Massimario-07-1 - Ordine Commercialisti Salerno

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Massimario-07-1 - Ordine Commercialisti Salerno
GIURISPRUDENZA
T R I B U TA R I A
S A L E R N I TA N A
EDITO DALL’ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI DI SALERNO
1/07
Sped. in a. p. art. 2 comma 20/C Legge
Legge 662/96 - Filiale di Salerno - Anno XIII - Copia omaggio
SOMMARIO
NOTE, ARTICOLI E COMMENTI
Acquisto della qualifica di esportatore abituale, nota a Commissione Tributaria Regionale di Napoli, Sez. IX, 22 marzo 2006, n. 328
- Aniello Ruggiero
pag. 13
L’omessa relazione di notificazione e la mancanza di sottoscrizione del
notificatore determinano l’inesistenza giuridica della notifica, nota a Commissione Tributaria Provinciale Salerno, Sez. VI, 4 ottobre 2006, n. 303
- Luca De Rosa
”
27
Misure cautelari propedeutiche all’espropriazione forzata: condizioni di
impugnabilità ed applicabilità, nota a Commissione Tributaria Provinciale Salerno, Sez. XVIII, 30 ottobre 2006, n. 281
- Luciana Capo Fruscione
”
49
Al tardivo versamento delle accise sul consumo di gas metano è applicabile l’autonomo regime sanzionatorio speciale, nota a Commissione
Tributaria Provinciale Salerno, Sez. XVI, 9 maggio 2006, n. 482
”
62
TRIBUTI ERARIALI DIRETTI
IMPOSTA REGIONALE SULLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE
Imposta regionale sulle attività produttive – Attività di accertamento e
riscossione - Competenza territoriale – E’ dell’Agenzia delle Entrate ai
sensi dell’art. 25 del D.Lgs. n. 446/1997 – Carenza di legittimazione
passiva della Regione – Consegue.
Imposta regionale sulle attività produttive – Esercenti arti e professioni
- Soggettività passiva – Requisiti – Autonoma organizzazione dell’attività – Si realizza quando i mezzi utilizzati sono tali da generare autonomamente valore – Istanza di rimborso dell’imposta versata – Onere della prova della non debenza del tributo – Grava sull’istante.
pag. 7
”
7
IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE GIURIDICHE
Tributi erariali diretti ed indiretti – Imposta sul reddito delle persone
giuridiche – Imposta sul valore aggiunto – Accertamento –
Documentata
e
contestata
attività
di
concreta
ingerenza
dell’amministratore di fatto nella gestione dell’ente societario –
Contestuale irrogazione delle sanzioni in capo all’autore delle violazioni
e quale organo amministrativo di fatto – Legittimità – Utilizzo
strumentale dell’interposto schermo societario da parte dell’autore delle
violazioni – Invocata applicabilità dell’esimente di cui all’art. 7 del
D.L. 30/9/2003 n. 269 conv. in L. 24/11/2003 n. 326 – Esclusione.
1
”
63
TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI
IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
Imposta sul valore aggiunto – Acquisti in sospensione d’imposta nei limiti del c.d. plafond – Condizioni – Acquisto dello status di esportatore
abituale – Modalità – Cessioni all’esportazione superiori al 10% del volume di affari – Sufficienza – Utilizzo del plafond mobile o del plafond fisso – Necessità di comunicazione all’Ufficio – Esclusione.
con nota di Aniello Ruggiero
pag. 11
ACCISE
Tributi erariali indiretti – Accise – Art. 20, D.L. n. 331/93 conv. in L.
n. 427/93 – Esenzione dal pagamento del tributo per gli acquisti di carburanti destinati ad attività aeronautiche non da diporto – Acquisti di
carburanti destinati all’attività “HEMS” (servizio “118”) – Esenzione –
Spetta – Acquisto di carburante non defiscalizzato e successiva istanza
di rimborso dell’imposta pagata – Procedura prevista al punto 3 della
circolare 121/D del 21/4/95 – Mancato rispetto da parte del contribuente – Ininfluenza ai fini del beneficio concesso.
”
21
”
15
”
18
TRIBUTI LOCALI
Tributi minori – Contributi consortili – Presupposto impositivo – Beneficio specifico e diretto dell’immobile ricadente nel perimetro consortile
– Necessità – Dimostrazione – Spetta al Consorzio in presenza di contestazione del contribuente – Utente tenuto al pagamento della tariffa
per il servizio di pubblica fognatura – Resta obbligato al solo c.d. beneficio idrogeologico.
IMPOSTE E TASSE
AGEVOLAZIONI
Agevolazioni tributarie – Credito di imposta – Investimenti nelle aree
svantaggiate ex art. 8 legge n. 388/2000 – Art. 62, comma 1, L. n.
289/2002 – Necessità di proposizione di istanza telematica (c.d. Mod.
CVS) a pena di decadenza del beneficio – Omessa presentazione – Effetti.
2
CONTENZIOSO
Procedimento e processo – Estratto del ruolo rilasciato dal Concessionario della riscossione su richiesta del contribuente – Ha valenza meramente interna – Impugnazione dinanzi alle Commissioni Tributarie – Inammissibilità – Consegue.
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Procedimento e processo – Notificazioni – Atti impositivi – Cartella di
pagamento – Omessa compilazione della relata di notifica – Assenza di
sottoscrizione da parte del soggetto notificatore – Inesistenza giuridica
della notificazione – Sussiste – Sanabilità ex art. 156, comma 3, del codice di procedura civile – Esclusione.
con nota della Redazione e
con nota di Luca De Rosa
pag. 26
Procedimento e processo – Prelievo supplementare latte di cui alla legge n. 468/1992 – Natura di tributo – Non sussiste – Giurisdizione delle
Commissioni tributarie – Esclusione.
”
30
Procedimento e processo – Autotutela amministrativa – Natura – Provvedimento di dinego dell’annullamento – Impugnazione – Giurisdizione
delle Commissioni tributarie – Sussiste – Oggetto della giurisdizione –
E’ limitato all’esame formale e alla correttezza nella formazione del
provvedimento impugnato – Effetti della pronuncia – Non possono
estendersi alla valutazione circa la legittimità della pretesa tributaria.
”
35
Notificazione della cartella di pagamento – Art. 25 del D.P.R. n.
602/1973 – Natura del termine – Conseguenze.
”
43
Procedimento e processo – Atti impugnabili – Impugnativa dell’atto di
iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. n. 602/1973 quale misura
cautelare – Giurisdizione del Giudice ordinario ante art. 35 del D.L. n.
223/2006 conv. in Legge n. 248/2006 – Sussisteva – Giurisdizione del
Giudice tributario in seguito all’entrata in vigore dell’art. 35 del D.L. n.
223/2006 conv. in Legge n. 248/2006 – Sussiste – Sopravvenuto
mutamento legislativo posteriore all’introduzione della domanda – Ius
superveniens che attribuisce al Giudice tributario adito competenza
giurisdizionale su materia che egli non aveva all’epoca dell’introduzione
della domanda – Giurisdizione - Spetta al Giudice tributario.
”
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Imposte e tasse – Riscossione – Definizione dei ritardati ed omessi versamenti ex art. 9-bis della legge n. 289/2002 – Mancato pagamento delle rate successive alla prima – Persistente validità del condono – Sussiste – Iscrizione a ruolo ex art. 14 del D.P.R. n. 602/1973 – Legittimità.
”
55
Condono tributario – Condono “liti potenziali”, ex art. 15 legge 27 dicembre 2002 n. 289 – Definizione di p.v. di constatazione – Redazione della
domanda su modello non conforme e errata quantificazione dell’importo
dovuto – Errore scusabile – Sussiste – Successiva regolarizzazione dei vizi riscontrati – Inefficacia della definizione agevolata – Non sussiste.
”
57
CONDONO TRIBUTARIO
3
RISCOSSIONE
Riscossione – Riscossione dei tributi erariali diretti ed indiretti – Liquidazione delle imposte ex artt. 36 bis D.P.R. n. 600/73 e 54 bis D.P.R.
n. 633/72 – Termini previsti a pena di decadenza dalla L. 31 luglio
2005 n. 156 – Disciplina transitoria di cui all’art. 1, comma 5 bis, lett.
b) L. 156/2005 – Applicazione alle liquidazioni operate prima
dell’entrata in vigore della legge – Applicabilità.
”
39
Riscossione – Riscossione dei tributi locali – Imposta comunale sugli
immobili – Avvisi di liquidazione previamente notificati e non opposti –
Successiva Iscrizione a ruolo – Termini di decadenza ex art. 17 D.P.R.
n. 602/1973 – Inapplicabilità – Termini di cui all’art. 12 del D.Lgs. n.
504/92 – Applicabilità.
pag. 43
Riscossione – Riscossione forzata – Atto di iscrizione ipotecaria ex art.
77 D.P.R. n. 602/1973 – Termini di decadenza ex art. 50 del D.P.R.
602/1973 – Inapplicabilità.
con nota di Luciana Capo Fruscione
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46
Riscossione – Riscossione delle imposte dirette e indirette – Liquidazione della dichiarazione modello Unico – Maggiori imposte non versate –
Invio di invito bonario al pagamento ex artt. 54 e 60, comma 6, D.P.R.
n. 633/72 e art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 462/97 – Necessità – Omissione
– Nullità della successiva cartella di pagamento – Consegue.
”
53
Imposte e tasse – Riscossione – Definizione dei ritardati ed omessi versamenti ex art. 9-bis della legge n. 289/2002 – Mancato pagamento delle rate successive alla prima – Persistente validità del condono – Sussiste – Iscrizione a ruolo ex art. 14 del D.P.R. n. 602/1973 – Legittimità.
”
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SANZIONI
Accise – Contestato tardivo versamento dell’imposta sul consumo del
gas metano – Circostanza disciplinata da pluralità di sanzioni
amministrative – Ricorso al principio di specialità ex art. 15 c.p. –
Applicabilità - Regime sanzionatorio di cui ai DD.Lgs. nn. 471/1997,
472/97 e 473/97 – Inapplicabilità – Regime sanzionatorio di cui aI
D.Lgs. n. 504/1992 – Applicabilità in ragione del principio di specialità
ex art. 9 Legge n. 689/1981 – Consegue.
4
INDICE CRONOLOGICO
Commissione tributaria regionale di Napoli,
Sezione Staccata di Salerno,
Sez. IX, 22 marzo 2006, n. 328
pag. 11
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVI, 9 maggio 2006, n. 482
”
60
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XIV, 17 luglio 2006, n. 422
”
15
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 292
”
39
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 298
”
24
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 305
”
24
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XV, 6 settembre 2006, n. 190
”
43
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVIII, 3 ottobre 2006, n. 194
”
63
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. VI, 4 ottobre 2006, n. 303
”
26
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVIII, 16 ottobre 2006, n. 224
”
57
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVIII, 30 ottobre 2006, n. 281
”
46
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. IV, 7 novembre 2006, n. 289
”
21
Commissione tributaria regionale di Napoli,
Sez. Staccata di Salerno,
Sez. IX, 8 novembre 2006, n. 163
”
53
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XV, 8 novembre 2006, n. 292
”
18
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVI, 15 novembre 2006, n. 265
”
30
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XIV, 16 novembre 2006, n. 122
”
7
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVIII, 23 novembre 2006, n. 231
”
35
5
Imposta sulle attività produttive
IL CONCETTO DI AUTONOMA
ORGANIZZAZIONE AI FINI IRAP
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XIV, 16 novembre 2006, n. 122
Pres. Del Grosso – Rel. Minichini
I) Irap – Attività di accertamento e
riscossione - Competenza territoriale
– E’ dell’Agenzia delle Entrate ai
sensi dell’art. 25 del D.Lgs. n.
446/1997 – Carenza di legittimazione
passiva della Regione – Consegue
II) Irap – Esercenti arti e professioni
- Soggettività passiva – Requisiti –
Autonoma organizzazione dell’attività – Si realizza quando i mezzi utilizzati sono tali da generare autonomamente valore – Istanza di rimborso
dell’imposta versata – Onere della
prova della non debenza del tributo –
Grava sull’istante
I) Ai sensi dell’art. 25 del D. Lgs. n.
446/1997, per le attività di rettifica delle dichiarazioni, di accertamento e di riscossione ai fini Irap, nonché per il relativo contenzioso, si applicano le norme in materie di
imposte dirette. Pertanto, competente a
provvedere sulle istanze di rimborso del tributo è l’Agenzia delle Entrate territorialmente competente in base al domicilio fiscale del contribuente e non la Regione; analogo criterio vige per la determinazione della
competenza territoriale della Commissione
da adire per decidere la relativa controversia giudiziaria.
II) Ai fini del riconoscimento della soggettività passiva in capo ai soggetti esercenti arti
e professioni, deve ritenersi sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione quan-
do gli strumenti materiali e personali utilizzati dal professionista siano capaci di generare autonomamente valore, senza che sia
indispensabile la presenza e l’operatività
del lavoratore autonomo. Nell’ipotesi di
istanza di rimborso del tributo corrisposto,
è onere del contribuente fornire la prova, in
sede processuale, dell’esclusione dall’imposizione Irap.
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 4 e 5 agosto 2005
rispettivamente all’Agenzia delle Entrate di
Salerno ed alla Regione Campania, depositato il 30 successivo, la signora T. A., esercente la professione di avvocato, ha impugnato il silenzio dell’Amministrazione formatosi sulla sua domanda di rimborso
dell’Irap versata per gli anni 2002, 2003 e
2004.
La ricorrente basa la sua pretesa sul rilievo
secondo cui l’attività professionale svolta
manca del minimum d’organizzazione che
secondo la sua prospettazione, costituirebbe
il presupposto imponibile, ed afferma che
per l’esercizio della professione dispone
della sola autovettura e del telefono cellulare e che la sua assenza dall’attività impedirebbe lo svolgimento della stessa.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita in
giudizio con la memoria depositata il
31/10/2005, con la quale ha controdedotto
chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza.
La Regione Campania, costituitasi in giudizio, con la memoria depositata in data
11/11/2005, ha sollevato eccezioni in rito e,
nel merito, ha controdedotto chiedendo il rigetto del ricorso.
7
Motivi della decisione
8
In via preliminare vanno esaminate le eccezioni in rito della Regione, d’incompetenza
territoriale della Commissione adita,
d’inammissibilità del ricorso per mancato
inoltro della domanda di rimborso all’Agenzia delle Entrate (s’intende di Salerno) che
viene indicata come competente in materia,
nonché di carenza legittimazione passiva
della Regione perché, ancora, non sarebbe
essa competente a provvedere sulla domanda di rimborso, ma l’Agenzia delle Entrate.
Con discorso più diffuso, con la prima eccezione si sostiene che in materia è competente la Commissione tributaria di Napoli e non
di Salerno, e ciò perché in Napoli ha sede la
Regione; con la seconda eccezione si rileva
l’inammissibilità del ricorso, affermandosi
che il ricorrente ha inoltrato la domanda di
rimborso alla sola Regione ed assumendosi
che il rimborso è di competenza dell’Agenzia delle Entrate (di Salerno); e con
la terza eccezione si prospetta la carenza di
legittimazione passiva della Regione rilevandosi ancora che non è la Regione
l’organo deputato a provvedere sulle istanze
di rimborso, ma l’Agenzia delle Entrate (di
Salerno).
In altri termini, ed in buona sostanza, si sostiene che competente a provvedere sulle
istanze di rimborso è l’Agenzia delle Entrate
territorialmente competente in base al domicilio fiscale del contribuente e non la Regione, e che la sede di questa, poi, ed invece,
sarebbe il luogo da tenere in conto ai fini
della competenza territoriale (inderogabile e
rilevabile d’ufficio) della Commissione tributaria, con la conseguenza che, nel caso in
esame, competente a provvedere sull’istanza
di rimborso sarebbe l’Agenzia delle Entrate
di Salerno e territorialmente competente a
decidere la relativa controversia giudiziaria
sarebbe la Commissione tributaria provinciale di Napoli.
Le prime due eccezioni sono infondate; la
terza è fondata e comporta l’estromissione
dal giudizio della Regione.
Premesso, in fatto, che, contrariamente da
quanto si afferma dalla Regione, la ricorrente, come risulta ex actis, ha inoltrato
l’istanza di rimborso non alla sola Regione,
ma anche all’Agenzia delle Entrate, si reputa che la soluzione delle questioni richiede il
richiamo alla legislazione in materia.
L’art. 10 del D.Lgs. n. 546/1992, recante le
disposizioni sul processo tributario, indica
che parte necessaria del processo è l’Ufficio
(o il soggetto) che ha emanato l’atto impugnato e, per quanto qui direttamente interessa, nei casi di silenzio-rifiuto a provvedere,
l’Ufficio che non ha emanato l’atto richiesto
(dal contribuente). Occorre allora individuare l’organo a cui compete, nel caso in esame, di provvedere sull’istanza di rimborso
del tributo versato. Al riguardo è necessario
richiamare che: a) l’art. 24 comma 1 del
D.Lgs. n. 446/1997, concernente l’istituzione dell’I.R.A.P., prevede che le regioni a
statuto ordinario possono disciplinare le
procedure applicative dell’imposta e che
all’ente regionale è attribuita la competenza
in materia di accertamento del tributo); b)
che l’art. 25 comma 3 (norma transitoria)
del medesimo D.Lgs. stabilisce che sino a
quando "non hanno effetto" le leggi previste
dal precedente art. 24, per le attività di rettifica delle dichiarazioni, di accertamento, di
riscossione e per il relativo contenzioso si
applicano le norme in materia d’imposte dirette, con ciò indicandosi, dunque, la competenza delle Agenzie delle Entrate; c) l’art.
2 della legge regionale n. 3/2003 dispone
che a decorrere dal periodo d’imposta in
corso al 1° gennaio 2001 le attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione
dell’imposta, nonché i rimborsi ed il contenzioso sono dì competenza della Regione; d)
come risulta dalle chiare, inequivocabili, determinate e decisive dichiarazioni ed affermazioni della Regione, la disciplina legislativa regionale "non ha avuto ancora attuazione, sicché permane, allo stato, la competenza degli uffici periferici del Ministero
dell’Economia e delle Finanze".
Osserva allora la Commissione che il chiaro
dettato della norma transitoria di cui all’art.
25 D.Lgs. n. 446/1997 ha disposto che per
tutte le attività in materia di gestione
dell’imposta de qua, in esse incluso il contenzioso, competono all’Agenzia delle Entrate sino a quando le leggi regionali "non
hanno effetto", significandosi ed indicandosi
precisamente con siffatta precisa formula
letterale ("non hanno effetto") che non la
mera emanazione della legislazione regionale è fonte del trapasso dalla disciplina transitoria a quella definitiva regionale, ma che,
invece, la concreta attuazione ed operatività
di quest’ultima reca con sé il detto trapasso,
evento questo che, come è stato chiarito, per
esplicita affermazione della Regione, non si
è verificato ancora.
Ne consegue allora che è corretta la prospettazione della Regione relativa alla sussistenza, ancora ed allo stato, della competenza
dell’Agenzia delle Entrate a provvedere sulle istanze di rimborso del tributo in questione; non è corretto invece reputare che il sistema delineato cambi direzione al solo riguardo del processo tributario a proposito
della relativa competenza territoriale, ostando a ciò la medesima legislazione innanzi
richiamata che, come si è visto, chiaramente
associa e rende paralleli la gestione dell’imposta (accertamento, rimborso ecc.) ed
il relativo contenzioso giudiziario. E, dunque, alla stregua delle osservazioni svolte,
va affermata la sussistenza della competenza
territoriale di questa Commissione; va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per carenza del presupposto dell’inoltro
della domanda di rimborso all’organo competente; e va accolta l’eccezione di carenza
di legittimazione passiva della Regione, con
conseguente estromissione dal giudizio della
stessa.
Nel merito, il ricorso è fondato.
La ricorrente afferma che la sua attività professionale di avvocato è stata esercitata senza alcuna struttura organizzativa, che ha usato all’uopo i soli suoi telefono cellulare ed
autovettura e che la sua assenza dall’attività
avrebbe impedito lo svolgimento della stessa. L’Agenzia resistente richiama la giurisprudenza che, in presenza di alcuni elementi strumentali afferenti all’organizza-
zione dell’attività (computer, telefono, fax,
automobile ecc.), afferma la sussistenza del
presupposto imponibile del tributo per cui si
controverte. Posta nei suddetti termini la
questione, va in primo luogo, richiamato
l’art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997 che indica il
presupposto imponibile nell’esercizio abituale "di un’attività autonomamente organizzata" volta alla produzione o allo scambio di beni ovvero, per quanto interessa nella fattispecie in controversia, alla prestazione di sevizi. Dall’indicazione del dato
normativo emerge, dunque, che l’elemento
che dà luogo alla nascita del presupposto
dell’imposta è l’attività autonomamente organizzata. E di questa ha certamente i caratteri quell’attività che viene svolta, pur se nel
minimum organizzativo, mediante l’articolazione di una struttura autonoma non suscettibile d’interruzione alla benché minima assenza dell’apporto del professionista e con
l’uso di beni strumentali anche non complessi, ma non quella attività che si avvale
della sola forza lavorativa propria dell’esercente e con i soli strumenti di lavoro di
uso normale e comune indispensabilmente
necessari ed usualmente adoperati dal solo
professionista in stretta inerenza alla sua solitaria attività lavorativa d’opera professionale.
Si osserva infatti che, come ha avuto modo
di affermare la Corte Costituzionale (sent. n.
156/2001), l’Irap non è un’imposta sul reddito, ma un’imposta a carattere reale che
colpisce il valore aggiunto derivante dall’organizzazione strutturale dell’attività che
da luogo ex se ad un nuovo fatto economico
(con relativa ricchezza) diverso dal reddito.
E, dunque, applicando i suddetti principi alla fattispecie in esame, deve concludersi per
l’accoglimento del ricorso, posto che, per gli
elementi di fatto innanzi esposti, devesi reputare che non sussistono gli elementi
d’organizzazione dell’attività che danno vita
al presupposto imponibile, considerandosi
anche che, inerendo la sussistenza o meno
del presupposto d’imposta a questione di
merito, la prova dell’esistenza dell’organizzazione come richiesta dalla legge deve es-
9
sere data dall’Ente impositore.
In definitiva, il ricorso è fondato e pertanto,
previa estromissione dal giudizio della Regione Campania, va accolto e, per l’effetto,
va dichiarato il diritto ricorrente di ottenere
il rimborso richiesto e la correlativa obbligazione dell’Agenzia delle Entrate resistente
di corrispondere le somme versate dal contribuente con i cespiti aggiuntivi degli interessi legali corrispettivi che, come è noto,
decorrono ex se in ragione della naturale fecondità del denaro e ciò dalla maturazione
del credito sino all’effettiva soddisfazione
dello stesso.
10
Tenuto conto della peculiarità delle questioni sottoposte all’esame, ricorrono giuste ragioni per disporre la compensazione tra le
parti delle spese processuali.
P.Q.M.
La Commissione tributaria provinciale di
Salerno - Sezione n. 14 - previa declaratoria
di estromissione dal giudizio della Regione
Campania, accoglie il ricorso indicato in
epigrafe proposto da T. A. e, per l’effetto,
dichiara il diritto della stessa di ottenere il
rimborso richiesto. Spese compensate.
Imposta sul valore aggiunto
ACQUISTO DELLA QUALIFICA
DI ESPORTATORE ABITUALE
Commissione tributaria regionale di Napoli,
Sezione Staccata di Salerno,
Sez. IX, 22 marzo 2006, n. 328
Pres. Iannarone – Rel. Buono
Imposta sul valore aggiunto – Acquisti in sospensione d’imposta nei limiti del c.d. plafond – Condizioni – Acquisto dello status di esportatore abituale – Modalità – Cessioni all’esportazione superiori al 10% del
volume di affari – Sufficienza – Utilizzo del plafond mobile o del plafond fisso – Necessità di comunicazione all’Ufficio – Esclusione
Ai sensi dell’art. 1 del D.L. n. 746/83, lo
status di esportare abituale si acquisisce
quando l’ammontare dei corrispettivi delle
cessioni all’esportazione, registrati nell’anno precedente ovvero nei dodici mesi precedenti (nel caso di adozione del plafond mobile), è superiore al 10% del volume di affari. La facoltà di acquistare beni o servizi
senza applicazione di imposta, prevista
dall’art. 8, comma 2, del D.P.R. n.
633/1972, è ammessa in tutte le ipotesi in
cui viene superata la soglia del suddetto
rapporto e non è subordinata all’invio di alcuna comunicazione.
Svolgimento del processo
Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, il curatore del fallimento della ditta individuale
D.M. impugnava l’avviso di rettifica anno
d’imposta 1995, emesso dall’Ufficio IVA di
Salerno, con il quale veniva contestata
l’omessa regolarizzazione di acquisti non im-
ponibili per un totale di lire 1.544.358.957,
per un’imposta IVA ad aliquota media dichiarata dell’ 11,64%, di lire 179.763.383.
L’Ufficio evidenziava:
• che il titolare della ditta, con la dichiarazione annuale IVA 1995, chiedeva il rimborso di parte del credito IVA riportato,
per un importo di lire 430.000.000;
• che al fine di verificare la legittimità del
rimborso, invitava la curatela ad esibire la
documentazione contabile;
• che dall’esame della documentazione esibita è risultato che la ditta ha registrato operazioni di acquisto non imponibili, a seguito del rilascio della dichiarazione d’intenti,
per un totale di lire 1.544.358.957.
L’Ufficio rilevava:
• che la ditta non aveva i necessari requisiti
di legge per assumere la qualifica di
esportatore abituale, non avendo effettuato
alcuna operazione di esportatore nell’anno
precedente;
• che la ditta non ha effettuato le annotazioni
obbligatorie circa l’ utilizzo del "plafond"
(articolo 1, comma 3°, del d.l. 29.11.1983,
n. 746, convertito con la legge 27.2.1984,
n. 17), né ha rispettato gli obblighi di comunicazione.
Il ricorrente chiedeva l’annullamento dell’
atto impugnato rilevando:
- che l’ Ufficio non aveva allegato copia degli atti comprovanti i presunti acquisti in
sospensione d’imposta (dichiarazione IVA
1994 e scritture contabili), documenti che
non erano in possesso della curatela fallimentare e, pertanto, quest’ ultima non era
in condizioni di potersi difendere;
- che la ditta aveva utilizzato anziché il plafond fisso (relativo alle cessioni di esportazione effettuate nell’anno solare precedente
1994) il plafond mobile (relativo alle cessioni effettuate nei dodici mesi precedenti);
11
12
II ricorrente eccepiva, infine, illegittimità
dell’avviso per violazione del divieto di duplicazione d’imposta e chiedeva l’applicazione del principio del favor rei.
