SLIDE 1 Chi siamo: … presentazione formale
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SLIDE 1 Chi siamo: … presentazione formale
SLIDE 1 Chi siamo: … presentazione formale … Siamo qui nell’ambito di un progetto del Ministero dell’Interno portato avanti in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. In particolare siamo qui perché l’attuale scenario nazionale relativo ai fenomeni di violenza in occasione di manifestazioni calcistiche, caratterizzato da una generale diminuzione degli episodi di rilievo e da un contesto di “regolarizzazione” degli impianti - seppure questi non rispondano ancora agli auspicabili standard di accoglienza – consente di orientare le attività di studio ad aspetti più specifici relativi, in particolare, alle dinamiche psicologiche implicate nei comportamenti dei giovani. A tal fine, è stata avviata una ricerca a cura dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, che è la prima in Italia, svolta in 11 città pilota e su un campione di circa 2.000 studenti, tesa proprio ad indagare sui fattori di rischio coinvolti nei comportamenti dei gruppi giovanili mediante somministrazione di un questionario che permetterà l’acquisizione di ulteriori strumenti di conoscenza che potranno essere utilizzati in una futura attività di prevenzione sul fenomeno anche attraverso la promozione di nuove e mirate strategie di comunicazione. 1 SLIDE 2 Quest’anno, l’Osservatorio, in collaborazione con la Direzione Centrale di Sanità del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, con l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma e con specialisti nella comunicazione visiva, ha progettato un intervento di prevenzione da realizzare direttamente nei contesti deputati alla formazione dei giovani. Tali attività di prevenzione si inseriscono nella più ampia iniziativa del Ministero dell’Interno denominata “Stop alla Violenza” tesa a sensibilizzare i cittadini alla cultura della ‘non violenza’ e ritenuta dal Ministero dell’Interno una priorità di comunicazione e, per questa ragione, è partita una rapida e puntuale campagna con lo scopo di promuovere una visione non violenta e più civile dello sport. In questo contesto sono stati studiati una serie di strumenti di comunicazione in cui è ricompresa questa occasione di incontro con cui stiamo di fatto promuovendo una sensibilizzazione sui temi della violenza nel calcio nella fascia d’età più a rischio per i comportamenti violenti legati alle manifestazioni sportive, attraverso una attività di informazione sulle caratteristiche psico-sociali del fenomeno e di stimolo a comprendere le motivazioni istituzionali che hanno avviato il percorso normativo negli ultimi anni. 2 SLIDE 3 A partire dal 2007, l’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, in base all’art. 3 del Decreto del Ministro dell’Interno del 1 dicembre 2005 con cui è stato istituito l’organismo, ha affidato ad uno psicologo della Direzione Centrale della Sanità della Polizia di Stato il compito di avviare uno studio sulle specifiche tematiche connesse ai fenomeni di intolleranza, devianza e violenza in ambito sportivo in attuazione alle direttive impartite dal Capo della Polizia per la realizzazione del pluriennale progetto di Educazione alla Legalità. Per la comunicazione, nel 2007, attraverso una rete di relazioni con associazioni giovanili, società di mediazione e comunicazione e società di produzione delle arti cinematografiche, è stato realizzato un sito internet non istituzionale di informazione per i giovani: www.daiuncalcioallaviolenza.it. 3 SLIDE 4 L’Osservatorio • È un tavolo a cui siedono rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per lo Sport, Del Ministero delle Comunicazioni, della Protezione Civile, del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, dell’Ufficio Ordine Pubblico, della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, del Servizio Polizia Stradale, del Servizio Polizia Ferroviaria, del Servizio Reparti Speciali, del CONI, della FIGC (Segreteria, Giustizia Sportiva e Coordinatore nazionale dei Delegati alla sicurezza), della Lega Nazionale Professionisti, della Lega Pro serie C, della Lega Nazionale Dilettanti, di Trenitalia e di Autogrill S.p.A. • Possono essere chiamati alle riunioni, in relazione alle specifiche tematiche all’ordine del giorno rappresentanti del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, il Comando Generale della Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate, dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia e la SIAE. 4 SLIDE 5 Il lavoro dell’Osservatorio è innanzitutto una attività di prevenzione: ogni incontro in programma è valutato sotto vari aspetti. Viene preso in considerazione il teatro in cui esso si svolge sia sotto il profilo dello spazio (contesto urbanistico, strutturale ed infrastrutturale) in cui i tifosi si muoveranno per raggiungere l’impianto, assistere alla partita e tornare a casa sia valutando come sono andate le cose in precedenti occasioni, ovvero come si sono comportate le due tifoserie nelle ultime giornate calcistiche. Questo determina l’attribuzione di un indice di rischio a ciascun incontro con conseguenti azioni di prevenzione e misure organizzative particolari da attuarsi, non solo a cura delle Forze di Polizia, ma anche se non soprattutto gli organizzatori dell’evento (le società sportive) e gli altri soggetti coinvolti nella gestione delle possibili situazioni critiche (ferrovie, autogrill, organi locali). Solo quando la situazione strutturale degli impianti o l’ambiente sociale che ospita l’evento, nonché il comportamento di consistenti gruppi di tifosi comporterebbe un rischio troppo alto di incidenti o disservizi, vengono proposte delle misure drastiche quali la vendita di biglietti ai soli residenti, la chiusura del settore ospiti, la vendita di un solo biglietto per acquirente, anziché fino a 4, ecc.) 5 SLIDE 6 Oggi comunque cercheremo di darvi una visione più ampia del fenomeno della violenza nel calcio, come-quando e perché si è arrivati alle misure ed alle strategie odierne e, infine, una lettura psicosociologica del perché il tifo, o meglio alcuni gruppi ed aggregazioni di tifosi, possono diventare violenti. 6 SLIDE 7 Vediamo prima di tutto i dati statistici del fenomeno 7 SLIDE 8 Far scorrere la slide eventualmente leggendo il testo introduttivo al filmato, avviarlo ed osservare le reazioni. Chiedere delle emozioni che ha provocato 8 SLIDE 9 Negli ultimi anni registriamo un costante calo di uno dei parametri più importanti di analisi del fenomeno della violenza negli stadi: il numero dei feriti in occasione di scontri fuori e dentro gli stadi è passato in Le vittime della violenza tra i tifosi sono scesi, in quattro anni da 331 a 161 ma ancora più rilevante è il calo dei feriti tra gli operatori delle Forze di Polizia, ridottosi da 914 feriti cinque stagioni fa ai 200 della scorsa stagione. C’è da rilevare peraltro che fino a qualche anno fa molti di questi feriti riportavano lesioni anche gravissime (amputazioni di mani per lo scoppio di petardi, ferite alla testa, con conseguenze anche permanenti, per il lancio di oggetti contundenti, fratture per cadute nel tentativo di scavalcare o accedere allo stadio senza biglietto), e eventi ancora più gravi come vedremo nel dettaglio in seguito. 9 SLIDE 10 Insomma, da un totale di 1.027 feriti registrati nelle sole partite di serie A, B e C (circa 2600 per ciascuna stagione calcistica) si è scesi ai 228 feriti della scorsa stagione ed il dato è ancora in calo per quella in corso. Il tipo di lesioni è peraltro oggi molto meno grave che in passato, parliamo spesso di contusioni da spinta e contatto. Anche il motivo degli scontri è cambiato: oggi registriamo che il 69% dei relativi pochi incidenti che si verificano in occasione di incontri di calcio è dovuto a scontri tra le opposte tifoserie ma, solo tre anni fa, il 73% degli incidenti era causato da attacchi diretti contro le Forze dell’Ordine da entrambe le tifoserie presenti dentro e fuori ciascuno stadio. Emblematico l’attacco alle caserme di polizia e carabinieri a Roma, fino a tarda notte, dopo la morte di Gabbo. Rimane però costante il dato relativo agli incidenti provocati da un vero e proprio “non accettare le regole del gioco” e di civile convivenza: vandalismo, ingresso senza biglietto, contestazioni alla società, all’arbitraggio, ai giocatori. Altro dato monitorato ci dice qualcosa delle dinamiche dei tifosi che entrano allo stadio: il momento degli incidenti. Oggi il 56% degli incidenti avviene nelle immediate adiacenze dello stadio tra le opposte tifoserie, dimostrando che, oserei dire incomprensibilmente, mal si tollera il momento di promiscuità con “gli altri”. Inoltre vi sottolineo che tali incidenti avvengono quasi sempre prima dell’incontro ovvero indipendentemente dal risultato sportivo. Di maggior impatto sull’opinione pubblica inoltre, negli ultimi tempi stanno avendo gli incidenti che avvengono lontano dagli stadi ovvero presso le stazioni ferroviarie e gli autogrill dove, nonostante si tenti di individuale strategie organizzative preventive, ancora di registrano gravi episodi di provocazione, attacchi e scontri tra opposte tifoserie che vi si incontrano. Filmato: Spot “Stop alla violenza” per Autogrill, presentato dall’Osservatorio e distribuito da novembre 2008 dalla Società Autogrill S.p.A. Questo secondo spot è ambientato in un Autogrill e vede Lorenzo Flaherty, durante una trasferta, spettatore attivo in una lite fra tifosi. Saranno i tifosi violenti, quelli di entrambe le tifoserie avversarie, ad essere beffati a causa della loro stupidità. Il messaggio non lascia spazio ad incertezze, a scelte di fronte, indica chiaramente la strada che è quella di voltare decisamente le spalle a chi non si mette in discussione offrendo contemporaneamente una via di fuga sicura a quanti non vorrebbero essere coinvolti nel branco ma non vedono alternative fino a quando non gli (nel caso specifico, le) si offrono. Questo secondo filmato, che ha per target il tifoso adulto, ormai padre di famiglia che ha introiettato valori di convivenza civile ed accettato appieno il suo ruolo educativo, propone di fare un’ulteriore passo verso una attività di indirizzo da parte della tifoseria sana nei confronti delle frange violente, identificate con “i giovani”: il richiamo ai valori dello sport e l’invito alla condivisione degli stessi con soggetti ormai lontani dagli spalti degli impianti sportivi (donne e bambini), è questa volta verbalizzata ed agita attraverso l’andare incontro e mettersi in mezzo alla situazione di aperto conflitto tra opposte fazioni. 