Nuova rivalutazione effetti farmacologici metformina

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Nuova rivalutazione effetti farmacologici metformina
Rivalutazione degli effetti farmacologici della metformina
E’ stato pubblicato sul Diabetes Research and Clinical Practice il risultato di una rivalutazione sugli
effetti farmacologici della metformina, effettuato attraverso l’analisi di oltre mille articoli tra studi
scientifici e revisioni presentate su Pubmed. Il periodo di riferimento entro il quale è stata effettuata
la ricerca va dal 1990 al 2011, la maggior parte delle revisioni esaminate ha confermato l’efficacia
della metformina nel trattamento del diabete di tipo 2 attraverso i meccanismi d’azione ad oggi
conosciuti (United Kingdom Prospective Diabetes Study e Diabetes Prevention Program) mentre
alcuni studi epidemiologici retrospettivi hanno messo in luce una possibile associazione tra l’uso
della metformina e il ridotto rischio di sviluppare il cancro. Questi risultati potrebbero condurre
verso studi controllati randomizzati finalizzati a confermare o confutare questo ulteriore
meccanismo d’azione di cui sarebbe dotata la metformina.
Che cos’è il Diabete Mellito?
Il diabete è la più comune tra le malattie metaboliche, ed è caratterizzata da una condizione
d'iperglicemia, in altre parole un aumento del glucosio nel sangue. Nelle società industrializzate
questa patologia è in aumento. Le abitudini alimentari non corrette e la sedentarietà, sono due delle
cause di questo aumento.
Diabete di Tipo 1
Colpisce soggetti al di sotto dei 40 anni, con un picco d'incidenza intorno ai 14 anni. Questa forma
di diabete è secondaria alla distruzione delle cellule beta pancreatiche. Il processo distruttivo
avviene quasi certamente su base autoimmunitaria, favorito da un fattore ambientale, spesso
un'infezione virale. I sintomi compaiono improvvisamente, con sete sfrenata, aumento della diuresi,
aumento dell'appetito non accompagnato da incremento del peso bensì da una riduzione del peso
corporeo. Presenza di una condizione di chetoacidosi. Caratteristica di questi pazienti è un rapporto
glucagone/insulina alterato con elevati livelli di glucagone e ridotti o assenti livelli d'insulina.
Diabete di Tipo 2
Esordisce di solito dopo i 40 anni, e la diagnosi spesso è fatta casualmente nel corso di un'indagine
di laboratorio dove si riscontra una glicemia sopra la norma. Frequentemente sono pazienti in
soprappeso. I valori insulinemici sono normali o aumentati, ma è presente una resistenza periferica
all'azione insulinica. Manca la chetoacidosi caratteristica del I tipo, mentre si manifesta un
iperosmolarità plasmatica, secondaria a diuresi aumentata, conseguente ad una glicemia
costantemente elevata. Il non riequilibrio dei liquidi persi può portare al coma iperosmolare.
Un “flash” sui dati dal mondo
Attualmente ci sono più di 170 milioni di persone nel mondo affette da diabete
Se non cambierà nulla in termini di prevenzione, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il
numero salirà a 300 milioni di persone nel 2025!
Soprattutto a causa di: aumento della popolazione,invecchiamento,urbanizzazione,abitudini
alimentari sbagliate,stile di vita sedentario.
Nel 2025, si stima una prevalenza di diabete…
TRIPLA in Africa, Mediterraneo Orientale e Medio Oriente, Sud-Est Asiatico
DOPPIA in America e Ovest Pacifico
AUMENTATA DEL 50% circa in Europa
United Kingdom Prospective Diabetes Study (UKPDS)
L'UKPDS è uno studio multicentrico randomizzato prospettico condotto su pazienti affetti da
diabete di tipo 2 con diagnosi effettuata tra il 1977 e il 1991. L'obiettivo del UKPDS è stato quello
di valutare come incide il controllo glicemico sulla prevenzione delle complicazioni del diabete non
insulino-dipendente e, comparare gli effetti che su di esso hanno la dieta messa a confronto con
sulfaniluree, insulina e metformina.