L’Ufficio, con memorie depositate il
2.2.2001, si costituiva in giudizio e chiedeva
la conferma della pretesa tributaria osservando:
- che la documentazione è stata esibita dal
curatore che ne aveva la piena disponibilità
già prima che la esaminasse; inoltre la circostanza espressa nel ricorso è contraddetta dal fatto che proprio dalla documentazione esibita è stata rilevata da copia della
dichiarazione 1994 presa a base per dimostrare che nessuna operazione «non imponibile» era stata effettuata in detto anno;
- che, per quanto concerne la regolarizzazione degli acquisti, la norma espressamente
prevede che la corrispondente imposta non
può essere portata in diminuzione, stante il
disposto dell’articolo 19 del D.P.R. n.
633/72; che la legge n. 154/89 prevede che
il recupero dell’imposta va effettuato anche nei confronti del cessionario;
- che l’aliquota media applicata dall’Ufficio,
pari all’11,64%, per il recupero dell’imposta, è inferiore a quella massima
praticata dalla parte, aliquota massima che
l’Ufficio avrebbe potuto applicare;
- che non è possibile l’applicazione del plafond mobile, al caso in esame, in quanto
nessuna opzione risulta essere stata effettuata, né risulta alcun plafond disponibile
nel primo mese dell’ anno 1995.
Con sentenza n. 225 dell’1.10.2001 l’adita
Commissione Tributaria rigettava il ricorso.
Avverso tale sentenza proponeva appello il
contribuente e, in riforma della sentenza impugnata, chiedeva l’annullamento dell’avviso impugnato rilevando che l’unica documentazione a disposizione del ricorrente,
prodotta in giudizio, riguarda esclusivamente l’anno 1995; mentre l’avviso di rettifica
trova la sua giustificazione nella dichiarazione resa per l’anno 1994, pertanto, il provvedimento di imposizione si fonda su un documento non in possesso della curatela fallimentare, soggetto terzo nei confronti del fal-
lito e unico legittimato all’impugnazione.
L’assenza di tale documentazione non ha
consentito, inoltre, alla curatela fallimentare
di verificare le affermazioni rese dall’Ufficio impositore in ordine alla negata acquisizione della qualifica di esportatore abituale.
L’appellato Ufficio, con memorie depositate
il 25.9.2003 si costituiva nel giudizio di appello e chiedeva la conferma della sentenza
impugnata.
All'udienza odierna svoltasi davanti a questa
Commissione Tributaria Regionale l’appello
è stato deciso come da dispositivo.
Motivi della decisione
Premessa la definitività del giudicato relativamente alle eccezioni circa l’applicazione
dell’aliquota media dell’11,64 e l’assenza di
evasione tributaria, in mancanza di specifica
censura alla sentenza su tali questioni,
all’esame di questo giudicante restano le doglianze del ricorrente relative:
a) omessa alligazione degli atti sui quali si
fonda la motivazione della rettifica;
b) esistenza dello status di esportatore abituale (articolo 1 D.L. n. 746/1983).
E’ opportuno esaminare per primo la doglianza di cui al punto b).
A norma dell’articolo 1 del D. L. n. 746/83
lo "status di esportatore abituale" si acquisisce quando l’ammontare dei corrispettivi
delle cessioni all’esportazione, registrati
nell’anno precedente, ovvero nei dodici mesi precedenti (nel caso di adozione del plafond mobile) è superiore al 10% del volume
di affari.
L'articolo 2, della legge n. 28/1997, dispone
che gli acquisiti in sospensione d’imposta, si
possono effettuare nei limiti del plafond. Il
plafond è costituito dalla somma dei corrispettivi relativi alle operazioni internazionali, non imponibili, registrate ai fini IVA nei
dodici mesi precedenti a quello in cui si vogliono effettuare gli acquisti in sospensione
d’imposta, se si utilizza il plafond mobile.
Come osservato dall’Ufficio, dal combinato
disposto della detta normativa si deduce che
per poter effettuare acquisiti in sospensione
d’imposta, occorre la disponibilità del plafond, che in caso di mobilità, si sia formato
con i corrispettivi relativi a cessioni all’esportazione, registrate nei dodici mesi
precedenti.
L’Ufficio ritiene, nel caso in esame, che
l’appellante nei dodici mesi precedenti non
aveva effettuato alcuna registrazione di corrispettivi relativi a cessioni all’esportazione
e che quindi non aveva titolo ad acquistare
in sospensione d’imposta.
Sulla questione il giudice di primo grado ha
ritenuto che, effettivamente, l’esportatore
può avvalersi del cosiddetto plafond mobile
senza obbligo di comunicazione e senza vincolo all’opzione triennale (D.L. n. 330/1994
- convertito con la legge n. 473/1994) però,
nel caso in esame, la documentazione contabile prodotta, relativa alle cessioni effettuate
nei primi mesi dell’anno 1995, non attesta
l’effettuazione di cessioni all’esportazione e
l’acquisto dello "status di esportatore".
La conclusione non è condivisibile. Invero
dal registro IVA UNICO (acquisti e vendite)
esibito, si rileva che sin dal mese di marzo il
ricorrente aveva effettuato vendite in esenzione d’imposta, ai sensi dell’articolo 8
D.P.R. n. 633/1972 (vendite all’esportazione) e nel successivo mese di aprile tali
vendite avevano superato la soglia del rapporto con il volume di affari dei dodici mesi
precedenti, fissato nella misura del 10% ed
aveva dunque un plafond da utilizzare per
gli acquisti in sospensione d’imposta (vedi
registro unico e prospetto allegato - per il
volume d’affari cfr. dichiarazione annuale
IVA 1994 allegata alle controdeduzioni dell’
Ufficio).
L’acquisizione dello status di esportatore
abituale legittimava gli acquisiti in sospensione d’imposta che l’Ufficio ha ritenuto di
contro non spettanti. Resta assorbita ogni altra domanda e/o eccezione.
La complessità della materia trattata e la controvertibilità delle questioni di fatto e di diritto in uno a contrastanti giudicati, suggerisce
la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione accoglie l’appello del contribuente e, pertanto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla l’avviso di rettifica IVA 1995. Spese compensate.
_________
La sentenza su riportata, pienamente condivisibile
in quanto riconosce la legittimità del comportamento adottato dal contribuente, non indugia però,
sui presupposti normativi che regolano la materia,
che per sua stessa ammissione è oltremodo complessa, aggravata, peraltro, da una serie di disposizioni succedutesi nel tempo.
L’occasione, appare pertanto propizia, per una disamina se pur breve dello status di esportatore abituale e sulla formazione e spendita del plafond da
parte del cosiddetto “esportatore abituale”.
Per effetto dell’art. 8, comma 2, e dell’art. 68,
comma 1, del D.P.R. 633/1972, gli operatori che
effettuano cessioni all’esportazione hanno la possibilità di acquistare i beni e i servizi (indicati nella
lettera C), primo comma, del citato art. 8, nonché
di importare i beni, senza pagamento dell’imposta
(cosiddetto plafond).
Se così non fosse, gli operatori economici che
esportano beni si troverebbero, agli effetti
dell’IVA, in una posizione creditoria gravosa dovendo subire il pagamento dell’imposta sugli acquisti che potrebbero recuperare solo mediante richiesta di rimborso agli Uffici competenti (art. 30
del D.P.R. 633/1972).
L’agevolazione innanzi detta, all’origine non era
concessa in via illimitata ma secondo le condizioni
e i limiti stabiliti dal D.L. n. 746/1983, convertito
con modificazione nella legge n. 17/1984.
Ed invero, la possibilità di acquistare beni senza
l’applicazione dell’IVA, veniva concessa a condizione che :
- la percentuale risultante dal rapporto tra l’ammontare delle cessioni all’esportazione, registrate
nell’anno solare precedente o nei dodici mesi precedenti ed il relativo volume d’affari, sia superiore al 10%; tale requisito di carattere sostanziale,
fa assumere lo status di esportatore abituale;
- i soggetti che intendono avvalersi della facoltà di
acquistare beni e servizi senza pagamento
dell’IVA devono presentare una dichiarazione mod. 99 - al competente Ufficio, entro il 31 gennaio ovvero oltre tale data ma anteriormente al
momento di effettuazione della prima operazione, indicando l’ammontare dei corrispettivi delle
esportazioni fatte nell’anno solare precedente
(plafond fisso) o nei dodici mesi precedenti (plafond mobile o variabile).
13
Entrambi i requisiti di cui sopra erano considerati
come conditio sine qua non per potersi avvalere
della facoltà di acquistare senza l’applicazione
dell’IVA, sicché se mancava anche uno solo di essi, veniva meno la possibilità di usufruire del plafond.
Inoltre, per i contribuenti che assumevano ai fini
del plafond le cessioni all’esportazione registrate
nei dodici mesi precedenti, la dichiarazione aveva
effetto sempre che ne permanessero i presupposti
per un triennio solare.
Senonché con l’art. 1 del D.L. n. 330 del
31/05/1994, introdotto dalla legge di conversione
n. 473 del 27/07/1994, veniva abrogata la disposizione riguardante l’obbligo di presentazione di apposita dichiarazione con la quale si manifestava la
volontà di volersi avvalere della facoltà di acquistare beni e servizi in sospensione di imposta e con
la quale si optava per il plafond fisso o per il plafond variabile.
Pertanto, nell’anno 1995 (periodo in contestazione) non sussistevano gli obblighi innanzi detti, il
cui mancato rispetto faceva decadere dalle agevolazioni.
Nell’ambito della semplificazione che aveva ispirato la norma di cui al D.L. n. 330 citato, si dava
risalto al comportamento concludente del contribuente.
La scelta del metodo di plafond veniva fatta preventivamente, pur se manifestata a posteriori in se-
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de di dichiarazione IVA dell’anno di riferimento,
ma a differenza di quanto avveniva prima della
modifica, tale manifestazione, anche se omessa,
non pregiudicava la scelta operata.
In tale ottica, ben poteva il contribuente avvalersi
del plafond variabile, relativo i dodici mesi precedenti.
Tale scelta poteva essere verificata solo attraverso
l’esame delle scritture contabili al fine di controllare se le operazioni attive che concorrono alla formazione del plafond, registrate nei dodici mesi
precedenti, superano il 10% del volume d’affari
del corrispondente periodo (status di esportatore),
nonché verificare l’ammontare del plafond di cui
si può disporre.
La determinazione del “plafond disponibile” si ricava ogni mese applicando la seguente formula:
Esportazioni registrate nei dodici mesi precedenti Progressivo utilizzo = Plafond disponibile
Tutti questi elementi erano desumibili dal registro
Unico (acquisti e vendite) esibito dal contribuente
sicché è stato possibile riscontrare l’acquisizione
dello status di esportatore e quindi la legittimazione ad effettuare acquisti in sospensione di imposta,
nonché la scelta operata di utilizzare il plafond riferito ai dodici mesi precedenti.
Aniello Ruggiero
Contributi consortili
PRESUPPOSTO IMPOSITIVO
DEL CONTRIBUTO CONSORTILE
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XIV, 17 luglio 2006, n. 422
Pres. Del Grosso – Rel. Minichini
Tributi minori – Contributi consortili
– Presupposto impositivo – Beneficio
specifico e diretto dell’immobile ricadente nel perimetro consortile – Necessità – Dimostrazione – Spetta al
Consorzio in presenza di contestazione del contribuente – Utente tenuto
al pagamento della tariffa per il servizio di pubblica fognatura – Resta
obbligato al solo c.d. beneficio idrogeologico
Ai sensi dell’art. 13, commi 3 e 8, della Legge Regionale n. 4/2003, a partire dall’anno
2002 non è dovuta la porzione del contributo consortile relativa al c.d. beneficio di
scolo da parte del singolo utente tenuto al
pagamento della tariffa dovuta per il servizio di pubblica fognatura, mentre resta dovuta la porzione relativa all’attività di prevenzione idrogeologica (c.d. beneficio
idraulico) sempre che venga dimostrata da
parte del Consorzio l’esistenza di un beneficio diretto e specifico per l’immobile conseguente alle attività istituzionale dell’ente.
Svolgimento del processo
La signora L.A. proponeva il ricorso in epigrafe contro il consorzio di bonifica … e
l’E.TR. S.p.a. con notifica in data
23/09/2004 ed avverso la cartella di pagamento con la quale veniva richiesto alla ricorrente il pagamento a favore di detto consorzio della somma di euro 97,01, quale
quota consortile per l’anno 2002 oltre diritti
di notifica per euro 5,56 per un importo totale di euro 102,57.
La ricorrente eccepisce la mancanza del presupposto impositivo, ai sensi degli artt. 14 e
27 della L. n. 36/1994 nonché dell’art. 31 c.
3 della L.R. n. 16 del 27/07/2002, facendo
presente che già provvede al pagamento per
gli oneri fognari.
Eccepisce ancora la violazione del termine
previsto dall’art. 25 del D.P.R. n. 602/73 secondo cui l’esattore deve notificare la cartella non oltre il giorno cinque del mese successivo a quello nel corso del quale gli è
stato consegnato il ruolo nonché la mancanza nell’atto impugnato di indicazioni previste a tutela del diritto di difesa del contribuente.
Afferma infine che gli immobili oggetto della pretesa contributiva pur essendo inseriti
nel comprensorio consortile non traggono il
beneficio diretto e specifico dalle opere e
dall’attività del Consorzio come indicato
dall’indirizzo della giurisprudenza di legittimità.
Da ultimo veniva genericamente sollevata
eccezione di prescrizione.
Nel gravame veniva richiesta in via cautelare la sospensione dell’esecuzione dell’atto
impugnato.
Si costituiva in giudizio l’E.TR. con il deposito di controdeduzioni con cui veniva affermato la correttezza dell’operato della società quale concessionario della riscossione.
Si costituiva altresì l’ente impositore con il
deposito di controdeduzioni con cui veniva
evidenziato che lo stesso aveva adottato un
piano di classifica degli immobili rapportato
a specifici indici di beneficio approvato dalla giunta regionale e pubblicizzato secondo
15
le prescrizioni specifiche previste.
Affermava l’esistenza del beneficio diretto a
favore dell’immobile in questione che ne ricava anche un vantaggio economicamente
apprezzabile.
Precisava infine che la L.R. n. 4 del 2003
art. 13 aveva introdotto l’esenzione del contributo limitatamente al beneficio di scolo ed
a decorrere dall’annualità 2002.
Con ordinanza in data 7/2/2005 veniva respinta l’istanza cautelare.
Motivi della decisione
16
Va in primo luogo esaminata l’eccezione
preliminare di decadenza sollevata dal ricorrente per violazione del termine previsto
dall’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 e riportata dalla parte in fatto. Tale eccezione va rigettata in quanto il termine invocato non
aveva carattere perentorio nell’arco temporale riguardante la fattispecie all’esame; infatti la sanzione della decadenza è stata introdotta con la disposizione di cui all’art. 1
comma 417 lett. c della legge 31/12/2004 n.
311 e con applicazione ai ruoli esecutivi a
decorrere dal 1° gennaio 2005 ai sensi del
successivo comma 420 della citata legge
(nella fattispecie il visto di esecutività è del
22/5/2002).
In ordine all’altra eccezione preliminare circa la mancanza di dati essenziali nella cartella impugnata essa non è fondata giuridicamente.
Osserva al riguardo il collegio che i dati
contenuti nella cartella sono conformi alle
prescrizioni previste (D.M. 28/6/1991 e successive modificazioni) e che essi hanno consentito al ricorrente di apprestare una idonea
difesa in sede giurisdizionale.
Parimenti va rigettata la generica eccezione
di prescrizione dovendosi nella fattispecie
far riferimento al termine quinquennale.
Passando alle altre censure avanzate dalla ricorrente in ordine alla non debenza del contributo consortile ai sensi della L. n. 36/1994
artt. 14 e 27 e della disposizione di cui
all’art. 31, comma 3, della L.R. 26/7/2002 n.
15 il collegio osserva quanto segue.
La citata norma regionale prevede per gli
utenti tenuti all’obbligo di versamento della
tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura ai sensi della legge 36/94 art. 14 la
esenzione dal pagamento del contributo di
bonifica per i servizi di raccolta collettamento ed allontanamento delle acque meteoriche.
Con il successivo comma della menzionata
L.R. n. 15 viene posta a carico dei soggetti
gestori del servizio idrico integrato la contribuzione alle spese consortili in proporzione
al beneficio derivante dalla utilizzazione di
canali e strutture di bonifica.
L’ulteriore disposizione (comma 5) prevede
che nelle more dell’affidamento del servizio
idrico integrato gli oneri relativi ai contributi
spettanti ai consorzi vengono assunti dalla
regione.
L’esenzione sopra richiamata viene confermata dalle disposizioni di cui all’art. 13
comma 3 della L.R. 25 febbraio 2003 n. 4
che reca il titolo nuove norme in materia di
bonifica integrale con la precisazione che rimangono fermi gli altri obblighi contributivi
ove dovuti per bonifica integrale e con la
ulteriore precisazione della decorrenza della
esenzione dal 1° gennaio 2002 (comma 8).
Ora appare necessario puntualizzare che
quello consortile è un contributo a natura
complessa che comprende più elementi: il c.
d. beneficio di scolo di cui ai servizi elencati
nelle richiamate disposizioni regionali; il
c.d. beneficio idraulico collegato alla prevenzione del rischio idrogeologico. Quindi a
partire dall’annualità 2002 non è dovuta la
porzione del contributo consortile (espresso
in percentuale) relativa al c.d. beneficio di
scolo da parte del singolo utente tenuto al
pagamento della tariffa dovuta per il servizio di pubblica fognatura.
Nel caso di specie l’affermazione della ricorrente di effettuare il pagamento per tale
servizio non è stata contrastata dalle difese
del consorzio.
Viceversa è dovuta l’altra parte del contributo relativa all’attività di prevenzione idrogeologica (c.d. beneficio idraulico) sempre che
venga dimostrata l’esistenza di un beneficio
diretto e specifico per l’immobile conseguente alle attività istituzionale dell’ente.
A riguardo di tale ultima questione va rammentato che il consorzio ha adottato un piano di classifica degli immobili ai fini di un
corretto riparto delle spese in base a specifici indici di beneficio. Tale atto è stato approvato dalla giunta regionale e reso pubblico
secondo le prescrizioni in materia; esso non
risulta essere stato oggetto di opposizione.
A parte ciò il Consorzio ha dimostrato con
argomentazioni tecniche e documentazione
che la propria attività ha arrecato un beneficio diretto e specifico all’immobile oggetto
della pretesa contributiva al quale rinviene
un vantaggio economicamente apprezzabile.
Infatti nel territorio dove è situato l’immobile è presente una rete di scolo consortile che l’attività manutentoria dell’Ente mantiene in efficienza.
Inoltre viene provveduto alla maggiore sicu-
rezza e protezione dell’immobile per effetto
della salvaguardia idraulica operata dal Consorzio con opera di bonifica a monte del bene e con l’attività di manutenzione e sorveglianza.
In conclusione il ricorso va parzialmente accolto con la precisazione che non è dovuta
quella parte del contributo consortile relativo al c.d. beneficio di scolo.
Sussistono giusti motivi per disporre la
compensazione fra le parti delle spese del
giudizio.
P.Q.M.
La intestata commissione, sezione XIV, accoglie parzialmente il ricorso in epigrafe,
come precisato in parte motiva.
Dispone la compensazione fra le parti delle
spese del presente giudizio.
17
Agevolazioni
EFFETTI DELL’OMESSO INVIO
DEL MODELLO C.V.S.
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XV, 8 novembre 2006, n. 292
Pres. Santaniello – Rel. Sacco
Agevolazioni tributarie – Credito di
imposta – Investimenti nelle aree
svantaggiate ex art. 8 Legge n.
388/2000 – Art. 62, comma 1, L. n.
289/2002 – Necessità di proposizione
di istanza telematica (c.d. Mod. CVS)
a pena di decadenza del beneficio –
Omessa presentazione – Effetti
La previsione della decadenza dal contributo di cui all’art. 8 della legge n. 388/2000,
portata dall’art. 62, comma 1, della legge n.
289/2002, appare adeguata e coerente con
la ratio della norma censurata e non eccede
i limiti dell’ampia discrezionalità del legislatore in materia di agevolazioni, risultando infondata la censura relativa alla violazione del principio di irretroattività e del
principio dell’affidamento, in quanto la norma censurata non dispone per il passato,
ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal contributo, a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito.
18
Svolgimento del processo
La ricorrente società "B. snc", come in atti
rappresentata e difesa, con atto notificato
mediante consegna in data 29-4-05 all’impiegato addetto alla ricezione dell’Agenzia
delle Entrate di Eboli, propone, previa sospensione, opposizione avverso l’avviso di
recupero del credito d’imposta per investi-
menti in aree svantaggiate ex art. 8 L. n.
388/2000, indebitamente utilizzato in compensazione negli anni 2001 e 2002, a seguito di mancato invio del Mod. CVS previsto
a pena di decadenza dall’art. 62 L. n.
289/02, come da processo verbale di constatazione del 30-8-04.
La società ricorrente deduce l’illegittimità
dell’atto impugnato in relazione a credito
d’imposta utilizzato interamente prima del
sorgere dell’obbligo della trasmissione del
relativo modello CVS, quale diritto acquisito ex art. 8 L. n. 388/00 in modo automatico
e senza gli ulteriori adempimenti previsti
soltanto dal D.L. n. 138/02 dell’8-7-02, in
sintonia con il principio dell’irretroattività
delle norme tributarie sancito dall’art. 3 L.
n. 212/00 (Statuto dei diritti del contribuente). L’Agenzia delle Entrate, nelle controdeduzioni depositate in data 24-6-05, rileva, in
via pregiudiziale, l’inammissibilità del ricorso proposto il 29-4-05 avverso atto notificato il 10-2-05 ex art. 21 D. Lgs. n. 546/92 e,
nel merito, ribadisce la legittimità dell’atto
impugnato in ragione della decadenza dal
diritto al credito d’imposta maturato ex art.
8 L. n. 388/00 per espressa previsione normativa ex art. 62, comma 1, lett. a) D.L. n.
253/02, come confermato ex art. 62, comma
1, lett. a) L. n. 289/02, comminata a carico
dei soggetti, che, avendo conseguito il diritto al credito di imposta ex art. 8 L. n. 388/00
anteriormente alla data dell’8-7-2002, alla
data del 28-2-2003 risultassero inadempienti
all’obbligo di comunicazione dei dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti
realizzati.
Parte ricorrente, nelle memorie integrative
depositate il 6-9-06, ribadisce il diritto al
credito d’imposta, in quanto l’obbligo di
presentazione del mod. CVS deriva da D.L.
n. 253/02, successivo, cioè, alla definitiva
utilizzazione del beneficio ed in violazione
dell’art. 3, comma 2, L. n. 212/00 circa il
divieto di norme impositive di oneri con
scadenza inferiore a sessanta giorni ed, in
via subordinata, chiede la non applicazione
delle sanzioni per obiettive condizioni di incertezza sull’applicazione della normativa
vigente in materia, richiamando precedenti
specifiche sentenze di varie Commissioni
Tributarie.
Motivi della decisione
La Commissione, che già in data 14-9-05
con Ordinanza n. 380/05, comunicata alle
parti, aveva respinto l’istanza di provvisoria
sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, riunitasi in data 20-9-06 per la trattazione del ricorso in udienza pubblica, viste
le conclusioni a verbale delle parti presenti,
osserva:
Il ricorso, tempestivamente proposto in data
29-4-05 avverso avviso di recupero notificato il 9-3-05, come da allegati, e non il 10-205, come erroneamente indicato da parte ricorrente, risulta infondato nel merito dei
motivi addotti in diritto, anche nelle memorie integrative.
Infatti, come ben ribadito anche dall’Ufficio
resistente nel merito, tutti i punti specifici
della controversia risultano ampiamente definiti in senso sfavorevole a parte ricorrente
nella motivazione dell’Ordinanza n. 124 del
24-3-06 della Corte Costituzionale, che ha
dichiarato la manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale
dell’art. 62, comma 1, lett. a) L. n. 289/02.
L’art. 8 L. n. 388/00, secondo la formulazione precedente alla modifica apportata
dall’art. 10 D.L. n. 138/02, convertito in L.
n. 178/02, nell’intento di introdurre incentivi
automatici per il sostegno all’economia nelle zone svantaggiate, riconosceva alle imprese che effettuavano nuovi investimenti in
dette aree un contributo immediatamente
fruibile nella forma del credito di imposta,
da far valere, mediante compensazione, nel-
la dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale era realizzato il nuovo investimento, senza un previo assenso
dell’A.F., pur rinviando ad una fase successiva le verifiche da compiersi con riferimento alle dichiarazioni dei redditi dei beneficiari del contributo, secondo modalità da determinarsi in base a successivi decreti.
L’art. 10 D.L. n. 138/02, prima ancora
dell’emanazione di detti decreti, ha modificato il citato art. 8, eliminando l’automaticità della fruizione del contributo a partire
dall’8-7-02.
Nel quadro di questo nuovo sistema basato
sulla fruizione del contributo previo assenso,
l’art. 62 L. n. 289/02 ha previsto una nuova
procedura di acquisizione dei dati sugli investimenti realizzati, ponendo il relativo obbligo informativo a carico sia delle imprese
che già hanno conseguito in via automatica
il diritto al contributo sia di quelle che lo
hanno conseguito previo assenso dell’Agenzia delle Entrate.
Nella fase di passaggio dal regime fondato
sulla fruizione automatica del contributo a
quello fondato sulla fruizione previo assenso, la sollecita acquisizione di dati esaurienti
assume speciale importanza in relazione alle
imprese che hanno conseguito in via automatica il contributo, in quanto le stesse, in
mancanza dei decreti per le verifiche ex art.
8, comma 8, L. n. 388/00, rimanevano assoggettate solo agli eventuali controlli della
dichiarazione, previsti in via ordinaria dal
D.P.R. n. 600/73.
Pertanto, la previsione della decadenza dal
contributo appare adeguata e coerente con la
ratio della norma censurata e non eccede i
limiti dell’ampia discrezionalità del legislatore in materia di agevolazioni, risultando
infondata la censura relativa alla violazione
del principio di irretroattività e del principio
dell’affidamento, in quanto la norma censurata non dispone per il passato, ma fissa per
il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal contributo, a nulla
rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito.
