Confederazione Mondiale degli Exallievi di Don Bosco
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Confederazione Mondiale degli Exallievi di Don Bosco
Confederazione Mondiale degli Exallievi di Don Bosco Itinerario formativo 2009-2016 Destinatari I Delegati salesiani e gli Exallievi di Don Bosco Facilitatore Don José Pastor Ramírez Fernández Delegato Mondiale Roma, 24 giugno 2016 2 Agli Exallievi e alle Exallieve che hanno deciso di vivere l’appartenenza come “una scelta, una missione” o “un progetto di vita”, l’Associazione garantisce un itinerario di formazione istituzionale e al tempo stesso personalizzato (Statuto art. 4, a). 3 4 Introduzione Diceva il filosofo ed educatore americano, Mortimer J. Adler, che “lo scopo dell’apprendimento è la crescita, e la nostra mente, a differenza del nostro corpo, può continuare a crescere fintanto che continuiamo a vivere”. Dunque la vita è un processo di conoscenza. “Vivere è imparare”. La Confederazione mondiale degli Exallievi di Don Bosco consapevole di tale verità, cerca che i suoi membri vengano formati in modo di assicurare una solida identità e una fruttuosa missione. Infatti, “a coloro i quali hanno deciso di vivere l’appartenenza come ‘una scelta, una missione’ o ‘un progetto di vita’, l’Associazione garantisce un itinerario di formazione istituzionale e al tempo stesso personalizzato”. Nell’Associazione la formazione è un compito assegnato al Delegato salesiano, ma soprattutto a ogni exallievo. Il nuovo Statuto della Confederazione Mondiale vedendo l’importanza che ogni Unione locale abbia una équipe formativa qualificata si è aperta a confidare tale compito a membri competenti della Famiglia Salesiana: “L’Associazione, per portare avanti gli itinerari formativi degli associati, prenderà in considerazione i membri qualificati della Famiglia Salesiana”1. Questo senza togliere “all’Ispettore salesiano, padre spirituale della Famiglia Salesiana nell’Ispettoria, [il compito della] nomina [del]la persona o [del]le persone responsabili della formazione e dell’accompagnamento spirituale degli Exallievi a livello locale e ispettoriale nella propria Ispettoria”2. Il presente itinerario formativo è stato concepito e realizzato dal Delegato Mondiale, don José Pastor Ramirez, avendo sempre l’appoggio affettivo ed effettivo degli exallievi, della Presidenza e della Giunta Esecutiva Mondiale. Il progetto formativo è composto da 31temi, raggruppati in 10 moduli tematici. Si è ritenuto opportuno riportare il Piano Strategico 2015-2021 per indicare che non esiste rottura tra passato, presente e futuro. Si dovrebbe elaborare un nuovo itinerario formativo per rispondere a quanto indicato nell’attuale Piano. Quindi occorre la consapevolezza che “il futuro inizia oggi, non domani.” Nel concepirlo si è partiti dal criterio che non è sufficiente formare o accompagnare spiritualmente, occorre possedere un piano, un itinerario ben organizzato e progettato. Se bramiamo diventare quello che vogliamo fare e fare quello che vogliamo diventare, allora conviene avere una progettazione. Nel programma, per la loro significatività, si sono inclusi due temi: uno del Rettor Maggiore emerito, don Pascual Chávez: “L’Ex-allievo di Don Bosco e l’impegno oggi nella Società e nella Chiesa” e l’altro di don Jesús Graciliano González: “El Antiguo Alumno en la mente de Don Bosco y de Don Rinaldi. Proyección en el momento actual”. Il presente volume si propone tra altro di: 1 Statuto della Confederazione Mondiale degli Exallievi ed Exallieve di Don Bosco, Roma, 5 dicembre 2016, art. 4, c. 2 Statuto art. 4, b. 5 a) Presentare in forma ordinata la tematica formativa offerta agli Exallievi e ai Delegati salesiani negli ultimi otto anni circa. b) Riempire un vuoto di sussidi formativi nell’Associazione degli Exallievi. c) Offrire a chi lo volesse un sussidio utile per la formazione permanente. d) Orientare il nuovo Delegato Mondiale in modo che sappia cosa si è fatto finora e cosa converrebbe ancora fare. e) Contribuire alla memoria storica dell’Associazione, offrendo un contributo all’archivio documentario centrale degli Exallievi. I documenti sono stati tradotti in diverse lingue: italiano un 97%, spagnolo un 90%, inglese un 45%, in portoghese un 30% e in francese un 5%. Si è deciso di presentare i temi dell’itinerario in italiano perché è la lingua ufficiale della Confederazione Mondiale. Inoltre tutti gli originali sono stati scritti in italiano. Si è deciso di presentare l’itinerario formativo il 24 giugno per il significato che ha la data per gli Exallievi di Don Bosco: è il giorno dell’exallievio a livello mondiale. Inoltre desideriamo insieme a tutti i delegati salesiani e agli exallievi del mondo di presentare questo dono a Don Bosco nelle mani del suo successo, il Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime. Un ringraziamento di cuore agli Ispettori, ai delegati salesiani e agli exallievi che hanno creduto è credono nell’Associazione e investono il loro tempo e le loro energie nell’accompagnamento e nella formazione del gruppo più numeroso della Famiglia Salesiana. 6 Caratteristiche generali dell’itinerario formativo 1. Destinatari dell’itinerario formativo: gli Exallievi di Don Bosco (giovani e adulti) e i Delegati salesiani 2. Creatore e facilitatore dell’itinerario: il Delegato Mondiale 3. Durata dell’itinerario formativo: 2009-2016 4. Lingue di presentazione dell’itinerario: inglese, italiano, portoghese e spagnolo. 5. Scenari di presentazione dell’Itinerario a) b) c) d) Raduni della Presidenza Confederale Mondiale Raduni della Giunta Esecutiva Confederale Mondiale Congressi Ispettoriale, regionali e mondiali degli Exallievi Scuole di leaders: America (Interamerica, Cono sud), Europa, Asia (Timor Est). 6. Obiettivi dell’itinerario formativo: Rafforzare e promuovere: a) La conoscenza di Don Bosco come educatore, fondatore e padre spirituale. b) Il senso d’appartenenza alla Famiglia Salesiana e all’Associazione. c) L’identità e la missione degli Exallievi nella Famiglia Salesiana, nella Chiesa e nella società. d) L’impegno sociale politico, economico e religioso degli Exallievi. e) La conoscenza dell’Associazione dentro e fuori di essa. f) La pratica dei valori umani e cristiani. g) La leadership degli Exallievi nell’Associazione e nel mondo. h) La comunione e la fraternità tra gli Exallievi. 7. Metodologia La metodologia adoperata è stata coinvolgente, si è cercato di sollecitare la partecipazione attiva dei membri; pertanto lo sviluppo del progetto è avvenuto mediante la ricerca-azione e ha favorito il lavoro di gruppo e l’intervento di laboratorio. 