16 Comunicare
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16 Comunicare
Pierpaolo Bellucci COMUNICARE Fare comunicazione nel tempo dei media IL DIRETTORIO SULLE COMUNICAZIONI SOCIALI La comunicazione del Vangelo richiede attenzione ai cambiamenti generati dagli strumenti della comunicazione sociale. Per esercitare il suo ruolo profetico la comunità ecclesiale deve comprendere e dialogare con la nuova cultura generata dalla crescente diffusione dei media. E’ un dovere ed un’opportunità per la Chiesa saper rispondere con coraggio alle nuove istanze culturali. Se non s’impegnasse con tutte le sue forze per comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, non adempirebbe la sua missione universale. La Chiesa negli ultimi anni ha posto una rinnovata attenzione al ruolo che la comunicazione sociale gioca nella cultura e nella vita sociale del Paese. Il mondo dei media è l’areopago dei tempi moderni, e da cristiani dobbiamo riprendere quelle pagine degli Atti dove si narra il discorso di Paolo agli ateniesi. Il Direttorio “Comunicazione e Missione” rappresenta una concreta e specifica attuazione di quanto auspicato negli orientamenti pastorali, che richiamano l’importanza di innestare la comunicazione sociale nell’azione missionaria della Chiesa. Con il Direttorio, s’intende proporre alla comunità ecclesiale italiana un quadro strutturato delle prospettive su cui basare l’azione pastorale. Destinatari del documento sono tutti i membri della comunità ecclesiale, i responsabili della pastorale, gli operatori in genere e in particolare quelli per le comunicazioni sociali e la cultura; chi gestisce i media cattolici e chi opera in essi; i professionisti del settore; tutti coloro che sono responsabili della formazione perché collochino la loro missione educativa nella nuova prospettiva generata dai media. Le comunicazioni sociali crocevia del cambiamento Per essere fedeli al Vangelo in questo nuovo contesto, un semplice processo di adattamento o la ricerca di modalità aggiornate di comunicazione non bastano. Occorre individuare forme credibili per una comunicazione della Fede in un contesto socioculturale, nel quale il Vangelo deve incarnarsi senza però disperdersi. L’attenzione a ciò che emerge nella ricerca dell’uomo non significa rinunciare alla trascendenza del Vangelo, bensì si tratta di adattare i contenuti alla realtà quotidiana. I media non sono strumenti neutri: essi sono mezzo e messaggio, portatori di una nuova cultura che nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare, forti di nuovi linguaggi e nuovi atteggiamenti psicologici. Discernere significa comprendere la natura, le dinamiche e gli esiti del nuovo processo mediatico per saper selezionare e scegliere. Proprio perché così potenti, i media possono comportare non pochi rischi: se usati per condizionare la vita democratica, politica ed economica, possono risultare devastanti per i singoli come per il sistema sociale. Per questo la Chiesa è sempre vigile e prudente. Se usati correttamente, i media costituiscono da una parte una risorsa per il singolo, per la società e per lo sviluppo dei popoli, dall’altra segnano nuove frontiere tra zone di ricchezza e sacche di povertà. Nuove opportunità di sviluppo e di collaborazione tra i popoli potrebbero derivare dalla condivisione delle conoscenze. Ma così non sempre accade. Le tecnologie e i processi della comunicazione sociale sono sempre più collegati con il sistema economico e commerciale, fino a diventarne dipendenti. Anche l’informazione rientra 2 in questo processo, e il confine tra comunicazione e spettacolo diventa sempre più labile. Quanto più aumenta la dipendenza della comunicazione sociale dal sistema economico, tanto più risulta necessario introdurre criteri etici. I bilanci economici sono importanti, ma ogni investimento nel campo delle comunicazioni sociali deve essere fatto in sintonia con il rispetto della dignità della persona, delle verità fondamentali e della libertà. Occorre promuovere codici deontologici e autoregolamentazioni, facendo sempre riferimento alla logica del dono e della comunione. Il sistema mediatico si presenta articolato e non sempre omogeneo: quindi i topos culturali che determina sono molto differenti. I media tradizionali convivono accanto ai nuovi media. I primi sono caratterizzati dalla cosiddetta “cultura di massa”, ovvero cinema, radio, giornali e televisione. I secondi sono maggiormente caratterizzati da una forte interattività multimediale, il cui simbolo è internet, che consente sia collegamenti personali sia la costituzione di nuove forme di aggregazione sociale. I media abbattono differenze culturali e territoriali, creando un areopago mondiale. Le nuove tecnologie, inculcando nuovi modi di pensare, rischiano di schiacciare i valori tradizionali. Almeno tre sono gli aspetti sui quali vigilare in vista della missione ecclesiale: la perdita dell’interiorità, l’incontro superficiale e la sostituzione della verità con l’opinione. I tratti della cultura mediale ci ricordano che l’uomo può realizzare la sua umanità solo tramite una comunicazione capace di verità e comunione. La comunicazione è luogo dove apprendere i criteri della comunione e della condivisione, che sono il frutto di un ascolto attento e rispettoso e di un’adesione alla verità sull’uomo e sul suo destino. Da cristiani nella cultura dei media Solo il cittadino globale che abbia una percezione totale di sé, dunque del suo essere umano bisognoso di relazioni con altri uomini, potrà affrontare nella maniera giusta la nuova sfida nella società dei media. Tanto più il cristiano deve avere una precisa concezione del suo essere, se vuole essere testimone del Vangelo in un mondo che cambia. Non va dimenticato che la prima modalità di comunicazione della Fede resta la testimonianza. Chi desideri farsi comunicatore dinamico deve porre al centro l’ascolto. A partire da questa disponibilità la persona può orientare i sentimenti, i desideri, i progetti, le attese e il tempo che gli è dato, vivendo con responsabilità la propria vita e le relazioni di cui è intessuta. Cristo si rivela come auto-comunicazione dell’amore di Dio per gli uomini, rompendo le catene dell’incomunicabilità umana e orientandola verso un futuro pieno di comunione. Gesù è icona di umanità e divinità in dialogo. Portando dentro di sé la passione per la volontà del Padre e quella per l’uomo che cerca la vita, ogni sua azione e ogni sua parola diventano spada a doppio taglio capace di distinguere e separare il grano dalla zizzania, nel presente della storia. Gesù di Nazareth è uomo della parola e del silenzio, della meditazione nel giorno e nella notte. Le notti passate in preghiera sono un segnale, secondo la testimonianza evangelica, di una relazione unica con la fonte dell’Amore, il Padre. Lo Spirito consente una proficua comunicazione tra gli uomini, il cui messaggio deve essere orientato a Colui che è Via, Verità e Vita. La partecipazione della Chiesa all’evento comunicativo del Figlio Unigenito avviene in forza di tre elementi fondamentali: 3 1. condivisione della Fede 2. celebrazione eucaristica 3. vita fraterna La comunione, di cui la Chiesa vive, si esplica in un dire (annuncio) e in un fare (celebrazioni e relazioni). In forza di tali processi si realizza una dilatazione dell’esperienza originaria dello stare con Gesù, fino ad includere tutta l’umanità. Nata dall’evento comunicativo del Verbo, la Chiesa è costituita essenzialmente come trasmissione di questo evento di comunicazione tra gli uomini nelle forme comunicative della società umana. Forme legate alla storia, al tempo, che non penalizzano la missione della Chiesa, ma anzi offrono nuove opportunità per andare in tutto il mondo e predicare il Vangelo ad ogni creatura. La Chiesa non è soltanto un luogo di trasmissione della Fede, non è una semplice emittente. Custode fedele della Parola, la Chiesa è chiamata a porsi in religioso ascolto di essa, riconoscendola come dono da condividere con tutti gli uomini. L’evangelizzazione consiste nella comunicazione di questa Parola. La forza comunicativa della Parola di Dio emerge in maniera singolare nella celebrazione liturgica. Qui l’annuncio accade. Non più solo espressioni verbali, ma realtà. Per questo è importante curare la liturgia, per dare una testimonianza visiva del nostro Credo. Siamo consapevoli dell’inadeguatezza dei nostri mezzi per una missione così grande, così come ne era consapevole Paolo quando scriveva la seconda Lettera ai Corinzi (cf 2 Cor 4,7-10): teniamo presente che vanno evitati i due eccessi: da un lato diffidare delle tecnologie fino a demonizzarle, dall’altro cedere al facile entusiasmo pastorale del tutto ciò che è nuovo è bello e buono. Integrare il messaggio cristiano nella cultura dei media Il ruolo dei media risulta essenziale per attuare il Progetto Culturale della Chiesa italiana, che si propone l’inculturazione della Fede e l’evangelizzazione della cultura. La Fede non è autentica e la missione della Chiesa non è efficace, se non assumono uno spessore e una valenza culturali. La comunicazione sociale diviene contenuto e rete dello stesso progetto culturale cristianamente ispirato. Per svolgere la sua missione in questo nuovo contesto culturale, alla Chiesa viene richiesta una nuova conversione pastorale, che include ed esige una conversione culturale. E’ necessario passare ad una pastorale di missione permanente. La consapevolezza della necessità di leggere le attuali esigenze sociali va messa al centro dei vari percorsi pastorali destinati al mondo della scuola, ai giovani e alle famiglie. L’evangelizzazione costituisce la missione fondamentale della Chiesa in ogni tempo e cultura, e la catechesi rappresenta l’opera educativa della comunità che conduce i battezzati alla maturità della Fede. La pastorale catechistica italiana ha avuto dopo il Concilio Vaticano II una stagione feconda di rinnovamento: saper leggere e servirsi in modo adeguato degli strumenti della comunicazione è il minimo richiesto ad ogni catechista. Occorre poi considerare che la catechesi si rivolge sempre più a persone adulte, venendo ad assomigliare ad un catecumenato. Come faceva Gesù, il catechista comunicatore deve saper modulare simboli, parabole, racconti, testimonianze che parlino di Fede libera e responsabile. Al comunicatore della Fede è chiesto di saper usare tutti i registri della comunicazione: il 4 linguaggio verbale e non verbale, le immagini e i suoni, attingendo dai media esempi ed evocazioni, proponendo nuove metafore della Fede, suscitando interessi ed emozioni, animando esperienze di Fede all’interno del proprio gruppo. L’arte rende possibile l’incontro col Mistero: incontro fatto di stupore, emozione e gioia. Dunque anche l’arte è uno strumento pastorale potente, e per questo va tutelata in maniera da finalizzare l’attenzione dell’artista non solo all’opera che ha davanti agli occhi, ma anche alla propria interiorità. Liturgia e comunicazione hanno molti aspetti in comune: entrambe si realizzano attraverso segni ed azioni simboliche, entrambe richiedono gestualità e partecipazione. Il rito liturgico rappresenta il dialogo permanente tra Dio e il suo popolo: la liturgia esprime proprio questo meraviglioso scambio. La forma liturgica non ha come primo compito narrare gli eventi fondanti i contenuti della Fede, ma ripresentare la loro forza che salva e trasforma. Una liturgia preoccupata di rendersi comprensibile, presto o tardi, smentisce se stessa. La comprensione della liturgia deve essere simbolica. Il tempo e l’esercizio, i sensi e la materia, il corpo e lo spirito divengono componenti essenziali. L’omelia è parte stessa della liturgia: la sua natura va colta all’interno dell’esercizio del ministero della Parola. I fedeli ne ricavano frutto in virtù della sua semplicità e chiarezza, caratteristiche entrambe radicate nell’insegnamento evangelico. Occorre rispettare le cinque finalità precisate nell’introduzione al Lezionario: 1. guidare i fedeli ad intendere e gustare la scrittura 2. aprire il loro cuore al rendimento di grazie 3. condurli all’atto di Fede per la Parola che nella celebrazione si fa sacramento 4. prepararli ad una fruttuosa comunione 5. esortarli ad assumere gli impegni di una vita cristiana Nell’omelia devono trovare spazio anche riferimenti relativi alle concrete situazioni di vita. Occorre tenere conto dell’uditorio e della mentalità diffusa, per calibrare nel migliore dei modi linguaggio, ritmo e tono. Nel prossimo futuro, i mezzi di comunicazione saranno apportatori di bene o di male? Dipenderà dalle scelte degli uomini che li utilizzano. Certo i mezzi di comunicazione sociale possono essere di grande aiuto anche per scopi umanitari e di giustizia sociale. Educare e fare cultura nella società mediatica Il lettore, il telespettatore, il radioascoltatore, il navigatore della rete internet è il vero protagonista della comunicazione. Chi fruisce dei prodotti mediali può sancirne il successo o il fallimento. La Chiesa ha raccomandato con insistenza l’educazione ai media a partire dal decreto conciliare Inter mirifica, in quanto possono essere un valido strumento di apostolato non solo da parte dei religiosi, ma soprattutto dei laici. A questa responsabilità educativa non è legittimo sottrarsi. In particolare le università, i collegi, le scuole e i programmi educativi cattolici a tutti i livelli dovrebbero offrire occasioni di crescita in questo senso. La famiglia è la cellula fondamentale della società e snodo essenziale di tutti i processi culturali. Dal rapporto che essa stabilisce con i media dipende dunque in larga parte anche il ruolo che i suoi componenti assumeranno nella società. I genitori devono essere preparati a convivere con i media e ad educare i 5 figli perché sappiano interagire in modo competente, critico ed eticamente responsabile. Ai genitori tocca farsi carico d’una responsabilità nuova, ovvero il discernimento sui media e la comprensione degli stessi, distinguendo gli influssi positivi da quelli negativi. Tutto ciò vale anche per bambini, ragazzi e giovani, ossia quanti si trovano in condizione di particolare vulnerabilità perché nel vivo dei processi di costruzione della personalità e di socializzazione. Proprio per questo la scuola non può ignorare il ruolo delle comunicazioni sociali, a cominciare dalla vita degli studenti, che dai media ricevono una mole d’informazioni ben superiore a quella che attingono in classe. Internet può diventare uno straordinario mezzo di comunicazione e progresso culturale della società. Varcare le soglie dell’arena mediale comporta un riconoscimento sociale sempre maggiore: rinunciarvi significa perdere rilevanza. Di qui la necessità di invertire una certa spirale del silenzio, talora messa in atto dai media, relativamente all’esperienza di Fede della grande tradizione cristiana e agli stessi valori umani fondamentali. L’etica si erige a via per l’umanizzazione di processi destinati a provocare conseguenze negative, sul piano personale, relazionale e sociale. Comunicare in modo onesto significa servire la verità dell’uomo e del suo destino personale e sociale. Non è esagerato affermare che nei processi della comunicazione sociale si gioca oggi il futuro dell’umanità. Di conseguenza, la legittima libertà delle comunicazioni sociali non potrà mai distaccarsi dal perseguimento della verità. La diffusione e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione sociale sembra accorciare la distanza fra uomini e comunità. Allo stesso tempo, sembra innescare nuovi meccanismi di ingiustizia sociale. Va nuovamente ribadito che l’unico orizzonte accettabile è quello del bene comune. Né si può prescindere dal rispetto verso il creato: inaccettabile sarà dunque l’adozione di tecnologie che possano avere effetti negativi sull’ambiente e sulla salute. Per una pastorale organica delle comunicazioni sociali Servono a poco le iniziative estemporanee ed episodiche. E’ urgente, piuttosto, sviluppare una progettazione pastorale coerente ed incisiva. Numerose sono state sino ad oggi le indicazioni date dal Magistero della Chiesa, che dal Concilio Vaticano II non ha perso occasione per sottolineare il nesso profondo tra la missione della Chiesa e le comunicazioni sociali. Ogni progetto pastorale deve tener conto dei rapporti tra linguaggio di Fede e nuovi linguaggi mediali. E’ la logica degli stessi orientamenti pastorali per il primo decennio del Duemila, che della comunicazione fanno una prospettiva specifica con cui deve coniugarsi l’evangelizzazione. Come può operare la Chiesa all’interno della nuova cultura? Ad un contesto sempre più complesso si aggiunge il profilo multietnico e multireligioso. Una tale prospettiva d’impegno comporta la ridefinizione del profilo di tutta l’azione pastorale, compito che non può essere affidato esclusivamente ad alcuni esperti o ai soli addetti del settore. Non si tratta solo di inventare cose nuove, quanto di dare maggior vigore alle metodologie già esistenti. In questo senso la pastorale ordinaria richiede un nuovo slancio e una nuova creatività, che induca a percorrere le strade della cultura e della comunicazione. Nel nuovo slancio missionario è coinvolto anche chi, pur credente, non ruota all’interno della realtà parrocchiale. Dunque un’estensione a macchia d’olio dell’attività pastorale 6 tale da inglobare anche gli individui ai margini della comunità. Un piano pastorale per la comunicazione sociale, quindi, non può che servire la missione complessiva della Chiesa stessa ed essere parte di un progetto ben più vasto e articolato. L’idea da sviluppare è quella di un piano integrato per le comunicazioni sociali, a partire dal quale realizzare una programmazione pastorale non limitata al solo ufficio diocesano, ma capace di coinvolgere tutti gli ambiti pastorali. E’ importante calibrare il progetto sulle questioni