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Il diritto penale è quel complesso di norme giuridiche con cui lo
Stato, mediante la minaccia di una sanzione (Pena), proibisce
determinati comportamenti umani, considerati contrari ai fini
che esso persegue (Reati).
I principi fondamentali dai quali il diritto penale è retto, sono:
1. Il principio di legalità (nullum crimen, nulla poena sine lege):
esprime il divieto di punire qualsiasi fatto che, al momento in
cui è stato commesso, non sia espressamente previsto dalla legge
come reato.
Esso si articola nei tre sottostanti principi interdipendenti:
a) La riserva di legge: secondo tale principio, un determinato
fatto non può essere punito se non esiste una legge che lo
consideri reato.
b) La tassatività: comporta per il legislatore il dovere di procedere, al
momento della creazione della norma penale, ad una chiara e
precisa determinazione del fatto punibile, affinché risulti
inequivocabilmente e tassativamente stabilito ciò che rientra
nella sfera del penalmente illecito e, conseguentemente, ciò che
è lecito.
c) L’irretroattività: comporta la inapplicabilità della legge penale
a fatti commessi prima della sua entrata in vigore.
2. principio di materialità (cogitationis poenam nemo patitur);
3. principio di offensività (nullum crimen sine iniuria);
4. principio di personalità della responsabilità penale
Definizione, soggetti e oggetto del reato
Reato: quel comportamento umano volontario (azione od omissione),
che il legislatore ritiene contrario ai fini dello Stato ed al quale
ricollega, come conseguenza, l’applicazione di una sanzione penale.
Autore o soggetto attivo del reato è colui che pone in essere il
comportamento vietato dalla norma incriminatrice.
In relazione al soggetto, distinguiamo:
-reati comuni: posti in essere da qualunque soggetto,
indipendentemente da particolari caratteristiche soggettive;
- reati propri: posti in essere solo da soggetti che rivestono determinate
qualifiche
Il soggetto passivo del reato è il titolare del bene o dell’interesse che la
norma giuridica tutela e che è pertanto leso dal comportamento
umano costituente reato.
• Oggetto giuridico del reato è il bene o l’interesse protetto dalla
norma penale
• Il danno penale prodotto dal reato consiste nell’offesa del bene
giuridico tutelato, cioè nell’evento antigiuridico
I reati si distinguono in :
-reati di danno e reati di pericolo e in due grandi categorie: delitti
e contravvenzioni .
Struttura del reato
•
I reati si distinguono in :
-reati di danno e reati di pericolo e in due grandi categorie: delitti
e contravvenzioni .
LESIONI PERSONALI DOLOSE (ARTT. 582-583)
O COLPOSE ( ART . 590)
LESIONE PERSONALE COLPOSA
(art. 590 c.p.) “chiunque cagiona ad altri, per colpa,
una lesione personale”
SI DISTINGUONO TRE GRADI:

SEMPLICE  MALATTIA entro 40gg


GRAVE
GRAVISSIMA
LESIONE PERSONALE DOLOSA
(art. 582 c.p.)
“chiunque cagiona ad alcuna una lesione personale
dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella
mente è punito con la reclusione da tre mesi a tre
anni ”
LESIONE PERSONALE DOLOSA
lievissima



Quando deriva una malattia della durata non
superiore ai 20 gg. e non concorre alcuna delle
circostanze aggravanti di cui agli artt 583 e 585
c.p.
E’ punibile a querela della persona offesa
Non richiede il referto del medico. La pena è da 3
mesi a 3 anni
LESIONE PERSONALE DOLOSA
Lesione personale lieve



Quando deriva una malattia di durata superiore ai
20 gg. ma non superiore ai 40gg.
E’ procedibile di ufficio
Il referto è obbligatorio. La pena è da 3 mesi a 3
anni
LESIONE PERSONALE DOLOSA
Lesione personale grave Art. 583 c.p.



Se deriva una malattia o una incapacità di attendere alle
ordinarie occupazioni di durata superiore ai 40gg.
Una malattia che metta in pericolo la vita della persona
offesa
O produca indebolimento permanente di un senso o di un
organo

E’ procedibile di ufficio. Il referto è obbligatorio

La pena è della reclusione da 3 a 7 anni
LESIONE PERSONALE DOLOSA
Lesione personale gravissima



Se deriva una malattia certamente o probabilmente
insanabile
Produce la perdita di un senso, o la perdita dell’uso di un
organo
La perdita di un arto o una mutilazione che renda l’arto
inservibile

La perdita della capacità di procreare

Permanente e grave difficoltà nella favella

Deformazione o sfregio permanente del viso

E’ procedibile di ufficio. Il referto è obbligatorio.