8. Temi dell’itinerario a) b) c) d) e) f) g) h) i) j) Famiglia Salesiana Bon Bosco e gli Exallievi Lo Statuto della Confederazione Mondiale Presidenti e Delegati degli Exallievi Identità degli Exallievi Missione degli Exallievi La Dottrina sociale della Chiesa e gli Exallievi Gli Exallievi e i valori umani e cristiani Exallievi e leadershp L’Associazione, presente e futuro 7 9. Verifica Al termine di ogni incontro veniva fatta la verifica della metodologia, dei contenuti, degli obiettivi e della capacità comunicativa del facilitatore: i contenuti sono stati chiari, profondi e rispondevano alle aspettative dei partecipanti. La metodologia è risultata interessante e coinvolgente; gli obiettivi si sono raggiunti al 90%; Il facilitatore si è espresso con chiarezza, avendo presente il ritmo di apprendimento del gruppo. Nell’effettuare l’itinerario si sono verificati alcuni limiti: il tempo non sempre sufficiente per affrontare le diverse tematiche con serenità; l’eccessivo numero di persone non favoriva la partecipazione di tutti; in certe regioni le diversità delle lingue non favoriva la comprensione di tutti allo stesso livello. Le traduzioni sono state un limite non sempre facile da superare. 8 Famiglia Salesiana Ser familia: modalidad de actuación de la misión de Don Bosco Acompañamiento de la Familia carismática de don Bosco Tarea ineludible de la Familia Salesiana: Comunión en la misión y por la misión “Gli Exallievi fanno parte [della Famiglia Salesiana] per l’educazione ricevuta. La loro appartenenza diviene più stretta quando si impegnano a partecipare alla missione salesiana nel mondo” (Costituzioni della Società di San Francesco di Sales, art. 5). L’Associazione incrementa la comunione attiva con gli altri gruppi della Famiglia Salesiana partecipando alla creazione e al funzionamento di strutture che facilitino l’accoglienza reciproca, il dialogo, la collaborazione di lavoro e l’interazione dei diversi gruppi. Partecipa alla Consulta Mondiale e alle Giornate di Spiritualità (Statuto art. 12, a). 9 10 Ser familia: modalidad de actuación de la misión de Don Bosco El tema que nos ocupa, “Ser familia: modalidad de actuación de la misión de Don Bosco”, busca entre otras cosas: mostrar que la realidad familiar que vivió Don Bosco y que se vive hoy no es muy diferente; que la Familia Salesiana, al igual que el Padre de la juventud creó un hábitat para asegurar el crecimiento holístico de la persona del educando, asume el compromiso de continuar su proyecto: formar “buenos cristianos y honrados ciudadanos”. La pregunta de quién es esa Familia Salesiana no se puede pasar desapercibida. A la Familia espiritual de Don Bosco se le plantean metas muy importantes. La magia de la Familia Salesiana en el logro de tales metas radica en la unidad, la comunión y la autonomía de sus grupos. La comunión como criterio de vida hace de la Familia Salesiana una entidad fuerte con la posibilidad de llegar a muchos en todo el mundo. La red de la Familia Salesiana está liderada por el gran “patriarca” Don Bosco. Él legó a su familia una espiritualidad, una pedagogía y un estilo de intervención educativa que es patrimonio de la sociedad y de la Iglesia. Por tal motivo, su familia está en la obligación moral de promover su espiritualidad, su estilo educativo y su concepto de familia. Las redes sociales constituyen una oportunidad para alcanzar tales fines. 1. La familia hoy, en la historia personal de don Bosco y en el Oratorio En la primera parte del tema se presentan algunos aspectos que hacen referencia a la compleja situación de la familia hoy. Luego se intenta un acercamiento a lo que pudo ser la realidad familiar de Don Bosco. Por último, se presenta su proyecto de familia en el Oratorio de Valdocco para los sin familia. Desde el inicio se pretende mostrar que la familia siempre ha sido una realidad compleja sometida a amenazas de todo tipo. Es en ella donde crecen y se hacen los hombres y las mujeres, física, espiritual, emocional y psicológicamente sanos. Se ha de reconocer también que si la familia no está fundamentada en la sanidad puede generar importantes patologías en sus miembros. Don Bosco al asegurar un ambiente de familia en su Oratorio reconoció el derecho que posee toda persona a ser reconocida en su dignidad y derechos. El Oratorio de Valdocco era un generador de personalidades sanas y equilibradas. a) La familia una realidad compleja La familia se sitúa dentro del sistema socio-económico de la sociedad y es considerada como un grupo de personas relacionadas por la herencia; se distingue fácilmente porque está constituido por: padres, hijos y sus descendientes. Aunque también puede incluir los vínculos y las relaciones de parentesco, así como los roles que se desempeñan. Cuando hablamos de la familia no nos referimos solo a la familia nuclear, sino más bien, a un conjunto de maneras de concebir a la familia desde nuevas estructuras: familia nuclear, familias extensas, familias monoparentales, familias acordeón, familias ensaladas, familias de tres generaciones, familias cambiantes, familias huéspedes, familias con un fantasma, etc. 11 La familia se constituye no solo desde la vida humana, desde el aspecto biológico, sino también desde relaciones de afinidad y amistad; conlleva valores y creencias, es una configuración social de jerarquías, vínculos, toma de decisiones, actitudes, conductas, formas de asumir las situaciones y dinámicas que con el tiempo van dando identidad y particularidad a la familia dentro de un sistema social. Es la familia, unidad vivencial, la que determina los aspectos experimentales y vínculos primarios de cada ser humano; es el medio natural donde las personas aprenden a relacionarse, a vincularse en los diferentes grupos y espacios que desde la misma familia se van creando y sobre todo donde el proyecto de vida está acompañado y guiado por los demás. Por lo tanto, la familia sana permite el desarrollo integral de sus miembros, es la forma de hacer las cosas, la forma de creer en los valores y principios, lo que hace que una familia sea distinta a otra, siendo generalmente parecidas en su estructura. La familia es un sistema generador de lazos de parentesco e identidad, está regida por valores, normas, comunicación e interacción, es un derecho del ser humano. En la familia se da una correlación entre el medio y cada miembro del hogar o del grupo al que se pertenece, es una forma de desarrollarse, de habitar y formar relaciones enmarcadas