Cosa rischia dal punto di vista legale il cyberosservatore? Risponde

Transcript

Cosa rischia dal punto di vista legale il cyberosservatore? Risponde
Cosa rischia dal punto di vista legale il
cyberosservatore? Risponde l’avvocato
Pubblicato il 19 luglio 2016 su www.intreccio.eu
Cyberspettatore è colui che nel fenomeno sociale del cyberbullismo, osserva quello che
succede tra il cyberbullo e la cybervittima, senza prenderne parte. Ma che responsabilità
giuridica ha un adolescente che detiene sul proprio telefono foto o video, che offendono la
dignità di un coetaneo?
A rispondere è l’avvocato Dario Coglitore del Foro di Palermo.
1. Cosa è il cyberbullismo per il diritto ?
Da un punto di vista strettamente giuridico il cyberbullismo non è un reato poiché manca al
riguardo una specifica fattispecie incriminatrice.
Tuttavia i comportamenti posti in essere dal bullo possono degenerare in azioni penalmente
rilevanti quali l'ingiuria (art. 594 c.p.), diffamazione , molestia o disturbo alle persone (art. 660
C.p), minaccia (art. 612 c.p), atti persecutori - stalking (art. 612 – bis c.p), sostituzione di
persona (art. 494 C.p), detenzione e diffusione di materiale pedopornografico art. 600 ter e
quater c.p..
In sostanza, come ha fatto notare qualcuno, il termine cyberbullismo richiama fattispecie
criminose senza tuttavia esserlo di per se stesso.
Gli atti di cyberbullismo possono essere realizzati attraverso diverse e specifiche modalità:
diffusione di pettegolezzi, immagini o video, anche scabrosi, girati nella maggior parte dei casi
con smartphone, furto di identità tramite utilizzo di facebook o altri social, insulti, derisioni e
vere e proprie minacce.
2. Quali sono i rischi, dal punto di vista legale, per un minorenne che riceve, ad esempio su
whatapp, e detiene sul proprio smartphone un video offensivo o sessualmente esplicito nei
confronti di un’altra persona?
I rischi sussistono sia sul piano penale che civile.
Per quanto concerne l'ambito penale, è bene premettere che la responsabilità è personale
sicché degli atti di “bullismo” (lesioni, minacce, ingiurie, etc..) veicolati dai files multimediali,
quali possono essere ad esempio i video girati col telefonino, risponde soltanto chi li pone in
essere e chi concorre a porli in essere (ad es. filmando altri che le compiono).
Il cyberspettatore, ovvero colui che semplicemente visiona o detiene simili filmati, non può in
alcun modo ritenersi responsabile dei fatti ivi rappresentati anche se moralmente li condivide.
Venendo all'oggetto specifico della domanda, la mera detenzione dei filmati offensivi della
dignità e del decoro della cybervittima di per sé non è generatrice di responsabilità penale in
capo al cyberspettatore il quale, però, se decide di diffonderli in rete potrebbe rispondere del
reato di diffamazione online ex art. 595 c.p., comma terzo, attuata con “un mezzo di
pubblicità”.
Nella prassi Internet è considerato un mezzo di pubblicità, in quanto idoneo alla diffusione di
una notizia e a raggiungere una pluralità indeterminata di soggetti.
Se il filmato è a sfondo sessuale potrebbero configurarsi il reato di detenzione di materiale
pedopornografico.
L’art. 600-quater c.p. sanziona infatti la condotta di chi si procura o detiene consapevolmente
del materiale pedopornografico, qualificando come tale la disponibilità, anche momentanea,
da parte dell’agente, di materiale pornografico realizzato mediante la partecipazione di
minorenni.
Dunque il cyberspettatore che riceve, anche a sua insaputa, filmati scabrosi ritraenti minori e
magari decide di appropriarsene “salvandoli” e veicolandoli o sul disco fisso del p.c. o su altri
supporti, con esso interfacciabili, che ne consentano la visione o comunque la riproduzione,
potrebbe incorrere in responsabilità. Se poi si decide di condividere il filmato si rischia di
essere incrimanati del reato di diffusione di materiale pedopornografico ex art. 600 ter c.p.
E' bene precisare che ai fini della detenzione la responsabilità dell’agente è subordinata
unicamente all’attività di downloading dei files dalla rete.
La norma a bene vedere, infatti, non punisce chi semplicemente visiona il file video.
Tuttavia, restando in tema, whatsapp non permette di visionare il contenuto del file
multimediale se non dopo il downloading automatico dello stesso sul proprio dispositivo.
Mediante questa attività, all'utente viene quasi imposto un autonomo possesso dei contenuti
multimediali i quali potrebbero in un secondo momento rivelarsi illeciti.
In tal caso è bene cancellare immediatamente il file e possibilmente riferire l'accaduto alle
autorità competenti che provvederanno ad indagare e ad adottare tutti i provvedimenti del
caso.
Massima attenzione è richiesta a chi dovesse ricevere filmati sul proprio cellulare sopratutto
se ad inviarli è un soggetto che notoriamente utilizza strumenti tecnologici per molestare o
aggredire i propri coetanei i compagni di scuola.
Sul piano del diritto civile la diffusione di immagini e video diffamatori o addirittura a sfondo
sessuale ingenera sicuramente responsabilità a carico di chi se n'è reso autore, sopratutto
sotto il profilo della violazione del diritto all'immagine dell'individuo che, al pari del diritto alla
vita e all’integrità fisica, al nome, all’onore ecc., rientra tra i c.d. diritti inviolabili della
personalità il cui risarcimento è quantificabile in termini di danno morale, in via equitativa.