La pena è della reclusione da 6 a 12 anni
QUALIFICA GIURIDICA DELLE PROFESSIONI SANITARIE
AI SENSI DELLA LEGGE PENALE

L’importanza che le professioni sanitarie rivestono in tutti i loro campi applicativi è riconosciuta
anche dal Codice Penale. Infatti, l’ordinamento penale riconosce a determinati soggetti,
nell’ambito delle funzioni svolte, la qualifica di figura giuridica.
Le figure giuridiche previste dal Codice Penale negli articoli 357, 358, 359 sono:
– Pubblico ufficiale[1] (colui che rappresenta lo Stato);
– Incaricato di pubblico ufficio[2] (colui che fa la volontà dello stato);
– Esercente di un servizio di pubblica necessità[3] (libero professionista).



[1] Art. 357 c. p. : “agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una
pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e
da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della
pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.”
[2] Art. 358 c. p.: “Agli effetti della legge penali sono incaricati di un pubblico servizio coloro i
quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi una
attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza
dei poteri tipici di quest’ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e
della prestazione di opera meramente materiale.”

[3] Art. 359 c. p.: “Agli effetti della legge penale, sono persone che
esercitano un servizio di pubblica necessità:

i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre
professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale
abilitazione dello Stato, quando della loro opera il pubblico sia
per legge obbligato a valersi;
i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando
un pubblico servizio, adempiono un sevizio dichiarato di pubblica
necessità mediante un atto della pubblica amministrazione”.

Nell’ambito sanitario, le professioni di assistenza non mediche, non essendo generalmente
dotate di poteri certificativi o autoritativi necessari per ricoprire la carica di pubblico
ufficiale, possono essere facilmente riconducibile alla figura giuridica prevista
dall’articolo 358 c. p. (incaricato di pubblico servizio) qualora presti la loro opera come
dipendenti del Servizio sanitario nazionale o come dipendente di casa di cura privata
convenzionata; e a quella contemplata dall’articolo 359 c.p. (esercente di un sevizio di
pubblica necessità) qualora operino in regime di libero professionista o in strutture
private non convenzionate[1].

Tutti i soggetti giuridici hanno doveri e obblighi da mettere in atto quando si determina
un danno ad una persona o allo Stato.

[1] Benci L., Aspetti giuridici della professione infermieristica. Elementi di legislazione
sanitaria, McGraw-Hill, Milano 2002.
Come libero professionista l’infermiere è obbligato, secondo l’art. 365 c. p.[1],
alla compilazione del REFERTO qualora si trovi a prestare la propria
attività sanitaria nei casi che presentano le caratteristiche di un
DELITTO PERSEGUIBILE D’UFFICIO.
I reati perseguibili d’ufficio sono quei delitti in cui è l’ufficio giudiziario stesso
(Procura, Pubblica Accusa, ecc.) che, senza necessità della querela, inizia un
procedimento penale contro chi ha determinato il danno. Questi reati sono
l’omicidio, le lesioni personali dolose e, in genere, tutti i reati che rivestono
una certa gravità come i maltrattamenti in famiglia o verso i minori.
[1] Art. 365 c. p.: “Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione
sanitaria prestata la propria assistenza o opera in casi che possono
presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d’ufficio,
ometta o ritarda di riferire all’Autorità indicata nell’art. 361, è punito con
una multa fino a £ 200.000. Questa disposizione non si applica quando il
referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale”.[1]
Art. 32 della Costituzione
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività,
e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione
di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti
imposti dal rispetto della persona umana”.
Cosa significa il termine di responsabilità?
“Responsabilità” deriva dal latino “respondere” e, infatti, in
ambito giuridico la responsabilità concerne l’obbligo di
rispondere di un’azione illecita.
Dunque la responsabilità professionale è la capacità di ciascun
sanitario di rispondere in ogni situazione delle decisioni prese,
degli atti compiuti e dei risultati ottenuti ed identifica l’obbligo a
rispondere delle conseguenze del proprio operato.Il termine
“responsabilità” può assumere una duplice prospettiva:
• Negativa: responsabilità = rispondere a qualcuno” (giudice,
ordine professionale)
• Positiva:
responsabilità
=
capacità
di
assumere
autonomamente compiti che consentano una più efficace lotta
contro le malattie e promozione della salute
COSA SI INTENDE PER RESPONSABILITÀ
OSSERVIAMO ALCUNI
PARTICOLARI ELEMENTI
DI VALUTAZIONE
LA RESPONSABILITÀ
PROFESSIONALE
MORALE (principio di beneficialità, non maleficienza,
libertà/autonomia, equità /giustizia)
PENALE

LEGALE
CIVILE
 DISCIPLINARE: amministrativa ed ordinistica
(deontologica)
LA RESPONSABILITÀ
 RESPONSABILITA’ PENALE
fattispecie costitutiva del dovere di punire
E’ PERSONALE
 RESPONSABILITA’ CIVILE
Conseguenze svantaggiose stabilite
dall’ordinamento per effetto della
lesione di un interesse tutelato
PUO’ ESSERE ASSUNTA DA TERZI
LA RESPONSABILITÀ CIVILE
 CONTRATTUALE
PREESISTENZA DI UNA OBBLIGAZIONE
ONERE
DELLA PROVA: ricade sul debitore
 EXTRACONTRATTUALE (o da fatto illecito)
LESIONE DI UN INTERESSE PRECOSTITUITO
DALL’ORDINAMENTO GIURIDICO
ONERE
DELLA PROVA: ricade sul creditore
LA RESPONSABILITÀ CIVILE
COPERTURA ASSICURATIVA