en un ciclo vital3. Tengo la firme convicción de que la familia no es una creación humana sino divina. Es Dios mismo quien ha querido la familia haciendo nacer a su Hijo en una familia como las nuestras. A la familia de Nazaret la Iglesia se dirige para encomendar a las familias en su realidad concreta de alegría, esperanza y dolor. La familia juega un papel de “signo eficaz de la existencia del amor de Dios”, “santuario del amor y de la vida”. El valor formativo del amor que se vive en familia, no sólo es para los hijos, sino para todos sus miembros. La familia es “escuela de amor”, “escuela de comunión”, “escuela de relaciones”, el lugar privilegiado donde se aprende a construir relaciones significativas, que ayuden al desarrollo de la persona hasta llegar a la capacidad de entregarse. La familia es la “primera escuela de humanidad” y en esto se ha de considera insustituible. Se ha de reconocer que la familia afronta diariamente un sinnúmero de pruebas y dificultades. Ser una familia cristiana no garantiza automáticamente la inmunidad a crisis incluso profundas, aunque al pasar por ellas la familia se consolida, llegando así a reconocer su vocación originaria en el designio de Dios, con el sostén de la acción pastoral. La familia es una realidad ya “dada” y asegurada por Jesús, y al mismo tiempo es una realidad que hay que “construir” cada día con paciencia, comprensión y amor. La familia es un don, pero también una tarea. Se ha de reconocer también que al interno de la familia existen situaciones críticas, tales como la dificultad de relación y comunicación, fragmentación y disgregación, violencia y abuso, dependencias; existen también grandes presiones externas: la actividad laboral, el fenómeno migratorio, la pobreza y la lucha por la subsistencia, el consumismo e individualismo; existen también situaciones particulares: el impacto de las guerras, disparidad de culto, enfermedades graves, etc. La familia hoy no pierde peso, sino que gana importancia para asegurar hombres y mujeres emocional, espiritual y físicamente sanos. La familia ha de constituirse en una responsabilidad 3 T. Garcia, Usos y acepciones del concepto familia: Entre el texto y la realidad, en: Revista Facultad de trabajo social, Vol. 29, enero-diciembre 2013, Medellín, Colombia, pp. 49-64. 12 de todos. No logro imaginarme una sociedad sana sin el soporte estructural y básico de la familia. b) Pinceladas sobre realidad familiar de Don Bosco San Juan Bosco creció en una familia monoparental y de tres generaciones. La familia monoparental es la constituida por un sólo padre o cabeza de familia. Por lo general se trata de madres que han quedado solas al cuidado de sus hijos tras divorcio o la muerte del padre. En las familias de tres generaciones existe una organización de apoyo: se ayudan, los abuelos siguen ayudando a la economía familiar, los abuelos se tienden a sentir importantes, en caso contrario se sentirán rechazados, inútiles. En Europa actualmente, o al menos en Italia que es la realidad que mejor conozco, la crisis económica está incrementando este tipo de familia. Sin lugar a dudas, no es lo mismo quien constituye una familia monoparental como proyecto de vida, que quien en una segunda instancia, acaba a la cabeza de una familia monoparental, como consecuencia de los avatares de la vida, tales como el divorcio, la viudez o la ruptura de pareja. No se puede afirmar categóricamente que la ausencia de uno de los progenitores sea un problema en sí mismo. La realidad es que los hijos de familias monoparentales quedan marcados tanto emocional como psicológicamente. No entramos en los posibles traumas que se generan tanto para la madre como para los hijos porque no es el caso. Sin lugar a dudas que la familia que ofrece mayores beneficios a sus miembros es la nuclear. El hecho de que Don Bosco creciera en una familia monoparental no fue impedimento para que asimilara el valor que constituye esta para los hijos. Las posibles experiencias traumáticas vividas en la familia de origen pudieron haber reforzado en él la convicción de que debía ofrecer a los jóvenes un cuidado especial, dedicando su vida a ellos y ofreciendo en el Oratorio un clima o un ambiente de familia que favoreciera en ellos el desarrollo de todas las dimensiones de su personalidad. Por esa razón quiso hacer del Oratorio “una casa que acoge, [una] parroquia que evangeliza, [una] escuela que encamina hacia la vida, y [un] patio donde encontrarse como amigos y pasarla bien”4. Sin lugar a dudas, es en el ambiente familiar donde se desarrolla y crece en el niño y el adolescente la apertura y sensibilidad por el absoluto, el concepto de Dios5. La experiencia de “sentirse en casa” suscita un ambiente rico de confianza y familiaridad. Cada joven lleva escrito en el propio corazón el deseo de Dios, el deseo de una vida plena. Es en la familia donde cada joven desarrolla sus capacidades y actitudes fundamentales para la vida. Cada casa salesiana es una escuela donde el educador debe buscar y encontrar el punto accesible al bien de cada joven. La experiencia del “patio” es propia de un ambiente espontáneo, en el que se crean y se estrechan relaciones de amistad y de confianza. Es el lugar apropiado para la atención personalizada, el lugar donde la relación educador-joven supera el formalismo propio de otras estructuras, ambientes y roles6. Don Bosco fue consciente de la importancia de la familia para el sano crecimiento de los chicos y decide reproducir ese estilo en sus ambientes de acogida a los jóvenes. Llamará espíritu de 4 Constituciones y Reglamentos generales de los salesianos de don Bosco, CCS, Madrid 1985, art. 40. A. Vergote y A. Tamayo, Las figuras parentales y la representación de Dios: un estudio psicológico y transcultural, Leuven – The Hague, 1980. 6 M. A. García Morcuende, Estad siempre alegres, Narcea, Madrid 2015. 