rilevanti, per conferirgli maggiore efficacia. L’obiettivo principale del piano pastorale è il cambiamento di mentalità di tutti i membri della comunità, coinvolgendo da più angolature tutta la Chiesa. Indichiamo alcuni ambiti: • • • • • • • • rendere tutti capaci di coniugare l’esperienza di Fede con la nuova cultura mediale, per dare piena attuazione al mandato di Gesù che ha donato lo Spirito Santo affinché in ogni tempo e secondo il linguaggio di ciascuna epoca sia annunciato il Vangelo; far sì che quanti hanno responsabilità nella Chiesa, siano in grado di capire, interpretare e parlare il nuovo linguaggio dei media; operare perché i media siano utilizzati per fornire informazioni, ma anche per sviluppare la crescita e la maturazione della Fede; sviluppare il senso critico, necessario per una sincera ricerca della Verità; formare comunicatori non più isolati, né operatori pastorali dispersi, per un impulso deciso al piano integrato per la comunicazione; condividere le risorse favorendo una sapiente sinergia tra le molte iniziative mediali; favorire una comprensione degli significato della nuova era dei media; garantire le risorse umane ed economiche necessarie al pieno sviluppo dei progetti pastorali. In ogni diocesi, in primo luogo, va verificata la ricezione delle linee pastorali maturate dal Concilio Vaticano II ad oggi. Per questo e per tutti i progetti diocesani è decisivo l’operato dell’ufficio per le comunicazioni sociali. Ad esso compete l’attuazione delle linee fissate dal vescovo, con un lavoro qualificato, metodico e condiviso. Dall’ufficio devono essere promosse e coordinate: • • • • • la verifica e la progettazione della pastorale delle comunicazioni sociali; le iniziative di formazione; le sinergie tra i media; la celebrazione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali; l’uso intelligente e competente dei media e delle nuove tecnologie. In particolare, la celebrazione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociale, che dal 1967 costituisce l’appuntamento annuale per tutti i comunicatori, va preparata per tempo, iniziando con la diffusione del messaggio del Santo Padre. La varie iniziative devono estendersi nell’arco della settimana precedente e successiva, proponendo momenti di preghiera, riflessione e formazione. I sussidi, predisposti a livello nazionale 7 e diocesano, dovranno orientarsi sul tema proposto dal Santo Padre, approfondendolo sulla base delle esigenze della Chiesa locale. Per lo sviluppo e l’attuazione di una pastorale organica delle comunicazioni sociali il ruolo della parrocchia è primario e decisivo: tutta la vita della comunità parrocchiale dovrebbe essere ripensata in un’ottica più organica ed integrata, in modo da coniugare insieme i seguenti ambiti: • • • • catechesi celebrazione liturgica patrimonio architettonico dimensione caritativa Uno strumento da utilizzare come collante tra i vari ambiti d’impegno della parrocchia può essere il sito internet: se usato in maniera dinamica e non solo come vetrina statica, il sito della parrocchia può rivelarsi uno strumento prezioso per l’evangelizzazione, la conoscenza delle attività della parrocchia, la crescita della comunicazione e della comunione all’interno della parrocchia stessa. In ultimo sarebbe bene attivare in ogni parrocchia la figura dell’animatore alla cultura e alle comunicazioni sociali, con caratteristiche e competenze adeguate all’impegni che è chiamato ad assumere. Nelle parrocchia più grandi e dotate sarebbe buona cosa attivare la sala della comunità, dove poter svolgere cineforum ed altre attività di formazione e riflessione: importante è capire che la sala della comunità non va intesa solo come il cinema, ma come un luogo di evangelizzazione, catechesi e formazione. Di norma le sale della comunità sono associate all’Acec (Associazione cattolica esercenti cinema). La formazione non solo degli animatori alla cultura e alle comunicazioni sociali, ma anche dei presbiteri, dei religiosi e delle religiose, dei catechisti e degli operatori pastorali richiede organicità e strumenti adeguati. La formazione non può essere solo teorica, ma deve abbracciare tutta l’attività che il comunicatore si troverà a svolgere una volta iniziato il proprio mandato pastorale. Delicato e prezioso è il servizio che da un po’ di anni svolgono alcuni istituti di vita consacrata: il loro contributo è importante ed è bene che sia inserito all’interno dei progetti ecclesiali per la cultura e le comunicazioni sociali. Alle società e agli istituti religiosi votati all’apostolato delle comunicazioni sociali viene chiesto di cooperare alle altre iniziative ecclesiali con uno stile di collaborazione e di comunione. Gli istituti sorti con la finalità dell’apostolato delle comunicazioni sociali devono collaborare strettamente tra di loro e tenersi in fattivo contatto con gli uffici diocesani per non rischiare di perseguire linee pastorali differenti. Ancora più importante è il servizio che prestano all’interno delle scuole, come insegnati di religione: anche in questo ambito è bene che siano in accordo con i vescovi e i presbiteri. Le aggregazioni laicali sono una ricchezza per la Chiesa italiana, in quanto sono rappresentanti di una vasta schiera di laici. Esse contribuiscono alla pratica della vita cristiana nei vari modi precisati negli statuti e ricorrono alla comunicazioni sociali in vari modi: notiziari interni, pubblicazioni e siti internet. Costituiscono certamente un’importante risorsa che deve però integrarsi al piano pastorale perseguito dalla C.E.I. e dalle realtà diocesane di riferimento. 8 L’animatore della comunicazione e della cultura Cultura e comunicazione, tra loro interdipendenti, spalancano nuovi orizzonti all’azione pastorale, chiamando in causa nuovi soggetti. Quanto mai urgente appare quindi individuare nuove figure di animatori nell’ambito della cultura e della comunicazione, che affianchino quelle ormai ampiamente riconosciute del catechista, dell’animatore della liturgia e della carità. L’impegno assunto dalla Chiesa italiana con il Progetto culturale orientato in senso cristiano rende ancora più urgente e attuale questo nuovo profilo di animatore. Il Progetto culturale non si identifica con la pastorale della cultura. Il suo obiettivo è dare spessore culturale a tutta l’azione pastorale. Non è un settore tra gli altri nella vita della comunità, ma un modo nuovo di pensare e realizzare l’azione pastorale. Per questo motivo il Progetto culturale non ha tanto bisogno di specialisti della cultura, ma di animatori che nella pastorale ordinaria sappiano conferire spessore culturale alle iniziative della comunità ecclesiale. Gli animatori della comunicazione e della cultura potrebbero essere individuati tra quanti, a diverso titolo, operano già in ambiti specifici, ma potrebbe rivelarsi utile anche chi è impegnato in altri settori pastorali. In una pastorale concepita come azione a tutto campo, e non solo tra le mura ecclesiastiche, si possono intercettare molte persone che per impegni professionali o altri motivi non verrebbero coinvolto con la pastorale ordinaria. La cultura e la comunicazione sono vie maestre per il dialogo tra la Chiesa e il mondo, ma nella nostra realtà concreta un polmone di ampio respiro può essere creato anche all’interno della propria parrocchia, appunto aprendosi alla cultura, che tutti noi respiriamo grazie al rapporto quotidiano che abbiamo con i mass-media. La responsabilità dell’animatore alle comunicazioni sociali ha una chiara connotazione ecclesiale, e la Chiesa gli ha dato carattere di ministerialità. L’impegno specifico del laicato, lo si comprende bene leggendo il Magistero della Chiesa dal Concilio in poi, è volto ad incidere sulla vita sociale: questa è la sua specificità, che rende il laicato per nulla inferiore al clero. Gli ambiti d’azione possono essere molteplici e diversificati: innanzitutto la promozione della comunicazione all’interno della comunità cristiana, e tra la comunità cristiana e la società civile. Occorre rompere il cerchio di autoreferenzialità che spesso rende il vissuto ecclesiale chiuso e restio al dialogo. Troppe comunità stentano a comunicare o non ne avvertono affatto la necessità. Il contributi degli animatori alla cultura e alle comunicazioni sociali dovrà farsi sentire anche all’interno del consiglio pastorale, in quanto sono responsabili del cammino complessivo della comunità parrocchiale e diocesana. L’animatore utilizza e promuove i media, come prima cosa, e poi si preoccupa di trovare strade nuove come, per esempio, l’utilizzo della sala della comunità: questo per evitare di tralasciare l’utilizzo di ciò che già esiste per inventarsi strade nuove. I media nella missione della Chiesa Ruolo e controllo dei media sono diventati decisivi anche per gli assetti sociali e civili del Paese e per lo sviluppo della democrazia. E’ necessario che a livello nazionale e 9 internazionale, si definisca un sistema compiuto di regole in grado di garantire il pluralismo ed un corretto rapporto con la politica e l’economia, nello spirito di un autentico servizio al bene comune. La comunità ecclesiale deve quindi adoperarsi affinché nel campo della comunicazione sociale venga esercitata la stessa vigilanza e la stessa funzione di stimolo e di proposta ordinariamente svolta in altri ambiti, come la tutela della vita umana, le politiche familiari, scolastiche e sociali. Anche in questo campo la Chiesa, offrendo il suo peculiare contributo di giudizio critico e di proposta e, se necessario, anche di protesta, esercita la sua funzione profetica. Doverosa e legittima è la partecipazione dei cattolici al dibattito pubblico sui media e l’intervento su singole questioni, anche attraverso le associazioni cattoliche sorte con questi appositi scopi. La Chiesa è attenta alle produzione e ai programmi di taglio religioso, come pure all’informazione fornita dai media su aspetti della Fede e della vita ecclesiale. I cattolici presenti nei grandi circuiti della comunicazione possono dare un prezioso contributo alla diffusione dei valori religiosi e cristiani. A tale scopo la loro azione deve essere continuamente ispirata al messaggio evangelico. Di grande rilievo è anche il contributo offerto attraverso i media da parte dei cattolici esperti nei vari ambiti del sapere teologico, filosofico, antropologico e scientifico. Tra i cattolici presenti sui media ci sono spesso persone di speciale consacrazione, presbiteri, religiosi e religiose. Occorre ricordare che nessuno, tuttavia, ha il diritto di parlare a nome della Chiesa, o se lo fa, deve essere investito di tale incarico. E’ bene valutare, caso per caso, ciascun invito ad intervenire attraverso i media. Considerato il peso dei media sull’opinione pubblica e il particolare apostolato attuabile loro tramite, gli episcopati nazionali possono stabilire criteri e norme in materia, secondo quanto previsto dal Codice di Diritto Canonico al canone 227: “Spetta alla Conferenza episcopale stabilire norme sui requisiti perché ai chierici e ai membri degli istituti religiosi sia lecito partecipare a trasmissioni radiofoniche o televisive che trattino questioni attinenti la dottrina cattolica e morale”. I chierici che intervengono abitualmente sui media, devono essere in possesso della licenza del proprio Ordinario. Almeno due sono i momenti in cui è bene organizzare incontri di sostegno, confronto e dialogo. Il primo, ormai radicato nella tradizione italiana, è l’incontro tra il vescovo e i gli operatori della comunicazione in occasione della festa di San Francesco di Sales. La ricorrenza del 24 gennaio è un’occasione preziosa per riflettere insieme sulle comunicazioni sociali e sulla responsabilità di chi vi opera. Un secondo momento è la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, di cui abbiamo già parlato. In modo particolare i settimanali diocesani rappresentano ancora oggi un riferimento in mote diocesi. Per lungo tempo hanno costituito il principale presidio comunicativo. Oggi vivono una fase di rinnovamento in un contesto di molteplici diversificate presenze mediatiche. A servizio dei settimanali diocesani, ma non solo, è stato da tempo istituito il Sir. L’agenzia risponde alla crescente domanda d’informazione religiosa posta dai media ma anche dai singoli cristiani, dalle comunità ecclesiali, dalle aggregazioni cattoliche, dalla società stessa. Inoltre va considerato Avvenire, punto di riferimento per quanti desiderano conoscere il punto di vista ecclesiale su tutti i fatti quotidiani. Diocesi, parrocchie e associazioni devono impegnarsi a leggerlo e a farlo leggere. Sul piano televisivo, Sat2000 costituisce ormai una presenza significativa dei cattolici a livello nazionale e va ad integrare la già 10 rilevante storia delle televisioni locali nate per iniziativa di realtà ecclesiali. La radio è lo strumento più agile per comunicare: a questo proposito le radio locali hanno un punto di riferimento nel circuito InBlu. Si tratta di un circuito che permette la trasmissione in contemporanea per alcune ore al giorno. Le radio aderenti al progetto possono usufruire di vari servizi e collaborare secondo le proprie capacità; così collegate, riescono pure a dare maggiore visibilità nazionale e locale alla radiofonia d’ispirazione cattolica. I rapporti tra Chiesa e cinema hanno conosciuto stagioni più o meno favorevoli, ma l’interesse non è mai venuto meno. Per il cinema la sfida del futuro sta nel produrre film di qualità e in grado di parlare alle grandi masse. Anche per la sala della comunità la sfida è riuscire a garantire una produzione attenta ai contenuti e allo stesso tempo alla qualità. In ambito musicale, la Chiesa vanta una ricchissima tradizione: il canto liturgico, religioso e classico è sviluppato da secoli, e permette ai fedeli di arricchirsi sia culturalmente che spiritualmente. La musica leggere è anch’essa campo d’azione per la Chiesa, in quanto attira masse di giovani. Meritano attenzione iniziative e luoghi di ritrovo dove i giovani si riuniscono per suonare o ascoltare musica, attuando comunque un discernimento critico. Il teatro è, come la musica, un’arte antica ma sempre attuale, da valorizzare e promuovere. Le arti visive, pittura, scultura e architettura, sono patrimonio culturale insostituibile: i beni culturali presenti sia in ambiti nazionale che diocesano vanno conservati, salvaguardati e valorizzati in modo da farne ricchezza per la comunità intera. Infatti anche l’arte aiuta i fedeli nel proprio percorso spirituale. Responsabilità, strutture e organismi L’intera comunità ecclesiale è responsabile dello sviluppo di una compiuta pastorale delle comunicazioni sociali, pur nella diversità dei ruoli e delle competenze. Al vescovo spetta promuovere e orientare l’azione pastorale della diocesi nel campo della pastorale delle comunicazioni sociali e dei media. Così i presbiteri, i religiosi, gli operatori pastorali e gli educatori, ciascuno per la sua parte, sono chiamati a rileggere il proprio mandato per un annuncio del Vangelo adeguato al nuovo contesto culturale determinato dai media. La Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali è un organismo della C.E.I. Attualmente la Commissione si interessa di quattro ambiti pastorali: 1. comunicazioni sociali 2. cultura 3. tempo libero, turismo e sport 4. beni culturali ecclesiastici La Commissione svolge compiti di studio, proposta e animazione nei settori di riferimento. Ha il compito di dare continuità alle riflessioni e alle linee operative formulate dall’Assemblea generale dell’episcopato italiano, tenendo conto degli sviluppi del Progetto Culturale. Oltre a studiare i problemi, ha il compito di promuovere progetti di formazione degli operatori, la promozione della sala della comunità e dei centri culturali, lo sviluppo di sinergie tra i media e la pastorale ordinaria. Funzioni analoghe, su scala regionale, ha la Commissione regionale per le 11 comunicazioni sociali. L’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali è un organismo della Segreteria generale C.E.I. Svolge incarichi di servizio nel campo delle comunicazioni sociali secondo le direttrici e i progetti della C.E.I. Tra i compiti dell’Ufficio c’è anche quello di Ufficio Stampa. Il direttore dell’Ufficio è solitamente anche il portavoce della C.E.I. Sul versante pastorale, l’ufficio ha il compito di tenere i contatti con gli incaricati regionali e con i direttori diocesani. L’ufficio si pone a servizio delle strutture diocesane, favorendo la formazione, il coordinamento e la preparazione di sussidi. All’ufficio nazionale spetta anche coordinare la presenza dei media collegati con l’episcopato italiano e di promuovere la collaborazione con tutti i media di ispirazione cattolica, favorendo le sinergie e creando occasioni per l’approfondimento, il confronto e la progettazione. Funzioni in analoghe, su scala diocesana, ha l’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali. La Commissione per la valutazione dei film ha lo scopo di formulare una valutazione complessiva dei film ed un giudizio morale a fini pastorali. Ha il compito di offrire ai fedeli un giudizio qualificato per la scelta dei film da vedere o da utilizzare in ambito pastorale. Particolarmente utile sarebbe la creazione di un Osservatorio permanente a cui fare riferimento per la comprensione del fenomeno comunicativo e per fornire ai responsabili della Chiesa locale indicazioni utili alla conoscenza degli orientamenti dell’opinione pubblica. 