al Giudice tributario la competenza giurisdizionale a conoscere delle impugnazioni relative alle iscrizioni ipotecarie sugli immobili del debitore e dei coobbligati per debiti relativi a imposte sui redditi, sanzioni ed interessi, per i quali deve procedersi ad esecuzione forzata. II) In materia di provvedimenti cautelari, quali gli atti di iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. n. 602/1973, non trova applicazione l’art. 50, comma I e II, del D.P.R. 602/1973 poichè esso concerne soltanto gli atti propri dell’espropriazione forzata. Svolgimento del processo V. G. ha proposto ricorso nei confronti della Etr. S.p.A. avverso l’iscrizione ipotecaria per l’asserito mancato pagamento della somma di euro 6.099,42, di cui alla iscrizione a ruolo n. ………, eccependo l’illegittimità ed infondatezza della detta iscrizione: a) per violazione dell’art. 50 del D.P.R. n. 602/73, essendo stata assunta tardivamente (oltre il termine annuale ivi fissato) rispetto alla notificazione della cartella esattoriale e senza che questa venisse preceduta dall’avviso di intimazione al pagamento dei ruoli; b) perché le cartelle di pagamento sono state impugnate dinanzi alla Commissione Tributaria e, relativamente ad esse, sono stati emessi provvedimenti di sgravio. Ha chiesto, pertanto, previa sospensione del provvedimento impugnato, l’annullamento dello stesso, precisando che il ricorso è ammissibile ai sensi dell’art. 12, 2° comma della legge n. 448/2003, che ha ampliato la sfera di cognizione delle Commissioni Tributarie. Instauratosi il contraddittorio e depositato il ricorso nella segreteria di questa Commissione, la S.p.A. E.TR., in qualità di Commissario Governativo del Servizio Riscossione Tributi per la Provincia di Salerno, costituitosi in giudizio come per legge, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 18 del D.Lgs. n. 546/92, comma 2°, lett. e, essendo mancante l’indicazione del "convenuto", e per errata instaurazione del contraddittorio. Nel merito ha dedotto la violazione dell’art. 50 del D.P.R. n. 602/73, non applicabile nella fattispecie in cui si impugna una misura cautelare propedeutica all’esecuzione, e la mancata trasmissione ad essa di provvedimenti di sgravio. Fissata l’udienza per la trattazione dell’istanza di sospensione, è stato provveduto su essa negativamente sussistendo concreti elementi di carenza di giurisdizione della Commissione adita; indi alla udienza odierna, fissata per la trattazione del merito, la Commissione, in camera di consiglio, ha deciso come dal dispositivo in calce riportato. Motivi della decisione II ricorso è infondato e deve essere rigettato. Affrontando, preliminarmente, la questione della carenza di giurisdizione, che ha indotto questa Commissione a disattendere la richiesta di sospensione del provvedimento cautelare impugnato, va subito rilevato che per l’iscrizione di ipoteca prevista dall’art. 77 del D.P.R. n. 602/73, come per il fermo amministrativo, di cui all’art. 86 D.P.R. 602/73, essendo atto funzionale all’espro- priazione forzata e, quindi, mezzo di realizzazione del credito, competente a conoscere della legittimità del suddetto provvedimento era il g.o., nelle forme dell’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi (Cassazione civile, sez. un., 31 gennaio 2006, n. 2053), non rilevando, neppure, in mancanza di modifica dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/92, quanto dedotto da parte ricorrente con riferimento all’art. 12, 2° comma, della legge n. 448/2001 di ampliamento della competenza giurisdizionale del giudice tributario. Infatti il provvedimento si caratterizza come misura cautelare diretta a creare le condizioni per l’utile seguito di una procedura esecutiva: quindi esso esaurisce la sua funzione nella conservazione di un credito e, pertanto, non può essere inquadrato neppure come provvedimento amministrativo. La conferma della enunciata natura della iscrizione ipotecaria si ricava dalla disciplina del rimedio contenuto nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77, collocato nel capo di detta legge relativo alle disposizioni in materia di espropriazione forzata ed, ovviamente, a quelle particolari in materia di espropriazione immobiliare. Dopo le modifiche, apportate dal D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193, all’art. 86 del D.P.R. n. 602 del 1973, la misura cautelare s’inserisce ancor di più nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata esattoriale, esprimendosi come un sostanziale ampliamento delle facoltà di tutela del credito azionato dal Concessionario, la cognizione della quale apparteneva al Giudice ordinario. Ma, nelle more del giudizio, è intervenuta una disposizione legislativa (il comma 26 quinquies dell’art 35 del D.L. n. 223/2006, conv. nella legge n. 223/2006), con cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/92 (disposizioni sul processo tributario) è stata aggiunta tra gli atti impugnabili la lettera e/bis riguardante proprio l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del D.P.R. n. 602/73 e succ. modif. (oltre alla lettera e/ter relativa al fermo amministrativo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 dello stesso D.P.R.). 47 48 Orbene detto ius superveniens, includendo l’iscrizione di ipoteca e il fermo tra gli atti impugnabili dinanzi al giudice tributario, ha indubbiamente inteso conferire la competenza giurisdizionale a conoscere delle iscrizioni ipotecarie sugli immobili del debitore e dei coobbligati per debiti relativi a imposte sui redditi, sanzioni ed interessi, per i quali deve procedersi ad esecuzione forzata (ed, ovviamente, delle relative impugnazioni), per cui, essendosi verificato un mutamento in ordine alla "giurisdizione", occorre stabilire se tale mutamento incide nella determinazione della giurisdizione nella presente controversia introdotta in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge modificatrice (legge 4 agosto 2006, n. 248, di conversione del D.L. 4.7.2004 n. 223). In assenza di mutamenti determinanti la giurisdizione, questa controversia sarebbe appartenuta alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e tale sarebbe stato il contenuto della decisione di questa Commissione (come già preannunciato nel provvedimento di rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato). In conseguenza della detta modifica legislativa, intervenuta medio tempore, occorre fare riferimento per la soluzione della questione all’art. 5 c.p.c., che stabilisce che la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, senza che abbiano effetto i successivi mutamenti. Il principio fissato nella menzionata norma processuale, però, seguendo l’univoca giurisprudenza del giudice di legittimità (cfr., da ultimo, ex plurimis Cass. SS.UU. nn. 20322/2006, 4820/2005, 18126/2005, 25031/2005, 19552/2003, 9554/2003, 225/2001 e 2415/2002), essendo diretto a favorire, e non ad impedire, il verificarsi della perpetuatio iurisdictionis, trova applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza di giurisdizione del giudice originariamente adito, ma non anche nel caso in cui il mutamento dello stato di diritto o di fatto com- porti, invece, l’attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione della domanda. Con siffatto principio, che questa Commissione intende seguire, la giurisprudenza della Suprema Corte sottolinea che l’art. 5 cod. proc. civ., per evidenti scopi di celerità processuale rende irrilevanti, ai fini della giurisdizione, i mutamenti legislativi successivi alla proposizione della domanda, solo nel caso in cui il sopravvenuto mutamento dello stato di diritto priverebbe il giudice della giurisdizione che egli aveva, quando la domanda è stata introdotta; mentre le medesime esigenze di semplicità processuale inducono a ritenere rilevanti le modifiche, nel caso inverso (che è quello del presente giudizio), in cui esse comportino l’attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era inizialmente privo. L’art. 5 c.p.c, in realtà, persegue l’obiettivo di conservare la giurisdizione del giudice correttamente adito in base a detta legge del tempo, sottraendola a successive diverse scelte legislative, senza peraltro incidere sul più generale principio dell’immediata