5 13 familia al clima que se respire en sus casas. Se caracterizará por la atención a los jóvenes, a sus actitudes, a los valores de los que es portador, haciendo vibrar las cuerdas del corazón con la delicadeza, “la mansedumbre y la caridad”, evitando toda forma de represión y de violencia. Es un ambiente donde se experimenta la armonía entre espontaneidad y disciplina, familiaridad y respeto de las normas, alegría y responsabilidad, libertad y deber. En tal ambiente los jóvenes se encuentran en las mejores condiciones para desarrollar sus capacidades relacionales, expresivas y creativas, el espíritu de solidaridad de preocuparse los unos por los otros. La educación, de hecho, es obre de expresión y orientación hacia la forma de convivir, vivir juntos, reconociendo y valorando la diversidad. c) Valdocco una familia para los sin familia El Oratorio de Valdocco, la “tierra santa” de la Familia Salesiana, desde sus inicios fue una realidad comunitaria, iniciada y conducida en interacción entre el Fundador y sus colaboradores7. Mamá Margarita durante el decenio 1846-1856, fue la principal compañera y colaboradora de Don Bosco, compartiendo con él “pan, trabajo, fatigas, preocupaciones y misión juvenil” 8. Ella fue a Valdocco para asistir al hijo que había pasado por un momento difícil de salud y se encontraba solo. Además, la presencia de la madre junto al hijo era también un modo para protegerlo de personas, grupos e instituciones mal intencionado. Con el tiempo ella se fue convirtiendo en una verdadera mamá para los chicos del internado y del oratorio. Entre los colaboradores se destaca un grupo consistente de mujeres. Mamá Margarita no fue, ciertamente, la única colaboradora de Don Bosco en el Oratorio; "otras madres vivieron en Valdocco, dejando siempre la huella familiar que necesariamente provenía de su naturaleza y de su experiencia". Cuando murió Mamá Margarita, Mariana, su hermana mayor, permaneció en el Oratorio todavía casi un año, hasta su muerte. Luego "se estableció en el Oratorio la mamá de Don Rua, ayudada por la madre del clérigo Bellia, por la del canónigo Gastaldi y por otras. Vivió en el Oratorio también Mariana Magone, madre del conocido alumno de Don Bosco"9. Después de la muerte de ella, en 1872, desaparece la presencia y el influjo de las mamás en el Oratorio10. A Mamá Margarita hay que atribuir el mérito de haber sembrado en Don Bosco los gérmenes del célebre trinomio: razón, religión, cariño, que ella vivió sencillamente en su calma, afabilidad y autoridad. La divina Providencia le concedió la gracia de ser una educadora “salesiana”, animada de un amor preventivo que sabía comprender, exigir, corregir, esperar y sonreír. Ella era una mujer de gran fortaleza, una educadora nata, una catequista eficaz. En aquellos días, en el Oratorio se vivía una vida de familia, escasa de recursos y llena de sueños; con frecuencia Don Bosco debía salir de casa. Mamá Margarita lo sustituía en la asistencia a los muchachos, además de atender a los trabajos domésticos ordinarios. Son pequeños detalles ciertamente, pero que tuvieron su peso en muchos aspectos de la vida de Don Bosco y de los jóvenes, y que nos ayudan a ver concretamente la `familia´ del Oratorio”11. 7 P. Braido, Prevenir no reprimir. El sistema educativo de Don Bosco, CCS, Madrid 2001, Cap. 8. P. Braido, Don Bosco, prete dei giovani nel secolo delle libertà, Vol. I, LAS, Roma 2003, p. 213. 9 Cfr. P. Stella, Don Bosco nella Storia della Religiosità Cattolica, Vol I: Vita e Opere, Las, Roma 1997, p. 115. 10 Cfr. P. Stella, Don Bosco nella Storia della Religiosità Cattolica, p. 115. 11 P. Stella, Prevenir, no reprimir. El sistema educativo de Do Bosco, CCS, Madrid, Capítulo VIII. Cfr. J. M. Prellezo, “Don Bosco, fundador de comunidad. Aproximación a la comunidad de Valdocco”: Cuadernos de formación Permanente 7 (2001), p. 166. 8 14 En una ocasión don E. Viganò hizo notar con énfasis el influjo de la presencia maternal de Mamá Margarita en Valdocco, y su aportación para hacer “familiar” el clima del Oratorio. “El heroico traslado a Valdocco de Mamá Margarita sirvió para dar al ambiente de aquellos jóvenes el mismo estilo familiar del que brotó la sustancia del Sistema Preventivo y muchas modalidades tradicionales vinculadas a él. Don Bosco había experimentado que la formación de su personalidad tenía su raíz vital en el extraordinario clima de entrega y bondad (donación de sí) de su familia de I Becchi, y quiso reproducir sus características más significativas en el Oratorio de Valdocco”12. Para nosotros, Familia Salesiana, vivir en familia no es simplemente una opción pastoral estratégica, hoy tan urgente, sino una modalidad de realizar nuestro carisma y un objetivo que privilegia nuestra misión apostólica. Como rasgo carismático característico, nosotros, salesianos y miembros de la Familia Salesiana, vivimos el espíritu de familia; como misión prioritaria compartimos con las familias, que nos confían a sus hijos, el deber de educarlos y evangelizarlos; como opción metodológica educativa, trabajamos recreando en nuestros ambientes el espíritu de familia” 13. Don Bosco se inspiró en el modelo familiar básicamente por cuatro motivos: La estructura familiar crea la pedagogía del ambiente, el “clima relacional forma las personas” y crea la posibilidad de relaciones interpersonales amigables y racionales; la psicología de los jóvenes abandonados y necesitados requiere de relaciones familiares; la Iglesia tiene un fuerte componente comunitario: es la familia de los hijos de Dios; la familia en su época y actualmente está pasando por una profunda crisis institucional. Según Don Bosco el principio de familia es la clave interpretativa de la estructura y del estilo de vida, de convivencia en Valdocco y forma una unidad con su método educativo. La misión salesiana es comunitaria por naturaleza, es confiada a una comunidad, no a una persona y por esa razón el sistema preventivo el espíritu de familia. El ambiente educativo es creado por toda la familia constituida por los educadores y por los jóvenes. Pero quien da a esta obra colectiva la forma, la orientación unitaria y orgánica y sobre todo el alma, el “espíritu” y quien traduce la pedagogía ambiental en pedagogía personal, en pedagogía del tú a tú, es el Director, totalmente dedicado a una tarea prevalentemente educativa, más que administrativa y directiva 14. Por supuesto, Valdocco no es una familia nacida de la “carne y de la sangre”, sino del Espíritu Santo que impulsa a actuar en comunión. 2. ¿Quién es la Familia Salesiana? Se ha creído oportuno considerar brevemente el significado y la fuerza que posee el concepto “familia” en la grande Familia Salesiana. Aun siendo treinta los grupos de la Familia Salesiana, su unidad no está comprometida. Ella expresa su unidad en la apostolicidad, la catolicidad y la santidad. Este último es el motor que lo impulsa todo. La unidad que se promueve al interno de los grupos de la Familia Salesiana y de estos entre ellos ha de asegurar siempre la autonomía. En la Familia Salesiana existe la convicción de que en la medida que se favorece la interacción de sus grupos se refuerza la identidad y la misión. El resultado visible de todo ello es un movimiento de personas cuyo único objetivo es la salvación de los jóvenes y la propia. 