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Il diritto penale è quel complesso di norme giuridiche con cui lo Stato, mediante la minaccia di una sanzione (Pena), proibisce determinati comportamenti umani, considerati contrari ai fini che esso persegue (Reati). I principi fondamentali dai quali il diritto penale è retto, sono: 1. Il principio di legalità (nullum crimen, nulla poena sine lege): esprime il divieto di punire qualsiasi fatto che, al momento in cui è stato commesso, non sia espressamente previsto dalla legge come reato. Esso si articola nei tre sottostanti principi interdipendenti: a) La riserva di legge: secondo tale principio, un determinato fatto non può essere punito se non esiste una legge che lo consideri reato. b) La tassatività: comporta per il legislatore il dovere di procedere, al momento della creazione della norma penale, ad una chiara e precisa determinazione del fatto punibile, affinché risulti inequivocabilmente e tassativamente stabilito ciò che rientra nella sfera del penalmente illecito e, conseguentemente, ciò che è lecito. c) L’irretroattività: comporta la inapplicabilità della legge penale a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. 2. principio di materialità (cogitationis poenam nemo patitur); 3. principio di offensività (nullum crimen sine iniuria); 4. principio di personalità della responsabilità penale Definizione, soggetti e oggetto del reato Reato: quel comportamento umano volontario (azione od omissione), che il legislatore ritiene contrario ai fini dello Stato ed al quale ricollega, come conseguenza, l’applicazione di una sanzione penale. Autore o soggetto attivo del reato è colui che pone in essere il comportamento vietato dalla norma incriminatrice. In relazione al soggetto, distinguiamo: -reati comuni: posti in essere da qualunque soggetto, indipendentemente da particolari caratteristiche soggettive; - reati propri: posti in essere solo da soggetti che rivestono determinate qualifiche Il soggetto passivo del reato è il titolare del bene o dell’interesse che la norma giuridica tutela e che è pertanto leso dal comportamento umano costituente reato. • Oggetto giuridico del reato è il bene o l’interesse protetto dalla norma penale • Il danno penale prodotto dal reato consiste nell’offesa del bene giuridico tutelato, cioè nell’evento antigiuridico I reati si distinguono in : -reati di danno e reati di pericolo e in due grandi categorie: delitti e contravvenzioni . Struttura del reato • I reati si distinguono in : -reati di danno e reati di pericolo e in due grandi categorie: delitti e contravvenzioni . LESIONI PERSONALI DOLOSE (ARTT. 582-583) O COLPOSE ( ART . 590) LESIONE PERSONALE COLPOSA (art. 590 c.p.) “chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale” SI DISTINGUONO TRE GRADI: SEMPLICE MALATTIA entro 40gg GRAVE GRAVISSIMA LESIONE PERSONALE DOLOSA (art. 582 c.p.) “chiunque cagiona ad alcuna una lesione personale dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni ” LESIONE PERSONALE DOLOSA lievissima Quando deriva una malattia della durata non superiore ai 20 gg. e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti di cui agli artt 583 e 585 c.p. E’ punibile a querela della persona offesa Non richiede il referto del medico. La pena è da 3 mesi a 3 anni LESIONE PERSONALE DOLOSA Lesione personale lieve Quando deriva una malattia di durata superiore ai 20 gg. ma non superiore ai 40gg. E’ procedibile di ufficio Il referto è obbligatorio. La pena è da 3 mesi a 3 anni LESIONE PERSONALE DOLOSA Lesione personale grave Art. 583 c.p. Se deriva una malattia o una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni di durata superiore ai 40gg. Una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa O produca indebolimento permanente di un senso o di un organo E’ procedibile di ufficio. Il referto è obbligatorio La pena è della reclusione da 3 a 7 anni LESIONE PERSONALE DOLOSA Lesione personale gravissima Se deriva una malattia certamente o probabilmente insanabile Produce la perdita di un senso, o la perdita dell’uso di un organo La perdita di un arto o una mutilazione che renda l’arto inservibile La perdita della capacità di procreare Permanente e grave difficoltà nella favella Deformazione o sfregio permanente del viso E’ procedibile di ufficio. Il