10 SLIDE 11 L’attività repressiva propria di polizia solo negli ultimi due anni ha iniziato a far registrare una diminuzione degli arrestati e dei denunciati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive mentre resta stabile il dato dei soggetti che vengono sottoposti, nel corso di ciascuna stagione sportiva, a DASPO (= divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive). Come si noterà a fronte del numero di feriti prima illustrato, sono molte di più le persone che vengono comunque arrestate (378) o denunciate (1129) per aver commesso episodi di violenza o comunque illegalità allo stadio. Dopo una escalation sempre maggiore negli anni scorsi dei ragazzi (età media 25-30) che commettevano o rimanevano coinvolti in atti di violenza, oggi iniziano a diminuire e sono sempre meno quelli protagonisti di episodi di gruppo. Di fatto, oggi, la maggior parte dei giovani (età media 16-20 anni) sono responsabili di episodi isolati di illegalità (scavalcamenti, esposizione non autorizzata di striscioni, lancio di bottiglie ed altri gesti che, comunque “sconsiderati”, non presuppongono una aggregazione). Si pensi alle conseguenze per ciascuno di tali ragazzi: processo e relative spese, allontanamento preventivo dallo stadio con DASPO del Questore e, in caso di condanna, fedina penale sporca nonché, dal 2007, il DASPO del Giudice che è obbligato dalla norma a comminare l’allontanamento dello stadio. 11 SLIDE 12 Promuovere una pausa o un eventuale dibattito/approfondimento di questa prima trance di informazioni 12 SLIDE 13 Ripresa formale della presentazione del materiale 13 SLIDE 14 Prima di passare a vedere come lo Stato ha risposto, negli anni, alla violenza nello sport vediamo questo filmato “vigliacchi all’ultimo stadio”, presentato dal Ministro dell’interno Maroni l’11 settembre 2008 e distribuito dalle reti RAI nell’ottobre 2007 Le immagini - ponendo in netto contrasto belle azioni sportive, sia individuali che collettive, registrate sul terreno di gioco, con attacchi anonimi e scontri tra opposte tifoserie registrati fuori e dentro gli stadi - veicola un messaggio forte di condanna nei confronti dei tifosi violenti definendoli, in ultimo, “vigliacchi all’ultimo stadio”. Il contrasto tra le due realtà, con sonoro registrato in presa diretta, è accentuato dagli opposti rumori di fondo: nella prima realtà le masse spettatrici esprimono gioia e giubilo, con la finalità di scatenare un desiderio di appartenenza positiva in chi guarda il filmato, mentre nella seconda realtà, quella di scontro, espressioni di aggressività e violenza generate dagli stessi protagonisti dei gesti illeciti, provocano sentimenti di ripulsa nei confronti dei responsabili e anche delle immagini. I brevi messaggi scritti in sovrimpressione, preferiti alla tecnica di comunicazione o commento attraverso una voce fuori campo, determina inoltre nello spettatore la necessità di prestare attenzione al filmato e di elaborare razionalmente, attraverso la lettura e la comprensione di quanto letto, il messaggio trasmesso. Al termine della visione del filmato, soprattutto se avvenuta in luogo affollato o comunque unitamente ad altre persone, si crea spesso in chi è rimasto colpito distrattamente da qualche fotogramma dello stesso, richiamato per lo più dai rumori degli scontri, l’attesa di rivederlo per verificare che la comprensione del messaggio non sia stata solo superficiale: solo allora l’attenzione sarà attratta soprattutto da quanto registrato sui campi di gioco, con il conseguente insorgere del desiderio di rivedere quelle scene per rivivere solo i momenti positivi trasmessi da quelle manifestazioni di sportività senza lasciarsi sfuggire niente. Questo spot - teso a far scegliere allo spettatore in quanto tale “da che parte stare” (se identificarsi con i tifosi sugli spalti che gioiscono nel vedere una bella partita o con quelli che vivono l’agonismo sportivo come antagonismo con l’opposta tifoseria agendo con violenza soprattutto fuori dagli impianti, rischiando peraltro di perdere lo scontro), - propone di fatto come positiva una posizione di passività rispetto al fenomeno della violenza (è già tanto tenersene fuori!), che forse determina uno scarso impatto “educativo” sui giovani tifosi violenti che, anzi, potrebbero leggervi addirittura una esaltazione delle proprie azioni essendo esse messe alla pari addirittura a prodezze da campioni. Il target risulta essere di più lo sportivo praticante o il tifoso medio che, alla fine dello spot, potrebbe rafforzare l’idea - o addirittura decidere - che sia meglio divedere la partita in televisione. 14 SLIDE 15 Anche lo Stato, come vedremo, si è posto in maniera antitetica al fenomeno della violenza: ad ogni azione “cattiva” ha tentato di contrapporne un “buona” o meglio di contrasto. Ma ha funzionato o quando l’intervento legislativo ha cominciato ad incidere veramente sui comportamenti dei violenti? Nel 1986, a rimetterci la vita è un ragazzo di 17 anni: Paolo Siroli, tifoso della Roma. È il 13 aprile, e i supporters romani stanno tornando da Pisa col morale a mille: la loro squadra ha vinto 4 - 2, ed ha agganciato in vetta alla classifica la Juventus, a sole due giornate dalla fine del campionato. La troppa euforia porta alcuni ultrà ad appiccare il fuoco ad uno scompartimento del treno in cui viaggiano. Le fiamme si propagano in fretta, senza controllo. Paolo muore così, ucciso dal “fuoco amico”. Pochi mesi più tardi, il 7 dicembre 1986, il tifoso della Sambenedettese Giuseppe Tomasetti, di appena 21 anni, muore accoltellato da un tifoso dell’Ascoli, al termine di una partita di Coppa Italia. Due anni dopo tocca a un tifoso ascolano morire per una partita di calcio. Il 9 ottobre 1988 allo Stadio Del Duca di Ascoli, al termine della partita con l’Inter, Nazzareno Filippini resta gravemente ferito nel corso di una cruenta rissa scoppiata tra le tifoserie avversarie. Poche ore dopo si spegnerà in ospedale, mentre la Polizia arresta quattro esponenti della curva nerazzurra. L’anno successivo, il 4 giugno 1989, prima che si disputasse la partita Milan – Roma, il tifoso giallorosso Antonio De Falchi, appena diciottenne, muore per arresto cardiaco, causato dall’aggressione subita dal giovane e da tre amici per mano di una ventina di tifosi milanisti. Dei tre ultrà milanesi processati, soltanto uno viene arrestato e poi condannato a sette anni di reclusione. Scoppia infine lo scandalo “calciopoli” (partite truccate e giocatori venduti al calcioscommesse) ed il “sistema calcio” entra in crisi. 15 SLIDE 16 Esce una legge, la prima che si occupa specificatamente e solo di calcio, checome si vede dal titolo tutela la “correttezza delle manifestazioni sportive” dunque il legislatore si occupa per la prima volta di una materia e di un terreno che è fino ad allora vissuto da tutti come “al di fuori delle leggi dello Stato” in quanto il calcio ha dichiarato sempre la propria autonomia dalle norme statali vantando organi di giustizia interna (Arbitro, Giudice Sportivo, gradi interni di ricorso, ecc). Da un punto di vista di lotta alla violenza negli stadi, la legge però introduce uno degli strumenti di maggior impatto per prevenire e contrastare la violenza negli stadi: il divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, provvedimento meglio noto con il suo acronimo “DASPO”, misura che, pur limitando la libertà personale di chi lo riceve, può essere applicata direttamente dal Questore senza attendere il giudizio definitivo del Giudice che, come noto, può arrivare anche dopo molti anni dalla commissione del fatto-reato. L’efficacia di tale divieto viene rafforzata dalla possibilità del Questore di applicare contestualmente al “daspato” l’obbligo di presentazione in un ufficio di polizia negli orari di svolgimento dell’incontro. Tale ulteriore misura ha peraltro bisogno di convalida da parte del Tribunale che, accertata l’esistenza dei presupposti giuridici, avalla le decisioni dell’Autorità di Pubblica Sicurezza. In caso di inottemperanza peraltro è previsto l’arresto e pene detentive importanti. Queste misure, c.d. di prevenzione, si sono dimostrate quelle di maggior efficacia per infrenare il fenomeno della violenza negli stadi permettendo, a livello preventivo, di “minacciare” ed in caso di commissione di reati quali il travisamento, il possesso di armi proprie ed improprie e più in generale di reati di violenza contro le cose e le persone (danneggiamenti, rapina, violenza, lesioni, resistenza a Pubblico Ufficiale, ecc), l’immediato allontanamento dagli stadi di chi si rende responsabile di azioni violente. 