Confronto tra la logica aristotelica e la logica fregeana

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Confronto tra la logica aristotelica e la logica fregeana
da G. Boniolo, P. Vidali, Filosofia della scienza, Bruno Mondadori, Milano 1999
Confronto tra la logica aristotelica e la logica fregeana
Per la logica moderna l'enunciato singolare ("Socrate è mortale") può essere
scomposto in due parti: una da saturare - detta funzione (o forma) proposizionale (ad
esempio, 'x è mortale') - e una saturante - detta argomento ('Socrate'). Inoltre, abbiamo
incontrato enunciati universali ("Tutti sono mortali") e enunciati esistenziali ("Qualcuno
è mortale"). Tuttavia questa trattazione dell'enunciato è cosa piuttosto recente essendo
dovuta ai lavori fatti nella seconda metà dell'Ottocento da G. Frege il quale riuscì così a
risolvere molti problemi che l'approccio tradizionale si portava con sé dai tempi di
Aristotele. Ma quali sono questi problemi?
Innanzi tutto, la logica tradizionale aristotelica è una logica dei termini, o - usando
il linguaggio contemporaneo - una parte della logica dei predicati monadici del I ordine
in cui non si considera la logica enunciativa. Tra l'altro, si noti che per avere definitiva
stesura della logica delle relazioni, ossia di una logica che contempli predicati n-ari con
n>1, bisognerà aspettare l'Ottocento e i lavori di A. De Morgan (1806-1871), Ch. S.
Peirce (1839-1914) e F.W.K.E.Schröder (1841-1902). Sarà però solo Frege che, grazie
alla sua nuova interpretazione dell'enunciato, riuscirà a riunire, come visto, in un unico
quadro teorico la logica dei termini e la logica delle relazioni.
Comunque, grazie alla nuova analisi dell'enunciato, Frege riesce a chiarire i
problemi connessi con la quantificazione e con l'identità. A dire il vero, specie in epoca
medievale con la dottrina della suppositio, si aveva una teoria della quantificazione ma
questa non aveva una portata generale in quanto ogni particolare contesto comportava
una lettura diversa del soggetto quantificato.1 In effetti, in una dottrina dell'enunciato in
termini di soggetto, predicato e copula collegante i due, la quantificazione diventa parte
integrante del soggetto, cosa che invece non accade in un'analisi in termini di
funzione/argomento. Se poi si ritorna con la memoria alla concezione aristotelica, ci si
accorge che la struttura soggetto/predicato altro non è che la faccia logica di una
medaglia la cui altra faccia è ontologica: al soggetto corrisponde la sostanza e al
predicato ciò che si predica in modo essenziale o accidentale di tale sostanza.
1 La dottrina della suppositio non è univocamente definita per tutti gli autori. Comunque, da un punto di
vista logico, dal più al meno quasi tutti concordavano con quanto segue. Ogni termine che compare
nell'enunciato ha una sua particolare qualità (la suppositio) che ha a che fare con il ruolo da esso giocato
nell'enunciato. Segnatamente, un termine può avere una suppositio materialis quando si riferisce a se
stesso ("'Socrate' è scritto in tondo", "'Socrate' è il soggetto"), oppure una suppositio formalis quando si
riferisce ad altro. La suppositio formalis si divide in formalis simplex, quando il termine è inteso nella sua
comprensione ovvero come riferentesi alle note caratteristiche degli elementi della classe da lui designata,
e in formalis personalis, quando il termine è inteso nella sua estensione ovvero come riferentesi agli
elementi della classe da lui designata ("Tutti gli uomini mangiano"). A sua volta la personalis si
suddivide in confusa, quando il termine è distribuito ("Tutti gli uomini hanno il cuore"), e determinata,
quando il termine non è distribuito ("Qualche uomo si lava").
suppositio
materialis
formalis
simplex
personalis
confusa
1
determinata
da G. Boniolo, P. Vidali, Filosofia della scienza, Bruno Mondadori, Milano 1999
Svincolarsi dalla dicotomia soggetto/predicato significa allora anche sganciarsi dalla
metafisica aristotelica.