operatività, in materia processuale, della legge sopravvenuta (pure con riguardo alla giurisdizione), quando valga invece a radicare la giurisdizione presso il giudice dinanzi al quale sia stato comunque già promosso il giudizio. Quel che conta, in definitiva, in questa sede è che l’atto impugnato oggi rientra tra quelli indicati specificamente dall’art. 19 del D. Lgs. n. 546/92, che, per la sua formulazione integrale, consente al fine di ritenere che quello elaborato nel cit. art 19 è un sistema chiuso e l’elencazione degli atti impugnabili è tassativa. Alla stregua della nuova normativa e delle considerazioni tutte svolte, non può sussistere dubbio che, nella presente controversia riguardante l’impugnativa di un provvedimento prodromico alla esecuzione forzata tributaria, la competenza giurisdizionale appartiene e rimane incardinata dinanzi alla Commissione Tributaria adita. Passando, quindi, alla disamina del merito del ricorso, va subito detto che esso deve essere rigettato, dal momento che infondati sono i motivi sottesi alla detta impugnativa. Quanto alla pretesa decadenza in cui sarebbe incappato il Concessionario convenuto in giudizio per violazione dell’art. 50 del D.P.R. n. 602/73, occorre evidenziare che, vertendosi, come già illustrato, in materia di provvedimenti cautelari propedeutici alla espropriazione forzata, il citato art. 50 non trova applicazione, in quanto in esso sono fissati termini (1° comma) ovvero adempimenti (2° comma) che riguardano soltanto atti propri dell’espropriazione forzata. In ordine ai dedotti provvedimenti di sgravio emessi a seguito di "opposizione dinanzi alle Commissioni Tributarie", il V. G. si è limitato soltanto ad affermare la circostanza con la comunicazione del proposito di allegazione, ma si è guardato bene dal farlo, per cui, in mancanza di una doverosa prova scritta di una siffatta evenienza, non resta che disattendere in toto il ricorso. Ricorrono, comunque, giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese del giudizio. P. Q. M. La Commissione rigetta il ricorso perché infondato e compensa per intero tra le parti le spese del giudizio. _________ Questo tema, ancora poco affrontato dalla giurisprudenza, è stato trattato nella decisione n. 281/18/2006 della Commissione tributaria provinciale di Salerno, sopra riportata, che afferma la natura di provvedimento cautelare propedeutico all’esecuzione forzata della iscrizione di cui si tratta, chiarendo che ad essa non si applicano le norme del D.P.R. n. 602/73 in materia di espropriazione2. Da ciò si ha che la materia è disciplinata solamente dal laconico articolo 77 citato, e l’iscrizione può essere disposta ogni volta che decorrono sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, non essendo stabilito nessun altro presupposto, limite o condizione. Il debitore ed il coobbligato, ad esempio, potrebbero essere assoggettati ad ipoteca anche per un credito d’importo pari al minimo del ruolo (Euro 10,33), e nonostante eventuali provvedimenti di dilazione e sospensione del pagamento. Tuttavia, la norma dettata dall’art. 77 è evidentemente incompleta. Si pone, pertanto, un problema d’interpretazione che sarà qui risolto, partendo dall’esame delle peculiarità dell’ipoteca di cui si tratta, per evidenziarne gli aspetti analoghi a quelli dell’espropriazione, valutando, poi, la possibilità di collocarla tra gli atti del procedimento amministrativo d’esecuzione e, conclusivamente, proponendo una disciplina più ampia di quella che è apparsa applicabile al giudice tributario di Salerno nella sentenza sopra riportata. Si tratterà, infine, della tutela giurisdizionale esperibile avverso l’atto di iscrizione ipotecaria, ponendo in luce l’esistenza di due giurisdizioni possibili, secondo la natura tributaria o meno del ruolo, che consente gradi disuguali di realizzazione del diritto di difesa. I. Peculiarità. UNA SPECIE PARTICOLARE D’IPOTECA: ART. 77 DEL D.P.R. n. 602/73 Introduzione. I. Peculiarità. II. Atto del procedimento di espropriazione? III. La doppia – e disuguale - tutela giurisdizionale. Introduzione. Dal 1° luglio 1999, a norma dell’art. 77, comma 1°, del D.P.R. n. 602/73, il concessionario della riscossione mediante ruolo, ora agente della riscossione1 può iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati, decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. L’ipoteca ex art. 77 del D.P.R. n. 602/73 deve annoverarsi nella famiglia delle cause di prelazione previste dal codice civile, nel libro sesto, titolo III, e in particolare nel genere delle ipoteche legali e dei privilegi sugli immobili, ma differisce da queste per le caratteristiche che si leggono qui di seguito e che la rendono assimilabile alla fase dell’espropriazione disciplinata dal successivo titolo IV. Quale causa di prelazione, essa attribuisce una posizione di vantaggio al creditore ipotecario nei confronti degli altri creditori, evitando il pericolo del concorso di più pretese su beni insufficienti: nella distribuzione del ricavato della vendita forzata, il creditore ipotecario è preferito a tutti gli altri, eccetto che -in genere- a quelli che hanno privilegio speciale sugli stessi beni immobili3. 49 Ma, mentre il privilegio sugli immobili e l’ipoteca legale hanno il limite di potersi esercitare solo su determinati beni del debitore e per prestabiliti crediti4, l’ipoteca ex art. 77 può disporsi su tutti i beni del debitore e del coobbligato e per ogni credito iscritto ruolo. Essa, pertanto, ha per oggetto potenziale l’intero patrimonio del debitore ed in ciò è analoga al primo atto dell’espropriazione forzata, e vale a dire al pignoramento. Come quest’atto, inoltre, essa è costituita per un diritto di credito certo, liquido ed esigibile e sulla base del ruolo che è anche titolo esecutivo. Ciò la distingue ulteriormente dalle altre cause di prelazione, compresa la c.d. ipoteca cautelare tributaria che è disposta dal presidente della commissione tributaria provinciale su istanza dell’ufficio o ente che ha emanato l'atto di contestazione, il provvedimento d’irrogazione della sanzione o il processo verbale di constatazione (v. articolo 22, D.Lgs. n. 472/1997: in tal caso il debito non solo non è scaduto, ma è ancora incerto nell’an e nel quantum)5. L’ipoteca ex art. 77, dunque, nasce per un debito già scaduto. Pertanto, parafrasando la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in materia di ipoteca volontaria concessa per un debito scaduto, può affermarsi che essa determina una diminuzione della garanzia patrimoniale generale del debitore nei confronti degli altri creditori, e conduce allo stesso risultato finale dell’alienazione del bene assoggettato alla garanzia6. Questa ipoteca, in conclusione, anticipa gli effetti espropriativi dell'esecuzione7. II. Atto del procedimento di espropriazione? 50 Eppure, nonostante le analogie innanzi esposte, l’iscrizione ipotecaria ex art. 77 non è un atto del processo d’espropriazione forzata perché, com’è noto, questo inizierà solamente con il successivo pignoramento (art. 491 del codice di procedura civile). Bisogna ora precisare che nel D.P.R. n. 602/73 con il termine di “espropriazione” s’intende indicare non solo, e non sempre, il relativo processo, ma anche il procedimento amministrativo d’espropriazione condotto dall’agente della riscossione. La parola “espropriazione” nel significato di processo appare negli articoli 49, commi 2° e 3°, 51, 54, 56, 58, 77, comma 2°, 78 ecc.. Invece, essa designa (anche) il procedimento amministrativo negli articoli 49, comma 1°, 50, 61, 76, e nel capo III. Il procedimento è la sequenza degli atti e delle operazioni formati dall’agente della riscossione sessanta giorni dopo la notifica della cartella di pagamento e fino alla realizzazione del credito. Esso comprende l’iscrizione ipotecaria che, non a caso, è collocata negli atti della riscossione coattiva (D.P.R. n.602/73, Titolo II) e, specificamente, al Capo II, espressamente intitolato “Espropriazione forzata”, e nella Sezione IV recante “Disposizioni particolari in materia di espropriazione immobiliare”. Perciò, la disciplina dell’iscrizione ipotecaria dettata dall’art. 77 deve essere completata dalle norme che stabiliscono presupposti, condizioni, limiti, termini