16 SLIDE 17 Alla fine degli anni ’60, in Inghilterra nasce, su base sociale (sottoproletariato) e non su base politica, il movimento Skin Head, con attitudini fortemente conservatrici che sfociarono in aggressioni frequenti ai gruppi considerati "nemici":Durante la prima metà degli anni settanta la subcultura skinhead conobbe un graduale declino dovuto a interventi repressivi, quali il divieto d'ingresso negli stadi, nei pub e discoteche: si stava concludendo il suo primo ciclo vitale che vedrà il secondo rinascere in tutta Europa dove si basa su sentimenti di appartenenza di classe, di patriottismo e nazionalismo, con aspetti comportamentali maschilisti e sciovinisti, creando fazioni politiche contrapposte. Tali fazioni si collocarono su posizioni di estrema sinistra, di estrema destra o di rifiuto di qualsiasi connotazione politica. In Italia, neglianni ’80, sono rappresentati, sul modello americano, soprattutto da gruppi Neonazisti e Neofascisti che, come in paesi come Francia e Germania trovando terreno fertile per la propaganda xenofoba rivolta alla immigrazione extracomunitaria, prevalentemente turca e nordafricana. Nasce rivalità tra i vari gruppi Skin che viene accentuata da motivi di campanilismo calcistico. Negli anni tra il 1985-90 è, il calcio, con tutta probabilità al centro degli interessi degli Skin italiani.In tutto questo, la stampa gioca un ruolo determinante, stigmatizzando non solo gli skinhead di destra ma tutto il movimento in generale. Agli inizi degli anni 90 , mentre la stampa ed il sistema di informazione si concentrano sulla figura del NAZISKIN, Nel 1993 si rende necessario uno specifico intervento normativo che, tra l’altro introduce la possibilità di applicare pene sostitutive alla detenzione quale la condanna a svolgere servizi socialmente utili. Leggere alcuni passi salienti della sentenza di cassazione sottolineando l’attualità della norma e la sua applicabilità in tutti i campi, anche esterni agli ambienti sportivi 17 SLIDE 18 Quattro anni dopo l’emanazione della legge Mancino, la violenza degli ultrà colpisce a Bergamo. È il 10 gennaio 1993. Al termine di Atalanta – Roma, muore, colto da infarto, il 42enne Celestino Colombi. Non si tratta di un tifoso, né di un poliziotto. È un cittadino come tanti, rimasto coinvolto accidentalmente nelle cariche della Polizia mentre si trovava casualmente nei pressi dello Stadio Atleti Azzurri d’Italia. Il 1994 è un altro anno tragico per le sorti del calcio nazionale. Quello che doveva essere l’anno della speranza per la vittoria dei Mondiali americani, dell’esultanza per l’assegnazione a Roberto Baggio del prestigioso Pallone D’Oro e dell’ennesima consacrazione del calcio italiano a livello globale, si tramuta in un triste susseguirsi di morti, passate inosservate o sussurrate sottovoce, onde non macchiare il clima di festa. Salvatore Moschella non è un ultras. È il 30 gennaio 1994. Sta viaggiando su un treno partito da Ragusa e che lo sta riportando a casa. Sullo stesso convoglio viaggiano anche alcuni tifosi del Messina, di ritorno dalla trasferta ragusana. Questi cominciano ad infastidire una giovane ragazza seduta poco lontano da Salvatore, il quale intima ai messinesi di lasciarla in pace. Gli ultrà in tutta risposta se la prendono con lui, aggredendolo con furia e cattiveria. Il ragazzo, nello strenuo tentativo di trovare una via di fuga, si butta dal finestrino del treno in prossimità della stazione di Acireale, mentre il treno sta rallentando. Le ferite riportate sono gravissime, e dopo poche ore Salvatore si spegne in ospedale, a soli 22 anni. È il primo morto del calcio del 1994. Il 5 luglio non è la violenza dei tifosi ad uccidere, ma una manifestazione di gioia che si esprime nel più errato dei modi. A Ercolano, in provincia di Napoli, alcuni ragazzi sparano in aria svariati colpi d’arma da fuoco, esultando e celebrando la vittoria della Nazionale italiana contro la Nigeria, agli ottavi di finale dei Mondiali Usa ’94. Una pallottola colpisce il piccolo Salvatore Oliva, di soli 10 anni, anche lui nel posto sbagliato al momento sbagliato. Un paio di mesi più tardi, il 29 gennaio 1995, la partita di cartello Genoa – Milan viene sospesa per un drammatico evento: nelle vicinanze dello Stadio Marassi di Genova ha perso la vita Vincenzo Spagnolo, tifoso rossoblu, colpito a morte da diverse coltellate. Lo ha ucciso Simone Barbaglia, giovane tifoso milanista, da poco entrato a far parte della curva rossonera. Quando la Polizia lo ferma per un controllo fuori dallo stadio, il ragazzo ha ancora, nascosto negli slip, il coltello sporco del sangue di Spagnolo. Pronto a colpire ancora, nel caso in cui si fosse presentata l’occasione. Questo fatto, in sede di processo, fornirà un’aggravante notevole al comportamento di Barbaglia, condannato a 15 anni di carcere. Il 4 maggio 1997 è una data importante per le tifoserie di Salernitana e Brescia. Quel giorno le due frange avversarie stringono un patto di gemellaggio. Per arrivare a questo lieto fine, occorre passare per l’ennesima disgrazia da curva. Quel pomeriggio, infatti, allo Stadio Arechi di Salerno, in una lite scoppiata sugli spalti, Roberto Bani cade accidentalmente nel fossato che separa il settore ospite dal campo di gioco. Precipita battendo violentemente la testa, dopo un volo di circa tre metri. Morirà dopo poche ore su un letto dell’ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”. 18 SLIDE 19 Fabio Di Maio muore l’1 febbraio 1998, nel dopopartita di Treviso – Cagliari. Il 32enne decede per via di un arresto cardiaco accorsogli in seguito ad alcune cariche effettuate dalla Polizia per sedare un accenno di rissa tra i due opposti gruppi di tifosi. Allo stesso Di Maio viene poi intitolata la curva ove siedono gli ultras trevigiani. Anche il 1999 è un anno terribile per le violenze che si verificano nell’ambito del calcio. La prima, non solo in ordine di tempo, ma anche in ordine di gravità, è quella del 24 maggio. Il giorno prima, nell’ultima giornata del campionato di Serie A, la Salernitana non è riuscita ad andare oltre l’1 – 1 in casa del Piacenza, retrocedendo in Serie B. La rabbia dei tifosi è alle stelle, in quanto la squadra campana, l’anno prima, aveva letteralmente dominato il campionato della serie cadetta, e tutti si aspettavano una più lunga permanenza nel massimo campionato. In più vi è la beffa di essersi classificati quartultimi, ad un solo punto dall’ultimo posto valido per rimanere in Serie A. In prossimità della Stazione di Salerno, il treno speciale che riporta a casa gli oltre 3 000 tifosi campani prende fuoco in una galleria. Nel rogo, che si accerterà poi essere stato appiccato dagli stessi tifosi nel tentativo di sfogare la propria rabbia, perdono la vita quattro giovani supporter granata: Simone Vitale, 23 anni, Giuseppe Diodato 21 anni, Vincenzo Ioio, 16 anni e Ciro Alfieri, 15 anni. Il 17 giugno 2001 in Serie C, si gioca Messina – Catania, partita decisiva per la promozione in Serie B. Prima del fischio d’inizio si verifica un intenso lancio di oggetti tra le due tifoserie. Ad un certo punto, dal settore ospiti, viene scagliata verso i supporter messinesi una bomba carta, che ferisce gravemente il giovane tifoso Antonino Currò. Viene trasportato al Policlinico di Messina, dove pochi giorni dopo si spegne. Vediamo un altro spot, “Stop alla violenza” per Ferrovie dello Stato, presentato dall’Osservatorio e distribuito da novembre 2008 dalle Società Ferrovie dello Stato S.p.A., ambientato appunto in una stazione ferroviaria, Chiedere delle emozioni che ha provocato SEGUE 19 SEGUE SLIDE 19 Martina Stella è in procinto di prendere il treno per assistere alla partita della propria squadra. L’incontro con un gruppo di ultras, grazie alla responsabilità ed alla buona volontà di tutti, si concluderà con una bella amichevole. Anche in questo caso, la comunicazione nello spot avviene totalmente a livello non verbale: di fatto, Martina Stella è, con la propria ambiguità sia espressiva che di azione, l’agente provocatorio di una situazione di possibile conflitto. La comunicazione sempre non verbale tra due attori principali, che si fronteggiano uno quale leader di un gruppo e l’altro quale eroe solitario da solo contro tutti, esprime dapprima l’incertezza che si genera in ciascuno di noi, anche se “di carattere”, di fronte a situazioni e persone sconosciute con cui si è costretti ad interagire. Il cambiamento dell’atteggiamento di una e dell’altra parte è affidato completamente alle espressioni facciali dei protagonisti che vengono eletti rappresentanti di due modi contrapposti di essere e di agire: entrambe però si comportano in maniera analoga al fine di valutare la reciproca forza, esprimendo entrambe dapprima provocazione, poi diffidenza ed infine, con un reciproco sorriso, sdrammatizzando la tensione che diventa, come nel momento di riconoscimento tra due amici che si incontrano dopo tanto tempo, rispetto, fiducia ed infine complicità, sentimenti che si estendono immediatamente a tutti gli elementi del gruppo precostituito ed anche a chi ha assistito passivamente alla scena, il quale inizia a prenderne parte attiva senza palese schieramento. Di fatto, il comportamento istintivo, animalesco (schieramento a semicerchio del branco intorno al capo e “atteggiamento eroico” del singolo, completa delega ai due leaders della contesa del territorio e della preda, l’attesa allo stesso tempo rispettosa e timorosa dell’esito del confronto), che domina il momento dell’approccio e del fronteggiarsi tra i due contendenti, si risolve, attraverso la metamorfosi delle espressioni facciali e corporee, nell’umanizzazione dei soggetti: lo sguardo che fa trapelare un lampo di intelligenza e razionalità nei due protagonisti tipizza infatti il passaggio dallo stato “animale” a quello di “umano” del rapporto interpersonale e la riscoperta della possibilità di risolvere il conflitto attraverso una sua simbolizzazione: la partita di pallone. Il messaggio veicolato è dunque ancora una volta quello di “usare la testa”, di fare una azione certo contraria all’istinto: il filmato suggerisce di reagire in modo opposto a quello che spingerebbe a fare la paura o la sfida, ovvero sorridere invece di fuggire o attaccare. Lo spettatore si convince che l’adozione di questo comportamento sia comunque un atto di coraggio che permette ai “veri eroi” non solo di essere ritenuti tali dagli altri, ma di esserlo “dentro” in quanto il vero valore “sportivo” è rinunciare a mettere a rischio la propria incolumità e quella dei propri protetti preferendo la “ritualizzazione” della battaglia e dello scontro rappresentata da una qualsiasi competizione sportiva, sia essa di squadra o individuale. 