Al trial, condotto da Rury Holman e colleghi del Churchill Hospital di Oxford, UK, hanno
partecipato 5.102 pazienti con nuova diagnosi di diabete di tipo 2, 4.209 dei quali sono stati
assegnati a caso a due gruppi: al primo è stato somministrato un trattamento convenzionale basato
su una serie di restrizioni alimentari, mentre il secondo ha ricevuto un trattamento glicemico
intensivo a base di sulfonilurea o di insulina piuttosto che di metformina nei soggetti in soprappeso.
Il periodo di osservazione è durato in media 10 anni nel gruppo trattato con sulfonilurea-insulina e
10.7 nel gruppo trattato con metformina. Nei primi 5 anni dal termine del trial, 3.277 persone sul
totale dei pazienti randomizzati sono state sottoposte annualmente a una visita clinica. Inoltre è
stato chiesto loro di rispondere a un questionario. Dopodichè, dal sesto al decimo anno, hanno
potuto limitarsi alla compilazione del questionario.
Secondo quanto riportato da Holman e colleghi nel New England Journal of Medicine, le differenze
nei valori medi di emoglobina glicata riscontrate tra i diversi gruppi sono scomparse entro la fine
del primo anno di follow-up. Inoltre, nei pazienti trattati con sulfonilurea o insulina, la riduzione del
rischio relativo di diabete e patologie di natura microvascolare avutasi durante il trial – riduzione
pari rispettivamente al 10% (p=0.04) e al 24% (p=0.001) rispetto al gruppo trattato con le terapie
convenzionali – si è mantenuta anche a distanza di 10 anni. In più, dopo 10 anni di monitoraggio,
sono state rilevate in questo gruppo anche una riduzione del rischio relativo di decessi legati al
diabete pari al 17% (p=0.01), una riduzione del rischio relativo di infarto miocardico pari al 15%
(p=0.01) e una riduzione del rischio generale di decesso pari al 13% (p=0.007). Quanto ai pazienti
in soprappeso trattati con metformina, le riduzioni del rischio relativo di diabete, di decessi legati al
diabete, di infarto miocardico e di decessi per cause di natura varia – riduzioni pari rispettivamente
al 21% (p=0.01), al 30% (p=0.01), al 33% (p=0.005) e al 27% (p=0.002) – si sono mantenute a loro
volta a distanza di tempo.
I risultati hanno mostrato come, a lungo termine, la monoterapia non riesce a mantenere un ottimo
controllo glicemico, i vantaggi della metformina sono stati: un minor rischio di di iperglicemia, un
maggior controllo del peso corporeo e minori rischi di sviluppare complicanze cardiovascolari.
Secondo i ricercatori, i dati indicano che un controllo glicemico intensivo, attuato fin dalla diagnosi
della patologia, sia associabile a una riduzione significativa del rischio di infarto miocardico, di
disturbi microvascolari e di decesso in generale.
Diabetes Prevention Program (DPP)
Il Diabetes Prevention Program è il più grande studio eseguito per valutare le strategie per prevenire
il diabete. Si tratta di un trial randomizzato che ha coinvolto più di 3000 persone provenienti da
27 centri negli Stati Uniti ritenute ad alto rischio di sviluppare diabete. I partecipanti sono stati
randomizzati in tre gruppi:
Placebo
Metformina
Intervento Intensivo sulla stile di vita (ILS)
Il 30% dei partecipanti presentava ipetensione all’ingresso dello studio ed è poi aumentata nei
soggetti trattati con placebo o con Metformina, mentre si è notevolmente ridotta con l’intervento
intensivo sullo stile di vita. Il follow up a 2,8 anni aveva dimostrato che interventi intensivi sullo
stile di vita riducevano il rischio di sviluppare diabete del 58% mentre la riduzione ottenuta con la
metformina si attestava sul 31%.
I risultati del follow up a 10 anni dello studio DPP hanno ulteriormente dimostrato come la via
maestra sia quella di intervenire sul modo di vivere dei pazienti promuovendo una corretta
alimentazione ed una sana attività fisica. L'efficacia di questo approccio è circa doppia di quella
della terapia farmacologica con metformina, che pure non ottiene risultati disprezzabili in quanto
riduce il rischio cumulativo del 18%.