ed estinzione del procedimento d’espropriazione condotto dall’agente della riscossione. Tale conclusione è confermata dagli effetti anticipatori dell’esecuzione espressi dall’ipoteca e innanzi richiamati. Come risultato dell’interpretazione ora esposta si ottiene la seguente disciplina complessiva dell’iscrizione ipotecaria, precisando che inoltre trova applicazione l’ordinaria normativa del codice civile in materia d’ipoteca. Decorso inutilmente il termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio del credito complessivo per il quale si procede, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento (art. 77, comma 1°). Infatti, allorché siano concesse dilazioni o sospensioni del pagamento, l’agente della riscossione non potrà più iscrivere ipoteca e dovrà cancellare la formalità già eseguite per mancanza del titolo di legge8. Inoltre, se l'importo complessivo del credito per il quale si procede non supera il cinque per cento del valore dell'immobile da sottoporre ad espropriazione determinato a norma dell'articolo 79, l’agente della riscossione deve aspettare sei mesi dall'iscrizione senza che il debito sia stato estinto, prima di procedere al pignoramento (art. 77, comma 2°). L’ipoteca può essere iscritta solo se è possibile procedere ad espropriazione immobiliare e, vale a dire, se l'importo del credito supera complessivamente ottomila euro (v. art. 76, comma 1°) e se il valore del bene, determinato a norma dell'articolo 79 e diminuito delle passività ipotecarie opponibili al credito per il quale si procede, è superiore all'importo di ottomila euro (v. art. 76, comma 2°). A tale proposito non è condivisibile l’affermazione dell’Agenzia delle Entrate secondo la quale, se non si può procedere ad espropriazione immobiliare “l'ipoteca rimarrà iscritta a presidio del credito, tenendo presente che la garanzia, per effetto del trascorrere del tempo, può in un momento successivo trovare capienza nel valore del bene immobile (per incremento dello stesso o per la diminu- zione dei preesistenti gravami), ovvero può risultare parzialmente capiente nel caso che il bene immobile sia sottoposto ad esecuzione forzata da parte di altri creditori secondo il rito ordinario.”9 Inoltre, se il procedimento d’espropriazione non inizia entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, il procedimento stesso (e, dunque, l'iscrizione ipotecaria) deve essere preceduto dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall'articolo 26, di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni (v. art. 50, comma 2°). Tale avviso è redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze e perde efficacia trascorsi centottanta giorni dalla data della notifica (v. art. 50, comma 3°). Il procedimento d’espropriazione si estingue (salvo quanto previsto dall'articolo 48, comma 1°) se il debitore o un terzo, in qualunque momento anteriore alla vendita, paga all'ufficiale della riscossione la somma portata dal ruolo, i relativi accessori e le spese, ovvero gli esibisce la prova dell'avvenuto pagamento (v. art. 61). III. La doppia – e disuguale - tutela giurisdizionale. Dal 12 agosto 2006 l’iscrizione ipotecaria è impugnabile innanzi alla Commissione tributaria provinciale (articolo 19, comma 1°, del D.Lgs. n. 546/1992, lettera e-bis aggiunta dal comma 26quinquies dell'art. 35, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione). Tale riforma interessa esclusivamente le iscrizioni fondate su ruoli di natura tributaria (v. articolo 2 del D.Lgs. n. 546/1992). Invece, come afferma la costante giurisprudenza di legittimità10, per tutte le altre iscrizioni (nascenti da ruoli di natura diversa dal tributo) si deve adire il giudice ordinario, con le forme dell'opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi. Esistono, quindi, due diverse tutele giurisdizionali, esperibili in base alla natura del credito garantito. Innanzi al giudice ordinario, a norma dell’art. 57 del D.P.R. n. 602/73, sono escluse: a) le opposizioni all’esecuzione regolate dall’art. 615 del codice di procedura civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni; b) le opposizioni regolate dall'articolo 617 del codice di procedura civile relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo. Pertanto, ad esempio, in caso di mancata notificazione della cartella di pagamento può essere eccepita l’inesistenza del titolo per iscrivere ipoteca, ma è inammissibile l’eccezione di mancata notificazione del titolo esecutivo – ruolo. Tali eccezioni, invece, sono entrambe ammissibili in materia di tributi perché il recente mutamento di giurisdizione operato dalla legge a favore del giudice tributario rende inapplicabile il citato articolo 57. Inoltre, nel processo tributario con l’impugnazione dell’iscrizione ipotecaria non preceduta dalla notificazione della cartella di pagamento si possono dedurre anche i vizi propri della stessa cartella e del ruolo (articolo 19 del D.Lgs. n. 546/1992). In materia di tributi, pertanto, vi è una più forte e penetrante garanzia del diritto di difesa, sancito dall’art. 24, comma 1°, della Costituzione: nella disciplina processuale, in tema di difese azionabili, il debitore “tributario” è avvantaggiato rispetto a quello “ordinario”. Tuttavia, anche nel giudizio ordinario, se l’iscrizione ipotecaria è il primo atto notificato, la parte che la impugna può eccepire l’inesistenza del credito (e non del titolo esecutivo) nelle forme e nei tempi ordinariamente consentiti per tale tipo di contestazione, e non in quelle dell’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, e, dunque, senza i limiti introdotti dall’art. 57 del D.P.R. n. 602/73. Questa è, infatti, la soluzione adottata dalla Suprema Corte con riferimento all’analogo caso dell’impugnazione della cartella di pagamento emessa per una sanzione amministrativa, non preceduta dalla notifica dell’atto di irrogazione della sanzione.11 In ogni caso il diritto di difesa trova piena applicazione solo se il debitore e il coobbligato conoscono tempestivamente l’iscrizione ipotecaria disposta sui loro beni. Ne consegue l’obbligo dell’agente della riscossione di notificare o comunicare l’atto d’iscrizione ipotecaria, pur mancando in materia una specifica disposizione, essendo però sempre stabilito che l’agente della riscossione deve assicurare l'effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati (a norma del combinato disposto degli articoli 6, comma 1°, e 17 della legge n. 212/2000).12 L’atto da notificare all’interessato deve avere le caratteristiche desumibili dall’art. 3 della legge n. 241/1990 e dall’art. 7 della legge n. 212/2000. Come chiarito da autorevole dottrina, inoltre, il giudice (ordinario o tributario), su istanza di parte (ex art. 700 c.p.c. o 47 D.Lgs. n. 546/92), può sospendere l’esecuzione dell’iscrizione ipotecaria, ricorrendo i presupposti di legge, così inibendo all’agente della riscossione di procedere all’espropriazione forzata sul bene assoggettato13. Luciana Capo Fruscione _________ 51 (1) A norma dell'articolo 3, comma 28, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, a decorrere dal 1° ottobre 2006, è soppresso il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione e le funzioni relative alla riscossione mediante ruolo sono attribuite all'Agenzia delle entrate, che le esercita mediante la Riscossione S.p.a. e anche attraverso altre società per azioni da questa ultima partecipate, con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; dalla data citata, pertanto, i riferimenti contenuti in norme vigenti ai concessionari del servizio nazionale della riscossione si intendono riferiti alla Riscossione S.p.a. ed alle società dalla stessa partecipate, complessivamente denominati agenti della riscossione. (2) In realtà l’art. 50, comma 1°, del D.P.R. n. 602/73 citato in sentenza è certamente applicabile, essendo richiamato espressamente dall’art. 77, comma 1°, del D.P.R. n. 602/73 che così recita: “Decorso inutilmente il termine di cui all'articolo 50, comma 1, il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell'importo complessivo del credito per cui si procede”, così Trib. Bari, Sez. II, 27/06/2006. (3) Ma, ad esempio, il privilegio cede nei confronti dell’ipoteca iscritta