D'altro canto, se si analizza il soggetto dell'enunciato universale aristotelico ci si
rende conto che il 'tutti' che esso contiene è limitato a un dominio ben preciso. Ad
esempio, con 'Tutti gli uomini' intendiamo tutti e solo coloro che appartengono al
genere umano; con 'Tutte le trote' intendiamo tutti e soli quei determinati pesci, ecc. Se
invece si analizza la quantificazione moderna ci si accorge che è molto più ampia. Il
soggetto aristotelico 'Tutti gli uomini' in logica moderna diventa l'enunciato "Tutti gli x
sono uomini" o, meglio, "Per ogni x, x è un uomo" che formalmente si scrive ( ∀ x)fx,
dove f è il predicato monadico 'essere uomo'. In questo caso, il 'tutti' non è limitato agli
uomini, ma a tutte le cose.
Continuando lungo questa strada, ci si accorge che modernamente l'enunciato
categorico universale aristotelico "Tutti gli uomini sono mortali" è un enunciato
universale condizionale in cui compaiono due funzioni proposizionali, o due predicati
monadici ('x è uomo' e 'x è mortale') collegati fra di loro dall'implicazione: "Per ogni x,
se x è un uomo allora x è mortale", che formalmente si scrive ( ∀ x) [fx → gx], dove f è
'essere uomini' e g è 'essere mortali'.
Questo non è un fatto da poco perché mentre l'enunciato categorico aristotelico
era considerato vero in quanto implicitamente si presupponeva che esistessero uomini
l'enunciato condizionale moderno è vero anche senza che sia vero che esistano uomini.
In effetti, visto che si ha a che fare con l'implicazione materiale, l'enunciato universale
condizionale moderno non comporta nulla sulla verità dell'antecedente o sulla effettiva
esistenza di ciò di cui esso parla.
In conclusione, l'enunciato universale moderno può essere vero-a-vuoto, ossia può
essere vero anche se non esiste alcun elemento che appartiene alla classe collegata con il
suo soggetto grammaticale. Questo non significa che tutti gli enunciati universali
moderni non parlino di oggetti esistenti, ma che quando si vuole che essi ne parlino si
deve esplicitare la presupposizione che tali oggetti esistano nel dominio.
Passando all'enunciato categorico particolare aristotelico ("Qualche uomo è
calvo"), si nota che la sua traduzione in logica moderna porta sempre a un enunciato
categorico, sebbene ora in gioco ci siano due enunciati esistenziali connessi da una
congiunzione ("Esiste un x, x è un uomo e x è bianco", ovvero( ∃ x)[fx∧hx], dove f è
'essere uomo' e h è 'essere bianco'). Quindi, un enunciato particolare aristotelico è, in
realtà, una congiunzione di due enunciati esistenziali moderni. Comunque, sia
l'enunciato particolare tradizionale che l'enunciato esistenziale moderno hanno portata
esistenziale, ossia entrambi presuppongono, se veri, che esista ciò di cui parlano.
La possibilità di essere veri-a-vuoto degli enunciati universali moderni comporta
sia qualche cautela con la traduzione di un enunciato universale in uno esistenziale
equivalente, sia la modifica della dottrina tradizionale delle inferenze immediate.
Consideriamo la prima questione. Abbiamo visto che ( ∀ x)[fx→gx] ↔
¬( ∃ x)[fx∧¬gx]. Ma la seconda scrittura può essere interpretata come:
1. non esistono x che sono f e non g;
2. non esistono x che sono f.
Per cui, se f è "essere cavalli alati" e g è "essere bianchi", si ha che l'enunciato "Per ogni
x, se x è un cavallo volante, allora x è bianco" è vero-a-vuoto perché non esistono
cavalli volanti. D'altro canto, questo equivale ad affermare che "Non esistono x che
sono cavalli volanti e non sono bianchi". In questo caso, non è però ben chiaro se questo
sia vero perché non ci sono “cavalli volanti non bianchi”, oppure perché non esistono
cavalli volanti.
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Passiamo adesso alla questione delle inferenze immediate, limitandoci tuttavia a
quelle connesse al quadrato di opposizione, anche se analisi analoghe potrebbero, e
dovrebbero, essere fatte pure per la conversione, l'obversione e la contrapposizione.
Abbiamo visto che sia secondo l’approccio tradizionale sia secondo quello
moderno, I e O hanno portata esistenziale, ma come interpretare A ed E?