12 SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI I mass-media arrivano a coinvolgere anche la c.d. massa di soggetti isolati, che senza questo coinvolgimento non riuscirebbero ad entrare in relazione tra loro e sicuramente non entrerebbero in relazione col mondo dell’informazione. Tra i soggetti isolati ci sono anche gli opinion leaders, che costituiscono a loro volta dei soggetti capaci di coinvolgere altri soggetti. I mass media costituiscono nello stesso tempo tre tipi di indicatori di rilevanza: 1. agende mediali 2. agende pubbliche 3. agende politiche Queste tre tipologie costituiscono, inoltre, tre tipi di esperienza personale di comunicazione interpersonale, e sono tra loro collegati in maniera circolare. Il sociologo McLuhan ha stabilito tre ere di sviluppo dei media: 1. oralità (orecchio): simultanea, circolare, concreta, coinvolgente, interdipendente, tribale 2. scrittura (occhio): analitica, lineare, astratta, individuale 3. elettronica (sistema nervoso): sintetica, sinestesia, globale, decentrata, neotribale Il nuovo areopago dei media ha portato al formarsi di un vero e proprio villaggio globale, che ha sancito il passaggio dall’individualismo della modernità al neotribalismo. La stampa, invece, aveva portato all’individualismo: basti considerare le leggi sulla privacy, con tutta la politica ad esse connessa, oppure alla logica relativista che si è susseguita con l’affermarsi del c.d. punto di vista, per finire col processo di specializzazione nel lavoro. In senso sociologico, la definizione di villaggio globale potrebbe essere la seguente: un luogo dove i flussi di informazione entrano in contatto con individui non più atomizzati, ma connessi l’uno all’altro. L’intuizione di McLuhan è stata la comprensione che i media sono un ambiente all’interno del quale costruire e negoziare proposte identitarie, ideologiche e relazionali, attingendo al repertorio simbolico in essi contenuto. Il funzionamento dei media La riflessione non deve limitarsi agli effetti che il contenuto dei media avrebbe sulla personalità dell’individuo, che è ormai competente e consapevole. Tale riflessione deve invece concentrarsi sugli usi che persone concrete fanno delle risorse che i media mettono a disposizione. Con la fine del monopolio delle agenzie di socializzazione tradizionali, il soggetto ha avuto accesso ad una gamma di risorse simboliche più ampia, attraverso le quali elaborare la propria proposta identitaria. Nella società attuale il “sé” è la proposta identitaria, in quanto il “sé”, oggi, è sempre un progetto o un work in progress. Come dice il sociologo Thompson, siamo tutti biografi di noi stessi. Si scontrano dunque due contrari: monopolio e pluralismo. Il vantaggio del monopolio è l’uniformità e la consonanza delle risorse messe a disposizione del soggetto, mentre la pluralità di agenzie permette l’accaparramento di risorse discordanti e/o conflittuali al loro interno e con i ruoli sociali. Riguardo le risorse discordanti, il soggetto deve ovviare impegnandosi in una strategia di raccordo che sia creativa (elaborazione di codici), 13 escapistica (fuga nella fantasia) e anti-istituzionale (ribellione come strategia di raccordo soggetto-ruolo). I media non sono dei persuasori occulti: da un lato essi strutturano e ristrutturano gli spazi dell’esistenza, dall’altra essi stessi sono luoghi e ambienti dove il soggetto si muove reperendo risorse simboliche. I media strutturano anche nuove forme di azione a distanza, ovvero azioni che riguardano altri lontani. La Tv è stata capace di moltiplicare i punti di vista, portando alla dissociazione tra vedere e agire. L’esperienza mediata della sofferenza dell’altro lontano limita il coinvolgimento: dunque si scatena il fenomeno dell’emozione senza azione. Da un lato i media frammentano lo spazio ed estendono le percezioni al di là del luogo, dall’altro sono utilizzati come costruttori di mondo comuni. Il “mondo comune” è fondamentale nella manutenzione di una comunità, e i membri di una comunità si riconoscono come tali nel loro dare lo stesso significato agli stessi simboli. Il rituale è una delle modalità di manutenzione del mondo comune più importanti di ogni cultura. Ha la funzione di esibire i simboli condivisi dal gruppo e di tracciare confini fra chi è dentro (e vi si riconosce) e chi è fuori. I “media events” (ovvero le incoronazioni, i mondiali di calcio, ecc.) sono rituali concepiti per essere mediatizzati su scala mondiale. Assolvono alla funzione di esibire dei valori condivisi e rafforzare il senso di appartenenza ad una comunità, anche attraverso il coinvolgimento emozionale. In un contesto delocalizzato o plurilocalizzato come il nostro, e soprattutto per le comunità diasporiche, i media costituiscono spesso l’unico possibile palcoscenico per i rituali che mantengono unite le comunità. Siamo alle prese con un processo di compressione spazio-temporale, in cui si verifica uno sganciamento dallo spazio e una conseguente pluralizzazione dei mondi dell’esperienza. La dialettica locale/globale porta all’incipiente fenomeno dei flussi migratori e di conseguenza alle comunità diasporiche. Tutto ciò sancisce la fine della monogamia geografica. I media trasformano il luogo in spazio aperto verso l’esterno, attraversato da una pluralità di flussi. Presentiamo tre modelli di rispazializzazione: 1. globalizzazione: la dimensione locale si è estesa all’intero pianeta 2. aspazialità-despazializzazione: lo spazio, scavalcabile sia fisicamente (con effetti deterritorializzanti), che simbolicamente (con effetti delocalizzanti), si ridefinisce e pluralizza, e così facendo perde il suo ruolo orientante. 3. reticolarità: una topografia culturale basata sugli Stati-Nazione risulta obsoleta; i media contribuiscono a costruire nuove possibilità di connessione e relazione, trasformando i luoghi in nodi di passaggio e smistamento dei flussi. La rispazializzazione è caratterizzata da una rete che diventa l’immagine più indicata per rappresentare la contemporaneità. La crisi della relazione identità-luogo-cultura è la diretta conseguenza, in quanto siamo alle prese con una cultura omogenea all’interno di un territorio non più circoscritto nei confini nazionali. Ora sul territorio si muovono costellazioni di identità e culture diasporiche, che sono in perenne movimento. I media utilizzati da queste comunità sono gli “small media”, detti anche “personal media”, ovvero sistemi di comunicazione casalinghi. 14 Media e costruzione dell’identità nazionale I media non sono meri apparati di persuasione del singolo, bensì strutturano e ristrutturano gli spazi, creano ambienti per la costruzione identitaria, forniscono un palcoscenico per le performance rituali. Una delle cornici identitarie di maggiore impatto è costituita dall’appartenenza nazionale. Lo Stato è l’insieme di istituzioni pubbliche e condivise che governano sopra un territorio definito, esercitando il monopolio della violenza. La Nazione è la comunità di persone che si percepiscono come affini condividendo una serie di tratti comuni considerati importanti, quali ad esempio la lingua, la cultura, la religione. Il nazionalismo è la politica ideologica secondo cui ad una Nazione deve corrispondere uno Stato: dunque si fa propinatore del concetto di Stato-Nazione. La comunità nazionale va costruita rinforzando i legami esistenti o creandone di nuovi. I mass media svolgono, in questo senso, un ruolo fondamentale. L’istituzione è quell’organo all’interno del quale i mass media lavorano, determinando la modernità nazionale, che ha la sua realizzazione pratica, appunto, nelle istituzioni. Queste costituiscono anzitutto dei principi ordinatori, e forniscono quadri con i quali orientarsi nel mondo. Le istituzioni cercano di presentarsi come: • Legittime • Coerenti • In grado di stabilizzare la complessità del mondo • Monopolistiche La crisi delle istituzioni ha attraversato varie fasi: 1. Crisi di legittimità Negli anni ’60 l’ego è stato riposizionato al centro dell’esperienza, dando luogo ai concetti di auto-espressione, auto-realizzazione, auto-determinazione, e alla contestazione del potere delle istituzioni di framing. 2. Crisi di coerenza In seguito le istituzioni si sono pluralizzate al proprio interno, non riuscendo ad assimilare una molteplicità di comportamenti ed atteggiamenti spesso discordanti. 3. Crisi di capacità di stabilizzazione I processi di pluralizzazione, rispazializzazione e ri-sincronizzazione, fanno sì che il mondo si renda più complesso, al punto da sfuggire al pur considerevole potere di normalizzazione istituzionale. 4. Crisi di monopolio Soggettivazione e culto della personalizzazione, unite alla presenza sul territorio di un’identità irriducibile all’assimilazione istituzionale, hanno portato alla moltiplicazione e alla dislocazione delle istituzioni a cui il soggetto risponde. Cultura e comunicazione I media lavorano come serbatoi transnazionali di risorse simboliche. Il soggetto vi attinge per costruire e mantenere il suo progetto identitario in un contesto nel quale l’orizzonte dello Stato-Nazione non costituisce più la cornice fondamentale. Il soggetto 15 elabora i propri progetti esistenziali attraverso l’immaginazione, spostandosi ben al di là della dimensione della località. Una grande pluralità di progetti identitari molto diversi fra di loro si trovano quindi a convivere all’interno del medesimo spazio geografico. Il concetto di cultura, nell’epoca classica (sec. XVII) era così concepito: “la cultura è tutto ciò di migliore che è stato prodotto dai grandi uomini”: dunque c’era una concezione di cultura eccezionale, universale, in opposizione con la natura. La concezione di cultura che c’è al giorno d’oggi prevede una cultura immersiva, continuamente prodotta e riprodotta dal soggetto. La cultura è un’insieme di valori, norme, simboli e manufatti tramandato di generazione in generazione, acquisito, elaborato e trasmesso, attraverso atti di comunicazione. Le funzioni che adempie la cultura sono principalmente tre: • • • Serbatoio di cornici condivise Prerequisito per l’ammissione di un gruppo Filtro tra stimolo e risposta Le relazioni interne ad una cultura sono la c.d. “sottocultura”, ovvero una compagine strutturata intorno alla fruizione, elaborazione e circolazione di codici diversi da quelli della cultura dominante. Generalmente la sottocultura è in opposizione alla cultura dominante, ma la prospettiva dominante è quella ludico-ricreativa. La relazioni interne ad una cultura sono il c.d. fenomeno della “controcultura”, ovvero una sottocultura caratterizzata da un’opposizione sistematica e strutturata alla cultura dominante. Il mosaico delle culture prevede che le culture vengano lasciate coesistere, eventualmente delimitando le aree geografiche di riferimento. Questo modello presuppone che le culture siano omogenee al proprio interno, ed entra pertanto in crisi quando ci si accorge che i confini vengono continuamente permeati. Le culture non sono mai omogenee, ma hanno al proprio interno un necessario grado di conflittualità. E’ in atto un processo di creolizzazione delle culture, ossia di contaminazione reciproca e bidirezionale fra le culture nazionali e la cultura globale. La debolezza del mosaico delle culture è determinata dalla permeabilità dell’arena globale, che porta ad un diffuso senso di minaccia verso la propria cultura e alla presunzione di omogeneità ed irrigidimento dell’identità, utilizzata come strumento difensivo atto a rimarcare le differenze verso le altre culture. Tutto ciò porta all’indifferenza verso la necessaria conflittualità interna di ogni cultura. La necessità della comunicazione interculturale è dovuta dalla disomogeneità della cultura al proprio interno, unita alla coesistenza sul medesimo territorio di culture diverse: questo fa sì che ogni atto comunicativo sia un atto di comunicazione interculturale. 16 ETICA DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI Definizione di etica: l'etica è l'indagine sull'agire dell'uomo. Il termine "etica" deriva dal greco "ethos". Esso indica un comportamento individuale o collettivo, un costume. Il termine "morale", a sua volta, deriva dalla traduzione latina di "ethos", che è appunto "mos, moris", costume. Può essere dunque considerato come un sinonimo di "etica". L'etica non è solo l'indicazione di un comportamento, individuale o collettivo, ma è la riflessione su quei principi e quei criteri che guidano il nostro agire. A seconda dei principi e dei criteri scelti questo agire può essere considerato, appunto, buono o cattivo, moralmente approvabile o moralmente riprovevole. L'agire, in quanto agire morale, è dunque un agire governato da criteri e da principi, che permettono di orientarci nelle nostre scelte concrete. C'è differenza tra etica generale ed etiche applicate: i progressi attuali di scienza e tecnica e la cancellazione, vera o presunta, dei limiti dell'azione umana, fanno sorgere la necessità di creare nuove discipline etiche, come la bioetica, l'etica ambientale, l'etica economica, l'etica sociale e, appunto, l'etica della comunicazione. Per definizione, l'etica applicata si riferisce a quell'ambito di discipline che affrontano i problemi connessi agli sviluppi della scienza e della tecnica, alla loro incidenza sull'agire dell'uomo e alla loro capacità di prolungare e di potenziare questo agire in maniera apparentemente illimitata. La domanda di partenza è: quali motivazioni stanno dietro alle scelte che, relativamente a una stessa notizia, fanno propendere per un titolo piuttosto che per un altro? E' la domanda dell'etica della comunicazione. La comunicazione è intesa come trasmissione di informazioni (in generale si parla di un messaggio) da un emittente ad un ricevente (o anche destinatario). Un tale messaggio è trasmesso in virtù di un vero e proprio contatto fra emittente e ricevente che si chiama "canale" (ad esempio, la mia voce). Il messaggio è dato secondo un codice ben preciso (ad esempio una determinata lingua). Un esempio pratico della teoria standard è la comunicazione pubblicitaria, in quanto c'è l'emittente, il messaggio pubblicitario e il ricevente come target (bersaglio). A proposito, quando si può dire che la pubblicità è una buona pubblicità? Quando un messaggio pubblicitario è ben riuscito? Risposta: quando risulta efficace ed efficiente. Qual è lo sfondo etico di queste nozioni? Esso è costituito dal principio dell'utilità. Si rimanda implicitamente, qui, ad un modello utilitaristico di definizione dell'azione. Da un punto di vista storico il modello standard nasce dalla volontà del matematico statunitense Shannon di massimizzare il rendimento informazionale della comunicazione, ricercando cioè il modo più efficiente per trasmettere i segnali, evitando ambiguità, disturbi e rumori di fondo. La cibernetica è stato o sbocco moderno di questa teoria di Shannon, ma si è rivelata inadeguata a spiegare ogni tipo di interazione comunicativa (come ad esempio l'interazione dialogica). E' bene porre una distinzione tra "informare" e "comunicare". Siamo infatti di fronte all'unilateralità del comunicare e alla bidirezionalità del comunicare, in quanto nel primo caso ci può essere anche un locutore e un locutario, mentre nel secondo casi ci sono due interlocutori. Siamo dunque giunti alla definizione generale di "comunicazione": comunicare significa dischiudere uno spazio comune di relazione fra interlocutori. 17 La deontologia professionale L'approccio deontologico è quello che riguarda le varie categorie professionali di comunicatori. Con l'emergere dell'aspetto deontologico si delinea l'esigenza di una regolamentazione dei processi comunicativi. E riconoscere questa esigenza è certamente fondamentale se si vuole favorire la nascita di un'etica della comunicazione: è il suo grado-zero. Possiamo dare la seguente definizione di deontologia: il complesso dei doveri relativi ad una certa professione o ad una particolare attività. Essa stabilisce ciò che bisogna o meno fare in un certo ambito, nella misura in cui ciò risulta prescritto da un'istanza riconosciuta come normativa. L'approccio deontologico, relativo alle varie categorie professionali di comunicatori o a specifiche loro attività, si esprime attraverso i codici. Un codice è il luogo in cui viene raccolto, enunciato e perciò reso pubblico l'insieme dei doveri riguardanti una determinata attività. Di solito esso indica, oltre che particolari doveri, anche le sanzioni a cui va incontro chi trasgredisce quanto stabilito dal codice. Il codice solitamente indica inoltre le regole che sovrintendono al riconoscimento della trasgressione e all'applicazione delle sanzioni. Il carattere proprio dei codici è quello dell'auto-regolamentazione. Per salvaguardare la libertà di espressione e di comunicazione in un contesto democratico i codici non possono essere imposti da un'istanza esterna alla categoria professionale interessata. I codici quindi sono di autoregolamentazione: un'auto-regolamentazione che viene compiuta all'interno degli ambiti professionali coinvolti. In questo modo, dunque, risultano conciliate, per un verso, la necessità di salvaguardare la libertà di espressione e, per altro verso, la consapevolezza che non si può dire tutto, facendo in modo, cioè, che quanto si può dire venga fissato proprio da coloro che lo possono o che lo debbono dire. Il limite dei codici è che fin troppo spesso l'applicazione di questi documenti risulta difficile e farraginosa, e le sanzioni comminate, posto che lo siano davvero, sono spesso di modesta entità. I codici, poi, sono relativi a particolari categorie professionali. E all'interno di queste organizzazioni di categoria, sovente, controllore e controllato finiscono per coincidere. I codici rimandano perciò, per poter essere, ad una motivazione etica che li travalica. L'etica nella comunicazione L'etica nella comunicazione è un'indagine sul linguaggio e sulla comunicazione che ritiene di essere in grado di ritrovare all'opera, nella comunicazione stessa, particolari principi etici, che ciascun parlante si troverebbe indotto ad applicare. Questa è la tesi elaborata da Apel e Habermas. In estrema sintesi il loro progetto è caratterizzato dall'intenzione di rinvenire all'interno dello stesso ambito