3. Al cyberspettatore quanto può costare questa leggerezza, diffusione e detenzione di questo
genere di materiale anche non necessariamente pedopornografico?
Il codice penale attualmente punisce con la reclusione e la multa sia la diffamazione a mezzo
stampa che ovviamente la detenzione e la diffusione di materiale pedopornografico
Occorre tuttavia precisare che dimostrare nel caso concreto la sussistenza di simili reati non è
sempre agevole sopratutto quando sono coinvolti minori.
Per poter avviare un procedimento penale nei confronti di un minore è necessario che questi
abbia almeno compiuto 14 anni e che, comunque, anche se maggiore di 14 anni, fosse
cosciente e volente al momento dell’illecito, cioè fosse in grado di intendere e volere (tale non
sarebbe, per esempio, un ragazzo con degli handicap, con delle patologie psichiche, ecc.).
Solo se ricorrono tali due condizioni, il minore risponde per le proprie azioni davanti al
Tribunale per i minorenni.
Il minore di anni 14, non essendo egli imputabile per l’ordinamento giuridico del nostro Paese
(art. 97 C.p.), può solo essere soggetto a misure di sicurezza, come il ricovero in un
riformatorio giudiziario, se viene ritenuto socialmente pericoloso; diversamente è ragionevole
pensare che ul minore sia incapace di intendere e di volere e il giudice non potrà far altro che
prendere atto della minore età e pronunciare sentenza di proscioglimento.
In ogni caso, il cyberspettatore potrebbero essere condannato, in ragione della divulgazione
del materiale illecito, a risarcire la vittima in sede civile. Il processo civile porta ad una
condanna al risarcimento del danno che può essere morale (sofferenze fisiche e morali),
biologico (riguardante la salute in sè), esistenziale (riguardante la qualità della vita) oltre che
patrimoniale.
Trattandosi di minore solo i genitori saranno tenuti al risarcimento del danno, così come
previsto dal codice civile per i fatti commessi dal figlio ai sensi dell'art. 2048 c.c.
4. Cosa deve fare per evitare di essere coinvolto giuridicamente?
Sarebbe opportuno che i genitori, consapevoli delle conseguenze a cui potrebbero incorrere
una volta chiamati a rispondere giuridicamente degli atti della prole, monitorassero
costantemente i figli, cercando di educarli ad un corretto utilizzo dei mezzi di comunicazione
telematica, anche esponendo loro esplicitamente i pericoli a cui potrebbero andare incontro.
Il mancato esercizio di una vigilanza adeguata e volta a correggere comportamenti inadeguati
(culpa in vigilando) è alla base della responsabilità civile dei genitori per gli atti illeciti
commessi dal figlio minorenne che sia capace di intendere e di volere, dei quali quest’ultimo
non può rispondere.
5. Cosa possono fare i genitori se i figli minori si presentano con un problema del genere?
Qualora dovesse sorgere una vicenda giudiziaria è certamente opportuno consultare un legale
per capire quale sia la strategia difensiva più adatta al caso concreto.
Nel caso della diffamazione ex art. 595 c.p è bene ricordare che il reato è perseguibile su
querela di parte la quale può essere sempre revocata dalla persona offesa.
Sotto il profilo civilistico la responsabilità risarcirtoria dei genitori non è assoluta ed oggettiva
potendo esserne esonerati qualora dimostrino di non aver potuto evitare il fatto, il che però è
parecchio difficile.
Essi, infatti, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, sono responsabili non tanto per
non aver impedito il fatto in sé quanto per aver violato i doveri concernenti l’esercizio della
potestà sanciti dall’art. 147; quindi spetta ai medesimi fornire la prova positiva di aver dato al
figlio una buona educazione in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere e
all’indole del minore.
Anche nel caso in cui genitori siano separati la responsabilità è di entrambi.
6. Questa traccia può restare a vita al cyberspettatore? Per esempio un giorno ai fini di un
concorso potrebbe avere problemi di qualche tipo?
Normalmente le condanne penali vengono riportate in un particolare certificato chiamato
casellario giudiziale (la famigerata fedina penale).
Tale documento è, attualmente, informatizzato e viene aggiornato ogni qual volta la Corte di
Cassazione conferma una condanna che, da quel momento in poi, è da considerarsi definitiva.
La fedina penale può essere liberamente consultata dalle autorità che hanno giurisdizione
penale, nonché dalla pubblica amministrazione in generale.
Questo perché vi sono dei reati che, se accertati definitivamente, possono ostacolare il
cittadino non solo per l’ammissione a taluni concorsi pubblici, ma anche per la partecipazione
all’elettorato.
La legge prevede l'eliminazione di tutte le iscrizioni relative a minorenni, al compimento del
diciottesimo anno di età, con eccezione di "quelle relative al perdono giudiziale" (eliminate al
compimento dei ventuno anni) e "di quelle concernenti provvedimenti di condanna a pena
detentiva, anche se condizionalmente sospesa".
Non è quindi previsto un autonomo casellario per i minorenni ma si è riconosciuto che le
iscrizioni delle decisioni riguardanti tali soggetti non siano comunicabili che all'Autorità
giudiziaria e non vengano utilizzate dopo il raggiungimento della maggiore età, se non per gravi
motivi previsti dalla legge.
L’estinzione non comporta – nonostante il suo nome possa farlo pensare – la «pulitura» del
certificato del casellario giudiziale: le Autorità (Magistratura, Carabinieri, Polizia, ecc.) che
andranno ad interrogare il sistema, vedranno sempre che la persona è stata condannata per il
tal reato, anche se poi dichiarato estinto.