Potremmo sostenere che pure A ed E hanno portata esistenziale. Ma questo
comporterebbe violare il quadrato logico. Infatti, non varrebbe più la relazione di
contraddittorietà. Se A avesse portata esistenziale come il suo contraddittorio O e se la
classe connessa con il loro soggetto grammaticale fosse vuota, essi sarebbero falsi. Ad
esempio, sarebbe falso sia l'enunciato A = "Tutti gli unicorni hanno le ali", sia
l'enunciato O = "Qualche unicorno non ha le ali" in quanto non ci sono unicorni. Lo
stesso accadrebbe per la relazione fra E ("Nessun unicorno ha le ali") e I ("Qualche
unicorno ha le ali").
Se attribuire ad A ed E portata universale comporta violare il quadrato logico
bisogna cambiare strategia. Si può, ad esempio, non attribuire loro portata esistenziale,
ma corredarli con una presupposizione esistenziale, ovvero considerandoli sempre come
se il soggetto grammaticale non fosse mai connesso con una classe vuota. In questo
caso, il quadrato logico varrebbe nella sua completezza. Si può allora concludere che la
teoria tradizionale degli enunciati universali e particolari 1. non ammette portata
esistenziale alle universali affermative e negative ma solo alle particolari affermative e
negative; ma 2. ammette una presupposizione esistenziale, ossia ammette enunciati il
cui soggetto è collegato sono classi non vuote. Tuttavia, non potremmo prendere in
considerazione enunciati come "Tutti gli unicorni hanno le ali", "Gli ircocervi volano",
ecc., e non sempre questo è un fatto da trascurare.
La soluzione moderna, dovuta essenzialmente a G. Boole (1815-1864), sta non
solo nel non attribuire portata esistenziale agli enunciati A ed E, ma nemmeno nel fare
sempre la presupposizione esistenziale in ogni caso; ovvero, se si vuole che A ed E
siano intesi come aventi i soggetti connessi a classi non vuote, lo si deve esplicitare
chiaramente. Cade quindi nella fallacia esistenziale chi attribuisce un valore esistenziale
all'enunciato universale quando esplicitamente non è stato detto che ne abbia.
Questa scelta però comporta che il quadrato logico tradizionale debba essere
ripensato. Infatti:
1. la relazione di contrarietà deve essere abbandonata perché ci possono essere
enunciati A ed E entrambi veri. Ad esempio, A = "Per ogni x, se x è un unicorno allora
x ha le ali" ed E = "Per ogni x, se x è un unicorno allora non ha le ali" sono entrambe
vere perché l'antecedente è falso non essendoci alcun x che è un unicorno.
2. la relazione di subcontrarietà deve essere abbandonata perché ci possono essere
enunciati I e O entrambi falsi. Ad esempio, I = "Esiste un x che è un unicorno e ha le
ali" e O = "Esiste un x che è un unicorno e non ha le ali" sono entrambe false.
3. la relazione di subalternazione deve essere abbandonata perché da enunciati
senza portata esistenziale (A ed E) non possono seguire per subalternazione enunciati
con portata esistenziale (I e O). Inoltre, ci possono essere casi in cui da enunciati veri
seguono per subalternazione enunciati falsi. Ad esempio, da A = "Per ogni x, se x è un
unicorno allora x ha le ali" che è vero non può seguire per subalternazione l'enunciato
falso I = "Esiste un x che è un unicorno e ha le ali".
4. la relazione di contraddittorietà può essere mantenuta perché non si danno casi
in cui è violata.
Come conclusione, togliendo la portata esistenziale e non facendo alcuna
presupposizione esistenziale, del quadrato logico tradizionale rimangono solo le
relazioni di contraddittorietà (cfr. fig. 6).
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( ∀ x)[fx→gx]
A
( ∀ x)[fx→¬gx]
E
contraddittorie
I
( ∃ x)[fx∧gx]
O
( ∃ x)[fx∧¬gx]
figura 6
L'unico caso in cui scompaiono tutti i problemi e non è necessario avere nessuna
cautela è quando in gioco non ci sono né gli enunciati categorici tradizionali, né le loro
traduzioni moderne, ma solo gli enunciati quantificati affermativi e negativi semplici
moderni, ovvero ( ∀ x)fx, ¬( ∃ x)fx, ( ∃ x)fx, ¬( ∀ x)fx (cfr. fig. 7).