in precedenza nell’ipotesi prevista dall’art. 2772 c.c. per i crediti da tributi diretti. (4) V. artt. 2771, 2775, 2774, 2772, 2817 del codice civile. (5) V. G. Ingrao, Presupposti processuali, ambito di applicazione e condizioni dell’azione nel proce- 52 dimento cautelare a favore del fisco, in Rassegna tributaria 6/2006. (6) Così: Cass. civ., Sez. III, 25/11/2002, n.16570; Cass. civ., Sez. III, 05/08/1996, n.7119; Cass. civ., Sez. III, 21/12/1990, n.12123. (7) In riferimento all’analogo strumento del fermo di beni mobili registrati previsto dall’art. 86 del D.P.R. n. 602/73, il Consiglio di Stato, Sezione V, nella decisione del 13/09/2005, n.4689 ha affermato la natura di “mezzo cautelativo e anticipatorio degli effetti espropriativi dell'esecuzione”. (8) Sul punto l’Agenzia delle Entrate ha, invece, ritenuto che “se la rateazione viene chiesta per un carico inferiore ad Euro 25.822,84 per il quale il Concessionario ha iscritto ipoteca ai sensi dell'art. 77 del D.P.R. n. 602 del 1973, l'ufficio dovrà mantenere l'ipoteca in funzione di garanzia della rateazione richiesta.”, v. Circ. 1 ottobre 2003, n. 52/E. (9) Circ. 16 novembre 2004, n. 46/E. (10) V. Cass. civ., Sezioni Unite, 31/01/2006, n. 2053. (11) V. da ultimo Cass. civ. n. 9180/2006. (12) Sulla motivazione degli atti, v. L. Capo Fruscione, “Necessario allegare o riprodurre i contenuti essenziali dell’atto impositivo”, Guida Normativa Il Sole 24 Ore, Anno 15, Numero 65, 14 aprile 2005, pagg. 8-12. (13) Su questo argomento si rinvia a M. Cantillo, Nota alla ordinanza 18 luglio 2006 del Tribunale di Salerno, Sezione distaccata di Mercato San Severino, in Giurisprudenza tributaria salernitana n. 1-2/06. Riscossione E’ NULLA LA CARTELLA DI PAGAMENTO NON PRECEDUTA DALL’AVVISO BONARIO Commissione tributaria regionale di Napoli, Sez. Staccata di Salerno, Sez. IX, 8 novembre 2006, n. 163 Pres. Iannarone – Rel. Lucadamo Riscossione – Riscossione delle imposte dirette e indirette – Liquidazione della dichiarazione modello Unico – Maggiori imposte non versate – Invio di invito bonario al pagamento ex artt. 54 e 60, comma 6, D.P.R. n. 633/72 e art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 462/97 – Necessità – Omissione – Nullità della successiva cartella di pagamento – Consegue La previsione normativa dell’invio di un invito bonario al pagamento prima dell’iscrizione a ruolo e della conseguente notifica della cartella di pagamento, oltre che trovare motivo nella possibilità di godere di una sanzione ridotta, trova ragione nell’interesse del contribuente, tanto ad evitare la speciale procedura della riscossione tributaria, quanto a sottrarsi ai maggiori conseguenti aggravi economici e finanziari della stessa procedura. Trova inoltre ragione anche nella possibilità che il contribuente ha, in mancanza di specifico atto di accertamento, di conoscere la pretesa in tutte le sue componenti, di valutarne la consistenza e/o la congruità e la legittimità della stessa, dare all’ufficio le eventuali spiegazioni e/o informazioni idonee a far recedere, se ve ne fossero le ragioni, l’ufficio stesso dalla pretesa, anche parziale, evitando un contenzioso comunque costoso e dall’esito non sempre scontato. Conseguentemente va annullata, perché operata in difformità al dettato legislativo, l’iscrizione a ruolo non preceduta da invio del predetto avviso bonario. Svolgimento del processo La società … s.r.l. si opponeva alla cartella di pagamento emessa per le maggiori imposte IRPEG - IRAP - IVA risultanti dal controllo automatizzato della Dichiarazione anno d’imposta 1999 (oltre interessi e sanzioni). Eccepiva la nullità della cartella non preceduta dal rituale invito al pagamento di cui agli artt. 54 bis e 60, comma 6° del D.P.R. n. 633/72 e art. 2, comma, 2°, D.Lgs. n. 97. La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno accoglieva il ricorso. Avverso la sentenza n.188 del 16-11-2004 ha proposto appello l’Agenzia delle Entrate di Salerno eccependo che "l’esigenza della preliminare notifica dell’invito bonario di cui alla normativa invocata è superata dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/97 e art. 17, comma 3, del D.Lgs. n. 472/97. A sostegno richiama giurisprudenza della Corte di Cassazione del 25-1-2002. L’appellata, come in atti rappresentata e difesa, con controdeduzioni depositate il 15-92006 ha eccepito: a) inammissibilità dell’appello per irrituale modalità di notifica (notifica tramite proprio messo); b) infondatezza dei motivi di gravame. Ha ampiamente illustrato i motivi addotti anche con richiamo a giurisprudenza di merito e di legittimità. Alla odierna udienza pubblica le parti, rappresentate come da verbale, hanno illustrato ampiamente, anche con repliche, i propri assunti. La Commissione in camera di consiglio ha deciso come da dispositivo. Motivi della decisione Da disattendere è il primo motivo di censura posto dall’appellata. Come da pronuncia 53 54 della Suprema Corte di Cassazione - Sez. Vsentenza civile n. 13969 del 12-11-2001, questo collegio ritiene che la notifica a mezzo di messo speciale (comunale o dell’Amministrazione Finanziaria) sia legittima e quindi applicabile anche al ricorso in appello e ciò per ragioni logiche sistematiche. Così può riassumersi il deliberato della Suprema Corte "In tema di contenzioso tributario, l’art. 16 del D.Lgs. 31 Dicembre 1992, n. 546, ha natura di norma generale e regola le modalità delle notificazioni degli atti del processo tributario, dettando una disciplina speciale sia per il contribuente sia per gli organi dell’Amministrazione Tributaria, prevedendo un’ulteriore modalità di notificazione a disposizione degli uffici pubblici, che consiste nella possibilità di avvalersi di messi comunali o di messi autorizzati. Tale regola, per ragioni non tanto letterali, quanto logiche e sistematiche, si applica anche alla notificazione del ricorso in appello". Non condivisibile è anche la tesi dell’Ufficio con la quale s’intende sostenere il superamento dell’esigenza della preliminare notifica dell’invito bonario che avrebbe esclusivamente lo scopo di dare la possibilità al contribuente di estinguere l’obbligazione con una sanzione ridotta alla sola condizione del versamento di quanto dovuto entro trenta giorni dal ricevimento dell’avviso stesso, motivo superato dalle disposizioni di cui ai Decreti Legislativi nn. 471 e 472 anno 1997 (nuova disciplina delle sanzioni tributarie) in base alle quali il contribuente godrebbe già dell’agevolazione della sanzione oltre il limite previsto dalle norme invocate dal ricorrente ed alle quali si lega la necessità dell’invito al pagamento. Osserva il collegio che la previsione normativa dell’invio di un invito bonario al pagamento prima dell’iscrizione a ruolo e della conseguente notifica della cartella di pagamento oltre che trovare motivo nella possibilità di godere di una sanzione ridotta, fatto di per sé acquisito come affermato dallo stesso ufficio, con l’entrata in vigore della nuova disciplina delle sanzioni tributarie, trova ragione nell’interesse del contribuente, tanto ad evitare la speciale procedura della riscossione tributaria, quanto a sottrarsi ai maggiori conseguenti aggravi economici e finanziari della stessa procedura. Trova inoltre ragione anche nella possibilità che il contribuente ha, in mancanza di specifico atto di accertamento, di conoscere la pretesa in tutte le sue componenti, di valutarne la consistenza e/o la congruità e la legittimità della stessa, dare all’ufficio le eventuali spiegazioni e/o informazioni idonee a far recedere, se ve ne fossero le ragioni, l’ufficio stesso dalla pretesa, anche parziale, evitando un contenzioso comunque costoso e dall’esito non sempre scontato. Realizzando, inoltre, di fatto la deflazione del contenzioso sempre cercata dal legislatore e i principi più generali di chiarezza e collaborazione tra Amministrazione Finanziaria e contribuenti alla base dello Statuto del Contribuente. Diversamente opinando non si comprenderebbe la "ratio" delle norme che hanno previsto il preventivo invio e quelle successive (leggasi D.Lgs. nn. 471/97 e 472/97) che non hanno disposto l’abrogazione dell’adempimento. Al contrario, la stessa amministrazione (vedi C.M. 13-8-1996 n. 199/E) ha interpretato