POLIZZA INFORTUNI
Copre i danni fisici subiti a causa di un evento
violento, fortuito ed esterno, a prescindere
da chi sia il colpevole

POLIZZA R.C.
Copre la responsabilità di chi provoca il danno,
garantendo il risarcimento del danneggiato
al posto del responsabile
LA RESPONSABILITÀ
DOLOSA
/ COLPOSA
COMMISSIVA
LIBERA
/ OMISSIVA
PROFESSIONE / PUBBLICA PROFESSIONE
PER
REATO COMUNE / PER REATO SPECIFICO
PER
COLPA GENERICA / PER COLPA SPECIFICA
CONTRATTUALE
/ EXTRACONTRATTUALE
LA RESPONSABILITÀ ED ELEMENTI
DI RIFERIMENTO
AZIONE
DEL RESPONSABILE
CONDOTTA
PREVISTA DALL’ART 43c.p.
REALIZZAZIONE
NESSO
DI UN DANNO
CAUSALE
L’ELEMENTO PSICOLOGICO DEL REATO
Il reato è colposo o contro l’intenzione se si
realizza a causa di imprudenza, negligenza,
imperizia, ovvero per inosservanza di leggi,
norme, regolamenti, ordini o discipline
LA RESPONSABILITA’
(art. 43 c.p.)
DILIGENZA
AGIRE CON ATTENZIONE, SOLLECITUDINE
E ACCURATEZZA (cioè con amore)
LA RESPONSABILITA’
(art. 43 c.p.)
PRUDENZA
AGIRE CON CAUTELA ATTUANDO
TUTTE LE MISURE ATTUALMENTE
DISPONIBILI PER NON CAUSARE DANNO
LA RESPONSABILITA’
(art. 43 c.p.)
PERIZIA
AGIRE ATTENENDOSI ALLE CONOSCENZE
TECNICHE ORDINARIE
RESPONSABILITA’ OGGETTIVA
RESPONSABILITA’ PER UN ACCADIMENTO
CAUSATO DA UNA AZIONE CHE
PRESCINDE DALLA CONDOTTA COLPOSA
LA RESPONSABILITA’
(art. 40, comma 2 c.p.)
Reato omissivo improprio
RAPPORTO DI CAUSALITÀ
“NON IMPEDIRE UN EVENTO CHE SI HA
L’OBBLIGO GIURIDICO DI IMPEDIRE,
EQUIVALE A CAGIONARE”.
LA RESPONSABILITA’
(art. 1128 c.c.)
RESPONSABILITA’ PER FATTO
DEGLI AUSILIARI
Responsabilità in eligendo
Responsabilità in vigilando
“.. IL DEBITORE CHE NELL’ADEMPIMENTO
DELL’OBBLIGAZIONE SI AVVALE DELL’OPERA DI
TERZI, RISPONDE ANCHE DEI FATTI DOLOSI O
COLPOSI DI COSTORO”.
LA RESPONSABILITA’ NELL’ESERCIZIO DI
ATTIVITA’ PERICOLOSE
(art. 2050 c.c.)
“.. CHIUNQUE CAGIONA UN DANNO AD ALTRI
NELLO SVOLGIMENTO DI UN’ATTIVITA’
PERICOLOSA, PER SUA NATURA DEI MEZZI
ADOPERATI, E’ TENUTO AL RISARCIMENTO, SE
NON PROVA DI AVERE ADOTTATO TUTTE LE
MISURE IDONEE AD EVITARE IL DANNO”.
LA RESPONSABILITÀ ED ONERE
DELLA PROVA

CONTRATTUALE
L’ATTORE DEVE PROVARE LA PREESISTENTE
OBBLIGAZIONE, IL FATTO DELL’INADEMPIMENTO,
IL DANNO ED IL NESSO CASUALE

EXTRACONTRATTUALE (o da fatto illecito)
L’ATTORE DEVE PROVARE L’EVENTO DANNOSO,
IL DOLO O LA COLPA, IL DANNO
ED IL NESSO CAUSALE
LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE:
DOCUMENTAZIONE DELLA CONDOTTA
E’ SEMPRE OPPORTUNO ED UTILE CHE
LA CONDOTTA SIGNIFICATIVA TENUTA
DA CIASCUN OPERATORE SANITARIO
RISULTI NEGLI ATTI DELL’UNITA’
OPERATIVA
LA REGISTRAZIONE DELLA PROPRIA
CONDOTTA IN AMBITO
PROFESSIONALE
E’ MEGLIO RISPONDERE DI UNA
PROPRIA AZIONE PIUTTOSTO CHE
ESSERE CHIAMATI A RISPONDERE DI
DECISIONI OD AZIONI VOLUTE E
CONDOTTE AUTONOMAMENTE DA
TERZI SOGGETTI
LA REGISTRAZIONE DELLA PROPRIA
CONDOTTA IN AMBITO PROFESSIONALE
GLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE SONO
 LA CARTELLA CLINICA