comunicativo, criteri e principi etici che pretendono di avere una validità universale. Già nel discorso stesso vi sono aspetti decisivi, implicitamente messi in opera, che assumono, di fatto, il carattere di obblighi morali. Ecco perché, nella misura in cui tali obblighi sono riconosciuti da ogni soggetto razionale, diviene possibile ricavare, da questi elementi insiti nella prassi comunicativa, le condizioni che consentono di elaborare un'etica generale. Apel enuncia questi principi: 1. giustizia 18 2. solidarietà 3. corresponsabilità Habermas ha invece elaborato la dottrina dell'approfondimento. Vi è differenza tra l'agire comunicativo strategico, il quale mira a promuovere l'affermazione di sé e della propria tesi, rispetto all'agire comunicativo nell'ambito dell'etica del discorso, che si configura per la sua aspirazione all'intesa e per l'identificazione del linguaggio come luogo in cui una tale intesa si può realizzare. All'interno dell'etica del discorso si possono enunciare due principi: 1. principio di universalizzazione: ognuno norma valida deve ottemperare alla condizione che le conseguenze e gli effetti collaterali possano essere accettati senza coazione da tutti gli interessati; 2. formula essenziale dell'etica del discorso: ogni norma valida dovrebbe poter trovare il consenso di tutti gli interessati, purché questi partecipino ad un discorso pratico. Si tratta di una teoria ambiziosa, perché intende offrire una fondazione comunicativa della stessa etica in generale, visto che i principi etici si trovano nell'esercizio dello stesso agire comunicativo. Si tratta di una teoria che mostra indubbie opportunità, ma anche dei limiti. Apel e Habermas mostrano che non si può comunicare senza agire eticamente. Etica qui vuol dire qualcosa di ben preciso. Nella concezione di Apel significa promozione di giustizia, solidarietà e corresponsabilità. Resta aperta la domanda sul senso dell’agire morale: la questione riguardante il voler essere buoni. Etica della comunicazione giornalistica I codici dei giornalisti riguardano il trattamento della privacy, il trattamento delle notizie relative ai minori (Carta di Treviso), il rapporto tra attività giornalistica e pubblicità, l'utilizzo dei sondaggi come fonte d'informazione giornalistica. La responsabilità del giornalista riguarda l'assunzione di quanto prescritto dai codici, e soprattutto, nei confronti dei fatti e delle notizie di cui scrive. Il problema della verità e dell'obiettività del discorso giornalistico. Molto ampio è il discorso sull'obiettività del giornalista. Possiamo sintetizzarlo in due punti: 1. obiettività come neutralità 2. obiettività come equità 19 PASTORALE DELLA COMUNICAZIONE Occorre fare chiarezza sui termini: 1. pastorale (riflessione pastorale, azione pastorale) 2. delle comunicazioni sociali (genitivo allo stesso tempo oggettivo e soggettivo) Fare chiarezza su questi due concetti, che insieme formano l’oggetto del nostro studio, aiuta a cogliere gli snodi epocali, sociali e culturali e, allo stesso tempo, ad indagare come lo scenario sia fortemente modificato a partire dalla presenza massiccia, complessa ed integrata dei media. L’animatore della cultura e della comunicazione può muovere i suoi passi, perché la fede e la cultura possano riconoscersi come alleati nel processo di costruzione dell’uomo. Il significato di pastorale “Pastorale” è spesso usato come aggettivo specificativo di un sostantivo (concilio pastorale, teologia pastorale, progetto pastorale). Chiediamoci quel è il significato che diamo a questo termine e, in particolare, cosa intendiamo dire quando predichiamo di un sostantivo la sua propria pastoralità. “Pastorale” non indica ciò che è pratico nel senso di uno spazio nel quale basta applicare i criteri dogmatici normativi, bensì trattiene un costitutivo legame con la prassi, ma non può essere ricondotto con semplicità al luogo dell’empiria né tanto meno dell’applicazione. Si parla spesso di progettualità pastorale, in quanto è diventato un termine del linguaggio comune, così come è diventato comune (dunque a volte anche retorico) dire che “è lo Spirito Santo che ci guida”. Il problema è dire di no alla pigrizia ripetitiva e all’empirismo acritico. E’ lo stesso agire umano personale e sociale che ha come carattere distintivo e specifico la progettualità. La progettualità pastorale non avviene nell’ambito delle tecnologie esperte, ma agisce nelle mentalità. Progettare l’azione ecclesiale è una questione di Fede. I modelli inadeguati per progettare la pastorale sono quelli che fanno riferimento al bianco/nero: ovvero o va tutto bene quello che si è sempre fatto, o non va per niente bene e bisogna ripartire da zero. Il futuro può essere previsto, calcolato e pianificato: è il potere politico, economico e mediatico a decidere sugli obiettivi da perseguire e sui mezzi da utilizzare (modello positivistico). Allo stesso tempo, è la comunità scientifica ad indicare obiettivi e mezzi che i politici ratificano (modello tecnocratico). Questi due modelli sono inadeguati in quanto non si può interpretare il futuro in modo esclusivamente tecnologico/evolutivo e neppure teleologico. Inoltre, il futuro non può essere anticipato né predeterminato, poiché non può essere posseduto. Va chiarito che si rinuncia al possesso ma non alla conoscenza. Il progetto pastorale ha un carattere situato e concreto, ma si mantiene ancora su linee di carattere complessivo. Individua obiettivi da raggiungere nel medio e lungo periodo, in forma specifica secondo le esigenze, opportunità e disponibilità che comportano tali scelte. Indica in modo generale linee e strumenti d’azione e dà forma operativa primaria alle azioni pastorali. 20 Chiesa e comunicazione La nostra epoca costituisce una provocazione per la Chiesa. Oggi non è più opportuno solo prendere coscienza delle mutate condizioni storiche della società e delle sue strutture culturali, ma assumere concretamente uno sguardo nuovo. Non è solo il momento propizio per discutere di eventi e di problemi, ma soprattutto per cambiare radicalmente il volto della presenza e dell’intelligenza cristiana. E’ venuto meno il c.d. “regime di cristianità”, cioè una struttura sociale nella quale la cultura-ambiente sosteneva una sorta di iniziale predeterminazione della fede cristiana di ogni uomocittadino. L’appartenenza alla grande famiglia cristiana non è più un dato scontato. Tuttavia le grida allarmate degli apocalittici nostalgici non sembrano più giustificate, in quanto le loro valutazioni nascono da un’analisi affrettata di quello che è il contesto religioso attuale, che non riesce a comprendere le mutate condizioni culturali in cui annunciare il Vangelo. Ed è su questo importante aspetto comunicativo che si vuole dare una risposta. Va dato atto alla comunità cristiana di questi ultimi anni di avere sviluppato in modo coerente e positivo la sua attenzione nei confronti dei media. A partire dal Vaticano II, la crescente importanza dei mezzi di comunicazione di massa è stata continuamente analizzata, ma solo ultimamente è maturata una comprensione profonda del problema comunicativo in seno alla Chiesa. Un’analisi profonda del rapporto tra Chiesa e comunicazione sociale ha portato ad una risposta gestionale, ovvero un uso dei media per la pastorale. Ciò detto, è maturata un’altra esigenza, la formazione degli utenti e degli spettatori. L’interesse e le iniziative si sono spostati dal versante dell’emittente a quello del ricettore. La recente letteratura critica sui media tende ad accentuare la responsabilità critica sullo spettatore, abbandonando le iniziali teorie ipodermiche che ritenevano i media come protagonisti di un’onnipotenza persuasiva. Lo spettatore dunque interagisce con i messaggi che gli arrivano dai media con le proprie conoscenze e aspettative. La Chiesa si è fatta carico di non trascurare questa priorità assoluta della formazione, attivando corsi, attenzioni e opportunità educative. Tra le righe di questi due atteggiamenti, emerge una terza dimensione fondante, che si configura come una riflessione socio-antropologica che tematizzi la modalità attraverso cui il complesso e integrato sistema dei media influisce sul nostro essere Chiesa. Come già aveva messo in luce McLuhan, i media trasformano la stessa società. Un diverso modo di comunicare determina un diverso modo di socializzare, di pensare, di fare cultura. La riflessione degli specialisti ha cercato da una parte di offrire prospettive circa il possibile uso che la Chiesa può fare dei media, e dall’altra ha chiarito il ruolo che la comunità cristiana può rivestire operando nell’ambito formativo. Il dato epocale importante è che più recentemente ci si è preoccupati di comprendere quale sia l’incidenza dei media e delle nuove tecnologie rispetto alla pastorale ordinaria e alle sue strategie. Lo stesso convegno di Palermo ha cercato di raccogliere quegli presenti nelle svariate riflessioni presentate, per fare emergere quelle domande che il nuovo mondo mediale pone all’opera di evangelizzazione di base della Chiesa. Non ci si potrà esimere dall’attivare, almeno in modo sperimentale, alcune situazioni dove si cerchi di dare forma ad alcuni itinerari di educazione alla fede che nascano proprio dalla riflessione sull’incidenza dei new media sui modelli antropologici. E soprattutto andrà indicato 21 quali siano le aree della pastorale ordinaria dove le competenze comunicative diventino forma di spiritualità laicale. Ma, accanto alle considerazioni di tipo operativo, è importante soffermare l’attenzione sulle linee di un quadro storico-antropologico più ampio, per comprendere in quale senso sia possibile sostenere che, in realtà, mai un’epoca è stata così favorevole quanto la nostra. Infatti oggi, quando i tradizionali canali di trasmissione della fede, come la famiglia, la scuola e le istituzioni sociali, presentano ormai la loro totale inadeguatezza a causa delle mutate strutture ideologiche, emerge con forza l’idea che sia illuminante operare un parallelo suggestivo tra il nostro periodo e quello della Chiesa primitiva o apostolica. Oggi incontriamo un panorama creato da decenni di cultura laicista, dominata da paradigmi di pensiero che hanno spostato la problematica religiosa su terreni di difficile controllo: tanto che la reazione delle agenzie educative è stata quanto meno impulsiva. Tutto ciò sembra definitivamente porre il credo cattolico come una fra le molte possibili visioni del mondo, con la conseguente reclusione del religioso nella sfera del privato. E’ in profonda crisi il modello di trasmissione del Vangelo: è infatti del tutto sbagliato pensare che sia antiquato il Vangelo. Per un Chiesa più consapevole, si pone oggi un nuovo compito: quello di accettare il mutamento dei canali di trasmissione della Fede. Ma c’è un’altra provocazione importante: se non è più possibile pensare alla famiglia, alla scuola e alla società come a fattori determinanti la scelta della fede, questo pone in evidenza anche un aspetto positivo e cioè che la fede diviene sempre più un’opzione consapevole e libera. Proprio questo rilievo ci apre a considerare la nostra epoca come un momento che la cristianità può vivere in modo propriamente apostolico. Appunto come all’inizio della vita della Chiesa, anche oggi i cristiani devono inculturare il messaggio evangelico. La nostra cultura appare composta da due versanti imprescindibili: da una parte le contraddizioni e il fascino di una nuova epoca del pensiero e del comportamento umano, segnata dalla c.d. secolarizzazione e dal postmoderno irrazionalista; dall’altra la permanenza di un progetto forte, che è quello di continuare a coltivare, mostrare e approfondire il legame imprescindibile con il mistero di Dio. La coscienza del singolo diviene dunque luogo del discernimento culturale per l’emersione del rimando. Essa rappresenta il luogo di un’attività personale che assume la forma di una spiritualità possibile per l’oggi: coltivare la capacità di cogliere i segni di quel rimando che, se accolto, rivela che l’esperienza umana, dall’adesione alla fede alla responsabilità civile, si dà costitutivamente come unità di senso. Inoltre la dimensione relazionale della comprensione coinvolge da vicino e illumina tutta la sfera della comunicazione, anche della comunicazione di massa. Il sistema dei media oggi propone un’enorme quantità di segni, che devono ovviamente essere interpretati dal singolo: ecco che la coscienza dell’uomo postmoderno riceve continue sollecitazioni per lo sviluppo della propria competenza interpretativa. La comunità cristiana vive straniera in questa cultura, che pure le appartiene ma alla quale non appartiene più. E’ dunque chiamata, come all’inizio della vita della Chiesa, a giocare la sua credibilità anzitutto sulle persone che incontra, piuttosto che ad impegnarsi in un’operazione di auto-coinvolgimento manageriale in tutte le agenzie comunicative ed educative. 22 La Chiesa nella società dei media La Chiesa oggi è sempre più vista, sia dalle pubbliche amministrazioni che dai singoli, fedeli, come erogatrici di servizi, e non più come luogo dive ritrovarsi da un punto di vista esistenziale. La contemporaneità ha visto il venir meno dei tradizionali canali di trasmissione della fede ed in particolare la messa in mora della famiglia e della scuola come luoghi/occasioni di apprendimento della simbolica cristiana e dell’elaborazione del senso dell’esistenza. Insieme al profilarsi di un contesto socio-culturale sempre più complesso e delicato, è venuto emergendo in maniera esponenziale il sistema produttivo mediatico con la sua carica di rimediazione delle esperienze e di erosione dello stesso linguaggio e delle figure religiose. Quella che va in qualche modo istruita è la questione circa il rapporto tra fede e cultura, nella consapevolezza che non c’è cultura che non sia permeabile al Vangelo, e nello stesso tempo tale permeabilità non giunge mai all’identificazione del Vangelo con una forma culturale. Esso infatti si presenta continuamente estroverso, eccedente rispetto a qualsiasi forma di cultura. Generalmente si è soliti far iniziare l’interesse della Chiesa nei confronti del mondo della comunicazione con il decreto conciliare Inter Mirifica. Al di là della complessa e per certi versi contrastata vicenda redazionale del decreto, esso rappresenta certamente un documento di grande rilievo proprio per il fatto di essere frutto del Concilio Vaticano II. Ma non si devono dimenticare i moltissimi interventi della Chiesa, dai discorsi alle encicliche, proprio in riferimento al mondo dei media. In seguito, si è passati al c.d. metodo della biblia pauperum, la riproposizione del messaggio biblico in una chiave più facilmente comunicativa. Inoltre, si è arrivati a proporre il messaggio cristologico nelle più varie sfaccettature (sociologico, psicologico, ecc.). Questi approcci non sono al riparo da alcune problematiche: anzitutto cercano di correlare discipline differenti per oggetto e per metodo, e non è chiaro se venga fatto con un’ottica speculativa oppure solamente pratica. La problematicità della correlazione dei termini Chiesa e comunicazione si accompagna dunque ad un disagio di metodo. La Chiesa presente in un luogo comunica, si rapporta con il territorio, subisce l’influsso e il condizionamento della cultura dominante, soffre e alimenta pregiudizi. La correlazione Chiesa e comunicazione pertanto si sottrae alla riduzione di una Chiesa solo comunicazionale, come se fosse la public-relation di Dio. Il suo fare comunicazione è inteso invece in un’ottica prettamente evangelica. Queste incursioni teologiche sull’azione della Chiesa nell’attuale contesto socio-culturale, la cui cifra sintetica è il sistema comunicativo, ribadiscono la necessità di sviluppare lo studio di una teologia della comunicazione che non si annoveri tra le ormai codificate teologie del genitivo, ma all’interno della teologia pastorale. Porre il problema del rapporto tra Chiesa e comunicazione significa riflettere su un’ermeneutica della storia per un discernimento che sappia cogliere la possibilità, oltre che l’attualità, della prassi credente. Insomma, si tratta di farsi carico di creatività e intelligenza per immaginare quali forme potrebbe assumere la comunità cristiana per essere attestazione comprensibile della verità evangelica. Pare assodato a questo punto che il problema non è riducibile semplicemente ad un ammodernamento di linguaggio quanto piuttosto della questione antropologica. Infatti, guardando alla storia della comunicazione, ci si accorge che i 23 cambi epocali non riguardano semplicemente una nuova tecnologia comunicativa, ma implicano un lento e inesorabile ripensamento antropologico. Tra le scelte prioritarie della Chiesa italiana si annovera la formazione differenziata per livelli di percorsi e integrata tra centri formativi e strutture professionali. Dunque la sinergia tra università pontificie e uffici CEI ha dato luogo a varie esperienze, come la Sala della comunità, oppure Sat2000 o il circuito radio InBlu, che sono entrate a far parte dello scenario massmediale ecclesiale. DIRITTO DELL’INFORMAZIONE La disposizione costituzionale sulla libertà di manifestazione del pensiero La libertà di manifestazione del pensiero, tra le libertà fondamentali, è certamente una di quelle che più caratterizza i rapporti tra lo Stato ed i cittadini, contribuisce a delineare una determinata forma di Stato, e tutto il sistema democratico di stampo occidentale (o liberale). La Corte Costituzionale italiana l’ha definita “la pietra angolare dell’ordinamento democratico. Il principio della libera manifestazione del pensiero è, tra l’altro, uno dei più regolamentati dalle moderne Costituzioni nazionali, ed anche in numerosi atti e documenti internazionali. L’art. 21 della Costituzione italiana stabilisce, al primo comma, che “tutti hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto, ed ogni altro mezzo di diffusione”. Nei commi successivi, dal secondo al quinto, detta i principi sulla disciplina della stampa infine, al sesto comma, enuncia i limiti del buon costume, che vale non solo per la stampa ma anche per gli spettacoli, ed in genere per “tutte le manifestazioni del pensiero”. La norma dell’art. 21 della Costituzione segna un notevole progresso rispetto alla corrispondente dello Statuto Albertino, che proclamava la libertà della stampa, ma la consegnava alla discrezionalità del legislatore con un’equivoca formulazione (“La stampa è libera ma una legge ne reprime gli abusi”), che avrebbe consentito ampie limitazioni durante il ventennio fascista. Da notare che l’art. 21 parla di “stampa”, ma non fa cenno alla tv ed alla radio: la prima ancora non esisteva, era agli inizi del suo sviluppo in Europa, ma analoga considerazione non può valere per la radio, invece già molto diffusa. Oltre a queste “omissioni” sui supporti tecnici, nell’art. 21 mancano alcuni profili concettuali già presenti in altri testi normativi: ad esempio, nell’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, troviamo una definizione più ampia della libertà di pensiero: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di cercare, ricevere, e diffondere informazione ed idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo alle frontiere”. La stessa Costituzione tedesca (art. 5) parla di “diritto di informarsi senza ostacoli da fonti accessibili a tutti”, e proclama, oltre alla libertà di stampa, la “libertà di informare mediante radio e film”. Un altro importante riferimento è rappresentato dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (approvata nel 1950 dagli Stati membri del Consiglio d’Europa e ratificata dall’Italia nel 1955): il primo comma dell’art. 10 stabilisce che ogni persona ha diritto alla libertà di espressione, che comprende la libertà di opinione e la 24 libertà di ricevere o comunicare le informazioni e le idee senza ingerenze da parte di pubbliche autorità e senza considerazione di frontiere”; conclude precisando che “il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre le imprese di radiodiffusione, di cinema e di televisione ad un regime di autorizzazione”. Un’articolazione ancora più completa si trova negli atti più recenti, in primo luogo l’art. 11 della Parte prima del progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, adottato dalla Convenzione europea il 10 luglio 2003: in tale articolo riprende la formula della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in quanto stabilisce che “ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”. La definizione della libertà di manifestazione del pensiero. Il primo comma dell’art. 21 adotta una formulazione che attribuisce a tutti (sia cittadini che stranieri) il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, a conferma che si tratta di un diritto dell’uomo. Questo dal punto di vista del soggetto titolare del diritto. Dal punto di vista dell’oggetto del diritto, la dottrina e la giurisprudenza della Corte Costituzionale hanno equiparato alla definizione del “proprio pensiero” le notizie ed i fatti di attualità, le conoscenze e, in genere, le informazioni. Restano invece esclusi dalle garanzie dell’art. 21 l’istigazione, l’apologia, la propaganda, ritenute più azioni che pensiero, nonché, secondo una parte della dottrina, la pubblicità, considerata strumentale alla libertà di iniziativa economica e sottoponibile agli stessi limiti che l’art. 41 della Costituzione prevede a tale riguardo. La libertà di manifestazione del pensiero si ricollega inoltre ad una pluralità di altre libertà enunciate nella nostra Costituzione, tra cui la libertà di riunione ed associazione (art. 17-18), le libertà sindacali (art. 39) e l’attività dei partiti politici (art. 49). Sistema dei limiti alla libertà di manifestazione del pensiero L’unico limite stabilito espressamente dall’art. 21 è quello del “buon costume”: il sesto comma prevede infatti che siano “vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”. E’ evidente, tuttavia, che la libertà di manifestazione del pensiero incontra altri limiti, “impliciti”, dettati dall’esigenza di tutelare beni diversi, altrettanto garantiti dalla Costituzione. La dottrina prevalente, nonché la giurisprudenza della Corte costituzionale, concorda tuttavia nel ritenere che non siano ammissibili altri limiti diversi da quelli fondati sulla stessa Costituzione. I cosiddetti “limiti impliciti” (cioè diversi dal buon costume) possono comunque essere classificati in due grandi categorie, a seconda che derivino da situazioni giuridiche facenti capo a soggetti privati o a gruppi sociali, oppure alla tutela di interessi di natura pubblicistica. Nel primo gruppo rientrano i limiti che discendono dai cosiddetti “diritti della personalità”: 25 • diritto alla riservatezza; • diritto all’onorabilità; • diritto alla dignità sociale; • diritto d’autore e delle opere di ingegno; Nella seconda categoria rientrano i limiti fondati sull’interesse all’amministrazione della giustizia, il prestigio del Governo e della pubblica amministrazione, la sicurezza dello Stato, il prestigio dell’economia pubblica. Il buon costume È piuttosto problematico dare una definizione univoca di buon costume. Dal punto di vista penalistico, afferisce al comune senso del pudore e della pubblica decenza, ed è relativo essenzialmente alla sfera della morale sessuale. Il riferimento normativo fondamentale è l’art. 529 del codice penale, che precisa che “agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore”. Trattasi di una definizione che comporta un’ampia flessibilità applicativa, a causa della indeterminatezza e della variabilità storica delle nozioni di “comune sentimento” e di “pudore”. La Corte costituzionale ha precisato con fermezza che il buon costume non può coincidere con la morale o la coscienza etica in quanto concetti che vivono nella coscienza individuale, ma deve intendersi come risultante da “un insieme di precetti che impongono un determinato comportamento nella vita sociale di relazione, l’inosservanza dei quali comporta la violazione del pudore sessuale, della dignità personale che con esso si congiunge, e del sentimento morale dei giovani”. È una definizione più precisa, ma ancora notevolmente elastica, per consentirne l’adeguamento al mutare delle opinioni sociali nel corso del tempo. La Corte è inoltre intervenuta per operare un netto distinguo tra la capacità offensiva del comune senso del pudore quando atti e oggetti sono destinati a raggiungere la percezione della collettività e, al contrario, la mancanza di tale capacità quando gli stessi si esauriscono nella sfera privata. In altre parole, per la Corte la “pubblicità” è un requisito essenziale della nozione di “buon costume”; tanto più importante quando i destinatari dell’atto o dell’oggetto sono i giovani, in quanto il dovere di protezione della gioventù è espressamente previsto dalla Costituzione (art. 31). Al limite del buon costume non è soggetta invece l’opera d’arte e la scienza, mancando la menzione di tale limite nell’art. 33 della Costituzione. Il limite della tutela dell’onore La libertà di manifestazione del pensiero comprende qualsiasi forma di espressione delle idee, di opinione, di notizia che si vuol comunicare agli altri. Dunque si devono considerare tutelate dalla norma costituzionale anche le notizie e, in genere, le informazioni. Esiste, cioè, un diritto di cronaca che la giurisprudenza ritiene legittimo anche nel caso di contenuto ingiurioso o diffamatorio, in presenza di requisiti di verità, utilità sociale e continenza. La tutela dell’onore e della reputazione della persona costituisce la fonte di una serie di limiti alla libertà di espressione. Il suo fondamento 26 viene ravvisato da alcuni nell’art. 2 della Costituzione (interpretato come “categoria aperta” dei diritti inviolabili); da altri nell’art. 3, che riconosce la “pari dignità sociale dei cittadini”; da altri ancora nello steso art. 21, primo comma, che, nella parte in cui tutela il cosiddetto “diritto al silenzio”, garantirebbe anche la pretesa a che non siano divulgati fatti o valutazioni disonorevoli. Ma come può essere definito il “bene giuridico dell’onore”? Una definizione è “il complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale della persona, o come l’opinione che delle qualità di una persona ha essa stessa o l’ambiente sociale”. In generale, si tende ad individuare due profili: • l’onore in senso “soggettivo”, che consiste nel sentimento che ciascuno ha di se stesso e della propria dignità; • l’onore in senso “oggettivo”, cioè la reputazione, che si individua nella stima che i consociati hanno del soggetto in questione. In base a questa dicotomia è definito anche il sistema dei delitti contro l’onore, che prevede le due fattispecie-base dell’ingiuria, offensiva dell’onore e del decoro, e della diffamazione, lesiva della reputazione. I limiti al diritto di cronaca Ai fini della tutela dell’onore, la Corte di Cassazione ha individuato una serie di limiti all’esercizio di cronaca, o più esattamente una serie di condizioni che operano come discriminanti nei confronti della cronaca lesiva dell’onore altrui: • la prima attiene all’“utilità sociale” della notizia o alla rilevanza sociale della stessa: sono socialmente rilevanti le notizie che rivestono interesse per l’intera collettività nazionale, o anche per poche persone, purché siano tali da assumere ugualmente significato per la collettività in ragione della rilevanza morale o sociale dell’argomento. • l’inderogabile necessità di un rispetto del limite della verità oggettiva di quanto riferito; non poche sentenze, peraltro, hanno considerato sufficiente la “verità putativa”, purché il giornalista dia prova di aver svolto un lavoro diligente di verifica delle fonti di informazione; • l’obbligo di rappresentare fedelmente gli avvenimenti tali quali siano; pertanto, un’altra condizione essenziale è la continenza, ovvero la forma civile dell’esposizione, poiché notizie vere possono risultare offensive in conseguenza del modo e della forma in cui vengono presentate: perciò possono considerarsi illeciti, in quanto lesivi dell’onore, gli epiteti ingiuriosi isolati, le valutazioni offensive sproporzionate alla portata del fatto o del comportamento censurato, le affermazioni degradanti. La tutela dell’onore diventa ancora più complessa quando si considerano forme di espressione diverse dalla cronaca, quali la critica e la satira, entrambe garantite dall’art. 21 della Costituzione. La critica, rispetto alla cronaca non si concretizza nella narrazione di fatti, bensì nell’espressione di un giudizio o di un’opinione: pertanto, come discriminanti, vengono meno i criteri di verità ed obiettività, e diventa complicata l’applicazione della categoria di continenza (perché la critica deve esprimersi con libertà di linguaggio); rimane però il limite dell’interesse pubblico e sociale della critica stessa: 27 in altre parole, le persone ed i comportamenti criticati devono richiamare su di sé l’attenzione dell’opinione pubblica. Ancora più aleatoria è la consistenza dei limiti nel caso della satira, per il suo carattere intrinsecamente dissacrante: l’unico limite vero è quello della rilevanza sociale, cioè la notorietà della persona cui il fatto si riferisce, ed un nesso di pertinenza tra il fatto esposto in forma umoristica e la sfera della persona investita dalla notorietà, poiché la satira deve attenersi ad ambiti diversi da quelli della vita privata della persona nota. Il limite della riservatezza Altro limite alla libertà di manifestazione del pensiero è il diritto alla riservatezza, definito come l’interesse di un soggetto a mantenere la sfera della propria vita privata ed intima al riparo da indiscrezioni altrui. Qual è il fondamento costituzionale? Alcuni lo fanno discendere dalle disposizioni che tutela il domicilio (art.14) ed il diritto di comunicazione e corrispondenza (art. 15); altri lo ricavano dallo stesso art. 21, come libertà negativa di manifestazione del pensiero; la dottrina prevalente fa però riferimento all’art. 2 della Costituzione, interpretandolo come “generale diritto della personalità”. Ma il contributo più importante alla sua definizione è venuto dalla giurisprudenza della corte di Cassazione, che ha elaborato una serie di principi recepiti dal legislatore con la cd. “legge sulla privacy”. La sentenza storica è la n. 2199/1975, nella quale è stata individuata la natura nella “tutela di quelle situazioni e vicende strettamente personali e familiari, le quali, anche se verificatesi fuori dal domicilio domestico, non hanno per i terzi un interesse socialmente apprezzabile”. Il problema della tutela della riservatezza si pone soprattutto in relazione al diritto di cronaca. La libertà di essere informati All’interno della libertà d’informazione è necessario distinguere i due lati della medaglia: • il lato attivo, definito come “libertà di informare”, che definisce la posizione soggettiva del titolare della libertà di informazione, di colui, cioè, che elabora e che diffonde presso il pubblico notizie, fatti, informazioni; • il lato passivo, inteso come libertà di informarsi, “libertà-diritto di essere informati”. Il lato passivo della libertà d’informazione è da tempo evidenziato nei testi costituzionali ed anche in molti documenti internazionali (la Carta delle Nazioni Unite, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, la Carta dei diritti dell’Unione europea). Il titolare di questa libertà è frequentemente lo stesso titolare della libertà d’informazione mentre il titolare dell’obbligo, dei doveri, sarà principalmente lo Stato, la pubblica amministrazione o quanti altri detengano le fonti, le notizie riservate che i primi hanno interesse a conoscere e divulgare. Il principio della pubblicità degli atti amministrativi è da ricollegare ai principi costituzionali di legalità e imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97). 28 Il limite dei segreti Le considerazioni appena svolte sulla libertà di essere informati, ci portano a considerare un’altra categoria di limiti, quella relativa ai segreti, l’esistenza dei quali costituisce forse la più radicale limitazione alla libertà di cui all’art. 21 della Costituzione. In linea generale, è possibile ricondurre i segreti a due grandi categorie: • il primo gruppo attiene alla tutela di situazioni facenti capo a soggetti privati: segreto professionale, segreto scientifico e industriale, segretezza delle comunicazioni; • il secondo gruppo attiene invece alla tutela di interessi di dimensione schiettamente pubblicistica: così il segreto di Stato, il segreto d’ufficio e, per certi aspetti, il segreto investigativo. Il segreto professionale L’art. 622 del codice penale prevede il delitto di rivelazione del segreto professionale per le seguenti categorie di professionisti e titolari di particolari uffici: • ministri delle confessioni religiose; • avvocati; • investigatori privati autorizzati; • consulenti tecnici e notai; • medici, chirurghi, farmacisti, ostetriche ed ogni altro esercente la professione sanitaria; • gli esercenti altri uffici o professioni cui la legge riconosca la facoltà di astenersi dal deporre. L’art. 200 del codice penale dispone che il diritto di astenersi dal deporre è riconosciuto anche ai “giornalisti iscritti nell’albo professionale, relativamente ai nomi delle persone dalle quali hanno avuto notizie nell’esercizio della loro professione. Tuttavia, se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può esser accertata solo attraverso l’identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni”. 