20 SLIDE 20 Ai tragici fatti del treno di Salerno ed alla morte di Antonino Currò segue l’emanazione dell’ennesimo provvedimento legislativo d’urgenza con il quale si individuano nuove fattispecie di reato da stadio: lancio di oggetti pericolosi, lo scavalcamento dei separatori e l’invasione di campo, includendo gli stessi reati tra quelli per cui, in caso di denuncia o condanna, è possibile applicare anche il DASPO. Importante però è sottolineare che anche le altre morti non sono passate così inosservate o sottovalutate come può sembrare da un esame superficiale della citata norma. 21 SLIDE 21 Due anni dopo, viene registrata una nuova escalation del fenomeno della violenza negli stadi che, da una analisi critica dei dati, ha evidenziato uno spostamento dei motivi degli incidenti in occasione di incontri di calcio dall’astio tra le opposte tifoserie a quello verso le Forze dell’Ordine, riconducibile peraltro al ruolo spesso improprio fatto assumere da queste ultime di divisione fisica tra le opposte fazioni in assenza di strutture e misure organizzative che ne permettessero la separazione. All’epoca solo il 43% degli stadi dove si svolgevano gli incontri di calcio professionistici (serie A, B e C) erano in possesso di certificazione di agibilità, cioè erano ritenute idonee ad ospitare le attività sportive ed il pubblico dalla Commissione di tecnici appositamente incaricata di verificare la presenza, l’efficienza e l’efficacia di tutte le misure di sicurezza e di tutela della incolumità pubblica e personale previste dalla legge. Si ritiene dunque inderogabile una revisione totale delle norme che regolano l’impiantistica e l’organizzazione degli eventi sportivi anche alla luce delle decisioni e delle raccomandazioni internazionali comunitarie che, proprio nel 2001 e 2002, in concomitanza alla sempre maggior “internazionalizzazione” degli incontri di calcio, suggeriscono ai Paesi membri linee guida per uniformare “le regole del gioco”. Dall’apposito studio delle esigenze per innalzare gli standard di sicurezza degli stadi, ed a seguito della sospensione della partita “Como – Udinese” del 19 dicembre 2002 per i ripetuti tentativi di invasione di campo, viene emesso il Decreto legge del 24 febbraio 2003, 28 con cui viene introdotto, per la prima volta nell’ordinamento giuridico nazionale, il concetto di “responsabilità dell’organizzazione dell’evento”, in relazione agli oneri da assumere circa la messa in sicurezza degli impianti. La società sportiva, d’intesa con i proprietari viene dunque incaricata e ritenuta responsabile del mantenimento in efficienza ed efficacia delle misure di cui ai successivi decreti tecnici del 6 giugno 2005 con cui viene disciplinata la realizzazione dei sistemi di videosorveglianza, di vendita dei biglietti nominativi associati ad un posto a sedere e soggetti a verifica elettronica della regolarità, nonché le misure strutturali ed organizzative per assicurare la divisione delle tifoserie nelle fasi di afflusso permanenza e deflusso dei tifosi (parcheggi, percorsi ed accessi separati per le opposte tifoserie, delimitazione di aree di sicurezza a cui è possibile accedere solo previa verifica del titolo di accesso, sottoposizione a controlli di sicurezza anche a mezzo di metal detector per evitare l’introduzione di materiali ed oggetti illeciti o pericolosi, accesso agli spalti previo passaggio attraverso tornelli per evitare accessi indebiti e pericolose pressioni sui varchi, accoglienza, assistenza e controllo del rispetto del regolamento d’uso da parte di personale dipendente dalle Società sportive appositamente incaricato (gli steward). 22 SLIDE 22 In questi anni sta cambiando anche la mappatura politica della violenza: venendo meno il potere dei gruppi politicizzati e soprattutto dei loro leaders nell’organizzazione dell’evento sportivo, i gruppi più drasticamente connotati sia a destra che a sinistra diminuiscono rapidamente. Da oltre 650 gruppi si passa agli attuali 230 e si inizia a ragionare con associazioni di tifosi che riconoscono la possibilità di sviluppare delle critiche costruttive al sistema: nasce per esempio nel 1995 Progetto Ultrà con le finalità di promuovere e dare dignità alla cultura popolare del tifo, limitare i comportamenti violenti, intolleranti e razzisti attraverso un intervento sociale portato avanti dagli stessi tifosi che vi aderiscono. Per lo più organizzano occasioni di incontro tra tifoserie anche tendenzialmente ostili tra loro per costruire su obiettivi comuni un cambiamento o una attività “insieme”. Un esempio sono i Mondiali Antirazzisti. Da tali attività è nato anche il Movimento Ultrà che prima di calciopoli organizzò delle pubbliche manifestazioni di piazza, in giorni diversi da quelli di svolgimento delle partite, per protestare contro “il calcio moderno” 23 SLIDE 23 Subito dopo l’emanazione dei decreti ministeriali ma prima che fosse possibile per tutti i soggetti coinvolti darvi realizzazione, a seguito dell’ennesima vittima, nell’ottobre dello stesso 2005, il legislatore interviene di nuovo soprattutto per introdurre, a seguito di incidenti registrati anche in occasione di incontri di calcio svolti all’estero, il DASPO “internazionale”, cioè la possibilità di impedire a tifosi italiani resisi responsabili di reati da stadio o comunque di violenza su cose o persone in occasione di manifestazioni sportive, di assistere ad incontri di calcio disputati all’estero dalla propria squadra o dalla nazionale italiana, nonché ai tifosi stranieri colpiti da analoghi provvedimenti nel loro Paese di venire in Italia a vedere le partite. Poiché gli addetti ai controlli dei luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive di cui abbiamo accennato prima assolvono di fatto a compiti di sicurezza, con questa nuova norma viene anche introdotto, per tutelare tale personale, il reato specifico di violenza o minaccia nei confronti degli addetti ai controlli, nonché la contravvenzione per chi venda illecitamente a prezzo maggiorato i biglietti per la partita (bagarinaggio). Peraltro, viene anche introdotto un importante concetto che sposta ancora di più le responsabilità di sicurezza sui soggetti privati che organizzano l’incontro di calcio infatti si stabilisce che l’accesso e la permanenza delle persone e delle cose negli impianti devono essere disciplinati da un regolamento d’uso che stabilisca le regole di comportamento da tenere all’interno di ciascun impianto. Conseguentemente, gli steward sono gli incaricati dalla società sportiva di assicurare il rispetto di tale regolamento d’uso, ovvero di verificare che - dalle fasi di afflusso, a quelle di permanenza e fino al momento del deflusso dall’impianto sportivo - il pubblico non mettano in atto alcun comportamento, non solo illegale ma anche solo pericoloso per la sicurezza e l’incolumità pubblica e personale: devono pertanto accertare che non vengano introdotti nello stadio materiali esplodenti o comunque pericolosi perché potrebbero essere usati, non necessariamente dal proprietario, come strumenti atti ad offendere o potrebbero comunque provocare danni a cose o persane se lanciati o lasciati incustoditi, esposizione di striscioni anche se dal contenuto non violento, se fatti con materiali infiammabili o di dimensioni tali da limitare la visibilità dello spettacolo sportivo agli altri spettatori, assicurare l’uso corretto dei percorsi di accesso e di raggiungimento del posto a sedere assegnato nominalmente all’acquisto del biglietto a ciascuno spettatore e vietare lo stazionamento lungo le vie di fuga o comunque di stare in piedi sugli spalti impedendo la visione del terreno di gioco agli altri tifosi, ecc.) Devono dunque assicurare che gli spettatori tengano comportamenti improntati sulle regole del vivere civile, assolvendo dunque anche ad una costante funzione non solo di repressione, ma soprattutto di educazione alla legalità e di “moralizzazione e responsabilizzazione” di ogni singolo spettatore-tifoso. Infine, al norma ha individuato un organo coordinatore a livello nazionale per favorire la migliore attuazione delle disposizioni e delle misure per prevenire e contrastare i fenomeni di violenza in occasione di manifestazioni sportive: l’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive da me oggi rappresentato. 