( ∀ x)fx
¬( ∃ x)fx
<
>
contrarie
contraddittorie
subalterne
subalterne
( ∃ x)fx
<
subcontrarie
>
¬( ∀ x)fx
figura 7
In base a quanto detto, si afferra immediatamente perché in alcuni testi moderni di
logica, ad esempio in quello di Quine, venga detto che il numero dei sillogismi validi è
15 (+9) e non 19 (+5). In effetti, se si interpretano gli enunciati universali e particolari
tradizionali in termini moderni, i primi, come detto, vengono usualmente pensati senza
portata esistenziale e senza presupposizione universale. Questo comporta che la
subalternazione non possa più essere considerata valida e quindi non potrenno essere
pensati validi quei sillogismi ove essa in qualche modo è presente. E questo accade,
ovviamente, nei 5 modi indeboliti, ma anche in quei 4 modi (Darapti, Felapton,
Bramantip, Fesapo) che si riducono ai corrispondenti modi della I figura attraverso la
conversio per accidens (da cui la presenza della lettera “p” nel loro nome). In tal caso,
l’enunciato universale che funge da premessa minore deve essere trasformato in un
enunciato particolare avente soggetto e predicato permutati. Ma mentre il primo,
essendo universale, non ha portata universale né presupposizione universale,
quest’ultimo ha portata esistenziale, e quindi il passaggio non è valido. Ne segue che
non è valida la riduzione alla I figura e quindi il modo non è valido. Tuttavia, i 5 + 4
modi esclusi possono essere recuperati, come visto, attraverso la presupposizione
esistenziale. Ma così, questi 9 sillogismi devono sempre avere enunciati universali il
cui soggetto non è mai connesso a classi vuote.
Vi è un ulteriore aspetto da notare relativamente all'enunciato categorico
aristotelico, ed è un aspetto che se non è tenuto in debito conto può dare adito a
pericolosi fraintendimenti. Stiamo parlando di ciò che unisce il soggetto e il predicato.
In effetti "S è P" è piuttosto ambiguo in quanto non si capisce bene come interpretare il
verbo 'essere' lì contenuto. Questa ambiguità viene dissolta proprio a partire da
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da G. Boniolo, P. Vidali, Filosofia della scienza, Bruno Mondadori, Milano 1999
un'analisi dell'enunciato nei termini fregeani di funzione/argomento. In effetti "S è P"
può significare:
1. "Socrate è il marito di Santippe"; qui 'è' indica identità. Formalmente si scrive
come a=b, dove = è il segno che indica la relazione di identità, a è la costante
individuale 'Socrate' e b la costante individuale 'il marito di Santippe'.2 Nel
calcolo dei predicati del I ordine presentato nei paragrafi precedenti non
avevamo mai incontrato il segno '= '. Per cui, se vogliamo trattare casi in cui si
ha a che fare con l'identità, bisogna estendere il calcolo. Questo è possibile
introducendo il nuovo segno e così ottenere quello che si chiama calcolo dei
predicati del I ordine con identità. Si noti che 'identico' è differente da
'equivalente' (logicamente). Due enunciati (p e q) sono (logicamente)
equivalenti quando sono equiveridici, ossia quando hanno gli stessi valori di
verità, ovvero quando l'enunciato composto da loro tramite l'equivalenza
materiale è una tautologia (p ↔ q è una tautologia); invece due cose (a e b)
sono identiche quando sono la stessa cosa (a = b).
2. "Socrate è greco"; qui 'è' indica appartenenza. Abbiamo a che fare con un
elemento ('Socrate') che appartiene a una classe (quella dei greci), il che
formalmente si può scrivere come fa dove a è la costante individuale 'Socrate' e
f è il predicato monadico 'essere greco', oppure come ( ∃ x)(fx ∧ x=a). Si noti
che in quest'ultimo caso dobbiamo però aver aggiunto al nostro calcolo dei
predicati del I ordine una nuova relazione, segnatamente quella di identità.
3. "Ci sono uomini"; qui il verbo 'essere' è usato in senso esistenziale e
formalmente si scrive ( ∃ x)fx.
4. "Tutti gli uomini sono mortali"; qui il verbo 'essere' è inteso nel senso di
inclusione di una classe (quella degli uomini) a un'altra (quella dei mortali) e si
traduce come ( ∀ x)[fx→mx] (si è nella relazione di 'essere sottoclasse di').
Si noti che già per Aristotele “l’essere si dice in molti modi” ma solo con una
formalizzazione moderna diventa possibile controllare la polisemia della copula nella
costruzione degli enunciati e questo, come ricordato, è un indubbio guadagno portato
dalla logica moderna.
2 'Il marito di Santippe' è ciò che si chiama "descrizione definita".
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