I REGISTRI
 I FOGLI DI LAVORO
 IL SISTEMA GESTIONALE COMPUTERIZZATO
 L’ARCHIVIO DEGLI ATTI DI UFFICIO
 LA CERTIFICAZIONE
POSSIBILI QUALIFICAZIONI IN
RAPPORTO ALLA RILEVANZA
DELL’ATTO

PUBBLICO UFFICIALE (art. 357 c.p.)

INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO (art. 358
c.p.)

ESERCENTE UN SERVIZIO DI PUBBLICA
NECESSITA’ (art.359 c.p.)
LE PRINCIPALI FIGURE DELITTUOSE CONNESSE
ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE INFERMIERISTICA
ATTRAVERSO LE PRONUNCE GIURISPRUDENZIALI DI
LEGITTIMITA’ E DI MERITO
• L’esercizio abusivo di professione (art. 348 del c.p.)
Perché si compia esercizio abusivo di professione è sufficiente
compiere anche un solo atto della professione tutelata, e che
questo atto o questi atti siano “specifici ed esclusivi”della
professione tutelata.
E’ sufficiente cioè, come ha confermato la Corte di Cassazione,
“una isolata prestazione professionale”.
•E’ un reato di pericolo per cui sussiste anche in assenza di
danno
GIURISPRUDENZA PENALE
Compete al medico anestesista la scelta della terapia antalgica da
praticare e la relativa esecuzione
Pretura circondariale di Grosseto, sentenza 30 Ottobre 1998- 29 Gennaio 1999
Massima
E’ indubitabile che l’iniezione di anestetico nel canale vertebrale
sia di competenza esclusiva del medico anestesista, come si evince
dal combinato disposto degli articoli 1, comma 2 della Legge 9.8.
1954, n. 653 e dal D.M. della sanità 3.7.1996. Non può essere
rimproverata, a un infermiere professionale, la mancata
conoscenza delle leggi che regolano la professione dell’anestesista e
che per prassi delle strutture ospedaliere venga delegato
all’esecuzione della pratica della somministrazione di farmaci per
via epidurale a scopo di analgesia nella erronea convinzione di
dovere adempiere ad un preciso dovere giuridico (tale condotta
viene scriminata in base al disposto dell’art. 59, comma 4, c.p.).
GIURISPRUDENZA PENALE
L’agopuntura è atto medico: commette esercizio abusivo di
professione un infermiere o un massoterapista che pratica
l’agopuntura
Corte Suprema di Cassazione, VI sezione penale, sentenza n. 482
del 27 Marzo 2003
Commento
La sentenza in esame, in merito all’esercizio abusivo di
professione da parte di un operatore sanitario con doppia
qualificazione, di infermiere e di massoterapista, contiene due
motivi di interesse: il primo legato strettamente all’agopuntura e
alla sua liceità o meno; il secondo legato all’attività sanitaria più
ampia svolta dall’operatore sanitario. Cominciando da
quest’ultima la Corte contesta che l’operatore sanitario operasse
“in piena autonomia”, provvedesse a non meglio specificate
“scelte terapeutiche” e in alcuni casi, “effettuava diagnosi diverse
rispetto a quelle mediche..
Lo schema delineato dalle precedenti sentenze di merito era il
seguente: l’infermiere – massoterapista partiva dalla diagnosi
(confermando “a volte quella medica”), procedeva con la scelta
della terapia (massaggi, agopuntura), procedeva all’esecuzione
della stessa secondo le modalità ritenute più opportune….
Alternando in alcuni casi l’una all’altra terapia… fino ad
arrivare a rimedi ortopedici (plantare) o farmacologici”.
La somministrazione e la detenzione di farmaci guasti o
imperfetti (art.443 c.p.)
L’art. 443 prevede tre distinte fattispecie:
• la detenzione per il commercio;
• la messa in commercio;
• la somministrazione di medicinali guasti o imperfetti.
Sono farmaci guasti, ai fini della configurabilità del reato in
questione, devono intendersi quei medicinali che “si sono alterati
per qualsiasi causa, come il normale deperimento, la vetustà, la
fermentazione”.
• Sono farmaci imperfetti sia il medicinale non preparato secondo
le prescrizioni scientifiche o nel quale non si siano verificate tutte
le condizioni per evitare, nei limiti del possibile, ogni pericolo nel
suo uso o per renderlo idoneo al suo scopo, sia il medicinale che,
pur non essendo guasto, sia difettoso per qualsiasi altra causa.
La Corte di Cassazione si è occupata più volte dell’argomento, in
due distinti filoni giurisprudenziali, così riassumibili:
• Orientamento di assimilazione della detenzione
commercio con la detenzione per la somministrazione;
per
il
• Nuovo orientamento: la non assimilabilità della detenzione per
il commercio con la detenzione per la somministrazione.
• Sono farmaci imperfetti sia il medicinale non preparato secondo
le prescrizioni scientifiche o nel quale non si siano verificate tutte
le condizioni per evitare, nei limiti del possibile, ogni pericolo nel
suo uso o per renderlo idoneo al suo scopo, sia il medicinale che,
pur non essendo guasto, sia difettoso per qualsiasi altra causa.
La Corte di Cassazione si è occupata più volte dell’argomento, in
due distinti filoni giurisprudenziali, così riassumibili:
• Orientamento di assimilazione della detenzione
commercio con la detenzione per la somministrazione;
per
il
• Nuovo orientamento: la non assimilabilità della detenzione per
il commercio con la detenzione per la somministrazione.
L’orientamento di assimilazione della detenzione per il
commercio con la detenzione per la somministrazione