24 SLIDE 24 Tutto questo lavorare da parte dello Stato, purtroppo, non ha evitato i tragici fatti che si sono registrati dopo che le “nuove regole del gioco” erano state stabilite. Il 2007 sarà ricordato come uno degli anni più neri del calcio italiano, che uccide per ben tre volte. Il primo a morire è Ermanno Licursi, dirigente della Sammartinese, squadra di terza categoria. Il 27 gennaio, a Luzzi, nel cosentino, scoppia una rissa con i giocatori della Cancellese. Licursi, nel tentativo di dividere i giocatori, subisce una lunga e furibonda serie di percosse. Ermanno muore così, accasciandosi sulle piastrelle dello spogliatoio, ucciso dai calci e dai pugni. Il 2 febbraio si gioca l'attesissimo derby di Sant'Agata, tra Catania e Palermo. Nel corso dello svolgimento dellapartita hanno luogo violentissimi scontri tra i tifosi catane si e le Forze dell’Ordine, che stanno cercando di mettere in salvo i supporters palermitani. Nell’evolvere dei disordini, l’ispettore capo Filippo Raciti viene probabilmente colpito all’addome dall'auto di servizio su cui viaggiava, e dalla quale era appena sceso per l'esplosione di un fumogeno nell'abitacolo. L'autista del mezzo, per paura che il veicolo prendesse fuoco, inserisce la retromarcia e si sposta di 5 metri, non avvedendosi, a causa del fumo densissimo, di aver centrato l'ispettore con lo spigolo di una portiera rimasta aperta. Gli ultras del Catania, inferociti, ostacolano volontariamente l’ambulanza, che non riesce ad avvicinarsi all’uomo ferito. I poliziotti riescono a formare un cordone di protezione, e gli uomini dell’autolettiga riescono a recuperare l’ispettore, adagiandolo su una barella e portandolo all’interno della vettura di soccorso, mentre prosegue furioso il lancio di pietre, tubi d’acciaio, bottiglie piene di benzina e chiodi che esplodono frantumi e schegge impazzite ovunque. Raciti muore nella notte, mentre la città di Catania inizia i festeggiamenti in onore di Sant’Agata. Gabriele Sandri è la terza vita che il calcio si è portato via nel 2007. 11 novembre, ore 9 circa del mattino. Un’auto di tifosi juventini, ferma nel piazzale di sosta di un autogrill sull’autostrada A1, viene avvicinata da alcuni ultras della Lazio, armati di spranghe. Ne nasce una violenta colluttazione, che richiama l’attenzione di una pattuglia della Polstrada che si trova dalla parte opposta della carreggiata, a oltre 50 metri di distanza. I poliziotti raggiungono il bordo della strada, e dopo aver acceso le sirene, uno degli agenti spara in aria un colpo intimidatorio. L’auto dei tifosi juventini riparte rapidamente, e l’agente esplode un secondo colpo, questa volta in direzione del veicolo. Il proiettile raggiunge al collo Gabriele, che stava dormendo sul sedile posteriore della vettura, ignaro di tutto. Muore poco dopo, mentre gli uomini dell’ambulanza tentano invano di rianimarlo. In serata, a Roma, migliaia di ultrà giallorossi, e qualche testimone asserisce di aver visto anche parecchi tifosi laziali al loro fianco, come mai prima era successo, scendono in strada, e cercano il contatto violento con le Forze dell’Ordine. Sono inferociti per via della mancata sospensione del campionato, come invece era accaduto per la morte dell’ispettore Raciti. Ma la sospensione non è arrivata perché le autorità non hanno avuto il tempo di capire la dinamica del fatto, non perché, come urlavano gli ultrà, la morte di un tifoso non vale quanto quello di un poliziotto. Con questo pretesto riempiono la notte romana di violenza e distruzione. SEGUE 25 SEGUE SLIDE 24 Anche Matteo Bagnaresi muore nel piazzale di un autogrill, in circostanze simili a quelle in cui ha perso la vita Gabriele Sandri. È il 30 marzo 2008. Sono circa le 12.30, quando un pullman di 25 tifosi juventini, proveniente da Crema, si ferma in un’area di servizio. Dopo un paio di minuti fanno sosta nello stesso autogrill due pullman che trasportano ultras del Parma. Questi, notando i bianconeri, scendono brandendo cinghie e lanciando bottiglie di vetro verso di loro. I supporters torinesi, in inferiorità numerica e in preda al panico, risalgono sul veicolo, che riparte a tutta velocità. Mentre sta uscendo dall’area di servizio, da dietro un distributore di benzina appare all’improvviso Matteo Bagnaresi. Il giovane, che voleva probabilmente costringere il mezzo a fermarsi, viene schiacciato dalle ruote anteriori e posteriori sinistre del torpedone, che però prosegue la sua fuga in autostrada, percorrendo circa 700 metri prima di fermarsi. L’autista dirà di non essersi accorto dell’accaduto; ad avvisarlo sarebbe stato, nella sua ricostruzione, un tifoso seduto in ultima fila, che l’ha indotto a fermare il mezzo. I morti sono 25. 25 vite che il calcio italiano ha trascinato con sé nel vortice della violenza in cui ha sempre annoverato tanti, troppi delinquenti. Perché se un omicidio è considerato tale sia nel caso in cui avvenga dentro che fuori da uno stadio, allora chi si macchia di tale crimine è da considerarsi un omicida in entrambe le circostanze, e va trattato e punito nelle medesime forme, secondo gli stessi procedimenti. La parola “tifoso”, per costoro, è decisamente fuori luogo. (provocazione) Promuovere un eventuale dibattito/approfondimento di questa prima trance di informazioni 26 SLIDE 25 Il nuovo intervento normativo, anziché rispondere con inasprimento di pene alla morte, con la individuazione di nuove fattispecie di reato ecc., a fare insomma quello che finora aveva sempre fatto, risponde questa volta in maniera “creativa”, diversa e in alcuni ambienti inaspettata. Si tratta delle norme che: • estendono agli impianti minori, con capienza superiore a 7.500 spettatori, gli obblighi di adeguamento strutturale di cui ai richiamati “decreti Pisanu” e che hanno determinato l’immediata chiusura al pubblico degli impianti che, dal 2005, non erano stati ancora adeguati alle norme per l’innalzamento degli standard di sicurezza, fino a quando essa non è intervenuta; • prevedono un programma di iniziative per promuovere i valori della cultura sportiva nelle scuole, nelle università e nei luoghi ove si svolge attività sportiva a livello giovanile; • prevedono la predisposizione di un apposito “codice di autoregolamentazione” delle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi, in particolare calcistici, anche al fine di contribuire alla diffusione tra i giovani dei valori sportivi. Misure organizzative per assicurare la sicurezza degli impianti sportivi. Il pacchetto di norme (art. 1; art. 2, comma 2, 8, 9, 10 e 11) è finalizzato a assicurare, con il diretto coinvolgimento anche delle società sportive, la sicurezza degli spettatori e di tutti gli altri soggetti comunque coinvolti prima, durante e dopo un incontro di calcio, all’interno o all’esterno dell’impianto sportivo. Le misure sono volte, pertanto, a prevenire più efficacemente, sia i rischi “strutturali” connessi ad impianti potenzialmente a rischio di incidenti perché inidonei a contenere l’impatto dei tifosi, in relazione al contesto in cui gli stessi si muovono, sia i potenziali rischi “soggettivi” derivanti dalla contestuale ed organizzata presenza di “soggetti pericolosi” e, in particolare, di quelli destinatari di” provvedimenti interdettivi da stadio”. Al fine di realizzare tale obbiettivo è previsto, contestualmente: • l’obbligo di disputare gli incontri “a porte chiuse” negli impianti con capienza superiore a 10.000 spettatori nei quali non sono stati eseguiti tutti gli adeguamenti previsti dai cosiddetti “decreti Pisanu” del 2003 e del 2005, ovvero “a porte socchiuse”, per i soli abbonati, in quegli impianti dotati di tutte le infrastrutture e mezzi previsti da medesimi decreti e che sono, pertanto, “quasi perfettamente a norma”; • l’introduzione di immediate iniziative mirate ad accelerare il completamento dei lavori dei medesimi impianti, anche attraverso il superamento di vincoli e limitazioni di carattere burocratico o amministrativo; • l’immediata convocazione di un tavolo di concertazione fra tutti i soggetti e le autorità interessati al fine di definire un programma straordinario per l’impiantistica sportiva; • il divieto di vendita o cessione di biglietti tra società per contenere gli effetti delle trasferte dei tifosi che comportano gravi rischi sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica; • il divieto per le società di vendere o cedere biglietti, ovvero mantenere rapporti con la “tifoseria violenta”. SEGUE 27 SEGUE SLIDE 25 Misure di prevenzione nei confronti della “tifoseria violenta e pericolosa” Il pacchetto di norme (art. 2, comma 1, lett. a), b) e d); artt. 5 e 6) è mirato a realizzare una più efficace azione di prevenzione, al fine di ridurre al massimo il rischio di incidenti in occasione delle manifestazioni calcistiche, impedendo l’accesso negli stadi e nei luoghi interessati alla medesima manifestazione a quei soggetti “oggettivamente” e “potenzialmente” pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica. Il principio ispiratore è, pertanto, quello di allontanare concretamente dagli stadi tutti quei soggetti che possono risultare pericolosi per gli spettatori e per la tifoseria non violenta, attraverso l’applicazione della misura di prevenzione “tipica” da stadio che è quella del divieto di accesso agli impianti sportivi, di cui all’art. 6, comma 1, della legge 401/89. Per raggiungere più efficacemente tale obbiettivo, le novità introdotte dal decretolegge sono finalizzate - in relazione all’esperienza registrata in questi ultimi anni - a colmare due evidenti lacune che impedivano con la precedente disciplina di applicare il predetto divieto nei confronti del soggetto: • che veniva trovato in possesso di artifizi pirotecnici e denunciato per la contravvenzione prevista dall’art. 6-ter della legge n. 401 del 1989; • che non veniva colto nella flagranza di commettere un reato “tipico”, ma che sulla base di evidenti elementi di fatto, risultava tenere oggettivamente una condotta o comportamento finalizzati alla violenza o a porre in pericolo la sicurezza della manifestazione calcistica. Tale estensione consente adesso di allontanare con immediatezza dagli impianti sportivi tutti i soggetti