19
Infine, la dedotta violazione dell’art. 3, comma 2, L. n. 212/00 non rileva in alcun modo
ai fini della legittimità dell’atto impugnato,
in quanto l’art. 62 L. n. 289/02, secondo cui
"i soggetti che hanno conseguito il diritto al
contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 comunicano all’Agenzia delle Entrate, a pena di decadenza dal contributo
conseguito automaticamente, i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati" non denota affatto obiettive condizioni di incertezza sull’applicazione al ricorrente, che, non adempiendo all’onere imposto
per legge, decade ex art. 2966 c.c. dal diritto
20
maturato ex art. 8 L. n. 388/00, ma non acquisito in pendenza del termine per verifiche
da parte dell’Ufficio ex D.P.R. n. 600/73 delle relative dichiarazioni reddituali.
Le spese processuali sono, in via equitativa,
da compensare in ragione delle specificità
della fattispecie per ricorso proposto in pendenza di giudizio di legittimità costituzionale della normativa di riferimento.
P.Q.M.
La Commissione rigetta il ricorso - Spese
compensate.
Agevolazioni
AI FINI DELLA FRUIZIONE DELL’AGEVOLAZIONE
NON RILEVA IL RISPETTO DELLE PROCEDURE
PREVISTE DALLA PRASSI AMMINISTRATIVA
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. IV, 7 novembre 2006, n. 289
Pres. Santaniello – Rel. Tipaldi
Tributi erariali indiretti – Accise –
Art. 20, D.L. n. 331/93 conv. in L. n.
427/93 – Esenzione dal pagamento
del tributo per gli acquisti di carburanti destinati ad attività aeronautiche non da diporto – Acquisti di carburanti
destinati
all’attività
“HEMS” (servizio “118”) – Esenzione – Spetta – Acquisto di carburante
non defiscalizzato e successiva istanza di rimborso dell’imposta pagata –
Procedura prevista al punto 3 della
circolare 121/D del 21/4/95 – Mancato rispetto da parte del contribuente – Ininfluenza ai fini del beneficio
concesso
Ai fini della fruizione dell’esenzione da accise dei carburanti destinati alla “navigazione aerea diversa dall’aviazione privata
da diporto e per voli didattici”, di cui
all’art. 20 del D.L. n. 331/93 conv. in L. n.
472/93, è ininfluente il mancato rispetto della procedura per il rimborso dell’imposta,
spettante nell’ipotesi di impossibilità di acquisto, da parte degli aventi diritto, di carburante defiscalizzato, atteso che la procedura medesima è prevista da una circolare
ministeriale, atto amministrativo che non
può essere considerato un provvedimento di
carattere costitutivo di un diritto o di un obbligo, ma un semplice atto ricognitivo e,
quindi, non equiparabile a dichiarazione di
volontà.
Svolgimento del processo
Con istanza 09-12-04 la società A. s.r.l.
chiede all’Ufficio delle Dogane di Salerno il
rimborso delle accise assolte sugli acquisti
di carburanti riferibili all’attività "HEMS",
nota come "118", rivolta al trasporto con elicottero di malati, feriti, personale medico e
paramedico, esercitata per conto della Regione Campania, come da contratto 14-1201, allegando all’uopo inerente documentazione. Formatosi il silenzio-rifiuto, la società propone ricorso per vedersi riconosciuto il suo buon diritto ad ottenere il richiesto
rimborso di € 49.924,58. A sostegno della
propria richiesta rappresenta:
- che svolge l’attività di trasporto aereo, come definito della normativa emanata dall’ENAC e confermato con la comunicazione
numero ……, in copia allegata al gravame;
- che, ai sensi dell’art. 2 della Tab. "A", allegata al D.Lgs. n. 540/92 sono esenti dalle
accise «gli impieghi di carburanti per la
navigazione aerea diversa da quella da diporto»;
- che, nel parere 9-2-2005 chiesto alla competente Direzione Regionale (per conoscenza inviato anche alla società), l’Ufficio
di Salerno rappresenta che la società è in
possesso dei titoli sostanziali per usufruire
del richiesto beneficio, ma non ha osservato la procedura di cui al punto 3 della circolare ministeriale 121/D;
- che l’esenzione delle accise per l’attività in
questione è prevista anche dalla direttiva
CEE n. 92/81.
Resiste l’Ufficio con contro deduzioni depositate il 15-09-05 chiedendo:
a) in via principale l’inammissibilità del ricorso, perché intempestivo, tenuto conto
della data (11-03-05) di comunicazione
di rigetto del richiesto rimborso effettuata dalla Direzione Regionale;
21
b) in subordine il rigetto del ricorso, non
essendo stata effettuata la comunicazione
di cui al punto 3 della circ. 121/D.
Con memorie depositate il 29-06-06 la società, nel contestare tutte le eccezioni dell’Ufficio con articolate argomentazioni, sottolinea la legittimità del gravame per irrituale notifica del diniego e per inconferenza
della richiamata circ. 121/D che tratta l’imbarco di carburanti già defiscalizzati, per cui
non applicabile nel caso de quo, come da
consolidato comportamento degli altri Uffici
Doganali.
Motivi della decisione
22
1. Preliminarmente la Commissione prende
in esame la pregiudiziale eccezione di diritto, appurando che non risulta agli atti documentazione idonea a supportare la paventata
inammissibilità del gravame.
Ben vero nel fascicolo dell’Ufficio risulta
inserita solo la copia della risposta negativa
che la Direzione Regionale avrebbe rimesso
alla ricorrente ma non la prova documentale
dell’avvenuta notifica.
2. Ai sensi del punto 2 della Tab. A di cui
all’art. 20 del D.L. 30-08-93, n. 331 conv. in
L. 29-10-93, n. 427 sono esenti da accise
«gli impieghi come carburanti per la navigazione aerea diversa dall’aviazione privata da
diporto e per voli didattici». Come indicato
alla nota n. 1) della suddetta tabella per «aviazione privata da diporto» si intende l’uso
di un aeromobile per scopo non commerciale ed in particolare per scopi diversi dal trasporto di passeggeri o merci o dalla prestazione di servizi a titolo oneroso o per conto
di autorità pubbliche.
2.1 Le attività aeronautiche non da diporto e,
quindi, fruenti dell’esenzione in questione,
sono state riunite dall’ENAC in due gruppi:
a) attività di trasporto aereo di passeggeri e
merci, per il cui esercizio occorre munirsi
del previsto «Certificato di Trasporto Aereo»;
b) attività di lavoro aereo per servizi commerciali, quali voli pubblicitari, spegnimenti incendi, irrorazione di fondi agricoli ecc., esercitabile previo possesso di
apposita licenza.
Come da certificazione ENAC allegata al ricorso la ricorrente società è abilitata a svolgere l’attività di trasporto aereo, in cui sono
inclusi e servizi "HEMS", esercitati per la
Regione Campania, come da contratto in
premesse richiamato.
2.3 Sulla scorta di quanto esposto e dei documenti agli atti, nessuno dei quali contestato dall’Ufficio, appare incontrovertibile che
alla società A. s.r.l. spetta il beneficio di cui
al già richiamato art. 20 del D.L. n. 331/93
conv. in L. n. 427/93.
Consequenziale corollario è che, in caso di
acquisto di carburante non defiscalizzato,
come verificatosi nell’aeroporto di Pontecagnano per carenza dell’apposito punto di rifornimento, alla società spetta il rimborso
delle accise pagate e non dovute, come dallo
stesso articolo previsto. Tanto, in buona sostanza, è riconosciuto dallo stesso Ufficio di
Salerno nel parere 09-02-05 posto alla competente Direzione Regionale, col quale, nel
dichiarare che la società era «in possesso di
titoli sostanziali» per accedere al rimborso,
rappresentava che la stessa non aveva messo
in essere la procedura di cui al punto 3 della
circ. 121/D del 21-04-95.
Dall’esame della suddetta circolare la Commissione rileva che la società avrebbe dovuto comunicare all’U.T.F. di esercitare l’attività di trasporto aereo, cosa, tra l’altro, già
a conoscenza dell’Amministrazione Finanziaria, di cui l’U.T.F. fa parte, con la presentazione del Mod. AA7/7 ai fini dell’attribuzione della partita IVA.
A parere di questo Giudice la mancanza di
tale formalità, non prevista da alcuna norma,
non essendo stato neanche emanato l’inerente decreto di cui al più volte citato art.
20, non può affievolire l’agevolazione spettante alla società obbligata ad imbarcare carburante non defiscalizzato per mancanza del
relativo punto di vendita.
Ininfluente è il fatto che la procedura sia
prevista da una circolare, atteso che questa
non può essere considerata un provvedimento di carattere costitutivo di un diritto o di
un obbligo, ma un semplice atto ricognitivo
e, quindi, non equiparabile a «dichiarazione
di volontà normativa» (Cass. 13-07-01/1202-02, n. 2133).
In proposito la giurisprudenza amministrativa ha confermato il proprio orientamento,
riconoscendo alle circolari una valenza solo
applicativa della norma primaria (C. di Stato
sez. IV, 9-11-05, n. 6243).
In tal senso anche la Corte di Cassazione,
secondo il cui consolidato orientamento le
circolari non costituiscono fonti di legge, ma
rappresentano provvedimenti amministrativi
«di efficacia meramente interna» (Cass. Sez.
Trib. 10-11-00, n. 14619), aventi lo scopo di
indirizzare e disciplinare in modo uniforme
l’attività degli organi inferiori (Cass. Sez.
Trib. 30-05-05, n. 11449), di tal che non
vincolano né i contribuenti né i giudici
(Cass. Sez. Trib. 18-08-04, n. 16108, n.
2133/02).
Non va, infine, trascurato che:
- trattasi di agevolazione prevista dal diritto
comunitario che il giudice nazionale deve
applicare anche di Ufficio (sentenza della
Corte di Giustizia CE, 14-12-95, n. 9
312/93) sussistendo la prevalenza del diritto Comunitario su quello nazionale (Corte
Cost. 08-06-94, n. 170);
- che il beneficio di utilizzare carburante defiscalizzato per la navigazione aerea non
da diporto è riconosciuto anche dalla Corte
di Giustizia CE con la sentenza della Sez.
V 10-06-99, n. 346/97 in via automatica
applicabile nello Stato Membro (Cass. Sez.
Trib. 15-05-03, n. 7554 e 30-10-02, n.
15229), avendo nello stesso diretta efficacia sia le pronunce pregiudiziali (Corte
Cost. 23-04-85, n. 113 e 18-04-91, n. 168)
che quelle rese in sede contenziosa (Corte
Cost. 04-07-89, n. 389).
Tanto puntualizzato appare quantomeno pretestuosa l’insistenza dell’Ufficio di affievolire un diritto acquisito solo per la mancata
osservanza di una circolare che prevede
l’invio di notizie, tra l’altro, già in possesso
dell’A.F., di cui fa parte l’U.T.F..
La novità della materia trattata, nonché la
sua complessità per mancanza di una regolamentazione normativa inducono a ritenere
equa la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione accoglie il ricorso e, per
l’effetto, ordina il rimborso richiesto con
l’istanza del 09-12-04.
23
Procedimento e processo
E’ INAMMISSIBILE IL RICORSO AVVERSO
L’ESTRATTO DI RUOLO
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 298
Pres. Amato – Rel. Lobosco
Procedimento e processo – Estratto
del ruolo rilasciato dal Concessionario della riscossione su richiesta del
contribuente – Ha valenza meramente interna – Impugnazione dinanzi
alle Commissioni Tributarie – Inammissibilità – Consegue
Nell’iter procedimentale previsto per la riscossione tramite ruolo, le prime due attività, iscrizione a ruolo e redazione della cartella di pagamento, costituiscono le componenti interne di un atto amministrativo complesso a formazione progressiva, che viene
ad esistenza, a latere decoris, soltanto con
la notifica della cartella di pagamento, acquisendo un rilevo giuridico quando si manifesta all’esterno e consentendo a chi lo
riceve di verificarne l’oggetto e la legittimità allo scopo. Pertanto, è inammissibile il
ricorso proposto avverso l’estratto del ruolo, rilasciato dal concessionario della riscossione su richiesta del contribuente,
avendo esso una natura meramente ricognitiva del credito iscritto a carico del contribuente.
- intervenuta prescrizione triennale ex art. 3
della Legge n. 60/86;
- il ruolo era stato formato oltre i termini
prescrizionali;
- la cartella di pagamento, mai notificata,
doveva essere consegnata non oltre il giorno cinque del mese successivo a quello
della consegna del ruolo al concessionario.
Chiedeva 1’accoglimento del ricorso ed il
pagamento delle spese del giudizio. Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate evidenziando:
- il ricorso doveva essere dichiarato inammissibile essendo stata notificata la cartella di pagamento il 22.12.04, come risultava dall’interrogazione all’Anagrafe Tributaria;
- non è compreso, tra gli atti impugnabili,
l’estratto ruolo;
- non era intervenuta la decadenza da parte
dell’Ufficio avendo notificato il 28.4.01
tramite POSTEL, l’atto di contestazione
entro il termine triennale di decadenza ex
art. 3 D.L. 6.1.86 e che, non essendo stato
opposto, era divenuto definitivo e, quindi,
nell’ulteriore termine triennale aveva
iscritto a ruolo la tassa dovuta, il 28.10.04.
Chiedeva il rigetto del ricorso ed il pagamento delle spese del giudizio.
Motivi della decisione
24
Svolgimento del processo
Avverso l’estratto ruolo n. …… si opponeva
S. M., rappresentata e difesa come in atti,
evidenziando che, a seguito di una ricerca
effettuata presso lo sportello della E.TR., era
venuta a conoscenza del ruolo relativo alla
tassa automobilistica per l’anno 1998.
Eccepiva:
La Commissione, esaminati gli atti e la documentazione prodotta, ritiene che la richiesta dell’A.F. di dichiarare inammissibile il
ricorso, non rientrando l’estratto ruolo tra
gli atti autonomamente impugnabili ex art.
19 del D.Lgs. n. 546/92, avendo pregio, debba essere accolta in quanto il ruolo, essendo
un provvedimento od un atto recettizio
emesso dall’Amministrazione Finanziaria
con lo scopo di esigere maggiori imposte,
per esistere, deve venire nella giuridica e effettiva conoscenza del destinatario solo con
la notifica della cartella di pagamento che lo
rende palese.
Infatti l’assetto normativo attuale non prescinde dall’originario procedimento esattivo
strutturato in tre fasi distinte e consequenziali fra di loro.
Nella prima l’ente impositore, titolare del
credito, procede alla iscrizione a ruolo, ossia
alla formazione dell’elenco delle pretese
vantate nei confronti dei contribuenti.
L’atto, quindi, è dotato di esecutività mediante sottoscrizione con firma elettronica e
trasmesso al concessionario per la riscossione.
Nella seconda, l’esattore, che ha ricevuto il
ruolo, si fa carico della redazione della cartella di pagamento che si esplica nell’esatta
quantificazione del credito vantato verso il
debitore.
Nella terza, a chiusura dell’iter procedimentale, la richiesta di pagamento è portata a
conoscenza del contribuente con la notifica
della cartella di pagamento.
Appare, pertanto, evidente come le prime
due attività, iscrizione a ruolo e redazione
della cartella di pagamento, costituiscono in
realtà le componenti interne di un atto amministrativo complesso a formazione progressiva, che viene ad esistenza, a latere decoris, soltanto con la notifica, acquisendo un
rilevo giuridico quando si manifesta all’esterno e consentendo a chi lo riceve di
verificarne l’oggetto e la legittimità allo scopo, se del caso, di opporvisi con gli adeguati
strumenti di tutela giurisdizionale che
l’ordinamento tributario gli mette a disposi-
zione. Tale orientamento è confortato dalla
sentenza della Suprema Corte n. 139 del
27.6.03, che autorevolmente afferma: "La
cartella esattoriale costituisce l’atto impositivo attraverso il quale il contribuente assume contezza dell’iscrizione a ruolo ed i cui
vizi comportano l’illegittimità della pretesa
tributaria, perciò è contro di essa che va riferita, di regola, l’impugnazione mentre i ruoli
sono atti interni dell’Amministrazione, i cui
processi solo eccezionalmente - in base a
norme specifiche (ad esempio, art. 17 del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, che stabilisce che i termini di decadenza entro i quali
i ruoli devono diventare esecutivi) - si riverberano sul rapporto tributario individuale e,
pertanto, solo in tali casi si rendono impugnabili".
La seconda affermazione è ribadita dalla
sentenza n. 18541 del 4 dicembre 2003 e da
quella a SS.UU. n. 19388 del 17 dicembre
2003.
Per completezza di esposizione, evidenzia,
infine, che il concessionario avrebbe dovuto
lasciare al contribuente un duplicato della
cartella di pagamento, come riportato nell’estratto ruolo, notificata il 22.10.04, come
risulta dalla interrogazione dell’anagrafe tributaria effettuata dall’Amministrazione Finanziaria, e non un estratto ruolo.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidante come in dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione dichiara inammissibile il
ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore
dell’Amministrazione Finanziaria, che liquida in € 200,00 (duecento/00).
25
Procedimento e processo
L’OMESSA RELAZIONE DI NOTIFICAZIONE E LA MANCANZA
DI SOTTOSCRIZIONE DEL NOTIFICATORE DETERMINANO
L’INESISTENZA GIURIDICA DELLA NOTIFICA
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. VI, 4 ottobre 2006, n. 303
Pres. Della Valle – Rel. Falabella
Procedimento e processo – Notificazioni – Atti impositivi – Cartella di
pagamento – Omessa compilazione
della relata di notifica – Assenza di
sottoscrizione da parte del soggetto
notificatore – Inesistenza giuridica
della notificazione – Sussiste – Sanabilità ex art. 156, comma 3, del codice di procedura civile – Esclusione
La mancata compilazione della relata di notifica nonché l’assenza di sottoscrizione del
soggetto notificatore determinano l’inesistenza giuridica della notifica dell’atto impugnato e le citate irregolarità non risultano sanabili ex art. 156, comma 3 c.p.c. poichè tale sanatoria concerne gli atti squisitamente processuali tra i quali non possono
essere annoverate le cartelle di pagamento.
Svolgimento del processo
26
Col ricorso in oggetto fu prodotta impugnazione avverso l’atto impositivo come da epigrafe deducendosene l’illegittimità in quanto: 1) Affetto da nullità insanabile per inesistenza giuridica della notificazione; 2) Infondato per ciò che concerne il recupero
operato dall’Ufficio giacché l’onere detraibile contestato è stato effettivamente assolto
dal contribuente.
L’Ufficio resistente, instauratosi il contraddittorio, si costituì contestando in fatto ed in
diritto ogni avversa deduzione.
Indi acquisiti gli atti tempestivamente prodotti dalle parti sulle loro conclusioni nei
sensi sopra riportati questo collegio ha adottato la deliberazione, come da dispositivo e
motivi qui contenuti all’odierna udienza
svoltasi con le formalità di cui all’art. 34
D.Lgs. n. 546/92 nella ricorrenza di ogni requisito previsto dalla detta norma.
Motivi della decisione
Ritiene questa commissione di dover accogliere le ragioni del contribuente riguardanti
la nullità della notifica dell’atto impugnato.
Invero, per costante indirizzo giurisprudenziale la mancata compilazione della relata di
notifica nonché l’assenza di sottoscrizione
del soggetto notificatore, determinano l’inesistenza giuridica della notifica stessa (cfr.
Ctp Torino sez. XIV n. 13/03; Ctp Catania
sez. XII n. 769/04).
Né dette irregolarità risultano sanabili ex art.
156 comma 3 c.p.c., riguardando tale sanatoria gli atti squisitamente processuali tra i
quali non possono essere annoverati le cartelle di pagamento.
Quanto sopra esposto rende superfluo ogni
ulteriore esame in ordine alle ulteriori doglianze esposte nel proposto gravame.
La natura della controversia integra giusti
motivi per dichiarare compensate le spese
tra le parti.
P.Q.M.
La commissione accoglie il ricorso. Spese
compensate.
_________
Nota
La motivazione della sentenza, nella parte in cui
nega l’applicabilità delle disposizioni del codice di
procedura civile, non è in linea con l’orientamento
della Corte Suprema di Cassazione che, a partire
da Cass. Sez. Un. 5 ottobre 2004, n. 19854, ritiene
applicabile la sanatoria del raggiungimento dello
scopo, di cui agli art. 156 e 160 c.p.c., anche alla
notificazione degli atti di accertamento, posto che
il rinvio operato dall’art. 60, primo comma, del
D.P.R. n. 600/73 alle norme stabilite dagli artt. 137
e ss. c.p.c. comporta altresì il richiamo del regime
delle nullità e delle sanatorie previste per le notificazioni. Tuttavia, secondo l’anzidetto orientamento della Corte Suprema, la sanatoria non solo non
ha efficacia retroattiva e perciò, spiegando effetto
ex nunc, non impedisce le decadenze verificatesi
nel frattempo, cioè prima della proposizione del
ricorso, ma opera solo nei casi di nullità e non in
quelli di inesistenza della notificazione dell’avviso, sicchè la sentenza che si pubblica è corretta
nel dispositivo, vertendosi, appunto, in ipotesi di
inesistenza.
_________
Interessante pronuncia giurisdizionale dal doppio
valore perché proviene dalla magistratura tributaria
di merito che, spesso, risulta più concentrata sugli
aspetti sostanziali delle controversie che sulle questioni di puro diritto.
Il caso affrontato dal collegio concerneva una cartella di pagamento la cui notifica, a mezzo posta,
era avvenuta in assenza di compilazione della relativa relata nonché in assenza di sottoscrizione del
soggetto notificatore.
Da qui la sentenza di annullamento dell’atto impositivo impugnato non prima di aver escluso
l’applicabilità della sanatoria di cui all’art. 156,
comma 3 c.p.c., concernendo, quest’ultima, unicamente gli atti processuali tra i quali non può certo
contemplarsi la cartella di pagamento che, come
noto, si sostanzia in un atto tributario sostanziale
recettizio e giammai in un atto processuale.
Inutile dire che la pronuncia offre anche la possibilità di riesaminare, sulla tematica della notifica
delle cartelle di pagamento a mezzo posta (ma il
discorso, con l’eccezione dell’iscrizione a ruolo,
vale anche per tutti gli altri atti tributari di cui
all’art. 19 del D.Lgs. 546/92), taluni essenziali
profili inerenti il procedimento di notificazione che
spesso, almeno a parere di chi scrive, vengono facilmente (ed incondivisibilmente) “bypassati” dalle Commissioni tributarie.
E’ necessario premettere che l’art. 26, comma 1,
secondo periodo, D.P.R. n. 602/1973 stabilisce che
la notifica della cartella di pagamento può essere
eseguita anche mediante invio di raccomandata
con avviso di ricevimento.
In tal caso la disposizione normativa precisa la
modalità della spedizione (in plico chiuso) e il momento di perfezionamento della notifica, che si
considera avvenuta, alla data indicata nell’avviso
di ricevimento sottoscritto da una delle persone
previste dal secondo comma o dal portiere dello
stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda.
La norma testè citata (secondo periodo del I comma dell’art. 26 D.P.R. n. 602/1973) non disciplina
in maniera esaustiva la notificazione a mezzo del
servizio postale.
Difatti la norma richiamata stabilisce che la notificazione debba essere eseguita «nelle forme previste dalla legge» e, a completamento della disciplina sulla notificazione della cartella di pagamento,
rinvia all’art. 60 D.P.R. 600/1973 (art. 26 citato,
ultimo comma). Ora, l’art. 60, appena citato, a sua
volta opera un rinvio alle «norme stabilite dagli
articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile».
Trovano pertanto applicazione, nella notificazione
della cartella di pagamento, anche le disposizioni
di cui agli artt. 148 (sulla relazione di notificazione) e 149 c.p.c. (sulla notificazione a mezzo del
servizio
postale),
le
quali
prescrivono
l’apposizione della relazione di notificazione in
calce all’originale ed alla copia dell’atto.
Ora, come noto, la relazione di notificazione costituisce elemento essenziale e indefettibile della
stessa notificazione: essa è l’atto di notificazione
ovvero il processo verbale che fa fede fino a querela di falso e che deve essere redatto da chi è competente per legge e da quest’ultimo datato e sottoscritto.
Ne consegue che l’omissione della relazione di notificazione comporta l’impossibilità di conoscere
chi ha svolto e chi ha subito l’attività di notifica e
se chi ha eseguito la notifica e chi ne è risultato
destinatario siano o meno soggetti legittimati attivi
e passivi, come espressamente disciplinato dal codice di rito.
Non va, difatti, sottaciuto che gli atti autonomamente impugnabili di cui all’art. 19 del D.Lgs.
546/92 - e certamente anche la cartella di pagamento - sono sempre atti tributari sostanziali recettivi (con l’eccezione, come si è detto, del ruolo) e
pertanto, per loro natura, richiedono ai fini della
loro giuridica esistenza un legale e compiuto procedimento di notificazione perché suscettibili solo
allora di produrre effetti rilevanti nella sfera giuridica del destinatario.
La recettizietà degli atti tributari sostanziali trova
oggi conferma nell’art. 6 dello Statuto del contribuente (oltre che nella giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass. n. 4760/2001) che sancisce espressa-
27
28
mente l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria
di assicurare l’effettiva conoscenza da parte del
contribuente degli atti a lui destinati, facendo salve, al contempo, le disposizioni in materia di notificazione recanti misure solo potenzialmente dirette a portare l’atto notificando ad effettiva conoscenza del destinatario e, comunque, idonee alla
formazione della c.d. conoscenza legale (1).
Ne consegue che una invalida notificazione è inidonea a realizzare la funzione tipica del procedimento notificatorio, compromettendone l’effetto
finale, consistente nella legale conoscenza dell’atto
notificando da parte del suo destinatario (2).
Ciò premesso, le modalità di notifica a mezzo del
servizio postale oltre ad essere disciplinate dagli
articoli 148 e 149 del C.P.C., nonché dalla norma
di cui all’articolo 60 del D.P.R. n 600/1973, sono,
in via concorrente, altresì disciplinate dalla Legge
n. 890/1982 denominata "Notificazioni di atti a
mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta
connesse con la notificazione di atti giudiziari".
Ai sensi dell’articolo 1 della norma testè citata,
l’ufficiale notificante può avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti. In questa ipotesi vengono a cooperare due distinti soggetti:
l’ufficiale giudiziario e l’ufficiale postale.
L’ufficiale giudiziario, dopo avere sottoscritto ai
sensi dell’art. 148 del C.P.C. la relata di notifica,
consegna l’atto all’ufficio postale "facendo menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento." (art. 149 CPC e
art. 3 della legge 890/1982).
Inoltre, ai sensi dell’art. 3, comma II, della richiamata Legge 890/1982, la busta esternamente deve
contenere il numero di registro cronologico e la
sottoscrizione dell’ufficiale giudiziario. Dal combinato disposto delle citate norme si evince che in
caso di notifica a mezzo posta l’agente notificatore:
1) deve compilare la relata di notifica dell’atto impositivo indicando l’ufficio postale da cui parte
l’atto (art. 149 del C.P.C. e art. 3 della Legge n.