La Corte Suprema ha precisato che “la detenzione per il
commercio e la detenzione per la somministrazione non
costituiscono situazioni differenti: entrambe sono funzionali e
dirette all’uso effettivo del farmaco”.
Questo orientamento è stato confermato da una successiva
sentenza in cui la Corte ha ribadito che non ha
“alcun fondamento la distinzione tra la detenzione per il
commercio e la detenzione per la somministrazione prospettata
dal ricorrente dato che sia l’una che l’altra rendono probabile, o
quanto meno possibile, l’utilizzazione concreta del medicinale
guasto o imperfetto a scopo terapeutico”
Il nuovo orientamento: la non assimilabilità della detenzione per
il commercio con la detenzione per la somministrazione
•La Cassazione ha affermato che, pur avendo sostenuto in
passato che non aveva alcun fondamento la distinzione tra la
detenzione per il commercio e la detenzione per la
somministrazione, ora questo indirizzo “non può essere
confermato” in quanto la norma incriminatrice, punendo chi
“detiene per il commercio, pone in commercio o somministra”,
segna la determinatezza della fattispecie penale e ne delimita i
precisi confini, identificando, ai fini della consumazione del
reato, distinte condotte, l’ultima delle quali, riguarda l’effettiva
somministrazione e non anche la detenzione a essa destinata”
(cfr. Corte di Cassazione, I sez. penale, sentenza n. 190 del 14
Aprile 1995).
OMICIDIO COLPOSO
• L’omicidio è l’uccisione di un uomo cagionata da un altro
uomo, con un comportamento doloso o colposo e senza il
concorso di cause di giustificazione.
Con riferimento all’elemento soggettivo, l’omicidio può essere
• doloso (art. 575 c.p.) quando volontariamente si cagiona la
morte di un altro uomo
• preterintenzionale (art. 584 c.p.) quando, con atti diretti a
cagionare percosse o lesioni, si causa la morte di un uomo
• colposo (art. 589 c.p.) quando per colpa (imprudenza,
negligenza, imperizia, inosservanza di legge, regolamento,
ordine o disciplina) si cagiona la morte di un uomo.
GIURISPRUDENZA PENALE
La responsabilità per l’omessa cura delle piaghe da decubito
Corte di Assise di Firenze, sentenza 14 Dicembre 1996
Massima
Il reato di abbandono di persona incapace è configurabile solo
quando si verifichi una reale situazione di abbandono
consistente nel lasciare una persona in un determinato luogo
senza più curarsene.
Non può configurarsi il reato di abbandono di incapace nel
caso di una paziente ricoverata in una corsia di ospedale e
assistita dal personale infermieristico.
L’avere omesso da parte dei medici di somministrare le terapie
idonee ovvero non avere curato adeguatamente le complicanze
suppurative delle lesioni da decubito non indica una situazione
di abbandono ma integra gli estremi dell’omicidio colposo e
della negligenza.
GIURISPRUDENZA PENALE
IL FATTO
I signori XY, medici del reparto di ortopedia all’interno del
C.T.O. di Firenze. Sono imputati
A. del reato di cui all’art. 479 c.p. perché nel periodo in cui
avevano in cura presso il C.T.O. di Careggi la signora XY
compilavano, in qualità di pubblici ufficiali perché medici di
una struttura sanitaria pubblica, la cartella clinica della stessa
attestando falsamente o omettendo dei fatti dei quali la cartella
clinica è destinata a provare la verità.
In particolare non facevano alcuna annotazione, nello spazio
riguardante l’esame obiettivo generale, delle piaghe da
decubito, la cui esistenza si deduce invece dalle annotazioni nel
diario infermieristico relative alla necessità di medicare tali
piaghe.
GIURISPRUDENZA PENALE
Inoltre nella lettera di accompagnamento indirizzata alla casa
di cura Villa delle Rose, dove la paziente proseguiva la degenza,
non venivano menzionate né le piaghe da decubito né le piaghe
relative alla ferita, che invece vengono rilevate al momento
dell’ingresso della signora XY nella casa di cura trattandosi di
patologie molto evidenti (il decubito sacrale è di circa cm 10
per 25);
B. Del reato di cui all’art. 591, 3° comma c.p., perché ciascuno,
nelle rispettive qualità di medico e di paramedico, avendo la
responsabilità della salute e della vita della signora XY di anni
72, lì ricoverata per frattura pertrocanterica dal 6 Ottobre
1994 al 10 Novembre 1994 e dal 19 Novembre al 25 Novembre
1994, con condotte indipendenti e non in attuazione di un
unitario piano criminoso, dolosamente lasciava in stato di
abbandono detta signora, abbandono dal quale derivava la
morte avvenuta l’1 Dicembre 1994 …..
GIURISPRUDENZA PENALE
…. con condotte indipendenti e non in attuazione di un
unitario piano criminoso, dolosamente lasciava in stato di
abbandono detta signora, abbandono dal quale derivava la
morte avvenuta il 01.12.94. In particolare i medici, pur
consapevoli che la signora XY era incapace di provvedere a se
stessa e che alla stessa mancava qualsiasi altra forma di
assistenza, dolosamente l’abbandonavano in tali condizioni
senza adottare quelle iniziative terapeutiche che invece erano
necessarie per arrestare quel processo patologico le cui
complicanze la condussero alla morte, abbandono consistito:
GIURISPRUDENZA PENALE