e precisato, a parere del collegio, correttamente che "l’emissione dell’avviso fa parte del procedimento di riscossione del tributo ed ha quindi carattere obbligatorio". Quanto argomentato trova conferma, nel caso in esame, nella non facile, se non impossibile interpretazione della misura della sanzione comminata per gli omessi versamenti, tanto che non è possibile stabilire se è stata applicata la norma più favorevole o meno. Ciò dimostra la necessità e la utilità del preventivo invito considerato, a buona ragione, dalla stessa Amministrazione obbligatorio prima dell’inizio della procedura. Per i motivi suddetti, l’iscrizione a ruolo non preceduta dall’invito bonario al versamento va annullata. La complessità della questione e la contrastante giurisprudenza suggeriscono la compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. La Commissione rigetta l’appello dell’Ufficio. Spese compensate. Condono tributario L’OMESSO VERSAMENTO DELLE RATE SUCCESSIVE ALLA PRIMA NON PREGIUDICA GLI EFFETTI DEL CONDONO PER OMESSI VERSAMENTI Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 305 Pres. Amato – Rel. Pisapia Imposte e tasse – Riscossione – Definizione dei ritardati ed omessi versamenti ex art. 9-bis della legge n. 289/2002 – Mancato pagamento delle rate successive alla prima – Persistente validità del condono – Sussiste – Iscrizione a ruolo ex art. 14 del D.P.R. n. 602/1973 – Legittimità La dichiarazione di condono per gli omessi o tardivi versamenti di imposte, prevista dall’art. 9 bis della legge 27 dicembre 2002, n. 289, con pagamento rateale delle somme dovute, si perfeziona con la presentazione dell’istanza entro i termini di legge e con il versamento della prima rata. Pertanto il mancato versamento delle rate successive non comporta la nullità dell’istanza di condono, ma abilita l’Ufficio a procedere al recupero delle somme con iscrizione a ruolo ex art. 14 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, applicando la sanzione per omesso versamento nella misura del trenta per cento. Svolgimento del processo Il sig. T. P., quale legale rappresentante della società T. s.r.l., ha impugnato l’atto di diniego di definizione di ritardati od omessi versamenti, notificato dall’Agenzia delle Entrate ritenendo lo stesso illegittimo per violazione della legge n. 289/02 ai sensi dell’art. 9 bis, rilevando altresì la decadenza per la riscossione delle rate non versate e non iscritte ai sensi dell’art. 36 bis. L’Agenzia delle Entrate con tale atto o avviso di diniego ha ritenuto non accoglibile l’istanza di definizione di ritardati od omessi versamenti di cui al comma 1 dell’art 9 bis della L. 27. 12.2002 n. 289, non avendo la T. s.r.l. provveduto al versamento delle rate di condono. In relazione a tale irregolarità l’Agenzia delle Entrate ritiene applicabile la sanzione di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 471/97, commisurata alle imposte non versate o versate in ritardo, così come risultanti dal controllo delle dichiarazioni originariamente presentate. Il ricorrente precisava di aver presentato istanze di condono tombale per gli anni dal 1998 al 2002, nonché per i ritardati versamenti per il periodo 2000, 2001 e 2002, ed ancora di non aver provveduto al pagamento delle ultime rate del condono per vicissitudini gestionali. Precisando ancora, che sia l’art. 9 che l’art. 9 bis non prevedono la nullità del condono, per cui l’A.F. avrebbe potuto riscuotere solo le rate non pagate con i relativi interessi e senza sanzioni, fermo restante l’avvenuta decadenza dei termini in relazione ai ritardati versamenti. Si costituiva in giudizio l’Ufficio, richiamando l’istituto della legge sul condono n. 289/02 che, nell’ipotesi di mancato versamento (art. 9 bis), prevede l’iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 602/73 delle somme non versate, ripristinando in siffatto modo la situazione originaria, con l’applicazione della sanzione del 30%. Precisava altresì che l’unico versamento effettuato dal ricorrerne con il codice tributo 8093 ammontava ad €. 6.000,00, che potrà essere oggetto di sgravio parziale, a seguito di notifica della cartella. Conclude per il rigetto del ricorso. 55 La Commissione nella seduta del 05.05.2006 disponeva la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, fissando l’udienza odierna per la trattazione nel merito. Motivi della decisione II mancato pagamento delle successive rate della definizione agevolata ex art. 16 L. n. 289/02 non fa venire meno gli effetti del condono, ma determina una nuova obbligazione per la quale l’Agenzia delle Entrate può azionare la procedura di riscossione coattiva. E’ lo stesso art. 16 comma 2, L. n. 289/02 anche se riferito alle liti pendenti, a stabilire che l’omesso versamento delle rate successive alla prima non determina l’inefficacia della definizione: per il recupero delle somme non corrisposte alle scadenze, si applicano le disposizioni di cui all’art. 14 del D.P.R. n. 602/73 ed è dovuta una sanzione amministrativa del 30%. Relativamente all’art. 9 della L. n. 289/02, se è pur vero che non richiama in modo puntuale quanto riportato nell’art. 16, è altrettanto vero che al comma 9 “la definizione automatica ... rende definitiva la liquidazione delle imposte ... " , di conseguenza l’omesso versamento di rate successive alla prima non determina l’inefficacia della definizione. L’efficacia della definizione si perfeziona con il pagamento della prima rata e la presentazione dell’istanza nel tempo stabilito, abilitando l’Ufficio a iscrivere a ruolo le somme dovute e le relative sanzioni che costituiscono un nuovo e distinto credito (paragrafo 11.10, 11.9 Circ. 12/E). Così, in caso di pagamento in misura infe- 56 riore al dovuto, qualora sia riconosciuta la scusabilità dell’errore, è consentita la regolarizzazione … (c. 9); l’errore può ritenersi scusabile (par. 11.10, Circ. 12/E) se riferito alla sussistenza di condizioni di obiettiva incertezza o di particolare complessità del calcolo. La previsione di una clausola di salvaguardia per i pagamenti successivi alla prima rata, omessi o ritardati è indice di chiara volontà del Legislatore a non volerli escludere dalla procedura agevolativa, a condizione che paghino una sanzione aggiuntiva (art. 14 D.P.R. 29.09.1973, n. 602) e gli interessi. Nessuna conseguenza può derivare dal mancato pagamento dei versamenti successivi al primo, per cui la domanda è da ritenersi valida (Circ. 7 del 18.02.2004). In definitiva, questa Commissione, come precedentemente asserito, è del parere che l’omesso versamento delle rate successive alla prima non pregiudica l’efficacia della definizione, che per legge si perfeziona con il pagamento della prima rata e la presentazione dell’istanza nel termine stabilito, ma abilita l’Ufficio, come nel caso di specie, ad iscrivere a ruolo le somme dovute e liquidate a seguito di condono e la relativa sanzione oltre gli interessi, che costituiscono tuttavia un nuovo e distinto credito. P.Q.M. La Commissione accoglie parzialmente il ricorso; ritiene valido il condono, così come esplicitato in motivazione. Compensa le spese del giudizio. Condono tributario APPLICABILE ANCHE ALLE LITI POTENZIALI IL CONCETTO DI “ERRORE SCUSABILE” Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVIII, 16 ottobre 2006, n. 224 Pres. Casale – Rel. Messina Condono tributario – Condono “liti potenziali”, ex art. 15 legge 27 dicembre 2002 n. 289 – Definizione di p.v. di constatazione – Redazione della domanda su modello non conforme e errata quantificazione dell’importo dovuto – Errore scusabile – Sussiste – Successiva regolarizzazione dei vizi riscontrati – Inefficacia della definizione agevolata – Non sussiste In tema di definizione delle liti potenziali, prevista dall’art. 15 della L. n. 289/02, le irregolarità del procedimento, ancorché si risolvano nell’errata quantificazione della somma da versare, non incidono sulla validità della definizione agevolata, comportando soltanto l’integrazione del versamento. E ciò in applicazione del principio di conservazione degli atti, reso esplicito dalle disposizioni in materia di condono delle liti pendenti, di cui all’art. 16, che consente, appunto, la regolarizzazione dei vizi consistenti nell’insufficienza dei