890/1982);
2) deve apporre la propria sottoscrizione sulla relata di notifica (art. 148 del C.P.C.);
3) dopo avere compilato la relata di notifica lo
stesso deve provvedere ad includere l’atto nella
busta al cui esterno deve essere riportata anche
la sua sottoscrizione (art. 3 della Legge n
890/1982);
4) deve introdurre l’atto in un’apposita busta verde. Deve compilare l’avviso di ricevimento,
anch’esso di colore verde (art. 2 della Legge n
890/1982);
5) deve consegnare la busta all’Ufficio postale.
Con la consegna della busta all’Ufficio postale, la
funzione della notifica, o meglio della consegna
dell’atto, passa all’agente postale.
Inoltre la Legge n. 890/1982, in materia di notificazioni di atti a mezzo posta, con l’art. 3 prevede
che il notificatore apponga la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendo
menzione dell’Ufficio postale per mezzo del quale
spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento.
Ed ancora il notificatore deve apporre sulla busta
di spedizione il numero del registro cronologico, la
propria sottoscrizione ed il sigillo dell’ufficio ed
annotare sull’avviso di ricevimento il numero del
registro cronologico.
In aderenza all’osservanza delle citate disposizioni
si registra copiosa giurisprudenza. Invero l’obbligo
di indicare, nella relata di notifica, gli elementi
innanzi illustrati è stato più volte ribadito sia dalla
giurisprudenza di legittimità che da quella di merito e, segnatamente: dalla Corte di Cassazione nelle
pronunce nn. 5305/1999, 13231/2005 e 3230/05;
dalla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, Sez. VII, sentenze nn. 347/2003, 348/2003,
349/2003, 350/2003; dalla Commissione Tributaria
Provinciale di Torino, Sez. XIV sentenza n. 13/03;
dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, Sez. XII, sentenza n 769/2004; dalla Commissione Tributaria di I Grado di Bolzano, Sez. VI,
sentenza n. 5/2003; dalla Commissione Tributaria
Provinciale di Treviso, Sez. IV, sentenza n 5/2006
e Sez. I, sentenza n. 160/2003; dalla Commissione
Tributaria Regionale della Lombardia, Sez. XVI,
sentenza n. 34/2002; dalla Commissione Tributaria
Regionale di Venezia, Sez. III, sentenza n 30/2001.
In particolare: - i giudici della sezione VII della
Commissione Tributaria Provinciale di Foggia si
sono così espressi: "Le censure mosse dalla parte
ricorrente si palesano fondate pertanto meritano
accoglimento. In particolare circa il contenuto
della relata di notifica la normativa dispone che a
pena di nullità nella stessa deve essere riportata
l’indicazione dell’ufficiale notificatore, la sua sottoscrizione, la data nonché le generalità del consegnatario, la firma e la sua qualità";
- i giudici della Sezione XIV della Commissione
Tributaria Provinciale di Torino nella sentenza n.
13/2003 si sono così espressi: "Dall’esame delle
relate di notifica e delle buste relative agli avvisi
in capo alla società in oggetto, è emerso che:
manca il numero cronologico del notificatore e la
sottoscrizione o firma sulla busta relativa
all’avviso di cui al ricorso ……; manca la firma
del direttore responsabile sull’avviso di rettifica n.
…… nonché la sottoscrizione o firma sulla busta
da parte del notificatore per quanto riguarda
l’avviso di cui al ricorso ……; infine dalla lettura
della relata della notifica dell’avviso n. …… di cui
al ricorso …… mancano l’indicazione del soggetto
notificante e la sottoscrizione del medesimo.
Accertate quindi queste irregolarità, questa Commissione ritiene nulli gli atti introduttivi dei ricorsi
riuniti e proposti dalla società per inesistenza della loro notificazione alla parte resistente";
- i giudici della Corte di Cassazione nella sentenza
n. 5305/1999 si sono così espressi: "Qualora
nell’originale dell’atto da notificare la relazione
sia priva della sottoscrizione dell’ufficiale giudiziario, la notificazione deve ritenersi inesistente e
non semplicemente nulla, non essendo configurabile una notifica in senso giuridico ove manchi il
requisito indefettibile per l’attestazione dell’attività compiuta";
- i giudici della Sezione XII della Commissione
Tributaria Provinciale di Catania nella sentenza n
769/2004 si sono così espressi " In caso di notifica
a mezzo del servizio postale, ex articolo 14 della
Legge n 890/1982, la mancata compilazione della
relata di notifica comporta l’inesistenza della stessa, senza che possa invocarsi la sanatoria ex articolo 156 del codice di procedura civile."
Va inoltre rimarcato che secondo la suprema Corte
di Cassazione (Cass., Sez. I, n. 3819/1991; Sez. II,
n. 286/1987; Sez. lav n. 3260/1986; Sez. III, n.
971/1980; Sez. I, n. 3506/1972; Sez. II, n. 6377
del 26/11/1988; Cass. Sez. II, n. 2147 del
27/2/1998 e Cass., Sez. Tributaria n. 7608 del
6/6/2000 e n. 8454/2005) ricade nell’ipotesi di inesistenza giuridica e non della nullità l’omissione
della notificazione stessa o l’effettuazione di
quest’ultima in modo assolutamente non previsto
dal codice di rito.
L’ipotesi dell’inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando quest’ultima sia effettuata in
modo assolutamente non previsto dalla normativa,
tale, cioè da impedire che possa essere assunta nel
modello legale della figura, cfr. Cass. Civ.,
11.04.1991, n. 3819.
L’inesistenza della notificazione travolge l’atto im-
pugnato della cui validità la notificazione è un presupposto fondamentale.
Difatti l’atto di imposizione tributaria, quale atto
di natura sostanziale recettizio, esiste solo se validamente notificato, ma la notifica non è un atto
distinto dall’atto di imposizione, bensì elemento
essenziale dello stesso, talchè un vizio di notificazione non è nient’altro che un vizio dell’atto stesso
sicuramente non sanabile dall’accertamento della
conoscenza da parte del destinatario del contenuto
dell’atto viziato.
La notifica, in questo caso, assume la connotazione di conditio sine qua non, in quanto solo se validamente notificato un atto amministrativo può produrre effetti altrimenti è considerato tamquam non
esset o, altrimenti detto, non esse et non notificari
paria sunt.
Pertanto, allorquando ricorre ipotesi di inesistenza
giuridica della notifica e non di nullità, l’impugnativa dell’atto pervenuto caratterizzato da inesistenza (giuridica) della notifica, non ha efficacia
sanante essendo inapplicabile al caso di specie la
sanatoria prevista per gli atti del processo di cui
all’art. 156, comma 3, e 160 del codice di procedura civile che è invece rivolta solo ai casi di nullità
della notifica.
Peraltro le stesse SS.UU. della suprema Corte di
Cassazione con la pronuncia n. 19854 del
5/10/2004 hanno stabilito che la sanatoria dei vizi
di notifica di cui all’art. 156, comma III, e art. 160
C.p.c. attiene solo alle ipotesi riconducibili alla
nullità della notifica e non alla inesistenza.
Luca De Rosa
(1) M.G. Bruzzone, Notificazioni e comunicazioni
degli atti tributari, pag. 179
(2) Op. citata pag. 156
29
Procedimento e processo
LA COMPETENZA GIURISDIZIONALE IN TEMA DI PRELIEVO
SUPPLEMENTARE NEL SETTORE DEL LATTE E DEI PRODOTTI
LATTIERO - CASEARI NON APPARTIENE AL GIUDICE TRIBUTARIO
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVI, 15 novembre 2006, n. 265
Pres. Ferrara – Rel. Curcio
Procedimento e processo – Prelievo
supplementare latte di cui alla legge
n. 468/1992 – Natura di tributo –
Non sussiste – Giurisdizione delle
Commissioni tributarie – Esclusione
Il prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero - caseari, di cui alla
legge n. 468/1992, pure se riscosso a mezzo
di iscrizione a ruolo, costituisce uno strumento regolatore del mercato agricolo: pertanto, non ha natura di tributo, e conseguentemente non appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie ad esso relative, essendo devolute, ai sensi dell’art. 2
sexies della legge n. 109/2005, alla giurisdizione esclusiva del giudici amministrativi
competenti per territorio.
Svolgimento del processo
30
II Concessionario per la riscossione E. TR.
S.p.a. notificava a M.F. la cartella di pagamento di totali euro 21.456,80 a titolo di
prelievo supplementare latte di cui alla legge
n. 468/1992 - anno 2002 - su iscrizione a
ruolo della Regione Campania Settore
T.A.P. - Alimentazione Salerno.
Detta cartella recava l’annotazione di invio
della stessa all’intestatario principale Società Cooperativa s.r.l. V..
Ricorreva, in data in data 15 marzo 2006,
nei confronti della Regione Campania e della E. Tr. S.p.a., M.F. rappresentato e difeso
dall’avv. V. G..
Premetteva che egli era produttore ed asse-
gnatario di una quota latte "A" e "B" come
stabilito dalla legge 468/92 ed aveva conferito l’alimento per l’annata 2002/2003
all’azienda V. cooperativa a r.l..
L’Agenzia per le erogazioni in agricoltura AGEA, in data 24/06/2005 gli aveva intimato il versamento della sanzione amministrativa pari ad euro 20.250,67 imponendo tuttavia, con precedente comunicazione, alla citata azienda V. in qualità di primo acquirente
il versamento entro il 31 agosto 2003.
Tenuto al pagamento, in virtù della normativa al momento applicabile, e cioè del comma 1 dell’art. 6 della legge 468/92, era infatti l’acquirente azienda V. malgrado che il
folto contenzioso giudiziario sorto in materia avesse tuttavia ritenuto illegittima la procedura applicata dall’AGEA per l’irrogazione della sanzione dato il contrasto della legge 468/92, poi abrogata con decreto
legge 28 marzo 2003, n. 49 convertito con
legge 119/2003, con la normativa comunitaria ed i principi costituzionali.
Evidenziava che i Q.R.I. (Quantitativo individuale di riferimento), introdotti dalla regolamentazione comunitaria, erano finora risultati nettamente inferiori alle produzioni
aziendali, con conseguente grave limitazione del diritto di impresa, ed erano stati sospesi in sede giurisdizionale.
Precisava ancora che per la campagna
2002/2003, riferita al prelievo in discussione, non risultava inserita la quota aggiuntiva
che ai sensi dell’art. 1, comma 8 bis, del
D.L. n. 82/2000 convertito con legge n.
79/2000 doveva essere assegnata proporzionalmente all’aumento di quota destinata allo
Stato Italiano in sede comunitaria.
Per quanto precede, eccepiva parte ricorrente, derivava la illegittimità delle assegnazioni dei Q.R.I. in virtù delle quali l’AGEA
aveva determinato i prelievi supplementari
sulla scorta di quote illegittime definite in
base a dati statistici, e non reali, di produzione ed in violazione dell’art. 1, comma 12,
della legge 118/99 e dell’art. 1, comma 5,
della legge 79/2000.
In sintesi motivano il presente ricorso i seguenti rilievi:
- carenza di certificazione;
- difetto di motivazione;
- violazione di norme comunitarie, costituzionali e nazionali;
- violazione delle norme in materia di iscrizione nei ruoli esattoriali.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso,
previa sospensione degli effetti della cartella
di pagamento opposta, con vittoria di spese.
La Regione Campania, rappresentata e difesa dall’avv. M. C., curava la costituzione in
giudizio con deposito in data 11 luglio 2006,
con memorie giunte alla Sezione solo in data 4 settembre 2006, deducendo in via preliminare il difetto di giurisdizione della Commissione Tributaria adita in quanto la controversia era relativa a sanzione amministrativa irrogata in materia di quote latte, che in
un primo momento il legislatore aveva attribuito in via esclusiva alla competenza dei
tribunali ordinari (art. 1, comma 551, della
legge 30 dicembre 2004, n. 31 c.d. legge
finanziaria 2005). Successivamente, con
l’art. 2-sexsies del D. L. 26.04.05, n. 63 convertito in legge 25 giugno 2005, n. 109, il
legislatore aveva stabilito che a decorrere
dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione, e cioè dal 26 giugno 2005, le
controversie relative all’applicazione del
prelievo supplementare nel settore del latte
erano devolute alla giurisdizione esclusiva
dei giudici amministrativi territorialmente
competenti, restando radicati solo i giudizi
già iniziati.
Ne conseguiva la esclusione della competenza del giudice tributario.
In ordine al pieno merito rappresentava che
la Regione Campania aveva notificato alla
parte ricorrente, in data 22 giugno 2005, atto
di intimazione, non impugnato innanzi al
TAR e quindi divenuto definitivo.
Concludeva per la pronuncia del difetto di
giurisdizione ed in subordine per il rigetto
del ricorso e della istanza cautelare. Vinte le
spese.
In data 26 luglio 2006 la parte ricorrente
depositava memoria e nel ribadire le conclusioni cui era pervenuta in sede di proposizione del ricorso evidenziava che il visto di
esecutorietà della cartella di pagamento impugnata era stato reso tardivamente in data
19 dicembre 2005 mentre, tenuto conto che
la comunicazione alla cooperativa V. era stata notificata in data 6.8.2003, il visto andava
curato entro il 31 dicembre 2004.
Concludeva per la richiesta di annullamento
della cartella di pagamento, previa sospensione degli effetti.
In data 1 agosto 2006 la Commissione accoglieva l’istanza cautelare e disponeva la sospensione degli effetti dell’atto impugnato.
In data 12 settembre 2006 la Regione Campania provvedeva al deposito di memorie illustrative e ribadiva la eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto proposto a
giudice privo della giurisdizione nella materia oggetto della controversia.
Nel merito precisava che la richiesta fatta
valere con la cartella di pagamento non proveniva dalla AGEA bensì dal Settore Provinciale di Alimentazione di Salerno della regione Campania che con nota indicata
nell’atto di costituzione (allegato 2) aveva
intimato, sia all’acquirente cooperativa V.
che al produttore M. F., di effettuare il versamento del prelievo supplementare dovuto
per la campagna 2002/2003, tanto in osservanza della legge n. 468/1992 e del D.L.
43/1999 convertito in legge n. 118/1999.
Confermava che né il ricorrente produttore
M. F., né l’acquirente V. avevano prodotto
alcuna opposizione avverso il richiamato atto di intimazione, così divenuto definitivo,
con successiva conseguente iscrizione a ruolo.
In aggiunta alle deduzioni di cui all’atto di
costituzione chiariva in ordine al motivo n.
17 spiegato dalla parte ricorrente che
l’allevatore zootecnico che produce latte in
esubero rispetto alla quota assegnata debba
31
32
acquistare o affittare quote proporzionali alla propria capacità aziendale, ovvero inoltrare domanda alla Regione per l’assegnazione
dei quantitativi di riferimento disponibili alla riserva regionale. Di conseguenza il mancato equilibrio tra il patrimonio zootecnico e
la quota latte posseduta produce eccedenza
che immessa sul mercato genera il prelievo
supplementare che va trattenuto dal prezzo
di vendita dal primo acquirente, che viene
chiamato a rispondere del debito in quanto
responsabile solidale.
Quanto alla eccezione di decadenza posta
dal ricorrente in ordine alla inosservanza dei
termini posti dall’art. 17 del D.P.R. n.
602/1973 la Regione ne eccepiva la inammissibilità dato che essa era stata svolta solamente con la memoria depositata in data
25 luglio 2006 mentre avrebbe dovuto essere contenuta nel ricorso, in ossequio della
disposizione di cui al 2° comma dell’articolo 32 del D.Lgs. n. 546/1992 che non
consente la proposizione di nuove domande
e nuove eccezioni, e ne eccepiva inoltre la
infondatezza in quanto le norme del D.P.R.
n. 602/1973 si applicano solo in materia di
imposte e tasse.
Precisava che la circostanza che la legge vigente in tema di quote latte prevedesse
l'utilizzo del procedimento di riscossione
coattiva mediante ruoli non comportava necessariamente l’applicazione dei termini
previsti dal citato D.P.R. n. 602/73 dettati in
tema di tributi.
Evidenziava che il prelievo supplementare
oggetto della vertenza non era sussumibile
né sotto la fattispecie del tributo, né di una
sanzione, bensì apparteneva agli strumenti
regolatori del mercato agricolo, ed in assenza di una specifica normativa speciale valevano le regole della prescrizione ordinaria.
Concludeva come da atto di costituzione in
giudizio.
In data 25 settembre 2006 si costituiva in
giudizio la Esazioni Tributi S.p.a. e chiariva
che il concessionario per la riscossione opera quale mero agente attenendosi al ruolo
formato dall’ente impositore che rappresenta l’unico soggetto legittimato a contraddire
le doglianza della parte ricorrente.
Concludeva per la infondatezza del ricorso e
la dichiarazione di estraneità del concessionario per la riscossione. Con vittoria di spese.
In data 5 ottobre 2006 la Regione Campania
chiedeva che la trattazione del ricorso avvenisse in pubblica udienza.
In data 6 ottobre 2006 la parte ricorrente
depositava memorie di replica per dedurre in
merito ad eccezioni mosse dalle parti resistenti.
In ordine alla invocata carenza di giurisdizione della Commissione Tributaria sollevata dalla Regione Campania poneva in risalto
che la competenza della detta Commissione
era stata indicata dalla E.TR. S.p.a. sul retro
della cartella impugnata ove erano espressamente riportate le modalità di impugnazione
da seguire.
Tali modalità erano state rispettate alla lettera e le conseguenze negative che potevano
derivarne erano da imputate alla E.TR.
S.p.a. con la conseguenza che la cartella di
pagamento contenente tali erronee indicazioni, altamente lesive del diritto di difesa
sancito dagli articoli 2 e 24 della Costituzione e dell’art. 1175 del c.c., andava annullata.
In proposito, tuttavia la parte ricorrente, riteneva che nel rispetto degli articoli 2, 10 e 19
del D.Lgs. n. 546/92 la giurisdizione si appartenesse alla adita Commissione competente a decidere dei ricorsi in materia di tributi, di ogni genere e specie comunque denominati, radicati contro enti titolari della
potestà impositiva e dei concessionari per la
riscossione.
Faceva altresì rilevare che la stessa Commissione si era ritenuta competente nell’adottare il provvedimento di sospensione.
In ordine alla eccezione, mossa dalla Regione Campania, circa la tardività della lagnanza espressa dal ricorrente per la decadenza
dei termini di cui all’articolo 17 del D.P.R.
n. 602/1973, evidenziava che il motivo era
riportato al punto 4 della memoria di costituzione ed era stato solo ampliato con le
successive memorie.
Concludeva come da ricorso ed in via subor-
dinata, nel caso di accertato difetto di giurisdizione, per l’annullamento della cartella
attese le false indicazioni fornite ed in via
più gradata per la rimessione in termini.
Motivi della decisione
Il Collegio ritiene di dovere affrontare preliminarmente l’eccezione relativa al difetto di
giurisdizione della adita Commissione sollevato dalla Regione Campania che richiama
il disposto ultimo portato dall’art. 2 sexies
del decreto legge n. 63/2005 convertito con
legge 26 giugno 2005, n. 109.
In virtù di tale norma, a decorrere dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione (26 giugno 2005), le controversie relative
all’applicazione del prelievo supplementare
nel settore del latte e dei prodotti lattiero
caseari sono devolute alla giurisdizione
esclusiva dei giudici amministrativi competenti territorialmente.
La parte ricorrente fa rilevare che la competenza dell’adita commissione tributaria è
stata indicata dal Concessionario per la esazione E.TR. S.p.a. che ha curato la notifica
della cartella impugnata e su tanto ha fatto
legittimo affidamento pur insistendo sulla
giurisdizione della commissione tributaria
che ai sensi del novellato art. 2 del D.Lgs. n.
546/92 ha competenza su tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere
e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali (...) le sanzioni amministrative comunque irrogate dagli uffici finanziari, gli interessi ed ogni altro accessorio.
Al riguardo il Collegio osserva che già nella
disciplina originariamente stabilita dall’art.
2 del D.Lgs. n. 546/92, ed ancor più nel testo sostituito dall’art. 12, comma 2, della
legge 28 dicembre 2001, n. 448 come integrato dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, la
tutela giurisdizionale dei contribuenti è affidata in esclusiva alla giurisdizione del giudice tributario, comprensiva di ogni e qualsiasi
questione afferente l’esistenza dell’obbligazione tributaria (Cfr. Cass. Sez. Un. 04
aprile 2006 n. 7804).
Ora la questione rimessa al vaglio della
Commissione nasce dall’equivoco generato
dalla modalità seguita dalla Regione per la
riscossione del credito attraverso la iscrizione a ruolo e la emissione della cartella di
pagamento da parte del concessionario per
la esazione.
Non basta certo il richiamo alle modalità seguite per la riscossione, e nel caso in esame
la formazione del ruolo e la conseguente
emissione della cartella di pagamento, per
affermare la competenza del giudice tributario in quanto è invece necessario che l’atto
impugnato (appunto la cartella e il presupposto ruolo) abbia ad oggetto un tributo, anche nella accezione allargata portata dalla
innanzi citata disposizione di cui alla legge
n. 248/2005.
Né ad avviso del Collegio assume significativo rilievo che la impugnata cartella definisca le somme iscritte a ruolo quale tributo
coattivo in quanto ciò rappresenta un fatto
nominalistico e la natura del credito iscritto
prescinde assolutamente dalla qualificazione
assunta in cartella.
In breve sintesi i requisiti per l’attribuzione
della giurisdizione tributaria sono due:
l’attribuzione della materia in applicazione
della norma portata dall’art. 2 del D.Lgs. n.
546/92 come novellato e la individuazione
dell’atto impugnabile nella elencazione, anche non tassativa, prevista dall’art. 19 del
citato D.Lgs. n. 546/92.
Nel caso in trattazione alla cartella di pagamento, atto che rientra nella elencazione del
citato art. 19, non si accompagna la natura
tributaria delle somme in contestazione dato
che esse vengono richieste dalla Regione a
titolo di prelievo supplementare in applicazione della legge n. 468/1992 e s. m. i. secondo quanto previsto dal comma 46
dell’art. 10 della legge n. 119/2003 e costituisce uno strumento regolatore del mercato
agricolo.
Neanche rilievo assume la circostanza che la
istanza cautelativa sia stata trattata dal Collegio nella apposita udienza tenuta in data 1
agosto 2006 in quanto in essa venivano posti
in discussione gli effetti dell’atto opposto e
cioè della cartella di pagamento e in tale se-
33
de non veniva affrontato il problema della
giurisdizione del giudice tributario che, pur
essendo rilevabile anche d’ufficio, non era
stato oggetto di esame in quanto le controdeduzioni della Regione Campania, pur essendo giunte presso la segreteria generale
della Commissione in data 11 luglio 2006,
erano state consegnate alla Sezione solo in
data 4 settembre 2006.
Il Collegio, conclusivamente sul punto, ritiene di riconoscere il proprio difetto di giurisdizione, in accoglimento della eccezione
mossa dalla Regione Campania e nel rispetto della norma di cui al citato art. 2 sexies
della legge n. 109/2005, individua nel giudice amministrativo l’autorità giurisdizionale
competente.
Tenuto conto della scusabilità dell’errore
34
commesso dalla parte ricorrente a causa della indicazione apposta sul retro della cartella
di pagamento ritiene di dovere assegnare
termine per la riassunzione innanzi a detto
giudice. Il Collegio ravvisa infine giusti motivi, a causa della novità della questione trattata, per disporre la totale compensazione
delle spese sostenute dalle parti costituite.
P. Q. M.
Dichiara il proprio difetto di giurisdizione in
favore del TAR.
Assegna per la riassunzione innanzi a detto
ufficio il termine di giorni 120.
Dichiara compensate tra le parti le spese
procedurali.
Procedimento e processo
EFFETTI DEL RICORSO AVVERSO IL DINIEGO DI
ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVIII, 23 novembre 2006, n. 231
Pres. Cobellis – Rel. Cusati
Procedimento e processo – Autotutela amministrativa – Natura – Provvedimento di dinego dell’annullamento
– Impugnazione – Giurisdizione delle Commissioni tributarie – Sussiste
– Oggetto della giurisdizione – E’ limitato all’esame formale e alla correttezza nella formazione del provvedimento impugnato – Effetti della
pronuncia – Non possono estendersi
alla valutazione circa la legittimità
della pretesa tributaria
Stanti la natura e le caratteristiche dell’autotutela, il giudice del provvedimento,
con il quale l’Amministrazione si è pronunciata negativamente sulla richiesta di autotutela tributaria, non può sostituirsi all’Amministrazione finanziaria in una valutazione
sulla illegittimità o sulla ingiustizia della
pretesa tributaria, ma può solo verificare se
il provvedimento denegatorio, nel quale tale
valutazione si estrinsechi, sia formalmente
corretto, immune da vizi logici e frutto di un
corretto e sereno esercizio del potere discrezionale.
Svolgimento del processo
Con atto consegnato all’Agenzia delle Entrate il 20 febbraio 2006, la O. s.r.l. ricorre
"avverso e per l’annullamento", previa sospensione, "del provvedimento di diniego di
autotutela e degli avvisi di accertamento relativi rispettivamente agli anni 1991 e 1992
e la cartella di pagamento emessa dal Concessionario della riscossione per dette annualità".
L’Agenzia delle Entrate resiste al ricorso
con controdeduzioni depositate in data
8.6.2006, e ne chiede il rigetto perché inammissibile, anche per difetto di giurisdizione
della Commissione adita, ed infondato.
La società ricorrente in data 24.5.2006 ha
provveduto al deposito della documentazione richiesta dalla Commissione con ordinanza del 21.4.2006, e successivamente, in data
5 giugno 2006, ha prodotto ulteriore memoria illustrativa a sostegno del ricorso.
La controversia, quindi, è stata in data odierna discussa oralmente in pubblica udienza e
decisa come da dispositivo.
Motivi della decisione
La società ricorrente, richiamando il diritto
alla esenzione decennale dall’Irpeg e
dall’Ilor, riconosciutole con decisione n.
54/5/2004 del 22.3.2004 della CTR Campania - sezione quinta -, deduce la illegittimità
del provvedimento di diniego opposto
dall’Amministrazione Finanziaria alla richiesta datata 10.12.2005 di annullamento
in autotutela della cartella esattoriale recante
la iscrizione a ruolo di quanto accertato per
Irpeg ed Ilor relativamente agli anni 1991 e
1992 con gli avvisi di accertamento n. … e
n. ….