• nel lasciare trascorrere ingiustificatamente un lungo lasso di
tempo, 18 giorni, tra il ricovero a seguito di rottura del femore
e l’intervento chirurgico, favorendo così le piaghe da decubito,
perché regola generale nei pazienti anziani che presentano la
frattura del femore è la loro precoce mobilizzazione mediante
un tempestivo intervento chirurgico, per evitare lesioni trofiche
da decubito e complicanze di tipo trombo-embolico legate al
rallentamento del circolo venoso nel paziente allettato;
• nell’omettere, di fronte alle complicanze relative alla ferita
chirurgica che era in parte deiscente e secernente, di compiere
ovvero fare compiere gli accertamenti necessari per appurare
le cause della patologia, di rimuovere chirurgicamente
l’endoprotesi causa di suppurazione e di procedere a pulizia
chirurgica della ferita deiscente;
GIURISPRUDENZA PENALE
• nel dimettere la paziente, che veniva quindi trasferita alla
casa di cura di Villa delle Rose, con lettera di
accompagnamento nella quale la suppurazione non veniva
neanche menzionata, omettendo di rimuovere la protesi che, a
seguito di dislocazione, costituiva un pericolosissimo focolaio
settico, tanto da rappresentare una causa determinante del
decesso.
GIURISPRUDENZA PENALE
Commento
Questa sentenza della Corte di Assise di Firenze di assoluzione
per il reato contestato di abbandono di persone minori e
incapaci previsto dall’art. 591 c.p., è interessante sotto diversi
punti di vista. In primo luogo sottolineiamo l’inusualità del
giudice adito. Nei casi di responsabilità professionale non sono
frequenti i reati di competenza della Corte di Assise. Inoltre, il
fatto che è sotteso al caso in oggetto, - la morte di una persona
in seguito all’insorgenza e alla mancata cura di lesioni da
decubito - induceva la competenza pretorile per il reato di
omicidio colposo. Il giudice adito ha dovuto dichiarare la
propria incompetenza, proprio sulla scorta di una
giurisprudenza della Corte di Cassazione, in tema di
abbandono di persona incapace, del tutto univoca.
GIURISPRUDENZA PENALE
Nella casistica è veramente difficile riscontrare l’abbandono di
un paziente, ovvero una condotta consapevole, cosciente,
consistente nella deliberata volontà di non costituire o di
interrompere il doveroso rapporto di assistenza, in un ospedale
pubblico. Più facilmente è riscontrabile in case di riposo per
anziani, per pazienti psichiatrici e simili.
La stessa Corte di Assise ha specificato che il ricovero in un
ospedale pubblico, il più grande della città, “l’allocazione” in
una corsia, l’assistenza del personale infermieristico, la
sottoposizione della paziente ad intervento chirurgico, non
possono in alcun modo configurare l’abbandono della paziente
stessa.
GIURISPRUDENZA PENALE
Altre furono le colpe del personale, generalmente di carattere
omissivo, riconducibili alla sottovalutazione delle suppurazioni,
al ritardo nell’intervento, all’omissione di terapie adeguate.
Colpa quindi e non dolo: “la paziente non fu abbandonata, ma
negligentemente trattata”, sotto il profilo dell’imperizia e della
negligenza.
Colpisce molto l’assoluta noncuranza nella tenuta della cartella
clinica, nella quale veniva addirittura omessa la menzione delle
piaghe da decubito e delle piaghe relative alla ferita chirurgica,
considerate situazioni “molto evidenti”.
GIURISPRUDENZA PENALE
La Suprema Corte ha avuto modo di osservare che tale
situazione è “indice di un comportamento assistenziale
costantemente negligente ed imperito segno di un impegno
mediocre. Fonte certa di responsabilità” soprattutto se le
mancate annotazioni influiscano in modo determinante
sull’insuccesso dell’atto sanitario.
Superata dalle riforme legislative di questi ultimi mesi (la
sentenza però non poteva darne conto, in quanto del dicembre
1998) è l’affermazione che i medici “sono responsabili della
cura e dell’assistenza del paziente”.
L’omissione di soccorso (art. 593 c.p.)
L’omissione di soccorso si concretizza in tre distinte
fattispecie:
- la mancata prestazione del soccorso, diretto o indiretto;
- l’insufficiente prestazione del soccorso in rapporto ai bisogni
del pericolante e delle concrete possibilità soccorritrici (di
luogo, di tempo, di capacità tecniche, di mezzi disponibili) del
rinvenitore;
- la ritardata prestazione del soccorso in rapporto alle effettive
possibilità di un intervento soccorritore costantemente
tempestivo.
GIURISPRUDENZA PENALE
Corte di Cassazione, VI sezione, sentenza 7 Giugno 2000, n. 863
Il medico del 118 che non soccorre il paziente rifiutandosi di
scendere in una scarpata commette i reati di omissione di
soccorso e di rifiuto di atti d’ufficio.
Commette il reato di rifiuto di atti d’ufficio e di omissione di
soccorso il medico del servizio 118 chiamato a prestare
assistenza alla vittima di un incidente stradale, che rifiuta
indebitamente di soccorrerla (senza alcuna altra giustificazione
di non sporcarsi scarpe e vestito), non scendendo nella scarpata
in fondo alla quale essa giaceva, non rispondendo ai ripetuti
richiami del barelliere e dell’infermiere, il quale di propria