oggettivamente pericolosi di cui si è fatto ampiamente cenno anche nel recente dibattito mediatico conseguente ai gravi fatti di Catania. Si tratta, pertanto, di una estensione che, per gli oggettivi elementi richiesti, appare pienamente coerente - nel contesto di una applicazione graduale delle misure previste in materia - con la natura di misura di prevenzione finalizzata ad impedire l’accesso di “soggetti pericolosi” a specifici impianti sportivi, in determinati giorni e orari, nonché in linea con i medesimi fatti meramente indiziari, di cui all’art. 1, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. La motivazione che dovrà dare il questore per l’applicazione della misura in questione sarà, di fatto, ancorata ai predetti fatti e alle finalità della misura stessa. Al medesimo fine di rendere più efficace e ampia l’attività di prevenzione, per i soggetti più pericolosi, promotori anche di azioni violenti di gruppo, il decreto-legge introduce anche la possibilità di applicare la misura di prevenzione della sorveglianza speciale e della confisca dei beni che possono agevolare tipiche attività violente da stadio, con le stesse modalità e procedure previste dalla legge n. 1423 del 1956 e dalla legge n. 575 del 1965. SEGUE 28 SEGUE SLIDE 25 Al fine di realizzare tale obbiettivo sono state previste le seguenti misure: • l’applicazione del divieto di accesso agli impianti sportivi ai soggetti denunciati o condannati anche per possesso di artifizi pirotecnici od oggetti contundenti in occasione di manifestazioni sportive; • l’applicazione del medesimo divieto anche nei confronti di soggetti non denunciati, qualora emergano oggettivi elementi di “pericolosità da stadio”, nonché di quelli che hanno violato più volte le disposizioni del regolamento d’uso dell’impianto sportivo che prevedono l’allontanamento dallo stesso per le violazioni più gravi; • l’introduzione di una durata minima di tre mesi del divieto disposto dal questore, fermo restando quella massima di tre anni; • la previsione della durata minima di sei mesi e di quella massima fino a sette anni del divieto disposto dal giudice con la sentenza di condanna e la possibilità per il medesimo giudice di applicare anche l’ulteriore misura accessoria della prestazione di attività lavorativa “di pubblica utilità”, analoga a quella prevista per gli autori dei reati di cui al decreto-legge n. 122 del 1993, in materia di discriminazioni razziali, etniche e religiose; • la possibilità di applicare ai soggetti più pericolosi e, soprattutto, ai loro “agevolatori”, le misure di prevenzione personali e patrimoniali. Misure di repressione nei confronti degli autori dei “reati da stadio”. Il pacchetto di norme (art. 2, comma 1, lett. c); artt. 3, 4 e 7), è mirato a rimodulare le fattispecie penali “tipiche da stadio”, al fine di disporre di una disciplina più efficace e più rispondente all’obbiettivo di effettiva deterrenza nei confronti dei comportamenti che rischiano di compromettere gravemente la sicurezza degli spettatori e degli operatori di polizia in occasione delle manifestazioni calcistiche. Si tratta, pertanto, di misure specificamente mirate al raggiungimento di tale finalità, anche relativamente all’aggravamento delle sanzioni. L’intervento sulle pene o sui presupposti per l’applicazione della misura cautelare tende non solo ad aumentare l’effetto di deterrenza, ma anche e, soprattutto, a conseguire quegli effetti di protezione sociale propri delle misure cautelari, mettendo l’autore delle violenze o di altri comportamenti a rischio in condizione di non nuocere alla collettività, almeno per un periodo ragionevole. Si sottolinea che la severità su questo fronte è un presupposto determinante del cosiddetto “modello inglese”. A tale obbiettivo è finalizzata soprattutto la ridefinizione dei reati di possesso e di lancio di oggetti pericolosi, con specifico riferimento all’ambito spaziale e temporale connesso con la manifestazione calcistica, nonché al possesso di artifizi pirotecnici, fattispecie criminosa che rappresenta, nel particolare contesto dello “stadio”, quella di maggiore rischio per la sicurezza. e che, pertanto, necessita di una maggiore severità e di pene più congrue, anche al fine di poter applicare eventuali misure cautelari e di assicurare una maggiore certezza della pena in caso di condanna. SEGUE 29 SEGUE SLIDE 25 Anche se nella nuova formulazione, riferita sia al lancio che al possesso di oggetti o materiali pericolosi, possono essere individuati comportamenti di differente gravità, la pena prevista nel minimo e nel massimo consente al giudice di modulare, conseguentemente ed agevolmente, la relativa sanzione. Analogamente finalizzati al predetto obbiettivo sono anche gli aumenti di pena per coloro che violano il divieto di accesso agli impianti sportivi e l’eventuale obbligo per il soggetto di presentarsi in un ufficio di polizia. La particolare efficacia deterrente si rinviene anche nella nuova disciplina dell’arresto nella “quasi flagranza” che, nell’impossibilità di un intervento immediato per oggettivi motivi di ordine pubblico, costituisce l’unica possibilità di prevenzione e di contrasto degli episodi più gravi e pericolosi all’interno dello stadio, tra cui anche quelli posti in essere dalla persona individuata in possesso di materiale pericoloso, ovvero che ha violato il divieto di accesso. L’aumento del termine da 36 a 48 ore per procedere all’arresto del soggetto individuato adesso esclusivamente sulla base di filmati o fotografie, può consentire di rendere ancora più efficace la deterrenza della misura, soprattutto in relazione ai tempi necessari per la compiuta individuazione dell’autore del reato. La modifica, infine, dell’aggravante per i delitti di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, è anch’essa finalizzata a contrastare più efficacemente gli episodi di violenza in occasione delle manifestazioni sportive per gli episodi più gravi che possono verificarsi, nonché a tutelare maggiormente gli operatori di polizia impiegati per salvaguardare l’incolumità degli spettatori e per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché gli stessi “steward”, sempre più frequentemente oggetto di comportamenti violenti o pericolosi posti in essere “a distanza” o in contesti di sostanziale impunità e, quindi, non immediatamente reprimibili e che, fino ad oggi, erano esclusi dall’applicazione dell’aggravante in questione. Il maggior rigore deve essere visto, pertanto, in tale particolare contesto e finalità, per cui anche il previsto aumento da tre a cinque anni del minimo della pena è finalizzato a consentire un eventuale maggior ricorso all’applicazione della custodia cautelare in carcere. Al fine di realizzare tale obbiettivo sono state previste le seguenti misure: • l’aumento della reclusione fino a tre anni per chi viola il divieto di accesso agli impianti sportivi e l’eventuale conseguente “prescrizione”; • l’aumento della reclusione da uno a quattro anni per il lancio di oggetti e materiale pericoloso; • la trasformazione da contravvenzione a delitto del reato di possesso del medesimo materiale pericoloso, reato punito con la reclusione da sei mesi a tre anni; • la possibilità di procedere all’arresto nella flagranza e nella quasi flagranza di reato (entro 48 ore dal fatto) anche dei soggetti in possesso del medesimo materiale, ovvero di quelli che hanno violato il divieto di accesso agli impianti sportivi. 30 SLIDE 26 Allo stadio oggi: (leggere alcuni punti della slide) 31 SLIDE 27 Allo stadio oggi: (leggere alcuni punti della slide) 32 SLIDE 28 Allo stadio oggi: (leggere alcuni punti della slide) 33 SLIDE 29 Allo stadio oggi: (leggere alcuni punti della slide) 34 SLIDE 30 Allo stadio oggi: (leggere alcuni punti della slide) 35 SLIDE 31 Allo stadio oggi: (leggere alcuni punti della slide) 36 SLIDE 32 Allo stadio oggi: (leggere la slide) 37 SLIDE 33 La presente slide di sintesi evidenzia come, dal 2001, si siano susseguiti 5 interventi legislativi d’urgenza per contrastare i fenomeni di violenza negli stadi tutti preceduti da gravissimi episodi segnati dal decesso di tifosi come conseguenza di pesantissimi scontri tra opposte tifoserie o, negli ultimi anni, con le forze dell’ordine. In ultimo, come tristemente noto, la vittima è stata l’Ispettore Capo della Polizia di Stato Filippo Raciti. Tutte i provvedimenti presi hanno inciso sul testo della Legge nr. 401/89 che, per prima, ha individuato alcune fattispecie di reato “da stadio” ed ha previsto nuovi strumenti di contrasto al fenomeno di turbativa all’ordine e alla sicurezza pubblica di manifestazioni sportive. Solo negli ultimi anni, l’attenzione dalle responsabilità dello Stato di prevenire e reprimere azioni “criminali” si è spostata sulla responsabilità delle società sportive di garantire misure organizzative tali da prevenire le condizioni di conflittualità e impossibilità di controllo delle masse in cui in passato sono nate e cresciute le aggregazioni di soggetti violenti. Con l’ultimo provvedimento del 5 aprile scorso, infine, emerge la consapevolezza dello stesso Stato di assumersi mirate responsabilità di divulgazione dei positivi valori sportivi e di legalità attraverso la pianificazione di mirati piani di educazione da attuarsi in tutte le scuole di ogni ordine e grado, nelle università e sul territorio, così come, nel ribadirne l’importanza mediatica, di regolamentare i termini dell’informazione radiotelevisiva in materia, al fine di tutelare ed educare in particolare i minori. A margine si richiama anche la legge 23 giugno 1993, n. 205, di conversione del decreto-legge 23 aprile 1993, n. 122 (c.d. “Legge Mancino) emanata per far fronte ad un’ondata di “razzismo” e discriminazione che ha colpito, dal 1992 gli stadi in cui, all’epoca, seguendo una tendenza europea, hanno fatto ingresso elementi della estrema destra all’epoca denominati “Skin Head”. Tali presenza ha, da allora, determinato una politicizzazione delle curve che, ancora oggi in alcune realtà territoriali, sono sinonimo di scontri tra opposte tifoserie non per motivi “sportivi” bensì per schieramenti “di partito” . 