12 E. Viganò, En el año de la familia. ACG 349, junio 1994, p. 7. P. Chávez, Famiglia, culla della vita e dell’amore e luogo primario di umanizzazione, Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice – Roma, 2006, p. 14. 14 P. Braido, Prevenir no reprimir, p. 345. 13 15 a) El término “familia” en la Familia Salesiana El Sistema preventivo favorece que “el estilo de familia se convierta metodológicamente en estructura, es decir, en una determinada organización de relaciones entre cuantos la componen: el director con sus colaboradores y los alumnos; y éstos con los “superiores”, educativamente padres, hermanos, amigos”15. La Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco considera el concepto de familia ofreciendo matizaciones importantes para una mejor compresión del término. El vínculo que se crea no se puede confundir con una simple simpatía genérica sino que tiene un peso institucional. El sentido de pertenencia a la Familia Salesiana se nutre de la comunión. La “unidad se alimenta de la consagración bautismal común que inserta a todos en el Misterio trinitario y en la comunión de la Iglesia”16. El término familia describe el vínculo que une a los varios grupos, aunque con intensidades diversas. No es una simple afinidad o simpatía genérica, sino la expresión institucional de la comunión interior, carismática y espiritual; ayuda por eso a precisar los diferentes niveles de pertenencia a la Familia Salesiana. Esa pertenencia se nutre de un espíritu común que cimenta la misión inspirada en el carisma de Don Bosco, aun respetando las características propias y originales de cada grupo. Esto exige un sabio discernimiento, que puede llevar al reconocimiento oficial. Los títulos de pertenencia de los grupos a la Familia Salesiana pueden variar de acuerdo al origen de su nacimiento. Cuatro de ellos fueron fundados directamente por Don Bosco. Otros son el resultado de la fuerza creativa de intrépidos los hijos de Don Bosco. Otros por el contrario son el resultado del impacto positivo que genera en el ámbito social y eclesial la figura de Don Bosco. No significa que unos grupos son más importantes que otros. Si así fuera no sería posible la unidad y la comunión entre ellos. Hay niveles de responsabilidades diversas. Por ejemplo, los salesianos tienen una responsabilidad carismática ante los grupos de la Familia Salesiana que no puede ni debe ser relegada ni delegada. Ninguno de nosotros es más importante que el resto de nosotros. Son por tanto diferentes los títulos de pertenencia. El primero es el propio de los Salesianos, Hijas de María Auxiliadora, Salesianos Cooperadores y miembros de la Asociación de María Auxiliadora: son los cuatro primeros Grupos constituidos por Don Bosco y herederos directos de su obra. A estos se deben referir y confrontar todos los demás Grupos en lo que se refiere al espíritu, al campo de misión y a la metodología de acción pedagógica y apostólica. Un segundo título de pertenencia es el de los numerosos grupos de vida consagrada, tanto religiosos como seculares, y algunas Asociaciones católicas, surgidas por la fuerza creativa de algunos hijos de Don Bosco. Ellas enriquecen con especiales expresiones carismáticas y espirituales el patrimonio común de la Familia. Un tercer nivel es el constituido por títulos especiales de pertenencia reunidos en el círculo de personas que forman parte del amplio Movimiento Salesiano y encuentran en la Familia Salesiana su núcleo animador. Está formado por los Amigos de Don Bosco, el Movimiento Juvenil Salesiano y, más en general, el Voluntariado Social Salesiano y una amplia presencia 15 16 P. Braido, Prevenir no reprimir, p. 343. Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 4. 16 de educadores, catequistas, adultos profesionales, políticos simpatizantes, colaboradores aunque pertenezcan a diferentes religiones y culturas, que trabajan en los cinco continentes17. b) La Familia Salesiana es UNA Me impresiona positivamente la definición de Familia Salesiana que don J. E. Vecchi formuló en su momento. Dice él parafraseando el artículo 2 de las Constituciones de los salesianos: “Nosotros, Familia Salesiana de don Bosco, somos un conjunto de bautizados, reunidos en grupos distintos y unidos por la común respuesta al Espíritu del Señor, para vivir en la Iglesia una espiritualidad original y realizar un proyecto apostólico para la salvación de la juventud en peligro”18. “En la mente y en el corazón de Don Bosco, la Familia Salesiana es UNA! La unidad original de esta Familia tiene su raíz última en la comunión del espíritu y de la misión al servicio total de la juventud y del pueblo”19. El título jurídico de pertenencia a la Familia Salesiana lo confiere la carta de reconocimiento oficial que el Rector Mayor envía como respuesta a la petición elevada por cada grupo20. Continúa señalando la Carta de la Identidad que “la Familia Salesiana de Don Bosco es una comunidad carismática y espiritual formada por diferentes Grupos, instituidos y reconocidos oficialmente, unidos por relaciones de parentesco espiritual y de afinidad apostólica”21. “La Familia apostólica de Don Bosco es antes de nada y sobre todo una Familia carismática, es decir, un don del Espíritu a la Iglesia con vistas a una misión22; sus raíces más verdaderas y profundas se encuentran, en efecto, en el Misterio Trinitario, o lo que es lo mismo en ese amor infinito que une al Padre, al Hijo y al Espíritu, fuente, modelo y meta de toda familia humana”23. La unidad de la Familia de Don Bosco tiene sus raíces en el Misterio Trinitario. En ella el espíritu de familia no es cuestión de moda o de sentimentalismo, es cuestión de identidad carismática. La Carta de Identidad Carismática al definir la Familia Salesiana resalta cuatro características esenciales: su apostolicidad: asume la misión de la Iglesia como suya, su catolicidad: está abierta a todas las culturas y realidades humanas, la unidad: busca siempre construir la unidad al interno del propio grupo, en la Familia Salesiana y en la Iglesia y la santidad: todo cuanto realiza es para acompañar el proceso de santificación de sus miembros y de sus destinatarios24. La Familia Salesiana es un conjunto de cristianos y de consagrados que, con la originalidad de su carisma y de su espíritu, se ponen al servicio de la misión de la Iglesia, especialmente en el ancho mundo de la juventud, de los ambientes populares, de los pobres y de los pueblos aún no evangelizados. 