iniziativa e fuori dalla sua competenza, applicò all’infortunato
un collarino come cautela nel caso di trauma cervicale e inserì
una cannula per agevolarne la faticosa respirazione.
E’ configurabile il concorso dei due reati (rifiuto di atti d’ufficio
e omissione di soccorso) in quanto le due norme incriminatici
tutelano beni diversi: l’art. 328 tutela il regolare funzionamento
della pubblica amministrazione, imponendo al pubblico ufficiale
e all’incaricato di pubblico servizio di assolvere efficacemente e
tempestivamente i doveri inerenti all’ufficio o al servizio; l’art.
593 invece tutela la vita e l’incolumità individuale.
Rifiuto di atti di ufficio art. 328 c.p.
Soggetto attivo del reato non è chiunque, come nel reato di omissione
di soccorso, bensì solo colui che riveste la qualifica di pubblico ufficiale
o di incaricato di un pubblico servizio. La condotta incriminata consiste
nell’indebito rifiuto di un atto urgente che deve essere compiuto per
ragioni di sanità.
.
Integra gli estremi del reato di rifiuto di atti d’ufficio l’operatore che è
vincolato contrattualmente da un obbligo di intervento.
In particolare l’operatore che sia in pronta disponibilità .
La pronta disponibilità o reperibilità è caratterizzata dall’obbligo
dell’operatore di raggiungere il suo posto di lavoro nel più breve tempo
possibile. Laddove l’operatore si rifiuti di raggiungere il posto di
lavoro, benché chiamato, risponde di rifiuto di atti d’ufficio,
indipendentemente da qualsiasi danno al paziente.
La giurisprudenza ha infatti specificato che l’indebita omissione
“consiste unicamente in siffatta mancata disponibilità di cura”.
GIURISPRUDENZA PENALE
Commette il reato di rifiuto di atti d’ufficio il medico in servizio
notturno di guardia all’interno dell’ospedale che dà disposizioni
verbali agli infermieri senza recarsi al letto del paziente
Tribunale di Torino, sezione Giudici Indagini Preliminari,
sentenza del 7 Novembre 2000
Massima
Il ruolo del medico in servizio di guardia notturna è ben diverso
dal medico in servizio di pronta disponibilità soprattutto in
presenza di malati con quadro evolutivo imprevedibile (operati
per malattie cardiache in rianimazione) dove si rende
indispensabile un’assistenza continua e i pazienti devono essere
monitorati periodicamente dal medico anestesista.
In tale contesto non è possibile delegare al personale
infermieristico interventi che richiedono una valutazione
personale del medico della situazione del paziente da effettuare al
suo capezzale.
Per la sussistenza del reato di rifiuto di atti d’ufficio non è
necessario che si sia verificato un danno al paziente, essendo
sufficiente il pericolo che il rifiuto (esplicito o implicito) dell’atto
da compiersi senza ritardo possa avere conseguenze dannose.
Tutte qualità che conferiscono ai professionisti
Sanitari
• alta competenza
• alta motivazione
• alta efficacia ed efficienza operativa
• approfondita e specifica formazione continua
QUALI GLI STRUMENTI DI DIFESA DEL PROFESSIONISTA
DEL FUTURO?
2. LA FORMAZIONE E’ L’ARMA DELLA SICUREZZA
La formazione di base
è proprio in questa fase che
andrebbero poste le basi per ridurre al minimo le irregolarità
professionali, richiamando i futuri professionisti all’obbligo di
prendere coscienza che i reati penali, gli illeciti amministrativi e
disciplinari diminuiscono la sicurezza del cliente e, nello stesso
tempo, ledono oltre che il professionista stesso, l’immagine della
professione
La formazione permanente
è costituita da un insieme di
attività di varia origine e natura, mirate a mantenere la
competenza del professionista in linea con le esigenze della
cittadinanza, dell’azienda e dello stesso professionista nella sua
evoluzione professionale e nelle sue diverse collocazioni
lavorative.
• Secondo il Tribunale per i diritti del malato, la fase attuativa
della sperimentazione del risk management dovrebbe
comprendere, per le aziende che vogliono intraprendere tale
iniziativa, le seguenti tappe:
- Istituzione delle unità di risk management;
- Nomina del risk manager;
- Collegamento delle unità di risk management con altri segmenti
del management che si occupano di sicurezza;
- Adozione del sistema di rilevamento degli eventi sentinella;
- Individuazione di un responsabile per la segnalazione degli
eventi sentinella all’interno dei reparti;
- Redazione della mappa dei rischi;
- Redazione di un piano per la sicurezza nell’esercizio della pratica
medica e assistenziale
- Individuazione di un budget apposito per la sicurezza nell’esercizio
della pratica medica e assistenziale
- Redazione di un rapporto annuale
- Sostegno alla diffusione di modalità per la comunicazione tra gli
operatori, la circolazione delle informazioni, la discussione degli errori:
- Introduzione di misure (almeno una) in favore di una migliore
identificazione dei pazienti:
CONCLUSIONI
Le istituzioni rappresentano l’ambito nel quale la maggior parte
dei sanitari svolge la propria attività: ecco, dunque, la necessità,
ma anche, a mio avviso, il preciso dovere per i nuovi
professionisti sanitari di conoscere le leggi dello Stato che
riguardano la professione.