38 SLIDE 34 Promuovere una pausa o un eventuale dibattito/approfondimento di questa prima trance di informazioni 39 SLIDE 35 ripresa formale della presentazione del materiale 40 SLIDE 36 Vediamo ora perché, secondo gli psicologi ed i sociologi il tifo diventa violento 41 SLIDE 37 Short movie “E’ solo un gioco”, premiato durante il Golden Graal nel luglio 2008 e distribuito via internet e circuiti alternativi Il filmato, realizzato da Maura Pasini, una giovane 25enne di Sondrio laureata in Scienze sociali ed applicate che ha deciso di unire il suo percorso formativo con la passione per il calcio, in linea con il progetto di educazione alla legalità dell’Osservatorio – è vincitore del concorso “Dai un calcio alla violenza, per far goal metti la testa in rete”, ideato con la collaborazione del Forum Nazionale dei Giovani e del Golden Graal, che prevedeva l’elaborazione e la realizzazione - da parte dei giovani tra i 14 ed i 35 anni, con gli strumenti che i giovani quotidianamente utilizzano, come il cellulare e internet - di sms, mms, videoclip, video animati, sceneggiature e cortometraggi ispirati al tema della “violenza nel calcio”. Il filmato propone scene documentaristiche di scontri e violenze sugli spalti e in prossimità degli ingressi degli stadi, questa volta inframmezzate dalle immagini di un ragazzo con un braccio completamente ricoperto da tatuaggi che si rasa i capelli per poi coprirsi la testa con un cappuccio e travisarsi il viso con una sciarpa. Alla fine, una scritta invita a riflettere il singolo spettatore sulla domanda diretta: “Rinunceresti alla tua identità?” e la successiva, dando per scontata la risposta, afferma “E’ solo un gioco”. La comunicazione, che ha un target evidentemente giovane, avviene totalmente a livello non verbale: il sonoro è costituito da una unica traccia di musica techno/house (per definizione “alienante”), le immagini sono tutte in bianco e nero e il taglio documentaristico degli scontri sembra voler convincere chi li guarda che, seppure “storici”, quei fatti sono ormai lontani dalla realtà attuale ovvero, “storia vecchia”, come a dire, nel linguaggio dei giovani, “guarda come sono antichi quelli che ancora fanno casino allo stadio”. Di contro, il ragazzo giovane, con tatuaggi che dovrebbero essere espressione di personalità, esperienza personale e scelta di simboli che lo rappresentino e lo raccontino immediatamente agli altri, si trasforma sotto gli occhi dello spettatore in un anonimo “tifoso violento”, meglio in un violento a priori, uguale anche all’immagine mentale che l’opinione pubblica si è fatta dei famigerati aderenti ai “Black Block” individuati dai mass media come gli autori delle distruzioni e dei saccheggi operati in occasione del G8 di Genova. Forse un riferimento anche al fenomeno della “politicizzazione delle curve”, da più parti denunciata come una delle cause dell’impennata del fenomeno della violenza negli stadi negli anni passati. Si cerca dunque di veicolare le scelte dello spettatore adolescente invitandolo ad “usare la testa” per riflettere sull’importanza di non perdere mai la propria individualità e a non “nascondere la faccia”. Proprio perché realizzato dai giovani per i giovani risulta particolarmente lontano dal cliquet pubblicistico ma molto efficace invece per un pubblico giovanissimo che vive quasi quotidianamente, nell’ambiguità, la lotta tra volontà interiore di affermazione personale e spinta esterna all’uniformità imposta dalle mode del gruppo di appartenenza. 42 Slide 38 La violenza negli stadi è in primo luogo una violenza di gruppo. Tentare di spiegare il comportamento violento facendo riferimento a logiche disposizionali o caratteriali del singolo non porta lontano: presto si scopre che le persone coinvolte non sono normalmente più violente, più ignoranti, più socialmente disadattate di molte altre. Il gruppo è dunque il livello dimensionale da osservare e , come sostiene G. Lo Verso, va considerato come una “ rete antropologica identificatoria “. Gli ultras hanno gruppi fortemente strutturati, con dei confini ben precisi, nei quali si condividono regole ferree e codici normativi, esiste un leader carismatico, una simbologia condivisa (i colori della squadra), degli elementi di identificazione (cappelli, sciarpe, bandiere…), delle ritualizzazioni simboliche (le coreografie, le ole, i gesti scaramantici..), una storia passata, fatta di gesta eroiche, di cui ogni membro è allo stesso tempo testimone e protagonista, un territorio concreto e simbolico di demarcazione. (Morris, "La tribù del calcio"). Anche l’ingresso stesso nel gruppo ha i suoi riti di iniziazione e delle qualità che il futuro membro deve dimostrare di possedere: solidarietà, affidabilità, coraggio, e una certa virile durezza, se non proprio aggressività, (attributo popolare e prerequisito essenziale di accettazione nelle subculture a prevalenza maschile). Il gruppo ultras ha un alto livello e senso della gerarchia e possiede delle regole di premiazione e sanzione dei comportamenti non scritte, ma profondamente radicate e riconosciute da tutti. 43 SLIDE 39 Un gruppo siffatto produce due dinamiche precise: a) nell’in-group una forte spinta alla deindividuazione (il singolo con la sua individualità si appiattisce al volere del gruppo e la responsabilità morale si diffonde), A. Zamperini (2004) parla di processo di deindividuazione, aggiungendo che in questi contesti a favorire tale processo è l'anonimato. V. Andreoli afferma che “l’individuo perde la propria identità per far parte di un super individuo, che è appunto il gruppo, all'interno del quale la responsabilità dell'individuo si dissolve". All'interno di questo contesto si assiste, però, anche alla costituzione di codici e valori normativi che contraddistinguono gli appartenenti al gruppo rispetto agli estranei, quindi ad un processo di depersonalizzazione, intesa come un abbandono dell' identità individuale verso l'identità del gruppo. b) nell’outgroup una forte spinta a considerare “l’altro” come un estraneo senza significato, e talvolta senza dignità, se è un non tifoso, come un nemico che minaccia la sopravvivenza del gruppo stesso, se è un tifoso di un’altra squadra. l'essere coperto preserva dalle responsabilità personali e produce atteggiamenti di odio e aggressività verso l'altro . Il tifoso si comporterà dunque secondo le aspettative del suo gruppo, facendosi coinvolgere in tutti quegli atti e quelle dimostrazioni che sostengono e validano la sua appartenenza, smettendo prima di tutto di pensare in maniera autonoma. 44 SLIDE 40 Si assiste ad un massiccio uso di generalizzazioni categoriali in termini di giusto/sbagliato, vero/falso, amico/nemico e ad una riconcettualizzione dei significati di valore, onore, difesa, territorio, ingiustizia, giustizia, secondo un’ottica paranoica a senso unico che enfatizza retoricamente la contrapposizione fra “noi” e “loro”. A tale proposito C. Bromberger, nel suo volume "La partita di calcio", sfata molti luoghi comuni sul pubblico degli stadi, dichiarando che non si tratta di masse indifferenziate in preda al delirio, come sosteneva Le Bon in “Psicologia delle folle” ,ma di un gruppo di individui organizzato che esprime e manifesta ciò che lo uniforma all'interno e lo differenzia dall'esterno. L’elemento della contrapposizione, in tale frangente, diviene cruciale perché serve a rafforzare l’identificazione nel gruppo: il senso di appartenenza a un “noi” è rafforzato dalla presenza di un altro gruppo percepito come “loro”, la squadra avversaria. Si vengono così a determinare intensi sentimenti di attaccamento a “gruppi noi” molto definiti e sentimenti di ostilità ugualmente intensi nei confronti di “gruppi loro” altrettanto nettamente definiti. Questi universi psichici e comportamentali sembrano riproporre, fatte ovviamente le debite proporzioni e differenze, le dinamiche psichiche descritte da G. Lo Verso parlando della psiche totalitaria, “fondamentalista” (religiosa, politica, razzista sessuofobia, etc).; infatti "queste logiche dell'appartenenza in cui il noi sovrapersonale predomina sull' io individuale sembrano essere comuni al processo di costruzione dell'identità personale presente nelle culture fondamentaliste. Il quadro psicopatologica di base in questa strutturazione dell'identità psichica satura e saturante è la paranoia ed il modo di intendere la verità/realtà caratterizzata da una dicotomozzazione delle categorie cognitive e affettive; la “comunicazione” è di tipo esclusivamente strumentale: è vero ciò che si pensa sia utile e possa servire alla causa (…) Fondamentalista è chiunque ritenga che l'altro sia a- priori inferiore, nemico.” (G. Lo Coco, G. Lo Verso, 2002; G. Lo Coco, G. Lo Verso, 2003;). SEGUE 45 SEGUE SLIDE 40 La ingente mobilitazione e presenza delle Forze in servizio di ordine pubblico dentro e fuori gli stadi, spesso rappresenta, per questi gruppi un motivo di ulteriore compiacimento per vedersi così osservati e sorvegliati, anche se per una identità negativa attribuita loro dalla Società. Interessante a questo proposito è la ricerca condotta da G. De Leo (2002) dal titolo "Il sistema di convinzioni dei giovani naziskin; aspetti cognitivi e dinamiche di appartenenza gruppale". Nello specifico