referto è obbligatorio. La pena è della reclusione da 6 a 12 anni QUALIFICA GIURIDICA DELLE PROFESSIONI SANITARIE AI SENSI DELLA LEGGE PENALE L’importanza che le professioni sanitarie rivestono in tutti i loro campi applicativi è riconosciuta anche dal Codice Penale. Infatti, l’ordinamento penale riconosce a determinati soggetti, nell’ambito delle funzioni svolte, la qualifica di figura giuridica. Le figure giuridiche previste dal Codice Penale negli articoli 357, 358, 359 sono: – Pubblico ufficiale[1] (colui che rappresenta lo Stato); – Incaricato di pubblico ufficio[2] (colui che fa la volontà dello stato); – Esercente di un servizio di pubblica necessità[3] (libero professionista). [1] Art. 357 c. p. : “agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.” [2] Art. 358 c. p.: “Agli effetti della legge penali sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi una attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.” [3] Art. 359 c. p.: “Agli effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità: i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando della loro opera il pubblico sia per legge obbligato a valersi; i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio, adempiono un sevizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica amministrazione”. Nell’ambito sanitario, le professioni di assistenza non mediche, non essendo generalmente dotate di poteri certificativi o autoritativi necessari per ricoprire la carica di pubblico ufficiale, possono essere facilmente riconducibile alla figura giuridica prevista dall’articolo 358 c. p. (incaricato di pubblico servizio) qualora presti la loro opera come dipendenti del Servizio sanitario nazionale o come dipendente di casa di cura privata convenzionata; e a quella contemplata dall’articolo 359 c.p. (esercente di un sevizio di pubblica necessità) qualora operino in regime di libero professionista o in strutture private non convenzionate[1]. Tutti i soggetti giuridici hanno doveri e obblighi da mettere in atto quando si determina un danno ad una persona o allo Stato. [1] Benci L., Aspetti giuridici della professione infermieristica. Elementi di legislazione sanitaria, McGraw-Hill, Milano 2002. Come libero professionista l’infermiere è obbligato, secondo l’art. 365 c. p.[1], alla compilazione del REFERTO qualora si trovi a prestare la propria attività sanitaria nei casi che presentano le caratteristiche di un DELITTO PERSEGUIBILE D’UFFICIO. I reati perseguibili d’ufficio sono quei delitti in cui è l’ufficio giudiziario stesso (Procura, Pubblica Accusa, ecc.) che, senza necessità della querela, inizia un procedimento penale contro chi ha determinato il danno. Questi reati sono l’omicidio, le lesioni personali dolose e, in genere, tutti i reati che rivestono una certa gravità come i maltrattamenti in famiglia o verso i minori. [1] Art. 365 c. p.: “Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestata la propria assistenza o opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d’ufficio, ometta o ritarda di riferire all’Autorità indicata nell’art. 361, è punito con una multa fino a £ 200.000. Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale”.[1] Art. 32 della Costituzione “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Cosa significa il termine di responsabilità? “Responsabilità” deriva dal latino “respondere” e, infatti, in ambito giuridico la responsabilità concerne l’obbligo di rispondere di un’azione illecita. Dunque la responsabilità professionale è la capacità di ciascun sanitario di rispondere in ogni situazione delle decisioni prese, degli atti compiuti e dei risultati ottenuti ed identifica l’obbligo a rispondere delle conseguenze del proprio operato.Il termine “responsabilità” può assumere una duplice prospettiva: • Negativa: responsabilità = rispondere a qualcuno” (giudice, ordine professionale) • Positiva: responsabilità = capacità di assumere autonomamente compiti che consentano una più efficace lotta contro le malattie e promozione della salute COSA SI INTENDE PER RESPONSABILITÀ OSSERVIAMO ALCUNI PARTICOLARI ELEMENTI DI VALUTAZIONE LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE MORALE (principio di beneficialità, non maleficienza, libertà/autonomia, equità /giustizia) PENALE LEGALE CIVILE DISCIPLINARE: amministrativa ed ordinistica (deontologica) LA RESPONSABILITÀ RESPONSABILITA’ PENALE fattispecie costitutiva del dovere di punire E’ PERSONALE RESPONSABILITA’ CIVILE Conseguenze svantaggiose stabilite dall’ordinamento per effetto della lesione di un interesse tutelato PUO’ ESSERE ASSUNTA DA TERZI LA RESPONSABILITÀ CIVILE CONTRATTUALE PREESISTENZA DI UNA OBBLIGAZIONE ONERE DELLA PROVA: ricade sul debitore EXTRACONTRATTUALE (o da fatto illecito) LESIONE DI UN INTERESSE PRECOSTITUITO DALL’ORDINAMENTO GIURIDICO ONERE DELLA PROVA: ricade sul creditore LA RESPONSABILITÀ CIVILE COPERTURA ASSICURATIVA POLIZZA INFORTUNI Copre i danni fisici subiti a causa di un evento violento, fortuito ed esterno, a prescindere da chi sia il colpevole POLIZZA R.C. Copre la responsabilità di chi provoca il danno, garantendo il risarcimento del danneggiato al posto del responsabile LA RESPONSABILITÀ DOLOSA / COLPOSA COMMISSIVA LIBERA / OMISSIVA PROFESSIONE / PUBBLICA PROFESSIONE PER REATO COMUNE / PER REATO SPECIFICO PER COLPA GENERICA / PER COLPA SPECIFICA CONTRATTUALE / EXTRACONTRATTUALE LA RESPONSABILITÀ ED ELEMENTI DI RIFERIMENTO AZIONE DEL RESPONSABILE CONDOTTA PREVISTA DALL’ART 43c.p. REALIZZAZIONE NESSO DI UN DANNO CAUSALE L’ELEMENTO PSICOLOGICO DEL REATO Il reato è colposo o contro l’intenzione se si realizza a causa di imprudenza, negligenza, imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, norme, regolamenti, ordini o discipline LA RESPONSABILITA’ (art. 43 c.p.) DILIGENZA AGIRE CON ATTENZIONE, SOLLECITUDINE E ACCURATEZZA (cioè con amore) LA RESPONSABILITA’ (art. 43 c.p.) PRUDENZA AGIRE CON CAUTELA ATTUANDO TUTTE LE MISURE ATTUALMENTE DISPONIBILI PER NON CAUSARE DANNO LA RESPONSABILITA’ (art. 43 c.p.) PERIZIA AGIRE ATTENENDOSI ALLE CONOSCENZE TECNICHE ORDINARIE RESPONSABILITA’ OGGETTIVA RESPONSABILITA’ PER UN ACCADIMENTO CAUSATO DA UNA AZIONE CHE PRESCINDE DALLA CONDOTTA COLPOSA LA RESPONSABILITA’ (art. 40, comma 2 c.p.) Reato omissivo improprio RAPPORTO DI CAUSALITÀ “NON IMPEDIRE UN EVENTO CHE SI HA L’OBBLIGO GIURIDICO DI IMPEDIRE, EQUIVALE A CAGIONARE”. LA RESPONSABILITA’ (art. 1128 c.c.) RESPONSABILITA’ PER FATTO DEGLI AUSILIARI Responsabilità in eligendo Responsabilità in vigilando “.. IL DEBITORE CHE NELL’ADEMPIMENTO DELL’OBBLIGAZIONE SI AVVALE DELL’OPERA DI TERZI, RISPONDE ANCHE DEI FATTI DOLOSI O COLPOSI DI COSTORO”. LA RESPONSABILITA’ NELL’ESERCIZIO DI ATTIVITA’ PERICOLOSE (art. 2050 c.c.) “.. CHIUNQUE CAGIONA UN DANNO AD ALTRI NELLO SVOLGIMENTO DI UN’ATTIVITA’ PERICOLOSA, PER SUA NATURA DEI MEZZI ADOPERATI, E’ TENUTO AL RISARCIMENTO, SE NON PROVA DI AVERE ADOTTATO TUTTE LE MISURE IDONEE AD EVITARE IL DANNO”. LA RESPONSABILITÀ ED ONERE DELLA PROVA CONTRATTUALE L’ATTORE DEVE PROVARE LA PREESISTENTE OBBLIGAZIONE, IL FATTO DELL’INADEMPIMENTO, IL DANNO ED IL NESSO CASUALE EXTRACONTRATTUALE (o da fatto illecito) L’ATTORE DEVE PROVARE L’EVENTO DANNOSO, IL DOLO O LA COLPA, IL DANNO ED IL NESSO CAUSALE LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE: DOCUMENTAZIONE DELLA CONDOTTA E’ SEMPRE OPPORTUNO ED UTILE CHE LA CONDOTTA SIGNIFICATIVA TENUTA DA CIASCUN OPERATORE SANITARIO RISULTI NEGLI ATTI DELL’UNITA’ OPERATIVA LA REGISTRAZIONE DELLA PROPRIA CONDOTTA IN AMBITO PROFESSIONALE E’ MEGLIO RISPONDERE DI UNA PROPRIA AZIONE PIUTTOSTO CHE ESSERE CHIAMATI A RISPONDERE DI DECISIONI OD AZIONI VOLUTE E CONDOTTE AUTONOMAMENTE DA TERZI SOGGETTI LA REGISTRAZIONE DELLA PROPRIA CONDOTTA IN AMBITO PROFESSIONALE GLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE SONO LA CARTELLA CLINICA I REGISTRI I FOGLI DI LAVORO IL SISTEMA GESTIONALE COMPUTERIZZATO L’ARCHIVIO DEGLI ATTI DI UFFICIO LA CERTIFICAZIONE POSSIBILI QUALIFICAZIONI IN RAPPORTO ALLA RILEVANZA DELL’ATTO PUBBLICO UFFICIALE (art. 357 c.p.) INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO (art. 358 c.p.) ESERCENTE UN SERVIZIO DI PUBBLICA NECESSITA’ (art.359 c.p.) LE PRINCIPALI FIGURE DELITTUOSE CONNESSE ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA ATTRAVERSO LE PRONUNCE GIURISPRUDENZIALI DI LEGITTIMITA’ E DI MERITO • L’esercizio abusivo di professione (art. 348 del c.p.) Perché si compia esercizio abusivo di professione è sufficiente compiere anche un solo atto della professione tutelata, e che questo atto o questi atti siano “specifici ed esclusivi”della professione tutelata. E’ sufficiente cioè, come ha confermato la Corte di Cassazione, “una isolata prestazione professionale”. •E’ un reato di pericolo per cui sussiste anche in assenza di danno GIURISPRUDENZA PENALE Compete al medico anestesista la scelta della terapia antalgica da praticare e la relativa esecuzione Pretura circondariale di Grosseto, sentenza 30 Ottobre 1998- 29 Gennaio 1999 Massima E’ indubitabile che l’iniezione di anestetico nel canale vertebrale sia di competenza esclusiva del medico anestesista, come si evince dal combinato disposto degli articoli 1, comma 2 della Legge 9.8. 