29 Ordinamento della comunicazione La riforma costituzionale del Titolo V della parte seconda della Costituzione, nella redistribuzione delle competenze tra Stato e Regioni, ha collocato il settore della comunicazione (“ordinamento della comunicazione”) tra le materie di legislazione concorrente, laddove allo Stato è riservata la definizione di principi fondamentali e alle Regioni la normativa di dettaglio. Tale scelta risponde alla necessità che lo Stato – nel definire i principi fondamentali – svolga la sua “essenziale funzione di salvaguardia dell’unità della Nazione e dell’identità culturale italiana”, mentre, dall’altro, le Regioni sviluppino una legislazione che “valorizzi il criterio dell’articolazione territoriale della comunicazione come espressione delle identità e delle culture locali”. Principi fondamentali individuati dalla Corte costituzionale In questo quadro gli orientamenti più innovativi della giurisprudenza sono si sono venuti a manifestare sull’asse di tre direttrici fondamentali che hanno investito: • riconoscimento di un “diritto all’informazione” inteso come “libertà di informare”; • individuazione del pluralismo come valore sotteso all’intero sistema dell’informazione; • definizione dei caratteri fondamentali del servizio radiotelevisivo inteso come “servizio pubblico essenziale” (art. 43 Cost.), ma destinato ad operare entro la cornice costituzionale della libertà di espressione del pensiero (art. 21 Cost.) e della libertà di impresa (art. 41 Cost.). Per quanto concerne il “diritto all’informazione”, la Corte, in linea generale, è sempre partita dal riconoscimento che la libertà d’informazione va inclusa nella libertà di espressione, dal momento che le notizie (al pari delle opinioni) vanno ricondotte all’ambito delle espressioni del pensiero. Da qui l’esigenza di caratterizzare e qualificare il “diritto dell’informazione” in ragione di: • pluralismo delle fonti di informazione; • obiettività e imparzialità dei dati forniti; • completezza, correttezza e continuità dell’attività informativa; • rispetto della dignità umana e degli altri valori primari garantiti dalla Costituzione. E proprio da questi obblighi specifici la Corte faceva anche derivare il dovere per lo Stato di garantire le condizioni per la presenza di un sistema informativo fondato su una pluralità di fonti d’informazione in libera concorrenza tra loro. La disciplina della stampa L’art. 21 della Costituzione dedica un’attenzione particolare alla stampa, quello cioè che per tutto l’800 era considerato il principale mezzo di comunicazione di massa. Il secondo comma dice che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazione o a censura. Questa specifica attenzione sembra costituire un privilegio rispetto ad altri mezzi (non meno importanti - basti pensare alla Tv) non espressamente disciplinati; ma un principio di disciplina dei mezzi si ricava già dal 1° comma dell’art. 21, e quindi le 30 garanzie che ne derivano dai combinati disposti costituzionali non sono certamente inferiori, anche se affidate in parte significativa all’opera degli interpreti. Principi costituzionali in materia di stampa L’oggetto principale della Costituzione è la stampa intesa come “stampato”, prodotto cioè dell’attività editoriale, sia esso un giornale, un manifesto o anche un semplice volantino. La Corte cost. nelle sue sentenze ha precisato cosa debba intendersi per autorizzazione (“provvedimenti preventivi che, rimessi al potere discrezionale dell’autorità amministrativa, potrebbero impedire la pubblicazione degli scritti destinati al pubblico, come appunto i giornali ed i periodici”) e censura (“istituto tipico del diritto pubblico, secondo cui gli organi dello Stato esercitano un controllo preventivo della stampa”). Si sono voluti quindi rimuovere categoricamente i rischi, e non solo i rischi, che la stampa aveva corso durante il regime fascista ad opera di ripetuti interventi di censura politica esercitati da organi polizia. Il secondo comma dell’art. 21 ammette invece il sequestro dello stampato, successivamente alla sua pubblicazione, con una serie di cautele e garanzie. Si tratta delle garanzie che presidiano gli artt. 13 e 14, con alcuni adattamenti derivanti dalla situazione specifica della stampa. Sono previsti: • riserva di legge; • riserva di giurisdizione. Per quanto riguarda la riserva di legge è rinforzata dalla previsione dei casi nei quali il sequestro può essere ammesso e che riguardano: • delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi; • violazioni di norme che la legge stessa prescrive per l’indicazione dei responsabili. Il quinto comma dell’art. 21 esamina il principio della trasparenza delle fonti di finanziamento, che ha assunto con il passare del tempo un’importanza crescente. Dice la Cost. che “la legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica”. Non si è voluto quindi stabilire un obbligo a questo riguardo, ma una semplice facoltà, demandando al Parlamento il compito di provvedere con norme di carattere generale. La legge n. 416 del 1981 recante provvedimenti per l’editoria ha dato applicazione a questo principio con tre gruppi di norme: • norme che impongono, per motivi di trasparenza, la titolarità delle imprese editrici di quotidiani e periodici a persone fisiche o comunque a società riconducibili a persone fisiche; • istituzione del registro nazionale della stampa al quale debbono iscriversi obbligatoriamente, tra l’altro, gli editori di giornali quotidiani e periodici; • prescrizione di pubblicare annualmente, sulla base di un schema-tipo, i bilanci delle imprese editrici di giornali quotidiani. La disciplina giuridica della stampa – cenni storici Possiamo distinguere tre fasi: 1. periodo liberale; 31 2. periodo fascista; 3. fase successiva alla redazione della Costituzione. Le scelte operate dallo Statuto albertino nel 1848 e dall’Editto sulla stampa evidenziano i tratti tipici dell’atteggiamento degli Stati liberali nei confronti della stampa. In particolare: • affermazione della equivalenza tra la garanzia della libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di stampa; • assenza di ogni strumento di censura o di autorizzazione; • limitatezza delle prescrizioni di previa pubblicità sia per la stampa periodica che non periodica. L’art. 28 dello Statuto albertino dichiara che “la stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi”. Di particolare rilevanza è la figura del “gerente responsabile”, che doveva essere obbligatoriamente nominato per ogni periodico e che fungeva centro di imputazione delle responsabilità per la commissione di reati a mezzo stampa; egli rispondeva personalmente del contenuto degli articoli anonimi e in solido con l’autore per quelli regolarmente firmati. Un sostanziale mutamento inizia con l’approssimarsi della guerra e le acute tensioni politiche e sociali conseguenti: dalla primavera del 1915 alla metà del 1919 si opera in un regime di limitazione della libertà di stampa, che progressivamente si estende ad una serie sempre più ampia di materie, sebbene sia l’avvento del regime fascista a determinare le trasformazioni più radicali. Affermatosi il regime, infatti, vengono convertiti in legge due decreti sostanzialmente diretti a colpire la stampa contraria la regime. Emerge con chiarezza la volontà totalitaria del regime fascista di realizzare un controllo pieno sulla stampa periodica e quotidiana, come dimostrano anche le c.d. “istruzioni alla stampa”, ovvero ordini e divieti fatti pervenire ai giornali al fine di renderli “uniformi” ai dettami della propaganda fascista. Dopo l’8 settembre 1943, furono concessi pieni poteri agli Alleati sui mezzi di comunicazione di massa, ma anche sotto il Governo Badoglio e nella fase dei Governi dei partiti politici del Comitato di Liberazione nazionale, la legislazione sulla stampa rimane illiberale. La legge sulla stampa 47/1948 e la legge di riforma dell’editoria n. 416/1981 La legge 8 febbraio 1948, n. 47, rappresenta quella “legge sulla stampa” cui fa riferimento il terzo comma dell’art. 21. Tale legge ha introdotto le seguenti novità: • registrazione, da effettuare presso la cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione si intende svolgere l’attività, ha sostituito il provvedimento autorizzatorio; • disciplina del diritto di rettifica; • aggravamento delle pene per il reato di diffamazione commesso con il mezzo della stampa. Di particolare importanza è la figura del “direttore responsabile”: la legge stabilisce che ogni giornale o altro periodico deve avere un direttore responsabile, il cui nome deve essere obbligatoriamente riportato in ogni stampato, oltre ai dati dello stampatore e dell’editore. Tale indicazione assume particolare rilievo ai fini dell’imputazione della responsabilità penale per i rati commessi a mezzo stampa. 32 L’esercizio della professione giornalistica La legge istitutiva dell’ordine dei giornalisti risale al 1925 (31 dicembre, n. 2307): essa prevedeva la costituzione di albi professionali, depositati presso le Corti di Appello, presso cui bisognava essere iscritti per esercitare la professione. Con regio decreto del 1928 venne stabilito che la tenuta dell’albo era affidato ad un comitato di 5 membri, nominati dal Ministro di Grazia e Giustizia di concerto con i Ministri dell’Interno e delle Corporazioni. Tale sistema rimase invariato fino al 1944, quando una nuova disposizione affidò la tenuta degli Albi e la disciplina degli iscritti ad un’unica Commissione con sede a Roma. Soltanto dopo 18 anni di regime transitorio, l’ordinamento della professione giornalistica ha assunto un assetto definitivo, con la vigente legge 3 febbraio 1963, n. 69. Dal combinato disposto dell’art. 2 e dell’art. 34 si desume una definizione dell’attività giornalistica quale: • attività di diffusione (mediante giornali, periodici, agenzie di stampa, radio e televisione) di notizie, ovvero di conoscenze di determinati fatti, acquisite e criticamente formate in modo da corrispondere alla loro verità sostanziale, nonché di opinioni e di commenti in genere. I soggetti dell’attività sono individuati dall’art. 1: • i professionisti, ovvero coloro che esercitano in modo esclusivo e continuato la professione giornalistica, dopo aver svolto almeno 18 mesi la pratica professionale presso un giornale; • i pubblicisti, ovvero coloro ce svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita da almeno 2 anni, anche se esercitano altre professioni o impieghi. Per queste due categorie è prevista l’iscrizione all’Albo professionale, deliberata dal competente Consiglio Regionale o Interregionale, a condizione che l’interessato dimostri l’attività giornalistica svolta, attraverso la presentazione di giornali e periodici contenenti scritti e firma del richiedente ed i certificati dei direttori delle pubblicazioni, comprovanti lo svolgimento di un’attività pubblicistica regolarmente retribuita per almeno 2 anni. Al giornalista professionista è richiesto anche il requisito dell’idoneità professionale accertata tramite un esame. I praticanti invece non sono iscritti all’albo, sono semplicemente aspiranti e sono iscritti nel registro dei praticanti: sono tenuti ad osservare le regole deontologiche dei professionisti. La legge precisa le modalità della pratica: • presso un quotidiano o servizio radiofonico o televisivo; • presso un’agenzia di stampa a diffusione nazionale e con almeno 4 redattori ordinari; • presso un periodico a diffusione nazionale con almeno 6 redattori ordinari. L’ordine dei giornalisti è un ente pubblico a struttura associativa; l’albo, invece, è un documento che attesta pubblicamente l’esistenza nei soggetti iscritti dei requisiti richiesti dalla legge. Ci sono tuttavia perplessità sulla legittimità costituzionale dell’ordine, in quanto l’iscrizione obbligatoria nell’albo sembra contrastare con l’art. 21 che consente a tutti di manifestare liberamente il proprio pensiero. Con una sentenza del 1968, la Corte costituzionale dispone l’obbligatorietà dell’iscrizione, e ha riconosciuto il ruolo dell’ordine dei giornalisti come strumento di auto-tutela della 33 categoria, per contrastare il potere economico dei datori di lavoro e vigilare sulla dignità professionale degli iscritti. Nel corso degli anni ci sono stati tentativi di modificare tale disciplina (anche tramite referendum popolare), allo scopo di liberalizzare l’accesso alla professione e renderlo più coerente con i principi dell’ordinamento comunitario. Nessuna delle proposte ha terminato con esito favorevole il proprio iter di esame. La deontologia professionale Nell’esercizio della professione giornalistica si pone quotidianamente un contrasto tra i valori tutelati dalla Costituzione – il diritto di cronaca - e la tutela dei diritti fondamentali della persona (riservatezza, dignità, presunzione di innocenza). L’art. 2 della legge 69/1963 prevede che il giornalista ha un diritto insopprimibile alla libertà di informazione e di critica e, contestualmente, l’obbligo inderogabile di rispettare la verità sostanziale dei fatti, in un contesto di lealtà e di buona fede. La legge stabilisce un procedimento disciplinare per coloro che si rendono colpevoli di fatti che compromettono la propria reputazione o la dignità dell’ordine. Le sanzioni sono modulate sulla base della gravità della violazione, e prevedono: • avvertimento, che consiste in un mero richiamo ed in un’esortazione all’osservanza dei doveri; • censura, un biasimo formale per una violazione deontologica di maggiore gravità; • sospensione dall’esercizio della professione per un periodo da 2 mesi a 1 anno; • radiazione dall’albo. Tali regole deontologiche si sono rivelate generiche e poco efficaci, e l’ordine non è stato in grado, se non eccezionalmente, di intervenire in maniera efficace. Le carte dei doveri Vista la scarsa efficacia delle sanzioni della legge 69/1963, si è preferito puntare su forme di autoregolamentazione. Il primo codice di autodisciplina è costituito dalla Carta di Treviso, sottoscritta nel 1990 dall’Ordine e dalla FNSI (il sindacato dei giornalisti) al fine di sviluppare un’informazione sui minori più funzionale alle esigenze dell’infanzia e dell’adolescenza. Nel 1993 la FNSI e l’Ordine hanno dato vita alla Carta dei doveri dei giornalisti. Essa fissa una serie di doveri che attengono alla responsabilità del giornalista verso i cittadini. In particolare, il giornalista: • accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali della sua testata, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale del lavoro e alla Carta dei doveri; • non può discriminare nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche. Il riferimento non discriminatorio, ingiurioso o denigratorio a queste caratteristiche della sfera privata delle persone è ammesso solo quando sia di rilevante interesse pubblico; • rispetta il diritto alla riservatezza di ogni cittadino e non può pubblicare notizie sulla sua vita privata se non quando siano di chiaro e rilevante interesse e rende, 34 comunque, sempre nota la propria identità e professione quando raccoglie tali notizie; • i nomi delle vittime di violenze sessuali non vanno pubblicati né si possono fornire particolari che possano condurre alla loro identificazione a meno che ciò sia richiesto delle stesse vittime per motivi di rilevante interesse generale; • in tutti i casi di indagini o processi, il giornalista deve sempre ricordare che ogni persona accusata di un reato è innocente fino alla condanna definitiva e non deve costruire le notizie in modo da presentare come colpevoli le persone che non siano state giudicate tali in un processo; • in caso di assoluzione o proscioglimento di un imputato o di un inquisito, il giornalista deve sempre dare un appropriato rilievo giornalistico alla notizia, anche facendo riferimento alle notizie ed agli articoli pubblicati precedentemente; • il giornalista rispetta il diritto inviolabile del cittadino alla rettifica delle notizie inesatte o ritenute ingiustamente lesive. Rettifica quindi con tempestività e appropriato rilievo, anche in assenza di specifica richiesta, le informazioni che dopo la loro diffusione si siano rivelate inesatte o errate, soprattutto quando l'errore possa ledere o danneggiare singole persone, enti, categorie, associazioni o comunità. Con riferimento alle fonti dell’informazione: • il giornalista deve sempre verificare le informazioni ottenute dalle sue fonti, per accertarne l'attendibilità; • nel caso in cui le fonti chiedano di rimanere riservate, il giornalista deve rispettare il segreto professionale e avrà cura di informare il lettore di tale circostanza; • in qualunque altro caso il giornalista deve sempre rispettare il principio della massima trasparenza delle fonti d'informazione, indicandole ai lettori o agli spettatori con la massima precisione possibile. In tema d’incompatibilità, la Carta dei doveri prevede che il giornalista: • non può subordinare in alcun caso al profitto personale o di terzi le informazioni economiche o finanziarie di cui sia venuto comunque a conoscenza; • non può scrivere articoli o notizie relativi ad azioni sul cui andamento borsistico abbia direttamente o indirettamente un interesse finanziario, ne’ può vendere o acquistare azioni delle quali si stia occupando professionalmente o debba occuparsi a breve termine; • rifiuta pagamenti, rimborsi-spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo lavoro e l'attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità professionale; • non assume incarichi e responsabilità in contrasto con l'esercizio autonomo della professione, né può prestare il nome, la voce, l'immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell'autonomia professionale; • sono consentite invece, a titolo gratuito, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali o comunque prive di carattere speculativo. La Carta ha approntato un nuovo organismo che, dietro segnalazione dei cittadini direttamente o indirettamente offesi da articoli, valuta la fondatezza della denuncia: in 35 caso positivo, notifica al Consiglio dell’Ordine competente per territorio il comportamento del giornalista per l’eventuale apertura di un procedimento disciplinare. VOCABOLARIO GIORNALISTICO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Abbreviazione: scrittura di una parola in forma ridotta. Abstract: sintesi della notizia per l'archiviazione. Accredito: autorizzazione garantita dalla testata che permette l'accesso a strutture o sedi istituzionali. Acronimo: parola composta dalle sillabe iniziali di alcune parole. Agenda: rubrica in cui si segnalano scadenze, santi del giorno, viabilità, previsioni meteo ed altre informazioni utili. Allegato: fascicolo aggiuntivo a una pubblicazione periodica. Andare in macchina: momento in cui il giornale è pronto per la stampa. Apertura: articolo pubblicato in prima pagina, dedicato alla notizia più importante del giorno. Aperta: pagina che non può essere variata in nessun caso. Appuntamenti: spazio dedicato alla segnalazione di spettacoli, conferenze, fiere, ecc... Articolo di colore: pezzo a carattere sociologico che descrive ambienti, sensazioni e umori circa un determinato avvenimento. Asterismo: segno di suddivisione di un testo costituito da tre asterischi (***), nel corpo della pagina. Attacco: parte iniziale di un articolo che fornisce al lettore gli elementi sostanziali della notizia. Attualizzare: rinnovare una notizia vecchia per farla accettare dai lettori. Audience: tutti gli spettatori del programma nelle diverse fasce orarie. Avviamento: fase iniziale delle operazioni di spedizione di un giornale ai distributori e alle edicole. Background: il complesso degli elementi necessari per conoscere meglio un fatto. In genere è rappresentato dai precedenti del fatto. Ballon d'essai: notizia diffusa per registrare la reazione dell'opinione pubblica su un fatto di ordine politico. Battage: servizio giornalistico impegnato a sostegno di un avvenimento o di un personaggio pubblico. Battuta: è l'unità di misura della lunghezza del pezzo. In genere indica le lettere. Binomizzazione: ricorso a binomi di immediata comprensione nel linguaggio giornalistico. Breve: notizia di poche righe senza titolo. Briefing: la somma delle informazioni che un'agenzia di pubblicità riceve dal cliente in merito al prodotto di cui deve ideare la campagna. Borderò: elenco delle spese di una testata giornalistica. 