17 Carta de la Identidad Carismática, 3. J. E. Vecchi, La Familia Salesiana cumple veinticinco años, en: “Actas del Consejo General” LXXVIII (1997) n. 358, p. 18. 19 J. E. Vecchi, La Familia Salesiana cumple veinticinco años, p. 20. 20 Carta de la Identidad Carismática, 3. 21 Carta de la Identidad Carismática, 4. 22 Cf. 1Cor 12,1.4-6. 23 Carta de la Identidad Carismática, 5. 24 Carta de la Identidad Carismática, 6. 18 17 Viviendo en el corazón de la Iglesia y realizando la misión salesiana, pone en evidencia los diferentes dones, integra las vocaciones especiales en el espacio vital de una única Familia espiritual y apostólica, expresa la comunión entre los diversos ministerios, orientados todos al servicio del pueblo de Dios. Presente en las Iglesias locales, favorece la comunión entre ellas y con el Sucesor de Pedro, reviviendo así la devoción al Papa transmitida por Don Bosco. Con la energía de su carisma, Don Bosco unifica, en la armonía de una única familia apostólica, al religioso y al seglar, al casado, al viudo y al célibe y al sacerdote, que de maneras distintas dan testimonio del espíritu de las bienaventuranzas. A nadie le quita su específica espiritualidad sacerdotal, laical o religiosa. El carisma de Don Bosco es una energía superior y global que marca la existencia, asume y jerarquiza, especificándolas y fortaleciéndolas, las diversas espiritualidades25. El hecho de pertenecer a la Familia Salesiana, para compartir entre muchos las mismas riquezas espirituales, no disminuye los valores ni la originalidad de cada grupo. La fraternidad no anula la identidad, la refuerza. Lo mismo ocurre con las situaciones concretas de las personas y su situación eclesial, que se confirman, fortalecen y enriquecen. c) Condiciones para que un grupo pertenezca a la Familia Salesiana Quien admite a pleno título a la Familia Salesiana es el Rector Mayor después de escuchar el parecer de su Consejo. Para un grupo llegar a formar parte de la Familia Salesiana ha de cumplir una serie de condiciones que aseguran que su misión no es contraria a la misión de la Familia de Don Bosco. Los criterios esenciales para ser reconocidos en la Familia Salesiana son: La participación en la “vocación salesiana”: es decir, la comunión, en algún aspecto relevante, de la experiencia humana y carismática de Don Bosco. Él, en efecto, sigue siendo para todos los Grupos, el inspirador originario de un camino especial de discipulado y de apostolado; y como tal, es fuente de inspiración y punto de convergencia. La participación en la misión juvenil y/o popular salesiana. Esto significa que cada grupo, incluye entre sus fines específicos, algún elemento típico de la misión salesiana, aunque vivido en formas y modalidades especiales. La comunión del espíritu, del método educativo y del estilo misionero, es decir del patrimonio espiritual y pedagógico de Don Bosco. La vida evangélica según el espíritu salesiano o, lo que es lo mismo, una vida inspirada en los consejos evangélicos como camino hacia la santidad; esta se concreta tanto en la profesión de los votos propia de la consagración religiosa, como en las diferentes formas de promesa o de compromiso que definen la fisonomía de cada Grupo. Una fraternidad activa que lleve a cada Grupo a unirse y a trabajar en sintonía y sinergia con los otros grupos de la Familia Salesiana26. Cuando un grupo solicita pertenecer a la Familia Salesiana se verifica si reúne tales condiciones; se comprueba que existan elementos suficientes para generar la unidad, la comunión y la 25 26 Carta de la Comunión de la Familia Salesiana, 35. Carta de la Comunión de la Familia Salesiana, 44. 18 fraternidad al interno de la Familia Salesiana; se comprueba que el Sistema Preventivo se aplicará convenientemente y que el estilo educativo de Don Bosco será valorizado y enriqueciendo. En fin, que el carisma del fundador florecerá y producirá nuevos frutos. El grupo mismo debe dar una serie de pasos antes de que el Rector Mayor pueda aprobar definitivamente en la Familia Salesiana: que el Capítulo General del grupo o su correspondiente exprese su voluntad de pertenecer a la Familia Salesiana; formular la petición al Rector Mayor de la Sociedad Salesiana; aceptación del Rector Mayor y su Consejo27. La comunión en la Familia Salesiana es esencial. Afirma el Papa Francisco: “Cuando los miembros pierden la comunión entre ellos y el cuerpo pierde su armonioso funcionamiento y su templanza, se convierten en una orquesta que produce ruido porque sus miembros no colaboran y no viven el espíritu de comunión y de equipo. Cuando el pie dice al brazo: ‘no te necesito’ o la mano dice a la cabeza ‘mando yo’, causa malestar y escándalo”28. d) La autonomía, condición necesaria para crecer en identidad La autonomía (del griego auto, "uno mismo", y nomos, "norma") es, en términos generales, la capacidad de tomar decisiones sin ayuda de otro. Tanto Kant como Stuard Mill coinciden en que la autonomía tiene que ver con la capacidad del individuo de autodeterminarse, ya sea porque por propia voluntad cae en la cuenta de la ley universal (Kant), ya sea porque nada interfiere con su decisión (Mill). Por su parte, Renny Yagosesky, señala que autonomía, es la capacidad y disposición a pensar, elegir y actuar de manera autónoma, sin experimentar ansiedad o culpa. La autonomía se expresa en conductas concretas como realizar actividades de autoatención, visitar lugares sin requerir compulsivamente la presencia de otros, comprar productos o servicios sin esperar aprobación de otros, manejar la soledad adecuadamente si fuese necesario o rechazar una invitación grata pero prescindible. La autodeterminación individual de la que hablan tanto Kant como Stuard Mill puede aplicarse también a la vida de grupo, en nuestro caso a la Familia Salesiana. Según la Carta de Identidad la Familia Salesiana está llamada a vivir la autonomía. “La comunión en y para la misión no prejuzga, sino que aclara y refuerza la autonomía y la originalidad de cada Grupo de la Familia. Los diversos grupos gozan, en efecto, de una autonomía propia, no sólo espiritual, formativa, económica y de gobierno, sino también apostólica, actuando la misión en estructuras propias y según modalidades peculiares. No se trata, en efecto, de imponer la uniformidad de intervención de acción entre todos: esto provocaría la nivelación de las diferencias, generando confusiones e incertidumbres en el trabajo apostólico. Se trata más bien de armonizar la propia intervención en el conjunto de un proyecto compartido por todos”29. 