1954, n. 653 e dal D.M. della sanità 3.7.1996. Non può essere rimproverata, a un infermiere professionale, la mancata conoscenza delle leggi che regolano la professione dell’anestesista e che per prassi delle strutture ospedaliere venga delegato all’esecuzione della pratica della somministrazione di farmaci per via epidurale a scopo di analgesia nella erronea convinzione di dovere adempiere ad un preciso dovere giuridico (tale condotta viene scriminata in base al disposto dell’art. 59, comma 4, c.p.). GIURISPRUDENZA PENALE L’agopuntura è atto medico: commette esercizio abusivo di professione un infermiere o un massoterapista che pratica l’agopuntura Corte Suprema di Cassazione, VI sezione penale, sentenza n. 482 del 27 Marzo 2003 Commento La sentenza in esame, in merito all’esercizio abusivo di professione da parte di un operatore sanitario con doppia qualificazione, di infermiere e di massoterapista, contiene due motivi di interesse: il primo legato strettamente all’agopuntura e alla sua liceità o meno; il secondo legato all’attività sanitaria più ampia svolta dall’operatore sanitario. Cominciando da quest’ultima la Corte contesta che l’operatore sanitario operasse “in piena autonomia”, provvedesse a non meglio specificate “scelte terapeutiche” e in alcuni casi, “effettuava diagnosi diverse rispetto a quelle mediche.. Lo schema delineato dalle precedenti sentenze di merito era il seguente: l’infermiere – massoterapista partiva dalla diagnosi (confermando “a volte quella medica”), procedeva con la scelta della terapia (massaggi, agopuntura), procedeva all’esecuzione della stessa secondo le modalità ritenute più opportune…. Alternando in alcuni casi l’una all’altra terapia… fino ad arrivare a rimedi ortopedici (plantare) o farmacologici”. La somministrazione e la detenzione di farmaci guasti o imperfetti (art.443 c.p.) L’art. 443 prevede tre distinte fattispecie: • la detenzione per il commercio; • la messa in commercio; • la somministrazione di medicinali guasti o imperfetti. Sono farmaci guasti, ai fini della configurabilità del reato in questione, devono intendersi quei medicinali che “si sono alterati per qualsiasi causa, come il normale deperimento, la vetustà, la fermentazione”. • Sono farmaci imperfetti sia il medicinale non preparato secondo le prescrizioni scientifiche o nel quale non si siano verificate tutte le condizioni per evitare, nei limiti del possibile, ogni pericolo nel suo uso o per renderlo idoneo al suo scopo, sia il medicinale che, pur non essendo guasto, sia difettoso per qualsiasi altra causa. La Corte di Cassazione si è occupata più volte dell’argomento, in due distinti filoni giurisprudenziali, così riassumibili: • Orientamento di assimilazione della detenzione commercio con la detenzione per la somministrazione; per il • Nuovo orientamento: la non assimilabilità della detenzione per il commercio con la detenzione per la somministrazione. • Sono farmaci imperfetti sia il medicinale non preparato secondo le prescrizioni scientifiche o nel quale non si siano verificate tutte le condizioni per evitare, nei limiti del possibile, ogni pericolo nel suo uso o per renderlo idoneo al suo scopo, sia il medicinale che, pur non essendo guasto, sia difettoso per qualsiasi altra causa. La Corte di Cassazione si è occupata più volte dell’argomento, in due distinti filoni giurisprudenziali, così riassumibili: • Orientamento di assimilazione della detenzione commercio con la detenzione per la somministrazione; per il • Nuovo orientamento: la non assimilabilità della detenzione per il commercio con la detenzione per la somministrazione. L’orientamento di assimilazione della detenzione per il commercio con la detenzione per la