36 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Box: piccolo spazio evidenziato nella pagina dedicato ad un approfondimento o ad un inciso. Bozza: parte della pagina riprodotta per la correzione. Prova di stampa. Bozzino: prova di stampa elettronica di una pagina, di proporzioni ridotte rispetto all'originale. Bozzone: prova di stampa di una pagina composta. Bruciatura: notizia diffusa con largo anticipo da altri mass media. Buco: mancata pubblicazione di una notizia importante, apparsa sulle testate concorrenti. Si tratta di un pezzo mai scritto e mai pubblicato. Bufala: notizia di grande clamore completamente falsa e tendenziosa. Calembour: titolo fantasioso, risultato di un gioco di parole. Campagna: impegno di una testata ad affrontare in modo continuativo un determinato argomento. Canard: notizia assolutamente priva di fondamento. Capocronaca: articolo di fondo della pagina riservata alla cronaca locale. Capolettera: lettera maiuscola iniziale, di dimensione maggiore rispetto al resto del copo del testo. Capopagina: redattore responsabile di una pagina. Caporali: virgolette che racchiudono un discorso diretto, ovvero le dichiarazioni di un intervistato. Caposervizio: responsabile di una unità operativa del giornale. Cappello: breve testo che precede l'articolo, composto in caratteri più grandi. Carrellata: movimento della telecamera con punto di inquadratura fisso. Cartella: unità di misura della lunghezza del pezzo pari a 30 righe di 60 battute l'una. Carticino: foglio contenete quattro pagine. Viene detto anche "Quarticino". Case history: storia altamente significativa ed esemplare in riferimento all'argomento trattato. Catena: gruppo di quotidiani locali che fanno capo alla stessa proprietà. Catenaccio: ulteriore titolo posto sotto a quello principale come una sorta di sommario dell'articolo. Cavallo: informatore personale di un giornalista. Cavallo di ritorno: notizia scambiata per nuova e quindi rilanciata erroneamente con risonanza. Censura: azione preventiva attraverso la quale un potere governativo impedisce la pubblicazione di determinate notizie. Centro: notizia che occupa nella pagina, di solito la prima pagina del giornale, una posizione centrale. Centrotesta: spazio tra apertura e spalla, in alto, al centro della pagina. Cestinare: mancata pubblicazione di una notizia. Chiamata: segno convenzionale sulla bozza per indicare al compositore la correzione da apportare a un testo. Chiusa: la fine di un articolo (detta anche "Coda"). Chiusura: fase finale del ciclo di lavoro in redazione. 37 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Circulation: numero di copie distribuite, ossia il numero effettivo di copie di giornale vendute, con esclusione degli omaggi, copie di scambio, ecc. Civetta: segnalazione in prima pagina di un articolo posizionato nelle pagine interne del giornale. Coccodrillo: articolo commemorativo, già confezionato, su un personaggio pubblico che viene pubblicato in occasione della sua scomparsa. Coda: la fine di un articolo (detta anche "Chiusa"). Codice interno: insieme di norme linguistiche e deontologiche che ogni testata diffonde in redazione per uniformare il lavoro dei diversi giornalisti. Collaboratore: colui che scrive regolarmente su una testata senza essere assunto. Collazione: confronto tra il testo originale e la prima bozza di stampa. Colonna: spazio predeterminato in cui viene suddivisa verticalmente la pagina di una testata. In genere, i quotidiani hanno nove colonne, i tabloid sei, e i periodici da due a cinque. Colonnaggio: numero di colonne utili per un determinato articolo. Colpo giornalistico: rivelazione sensazionalistica di un fatto sconosciuto al pubblico. Equivale all'inglese scoop. Commento: articolo che non descrive un fatto, ma esprime un’opinione o un’interpretazione. In genere affianca un articolo in cui vengono riportate le notizie del momento. Compilare: selezionare le notizie, fare i titoli, indicare la forza del corpo, o il tipo di carattere tipografico da usare, la giustezza. Comunicato stampa: notizia sintetica priva di commenti su iniziative o manifestazioni diramate da enti, istituzioni, partiti politici, aziende o associazioni. Concessionaria: la società a cui un'azienda editoriale o un'emittente tv delega la vendita degli spazi pubblicitari. Conferenza stampa: evento a cui vengono invitati i giornalisti di tutte le testate interessate all'argomento. Può essere indetta da un personaggio conosciuto, da un ente pubblico, da una impresa o da chiunque possa comunicare notizie di interesse giornalistico. Contenitore: programma televisivo che contiene diverse situazioni, anche totalmente differenti tra loro. Contornato: richiamo e riassunto a notizie o servizi contenuti nelle pagine interne. Copertina: prima pagina - solitamente di grammatura maggiore - di un periodico, generalmente dedicata all'argomento principale trattato in quel numero. Copie d'obbligo: le copie della testata inviate, in accordo con la Legge vigente, dal tipografo o dall'editore al tribunale di competenza e alle biblioteche nazionali. Copyright: diritto d'autore. Divieto di riproduzione. Copywriter: creatore dei testi e dei contenuti di una campagna stampa o una campagna pubblicitaria. Corpo: parte centrale di una notizia che segue all'attacco, aggiungendo particolari via via che il pezzo procede. Correttore di bozze: colui che corregge i testi per verificare la presenza di errori, sviste o refusi. 38 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corrispondente: giornalista o collaboratore, redattore o cronista, che invia notizie e servizi dalla zona in cui risiede, e comunque da una località diversa dalla sede del giornale o dall'agenzia per cui lavora. I corrispondenti si distinguono in: locali, regionali, esteri e speciali. Corrispondenza: è inviata dal corrispondente interno o esterno al giornale. Corsivo: commento breve ma incisivo e polemico scritto, generalmente, in carattere corsivo. Corta: il giorno di riposo non festivo che i giornalisti, lavorando la domenica, osservano a rotazione durante la settimana. Costume: genere giornalistico che, prendendo spunto da notizie di attualità, analizza le mutazioni dei comportamenti, degli stili di vita, dei valori. Cover story: servizio speciale sul personaggio che compare nella copertina dei più importanti periodici. Cucina: lavoro di correzione dei pezzi inviati dai collaboratori esterni o dalle agenzie. Critica: articolo in cui si esprime un giudizio su un fatto o un personaggio. Critico: giornalista specializzato in una disciplina artistica o spettacolare. In genere, le discipline interessate sono: arte, cinema, teatro, lirica, letteratura e musica. Cronaca: il resoconto giornalistico degli avvenimenti, come narrazione in ordine cronologico dei fatti e, abitualmente, senza un impegno di analisi e di interpretazione. Cronaca Bianca: la parte di cronaca che si occupa dei problemi politico-sociali della città. Cronaca Nera: sezione della redazione di un giornale che si occupa di fatti delittuosi. Cronaca Rosa: tipo di informazione, spesso a carattere scandalistico, che si occupa di amori, matrimoni, divorzi e varie vicende personali di personaggi celebri. Cronista: il giornalista che lavora nel servizio cronaca. Dateline: indicazione in testa alla notizia d'agenzia con la provenienza, la data e l'ora di trasmissione della notizia stessa. DEA: archivio elettronico dell'Ansa, in cui sono conservate, in forma integrale o per estratti, tutte le notizie trasmesse dall'1 gennaio 1975. Desk: correzione definitiva delle bozze di stampa e degli impaginati. Dichiarazione: opinione o parere trascritta tra virgolette di un personaggio pubblico durante un intervista o un dibattito. Dicitura: breve scritto esplicativo posto sotto un'illustrazione. Didascalia (o Dida) Commento ad un’immagine. Diffusione: il numero di copie che giunge al contatto con il lettore attraverso la vendita, gli abbonamenti e anche omaggi. E' la differenza tra la tiratura e la resa. Direttore responsabile: è la più alta carica gerarchica di un giornale e il responsabile davanti alla legge di tutto ciò che viene pubblicato. Dispaccio: notizia segnalata da un'agenzia di stampa. Distico: breve articolo che introduce un nuovo collaboratore, una nuova rubrica o una nuova serie di articoli. 39 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Distributore: agente o agenzia che si occupa della distribuzione del giornale nei punti vendita. Dossier: raccolta di documenti, fotografie, manoscritti, rapporti su un unico argomento. Ebdomadario: settimanale, pubblicazione periodica. Echi di cronaca: breve notiziario della cronaca cittadina che informa di nascite, morti, matrimoni, lauree, diplomi, inaugurazioni, ecc. Editare: pubblicare, stampare. Editing: parte integrante del lavoro redazionale, indicante il lavoro di revisione di un testo scritto da altri. Editore: colui che detiene la proprietà di un'impresa editoriale che pubblica giornali, o che trasmette trasmissioni televisive o radiofoniche a carattere giornalistico e informativo, che stampa in proprio o affidandoli ad altre imprese tipografiche. Editoriale: articolo principale, in genere non firmato, pubblicato sulla prima pagina. Esprime il parere della testata sul fatto politico, sociale, economico più rilevante del giorno. E' generalmente attribuita al direttore. Edizione: uscita di una testata o di una rubrica a carattere giornalistico. Edizione straordinaria: edizione speciale che esce per informare su un avvenimento eccezionale che non può attendere l'orario normale del giornale. Elzeviro: articolo in bella scrittura, destinato alle pagine culturali. Emeroteca: raccolta di quotidiani e periodici. Errata corrige: scritta che compare su un giornale per segnalare e correggere un errore compiuto nel numero precedente. Esclusiva: informazione pubblicata da un giornale, attinta da una fonte che si è impegnata a non passare la stessa a un'altra testata. Estensore: redattore che sviluppa in un articolo le informazioni ricevute al telefono dal cronista. Esteri: il servizio del giornale che cura l'informazione proveniente dall'estero. Estratto: riassunto molto sintetico di una notizia, spesso di archivio. Fanzine: rivista giovanile. Fascetta: indirizzo stampato per la spedizione dei giornali agli abbonati. Fattaccio: notizia sensazionale di cronaca nera. Fervorino: breve discorso all'interno di un articolo o pezzo giornalistico, con esortazioni e ammonimenti. Feuilleton: romanzo pubblicato a puntate su un quotidiano. Finestra: testo incorniciato posto all'interno di un ampio articolo. Finestrella: spazio pubblicitario limitato ma di grande impatto visivo, posto in prima pagina di un quotidiano. Flash: notizia breve trasmessa da un'agenzia stampa. Fogliettone: articolo che tratta di un argomento curioso, insolito o frivolo che viene utilizzato per alleggerire e rendere più piacevole la lettura. Foliazione: numero di pagine che compongono il giornale. Footer: parte inferiore della pagina. Contiene i riferimenti della testata, le informazioni e i recapiti della redazione e l'informativa per il copyright. 40 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Fondo: commento autorevole ad un fatto di notevole importanza collocato quasi sempre in prima pagina. Fondino: articolo di fondo che compare in una prima pagina di settore. Rispetto al fondo è più breve. Fonte: origine dell'informazione di un articolo. Possono essere enti, aziende o persone. In genere si distinguono "Fonti ufficiali", quelle autorizzate a diramare le notizie sotto la propria responsabilità, e "Fonti ufficiose", che non comportano responsabilità di sorta. Formato: dimensioni di un giornale. Fotocronaca: cronaca raccontata attraverso immagini fotografiche, fotoreportage. Fotoreportage: Cronaca o servizio giornalistico composto da una serie di fotografie corredate da didascalie. Fotoreporter: il fotografo-giornalista che produce servizi fotografici per conto di una testata. Fotoromanzo: racconto o romanzo fotografico illustrato con didascalie e fumetti. Fototesto: servizio fotografico corredato da un breve introduzione e da lunghe didascalie. Frattaglie: miscellanea di brevi notizie. Freelance: il giornalista indipendente che vende articoli e servizi sia ai giornali che alle agenzie, senza essere assunto da nessuna testata e senza avere contratti di collaborazione in esclusiva. Frigorifero: schedario fotografico e biografico dei personaggi d'attualità. Gabbia: struttura della pagina che compone il menabò. Il reticolo in cui si divide il giornale, formato in verticale dalle colonne e in orizzontale dai moduli. Gazzettante: giornalista, compilatore di notizie politiche o di cronaca. Gazzettino: serie di breve notizie senza titolo che chiudono la pagina. Gerarchizzazione: l'importanza attribuita ad una notizia. Gerenza: sezione in cui vengono indicati i nomi del direttore, della casa editrice, dello stampatore, la tiratura, la concessionaria di pubblicità, il prezzo e la data di registrazione presso il Tribunale. Ghiacciaia: archivio di articoli già pronti, da pubblicare in caso di necessità. Gialla: termine con cui si indica la cronaca giudiziaria. Girata: la parte di articolo che continua in una pagina successiva da quella in cui l'articolo è iniziato. Giro di bianca: lo effettua quotidianamente il giornalista recandosi presso il Municipio, la Prefettura, la Camera di Commercio, ecc. Giro di nera: lo effettua quotidianamente il giornalista recandosi presso le Questure, i Commissariati, le Caserme dei Vigili del Fuoco e gli ospedali. Giustezza: larghezza della colonna variabile in base alla grafica del giornale. Gobbo: dispositivo utilizzato per fornire suggerimenti al conduttore di un telegiornale o di una trasmissione televisiva. Gossip: pettegolezzi sulla vita di Vip e personalità. Grotta: luogo in cui viene conservata la composizione di un coccodrillo già composto e pronto per entrare in pagina all'occorrenza. 41 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Illustrazione: disegno utilizzato per accompagnare un testo. Impaginazione: disposizione degli spazi sulla pagina. Ne esistono di diverse tipologie: a blocchi, a incastro, o strillata. Quest'ultima privilegia grossi titoli e grandi foto. Inchiesta: indagine approfondita su un fatto o un ambiente particolare. Richiede un'accurata raccolta di informazioni, dati, interviste e documenti. Ha lo scopo di portare alla conoscenza dell’opinione pubblica fatti inediti o clamorosi. Incipit: inizio o attacco dell'articolo. Incorniciato: notizia posta tra due linee orizzontali o circondata da un filo tipografico a cui si vuole dare maggiore risalto. Indice: lista dei nomi in ordine alfabetico apparsi all'interno della pubblicazione completa di relativo numero delle pagine. Informatore: colui che fornisce notizie al giornalista, spesso dietro a un impegno di riservatezza. Iniziale: prima lettera di una parola stampata in carattere più grande o marcata rispetto al testo. Inquadratura: tutto ciò che rientra nel campo visivo di una telecamera o di una macchina fotografica. Inserto: gruppo di pagine che, pur essendo parte integrante di un giornale, svolgono un ruolo del tutto autonomo e possono essere staccate e conservate. Inserzione: messaggio pubblicitario che viene pubblicato a pagamento. Instant book: libro che tratta temi di attualità, scritto e pubblicato in tempi molto brevi per giungere al lettore quando è ancora elevato l'interesse dei media sull'argomento. Interni: servizio del giornale che si occupa della politica, della vita e degli atti delle principali istituzioni, di eventi economici, cronaca interni al Paese d'origine. Intervista: riproduzione scritta, (televisiva o radiofonica) rivista e corretta, di un dialogo avvenuto tra il giornalista e l’intervistato. Si dice "togata", quando il colloquio avviene con una persona nella sua veste ufficiale, e "volante" quando riguarda un personaggio alla ribalta per un fatto del giorno. Inviato: giornalista incaricato di seguire sul posto un avvenimento importante. Lancio: invio di una notizia ai giornali da parte di un'agenzia stampa. Lead: parte iniziale di un articolo che fornisce al lettore gli elementi sostanziali della notizia. Lenzuolo: formato di grandi dimensioni. Lettera aperta: articolo sotto forma di lettera o lettera inviata al direttore di una testata per la pubblicazione. Lettere al direttore: rubrica in cui il direttore risponde ai suoi lettori. Linea editoriale: parametri di lavoro (ideologia, norme, direttivo, ecc.) di un giornale, scelti dal direttore o dall'editore. Locandina: sorta di vetrina appesa all'esterno delle edicole che richiama l'attenzione del lettore sugli argomenti più interessanti. Long: giornale di borgo in cui vengono riportate sinteticamente le indicazioni delle notizie che gli altri giornali non hanno riportato. 