27 M. Midali, La famiglia Salesiana. Identità carismatica e spirituale, LAS, Roma 2010, p. 278. 28 http://es.radiovaticana.va/news/2014/12/22/papa_francisco_alerta_sobre_las_15_%E2%80%9Cenfermedades _curiales%E2%80%9D/1115717 29 Carta de Identidad de la Familia Salesiana, 20. 19 La comunión en la autonomía invita a ser corresponsables en la misión, pero no implica necesariamente corresponsabilidad en cada iniciativa o en cada territorio especial. San Agustín ofrece un criterio que puede iluminar la actuación. Decía él: “En las cosas necesarias, unidad; en las dudosas, la libertad; y en todos, la caridad”. El respeto a la autonomía de cada uno de los grupos de la Familia Salesiana es un imperativo ético-moral y no un favor que podemos o no conceder a cada uno de ellos. La autonomía tampoco puede ser una vía para la destrucción del sentimiento de pertenencia de todos los grupos a la grande Familia de don Bosco. La autonomía no puede, por tanto, convertirse en un vehículo de exacerbación que lleve a cerrarnos, ni mucho menos debe utilizarse como palanca para crear división. Un grupo de la Familia Salesiana es autónomo cuando es capaz de realizar cada día la voluntad de Dios para él que se hace visible en el carisma del propio fundador; cuando es capaz de hacer florecer el carisma del fundador y del grupo de fundación ofreciendo las características personales de sus miembros evitando el adoctrinamiento. Un indicador de poca autonomía en un grupo acontece cuando este no es capaz de enfrentar los propios problemas y culpabiliza a otros de ellos, se lamenta continuamente o asume el perfil del fatalista. Por lo general, el fatalista habla de accidente, de porvenir, de calamidad, de suerte, de bofetada del destino, de golpe de suerte, del destino, de la desgracia, del fracaso, del azar; también habla de acontecimientos irremediables, ineludibles o inevitables; de mala suerte, de malos pasos, de predestinación. Ya lo decía Gandhi: “la fatalidad tiene sus límites. Debemos remitirnos a la suerte únicamente cuando hayamos agotado todos nuestros recursos”. Lamentarse no es un comportamiento típico de una persona o de un grupo autónomo. Solo un grupo que goza de autonomía es capaz de generar la santidad de sus miembros. La autonomía mueve las personas y los grupos a encontrarse con los demás para crecer en identidad. La autonomía es un requisito para la eficacia pastoral en la Iglesia. e) La Familia Salesiana es un movimiento de personas La pasión apostólica de Don Bosco por los jóvenes le impulsó a pensar en un conjunto de fuerzas, de hombres y mujeres, dispuestos a dedicarse en cuerpo y alma a aquella porción de la sociedad tan importante y delicada, pero a veces tan maltratada y sufrida los: niños, adolescentes y jóvenes. Para tal empresa veía la necesidad de involucrar todo tipo de personas: laicos, consagrados, casados, religiosos. La idea de Don Bosco de constituir una Familia carismática fue madurando con el correr del tiempo. Su deseo de llegar a muchos o a todos hizo que se fuera consolidando el proyecto de la Familia Salesiana. Don Bosco “no ha pensado solo en los salesianos, sino que desde siempre ha querido crear “un vasto movimiento de personas que, de diferentes formas, trabajan por la salvación de la juventud”30. A los salesianos los ha pensado como evangelizadores, educadores y animadores de una Familia carismática. Así se expresó – efectivamente – el Capítulo General Especial: “Don Bosco fue inspirado sobrenaturalmente para crear una comunidad de religiosos dentro de la Familia que se inspira en él, con una función específica de fermento animador de la misma misión. Él realizó gradualmente su proyecto, estableciendo ante todo vínculos de amistad con 30 Constituciones de la Sociedad Salesiana, art. 5. 20 sus mejores jóvenes, comprometiéndolos después en una prueba de ejercicio práctico de caridad hacia el prójimo, para llegar después a una promesa y conduciéndolos finalmente a la consagración religiosa mediante los votos. Nacía así la primera comunidad salesiana”31. Uno de los grandes retos que tiene hoy la Familia Salesiana es, entre otras cosas: luchar por la unidad, la visibilidad, la credibilidad y la eficacia del movimiento salesiano, de quien es su núcleo animador. El entendimiento, la comprensión y el afecto recíproco son tres comportamientos que favorecerán el logro de tales retos. La Familia Salesiana es un movimiento, espiritual y apostólico. Como movimiento está en continuo crecimiento porque es una realidad dinámica. Crece en la medida que fortalece cada día su identidad y promueve la cultura vocacional en todos sus miembros y grupos. Sus componentes han de estar convencidos y enamorados de la propia vocación; han de convertirse en promotores vocacionales. La mejor promoción vocacional es el testimonio. Es un movimiento espiritual. Espiritual significa que no somos fruto de la grandeza estratégica de un hombre, Don Bosco, sino que es fruto del Espíritu Santo. La Familia Salesiana ha nacido en la Iglesia para servir a la sociedad, específicamente a “la juventud pobre, abandonada y en peligro”32. Es un movimiento apostólico. La Familia Salesiana es una familia con una misión específica en la Iglesia. Dios a través de Don Bosco la envía no a lograr la auto perfección a través del cultivo de virtudes, sino, a alcanzar la madurez en Cristo a través del ejercicio práctico de la caridad. Para Don Bosco la caridad es un factor fundamental en la vida. Más aún, es lo especifico cristiano. “En esto conocerán todos que sois mis discípulos, si os tenéis amor los unos a los otros”33. La caridad es la carta de identidad de la Familia Salesiana, es lo que hace auténtica la fe. Ella está formada de grupos con un fuerte sentido apostólico y con una inmensa pasión. P. Chávez hablando de la Familia Salesiana como movimiento espiritual apostólico señala: “estoy convencido de que la Familia Salesiana se presentará con credibilidad en la Iglesia y será pastoral, espiritual y vocacionalmente fecunda para los jóvenes, si logra trabajar conjuntamente por ellos, como verdadero Movimiento. No debemos olvidar que el Movimiento se caracteriza por algunas ideas-fuerza y un espíritu común. Más que en un estatuto, es en un espíritu y en una praxis donde se encuentran y convergen los miembros de los diversos grupos de un movimiento. ¡Es una adhesión más vital que formal! Desde esta perspectiva el Movimiento Salesiano es mucho más grande que la Familia Salesiana, porque incluye a los mismos jóvenes, a los padres de nuestros destinatarios, a los colaboradores, a los voluntarios, a los simpatizantes de la obra salesiana, a los bienhechores, también a los no cristianos, como sucede en tantas partes del mundo, especialmente en Asia, pero no sólo. Se trata de personas que participan parcialmente en la misión o en el carisma salesiano. Ellos son los “Amigos de Don Bosco”. Es en el interior de tan gran Movimiento donde se encuentra la Familia Salesiana como su núcleo animador” 34 . Por otra parte, el Rector Mayor, P. Ángel Fernández Artime, en su primer encuentro con la Familia Salesiana en Madrid en el mes de junio del 2014, indicó: “la mayor genialidad de Don 31 XX Capítulo General Especial de la Sociedad Salesiana, 496. Constituciones de la Sociedad Salesiana, art. 26. 