somministrazione La Corte Suprema ha precisato che “la detenzione per il commercio e la detenzione per la somministrazione non costituiscono situazioni differenti: entrambe sono funzionali e dirette all’uso effettivo del farmaco”. Questo orientamento è stato confermato da una successiva sentenza in cui la Corte ha ribadito che non ha “alcun fondamento la distinzione tra la detenzione per il commercio e la detenzione per la somministrazione prospettata dal ricorrente dato che sia l’una che l’altra rendono probabile, o quanto meno possibile, l’utilizzazione concreta del medicinale guasto o imperfetto a scopo terapeutico” Il nuovo orientamento: la non assimilabilità della detenzione per il commercio con la detenzione per la somministrazione •La Cassazione ha affermato che, pur avendo sostenuto in passato che non aveva alcun fondamento la distinzione tra la detenzione per il commercio e la detenzione per la somministrazione, ora questo indirizzo “non può essere confermato” in quanto la norma incriminatrice, punendo chi “detiene per il commercio, pone in commercio o somministra”, segna la determinatezza della fattispecie penale e ne delimita i precisi confini, identificando, ai fini della consumazione del reato, distinte condotte, l’ultima delle quali, riguarda l’effettiva somministrazione e non anche la detenzione a essa destinata” (cfr. Corte di Cassazione, I sez. penale, sentenza n. 190 del 14 Aprile 1995). OMICIDIO COLPOSO • L’omicidio è l’uccisione di un uomo cagionata da un altro uomo, con un comportamento doloso o colposo e senza il concorso di cause di giustificazione. Con riferimento all’elemento soggettivo, l’omicidio può essere • doloso (art. 575 c.p.) quando volontariamente si cagiona la morte di un altro uomo • preterintenzionale (art. 584 c.p.) quando, con atti diretti a cagionare percosse o lesioni, si causa la morte di un uomo • colposo (art. 589 c.p.) quando per colpa (imprudenza, negligenza, imperizia, inosservanza di legge, regolamento, ordine o disciplina) si cagiona la morte di un uomo. GIURISPRUDENZA PENALE La responsabilità per l’omessa cura delle piaghe da decubito Corte di Assise di Firenze, sentenza 14 Dicembre 1996 Massima Il reato di abbandono di persona incapace è configurabile solo quando si verifichi una reale situazione di abbandono consistente nel lasciare una persona in un determinato luogo senza più curarsene. Non può configurarsi il reato di abbandono di incapace nel caso di una paziente ricoverata in una corsia di ospedale e assistita dal personale infermieristico. L’avere omesso da parte dei medici di somministrare le terapie idonee ovvero non avere curato adeguatamente le complicanze suppurative delle lesioni da decubito non indica una situazione di abbandono ma integra gli estremi dell’omicidio colposo e della negligenza. GIURISPRUDENZA PENALE IL FATTO I signori XY, medici del reparto di ortopedia all’interno del C.T.O. di Firenze. Sono imputati A. del reato di cui all’art. 479 c.p. perché nel periodo in cui avevano in cura presso il C.T.O. di Careggi la signora XY compilavano, in qualità di pubblici ufficiali perché medici di una struttura sanitaria pubblica, la cartella clinica della stessa attestando falsamente o omettendo dei fatti dei quali la cartella clinica è destinata a provare la verità. In particolare non facevano alcuna annotazione, nello spazio riguardante l’esame obiettivo generale, delle piaghe da decubito, la cui esistenza si deduce invece dalle annotazioni nel diario infermieristico relative alla necessità di medicare tali piaghe. GIURISPRUDENZA PENALE Inoltre nella lettera di accompagnamento indirizzata alla casa di cura Villa delle Rose, dove la paziente proseguiva la degenza, non venivano menzionate né le piaghe da decubito né le piaghe relative alla ferita, che invece vengono rilevate al momento dell’ingresso della signora XY nella casa di cura trattandosi di patologie molto evidenti (il decubito sacrale è di circa cm 10 per 25); B. Del reato di cui all’art. 591, 3° comma c.p., perché ciascuno, nelle rispettive qualità di medico e di paramedico, avendo la responsabilità della salute e della vita della signora XY di anni 72, lì ricoverata per frattura pertrocanterica dal 6 Ottobre 1994 al 10 Novembre 1994 e dal 19 Novembre al 25 Novembre 1994, con condotte indipendenti e non in