Non è ammissibile, alla luce dei continui cambiamenti che
avvengono nel mondo sociale e sanitario, nascondersi dietro frasi
del tipo “non è colpa mia”, “non mi compete”,

Il professionista deve prendere coscienza del proprio ruolo, che
è quello di un individuo chiamato a rispondere in prima persona
di un fatto o di un atto compiuto nell’esercizio delle proprie
funzioni con piena autonomia decisionale.

CONCLUSIONI
Niente può essere lasciato al caso quando è in gioco la vita delle
persone.

Bisogna superare definitivamente il sistema, largamente
vigente, che premia le omissioni, l’occultamento dei fatti, i silenzi
complici

Non sono accettabili rischi per la salute causati da strutture,
attrezzature o, in generale, mezzi obsoleti, di qualità scadente o
non in perfetto stato di manutenzione

Una corretta gestione e un’adeguata prevenzione dei rischi sono
possibili solo con investimenti adeguati che assicurino ai
professionisti tutti gli strumenti necessari per la diagnosi e la
cura

DOCUMENTAZIONE E RESPONSABILITÀ
L’IMPOSSIBILITA’ DI DOCUMENTARE IL
PROPRIO OPERATO PUÒ INTEGRARE UN
REATO O ESSERE FONTE DI
RESPONSABILITÀ PER L’IMPOSSIBILITÀ A
DIMOSTRARE DI AVERE AGITO
CORRETTAMENTE
DOCUMENTAZIONE E RESPONSABILITÀ
LA NECESSITA’ DI DOCUMENTARE NASCE DAGLI
OBBLIGHI GIURIDICI, ETICI E CONTRATTUALI DI
CERTIFICARE IL PROPRIO OPERATO
(Carnelutti)
L’OPPORTUNITA’ DI DOCUMENTARE NASCE
DALLA PROPRIA TUTELA
(C.A.M)
DOCUMENTAZIONE E RESPONSABILITÀ
LA NECESSITA’ DI DOCUMENTARE NASCE DAGLI
OBBLIGHI GIURIDICI, ETICI E CONTRATTUALI DI
CERTIFICARE IL PROPRIO OPERATO
(Carnelutti)
L’OPPORTUNITA’ DI DOCUMENTARE NASCE
DALLA PROPRIA TUTELA
(C.A.M)
 LA CARTELLA CLINICA
E’ LA STORIA FEDELE DEGLI EVENTI
RILEVANTI OCCORSI DURANTE IL
RICOVERO. LA REGISTRAZIONE, NELLA
FORMA PREVISTA PER GLI ATTI PUBBLICI,
E’ CRONOLOGICA, PUNTUALE

IL CERTIFICATO
LA PROSECUZIONE AMMINISTRATIVA
DELL’ATTO SANITARIO IDONEA A
TESTIMONIARE LA RICORRENZA
DELLE CONDIZIONI INDICATE