Ritiene, in particolare, la O. s.r.l. che non sia
preclusivo alla richiesta autotutela il giudicato, invocato dall’Amministrazione Finanziaria, formatosi negli specifici procedimenti insorti con la impugnativa dei predetti accertamenti, conclusi entrambi con decisioni
della C.T.R. Campania solo formalmente, e
35
36
comunque per motivi non attinenti al merito
della pretesa, sfavorevoli ad essa ricorrente.
L’Agenzia delle Entrate, dedotta in via preliminare la inammissibilità del ricorso sia per
il difetto di giurisdizione della Commissione
adita sia per la impossibilità di far rientrare
il diniego del provvedimento di autotutela
tra quelli indicati nell’art. 19 del decreto legislativo n. 546/1992 come autonomamente
impugnabili innanzi al giudice tributario, insiste nel considerare le due decisioni della
C.T.R. Campania, che hanno definito le controversie relative agli accertamenti per gli
anni 1991 e 1992, assolutamente ostative
all’accoglimento della istanza di annullamento "in via di autotutela" del ruolo relativo alle imposte accertate.
Ritiene questa Commissione di dovere preliminarmente risolvere le questioni di ammissibilità del ricorso,
a) richiamando e facendo proprie le considerazioni di cui alla decisione n. 16776 del
10.8.2005 delle Sezioni Unite della Corte
di Cassazione che, alla luce delle innovazioni nel sistema complessivo della giurisdizione tributaria introdotte dall’art. 12 comma 2 - della legge 28 dicembre 2001
n. 448, ha espressamente ritenuto la competenza del giudice tributario a decidere
sul rifiuto espresso o tacito di autotutela;
b) evidenziando, con specifico riferimento
alla impugnabilità del rifiuto di autotutela, che, in virtù del sistema delineato dal
predetto sistema, in cui la giurisdizione
tributaria è divenuta - nell’ambito suo
proprio - una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qualvolta si controverta di uno specifico rapporto tributario o di sanzioni irrogate da un ufficio
tributario, l’enumerazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del D.
Lgs. n. 546 del 1992 non può considerarsi tassativa. D’altra parte non sono pochi
i casi in cui la sezione tributaria della
Corte Suprema ha, sia pure per facta
concludentia (cfr., ad esempio, Cass. Sezione tributaria - 20 febbraio 2006 n.
3608), ritenuto ammissibile la impugnazione del predetto rifiuto.
E’ evidente, però, che stante la particolarità
di tale provvedimento e del particolare potere al quale lo stesso è correlato, l’esame e la
decisione del giudice vanno nelle predette
impugnative necessariamente limitati ai vizi
propri di tale provvedimento, e non possono
in alcun modo coinvolgere, ed ancor meno
incidere sugli stessi fino ad annullarli, gli
atti definitivi, in relazione ai quali è stato
richiesto all’Amministrazione l’esercizio
della rifiutata autotutela.
Tanto si ricava innanzitutto dalla natura e
dalle caratteristiche dell’autotutela, finalizzata a risolvere situazioni di palese illegittimità o di sostanziale ingiustizia, ed espressione di un potere affidato in via esclusiva e
straordinaria alla stessa amministrazione che
le consente la rimozione, sospensione o revoca di propri atti, palesemente ingiusti o
illegittimi, prima ancora che il giudice si
pronunci in via definitiva o quando tale pronuncia non sia più possibile alla stregua degli strumenti tipici della giurisdizione.
Ne discende che l’esame da parte del giudice del provvedimento, con il quale l’Amministrazione si è pronunciata negativamente sulla richiesta di "autotutela", non può
abilitare surrettiziamente lo stesso giudice a
superare le norme che regolano compiutamente, nei tempi e nelle forme, la impugnazione dei provvedimenti e di pervenire, mediante l’esercizio di un potere proprio
dell’Amministrazione, al rinnovo di un giudizio di legittimità, ormai precluso o esaurito in via ordinaria, sugli atti oggetto della
richiesta di annullamento in autotutela.
In effetti, il giudice tributario, in subjecta
materia, non può sostituirsi all’Amministrazione finanziaria in una valutazione sulla illegittimità o sulla ingiustizia della pretesa
tributaria, ma può solo verificare se il provvedimento denegatorio, nel quale tale valutazione si estrinsechi, sia formalmente corretto, immune da vizi logici e frutto di un
corretto e sereno esercizio del potere discrezionale.
Tali conclusioni risultano confortate anche
dalla citata decisione n. 3608/2006 della Sezione tributaria della Corte Suprema, che
sembra riaffermare chiaramente il principio
secondo il quale, a meno che lo stesso non
sia fondato sulla sopravvenienza di leggi
successive, il ricorso proposto al giudice tributario avverso il diniego ... di autotutela
non può risolversi in una impugnazione di
atti impositivi in ordine ai quali siano già
decorsi i termini per esperire la tutela giurisdizionale.
Sul punto, anche se afferenti a materia diversa da quella fiscale, sono particolarmente
chiare anche TAR Lombardia Milano - sezione quarta - 21 marzo 2005 n. 621 ("Il
soggetto che non abbia tempestivamente impugnato un atto lesivo non può essere rimesso surrettiziamente in termini mediante il
sollecito del potere di autotutela dell’Amministrazione e la successiva impugnazione
dell’eventuale diniego"), TAR Puglia Bari sezione seconda - 10 marzo 2003 n. 1097
("il contestato mancato esercizio del potere
di autotutela da parte dell’Amministrazione
non è idoneo a far riaprire i termini di impugnazione, anche perché il diniego espresso o
implicito non potrebbe che avere mero valore confermativo del precedente atto rimasto
inoppugnato") e TAR Marche 19 settembre
1996 n. 582 che ribadisce la mancanza
dell’obbligo dell’Amministrazione a pronunciarsi sulle istanze di autotutela.
Dalle considerazioni svolte deriva che nel
caso in esame, in cui peraltro è rimasta
inoppugnata la cartella di pagamento emessa
dal Concessionario della riscossione per le
annualità in contestazione, non possono essere sicuramente accolte le richieste di annullamento della predetta cartella e degli accertamenti (per i quali, peraltro, nelle conclusioni dell’istanza di autotutela non si sollecita l’annullamento), che della prima costituiscono legittimo presupposto, ma può
semplicemente essere valutata la legittimità
formale del provvedimento di "diniego".
In altri termini, non è consentito a questo
giudice, fornire risposta alla domanda esplicitamente posta dalla ricorrente (cfr. pag. 4
della memoria illustrativa) "se la pretesa fiscale azionata con gli atti impositivi di cui si
è chiesto l’annullamento in via di autotutela
sia o meno legittima", mentre è consentito
rispondere, sia pure in forma articolata, al
secondo quesito posto a questo giudice dalla
società ricorrente, per sapere se nella motivazione del diniego sia stato correttamente
invocato l’effetto preclusivo del giudicato di
cui al D.M. 11.2.1997 n. 37.
Nel sistema dell’autotutela, infatti, nel quale
il richiedente non ha un diritto soggettivo a
che l’ufficio eserciti tale tutela e nel quale
l’ufficio, a stretto rigore, ha il potere ma non
il dovere di ritirare l’atto viziato, la risposta
al primo quesito non può che venire dalla
stessa amministrazione, nella complessità
delle sue articolazioni anche gerarchiche,
mentre al giudice è affidato solo il compito
di controllare se il provvedimento, con il
quale tale risposta venga fornita, sia formalmente legittimo.
Tale verifica, peraltro, se non consente al
giudice per quanto si è detto di estendere la
delibazione di legittimità anche agli atti oggetto della richiesta di autotutela, per i quali
tale controllo giurisdizionale sia già stato effettuato o non sia più possibile, costituisce
pur sempre, ove la stessa si concluda favorevolmente al contribuente, utile certificazione
di una patologia di comportamento da parte
dell’Amministrazione Finanziaria, sicuramente utilizzabile, per esempio, ai fini di
una richiesta di riesame dell’istanza di autotutela o a supporto di eventuali azioni risarcitorie.
A tal proposito, risulta interessante citare la
stessa Amministrazione finanziaria che richiama nella circolare n. 198/98, ai fini del
corretto e doveroso esercizio dell’autotutela,
la necessità di evitare che la discrezionalità
diventi arbitrio, nonché le possibilità dell’intervento sostitutivo dell’organo gerarchicamente sovraordinato e la particolare responsabilità disciplinare e professionale dei
dirigenti.
Sul secondo quesito che la O. s.r.l. pone con
il suo ricorso alla Commissione, occorre
preliminarmente precisare che nell’ordinamento tributario l’istituto dell’autotutela,
espressamente previsto dall’art. 68 - comma
primo - del D.P.R. n. 287/1992, poi abroga-
37
38
to, e dall’art. 2 quater della legge n.
656/1994, trova disciplina attuativa e regolamentare nel D. M. 11.2.1997 n. 37, che
all’art. 2 prevede espressamente che "non si
procede all’annullamento d’ufficio o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia intervenuta
sentenza passata in giudicato favorevole
all’Amministrazione Finanziaria".
Ciò posto, sembra alla Commissione che la
motivazione espressa dall’Agenzia delle Entrate nel provvedimento impugnato, sia insufficiente ed incongrua rispetto alle questioni prospettate dalla istanza della O., in
quanto
• si limita ad un richiamo formale alla preclusione di cui al citato art. 2 del D.M. n.
37/1997 per la esistenza del giudicato;
• omette qualsiasi delibazione sulla idoneità
di quel particolare giudicato, e dai motivi
che lo hanno determinato, a paralizzare il
potere di autotutela riconosciuto all’Amministrazione finanziaria;
• trascura con superficialità ogni seria considerazione sulla "ingiustizia" della imposizione tributaria, in una situazione caratterizzata dallo stridente contrasto tra il diritto della società a godere dell’esenzione
decennale dall’Irpeg e dall’Ilor ed il giudicato formatosi in precedenza sulla pretesa
al pagamento delle predette imposte per
gli anni 1991 e 1992.
Sembra, inoltre, che la motivazione del
provvedimento, trincerandosi dietro il richiamo agli effetti preclusivi di giudicati,
anche per questa Commissione più attinenti
a questioni di "rito" che di "sostanza" , non
consideri, con colpevole omissione la "novità", rispetto a quei giudicati, costituita dal
successivo giudicato, questa volta sicuramente sostanziale, formatosi sulla sussistenza delle condizioni per la concessione della
invocata esenzione decennale e per il conseguente riconoscimento del diritto della O.
s.r.l. a godere della stessa. In effetti, ritiene
la Commissione, che l’Agenzia delle Entrate
nella fattispecie in esame sia venuta meno al
dovere imprescindibile di valutare compiutamente, ai fini della corretta motivazione
del provvedimento, tutte le possibili implicazioni di fatto e di diritto di una situazione
nella quale alla società ricorrente viene richiesto il pagamento di imposte, relative ad
annualità ricomprese nell’arco temporale
per il quale risulta accertato, in altro procedimento giurisdizionale, il suo diritto
all’esenzione decennale dall’Irpeg e
dall’Ilor. Né le suddette valutazioni possono
essere effettuate da questo giudice, afferendo le stesse ad un giudizio che, pur dovendo
rispondere compiutamente a criteri di ragionevolezza ed all’onere di congrua motivazione degli atti, nel caso di specie non compiutamente assolto, rimane pur sempre affidato, per quanto si è diffusamente detto in
precedenza, in via esclusiva al prudente e
libero apprezzamento della stessa Amministrazione ed al corretto esercizio di un suo
potere discrezionale.
In coerenza con le argomentazioni svolte il
ricorso va parzialmente accolto con la declaratoria di illegittimità, sotto il profilo della
carenza di motivazione, del provvedimento
impugnato, mentre vanno rigettate le altre
domande avanzate dalla ricorrente. Sussistono giusti motivi, anche per la peculiarità
delle questioni trattate, per dichiarare integralmente compensate fra le parti le spese di
causa.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Provinciale di
Salerno - sezione diciottesima - in parziale
accoglimento del ricorso della O. s.r.l. annulla il provvedimento di diniego impugnato
per carenza di motivazione e rigetta le altre
domande. Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di giudizio.
Riscossione
I NUOVI TERMINI DI DECADENZA DELLA
RISCOSSIONE SONO APPLICABILI
RETROATTIVAMENTE
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 292
Pres. Amato – Rel. Pisapia
Riscossione – Riscossione dei tributi
erariali diretti ed indiretti – Liquidazione delle imposte ex artt. 36 bis
D.P.R. n. 600/73 e 54 bis D.P.R. n.
633/72 – Termini previsti a pena di
decadenza dalla L. 31 luglio 2005 n.
156 – Disciplina transitoria di cui
all’art. 1, comma 5 bis, lett. b) L.
156/2005 – Applicazione alle liquidazioni operate prima dell’entrata in
vigore della legge – Applicabilità
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 280/2005 che ha dichiarato
l’incostituzionalità dell’art. 25 del D.P.R. n.
602/1973, il Legislatore ha introdotto la
normativa transitoria di cui all’art. 1, comma 5-bis e 5-ter, del D.L. 17 giugno 2005 n.
106, convertito dalla legge 31 luglio 2005,
n. 156, rivolta a regolare fatti e/o situazioni
che potevano verificarsi a cavallo tra la vecchia normativa e quella successiva.
Ne consegue che le notifiche di cartelle derivanti dalla liquidazione di dichiarazioni anteriori all’entrata in vigore di tale legge,
debba utilmente avvenire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo per le dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre
2001, entro il 31 dicembre del quarto anno
successivo per le dichiarazioni presentate
negli anni 2002 e 2003 ed entro il 31 dicembre del terzo anno successivo per le dichiarazioni presentate a decorrere dal 1° gennaio 2004.
Svolgimento del processo
La S. Sport S.p.a. in liquidazione ha impugnato la cartella di pagamento di complessive €. 9.148.522,61 emessa dall’E.Tr. S.p.a. e
riguardante omessi versamenti di ritenute alla fonte, omessi versamenti di addizionale
regionale e comunale, omessi versamenti
periodici Iva, oltre sanzioni ed interessi.
L’iscrizione a ruolo avveniva nel 2005 a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione presentata per il periodo di imposta 2001, 2002, 2003, 2004, 2005. Le
motivazioni addotte dalla ricorrente attengono:
1) l’illegittimità ed infondatezza della cartella per violazione dell’art. 36 bis del
D.P.R. 600/73 ed art. 17 del D.P.R. n.
602/73 ed art. 6 comma 1 L. n. 212/00
limitatamente al controllo della dichiarazione UNICO 2002 di complessive €.
397.086.940.00 per violazione dei termini
decadenziali, trattandosi di cartella notificata in data 18.01.2006;
2) l’illegittimità ed infondatezza della cartella di pagamento relativamente alle somme
iscritte a ruolo, derivante dal controllo automatizzato del modello UNICO 2006
presentato per il periodo di imposta 2005,
in considerazione del fatto che l’A. F. non
solo non ha considerato i versamenti disposti dalla società ma non ha tenuto conto dei termini per la presentazione della
dichiarazione;
3) l’illegittimità ed infondatezza della cartella di pagamento relativamente agli omessi
versamenti a saldo, annuali e periodici
Iva, per un importo complessivo di €.
3.388.215,00 la cui iscrizione a ruolo è
avvenuta a seguito di p.v. del 23.06.2005,
39
40
per violazione art. 12, 14, 15 e 15 bis del
D.P.R. n. 602/73 ed art 54 bis del D.P.R.
n. 633/72;
4) l’illegittimità ed infondatezza della cartella di pagamento per violazione dell’art.
12 comma 7 L. n. 212/00;
5) illegittimità ed infondatezza della cartella
di pagamento per violazione dell’art. 12
comma 3 D.P.R. n. 602/73 ed art 3 L. n.
241/90, art. 7 e 17 della L. n. 212/00;
6) illegittimità ed infondatezza della cartella
di pagamento per violazione della normativa art. 7 L. 212/00 ed art 12 3 comma
D.P.R. n. 602/73 ed art. 42 D.P.R. n.
600/73;
7) l’illegittimità ed infondatezza della cartella di pagamento per violazione dell’art. 6
del D. M. n. 321/99.
In relazione alle contestazione di cui ai punti da 1 a 7 la ricorrente richiama giurisprudenza di merito, chiedendo la sospensione
della riscossione, ai sensi dell’art. 47 del
D.Lgs. n. 546/92 che questa Commissione
concedeva nell’udienza del 07.04.2006. con
ordinanza n. 115.
Allegava al fascicolo di causa:
- fotocopie di versamenti con il modello F24
di complessive €. 1.146.832,09 effettuato in
data 30.06.2005 presso la Banca …, riguardante il versamento di ritenute e di addizionali regionali e comunali riferiti all’anno di
imposta 2005.
Concludeva con la richiesta di annullamento
dell’iscrizione a ruolo.
In data 22.03.2006 si costituiva in giudizio
l’E.TR. Esazione Tributi s.p.a. Commissario
Governativo del servizio riscossione Tributi
per la provincia di Cosenza, eccependo, preliminarmente, la carenza di legittimazione
passiva in quanto, il visto di esecutività della
cartella era stato apposto in data 29.07.2005,
consegnato al Concessionario il 25.08.2005
e nel contempo, riferiva che l’Ufficio delle
Entrate di Salerno in data 25.01.2006 aveva
emesso provvedimenti di sgravio per €
6.671.365,66, per cui il residuo debito risultava essere €. 2.477.151,39.
Esplicitava l’attività del Concessionario in
relazione alla funzione di riscossione.
Concludeva che ai sensi della L. n. 156/05 la
cartella impugnata non può essere considerata tardiva.
In data 03.04.2006 si costituiva in giudizio
l’Agenzia delle Entrate - Ufficio di Salerno che rappresentava l’avvenuto sgravio delle
partite di ruolo per complessive €.
6.671.365,70 e la trasmissione in via telematica al C.N.C. per cui la controversia era
limitata alla parte residuale. Rilevava
l’infondatezza dell’eccepita violazione
dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/73 ed art 17
comma 1 lett. A del D.P.R. n. 602 relativamente all’anno 2001, trattandosi di termini
non perentori, che la ricorrente avrebbe fatto
coincidere con la data di esecutività del ruolo.
Ricollegandosi l’Ufficio alle variazioni intervenute nella normativa in materia di riscossione, ferma l’attenzione sulla legge n.
156/05 ed, in particolare, sul comma 5 bis,
precisando che relativamente all’anno di imposta 2001, la cui dichiarazione è stata presentata nel 2002, la notifica è da ritenersi
regolare in quanto è avvenuta entro il termine di decadenza dei 4 anni; cosi risultano
superate le doglianze riguardanti le ritenute
alla fonte e l’Iva per l’anno di imposta 2005
in quanto oggetto di sgravio. Ed ancora, per
quanto riguarda gli omessi versamenti
dell’Iva anno 2004.
Relativamente alla violazione degli artt. 12,
14, 15. 15 bis del D.P.R. n. 602/73 ed art. 54
bis del D.P.R. n. 633/72, l’Ufficio precisa
che le somme iscritte a ruolo riflettono imposte dichiarate e non versate e quindi non
provengono da accertamento di maggiori
imposte. Precisa, altresì, che il p.v.c. del
23.06.2005 ha riguardato il solo riscontro
presso la società delle omissioni a seguito di
liquidazione di dichiarazione, per cui nessuna violazione è stata effettuata i sensi della
L. n. 212/00. In definitiva le somme richieste riguardano imposte dichiarate e non versate.
Con memorie illustrative la società analizza
il restante presunto debito tributario, ricalcando le osservazioni sulla data di esecutività del ruolo e richiamando in modo puntuale
la disciplina dettata dalla L. n. 156/05 in relazione al fatto che l’iscrizione a ruolo è avvenuta in data 29.07.2005 e 30.08.2005, per
cui non sono ravvisabili limitatamente alle
ultime iscrizioni gli estremi di applicabilità,
né dell’art. 25 del D.P.R. n. 602 introdotto
dalla L. n. 156/05 né del regime transitorio.
Motivi della decisione
La Commissione, dopo aver attentamente
esaminato la documentazione allegata al fascicolo di causa, e, in particolar modo il
p.v.c. del 23.06.2005 unitamente alle doglianze della ricorrente ed agli intervenuti
provvedimenti emessi dalla Agenzia delle
Entrate - Ufficio di Salerno - riguardanti lo
sgravio delle somme di complessive €.
6.671.365.70 riferite agli omessi versamenti
delle ritenute alla fonte ed Iva periodica anno 2005 e, ancora agli omessi versamenti
Iva anno 2004. rileva che la controversia è
limitata alla parte residuale della cartella che
riflette le partite relative all’anno 2001,
2002 e 2003, il cui importo di iscrizione a
ruolo è avvenuto, a titolo definitivo, da parte
dell’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art.
14 del D.P.R. n. 602/73.
Invero, come riscontrabile dal p.v.c. del
23.06.2005, le operazioni hanno riguardato
il mero riscontro presso la sede della società
dei mancati versamenti, previa rilevazione
dei dati dalla liquidazione delle dichiarazioni, per cui le somme iscritte a ruolo riflettono esclusivamente degli omessi versamenti
nei periodi 2001, 2002, 2003 per i quali la
ricorrente ha sollevato eccezioni di decadenza per violazione dei termini.
Le eccezioni della ricorrente investono il
provvedimento della "riscossione" che rappresenta l’attuazione delle obbligazioni tributarie, in tutte e tre le fasi:
1) iscrizione a ruolo;
2) consegna del ruolo al concessionario;
3) formazione e successiva notifica della
cartella di pagamento nel rispetto dei termini;
per cui si ritiene opportuno preliminarmente
rappresentare, sia dal punto di vista dottrina-
rio che giurisprudenziale. le questioni sollevate, per poi valutare le singole controversie.
Iscrizione a ruolo. Rappresenta il momento
in cui l’Ente impositore procede alla individuazione delle situazioni creditorie che vanta nei confronti di un soggetto. In merito
alle modalità ed ai termini di formazione dei
ruoli, l’iscrizione delle somme dovute per
imposte e tributi viene, di regola, stabilita
dalle norme che disciplinano il tributo medesimo. In particolare, per quanto concerne
l’iscrizione a ruolo delle imposte dirette e
dell’Iva, che interessano al caso, prima delle
modifiche introdotte dalla legge n. 106 del
31 luglio 2005 (di conversione del decreto
legge 17/06/2005 emanato per fronteggiare
gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 280/05) occorreva riferirsi all’ormai abrogato art. 17 del D.P.R. n. 602/1973.
Per i ruoli formati dal 1/07/1999, l’esecutività avviene attraverso l’apposizione da
parte del titolare dell’Ufficio creditore, della
firma elettronica (art. 1 lett. b D.P.R.
10/11/97 n. 513): in ogni modo, il momento
della sottoscrizione del ruolo coincide con la
sua esecutorietà (art. 12 comma 4 D.P.R. n.
602/73).
Consegna del ruolo al concessionario. I ruoli
così formati vengono trasmessi al concessionario, la cui consegna si intende così operata
(art. 3 e 4 del D. Int. n. 321/99):
Il 25° giorno dello stesso mese, per i ruoli
trasmessi tra il 1° e il 15° giorno del mese;
Il 10° giorno del mese successivo, per i ruoli
trasmessi tra il 16° giorno e l’ultimo giorno
del mese.
Di tale termine il contribuente non ha possibilità di alcuna conoscenza in assenza di
norma, ed è appunto su tale termine (dies a
quo del termine per la notifica della cartella)
che si è pronunciata la Corte Costituzionale
(sent. 280). L’attività di riscossione è obbligatoriamente demandata al Concessionario
(art. 10 D.P.R. n. 602/73 lett. a comma 1) le
cui funzioni sono racchiuse nel Decreto Legislativo n. 112/99. Tale ultima norma è rivolta a regolare i rapporti intersoggettivi tra
il concessionario e l’Amministrazione Fi-
41
42
nanziaria.
Notifica della cartella. Una volta formata la
cartella di pagamento, occorre procedere alla notifica al contribuente, secondo le disposizioni di cui all’art. 26 del D.P.R. n. 602/73.
È questo il solo momento in cui il contribuente prende giuridica conoscenza della
pretesa contenuta nella cartella (e del relativo ruolo), ed è solo da tale momento che
iniziano a decorrere i termini per le attività
previste delle leggi. I termini di decadenza
riguardavano la sola iscrizione a ruolo (art.
17 D.P.R. n. 602/73). mentre i termini di
prescrizione riguardavano la fase della notifica della cartella (art. 25 D.P.R. n. 602/73).
Sulla funzione che il "termine" è chiamato a
svolgere è intervenuta sia la Cass. SS. UU.
sent. n. 1111/94. che la Corte Costituzionale
(ordinanza n. 107/2003) e la Cassazione
sent. n. 10/04. Con l’art. 1 comma 1 lett. b
del Decreto Legislativo 27/04/2001 n. 193 il
Legislatore aveva addirittura tolto il termine
contenuto nell’art. 25 del D.P.R. n. 602/73.
per poi prevederlo inserendolo nella Finanziaria del 2005 (Legge 30/12/2004 n. 311) al
comma 417 dell’art. 1, applicabile però ai
soli ruoli resi esecutivi successivamente al
1° luglio 2005. A colmare il vuoto normativo pregresso il legislatore ha introdotto il
comma 5 bis e 5 ter dell’art. 1 del D.L. n.
106/05, convertito in Legge n. 156 del 2005,
che riguarda però solo la liquidazione delle
dichiarazioni (art. 36 bis del D.P.R. n.
600/73 e 54 bis D.P.R. n. 633/72).
Tale normativa consta di una parte per così
dire a "regime", che innova il procedimento
cartolare, riassettando la disciplina della notifica della cartella insieme a quella della liquidazione e riscossione e di una parte transitoria, che invece regola le notifiche di
cartelle derivanti da liquidazioni di dichiarazione che si sono verificate anteriormente
alla entrata in vigore della L. n. 156.
Nel caso di specie, alla cartella così come
notificata deve applicarsi la disciplina transitoria di cui all’art 1 comma 5 bis, lett. b L.
n. 156/05 di conseguenza, la notifica avvenuta il 18.01.2006 è da ritenersi effettuata
entro il termine di decadenza dei 4 anni dal-
la presentazione della dichiarazione. Per
quanto concerne le ulteriori eccezioni, sollevate dalla ricorrente nella memoria illustrativa, o meglio gli ulteriori chiarimenti su eccezioni già sollevate nel ricorso principale,
questa Commissione precisa che il legislatore con la L. n. 156/05 ha regolamentato fatti
e/o situazioni che potevano verificarsi a cavallo tra la vecchia normativa e quella successiva. Invero nel regime transitorio è previsto che. per le somme che risultano dovute
a seguito di controllo cartolare, il termine
decadenziale di notificazione della cartella:
a. è il 31.12 del quinto anno successivo per
le dichiarazioni presentate sino al
31.12.2001
b. è il 31.12 del quarto anno successivo per
le dichiarazioni presentate negli anni
2002 e 2003.