attuazione di un unitario piano criminoso, dolosamente lasciava in stato di abbandono detta signora, abbandono dal quale derivava la morte avvenuta l’1 Dicembre 1994 ….. GIURISPRUDENZA PENALE …. con condotte indipendenti e non in attuazione di un unitario piano criminoso, dolosamente lasciava in stato di abbandono detta signora, abbandono dal quale derivava la morte avvenuta il 01.12.94. In particolare i medici, pur consapevoli che la signora XY era incapace di provvedere a se stessa e che alla stessa mancava qualsiasi altra forma di assistenza, dolosamente l’abbandonavano in tali condizioni senza adottare quelle iniziative terapeutiche che invece erano necessarie per arrestare quel processo patologico le cui complicanze la condussero alla morte, abbandono consistito: GIURISPRUDENZA PENALE • nel lasciare trascorrere ingiustificatamente un lungo lasso di tempo, 18 giorni, tra il ricovero a seguito di rottura del femore e l’intervento chirurgico, favorendo così le piaghe da decubito, perché regola generale nei pazienti anziani che presentano la frattura del femore è la loro precoce mobilizzazione mediante un tempestivo intervento chirurgico, per evitare lesioni trofiche da decubito e complicanze di tipo trombo-embolico legate al rallentamento del circolo venoso nel paziente allettato; • nell’omettere, di fronte alle complicanze relative alla ferita chirurgica che era in parte deiscente e secernente, di compiere ovvero fare compiere gli accertamenti necessari per appurare le cause della patologia, di rimuovere chirurgicamente l’endoprotesi causa di suppurazione e di procedere a pulizia chirurgica della ferita deiscente; GIURISPRUDENZA PENALE • nel dimettere la paziente, che veniva quindi trasferita alla casa di cura di Villa delle Rose, con lettera di accompagnamento nella quale la suppurazione non veniva neanche menzionata, omettendo di rimuovere la protesi che, a seguito di dislocazione, costituiva un pericolosissimo focolaio settico, tanto da rappresentare una causa determinante del decesso. GIURISPRUDENZA PENALE Commento Questa sentenza della Corte di Assise di Firenze di assoluzione per il reato contestato di abbandono di persone minori e incapaci previsto dall’art. 591 c.p., è interessante sotto diversi punti di vista. In primo luogo sottolineiamo l’inusualità del giudice adito. Nei casi di responsabilità professionale non sono frequenti i reati di competenza della Corte di Assise. Inoltre, il fatto che è sotteso al caso in oggetto, - la morte di una persona in seguito all’insorgenza e alla mancata cura di lesioni da decubito - induceva la competenza pretorile per il reato di omicidio colposo. Il giudice adito ha dovuto dichiarare la propria incompetenza, proprio sulla scorta di una giurisprudenza della Corte di Cassazione, in tema di abbandono di persona incapace, del tutto univoca. GIURISPRUDENZA PENALE Nella casistica è veramente difficile riscontrare l’abbandono di un paziente, ovvero una condotta consapevole, cosciente, consistente nella deliberata volontà di non costituire o di interrompere il doveroso rapporto di assistenza, in un ospedale pubblico. Più facilmente è riscontrabile in case di riposo per anziani, per pazienti psichiatrici e simili. La stessa Corte di Assise ha specificato che il ricovero in un ospedale pubblico, il più grande della città, “l’allocazione” in una corsia, l’assistenza del personale infermieristico, la sottoposizione della paziente ad intervento chirurgico, non possono in alcun modo configurare l’abbandono della paziente stessa. GIURISPRUDENZA PENALE Altre furono le colpe del personale, generalmente di carattere omissivo, riconducibili alla sottovalutazione delle suppurazioni, al ritardo nell’intervento, all’omissione di terapie adeguate. Colpa quindi e non dolo: “la paziente non fu abbandonata, ma negligentemente trattata”, sotto il profilo dell’imperizia e della negligenza. Colpisce molto l’assoluta noncuranza nella tenuta della cartella clinica, nella quale veniva addirittura omessa la menzione delle piaghe da decubito e delle piaghe relative alla ferita chirurgica, considerate situazioni “molto evidenti”. GIURISPRUDENZA PENALE La Suprema Corte ha avuto modo di osservare che tale situazione è “indice di un comportamento assistenziale costantemente negligente ed imperito segno di un impegno