42 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Macchiata: impaginazione ricca di fotografie e di movimento. Magazine: periodico, rivista. Spesso indica il supplemento settimanale di alcuni quotidiani. Manchette: riquadro della prima pagina che preannuncia un articolo nelle pagine interne. Mattinale: bollettino e insieme di comunicati che viene distribuito quotidianamente da questure e commissariati. Mazzetta: pacco di giornali concorrenti preparato per il direttore e i redattori. Media event: notizie non vere o parzialmente vere, manipolate per influenzare l'opinione pubblica. Menabò: modello schematico della pubblicazione o del libro indicante la tipologia della composizione, dell'impaginazione, ecc... Menù: lista di argomenti, di notizie e di temi per la giornata compilato a metà mattina dal redattore capo, o dal caposervizio del mattino. Mitridatizzare: assuefazione alla notizia, che non viene più recepita dal lettore in modo adeguato. Modulo di arricchimento: brano di una notizia che segue il modulo elementare e la ricchisce di particolari. Modulo elementare: periodo di una notizia d'agenzia che segue il corpo. Montare: mettere a posto una notizia nella pagina. Per "montare una notizia" si intende, invece, promuovere una notiziola a fatto importante, dilatandola dalle poche righe a qualche colonna. Moscone: breve notizia a pagamento che annuncia una morte, una nascita, un matrimonio. Necrologio: articolo o annuncio commemorativo in ricordo di un defunto. Negro: giornalista che lavora per un altro senza mai apparire. Network: consorzio di televisioni o radio private con diffusione a livello nazionale. News: notizia o lancio d'agenzia. In televisione indica il telegiornale. Nota: articolo che informa sulle fasi più importanti della giornata politica. Per "nota di commento" si intende, invece, un articolo di fondo ampliato all'attualità. Notizia: pezzo di dimensioni ridotte che fornisce solo informazioni essenziali alla comprensione del fatto. E' rappresentato da qualsiasi fatto che può assumere interesse giornalistico; in particolar modo se è inusuale, se comporta conseguenze per un elevato numero di persone, e se presenta risvolti tragici o delittuosi. Notiziabilità: predisposizione di un fatto a diventare notizia. Notizia in colonna: notiziola di scarso interesse. Esposizione sommaria di un fatto, usata generalmente come riempitivo grafico. Notizia spoletta: fatto che determinerà, dopo la sua pubblicazione, un'inchiesta giornalistica. Notiziario: serie di notizie o bollettino. Numero doppio: edizione del giornale con il doppio delle pagine. Numero unico: giornale pubblicato una sola volta in una speciale occasione. Numero zero: copia di prova del giornale prima della sua pubblicazione. 43 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Occhiello: frase posta sopra il titolo che introduce l'articolo. Talvolta viene stampato in negativo, ossia in lettere bianche su fondo nero. Omnibus: giornale che mescola informazione di tipo alto e basso. Opinionista: giornalisti o personalità che commentano le notizie, attraverso articoli di fondo o rubriche fisse. Orfana: riga singola di testo lasciata da sola in fondo a una colonna. Ottavo: fascicolo formato da 8 facciate stampate sullo stesso foglio di carta, tagliato e piegato. Pagella: valutazioni sotto forma numerica della prestazione di un personaggio pubblico, in genere sportivo. Paginazione: indicazione progressiva del numero di pagina. Paginone: le due pagine centrali di un quotidiano o di un periodico composte da un unico foglio di carta. Palchetto: testo disposto su una o due colonne, circondato da una cornice per metterlo in evidenza. Palinsesto: schema settimanale dei programmi di una rete televisiva o radiofonica. Pallino: breve notizia senza titolo. Pamphlet: libretto o articolo con spiccato accento polemico o satirico. Panoramica: ampio movimento della telecamera per descrivere l'ambiente circostante. Paracadute: testo che riassume il contenuto di un servizio filmato. Passare: in redazione significa lavorare uno scritto sino a renderlo pronto per la pubblicazione. Con tale termine viene normalmente inteso il lavoro di cucina redazionale e di impaginazione grafica. Pastone: articolo ottenuto da un impasto di notizie, commenti e dichiarazioni su uno stesso argomento o da una sola città. Per "Pastone romano" si intende invece l'insieme di notizie politiche provenienti dalla capitale e curate dalla redazione romana. Periodico: pubblicazione non quotidiana, a cadenza regolare. Le forme più comuni di periodico sono il settimanale e il mensile. Altre forme meno utilizzate sono invece il quindicinale, il bimestrale e il trimestrale. Perla: errore di particolare rilievo ortografico e distinto tradizionalmente in "tipografico" o "redazionale". Pesce: errore di composizione che consiste nel salto di alcune parole o di un'intera riga. Pezzo: indica genericamente ogni scritto pubblicato. Sinonimo di articolo. Pezzo d'appoggio: articolo complementare con note informative o esplicative. Pezzullo: notizia in colonna. Piedino: annuncio pubblicitario o breve articolo pubblicato in fondo alla pagina. Pié di pagina: posizione dell'articolo pubblicato a più colonne sul fondo della pagina. Plagio: falsa attribuzione di opere. Pluralismo: panorama informativo in cui molte voci diverse hanno modo di manifestare le loro opinioni su tutti i mezzi d'informazione disponibili. 44 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Polpettone: articolo confuso e disordinato. Portavoce: colui ufficialmente incaricato di parlare a nome di un partito, un'istituzione, un'azienda o un personaggio famoso. Postilla: nota o citazione pubblicata a pié di articolo. Praticante: colui che è stato assunto da una testata con contratto di praticantato di 18 mesi e risulta iscritto nell'apposito elenco dell'Ordine Nazionale dei Giornalisti della propria regione di appartenenza. Precotta: notizia non particolarmente di carattere attuale e preparata con largo anticipo. Viene detta anche "Precucinata". Prefabbricata: notizia prodotta all'esterno della redazione. Press release: comunicato stampa redatto sotto forma di articolo redazionale. Pseudonimo: nome inventato di un autore che vuol rimanere anonimo. Pubblicista: categoria professionale di giornalisti iscritti all'albo omonimo dell'Ordine Nazionale dei Giornalisti. In genere, i pubblicisti sono collaboratori dei giornali, pur svolgendo una professione diversa. Pubblicità: messaggi promozionali che vengono pubblicati o trasmessi a pagamento. Pubbliredazionale: articolo pubblicitario redatto in stile giornalistico. Quarta di copertina: ultima pagina di un periodico; quella che appare sul retro del fascicolo principale. Quartino: le quattro facciate stampate sullo stesso foglio di carta che, una volta tagliate e piegate, daranno vita alla pubblicazione. Talvolta il quartino centrale viene utilizzato a scopi pubblicitari o come inserto. Quarto potere: romanzesca definizione di stampa. Quotidiano: pubblicazione che esce ogni giorno, riportando notizie, commenti e informazioni di vario tipo. Si possono distinguere: "Quotidiani d'informazione", "Quotidiani economici", "Quotidiani sportivi", "Quotidiani di partito", "Quotidiani della sera" e "Quotidiani locali". Rassegna stampa: raccolta di articoli di diverse testate su uno stesso argomento. Readership: il numero totale dei lettori di una testata. Grado di lettura, percentuale di pubblico che ricorda di aver letto un annuncio pubblicato su un giornale o su una rivista. Reati a mezzo stampa: Tutti i reati che possono essere commessi con il mezzo della stampa. I principali reati a mezzo stampa sono: la diffamazione (art. 595 c.p.), l'apologia di reato, l'aggiotaggio e la pubblicazione di atti secretati. Recensione: resoconto di uno spettacolo, o giudizio imparziale di un libro o di un prodotto. Recentissime: notizie giunte all'ultimo momento in redazione e pubblicate senza particolare rilievo sull'ultima o sulla seconda pagina del giornale. Redattore: giornalista che lavora all'interno di una redazione senza alcun compito organizzativo. Per "Redattore Capo", invece, si intende il giornalista che tecnicamente dirige il giornale dietro indicazione del direttore. Redazionale: articolo pubblicitario redatto in stile giornalistico. Redazione: luogo dove si svolge il lavoro di creazione e confezionamento della testata. Insieme dei componenti dell'ufficio dove viene realizzata la testata. 45 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Refuso: errore di stampa o di battitura. Registrazione: il deposito obbligatorio per legge di una testata presso la cancelleria del tribunale territoriale. Reportage: servizio realizzato con testo ed immagini che descrive in modo ampio una realtà, un luogo o un ambiente. Reporter: giornalista che lavora fuori dalla redazione. Resa: le copie invendute restituite all'editore. Sono pari alla differenza tra copie stampate ed effettivamente vendute. Resoconto: riassume dibattiti, lavori congressuali, convegni, sedute parlamentari o le fasi salienti di un processo. Resocontista: giornalista incaricato di riferire su una manifestazione pubblica, su delle discussioni parlamentari o su dibattiti e interrogatori avvenuti nelle aule giudiziarie. Rettifica: consiste nella pubblicazione di una dichiarazione scritta da chi si ritiene danneggiato da notizie erronee pubblicate da un giornale. Revisore: redattore addetto alle revisioni dei testi e delle bozze definitive. Ribattuta: ricompilazione di un articolo già scritto e impaginato. Richiami: segni convenzionali in margine al testo o alla bozza di stampa, in cui vengono annotate le correzioni. Riga: unità di misura utilizzata in tipografia. E' pari a 12 punti tipografici. Rigone: catenaccio, sottotitolo composto in corpo più evidente del sommario, ma meno del titolo. Rinforzi: redattori che temporaneamente vengono dirottati a lavorare in altro settore. Riquadro: testo posto all'interno di una cornice. Generalmente ospita notizie a cui si vuol dare rilievo. Riscontro: controllo delle correzioni apportate sulla bozza. Ristampa: tiratura supplementare che può essere eseguita quando tutte le copie già stampate sono esaurite. Risvolto: parte interna della copertina, di un fascicolo, di un libro o di un opuscolo. Ritaglio: articolo, servizio, nota o notizia ritagliata dal giornale allo scopo di documentazione. Rivista: pubblicazione periodica di argomenti vari. Rotocalco: tecnica di stampa. Tipo di giornalismo periodico che fa largo ricorso alle fotografie a colori. Rubrica: è un appuntamento fisso tenuto da un esperto o da un commentatore che può riguardare settori del mondo politico, sociale, scientifico o dello spettacolo. Sala stampa: spazio riservato al lavoro dei giornalisti e dotato di tutte le attrezzature necessarie, come computer, telefono, fax. Satira: forma giornalistica che usa l'ironia per denunciare i difetti delle istituzioni, del potere o della collettività. Scaletta: progetto di un articolo che il giornalista stende prima d’iniziare a scrivere, al fine di pianificare al meglio l'ordine in cui disporre i diversi elementi della notizia. 46 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Scheda: schema in cui vengono raccolti dati e informazioni allegati alla notizia. E' un pezzo di appoggio a un servizio, a un'inchiesta o reportage. Scoop: notizia clamorosa pubblicata in esclusiva da una sola testata. Seconda di copertina: prima pagina a sinistra, appena aperta una rivista. Sedicesimo: fascicolo formato da 16 facciate che sono state stampate sullo stesso foglio di carta, poi tagliato e piegato sino a raggiungere il formato previsto. Segnatura: indicatura a stampa del numero progressivo delle pagine di un giornale che vengono stampate su un solo foglio, che poi verrà tagliato. Segreteria di redazione: fa capo ad un segretario di redazione, che è un giornalista che si occupa di tutti i problemi di segreteria di un giornale, come smistare le comunicazioni, preparare agende con gli appuntamenti, coordinare il lavoro dei collaboratori esterni, ecc. Sequenza: serie di inquadrature successive dello stesso filmato. Serpente di mare: notizia tanto clamorosa quanto falsa. Servizio: è un articolo lungo che prevede un approfondimento dei fatti, con corredo di dati e testimonianze. Share: percentuale di spettatori di una trasmissione sul totale degli ascoltatori. Sigla: lettere iniziali di un gruppo di parole. Spesso indicanno le iniziali dell'autore che possono sostituire la firma di un articolo. Smentita: è una dissociazione dell’intervistato dalle dichiarazioni che una testata gli attribuisce. Soffietto: articolo scritto in modo troppo accondiscendente verso un personaggio o un avvenimento di cronaca. Sommario: lista degli articoli e dei redazionali contenuti nella pubblicazione completa del relativo numero delle pagine. Nei quotidiani è una delle parti che compongono la titolazione, cioè il testo collocato sotto il titolo vero e proprio. Sondaggio: statistica effettuata su un campione rappresentativo della popolazione di riferimento e quindi in grado di rilevare tendenze generali. Soprattitolo: riga che è posta sopra il titolo e riassume il fatto descritto nel testo, detto anche Occhiello. Sottoclichê: testo, dicitura, didascalia posta sotto una fotografia. Sottofascia: giornale spedito in abbonamento e avvolto da una fascia recante l'indirizzo del destinatario. Spalla: nei quotidiani è l'articolo collocato in prima pagina in alto a destra che in genere ospita un articolo di rilievo. Sottospalla: articolo che occupa le prime due colonne in alto a destra del foglio, con un corsivo rovente. Specimen: saggio di una pubblicazione stampata e fatta circolare per saggiare le reazioni del pubblico e per raccogliere la pubblicità. Spigolature: raccolta di brevi notizie eterogenee, divagazioni o aneddoti, raggruppati sotto un unico titolo. Spin doctor: colui che cura l'immagine di un personaggio politico. 47 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Stop press: spazio molto limitato che risulta ancora libero nell'impaginazione definitiva di un quotidiano. In genere viene utilizzato per l'inserimento di flash d'agenzia o materiale redazionale di riserva. Strillo: riquadro contenente un titolo di effetto, in genere accompagnato da una foto particolarmente incisiva. Stroncatura: recensione negativa di un libro, uno spettacolo, un prodotto discografico, un film. Sviluppo di testata: impostazione della pagina verticalizzata al massimo, con titolo di apertura o di spalla il più lungo possibile. Tabloid: giornale di formato ridotto rispetto ai normali quotidiani. Taglio: posizione degli articoli non collocati alla testata della pagina. "Taglio alto" è il titolo impaginato sopra la metà della pagina, "taglio medio" è quello sulla metà e "taglio basso" quello sotto la metà. Take: è la notizia d’agenzia che tende a non superare le 24 righe comprese in una schermata di computer. Tamburino: spazio dedicato alla programmazione dei cinema e dei teatri. Tamburo: tabella con i prezzi d'abbonamento del giornale. Breve composizone evidenziata da un filetto. Target: segmento di pubblico a cui si rivolge un certo giornale. Tazebao: giornale murale. Telefoto: immagine fotografica trasmessa a distanza attraverso i cavi telefonici. Telegiornale: notiziario quotidiano televisivo. Tenuta: pubblicare una notizia scontata, quindi già nota, con la speranza di sviluppi nuovi. Terza di copertina: penultima facciata di una rivista. Terza pagina: la pagina dedicata ad argomenti culturali o scientifici. Testata: titolo della pubblicazione, posto in alto in prima pagina. Testatina: nome che viene dato alle singole pagine, in genere posto in alto a sinistra. Timone: è il complesso, in forma schematica, delle pagine previste per il giornale. Comprende anche gli spazi destinati alla pubblicità e ai redazionali. Tiratura: numero di copie di una testata effettivamente stampate e distribuite. Titolo: parte di testo, in caratteri più voluminosi, che sovrasta un articolo. All'interno del titolo devono essere contenute le cinque W. Titolista: giornalista addetto alla creazione e allo sviluppo dei titoli degli articoli. Traccia: titolo proposto dall'autore e sottoposto all'approvazione del responsabile della testata. Trafiletto: notizia molto breve posta generalmente in fondo alla pagina. Trentaduesimo: il fascicolo composto da 32 pagine che sono state stampate sui unico foglio di carta, poi piegato e tagliato sino a raggiungere il formato previsto. Trombettiere: chi ha il compito di dettare per telefono articoli, corrispondenze e servizi agli stenografi. Troupe: gruppo di lavoro necessario alla ripresa di un servizio giornalistico televisivo all'esterno della redazione. 48 • • • • • • • • • • • • • • • • • Ufficio stampa: l'ufficio che per conto di un'azienda, di un'impresa, di un'associazione o di ente pubblico è incaricato di gestire i rapporti con gli organi d'informazione. Ultimissima: ultima edizione in ordine dei tempi dei giornali della sera. Urgente: notizia che viene diramata immediatamente dalla agenzia di stampa appena ricevuta, senza aspettare l'ordine di precedenza. Vacca sacra: prima copia stampata del giornale con le correzioni da apportare. Vaticanista: giornalista specializzato in questioni riguardanti la Chiesa in generale e la Città del vaticano in particolare. Vedova: ultima linea di composizione di un paragrafo che appare come rima riga di una colonna. Velina: nota sulle notizie da diffondere e sulle modalità della loro impostazione. Vendita: il numero delle copie effettivamente vendute e inviate in abbonamento. Vespa: rubrica giornalistica polemicamente pungente. Vice: redattore che sostituisce il critico titolare. Vignetta: disegno che si propone, attraverso la satira, di mettere a nudo i difetti di un personaggio, di un ambiente o di una consuetudine sociale. Virgolettato: parte di un articolo racchiuso tra virgolette e contenente una dichiarazione. Viene anche utilizzato per indicare un modo di dire, una parola che si intende porre in risalto, o una parola straniera. Vive: indicazione sulle bozze di correzioni o cancellature che devono essere annullate. Voice over: voce fuori campo. Web content: responsabile dei contenuti di siti Internet. Web editor: redattore multimediale che cura gli ipertesti di siti Internet. Weblog: diario telematico in cui vengono annotati fatti, notizie e commenti da parte dell'autore e dei visitatori. E' moderato dall'autore stesso 49