Siffatto trattamento della notifica è posto in
deroga alle statuizioni a regime dettate
dall’art. 25, comma 1, lett. a del D.P.R. n.
602/73 nella attuale versione ossia quella
modificata dall’art. 1, comma 5 ter, lett. a, n.
2 della L. n. 156/05.
Invero, il legislatore prende in considerazione i procedimenti di controllo che riguardano le dichiarazioni presentate prima della
entrata in vigore della L. n. 156/05 e precipuamente quelle comunicate negli anni precedenti il 2004, per cui a partire da queste
va a ritroso nel tempo, modificando i termini
per la notifica delle cartelle.
Di conseguenza i termini introdotti dalla
normativa transitoria incidono anche nel caso di specie, per cui le eccezioni della ricorrente non possono essere accolte.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese, in considerazione del fatto
che le somme iscritte a ruolo sono state oggetto di sgravio parziale da parte dell’Agenzia delle Entrate - Ufficio di Salerno .
P.Q.M.
La Commissione rigetta il ricorso, determinando il debito residuo a carico del contribuente, di cui alla cartella impugnata, in €.
2.477.151,39. Spese compensate.
Riscossione
I NUOVI TERMINI DELLA RISCOSSIONE NON
SONO APPLICABILI AI TRIBUTI LOCALI
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XV, 6 settembre 2006, n. 190
Pres. Santaniello – Rel. Tipaldi
I) Riscossione – Riscossione dei tributi locali – Imposta comunale sugli
immobili – Avvisi di liquidazione previamente notificati e non opposti –
Successiva Iscrizione a ruolo – Termini di decadenza ex art. 17 D.P.R.
n. 602/1973 – Inapplicabilità – Termini di cui all’art. 12 del D.Lgs. n.
504/92 – Applicabilità
II) Notificazione della cartella di
pagamento – Art. 25 del D.P.R. n.
602/1973 – Natura del termine –
Conseguenze
I) L’art. 17 del D.P.R. n. 602/1973, abrogato
dall’art.1, n.1, del D.L. 17 giugno 2005, n.
106, convertito dalla legge 31 luglio 2005,
n. 156, non si applicava all’iscrizione a ruolo dell’ICI, la cui riscossione è regolata
dall’art. 12 del D.P.R. 30 dicembre 1992, n.
504, per cui “il ruolo deve essere formato e
reso esecutivo non oltre il 31 dicembre del
secondo anno successivo a quello in cui
l’avviso di liquidazione o l’avviso di accertamento sono stati notificati”.
II) Ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. n.
602/1973, nel testo introdotto dall’art. 1,
comma 417, lett. c), della l. 30 dicembre
2004, n. 311, applicabile nella concreta vicenda, la notifica della cartella di pagamento doveva essere effettuata, a pena di decadenza, entro l’ultimo giorno del dodicesimo
mese successivo a quello di consegna del
ruolo al concessionario.
Svolgimento del processo
Trattasi di ricorso, rimesso all’E.Tr. S.p.A. e
all’Ufficio impositore del Comune di P., avverso iscrizione a ruolo di ICI ed accessori
dovuti per gli anni 1998 e 1999.
R. A. chiede l’annullamento della cartella di
pagamento eccependo:
- la decadenza del diritto a riscuotere per
inosservanza del termine previsto dall’art.
17 del D.P.R. n. 602/73;
- la violazione dell’art. 25 dello stesso decreto per intempestiva notifica della cartella di pagamento, considerata la natura
perentoria del termine, come anche dalla
sentenza 01-04-03, n. 107 della Corte Costituzionale.
Con controdeduzioni 09-06-05 l’Ufficio Tributi del Comune contesta la fondatezza delle argomentazioni proposte dalla parte, rappresentando, tra l’altro, che l’iscrizione a
ruolo trae origine da due avvisi di liquidazione ICI, di cui allega copia, divenuti definitivi per mancata opposizione. L’E.Tr.
S.p.A. non risulta costituita.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente la Commissione prende
atto che, come risulta dalla documentazione depositata dall’Ufficio Tributi del
Comune e non contestata dalla parte con
eventuale memorie di replica, il ruolo
trae origine da quanto dovuto in base agli
avvisi di liquidazione ICI ritualmente notificati e divenuti definitivi per mancata
impugnazione.
2. Tanto puntualizzato, a parere di questo
giudice, destituite di qualsiasi fondamento si appalesano le argomentazioni del ricorrente.
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2.1 Inconferente è il richiamo dell’art. 17
del D.P.R n. 602/73, abrogato dalla L. n.
156/2005, atteso che tale norma, «ratione temporis» applicabile, ha regolato le
iscrizioni a ruolo delle II.DD. e dell’IVA, mentre la riscossione dell’ICI è
regolamentata dall’art. 12 del D.Lgs.
30-12-92, n. 504.
Ai sensi di tale articolo il ruolo deve essere
formato e reso esecutivo non oltre il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’avviso di liquidazione o l’avviso
di accertamento sono stati notificati.
Nel caso che ci occupa, essendo stati gli avvisi di liquidazione notificati il 27-12-02, il
ruolo doveva essere formato e reso esecutivo
entro il 31-12-04.
Dalla documentazione agli atti si rileva che
il ruolo, donde trae origine la contestata cartella di pagamento, è tempestivo, essendo
stato formato e reso esecutivo il 23-12-04.
Non fondata è l’eccepita intempestività della
notifica della cartella di pagamento, mentre
inconferente è il richiamo della sentenza
(rectius ordinanza) n. 107/03 della Corte
Costituzionale.
La riscossione delle somme iscritte a ruolo
viene effettuata tramite cartella di pagamento formata e notificata dal Concessionario,
come previsto dall’art. 25 del D.P.R. n.
602/73.
Tale norma ha subito varie modifiche nel
corso del tempo, di tal che la notifica doveva
essere eseguita:
a) fino al 30-06-99, non oltre il giorno cinque del mese successivo a quello nel corso del quale il ruolo è stato consegnato;
b) dal 01-07-99, entro l’ultimo giorno del
quarto mese successivo alla consegna del
ruolo (art. 11 del D.Lgs. 26-02-99, n.
46);
c) dal 09-06-01, non è prevista una specifica
scadenza a seguito della modifica introdotta dall’art. 1, comma 1, lett. b) del
D.Lgs. 27-04-01, n. 193;
d) dal 01-01-05, entro l’ultimo giorno del
dodicesimo mese successivo a quella
della consegna del ruolo, a seguito della
novella di cui all’art. 1, comma 417 della
L. 30-12-04, n. 311;
e) dal 10-08-06, secondo quanto previsto
dall’art. 1, comma 5 ter, lett. a) nn. 1, 2 e
3, comma 5 bis della L. n. 156/2005 di
conversione del D.L. n. 106/2005.
Sia in dottrina che in giurisprudenza non vi
sono stati univoci orientamenti sulla natura
(ordinatoria o perentoria) del termine per la
notifica della cartella di pagamento, fino ad
una prima presa di posizione assunta dalla
Corte Costituzionale con l’ordinanza 01-0403, n. 107. Con la citata ordinanza il Giudice delle leggi stabilì che il carattere perentorio di un termine non deve necessariamente
risultare in modo esplicito, potendo essere
desunto, come nel caso dell’art. 25 del
D.P.R. n. 602/73, more temporis vigente,
dalla funzione ricavabile dal testo della legge, che il termine è chiamato a svolgere secondo un’interpretazione adeguatrice del testo stesso. Dichiarò, quindi, inammissibile
la sottoposta questione di illegittimità costituzionale, tenuto conto dei termini con cui
era stata proposta.
Ciò posto, a parere della Commissione inconferente per il caso in esame, anche per
quanto esposto al sopra indicato punto d), è
il richiamo alla suddetta ordinanza.
Infondata è, poi, l’eccepita intempestività
anche alla luce della successiva nota sentenza 15-07-05, n. 280 della stessa Corte, la
quale, nel dichiarare incostituzionale l’abolizione del termine per la notifica della cartella di pagamento, disposta dall’art. 1, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 27-04-01, n. 193, ha
specificamente indicato che la cartella di pagamento deve essere notificata a pena decadenza, entro un ben precisato ragionevole
termine.
Ben vero, nelle more, il legislatore aveva già
rivisitato l’art. 25 con l’art. 1, comma 417,
lett. e) della L. 30.12.04, n. 311 reinserendo
con effetto dal 01-01-05 un preciso termine
per la notifica della cartella di pagamento
con l’aggiunta «a pena di decadenza» e precisamente entro l’ultimo giorno del dodicesimo mese successivo a quello di consegna
del ruolo al concessionario.
Dalla documentazione agli atti risulta che il
ruolo fu consegnato al concessionario in da-
ta 23-12-04, per cui la notifica della cartella
di pagamento è tempestiva, perché avvenuta
il 16-02-05, e, quindi, prima della spirare
del previsto termine del 22-12-05.
Non trova ingresso nel caso in esame la disciplina transitoria prevista dall’art. 1, comma 5 bis, della richiamata legge n.
156/2005, applicabile ai rapporti pendenti,
perché trattasi, a parere della Commissione,
di norma di natura interpretativa e non procedimentale, come anche da giurisprudenza
di legittimità (Cass. Sez. Trib. 25-01-06, n.
1425; 30-11-05, n. 26104), atteso che la novella tributaria si applica solo alle II.DD. e
all’IVA e limitatamente ai ruoli scaturenti
dai controlli formali delle dichiarazioni, di
cui, rispettivamente, agli artt. 36 bis e 36 ter
del D.P.R. n. 600/73 e all’art. 54 bis del
D.P.R. n. 633/72.
In ogni caso, pur volendo ritenere applicabile la citata disciplina transitoria, considerato
che, a differenza delle lett. a) e b) in chiaro
riferibili alle liquidazioni delle II.DD. e
dell’IVA, la lett. e) del rimodulato art. 25
parla genericamente di somme da riscuotere
in base agli accertamenti degli Uffici, la notifica della cartella di pagamento è comunque tempestiva, essendo stata effettuata il
16-02-05 e, quindi, entro il previsto termine
del secondo anno successivo a quello in cui i
contestati avvisi sono divenuti definitivi,
evento che, nel caso de quo, si è verifìcato il
25-02-05. Considerate le continue modifiche
apportate all’art. 25 del D.P.R. n. 602/73 che
hanno potuto comportare confuse interpretazioni, sussistono sufficienti motivi per compensare le spese.
P. Q. M.
La Commissione rigetta il ricorso - spese
compensate.
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Riscossione
MISURE CAUTELARI PROPEDEUTICHE
ALL’ESPROPRIAZIONE FORZATA: CONDIZIONI
DI IMPUGNABILITA’ ED APPLICABILITÀ
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVIII, 30 ottobre 2006, n. 281
Pres. e Rel. Casale
I) Procedimento e processo – Atti impugnabili – Impugnativa dell’atto di
iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R.
n. 602/1973 quale misura cautelare –
Giurisdizione del Giudice ordinario
ante art. 35 del D.L. n. 223/2006
conv. in Legge n. 248/2006 – Sussisteva – Giurisdizione del Giudice tributario in seguito all’entrata in vigore dell’art. 35 del D.L. n. 223/2006
conv. in Legge n. 248/2006 – Sussiste
– Sopravvenuto mutamento legislativo posteriore all’introduzione della
domanda – Ius superveniens che attribuisce al Giudice tributario adito
competenza giurisdizionale su materia che egli non aveva all’epoca
dell’introduzione della domanda –
Giurisdizione - Spetta al Giudice tributario
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II) Riscossione – Riscossione forzata
– Atto di iscrizione ipotecaria ex art.
77 D.P.R. n. 602/1973 – Termini di
decadenza ex art. 50 del D.P.R.
602/1973 – Inapplicabilità
I) La giurisdizione nella controversia riguardante l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del D.P.R. n. 602/73
(quale atto funzionale all’espropriazione
forzata e, quindi, mezzo di conservazione e
realizzazione del credito, cioè misura caute-
lare diretta a creare le condizioni per l’utile
seguito di una procedura esecutiva) promossa anteriormente alla novella di cui al comma 26 quinquies dell’art 35 del D.L. n.
223/2006, conv. nella Legge n. 248/2006 con cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/92 è
stata aggiunta tra gli atti impugnabili la lettera e/bis - spetta al giudice tributario già
preventivamente adito poiché la norma testè
citata ha indubbiamente inteso conferire al
Giudice tributario la competenza giurisdizionale a conoscere delle impugnazioni relative alle iscrizioni ipotecarie sugli immobili del debitore e dei coobbligati per debiti
relativi a imposte sui redditi, sanzioni ed interessi, per i quali deve procedersi ad esecuzione forzata.
II) In materia di provvedimenti cautelari,
quali gli atti di iscrizione ipotecaria ex art.
77 D.P.R. n. 602/1973, non trova applicazione l’art. 50, comma I e II, del D.P.R.
602/1973 poichè esso concerne soltanto gli
atti propri dell’espropriazione forzata.
Svolgimento del processo
V. G. ha proposto ricorso nei confronti della
Etr. S.p.A. avverso l’iscrizione ipotecaria per
l’asserito mancato pagamento della somma
di euro 6.099,42, di cui alla iscrizione a ruolo n. ………, eccependo l’illegittimità ed infondatezza della detta iscrizione:
a) per violazione dell’art. 50 del D.P.R. n.
602/73, essendo stata assunta tardivamente
(oltre il termine annuale ivi fissato) rispetto
alla notificazione della cartella esattoriale e
senza che questa venisse preceduta
dall’avviso di intimazione al pagamento dei
ruoli;
b) perché le cartelle di pagamento sono state
impugnate dinanzi alla Commissione Tributaria e, relativamente ad esse, sono stati emessi provvedimenti di sgravio.
Ha chiesto, pertanto, previa sospensione del
provvedimento impugnato, l’annullamento
dello stesso, precisando che il ricorso è ammissibile ai sensi dell’art. 12, 2° comma della legge n. 448/2003, che ha ampliato la sfera di cognizione delle Commissioni
Tributarie.
Instauratosi il contraddittorio e depositato il
ricorso nella segreteria di questa Commissione, la S.p.A. E.TR., in qualità di Commissario Governativo del Servizio Riscossione Tributi per la Provincia di Salerno,
costituitosi in giudizio come per legge, ha
preliminarmente eccepito l’inammissibilità
del ricorso per violazione dell’art. 18 del
D.Lgs. n. 546/92, comma 2°, lett. e, essendo
mancante l’indicazione del "convenuto", e
per errata instaurazione del contraddittorio.
Nel merito ha dedotto la violazione dell’art.
50 del D.P.R. n. 602/73, non applicabile nella fattispecie in cui si impugna una misura
cautelare propedeutica all’esecuzione, e la
mancata trasmissione ad essa di provvedimenti di sgravio.
Fissata l’udienza per la trattazione dell’istanza di sospensione, è stato provveduto
su essa negativamente sussistendo concreti
elementi di carenza di giurisdizione della
Commissione adita; indi alla udienza odierna, fissata per la trattazione del merito, la
Commissione, in camera di consiglio, ha deciso come dal dispositivo in calce riportato.
Motivi della decisione
II ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Affrontando, preliminarmente, la questione
della carenza di giurisdizione, che ha indotto questa Commissione a disattendere la richiesta di sospensione del provvedimento
cautelare impugnato, va subito rilevato che
per l’iscrizione di ipoteca prevista dall’art.
77 del D.P.R. n. 602/73, come per il fermo
amministrativo, di cui all’art. 86 D.P.R.
602/73, essendo atto funzionale all’espro-
priazione forzata e, quindi, mezzo di realizzazione del credito, competente a conoscere
della legittimità del suddetto provvedimento
era il g.o., nelle forme dell’opposizione
all’esecuzione o agli atti esecutivi (Cassazione civile, sez. un., 31 gennaio 2006, n.
2053), non rilevando, neppure, in mancanza
di modifica dell’art. 19 del D.Lgs. n.
546/92, quanto dedotto da parte ricorrente
con riferimento all’art. 12, 2° comma, della
legge n. 448/2001 di ampliamento della
competenza giurisdizionale del giudice tributario.
Infatti il provvedimento si caratterizza come
misura cautelare diretta a creare le condizioni per l’utile seguito di una procedura esecutiva: quindi esso esaurisce la sua funzione
nella conservazione di un credito e, pertanto, non può essere inquadrato neppure come
provvedimento amministrativo.
La conferma della enunciata natura della
iscrizione ipotecaria si ricava dalla disciplina del rimedio contenuto nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77, collocato nel
capo di detta legge relativo alle disposizioni
in materia di espropriazione forzata ed, ovviamente, a quelle particolari in materia di
espropriazione immobiliare.
Dopo le modifiche, apportate dal D.Lgs. 27
aprile 2001, n. 193, all’art. 86 del D.P.R. n.
602 del 1973, la misura cautelare s’inserisce
ancor di più nell’ambito del procedimento di
esecuzione forzata esattoriale, esprimendosi
come un sostanziale ampliamento delle facoltà di tutela del credito azionato dal Concessionario, la cognizione della quale apparteneva al Giudice ordinario.
Ma, nelle more del giudizio, è intervenuta
una disposizione legislativa (il comma 26
quinquies dell’art 35 del D.L. n. 223/2006,
conv. nella legge n. 223/2006), con cui
all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/92 (disposizioni
sul processo tributario) è stata aggiunta tra
gli atti impugnabili la lettera e/bis riguardante proprio l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del D.P.R. n. 602/73 e
succ. modif. (oltre alla lettera e/ter relativa al
fermo amministrativo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 dello stesso D.P.R.).
47
48
Orbene detto ius superveniens, includendo
l’iscrizione di ipoteca e il fermo tra gli atti
impugnabili dinanzi al giudice tributario, ha
indubbiamente inteso conferire la competenza giurisdizionale a conoscere delle iscrizioni ipotecarie sugli immobili del debitore e
dei coobbligati per debiti relativi a imposte
sui redditi, sanzioni ed interessi, per i quali
deve procedersi ad esecuzione forzata (ed,
ovviamente, delle relative impugnazioni),
per cui, essendosi verificato un mutamento
in ordine alla "giurisdizione", occorre stabilire se tale mutamento incide nella determinazione della giurisdizione nella presente
controversia introdotta in epoca antecedente
all’entrata in vigore della legge modificatrice (legge 4 agosto 2006, n. 248, di conversione del D.L. 4.7.2004 n. 223).
In assenza di mutamenti determinanti la giurisdizione, questa controversia sarebbe appartenuta alla competenza giurisdizionale
del giudice ordinario e tale sarebbe stato il
contenuto della decisione di questa Commissione (come già preannunciato nel provvedimento di rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecuzione del provvedimento
impugnato).
In conseguenza della detta modifica legislativa, intervenuta medio tempore, occorre fare
riferimento per la soluzione della questione
all’art. 5 c.p.c., che stabilisce che la giurisdizione si determina con riguardo alla legge
vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda,
senza che abbiano effetto i successivi mutamenti.
Il principio fissato nella menzionata norma
processuale, però, seguendo l’univoca giurisprudenza del giudice di legittimità (cfr., da
ultimo, ex plurimis Cass. SS.UU. nn.
20322/2006,
4820/2005,
18126/2005,
25031/2005,
19552/2003,
9554/2003,
225/2001 e 2415/2002), essendo diretto a favorire, e non ad impedire, il verificarsi della
perpetuatio iurisdictionis, trova applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza di
giurisdizione del giudice originariamente
adito, ma non anche nel caso in cui il mutamento dello stato di diritto o di fatto com-
porti, invece, l’attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento
della proposizione della domanda.
Con siffatto principio, che questa Commissione intende seguire, la giurisprudenza della Suprema Corte sottolinea che l’art. 5 cod.
proc. civ., per evidenti scopi di celerità processuale rende irrilevanti, ai fini della giurisdizione, i mutamenti legislativi successivi
alla proposizione della domanda, solo nel
caso in cui il sopravvenuto mutamento dello
stato di diritto priverebbe il giudice della
giurisdizione che egli aveva, quando la domanda è stata introdotta; mentre le medesime esigenze di semplicità processuale inducono a ritenere rilevanti le modifiche, nel
caso inverso (che è quello del presente giudizio), in cui esse comportino l’attribuzione
della giurisdizione al giudice che ne era inizialmente privo. L’art. 5 c.p.c, in realtà, persegue l’obiettivo di conservare la giurisdizione del giudice correttamente adito in base
a detta legge del tempo, sottraendola a successive diverse scelte legislative, senza peraltro incidere sul più generale principio
dell’immediata operatività, in materia processuale, della legge sopravvenuta (pure con
riguardo alla giurisdizione), quando valga
invece a radicare la giurisdizione presso il
giudice dinanzi al quale sia stato comunque
già promosso il giudizio.
Quel che conta, in definitiva, in questa sede
è che l’atto impugnato oggi rientra tra quelli
indicati specificamente dall’art. 19 del D.
Lgs. n. 546/92, che, per la sua formulazione
integrale, consente al fine di ritenere che
quello elaborato nel cit. art 19 è un sistema
chiuso e l’elencazione degli atti impugnabili
è tassativa.
Alla stregua della nuova normativa e delle
considerazioni tutte svolte, non può sussistere dubbio che, nella presente controversia riguardante l’impugnativa di un provvedimento prodromico alla esecuzione forzata
tributaria, la competenza giurisdizionale appartiene e rimane incardinata dinanzi alla
Commissione Tributaria adita.
Passando, quindi, alla disamina del merito
del ricorso, va subito detto che esso deve
essere rigettato, dal momento che infondati
sono i motivi sottesi alla detta impugnativa.
Quanto alla pretesa decadenza in cui sarebbe incappato il Concessionario convenuto in
giudizio per violazione dell’art. 50 del
D.P.R. n. 602/73, occorre evidenziare che,
vertendosi, come già illustrato, in materia di
provvedimenti cautelari propedeutici alla
espropriazione forzata, il citato art. 50 non
trova applicazione, in quanto in esso sono
fissati termini (1° comma) ovvero adempimenti (2° comma) che riguardano soltanto
atti propri dell’espropriazione forzata.
In ordine ai dedotti provvedimenti di sgravio
emessi a seguito di "opposizione dinanzi alle Commissioni Tributarie", il V. G. si è limitato soltanto ad affermare la circostanza
con la comunicazione del proposito di allegazione, ma si è guardato bene dal farlo, per
cui, in mancanza di una doverosa prova
scritta di una siffatta evenienza, non resta
che disattendere in toto il ricorso.
Ricorrono, comunque, giusti motivi per
compensare per intero tra le parti le spese
del giudizio.
P. Q. M.
La Commissione rigetta il ricorso perché infondato e compensa per intero tra le parti le
spese del giudizio.
_________
Questo tema, ancora poco affrontato dalla giurisprudenza, è stato trattato nella decisione n.
281/18/2006 della Commissione tributaria provinciale di Salerno, sopra riportata, che afferma la
natura di provvedimento cautelare propedeutico
all’esecuzione forzata della iscrizione di cui si tratta, chiarendo che ad essa non si applicano le norme del D.P.R. n. 602/73 in materia di espropriazione2.
Da ciò si ha che la materia è disciplinata solamente dal laconico articolo 77 citato, e l’iscrizione può
essere disposta ogni volta che decorrono sessanta
giorni dalla notifica della cartella di pagamento,
non essendo stabilito nessun altro presupposto, limite o condizione.
Il debitore ed il coobbligato, ad esempio, potrebbero essere assoggettati ad ipoteca anche per un
credito d’importo pari al minimo del ruolo (Euro
10,33), e nonostante eventuali provvedimenti di dilazione e sospensione del pagamento.
Tuttavia, la norma dettata dall’art. 77 è evidentemente incompleta.
Si pone, pertanto, un problema d’interpretazione
che sarà qui risolto, partendo dall’esame delle peculiarità dell’ipoteca di cui si tratta, per evidenziarne gli aspetti analoghi a quelli dell’espropriazione, valutando, poi, la possibilità di collocarla tra gli atti del procedimento amministrativo
d’esecuzione e, conclusivamente, proponendo una
disciplina più ampia di quella che è apparsa applicabile al giudice tributario di Salerno nella sentenza sopra riportata.
Si tratterà, infine, della tutela giurisdizionale esperibile avverso l’atto di iscrizione ipotecaria, ponendo in luce l’esistenza di due giurisdizioni possibili,
secondo la natura tributaria o meno del ruolo, che
consente gradi disuguali di realizzazione del diritto
di difesa.
I. Peculiarità.
UNA SPECIE PARTICOLARE D’IPOTECA:
ART. 77 DEL D.P.R. n. 602/73
Introduzione.
I. Peculiarità.
II. Atto del procedimento di espropriazione?
III. La doppia – e disuguale - tutela giurisdizionale.
Introduzione.
Dal 1° luglio 1999, a norma dell’art. 77, comma
1°, del D.P.R. n. 602/73, il concessionario della
riscossione mediante ruolo, ora agente della
riscossione1 può iscrivere ipoteca sugli immobili
del debitore e dei coobbligati, decorsi sessanta
giorni dalla notifica della cartella di pagamento.
L’ipoteca ex art. 77 del D.P.R. n. 602/73 deve annoverarsi nella famiglia delle cause di prelazione
previste dal codice civile, nel libro sesto, titolo III,
e in particolare nel genere delle ipoteche legali e
dei privilegi sugli immobili, ma differisce da queste per le caratteristiche che si leggono qui di seguito e che la rendono assimilabile alla fase
dell’espropriazione disciplinata dal successivo titolo IV.
Quale causa di prelazione, essa attribuisce una posizione di vantaggio al creditore ipotecario nei
confronti degli altri creditori, evitando il pericolo
del concorso di più pretese su beni insufficienti:
nella distribuzione del ricavato della vendita forzata, il creditore ipotecario è preferito a tutti gli altri,
eccetto che -in genere- a quelli che hanno privilegio speciale sugli stessi beni immobili3.
49
Ma, mentre il privilegio sugli immobili e l’ipoteca
legale hanno il limite di potersi esercitare solo su
determinati beni del debitore e per prestabiliti
crediti4, l’ipoteca ex art. 77 può disporsi su tutti i
beni del debitore e del coobbligato e per ogni credito iscritto ruolo.
Essa, pertanto, ha per oggetto potenziale l’intero
patrimonio del debitore ed in ciò è analoga al primo atto dell’espropriazione forzata, e vale a dire al
pignoramento.
Come quest’atto, inoltre, essa è costituita per un
diritto di credito certo, liquido ed esigibile e sulla
base del ruolo che è anche titolo esecutivo.