versamenti, stante l’identità della ratio delle due fattispecie. Svolgimento del processo M. V., esercente attività di gestione di stabilimento balneare, con annesse attività di bar e di ristorazione, con distinti ricorsi consegnati all’Agenzia delle Entrate di S. il giorno 1.2.2006, chiede l’annullamento degli avvisi di accertamento che rideterminano gli imponibili per gli anni 1997 e 1998 ai fini Irpef, Iva e Irap, in conseguenza dei rilievi contenuti nel processo verbale di constatazione del 26 luglio 2002. Contesta il ricorrente la nullità del predetto accertamento, stante la intervenuta definizione ex art. 15 della legge n. 289/2002 del citato processo verbale di constatazione, e quindi svolge censure di legittimità e di merito anche nei confronti della pretesa tributaria così come accertata. Resiste al ricorso l’Agenzia delle Entrate, con memorie depositate il giorno 11.4.2006, con le quali contesta la operatività delle definizione invocata dal ricorrente. La controversia, come da richiesta delle parti, dopo la riunione dei ricorsi nel fascicolo avente numero di ruolo più antico, è stata discussa in pubblica udienza e, quindi, decisa come da dispositivo. Motivi della decisione Dalla documentazione agli atti di causa risulta provato, per ammissione della stessa Agenzia delle Entrate, che il M. V. ha tempestivamente presentato in data 27 aprile 2004 istanza di definizione ex art. 15 della legge n. 289/2002 del processo verbale di constatazione del 26.7.2002, che costituisce presupposto dei successivi accertamenti, ai quali si riferisce la presente controversia. L’Agenzia sostiene però che la predetta istanza di definizione, stando a quanto si legge nella memoria di costituzione in giudizio, non ha alcuna validità né dal punto di vista formale, in quanto redatta su modello "non conforme", né dal punto di vista sostanziale, "essendo stato erroneamente determinato l’ammontare del versamento". 57 58 Detta questione, relativa alla validità della definizione della "lite potenziale", va ovviamente affrontata preliminarmente essendo idonea a definire il giudizio. E sul punto, la tesi denegatoria dell’Amministrazione, rivolta a sottolineare, con riferimento alla possibilità di regolarizzare versamenti incompleti o ritardati, una sostanziale diversità tra le ipotesi di cui all’art. 16 (”liti pendenti”), per le quali sarebbe in linea di massima sempre possibile recuperare la validità della definizione con il pagamento supplementare di quanto dovuto, e le definizioni di cui all’art. 15 ("liti potenziali"), per le quali nelle ipotesi prospettate varrebbe una griglia più rigida di decadenze, è ad avviso di questo giudice poco convincente. In realtà tale supposta diversità non può essere desunta dalla espressa previsione di "regolarizzazione" prevista dalla norma per la definizione di cui all’16 della legge n. 289/2002. Il principio della conservazione degli atti e degli effetti, ai quali sembra essere complessivamente improntato, a differenza di quanto avveniva in passato, il sistema di benefici di cui alla predetta legge, rende più corretta una lettura della normativa che partendo dalla espressa previsione di “regolarizzazione" per la definizione delle liti pendenti, consenta la stessa possibilità per la definizione delle liti potenziali. Tra l’altro appare più scusabile l’errore eventualmente commesso dal contribuente nella definizione della lite potenziale di cui all’art. 15 della legge n. 289/2002, riguardando la stessa anche atti, come il processo verbale di constatazione, dai quali non sempre emerge con chiarezza la quantificazione degli importi dovuti per imposte ed accessori, tanto da postulare normalmente un successivo atto di accertamento o di liquidazione dell’imposta. Orbene se la definizione invocata dal ricorrente lascia allo stesso istante la quantificazione degli importi da versare, con il complesso procedimento di quantificazione riportato al comma quarto del citato art. 15, reso ancora più complicato dalla frequente nebulosità dei processi verbali di constatazione relativamente ai rilievi contestati, appare eccessivamente rigida la tesi dell’Amministrazione Finanziaria che si ostina a considera inefficace la definizione richiesta sulla scorta di una presunta "insufficienza" delle somme versate. Peraltro, a conferma della oggettiva difficoltà dei contribuenti a determinare esattamente l’importo da versare, laddove non emergano con chiarezza i presupposti giuridicoaritmetici in base ai quali dovrebbe computarsi il dovuto fiscale, si osserva che la stessa Amministrazione non quantifica nemmeno in sede contenziosa tale importo né fornisce alcuna indicazione sull’ammontare della eccepita "insufficienza". Al contrario, quindi, di quello che afferma l’Agenzia delle Entrate è proprio nelle ipotesi di definizione di cui al citato art. 15 che si manifesta più necessaria la collaborazione tra fisco e contribuente, ove si vogliano conseguire gli effetti deflattivi del contenzioso che sono propri di uno strumento rivolto al preventivo disinnesco delle controversie. La decadenza invocata dell’Amministrazione finanziaria, anche con riferimento alla inosservanza di altri adempimenti di natura formale, non sembra inoltre trovare giustificazione nemmeno nella lettera della legge, dal momento che nel dettato normativo del più volte citato art. 15 della legge n. 289/02 non è prevista alcuna espressa comminatoria di decadenza dal beneficio richiesto né nella ipotesi di utilizzo di un modello diverso da quello predeterminato, né nella ipotesi in quella di primo versamento inferiore ad una soglia minima o in ogni caso inferiore, a quello effettivamente dovuto, né infine nel caso di omessa trasmissione del prospetto dei calcoli eseguiti. Ulteriore conferma della erroneità della tesi sostenuta dall’Amministrazione Finanziaria sembra venire, infine, sempre dal dettato normativo e, precisamente, dal comma cinque del citato art. 15, laddove si afferma espressamente che "l’omesso versamento delle eccedenze entro le date indicate non determina l’inefficacia della definizione". E’ abbastanza agevole dedurre, in via di interpretazione, da tale formulazione della norma che, in assenza di precisa comminatoria di "decadenza", anche nella ipotesi meno grave di errore nella quantificazione del versamento e di insufficienza dello stesso, tale sanzione deve ritenersi a ragione esclusa. Le considerazioni che precedono inducono a ritenere quindi che, anche per la definizione ex art. 15 della legge n. 289/2002, la "irregolarità", determinata dalla insufficienza o incompletezza dei pagamenti, non incide sulla validità della definizione agevolata. Nel caso di specie, peraltro, non può mettersi in discussione che la predetta definizione sia stata tempestivamente richiesta dal M. con istanza del 23.4.2004, che la stessa debba ritenersi pienamente efficace, e che la rilevata insufficienza dei versamenti indicati dal ricorrente, e non contestati ex adverso, conferisce all’Amministrazione finanziaria solo il diritto di quantificare e pretendere dal contribuente quanto dallo stesso ancora dovuto per la "regolarizzazione" della predetta definizione. I ricorsi vanno, secondo la predetta imposta- zione, parzialmente accolti. Restano ovviamente assorbite dalla soluzione adottata relativamente alla eccepita inefficacia del "condono" invocato dal ricorrente, le altre questioni prospettate dalle parti con più specifico riferimento al merito dell’accertamento. Sussistono, ad avviso della Commissione sufficienti motivi per disporre la integrale compensazione fra le parti delle spese di causa. P.Q.M. La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno – Sezione diciottesima – riunisce i ricorsi ed, in parziale accoglimento degli stessi, dichiarata l’efficacia della definizione della “lite potenziale”, dispone che a cura dell’Agenzia delle Entrate di Salerno si proceda alla determinazione delle somme ancora dovute dal contribuente per il perfezionamento della definizione di cui all’art. 15 della legge n. 289/02. Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di giudizio. 