mediocre. Fonte certa di responsabilità” soprattutto se le mancate annotazioni influiscano in modo determinante sull’insuccesso dell’atto sanitario. Superata dalle riforme legislative di questi ultimi mesi (la sentenza però non poteva darne conto, in quanto del dicembre 1998) è l’affermazione che i medici “sono responsabili della cura e dell’assistenza del paziente”. L’omissione di soccorso (art. 593 c.p.) L’omissione di soccorso si concretizza in tre distinte fattispecie: - la mancata prestazione del soccorso, diretto o indiretto; - l’insufficiente prestazione del soccorso in rapporto ai bisogni del pericolante e delle concrete possibilità soccorritrici (di luogo, di tempo, di capacità tecniche, di mezzi disponibili) del rinvenitore; - la ritardata prestazione del soccorso in rapporto alle effettive possibilità di un intervento soccorritore costantemente tempestivo. GIURISPRUDENZA PENALE Corte di Cassazione, VI sezione, sentenza 7 Giugno 2000, n. 863 Il medico del 118 che non soccorre il paziente rifiutandosi di scendere in una scarpata commette i reati di omissione di soccorso e di rifiuto di atti d’ufficio. Commette il reato di rifiuto di atti d’ufficio e di omissione di soccorso il medico del servizio 118 chiamato a prestare assistenza alla vittima di un incidente stradale, che rifiuta indebitamente di soccorrerla (senza alcuna altra giustificazione di non sporcarsi scarpe e vestito), non scendendo nella scarpata in fondo alla quale essa giaceva, non rispondendo ai ripetuti richiami del barelliere e dell’infermiere, il quale di propria iniziativa e fuori dalla sua competenza, applicò all’infortunato un collarino come cautela nel caso di trauma cervicale e inserì una cannula per agevolarne la faticosa respirazione. E’ configurabile il concorso dei due reati (rifiuto di atti d’ufficio e omissione di soccorso) in quanto le due norme incriminatici tutelano beni diversi: l’art. 328 tutela il regolare funzionamento della pubblica amministrazione, imponendo al pubblico ufficiale e all’incaricato di pubblico servizio di assolvere efficacemente e tempestivamente i doveri inerenti all’ufficio o al servizio; l’art. 593 invece tutela la vita e l’incolumità individuale. Rifiuto di atti di ufficio art. 328 c.p. Soggetto attivo del reato non è chiunque, come nel reato di omissione di soccorso, bensì solo colui che riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. La condotta incriminata consiste nell’indebito rifiuto di un atto urgente che deve essere compiuto per ragioni di sanità. . Integra gli estremi del reato di rifiuto di atti d’ufficio l’operatore che è vincolato contrattualmente da un obbligo di intervento. In particolare l’operatore che sia in pronta disponibilità . La pronta disponibilità o reperibilità è caratterizzata dall’obbligo dell’operatore di raggiungere il suo posto di lavoro nel più breve tempo possibile. Laddove l’operatore si rifiuti di raggiungere il posto di lavoro, benché chiamato, risponde di rifiuto di atti d’ufficio, indipendentemente da qualsiasi danno al paziente. La giurisprudenza ha infatti specificato che l’indebita omissione “consiste unicamente in siffatta mancata disponibilità di cura”. GIURISPRUDENZA PENALE Commette il reato di rifiuto di atti d’ufficio il medico in servizio notturno di guardia all’interno dell’ospedale che dà disposizioni verbali agli infermieri senza recarsi al letto del paziente Tribunale di Torino, sezione Giudici Indagini Preliminari, sentenza del 7 Novembre 2000 Massima Il ruolo del medico in servizio di guardia notturna è ben diverso dal medico in servizio di pronta disponibilità soprattutto in presenza di malati con quadro evolutivo imprevedibile (operati per malattie cardiache in rianimazione) dove si rende indispensabile un’assistenza continua e i pazienti devono essere monitorati periodicamente dal medico anestesista. In tale contesto non è possibile delegare al personale infermieristico interventi che richiedono una valutazione personale del medico della situazione del paziente da effettuare al suo capezzale. Per la sussistenza del reato di rifiuto di atti d’ufficio non è necessario che si sia verificato un danno al paziente, essendo sufficiente il pericolo che il rifiuto (esplicito o implicito) dell’atto da compiersi senza ritardo possa avere conseguenze dannose. Tutte qualità che conferiscono ai professionisti Sanitari • alta competenza • alta motivazione • alta efficacia ed efficienza operativa • approfondita e specifica formazione continua QUALI GLI STRUMENTI DI DIFESA DEL PROFESSIONISTA DEL FUTURO? 