Ciò la distingue ulteriormente dalle altre cause di
prelazione, compresa la c.d. ipoteca cautelare tributaria che è disposta dal presidente della commissione tributaria provinciale su istanza dell’ufficio o
ente che ha emanato l'atto di contestazione, il
provvedimento d’irrogazione della sanzione o il
processo verbale di constatazione (v. articolo 22,
D.Lgs. n. 472/1997: in tal caso il debito non solo
non è scaduto, ma è ancora incerto nell’an e nel
quantum)5.
L’ipoteca ex art. 77, dunque, nasce per un debito
già scaduto.
Pertanto, parafrasando la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in materia di ipoteca
volontaria concessa per un debito scaduto, può affermarsi che essa determina una diminuzione della
garanzia patrimoniale generale del debitore nei
confronti degli altri creditori, e conduce allo stesso
risultato finale dell’alienazione del bene assoggettato alla garanzia6.
Questa ipoteca, in conclusione, anticipa gli effetti
espropriativi dell'esecuzione7.
II. Atto del procedimento di espropriazione?
50
Eppure, nonostante le analogie innanzi esposte,
l’iscrizione ipotecaria ex art. 77 non è un atto del
processo d’espropriazione forzata perché, com’è
noto, questo inizierà solamente con il successivo
pignoramento (art. 491 del codice di procedura civile).
Bisogna ora precisare che nel D.P.R. n. 602/73 con
il termine di “espropriazione” s’intende indicare
non solo, e non sempre, il relativo processo, ma
anche il procedimento amministrativo d’espropriazione condotto dall’agente della riscossione.
La parola “espropriazione” nel significato di processo appare negli articoli 49, commi 2° e 3°, 51,
54, 56, 58, 77, comma 2°, 78 ecc..
Invece, essa designa (anche) il procedimento amministrativo negli articoli 49, comma 1°, 50, 61,
76, e nel capo III.
Il procedimento è la sequenza degli atti e delle
operazioni formati dall’agente della riscossione
sessanta giorni dopo la notifica della cartella di
pagamento e fino alla realizzazione del credito.
Esso comprende l’iscrizione ipotecaria che, non a
caso, è collocata negli atti della riscossione coattiva (D.P.R. n.602/73, Titolo II) e, specificamente, al
Capo II, espressamente intitolato “Espropriazione
forzata”, e nella Sezione IV recante “Disposizioni
particolari in materia di espropriazione immobiliare”.
Perciò, la disciplina dell’iscrizione ipotecaria dettata dall’art. 77 deve essere completata dalle norme che stabiliscono presupposti, condizioni, limiti,
termini ed estinzione del procedimento d’espropriazione condotto dall’agente della riscossione.
Tale conclusione è confermata dagli effetti anticipatori dell’esecuzione espressi dall’ipoteca e innanzi richiamati.
Come risultato dell’interpretazione ora esposta si
ottiene la seguente disciplina complessiva dell’iscrizione ipotecaria, precisando che inoltre trova
applicazione l’ordinaria normativa del codice civile in materia d’ipoteca.
Decorso inutilmente il termine di sessanta giorni
dalla notifica della cartella il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore
e dei coobbligati per un importo pari al doppio del
credito complessivo per il quale si procede, salve
le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento (art. 77, comma 1°).
Infatti, allorché siano concesse dilazioni o sospensioni del pagamento, l’agente della riscossione non
potrà più iscrivere ipoteca e dovrà cancellare la
formalità già eseguite per mancanza del titolo di
legge8.
Inoltre, se l'importo complessivo del credito per il
quale si procede non supera il cinque per cento del
valore dell'immobile da sottoporre ad espropriazione determinato a norma dell'articolo 79, l’agente
della riscossione deve aspettare sei mesi
dall'iscrizione senza che il debito sia stato estinto,
prima di procedere al pignoramento (art. 77, comma 2°).
L’ipoteca può essere iscritta solo se è possibile
procedere ad espropriazione immobiliare e, vale a
dire, se l'importo del credito supera complessivamente ottomila euro (v. art. 76, comma 1°) e se il
valore del bene, determinato a norma dell'articolo
79 e diminuito delle passività ipotecarie opponibili
al credito per il quale si procede, è superiore
all'importo di ottomila euro (v. art. 76, comma
2°).
A tale proposito non è condivisibile l’affermazione
dell’Agenzia delle Entrate secondo la quale, se
non si può procedere ad espropriazione immobiliare “l'ipoteca rimarrà iscritta a presidio del credito, tenendo presente che la garanzia, per effetto
del trascorrere del tempo, può in un momento successivo trovare capienza nel valore del bene immobile (per incremento dello stesso o per la diminu-
zione dei preesistenti gravami), ovvero può risultare parzialmente capiente nel caso che il bene immobile sia sottoposto ad esecuzione forzata da
parte di altri creditori secondo il rito ordinario.”9
Inoltre, se il procedimento d’espropriazione non
inizia entro un anno dalla notifica della cartella di
pagamento, il procedimento stesso (e, dunque,
l'iscrizione ipotecaria) deve essere preceduto dalla
notifica, da effettuarsi con le modalità previste
dall'articolo 26, di un avviso che contiene
l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal
ruolo entro cinque giorni (v. art. 50, comma 2°).
Tale avviso è redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze e
perde efficacia trascorsi centottanta giorni dalla
data della notifica (v. art. 50, comma 3°).
Il procedimento d’espropriazione si estingue (salvo quanto previsto dall'articolo 48, comma 1°) se il
debitore o un terzo, in qualunque momento anteriore alla vendita, paga all'ufficiale della riscossione la somma portata dal ruolo, i relativi accessori e
le spese, ovvero gli esibisce la prova dell'avvenuto
pagamento (v. art. 61).
III. La doppia – e disuguale - tutela giurisdizionale.
Dal 12 agosto 2006 l’iscrizione ipotecaria è impugnabile innanzi alla Commissione tributaria provinciale (articolo 19, comma 1°, del D.Lgs. n.
546/1992, lettera e-bis aggiunta dal comma 26quinquies dell'art. 35, D.L. 4 luglio 2006, n. 223,
nel testo integrato dalla relativa legge di conversione).
Tale riforma interessa esclusivamente le iscrizioni
fondate su ruoli di natura tributaria (v. articolo 2
del D.Lgs. n. 546/1992).
Invece, come afferma la costante giurisprudenza di
legittimità10, per tutte le altre iscrizioni (nascenti
da ruoli di natura diversa dal tributo) si deve adire
il giudice ordinario, con le forme dell'opposizione
all'esecuzione o agli atti esecutivi.
Esistono, quindi, due diverse tutele giurisdizionali,
esperibili in base alla natura del credito garantito.
Innanzi al giudice ordinario, a norma dell’art. 57
del D.P.R. n. 602/73, sono escluse:
a) le opposizioni all’esecuzione regolate dall’art.
615 del codice di procedura civile, fatta eccezione
per quelle concernenti la pignorabilità dei beni;
b) le opposizioni regolate dall'articolo 617 del codice di procedura civile relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.
Pertanto, ad esempio, in caso di mancata notificazione della cartella di pagamento può essere eccepita l’inesistenza del titolo per iscrivere ipoteca,
ma è inammissibile l’eccezione di mancata notificazione del titolo esecutivo – ruolo.
Tali eccezioni, invece, sono entrambe ammissibili
in materia di tributi perché il recente mutamento di
giurisdizione operato dalla legge a favore del giudice tributario rende inapplicabile il citato articolo
57.
Inoltre, nel processo tributario con l’impugnazione
dell’iscrizione ipotecaria non preceduta dalla notificazione della cartella di pagamento si possono
dedurre anche i vizi propri della stessa cartella e
del ruolo (articolo 19 del D.Lgs. n. 546/1992).
In materia di tributi, pertanto, vi è una più forte e
penetrante garanzia del diritto di difesa, sancito
dall’art. 24, comma 1°, della Costituzione: nella
disciplina processuale, in tema di difese azionabili,
il debitore “tributario” è avvantaggiato rispetto a
quello “ordinario”.
Tuttavia, anche nel giudizio ordinario, se
l’iscrizione ipotecaria è il primo atto notificato, la
parte che la impugna può eccepire l’inesistenza del
credito (e non del titolo esecutivo) nelle forme e
nei tempi ordinariamente consentiti per tale tipo di
contestazione, e non in quelle dell’opposizione
all’esecuzione o agli atti esecutivi, e, dunque, senza i limiti introdotti dall’art. 57 del D.P.R. n.
602/73.
Questa è, infatti, la soluzione adottata dalla Suprema Corte con riferimento all’analogo caso
dell’impugnazione della cartella di pagamento
emessa per una sanzione amministrativa, non preceduta dalla notifica dell’atto di irrogazione della
sanzione.11
In ogni caso il diritto di difesa trova piena applicazione solo se il debitore e il coobbligato conoscono tempestivamente l’iscrizione ipotecaria disposta
sui loro beni.
Ne consegue l’obbligo dell’agente della riscossione di notificare o comunicare l’atto d’iscrizione
ipotecaria, pur mancando in materia una specifica
disposizione, essendo però sempre stabilito che
l’agente della riscossione deve assicurare l'effettiva
conoscenza da parte del contribuente degli atti a
lui destinati (a norma del combinato disposto degli
articoli 6, comma 1°, e 17 della legge n.
212/2000).12
L’atto da notificare all’interessato deve avere le caratteristiche desumibili dall’art. 3 della legge n.
241/1990 e dall’art. 7 della legge n. 212/2000.
Come chiarito da autorevole dottrina, inoltre, il
giudice (ordinario o tributario), su istanza di parte
(ex art. 700 c.p.c. o 47 D.Lgs. n. 546/92), può
sospendere l’esecuzione dell’iscrizione ipotecaria,
ricorrendo i presupposti di legge, così inibendo
all’agente della riscossione di procedere all’espropriazione forzata sul bene assoggettato13.
Luciana Capo Fruscione
_________
51
(1) A norma dell'articolo 3, comma 28, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n.
248, a decorrere dal 1° ottobre 2006, è soppresso il
sistema di affidamento in concessione del servizio
nazionale della riscossione e le funzioni relative
alla riscossione mediante ruolo sono attribuite
all'Agenzia delle entrate, che le esercita mediante
la Riscossione S.p.a. e anche attraverso altre società per azioni da questa ultima partecipate, con i
poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I,
capo II, e al titolo II del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; dalla
data citata, pertanto, i riferimenti contenuti in norme vigenti ai concessionari del servizio nazionale
della riscossione si intendono riferiti alla Riscossione S.p.a. ed alle società dalla stessa partecipate,
complessivamente denominati agenti della riscossione.
(2) In realtà l’art. 50, comma 1°, del D.P.R. n.
602/73 citato in sentenza è certamente applicabile,
essendo richiamato espressamente dall’art. 77,
comma 1°, del D.P.R. n. 602/73 che così recita:
“Decorso inutilmente il termine di cui all'articolo
50, comma 1, il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell'importo
complessivo del credito per cui si procede”, così
Trib. Bari, Sez. II, 27/06/2006.
(3) Ma, ad esempio, il privilegio cede nei confronti
dell’ipoteca iscritta in precedenza nell’ipotesi prevista dall’art. 2772 c.c. per i crediti da tributi diretti.
(4) V. artt. 2771, 2775, 2774, 2772, 2817 del codice civile.
(5) V. G. Ingrao, Presupposti processuali, ambito
di applicazione e condizioni dell’azione nel proce-
52
dimento cautelare a favore del fisco, in Rassegna
tributaria 6/2006.
(6) Così: Cass. civ., Sez. III, 25/11/2002, n.16570;
Cass. civ., Sez. III, 05/08/1996, n.7119; Cass. civ.,
Sez. III, 21/12/1990, n.12123.
(7) In riferimento all’analogo strumento del fermo
di beni mobili registrati previsto dall’art. 86 del
D.P.R. n. 602/73, il Consiglio di Stato, Sezione V,
nella decisione del 13/09/2005, n.4689 ha affermato la natura di “mezzo cautelativo e anticipatorio
degli effetti espropriativi dell'esecuzione”.
(8) Sul punto l’Agenzia delle Entrate ha, invece,
ritenuto che “se la rateazione viene chiesta per un
carico inferiore ad Euro 25.822,84 per il quale il
Concessionario ha iscritto ipoteca ai sensi dell'art.
77 del D.P.R. n. 602 del 1973, l'ufficio dovrà mantenere l'ipoteca in funzione di garanzia della rateazione richiesta.”, v. Circ. 1 ottobre 2003, n. 52/E.
(9) Circ. 16 novembre 2004, n. 46/E.
(10) V. Cass. civ., Sezioni Unite, 31/01/2006, n.
2053.
(11) V. da ultimo Cass. civ. n. 9180/2006.
(12) Sulla motivazione degli atti, v. L. Capo Fruscione, “Necessario allegare o riprodurre i contenuti essenziali dell’atto impositivo”, Guida Normativa Il Sole 24 Ore, Anno 15, Numero 65, 14
aprile 2005, pagg. 8-12.
(13) Su questo argomento si rinvia a M. Cantillo,
Nota alla ordinanza 18 luglio 2006 del Tribunale
di Salerno, Sezione distaccata di Mercato San Severino, in Giurisprudenza tributaria salernitana n.
1-2/06.
Riscossione
E’ NULLA LA CARTELLA DI PAGAMENTO NON
PRECEDUTA DALL’AVVISO BONARIO
Commissione tributaria regionale di Napoli,
Sez. Staccata di Salerno,
Sez. IX, 8 novembre 2006, n. 163
Pres. Iannarone – Rel. Lucadamo
Riscossione – Riscossione delle imposte dirette e indirette – Liquidazione della dichiarazione modello Unico – Maggiori imposte non versate –
Invio di invito bonario al pagamento
ex artt. 54 e 60, comma 6, D.P.R. n.
633/72 e art. 2, comma 2, D.Lgs. n.
462/97 – Necessità – Omissione –
Nullità della successiva cartella di
pagamento – Consegue
La previsione normativa dell’invio di un invito bonario al pagamento prima dell’iscrizione a ruolo e della conseguente notifica della cartella di pagamento, oltre che
trovare motivo nella possibilità di godere di
una sanzione ridotta, trova ragione nell’interesse del contribuente, tanto ad evitare
la speciale procedura della riscossione tributaria, quanto a sottrarsi ai maggiori conseguenti aggravi economici e finanziari della
stessa procedura. Trova inoltre ragione anche nella possibilità che il contribuente ha,
in mancanza di specifico atto di accertamento, di conoscere la pretesa in tutte le sue
componenti, di valutarne la consistenza e/o
la congruità e la legittimità della stessa, dare all’ufficio le eventuali spiegazioni e/o informazioni idonee a far recedere, se ve ne
fossero le ragioni, l’ufficio stesso dalla pretesa, anche parziale, evitando un contenzioso comunque costoso e dall’esito non sempre
scontato. Conseguentemente va annullata,
perché operata in difformità al dettato legislativo, l’iscrizione a ruolo non preceduta da
invio del predetto avviso bonario.
Svolgimento del processo
La società … s.r.l. si opponeva alla cartella
di pagamento emessa per le maggiori imposte IRPEG - IRAP - IVA risultanti dal controllo automatizzato della Dichiarazione anno d’imposta 1999 (oltre interessi e
sanzioni). Eccepiva la nullità della cartella
non preceduta dal rituale invito al pagamento di cui agli artt. 54 bis e 60, comma 6° del
D.P.R. n. 633/72 e art. 2, comma, 2°, D.Lgs.
n. 97.
La Commissione Tributaria Provinciale di
Salerno accoglieva il ricorso.
Avverso la sentenza n.188 del 16-11-2004
ha proposto appello l’Agenzia delle Entrate
di Salerno eccependo che "l’esigenza della
preliminare notifica dell’invito bonario di
cui alla normativa invocata è superata
dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/97 e art. 17,
comma 3, del D.Lgs. n. 472/97. A sostegno
richiama giurisprudenza della Corte di Cassazione del 25-1-2002.
L’appellata, come in atti rappresentata e difesa, con controdeduzioni depositate il 15-92006 ha eccepito: a) inammissibilità dell’appello per irrituale modalità di notifica
(notifica tramite proprio messo); b) infondatezza dei motivi di gravame. Ha ampiamente
illustrato i motivi addotti anche con richiamo
a giurisprudenza di merito e di legittimità.
Alla odierna udienza pubblica le parti, rappresentate come da verbale, hanno illustrato
ampiamente, anche con repliche, i propri assunti. La Commissione in camera di consiglio ha deciso come da dispositivo.
Motivi della decisione
Da disattendere è il primo motivo di censura
posto dall’appellata. Come da pronuncia
53
54
della Suprema Corte di Cassazione - Sez. Vsentenza civile n. 13969 del 12-11-2001,
questo collegio ritiene che la notifica a mezzo di messo speciale (comunale o dell’Amministrazione Finanziaria) sia legittima e
quindi applicabile anche al ricorso in appello e ciò per ragioni logiche sistematiche.
Così può riassumersi il deliberato della Suprema Corte "In tema di contenzioso tributario, l’art. 16 del D.Lgs. 31 Dicembre 1992,
n. 546, ha natura di norma generale e regola
le modalità delle notificazioni degli atti del
processo tributario, dettando una disciplina
speciale sia per il contribuente sia per gli
organi dell’Amministrazione Tributaria, prevedendo un’ulteriore modalità di notificazione a disposizione degli uffici pubblici,
che consiste nella possibilità di avvalersi di
messi comunali o di messi autorizzati. Tale
regola, per ragioni non tanto letterali, quanto
logiche e sistematiche, si applica anche alla
notificazione del ricorso in appello".
Non condivisibile è anche la tesi dell’Ufficio con la quale s’intende sostenere il superamento dell’esigenza della preliminare
notifica dell’invito bonario che avrebbe
esclusivamente lo scopo di dare la possibilità al contribuente di estinguere l’obbligazione con una sanzione ridotta alla sola condizione del versamento di quanto dovuto
entro trenta giorni dal ricevimento dell’avviso stesso, motivo superato dalle disposizioni di cui ai Decreti Legislativi nn. 471 e
472 anno 1997 (nuova disciplina delle sanzioni tributarie) in base alle quali il contribuente godrebbe già dell’agevolazione della
sanzione oltre il limite previsto dalle norme
invocate dal ricorrente ed alle quali si lega la
necessità dell’invito al pagamento.
Osserva il collegio che la previsione normativa dell’invio di un invito bonario al pagamento prima dell’iscrizione a ruolo e della
conseguente notifica della cartella di pagamento oltre che trovare motivo nella possibilità di godere di una sanzione ridotta, fatto
di per sé acquisito come affermato dallo
stesso ufficio, con l’entrata in vigore della
nuova disciplina delle sanzioni tributarie,
trova ragione nell’interesse del contribuente,
tanto ad evitare la speciale procedura della
riscossione tributaria, quanto a sottrarsi ai
maggiori conseguenti aggravi economici e
finanziari della stessa procedura. Trova inoltre ragione anche nella possibilità che il
contribuente ha, in mancanza di specifico atto di accertamento, di conoscere la pretesa
in tutte le sue componenti, di valutarne la
consistenza e/o la congruità e la legittimità
della stessa, dare all’ufficio le eventuali
spiegazioni e/o informazioni idonee a far recedere, se ve ne fossero le ragioni, l’ufficio
stesso dalla pretesa, anche parziale, evitando
un contenzioso comunque costoso e
dall’esito non sempre scontato. Realizzando,
inoltre, di fatto la deflazione del contenzioso
sempre cercata dal legislatore e i principi
più generali di chiarezza e collaborazione
tra Amministrazione Finanziaria e contribuenti alla base dello Statuto del Contribuente.
Diversamente opinando non si comprenderebbe la "ratio" delle norme che hanno previsto il preventivo invio e quelle successive
(leggasi D.Lgs. nn. 471/97 e 472/97) che non
hanno disposto l’abrogazione dell’adempimento. Al contrario, la stessa amministrazione (vedi C.M. 13-8-1996 n. 199/E) ha interpretato e precisato, a parere del collegio,
correttamente che "l’emissione dell’avviso fa
parte del procedimento di riscossione del tributo ed ha quindi carattere obbligatorio".
Quanto argomentato trova conferma, nel caso in esame, nella non facile, se non impossibile interpretazione della misura della sanzione comminata per gli omessi versamenti,
tanto che non è possibile stabilire se è stata
applicata la norma più favorevole o meno.
Ciò dimostra la necessità e la utilità del preventivo invito considerato, a buona ragione,
dalla stessa Amministrazione obbligatorio
prima dell’inizio della procedura.
Per i motivi suddetti, l’iscrizione a ruolo
non preceduta dall’invito bonario al versamento va annullata.
La complessità della questione e la contrastante giurisprudenza suggeriscono la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Commissione rigetta l’appello dell’Ufficio. Spese compensate.
Condono tributario
L’OMESSO VERSAMENTO DELLE RATE SUCCESSIVE
ALLA PRIMA NON PREGIUDICA GLI EFFETTI
DEL CONDONO PER OMESSI VERSAMENTI
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XIII, 5 settembre 2006, n. 305
Pres. Amato – Rel. Pisapia
Imposte e tasse – Riscossione – Definizione dei ritardati ed omessi versamenti ex art. 9-bis della legge n.
289/2002 – Mancato pagamento delle rate successive alla prima – Persistente validità del condono – Sussiste
– Iscrizione a ruolo ex art. 14 del
D.P.R. n. 602/1973 – Legittimità
La dichiarazione di condono per gli omessi
o tardivi versamenti di imposte, prevista
dall’art. 9 bis della legge 27 dicembre 2002,
n. 289, con pagamento rateale delle somme
dovute, si perfeziona con la presentazione
dell’istanza entro i termini di legge e con il
versamento della prima rata. Pertanto il
mancato versamento delle rate successive
non comporta la nullità dell’istanza di condono, ma abilita l’Ufficio a procedere al recupero delle somme con iscrizione a ruolo
ex art. 14 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.
602, applicando la sanzione per omesso versamento nella misura del trenta per cento.
Svolgimento del processo
Il sig. T. P., quale legale rappresentante della
società T. s.r.l., ha impugnato l’atto di diniego di definizione di ritardati od omessi versamenti, notificato dall’Agenzia delle Entrate ritenendo lo stesso illegittimo per violazione della legge n. 289/02 ai sensi dell’art.
9 bis, rilevando altresì la decadenza per la
riscossione delle rate non versate e non
iscritte ai sensi dell’art. 36 bis.
L’Agenzia delle Entrate con tale atto o avviso di diniego ha ritenuto non accoglibile
l’istanza di definizione di ritardati od omessi
versamenti di cui al comma 1 dell’art 9 bis
della L. 27. 12.2002 n. 289, non avendo la T.
s.r.l. provveduto al versamento delle rate di
condono. In relazione a tale irregolarità
l’Agenzia delle Entrate ritiene applicabile la
sanzione di cui all’art. 13 del D.Lgs. n.
471/97, commisurata alle imposte non versate o versate in ritardo, così come risultanti
dal controllo delle dichiarazioni originariamente presentate. Il ricorrente precisava di
aver presentato istanze di condono tombale
per gli anni dal 1998 al 2002, nonché per i
ritardati versamenti per il periodo 2000,
2001 e 2002, ed ancora di non aver provveduto al pagamento delle ultime rate del condono per vicissitudini gestionali. Precisando
ancora, che sia l’art. 9 che l’art. 9 bis non
prevedono la nullità del condono, per cui
l’A.F. avrebbe potuto riscuotere solo le rate
non pagate con i relativi interessi e senza
sanzioni, fermo restante l’avvenuta decadenza dei termini in relazione ai ritardati versamenti.
Si costituiva in giudizio l’Ufficio, richiamando l’istituto della legge sul condono n.
289/02 che, nell’ipotesi di mancato versamento (art. 9 bis), prevede l’iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 602/73
delle somme non versate, ripristinando in
siffatto modo la situazione originaria, con
l’applicazione della sanzione del 30%.
Precisava altresì che l’unico versamento effettuato dal ricorrerne con il codice tributo
8093 ammontava ad €. 6.000,00, che potrà
essere oggetto di sgravio parziale, a seguito
di notifica della cartella.
Conclude per il rigetto del ricorso.
55
La Commissione nella seduta del 05.05.2006
disponeva la sospensione dell’esecuzione
dell’atto impugnato, fissando l’udienza
odierna per la trattazione nel merito.
Motivi della decisione
II mancato pagamento delle successive rate
della definizione agevolata ex art. 16 L. n.
289/02 non fa venire meno gli effetti del
condono, ma determina una nuova obbligazione per la quale l’Agenzia delle Entrate
può azionare la procedura di riscossione coattiva. E’ lo stesso art. 16 comma 2, L. n.
289/02 anche se riferito alle liti pendenti, a
stabilire che l’omesso versamento delle rate
successive alla prima non determina
l’inefficacia della definizione: per il recupero delle somme non corrisposte alle scadenze, si applicano le disposizioni di cui all’art.
14 del D.P.R. n. 602/73 ed è dovuta una sanzione amministrativa del 30%. Relativamente all’art. 9 della L. n. 289/02, se è pur vero
che non richiama in modo puntuale quanto
riportato nell’art. 16, è altrettanto vero che
al comma 9 “la definizione automatica ...
rende definitiva la liquidazione delle imposte ... " , di conseguenza l’omesso versamento di rate successive alla prima non determina l’inefficacia della definizione.
L’efficacia della definizione si perfeziona
con il pagamento della prima rata e la presentazione dell’istanza nel tempo stabilito,
abilitando l’Ufficio a iscrivere a ruolo le
somme dovute e le relative sanzioni che costituiscono un nuovo e distinto credito (paragrafo 11.10, 11.9 Circ. 12/E).
Così, in caso di pagamento in misura infe-
56
riore al dovuto, qualora sia riconosciuta la
scusabilità dell’errore, è consentita la regolarizzazione … (c. 9); l’errore può ritenersi
scusabile (par. 11.10, Circ. 12/E) se riferito
alla sussistenza di condizioni di obiettiva incertezza o di particolare complessità del calcolo.
La previsione di una clausola di salvaguardia per i pagamenti successivi alla prima rata, omessi o ritardati è indice di chiara volontà del Legislatore a non volerli escludere
dalla procedura agevolativa, a condizione
che paghino una sanzione aggiuntiva (art. 14
D.P.R. 29.09.1973, n. 602) e gli interessi.
Nessuna conseguenza può derivare dal mancato pagamento dei versamenti successivi al
primo, per cui la domanda è da ritenersi valida (Circ. 7 del 18.02.2004). In definitiva,
questa Commissione, come precedentemente asserito, è del parere che l’omesso versamento delle rate successive alla prima non
pregiudica l’efficacia della definizione, che
per legge si perfeziona con il pagamento
della prima rata e la presentazione dell’istanza nel termine stabilito, ma abilita
l’Ufficio, come nel caso di specie, ad iscrivere a ruolo le somme dovute e liquidate a
seguito di condono e la relativa sanzione oltre gli interessi, che costituiscono tuttavia un
nuovo e distinto credito.