59 Sanzioni AL TARDIVO VERSAMENTO DELLE ACCISE SUL CONSUMO DI GAS METANO E’ APPLICABILE L’AUTONOMO REGIME SANZIONATORIO SPECIALE Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVI, 9 maggio 2006, n. 482 Pres. Santaniello – Rel. Iovane Accise – Contestato tardivo versamento dell’imposta sul consumo del gas metano – Circostanza disciplinata da pluralità di sanzioni amministrative – Ricorso al principio di specialità ex art. 15 c.p. – Applicabilità Regime sanzionatorio di cui ai DD.Lgs. nn. 471/1997, 472/97 e 473/97 – Inapplicabilità – Regime sanzionatorio di cui aI D.Lgs. n. 504/1992 – Applicabilità in ragione del principio di specialità ex art. 9 Legge n. 689/1981 – Consegue 60 In base al principio di specialità di cui all’art. 9 della legge 9.11.1981 n. 689 vanno applicate le disposizioni speciali tutte le volte in cui lo stesso fatto risulti punito da una pluralità di sanzioni amministrative. A tal fine, perché il principio selettivo della specialità operi, è necessario che la norma speciale presenti non solo elementi caratteristici suoi propri (cd. di specializzazione), ma anche tutti quegli propri dell’altra (cd. generale) e che la stessa, semmai anteriore a quella generale, sia risultata giuridicamente efficace soprattutto quando non emerga la volontà del legislatore ad innovare quanto già regolato con legge speciale. Di conseguenza, costituendo la disciplina delle accise ed il relativo sistema sanzionatorio autonomo testo di legge speciale, sono applicabili alle ipotesi di tardivo versamento delle accise sul gas metano le sanzioni previste dall’art. 3, comma 4 del D.Lgs. 504/95 in luogo di quelle di cui al sistema sanzionatorio tributario portato dai DD.LLgs. numeri 471, 472 e 473 del 1997. Svolgimento del processo Il Comune di M.S.S., rappresentato e difeso dall’Avv. A. M. presso il cui studio lo stesso elettivamente domicilia ai fini del presente giudizio, ha proposto ricorso avverso l’atto di irrogazione di sanzioni indicato in epigrafe eccependo la inapplicabilità della sanzione prevista dall’art. 13 del D.Lgs. 18.12.1997 n. 471 al caso di ritardato pagamento dell’accisa sul gas metano, perchè estranea all’impianto normativo di cui al D.Lgs. 26.10.1995 n. 504 "Testo Unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali ed amministrative" che regola e disciplina l’accertamento, liquidazione e pagamento dell’imposta (art. 3), le particolari disposizioni di tassazione per il gas metano (art. 26) e, nel Capo IV, le sanzioni da applicarsi alle diverse ipotesi ivi tipizzate, comprese quelle di cui all’art. 50 testo cit., che prevede il pagamento di una somma di denaro da Lire 500 mila a lire 3 milioni per l’inosservanza di prescrizioni e regolamenti, ivi comprese "la omessa o tardiva presentazione delle dichiarazioni e denuncie prescritte". La convenuta Agenzia delle Dogane si costituisce ed oppone la legittimità del proprio operato in considerazione della portata generale rivestita dall’art. 13 del D.Lgs. 471/97 che estende i suoi effetti "ad ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo di una sua frazione nel termine previsto", senza pregiudizio alcuno peraltro degli interessi di mora sui ritardati versamenti dei tributi doganali che, perciò, restano dovuti per la natura risarcitoria di questi da tardivo adempimento dell’obbligazione tributaria. Motivi della decisione Il ricorso appare fondato e, come tale, va accolto. Si prescinde intanto dal richiamo relativo alla liquidazione degli interessi di mora che, in quanto legittimi per carattere e funzione, non risultano invero neanche eccepiti dal ricorrente che, anzi, li ha anche liquidati e soddisfatti nei modi e termini di cui all’art. 3, comma 4 del D.Lgs. n. 504/95. La Commissione ritiene che la controversia in esame non può essere risolta se non col ricorso al principio di specialità di cui all’art. 9 della legge 9.11.1981 n. 689 che, sulla base di quanto statuito dall’art. 15 del c.p. in tema di concorso apparente di disposizioni coesistenti, prevede l’applicazione delle disposizioni speciali tutte le volte in cui lo stesso fatto risulti punito da una pluralità di sanzioni amministrative. A tal fine, e perché il principio selettivo della specialità operi, è necessario che la norma speciale presenti non solo elementi caratteristici suoi propri (c.d. di specializzazione), ma anche tutti quegli propri dell’altra (c.d. generale) e che la stessa, semmai anteriore a quella generale, sia a risultare giuridicamente efficace soprattutto quando, come nel caso, non emerga la volontà del legislatore ad innovare quanto già regolato con legge speciale. Ed è nell’ambito di tale rapporto che va esaminato il D.Lgs. 26.10.1995 n. 504 denominato "Testo Unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali ed amministrative". Trattasi di complesso normativo che si articola nella disciplina delle Accise, in quella dell’Imposta di Consumo sull’Energia Elettrica, delle altre Imposizioni Indirette e delle Disposizioni diverse e finali. In particolare, e per quel che concerne la disciplina delle Accise di cui al Titolo I del citato testo, appare evidente come la stessa non sembra né accomunata e neanche accomunabile a quella delle altre imposte cui, invece, sono riferibili le sanzioni impugnate. Il D.Lgs. n. 504/95, in particolare, individua i prodotti soggetti ad accisa, i criteri di accertamento, la liquidazione e pagamento del tributo, le modalità operative, i poteri di controllo e di recupero dell’imposta e, a completamento del sistema, disciplina anche le ipotesi di responsabilità, ivi comprese, al Capo IV, i casi e misure delle sanzioni che, proprio a conferma della peculiarità della materia, va a definire con completezza e severità, peraltro anche inconsueta rispetto ad altri settori della normazione tributaria, le dettagliate ipotesi vuoi di violazione costituenti reato che di quelle punibili con sanzioni amministrative, ivi compresa l’astratta previsione di cui all’art. 50 del D.Lgs. n. 504/95 che, proprio a chiusura del sistema, risulta diretta a sanzionare ogni altra infrazione alla disciplina delle accise non compresa nella dettagliata tipizzazione che la precede. Da quanto precede, si ritiene potersi affermarsi che la disciplina delle accise ed il relativo sistema sanzionatorio costituiscono autonomo testo di legge speciale. Né pare sostenibile, con riguardo alle sanzioni di cui al testo in discorso, che queste non siano più in vigore per l’intervenuta legge generale posteriore in materia di sanzioni tributarie se, come già evidenziato in premessa, non risulti una specifica volontà del legislatore tesa ad innovare, in maniera espressa o per incompatibilità (ex art. 15 delle preleggi), anche la materia regolata dalla legge speciale. Le disposizioni recate dai DD.Lgs. nn. 471/97, 472/97 e 473/97 del 18.12.1997 in materia di sanzioni tributarie non penali, infatti, disciplinano, rispettivamente: 1) all’art. 13 del D.Lgs. n. 471/97, i criteri di determinazione delle sanzioni amministrative per "chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione ... alla correzione di errori materiali di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale. … di liquidazione della maggiore imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell’art. 54-bis del D.P.R. 26 otto- 61 bre 1972, n. 633"; 2) all’art. 29 del D.Lgs. n. 472/97, è disposta l’abrogazione espressa di talune norme diverse e distinte da quelle di cui al D.Lgs. n. 504/95; 3) all’art. 10, comma 40 del D.Lgs. n. 473/97, è disciplinata la modificazione di talune sanzioni penali ed amministrative proprie del T.U. n. 504/95, con l’evidente conseguenza che le sanzioni del primo testo ineriscono certamente le violazioni in materia di imposte dirette ed Iva; le disposizioni generali del secondo testo esprimono norme di principio e procedimentali riguardanti ogni tipo d’infrazione, senza con ciò incidere sulla portata comminatoria del sistema punitivo di cui al Capo IV del D.Lgs. n. 504/95 (perchè relative a qualsiasi tipo di infrazione, caratterizzandosi anzi come utile supporto ai fini delle relative applicazioni); quelle del terzo testo appaiono poi di conferma della volontà del legislatore a non innovare il sistema punitivo del D.Lgs. n. 504/95 perchè, come già evidenziato, espressamente considera, novellandole, "le relative sanzioni penali ed amministrative, approvato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504". Ne