i risultati hanno evidenziato che i giovani naziskin mostrano una forte e costante tendenza cognitiva verso una rigida dicotomizzazione (vero/falso, giusto/sbagliato, bello/brutto) rispetto a tutti gli oggetti dei loro discorsi e dei loro riferimenti (valori, ambienti, gruppi, persone, politica, ecc.). Mostrano inoltre una precisa caratterizzazione valoriale, enfatica, retorica, sempre contrappositiva, del proprio «Sé», del proprio «Noi», con una decisa e svalutante individuazione della categoria «Loro». Una possibile chiave di lettura per analizzare la fenomenologia della violenza negli stadi, intesa quale possibile trasgressione ai presupposti di base della convivenza, sembra essere fornita dall'interpretazione del modello di R. Carli (2000) che situa la "convivenza" al carrefour di tre componenti che la originano: i sistemi di appartenenza, l'estraneo, e le regole del gioco. Un primo modo di trasgressione è la negazione dell'estraneo, che si configura necessariamente come nemico; ciò comporta l'apprezzamento dei soli sistemi di appartenenza. Un secondo modo di trasgredire è la negazione delle regole del gioco in cui, non esistendo l'estraneo come nemico, si annullano i sistemi di appartenenza e si attaccano le regole del gioco. Situazioni simili sono state riscontrate recentemente in riferimento ad attacchi verso le Forze dell' Ordine oppure verso strutture fuori e dentro lo stadio quando i tifosi avversari sono già andati via. Sono i casi riferibili a cellule autonome di tifosi, ai gruppi quali i naziskin, i CARC , o addirittura i cani sciolti 46 SLIDE 41 La motivazione ad aderire a questi gruppi così strutturati, dove il comportamento da adottare è un vestito bello che pronto da indossare alla bisogna, nasce dal senso fortissimo di identificazione e di appartenenza che questi gruppi forniscono, laddove nella nostra società si riducono le opportunità di integrazione e la dimensione sociale diviene sempre più atomistica. Inoltre per molti, in certi contesti geografici e culturali, il gruppo di tifosi è una delle poche se non l'unica possibilità di identificazione collettiva rimasta, eldorado di gratificazione e appagamento dei bisogni di affiliazione per adolescenti in cerca di sè stessi o per individui appartenenti a classi sociali svantaggiate o a realtà di precaria realizzazione personale. Far parte di un gruppo organizzato dà modo al tifoso di partecipare ad un mondo che lo valorizza conferendogli la possibilità di accedere ad un'identità che va oltre l'identità del singolo, e per ottenere questo il giovane tifoso si deve impegnare a condividere con il suo gruppo tutte le rappresentazioni che accentuano sia le somiglianze interne (identificazione/integrazione), che le differenze esterne (differenziazione/opposizione). Chi entra nel ruolo di tifoso ultrà trova un’identità già predisposta con il suo corredo di norme, valori, sanzioni, credenze, ragioni e modelli d’azione. Per cui il giovane tifoso preso entro la rete dei suoi bisogni di affiliazione e significazione, dovendo scegliere un abito di comportamento, farà sue quelle immagini e quelle regole condivise attraverso cui potrà essere confermato dagli altri. Il gruppo ultras soddisfa infine i bisogni di autostima e narcisismo dei suoi membri nel momento in cui non si considera solo supporto di una squadra o mero “pubblico” partecipante, ma attore principale, protagonista nel bene e nel male del grande e spettacolarizzato evento che il calcio è diventato. 47 SLIDE 42 La già complessa fisionomia delle motivazioni e delle ambizioni dei gruppi ultras viene ulteriormente complessificata quando nell’arena dell’ingroup/outgroup, oltre alla dimensione sportiva, si aggiungono dimensioni politiche, culturali, religiose, economiche. Al risultato calcistico vengono conferiti simbolicamente significati ulteriori di rivalsa, vendetta, recupero dell’onore, lezioni di superiorità, polemizzazioni, rancori storici ecc. che pescano dentro a rivalità e contrasti che non hanno niente a che vedere con le squadre e lo sport. Gli esempi sono innumerevoli. In Spagna il Barcellona incarna l'autonomismo catalano, contrapposto al centralismo castigliano del Real Madrid, inoltre l’Atletico Bilbao, squadra composta soltanto di giocatori baschi, simbolizza le rivendicazioni del movimento separatista delle province basche. In Italia e in Francia, Palermo, Lecce, Reggina e Olympique Marsiglia rappresentano l'ansia di riscatto del Sud arretrato rispetto all'arroganza settentrionale. A Glasgow, in Scozia, va in scena la sfida tra l'orgoglio protestante dei Rangers e la grinta del Celtic, squadra dei cattolici e degli immigrati di origine irlandese. E non dimentichiamo che i gravi incidenti avvenuti in occasione di un match tra i croati della Dinamo Zagabria e i serbi della Stella Rossa Belgrado furono la prima palese avvisaglia della tragedia che stava per sconvolgere la Jugoslavia. 48 SLIDE 43 Il fatto di presupporre che, se prima della gara (momento in cui abbiamo visto emergere maggiore conflittualità con l’avversario o con le forze dell’ordine, comunque con gruppi “altro da se”) si sconfigge il “nemico”, allora anche la propria squadra vincerà, è un esempio di “accoppiamento”, una rappresentazione cognitiva che permette di pensare che, pur arrampicarsi sugli specchi, una propria azione è la soluzione per il successo dell’azione di altri (per questo si può definire di tipo “messianico”). 49 SLIDE 44 Questo tipo di pensiero presuppone in primo luogo l’esistenza di un nemico da sconfiggere (meglio se con un’azione eroica: l’individuazione di se avviene attraverso la “morte” dell’altro, come in tutte le favole, l’eroe deve sconfiggere il drago). Ma questo comporta un pensiero oppositivo: un primo modo di trasgressione è la negazione dell'estraneo, che si configura necessariamente come nemico; ciò comporta l'apprezzamento dei soli sistemi di appartenenza. Un secondo modo di trasgredire è la negazione delle regole del gioco in cui, non esistendo l'estraneo come nemico, si annullano i sistemi di appartenenza e si attaccano le regole del gioco. Situazioni simili sono state riscontrate recentemente in riferimento ad attacchi verso le Forze dell' Ordine oppure verso strutture fuori e dentro lo stadio quando i tifosi avversari sono già andati via. Sono i casi riferibili a cellule autonome di tifosi, ai gruppi quali i naziskin, i CARC , o addirittura i cani sciolti 50 SLIDE 45 Questo modo di pensare è di fatto basato necessariamente sulla convinzione che qualcosa di esterno sia in grado di soddisfare i bisogni individuali (appartenenza, individuazione, narcisismo). Ovvero, come nel meccanismo psicologico dell’”accoppiamento”, si attribuisce valore “causa-effetto” alle proprie azioni, ma in questo caso il meccanismo è quello “più egoistico” di ottenerne un beneficio personale. Il passaggio motivazionale tra i due meccanismi è quello di “fare qualcosa” per gli “altri” (la propria squadra, il proprio gruppo) al fare solo per se stessi. Ovviamente questo meccanismo è ancora più inconscio del precedente. 51 SLIDE 46 In tempi recenti si è assistito alla nascita di cellule autonome che, seppure agiscono nella curva degli ultrà, non si identificano nelle regole del gruppo; sono soprattutto formazioni autonome di matrice neo nazista che fondano l'appartenenza al proprio gruppo identificandosi nella comunanza di atteggiamenti violenti, xenofobi e di intolleranza razziale; ma si registrano gruppi di tifoserie violente anche di matrice ideologica di sinistra come i CARC. Alcuni di questi gruppi, che si dichiarano esplicitamente di estrema destra, esercitano una pericolosa attrazione cercando apertamente lo scontro fisico con azioni tipicamente militari. E' la nuova generazione degli ultras, con un' età media tra i 13 e i 35 anni, che si identifica negli skinhead di estrema destra, o naziskin , che introduce abiti militari, simbologie e ideologie razziali e antisemite nel loro credo. I naziskin, decisamente politicizzati e pronti a uccidere per la "giusta" causa, razzisti e antisemiti, esasperatamente nazionalisti, hanno sovente fatto da "soldati" per movimenti più o meno organizzati di estrema destra, vicini al ku klux klan oppure ai neo con più estremi negli Usa, e a gruppi neonazisti nel resto del mondo. La passione per il calcio e il tifo violento si è affiancata alla preparazione atletica in discipline di combattimento quali la thai - boxe e il full - contact. Anche se non portata agli estremi, questo “vestire i panni di …” è riscontrabile anche nel merchandising collegato all’appartenenza ai gruppi ultrà dove l’abbigliamento deve esprimere forza se non violenza (la pecora che compra, da uno squalo, la maglietta da lupo, nella vignetta scelta). 52 SLIDE 47 Vediamo ora l’impatto mediatico del fenomeno della violenza sui gruppi violenti 53 SLIDE 48 Leggere la slide (empowerment = rafforzamento) 54 SLIDE 49 Il modello di tifo che vogliamo costruire è quello che permette all’individuo di “scegliere” non solo da che parte stare, ma anche di “modellare” il mondo del tifo secondo la propria creatività individuale. L’aggressività che da “piccoli” porta a rompere i giocattoli che non ci piacciono o che “non fanno quello che vogliamo”, da “grandi” è auspicabile che sia un propellente per “realizzare” un progetto costruttivo, a breve, medio, lungo termine, a seconda le attitudini di ognuno di noi e la tolleranza alle frustrazioni, per permettere alla realtà e soprattutto noi stessi di assomigliare il più possibile alle nostre stesse aspettative ed ambizioni. TRASMETTERE IL FILMATO FINALE 55 SLIDE 50 Tenere la slide attiva mentre si saluta e si ringrazia fino a completo svuotamento dell’aula. 56