2. LA FORMAZIONE E’ L’ARMA DELLA SICUREZZA La formazione di base è proprio in questa fase che andrebbero poste le basi per ridurre al minimo le irregolarità professionali, richiamando i futuri professionisti all’obbligo di prendere coscienza che i reati penali, gli illeciti amministrativi e disciplinari diminuiscono la sicurezza del cliente e, nello stesso tempo, ledono oltre che il professionista stesso, l’immagine della professione La formazione permanente è costituita da un insieme di attività di varia origine e natura, mirate a mantenere la competenza del professionista in linea con le esigenze della cittadinanza, dell’azienda e dello stesso professionista nella sua evoluzione professionale e nelle sue diverse collocazioni lavorative. • Secondo il Tribunale per i diritti del malato, la fase attuativa della sperimentazione del risk management dovrebbe comprendere, per le aziende che vogliono intraprendere tale iniziativa, le seguenti tappe: - Istituzione delle unità di risk management; - Nomina del risk manager; - Collegamento delle unità di risk management con altri segmenti del management che si occupano di sicurezza; - Adozione del sistema di rilevamento degli eventi sentinella; - Individuazione di un responsabile per la segnalazione degli eventi sentinella all’interno dei reparti; - Redazione della mappa dei rischi; - Redazione di un piano per la sicurezza nell’esercizio della pratica medica e assistenziale - Individuazione di un budget apposito per la sicurezza nell’esercizio della pratica medica e assistenziale - Redazione di un rapporto annuale - Sostegno alla diffusione di modalità per la comunicazione tra gli operatori, la circolazione delle informazioni, la discussione degli errori: - Introduzione di misure (almeno una) in favore di una migliore identificazione dei pazienti: CONCLUSIONI Le istituzioni rappresentano l’ambito nel quale la maggior parte dei sanitari svolge la propria attività: ecco, dunque, la necessità, ma anche, a mio avviso, il preciso dovere per i nuovi professionisti sanitari di conoscere le leggi dello Stato che riguardano la professione. Non è ammissibile, alla luce dei continui cambiamenti che avvengono nel mondo sociale e sanitario, nascondersi dietro frasi del tipo “non è colpa mia”, “non mi compete”, Il professionista deve prendere coscienza del proprio ruolo, che è quello di un individuo chiamato a rispondere in prima persona di un fatto o di un atto compiuto nell’esercizio delle proprie funzioni con piena autonomia decisionale. CONCLUSIONI Niente può essere lasciato al caso quando è in gioco la vita delle persone. Bisogna superare definitivamente il sistema, largamente vigente, che premia le omissioni, l’occultamento dei fatti, i silenzi complici Non sono accettabili rischi per la salute causati da strutture, attrezzature o, in generale, mezzi obsoleti, di qualità scadente o non in perfetto stato di manutenzione Una corretta gestione e un’adeguata prevenzione dei rischi sono possibili solo con investimenti adeguati che assicurino ai professionisti tutti gli strumenti necessari per la diagnosi e la cura DOCUMENTAZIONE E RESPONSABILITÀ L’IMPOSSIBILITA’ DI DOCUMENTARE IL PROPRIO OPERATO PUÒ INTEGRARE UN REATO O ESSERE FONTE DI RESPONSABILITÀ PER L’IMPOSSIBILITÀ A DIMOSTRARE DI AVERE AGITO CORRETTAMENTE DOCUMENTAZIONE E RESPONSABILITÀ LA NECESSITA’ DI DOCUMENTARE NASCE DAGLI OBBLIGHI GIURIDICI, ETICI E CONTRATTUALI DI CERTIFICARE IL PROPRIO OPERATO (Carnelutti) L’OPPORTUNITA’ DI DOCUMENTARE NASCE DALLA PROPRIA TUTELA (C.A.M) DOCUMENTAZIONE E RESPONSABILITÀ LA NECESSITA’ DI DOCUMENTARE NASCE DAGLI OBBLIGHI GIURIDICI, ETICI E CONTRATTUALI DI CERTIFICARE IL PROPRIO OPERATO (Carnelutti) L’OPPORTUNITA’ DI DOCUMENTARE NASCE DALLA PROPRIA TUTELA (C.A.M) LA CARTELLA CLINICA E’ LA STORIA FEDELE DEGLI EVENTI RILEVANTI OCCORSI DURANTE IL RICOVERO. LA REGISTRAZIONE, NELLA FORMA PREVISTA PER GLI ATTI PUBBLICI, E’ CRONOLOGICA, PUNTUALE IL CERTIFICATO LA PROSECUZIONE AMMINISTRATIVA DELL’ATTO SANITARIO IDONEA A TESTIMONIARE LA RICORRENZA DELLE CONDIZIONI INDICATE