discende che i D.D. Lgs. nn. 471/97, 472/97 e 473/97 del 18.12.97, in attuazione della legge di delegazione del 23.12.1996 n. 662, riflettono una impostazione unitaria dove accanto alle affermazione di principio e procedimentali di cui al D.Lgs. n. 472/97 si affiancano le sanzioni in materia di imposte dirette e di Iva di cui al D.Lgs. n. 471/97 e quelle in materia di altri tributi indiretti di cui al D.Lgs n. 473/97. Sulla base di quanto sopra, il ritardato o l’omesso pagamento delle accise non pare 62 proprio sanzionabile dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/97, trattandosi di infrazione alla disciplina del T.U. n. 504/95 contemplata dallo speciale sistema sanzionatorio di questo (in particolare dall’art. 50). Il ricorso pertanto deve essere accolto. La controvertibilità delle questioni trattate rende equa l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali. P.Q.M. La Commissione accoglie il ricorso. Spese compensate. _________ Nota La sentenza si pone in contrasto con quanto affermato in numerose sentenze di merito Commissione tributaria provinciale di Salerno, Sez XII, n. 502 del 14.12.2005; Commissione tributaria provinciale di Salerno, Sez XII, n. 484 del 14.12.2005; Commissione tributaria provinciale di Salerno, Sez II, n. 467 del 04.05.2006; Commissione tributaria provinciale di Salerno, Sez X, n. 166 del 18.12.2003; Commissione tributaria provinciale di Napoli, Sez XVIII, n. 172 del 14.16.2005; Commissione tributaria provinciale di Napoli, Sez XVIII, n. 175 del 14.16.2005; Commissione tributaria provinciale di Benevento, Sez II, n. 105 del 21.06.2004; Commissione tributaria regionale di Napoli, Sez. VIII, n. 103 del 21.06.2006), nonché con l’orientamento espresso dall’Ufficio del Coordinamento Legislativo con nota n. 4828 del 17.07.1998 e dall’Agenzia delle Dogane con nota n. 656 del 25 marzo 2004. Sanzioni L’INTERPOSIZIONE FITTIZIA DELLO SCHERMO SOCIETARIO RENDE INAPPLICABILE L’ESCLUSIONE DELLE RESPONSABILITA’ PER L’AUTORE DELLE VIOLAZIONI Commissione tributaria provinciale Salerno, Sez. XVIII, 3 ottobre 2006, n. 194 Pres. Cobellis – Rel. Messina Tributi erariali diretti ed indiretti – Imposta sul reddito delle persone giuridiche – Imposta sul valore aggiunto – Accertamento – Documentata e contestata attività di concreta ingerenza dell’amministratore di fatto nella gestione dell’ente societario – Contestuale irrogazione delle sanzioni in capo all’autore delle violazioni e quale organo amministrativo di fatto – Legittimità – Utilizzo strumentale dell’interposto schermo societario da parte dell’autore delle violazioni – Invocata applicabilità dell’esimente di cui all’art. 7 del D.L. 30/9/2003 n. 269 conv. in L. 24/11/2003 n. 326 – Esclusione Se nell’ambito di un contestato meccanismo fraudolento a danno dell’erario emerge con sufficiente dovizia di particolari la diretta partecipazione dell’autore delle violazioni alle attività di amministrazione e di gestione dell’ente-persona giuridica strumentalmente creato, vi è idonea giustificazione a qualificare così l’asserito ruolo di amministratore di fatto con la conseguente qualità di “autore della violazione”. Pertanto se l’ente dotato di personalità giuridica nasce e si pone nelle attività dell’autore delle violazioni come vera e propria "società fantasma" da utilizzare secondo necessità, diviene inapplicabile, nei confronti dell’autore delle violazioni, l’esimente di cui all’art. 7 del decreto legge n. 269/03. Svolgimento del processo B. R., con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il 23.1.2006, chiede l’annullamento dell’avviso di accertamento, ricevuto in notifica, ai fini della irrogazione delle sanzioni, in data 22.11.2005 quale "autore della violazione" ed "amministratore di fatto" della società P. E. T. Limited con sede in S. Con il predetto avviso l’Agenzia delle Entrate, in assenza di presentazione del modello Unico per l’anno d’imposta 2002 da parte della società P. E. T. Limited con sede in S., ricostruisce induttivamente il volume d’affari ai fini Iva ed il reddito imponibile ai fini Irpeg della predetta società, con recupero delle imposte dovute. Resiste al ricorso l’Agenzia delle Entrate, con memoria depositata il 21.3.2006, e ribadisce la legittimità dell’accertamento. Come da espressa istanza delle parti la controversia è stata trattata in pubblica udienza e, quindi, decisa come da dispositivo. Motivi della decisione II ricorrente deduce, anche con memorie aggiuntive depositate il 12.6.2006, che impropriamente, e senza alcun fondamento, nell’avviso di accertamento impugnato, e nel processo verbale di constatazione 8.11.2002 della Guardia di Finanza di Sala Consilina, sul quale l’accertamento impugnato si fonda, viene dall’Amministrazione Finanziaria qualificato "autore della violazione", in quanto amministratore di fatto della società P. E. T. Limited, con sede in S. Lamenta in particolare che da parte dell’Amministrazione finanziaria si sia confusa l’attività di consulente fiscale, svolta a favore della predetta società, con quella di 63 concreta ingerenza nella gestione. Contesta, quindi, che sussistano i presupposti di legge per considerarlo "amministratore di fatto" ed, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 11 del decreto legislativo n. 472/1992, "autore delle violazioni" rilevate a carico della società dalla Guardia di Finanza di S. a seguito di verifica generale avviata il 15.10.02 e conclusa con il processo verbale di constatazione dell’8.11.2002. Il ricorrente invoca, peraltro, quale esimente a suo favore l’art. 7 del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, che esclude la responsabilità dell’autore della violazione nelle ipotesi in cui la persona giuridica rappresentata abbia tratto vantaggio dalle attività sanzionate. Il ricorso è infondato e va rigettato. Motivi della decisione Dal processo verbale di constatazione innanzi citato, e dai richiami alle indagini di polizia giudiziaria, con sequestri di computers ed accertamenti tecnici, eseguite nell’ambito dell’istruttoria penale promossa a carico del ricorrente e di altri dalla Procura della Repubblica del Tribunale di S. (cfr pag. 2 dei p.v.c.), emerge con sufficiente dovizia di particolari, nell’ambito dell’ipotizzato meccanismo fraudolento a danno dell’erario, la diretta partecipazione del B. alle attività di amministrazione e di gestione della P. E. T. Limited, tanto da aver subito, proprio per fatti connessi alla conduzione della citata società, anche un provvedimento di custodia cautelare domiciliare. Nel documento considerato si legge, infatti, testualmente, che il B. "... attualmente, per fatti riconducibili alla gestione della citata 64 società, si trova, su ordine dell’A.G. di S., agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di …". Le analitiche circostanze di fatto che emergono dal processo verbale di constatazione, contrastate solo genericamente dal ricorrente con il richiamo ad una presunta attività di consulenza svolta per conto della società, sono pertanto ampiamente probatorie di una costante ed attiva ingerenza del B. nelle vicende societarie, sicuramente idonea a giustificare l’asserito ruolo di amministratore di fatto e la conseguente qualità di “autore della violazione” attribuitagli dall’Amministrazione Finanziaria. Sempre dal predetto verbale inoltre si ricava, con indizi ed elementi che non vengono scalfiti dalle difese del ricorrente, che la P. E. T. Limited, nasce e si pone nelle attività del B. come vera e propria "società fantasma", da utilizzare secondo necessità. E’ evidente, quindi, che la stessa, proprio per le predette caratteristiche, non può in alcun modo essere considerata beneficiaria delle attività poste in essere dal ricorrente, con conseguente inapplicabilità alla fattispecie in esame dell’invocata esimente di cui all’art. 7 del decreto legge n. 269/03. Sussistono, ad avviso della Commissione, sufficienti motivi per disporre la integrale compensazione fra le parti delle spese di causa. P.Q.M. La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno - Sezione diciottesima - rigetta il ricorso proposto da B. R. confermando per l’effetto l’accertamento impugnato. Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di giudizio.