P.Q.M.
La Commissione accoglie parzialmente il ricorso; ritiene valido il condono, così come
esplicitato in motivazione. Compensa le spese del giudizio.
Condono tributario
APPLICABILE ANCHE ALLE LITI POTENZIALI IL
CONCETTO DI “ERRORE SCUSABILE”
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVIII, 16 ottobre 2006, n. 224
Pres. Casale – Rel. Messina
Condono tributario – Condono “liti
potenziali”, ex art. 15 legge 27 dicembre 2002 n. 289 – Definizione di
p.v. di constatazione – Redazione
della domanda su modello non conforme e errata quantificazione dell’importo dovuto – Errore scusabile
– Sussiste – Successiva regolarizzazione dei vizi riscontrati – Inefficacia
della definizione agevolata – Non
sussiste
In tema di definizione delle liti potenziali,
prevista dall’art. 15 della L. n. 289/02, le
irregolarità del procedimento, ancorché si
risolvano nell’errata quantificazione della
somma da versare, non incidono sulla validità della definizione agevolata, comportando soltanto l’integrazione del versamento. E
ciò in applicazione del principio di conservazione degli atti, reso esplicito dalle disposizioni in materia di condono delle liti pendenti, di cui all’art. 16, che consente, appunto, la regolarizzazione dei vizi consistenti nell’insufficienza dei versamenti, stante
l’identità della ratio delle due fattispecie.
Svolgimento del processo
M. V., esercente attività di gestione di stabilimento balneare, con annesse attività di bar
e di ristorazione, con distinti ricorsi consegnati all’Agenzia delle Entrate di S. il giorno 1.2.2006, chiede l’annullamento degli
avvisi di accertamento che rideterminano gli
imponibili per gli anni 1997 e 1998 ai fini
Irpef, Iva e Irap, in conseguenza dei rilievi
contenuti nel processo verbale di constatazione del 26 luglio 2002.
Contesta il ricorrente la nullità del predetto
accertamento, stante la intervenuta definizione ex art. 15 della legge n. 289/2002 del
citato processo verbale di constatazione, e
quindi svolge censure di legittimità e di merito anche nei confronti della pretesa tributaria così come accertata.
Resiste al ricorso l’Agenzia delle Entrate,
con memorie depositate il giorno 11.4.2006,
con le quali contesta la operatività delle definizione invocata dal ricorrente.
La controversia, come da richiesta delle parti, dopo la riunione dei ricorsi nel fascicolo
avente numero di ruolo più antico, è stata
discussa in pubblica udienza e, quindi, decisa come da dispositivo.
Motivi della decisione
Dalla documentazione agli atti di causa risulta provato, per ammissione della stessa
Agenzia delle Entrate, che il M. V. ha tempestivamente presentato in data 27 aprile
2004 istanza di definizione ex art. 15 della
legge n. 289/2002 del processo verbale di
constatazione del 26.7.2002, che costituisce
presupposto dei successivi accertamenti, ai
quali si riferisce la presente controversia.
L’Agenzia sostiene però che la predetta
istanza di definizione, stando a quanto si
legge nella memoria di costituzione in giudizio, non ha alcuna validità né dal punto di
vista formale, in quanto redatta su modello
"non conforme", né dal punto di vista sostanziale, "essendo stato erroneamente determinato l’ammontare del versamento".
57
58
Detta questione, relativa alla validità della
definizione della "lite potenziale", va ovviamente affrontata preliminarmente essendo
idonea a definire il giudizio.
E sul punto, la tesi denegatoria dell’Amministrazione, rivolta a sottolineare, con riferimento alla possibilità di regolarizzare
versamenti incompleti o ritardati, una sostanziale diversità tra le ipotesi di cui all’art.
16 (”liti pendenti”), per le quali sarebbe in
linea di massima sempre possibile recuperare la validità della definizione con il pagamento supplementare di quanto dovuto, e le
definizioni di cui all’art. 15 ("liti potenziali"), per le quali nelle ipotesi prospettate varrebbe una griglia più rigida di decadenze, è
ad avviso di questo giudice poco convincente.
In realtà tale supposta diversità non può essere desunta dalla espressa previsione di "regolarizzazione" prevista dalla norma per la
definizione di cui all’16 della legge n.
289/2002. Il principio della conservazione
degli atti e degli effetti, ai quali sembra essere complessivamente improntato, a differenza di quanto avveniva in passato, il sistema di benefici di cui alla predetta legge,
rende più corretta una lettura della normativa che partendo dalla espressa previsione di
“regolarizzazione" per la definizione delle
liti pendenti, consenta la stessa possibilità
per la definizione delle liti potenziali.
Tra l’altro appare più scusabile l’errore
eventualmente commesso dal contribuente
nella definizione della lite potenziale di cui
all’art. 15 della legge n. 289/2002, riguardando la stessa anche atti, come il processo
verbale di constatazione, dai quali non sempre emerge con chiarezza la quantificazione
degli importi dovuti per imposte ed accessori, tanto da postulare normalmente un successivo atto di accertamento o di liquidazione dell’imposta.
Orbene se la definizione invocata dal ricorrente lascia allo stesso istante la quantificazione degli importi da versare, con il complesso procedimento di quantificazione
riportato al comma quarto del citato art. 15,
reso ancora più complicato dalla frequente
nebulosità dei processi verbali di constatazione relativamente ai rilievi contestati, appare eccessivamente rigida la tesi dell’Amministrazione Finanziaria che si ostina a
considera inefficace la definizione richiesta
sulla scorta di una presunta "insufficienza"
delle somme versate.
Peraltro, a conferma della oggettiva difficoltà dei contribuenti a determinare esattamente l’importo da versare, laddove non emergano con chiarezza i presupposti giuridicoaritmetici in base ai quali dovrebbe computarsi il dovuto fiscale, si osserva che la stessa Amministrazione non quantifica nemmeno in sede contenziosa tale importo né
fornisce alcuna indicazione sull’ammontare
della eccepita "insufficienza".
Al contrario, quindi, di quello che afferma
l’Agenzia delle Entrate è proprio nelle ipotesi di definizione di cui al citato art. 15 che
si manifesta più necessaria la collaborazione
tra fisco e contribuente, ove si vogliano conseguire gli effetti deflattivi del contenzioso
che sono propri di uno strumento rivolto al
preventivo disinnesco delle controversie.
La decadenza invocata dell’Amministrazione finanziaria, anche con riferimento alla
inosservanza di altri adempimenti di natura
formale, non sembra inoltre trovare giustificazione nemmeno nella lettera della legge,
dal momento che nel dettato normativo del
più volte citato art. 15 della legge n. 289/02
non è prevista alcuna espressa comminatoria
di decadenza dal beneficio richiesto né nella
ipotesi di utilizzo di un modello diverso da
quello predeterminato, né nella ipotesi in
quella di primo versamento inferiore ad una
soglia minima o in ogni caso inferiore, a
quello effettivamente dovuto, né infine nel
caso di omessa trasmissione del prospetto
dei calcoli eseguiti.
Ulteriore conferma della erroneità della tesi
sostenuta dall’Amministrazione Finanziaria
sembra venire, infine, sempre dal dettato
normativo e, precisamente, dal comma cinque del citato art. 15, laddove si afferma
espressamente che "l’omesso versamento
delle eccedenze entro le date indicate non
determina l’inefficacia della definizione". E’
abbastanza agevole dedurre, in via di interpretazione, da tale formulazione della norma
che, in assenza di precisa comminatoria di
"decadenza", anche nella ipotesi meno grave
di errore nella quantificazione del versamento e di insufficienza dello stesso, tale sanzione deve ritenersi a ragione esclusa.
Le considerazioni che precedono inducono a
ritenere quindi che, anche per la definizione
ex art. 15 della legge n. 289/2002, la "irregolarità", determinata dalla insufficienza o incompletezza dei pagamenti, non incide sulla
validità della definizione agevolata. Nel caso di specie, peraltro, non può mettersi in
discussione che la predetta definizione sia
stata tempestivamente richiesta dal M. con
istanza del 23.4.2004, che la stessa debba
ritenersi pienamente efficace, e che la rilevata insufficienza dei versamenti indicati dal
ricorrente, e non contestati ex adverso, conferisce all’Amministrazione finanziaria solo
il diritto di quantificare e pretendere dal
contribuente quanto dallo stesso ancora dovuto per la "regolarizzazione" della predetta
definizione.
I ricorsi vanno, secondo la predetta imposta-
zione, parzialmente accolti. Restano ovviamente assorbite dalla soluzione adottata relativamente alla eccepita inefficacia del
"condono" invocato dal ricorrente, le altre
questioni prospettate dalle parti con più specifico riferimento al merito dell’accertamento.
Sussistono, ad avviso della Commissione
sufficienti motivi per disporre la integrale
compensazione fra le parti delle spese di
causa.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Provinciale di
Salerno – Sezione diciottesima – riunisce i
ricorsi ed, in parziale accoglimento degli
stessi, dichiarata l’efficacia della definizione della “lite potenziale”, dispone che a cura dell’Agenzia delle Entrate di Salerno si
proceda alla determinazione delle somme
ancora dovute dal contribuente per il perfezionamento della definizione di cui all’art.
15 della legge n. 289/02. Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di
giudizio.
59
Sanzioni
AL TARDIVO VERSAMENTO DELLE ACCISE SUL
CONSUMO DI GAS METANO E’ APPLICABILE
L’AUTONOMO REGIME SANZIONATORIO SPECIALE
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVI, 9 maggio 2006, n. 482
Pres. Santaniello – Rel. Iovane
Accise – Contestato tardivo versamento dell’imposta sul consumo del
gas metano – Circostanza disciplinata da pluralità di sanzioni amministrative – Ricorso al principio di specialità ex art. 15 c.p. – Applicabilità Regime sanzionatorio di cui ai
DD.Lgs. nn. 471/1997, 472/97 e
473/97 – Inapplicabilità – Regime
sanzionatorio di cui aI D.Lgs. n.
504/1992 – Applicabilità in ragione
del principio di specialità ex art. 9
Legge n. 689/1981 – Consegue
60
In base al principio di specialità di cui
all’art. 9 della legge 9.11.1981 n. 689 vanno
applicate le disposizioni speciali tutte le volte
in cui lo stesso fatto risulti punito da una pluralità di sanzioni amministrative. A tal fine,
perché il principio selettivo della specialità
operi, è necessario che la norma speciale
presenti non solo elementi caratteristici suoi
propri (cd. di specializzazione), ma anche tutti quegli propri dell’altra (cd. generale) e che
la stessa, semmai anteriore a quella generale,
sia risultata giuridicamente efficace soprattutto quando non emerga la volontà del legislatore ad innovare quanto già regolato con
legge speciale. Di conseguenza, costituendo
la disciplina delle accise ed il relativo sistema
sanzionatorio autonomo testo di legge speciale, sono applicabili alle ipotesi di tardivo versamento delle accise sul gas metano le sanzioni previste dall’art. 3, comma 4 del D.Lgs.
504/95 in luogo di quelle di cui al sistema
sanzionatorio
tributario
portato
dai
DD.LLgs. numeri 471, 472 e 473 del 1997.
Svolgimento del processo
Il Comune di M.S.S., rappresentato e difeso
dall’Avv. A. M. presso il cui studio lo stesso
elettivamente domicilia ai fini del presente
giudizio, ha proposto ricorso avverso l’atto
di irrogazione di sanzioni indicato in epigrafe eccependo la inapplicabilità della sanzione prevista dall’art. 13 del D.Lgs.
18.12.1997 n. 471 al caso di ritardato pagamento dell’accisa sul gas metano, perchè
estranea all’impianto normativo di cui al
D.Lgs. 26.10.1995 n. 504 "Testo Unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali ed amministrative" che
regola e disciplina l’accertamento, liquidazione e pagamento dell’imposta (art. 3), le
particolari disposizioni di tassazione per il
gas metano (art. 26) e, nel Capo IV, le sanzioni da applicarsi alle diverse ipotesi ivi tipizzate, comprese quelle di cui all’art. 50
testo cit., che prevede il pagamento di una
somma di denaro da Lire 500 mila a lire 3
milioni per l’inosservanza di prescrizioni e
regolamenti, ivi comprese "la omessa o tardiva presentazione delle dichiarazioni e denuncie prescritte".
La convenuta Agenzia delle Dogane si costituisce ed oppone la legittimità del proprio
operato in considerazione della portata generale rivestita dall’art. 13 del D.Lgs.
471/97 che estende i suoi effetti "ad ogni
ipotesi di mancato pagamento di un tributo
di una sua frazione nel termine previsto",
senza pregiudizio alcuno peraltro degli interessi di mora sui ritardati versamenti dei tributi doganali che, perciò, restano dovuti per
la natura risarcitoria di questi da tardivo
adempimento dell’obbligazione tributaria.
Motivi della decisione
Il ricorso appare fondato e, come tale, va
accolto.
Si prescinde intanto dal richiamo relativo alla liquidazione degli interessi di mora che,
in quanto legittimi per carattere e funzione,
non risultano invero neanche eccepiti dal ricorrente che, anzi, li ha anche liquidati e
soddisfatti nei modi e termini di cui all’art.
3, comma 4 del D.Lgs. n. 504/95.
La Commissione ritiene che la controversia
in esame non può essere risolta se non col
ricorso al principio di specialità di cui
all’art. 9 della legge 9.11.1981 n. 689 che,
sulla base di quanto statuito dall’art. 15 del
c.p. in tema di concorso apparente di disposizioni coesistenti, prevede l’applicazione
delle disposizioni speciali tutte le volte in
cui lo stesso fatto risulti punito da una pluralità di sanzioni amministrative. A tal fine, e
perché il principio selettivo della specialità
operi, è necessario che la norma speciale
presenti non solo elementi caratteristici suoi
propri (c.d. di specializzazione), ma anche
tutti quegli propri dell’altra (c.d. generale) e
che la stessa, semmai anteriore a quella generale, sia a risultare giuridicamente efficace
soprattutto quando, come nel caso, non
emerga la volontà del legislatore ad innovare
quanto già regolato con legge speciale.
Ed è nell’ambito di tale rapporto che va esaminato il D.Lgs. 26.10.1995 n. 504 denominato "Testo Unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione
e sui consumi e relative sanzioni penali ed
amministrative".
Trattasi di complesso normativo che si articola nella disciplina delle Accise, in quella
dell’Imposta di Consumo sull’Energia Elettrica, delle altre Imposizioni Indirette e delle
Disposizioni diverse e finali. In particolare,
e per quel che concerne la disciplina delle
Accise di cui al Titolo I del citato testo, appare evidente come la stessa non sembra né
accomunata e neanche accomunabile a quella delle altre imposte cui, invece, sono riferibili le sanzioni impugnate. Il D.Lgs. n.
504/95, in particolare, individua i prodotti
soggetti ad accisa, i criteri di accertamento,
la liquidazione e pagamento del tributo, le
modalità operative, i poteri di controllo e di
recupero dell’imposta e, a completamento
del sistema, disciplina anche le ipotesi di responsabilità, ivi comprese, al Capo IV, i casi
e misure delle sanzioni che, proprio a conferma della peculiarità della materia, va a
definire con completezza e severità, peraltro
anche inconsueta rispetto ad altri settori della normazione tributaria, le dettagliate ipotesi vuoi di violazione costituenti reato che di
quelle punibili con sanzioni amministrative,
ivi compresa l’astratta previsione di cui
all’art. 50 del D.Lgs. n. 504/95 che, proprio
a chiusura del sistema, risulta diretta a sanzionare ogni altra infrazione alla disciplina
delle accise non compresa nella dettagliata
tipizzazione che la precede. Da quanto precede, si ritiene potersi affermarsi che la disciplina delle accise ed il relativo sistema
sanzionatorio costituiscono autonomo testo
di legge speciale.
Né pare sostenibile, con riguardo alle sanzioni di cui al testo in discorso, che queste
non siano più in vigore per l’intervenuta legge generale posteriore in materia di sanzioni
tributarie se, come già evidenziato in premessa, non risulti una specifica volontà del
legislatore tesa ad innovare, in maniera
espressa o per incompatibilità (ex art. 15
delle preleggi), anche la materia regolata
dalla legge speciale. Le disposizioni recate
dai DD.Lgs. nn. 471/97, 472/97 e 473/97
del 18.12.1997 in materia di sanzioni tributarie non penali, infatti, disciplinano, rispettivamente: 1) all’art. 13 del D.Lgs. n.
471/97, i criteri di determinazione delle sanzioni amministrative per "chi non esegue, in
tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i
versamenti in acconto, i versamenti periodici il versamento di conguaglio o a saldo
dell’imposta risultante dalla dichiarazione ...
alla correzione di errori materiali di calcolo
rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale. … di liquidazione della maggiore imposta ai sensi degli articoli 36-bis e
36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
e ai sensi dell’art. 54-bis del D.P.R. 26 otto-
61
bre 1972, n. 633"; 2) all’art. 29 del D.Lgs. n.
472/97, è disposta l’abrogazione espressa di
talune norme diverse e distinte da quelle di
cui al D.Lgs. n. 504/95; 3) all’art. 10, comma 40 del D.Lgs. n. 473/97, è disciplinata la
modificazione di talune sanzioni penali ed
amministrative proprie del T.U. n. 504/95,
con l’evidente conseguenza che le sanzioni
del primo testo ineriscono certamente le violazioni in materia di imposte dirette ed Iva;
le disposizioni generali del secondo testo
esprimono norme di principio e procedimentali riguardanti ogni tipo d’infrazione,
senza con ciò incidere sulla portata comminatoria del sistema punitivo di cui al Capo
IV del D.Lgs. n. 504/95 (perchè relative a
qualsiasi tipo di infrazione, caratterizzandosi anzi come utile supporto ai fini delle relative applicazioni); quelle del terzo testo appaiono poi di conferma della volontà del
legislatore a non innovare il sistema punitivo
del D.Lgs. n. 504/95 perchè, come già evidenziato, espressamente considera, novellandole, "le relative sanzioni penali ed amministrative, approvato con decreto
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504". Ne discende che i D.D. Lgs. nn. 471/97, 472/97 e
473/97 del 18.12.97, in attuazione della legge di delegazione del 23.12.1996 n. 662, riflettono una impostazione unitaria dove accanto alle affermazione di principio e
procedimentali di cui al D.Lgs. n. 472/97 si
affiancano le sanzioni in materia di imposte
dirette e di Iva di cui al D.Lgs. n. 471/97 e
quelle in materia di altri tributi indiretti di
cui al D.Lgs n. 473/97.
Sulla base di quanto sopra, il ritardato o
l’omesso pagamento delle accise non pare
62
proprio sanzionabile dall’art. 13 del D.Lgs.
n. 471/97, trattandosi di infrazione alla disciplina del T.U. n. 504/95 contemplata dallo speciale sistema sanzionatorio di questo
(in particolare dall’art. 50).
Il ricorso pertanto deve essere accolto.
La controvertibilità delle questioni trattate
rende equa l’integrale compensazione tra le
parti delle spese processuali.
P.Q.M.
La Commissione accoglie il ricorso. Spese
compensate.
_________
Nota
La sentenza si pone in contrasto con quanto affermato in numerose sentenze di merito
Commissione tributaria provinciale di Salerno, Sez
XII, n. 502 del 14.12.2005;
Commissione tributaria provinciale di Salerno, Sez
XII, n. 484 del 14.12.2005;
Commissione tributaria provinciale di Salerno, Sez
II, n. 467 del 04.05.2006;
Commissione tributaria provinciale di Salerno, Sez
X, n. 166 del 18.12.2003;
Commissione tributaria provinciale di Napoli, Sez
XVIII, n. 172 del 14.16.2005;
Commissione tributaria provinciale di Napoli, Sez
XVIII, n. 175 del 14.16.2005;
Commissione tributaria provinciale di Benevento,
Sez II, n. 105 del 21.06.2004;
Commissione tributaria regionale di Napoli, Sez.
VIII, n. 103 del 21.06.2006), nonché con l’orientamento espresso dall’Ufficio del Coordinamento
Legislativo con nota n. 4828 del 17.07.1998 e
dall’Agenzia delle Dogane con nota n. 656 del 25
marzo 2004.
Sanzioni
L’INTERPOSIZIONE FITTIZIA DELLO SCHERMO
SOCIETARIO RENDE INAPPLICABILE L’ESCLUSIONE DELLE
RESPONSABILITA’ PER L’AUTORE DELLE VIOLAZIONI
Commissione tributaria provinciale Salerno,
Sez. XVIII, 3 ottobre 2006, n. 194
Pres. Cobellis – Rel. Messina
Tributi erariali diretti ed indiretti –
Imposta sul reddito delle persone
giuridiche – Imposta sul valore aggiunto – Accertamento – Documentata e contestata attività di concreta
ingerenza dell’amministratore di fatto nella gestione dell’ente societario
– Contestuale irrogazione delle sanzioni in capo all’autore delle violazioni e quale organo amministrativo
di fatto – Legittimità – Utilizzo strumentale dell’interposto schermo societario da parte dell’autore delle
violazioni – Invocata applicabilità
dell’esimente di cui all’art. 7 del
D.L. 30/9/2003 n. 269 conv. in L.
24/11/2003 n. 326 – Esclusione
Se nell’ambito di un contestato meccanismo
fraudolento a danno dell’erario emerge con
sufficiente dovizia di particolari la diretta
partecipazione dell’autore delle violazioni
alle attività di amministrazione e di gestione
dell’ente-persona giuridica strumentalmente
creato, vi è idonea giustificazione a qualificare così l’asserito ruolo di amministratore
di fatto con la conseguente qualità di
“autore della violazione”. Pertanto se l’ente
dotato di personalità giuridica nasce e si
pone nelle attività dell’autore delle violazioni come vera e propria "società fantasma"
da utilizzare secondo necessità, diviene
inapplicabile, nei confronti dell’autore delle
violazioni, l’esimente di cui all’art. 7 del decreto legge n. 269/03.
Svolgimento del processo
B. R., con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il 23.1.2006, chiede l’annullamento dell’avviso di accertamento, ricevuto in notifica, ai fini della irrogazione delle
sanzioni, in data 22.11.2005 quale "autore
della violazione" ed "amministratore di fatto" della società P. E. T. Limited con sede in
S. Con il predetto avviso l’Agenzia delle
Entrate, in assenza di presentazione del modello Unico per l’anno d’imposta 2002 da
parte della società P. E. T. Limited con sede
in S., ricostruisce induttivamente il volume
d’affari ai fini Iva ed il reddito imponibile ai
fini Irpeg della predetta società, con recupero delle imposte dovute. Resiste al ricorso
l’Agenzia delle Entrate, con memoria depositata il 21.3.2006, e ribadisce la legittimità
dell’accertamento.
Come da espressa istanza delle parti la controversia è stata trattata in pubblica udienza
e, quindi, decisa come da dispositivo.
Motivi della decisione
II ricorrente deduce, anche con memorie aggiuntive depositate il 12.6.2006, che impropriamente, e senza alcun fondamento,
nell’avviso di accertamento impugnato, e
nel processo verbale di constatazione
8.11.2002 della Guardia di Finanza di Sala
Consilina, sul quale l’accertamento impugnato si fonda, viene dall’Amministrazione
Finanziaria qualificato "autore della violazione", in quanto amministratore di fatto
della società P. E. T. Limited, con sede in S.
Lamenta in particolare che da parte
dell’Amministrazione finanziaria si sia confusa l’attività di consulente fiscale, svolta a
favore della predetta società, con quella di
63
concreta ingerenza nella gestione.
Contesta, quindi, che sussistano i presupposti di legge per considerarlo "amministratore
di fatto" ed, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 11 del decreto legislativo
n. 472/1992, "autore delle violazioni" rilevate a carico della società dalla Guardia di Finanza di S. a seguito di verifica generale
avviata il 15.10.02 e conclusa con il processo verbale di constatazione dell’8.11.2002.
Il ricorrente invoca, peraltro, quale esimente
a suo favore l’art. 7 del decreto legge 30
settembre 2003 n. 269, che esclude la responsabilità dell’autore della violazione nelle ipotesi in cui la persona giuridica rappresentata abbia tratto vantaggio dalle attività
sanzionate. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Motivi della decisione
Dal processo verbale di constatazione innanzi citato, e dai richiami alle indagini di polizia giudiziaria, con sequestri di computers
ed accertamenti tecnici, eseguite nell’ambito
dell’istruttoria penale promossa a carico del
ricorrente e di altri dalla Procura della Repubblica del Tribunale di S. (cfr pag. 2 dei
p.v.c.), emerge con sufficiente dovizia di
particolari, nell’ambito dell’ipotizzato meccanismo fraudolento a danno dell’erario, la
diretta partecipazione del B. alle attività di
amministrazione e di gestione della P. E. T.
Limited, tanto da aver subito, proprio per
fatti connessi alla conduzione della citata
società, anche un provvedimento di custodia
cautelare domiciliare.
Nel documento considerato si legge, infatti,
testualmente, che il B. "... attualmente, per
fatti riconducibili alla gestione della citata
64
società, si trova, su ordine dell’A.G. di S.,
agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di …".
Le analitiche circostanze di fatto che emergono dal processo verbale di constatazione,
contrastate solo genericamente dal ricorrente con il richiamo ad una presunta attività di
consulenza svolta per conto della società,
sono pertanto ampiamente probatorie di una
costante ed attiva ingerenza del B. nelle vicende societarie, sicuramente idonea a giustificare l’asserito ruolo di amministratore di
fatto e la conseguente qualità di “autore della violazione” attribuitagli dall’Amministrazione Finanziaria. Sempre dal predetto
verbale inoltre si ricava, con indizi ed elementi che non vengono scalfiti dalle difese
del ricorrente, che la P. E. T. Limited, nasce
e si pone nelle attività del B. come vera e
propria "società fantasma", da utilizzare secondo necessità.
E’ evidente, quindi, che la stessa, proprio
per le predette caratteristiche, non può in alcun modo essere considerata beneficiaria
delle attività poste in essere dal ricorrente,
con conseguente inapplicabilità alla fattispecie in esame dell’invocata esimente di cui
all’art. 7 del decreto legge n. 269/03. Sussistono, ad avviso della Commissione, sufficienti motivi per disporre la integrale compensazione fra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Provinciale di
Salerno - Sezione diciottesima - rigetta il ricorso proposto da B. R. confermando per
l’effetto l’accertamento impugnato. Dichiara
integralmente compensate fra le parti le spese di giudizio.