Quali sono i meccanimi d’azione della metformina?
Il meccanismo d'azione della metformina risulta complesso. È probabile che il farmaco
intervenga a livello di resistenza verso l'insulina: agirebbe in modo sinergico con l'insulina sia a
livello intracellulare, ampliando le risposte biochimiche della cellula all'insulina (per esempio:
incremento della velocità di fosforilazione/ defosforilazione delle proteine; aumento del numero o
dell'attività di alcuni enzimi), sia interferendo con reazioni che risultano complementari a quelle
indotte dall'insulina stessa.
Tale sinergia sarebbe evidenziabile anche con quantità minime di ormone.
La metformina potrebbe quindi agire tramite:
1) stimolazione dell'uptake tissutale di glucosio;
2) soppressione di una eccessiva produzione epatica di glucosio;
3) incremento della frazione di insulina attiva a livello plasmatico tramite aumento della quota
libera, non legata alle proteine sieriche, e modificazioni del rapporto proinsulina/insulina;
4) effetto insulinomimetico in cellule non sensibili ad insulina, ma attivate dallo stato
iperglicemico (eritrociti).
Metformina e cancro
Sembra esserci un maggiore rischio di sviluppare il cancro e una peggiore prognosi in pazienti
affetti da diabete di tipo 2, questo potrebbe essere spiegato grazie al fatto che l’iperinsulinemia e la
resistenza periferica all’insulina aumentano gli effetti mitogeni di questo ormone.
Non si conosce molto sul ruolo svolto dei farmaci anti-diabetici in questo ambito per cui vi è un
crescente interesse per l'effetto anti-tumorale della metformina, soprattutto dopo che alcuni studi
hanno suggerito la sua potenziale capacità di ridurre il rischio di cancro nei pazienti diabetici.
La maggior parte degli studi clinici disponibili sono retrospettivi e pertanto, devono essere
interpretati con cautela, tuttavia, suggeriscono un interessante spunto per eventuali indagini.
Gli studi in vitro hanno dimostrato che il principale meccanismo attraverso il quale la metformina
ha un’azione protettiva nei confronti del cancro sembra essere la sua capacità di ridurre i livelli
dell’oncoproteina HER2 agendo sull’enzima AMPK (protein-chinasi AMP attivata) e, inoltre, la
possibilità di arrestare il ciclo cellulare i fase G1.
Nelle cellule ovariche cancerose, ha dimostrato un’azione pro-apoptotica agendo sulla proteina Bcl2
sempre attraverso l’attivazione diAMPK.
Non meno interessanti sono stati i risultati emersi da studi in vivo. La metformina nel ratto, in
combinazione con diversi agenti chemioterapici, è in grado di fermare la progressione delle cellule
tumorali nel cancro alla mammella agendo soprattutto sulle cellule staminali.
I risultati emersi hanno dimostrato un aumento della vita media delle femmine di ratti
spontaneamente ipertesi nei primi anni di vita, ma non è stato registrato nessun cambiamento
sull’incidenza del tumore alla mammella.
Ad ogni modo, sia gli studi in vivo che gli studi in vitro ad oggi disponibili, puntano a mettere in
evidenza gli effetti antiproliferativi della metformina a supporto delle evidenze epidemiologiche che
attestano come l’uso di metformina sia associato ad un ridotto rischio di sviluppare il cancro.
Conclusioni dello studio:
La metformina è un farmaco antidiabetico orale conveniente e clinicamente molto sicuro;
Studi come l'UKPDS hanno chiaramente dimostrato la sua efficacia ipoglicemizzante,
soprattutto nei pazienti in soprappeso;
Vi è una forte evidenza epidemiologica, sostenuto da studi in vitro e in vivo, che la
metformina potrebbe prevenire il cancro.
BIBLIOGRAFIA:
Metformin effects revisited- Diabetes Research and Clinical Practice-2012 95, 1-9
www.ministerodellasalute.it
www.idf.org