33 Jn 14,35. 34 P. Chávez, La Familia Salesiana ayer y hoy. La semilla se ha convertido en un árbol y el árbol en un bosco, en: “Actas del Consejo General”, XC (2009) 403, pp. 21-23. 32 21 Bosco fue la de intuir que, siendo muchos y muy diversos los miembros de su familia, llegaríamos mucho más lejos”. Y para conquistar el querer de Don Bosco ha propuesto algunos retos a todos los grupos: “conocernos, querernos y respetarnos; salir de nuestros propios muros para ser una fuerza viva en la sociedad y en la Iglesia; y, finalmente, redescubrir el valor del laicado pues, se requiere una presencia mucho más viva del laicado en las obras salesianas y en la Iglesia”. Las últimas palabras del Rector Mayor, las dirigió a los salesianos, animando a: “Querer más a la Familia Salesiana, conocerla profundamente y tener las puertas abiertas, en cada casa, a todos los grupos” 35. 3. La vasta red de la Familia Salesiana La comunión vivida al interno de la Familia Salesiana y de sus grupos genera y refuerza la mentalidad de trabajo en red. Lo que permite entre otras cosas: robustece la mentalidad de gestión compartida; reforzar el espíritu común que cimienta la misión inspirada en el carisma de Don Bosco; generar proyectos comunes a favor de la misión juvenil, popular y misionera; favorecer el sentido de pertenencia y de corresponsabilidad con la misma Familia Salesiana, la Iglesia y la sociedad en general; establecer itinerarios comunes de formación, evangelización y catequización; promover la misión de Don Bosco en ambientes no cristianos o aconfesionales; generar adhesión afectiva y efectiva de personas creyentes y no creyentes a la misión de Don Bosco. En fin, trabajar en red no compromete la identidad carismática ni la autonomía de los grupos, sino que más bien las refuerza. La red de la Familia Salesiana se nutre de la experiencia y de los recursos específicos de cada uno de sus grupos. En la red mientras más personas participan mayor es su fuerza (la unión hace la fuerza). Cada aporte se constituye en un valor agregado. En otras palabras, “las fortalezas están en nuestras diferencias, no en nuestras similitudes”. La Familia Salesiana es un sistema que trabaja en red. Su estrategia consiste en caminar juntos para lograr la meta del encuentro con las personas y con Dios. Es decir, cada grupo refuerza la identidad de la Familia Salesiana, pero no sin referencia a la de los otros grupos; entrar a formar parte de un grupo en virtud de una específica vocación, comporta el entrar a formar parte de la entera Familia; sin los otros miembros de un grupo particular no pueden ser ellos mismos. Es decir, cumple con los criterios de un sistema. Para dar estabilidad a la red de la Familia Salesiana se requiere: visión compartida, comunicación sistemática, nuevos estilos de colaboración y de coordinación, compromiso personal e institucional, flexibilidad de las estructuras, confianza. En el trabajo en red la Familia Salesiana está llamada a desarrollar al menos cuatro capacidades esenciales: Capacidad estructural y organizativa, capacidad de liderazgo, capacidad de gestión, capacidad estratégica y colaborativa. Hay que prestar atención a todas estas capacidades e irlas adquiriendo de forma progresiva y poniéndolas en práctica. Unas a otras se implican, potencian y complementan, por lo que 35 J. M. Barrientos, El Rector Mayor en España, en: “Boletín Salesiano Español”, CXXVII (2014) 07, p. 11. 22 conviene irlas desarrollando a la par, con cierta simultaneidad, evitando hacerlo de forma escalonada o consecutiva. El resultado de trabajar en red, además de hacer más fuerte a la Familia Salesiana y de llegar a más personas, es una estupenda oportunidad para promover el espíritu salesiano de familia e impactar positivamente y globalizar el testimonio. 4. Promover el espíritu salesiano de familia Una de las tarea específica de los grupos de la Familia Salesiana y de sus miembros consiste ser familia y en promover el estilo salesiano de familia: en la propia familia, comunidad religiosa, en la comunidad educativo-pastoral. El espíritu salesiano de familia constituye una característica distintiva de nuestra espiritualidad y se expresa de muchos modos: en la escucha incondicional del otro, en la acogida gratuita de las personas, en la presencia animadora del educador entre los jóvenes, en el diálogo y en la comunicación interpersonal e institucional, en la corresponsabilidad respecto de un proyecto educativo compartido. El estilo salesiano de familia permite crecer en el espíritu y en la experiencia de Familia Salesiana al servicio del compromiso educativo y pastoral entre los jóvenes. La Familia Salesiana nos pide de modo especial un compromiso convergente para ofrecer a todo joven una propuesta y un acompañamiento vocacional adecuado y exigente36. Para ello es preciso crecer como Familia por medio de: El buen funcionamiento de la Consulta de la Familia Salesiana. La inserción de los jóvenes en ella. Iniciativas y actividades que lleven a la Familia Salesiana a obrar cada vez más como “movimiento espiritual apostólico”. Para promover el espíritu de familia hemos de proyectar un perfil y una clara imagen de familia, de trabajo en comunión y de respeto de la identidad de cada uno de los grupos. Las redes informáticas constituyen un recurso útil a la hora de promover el estilo de familia de la Familia Salesiana. 5. Familia Salesiana, comunicación y redes sociales: oportunidad y reto Don Bosco dejó en herencia a su Familia espiritual la comunicación social como instrumento de crecimiento personal y comunitario, y al mismo tiempo, como defensa de la fe en los ambientes populares. Él con la buena prensa buscaba proteger a los jóvenes de posible distractores morales y éticos. La red informática es un gran contenedor donde podemos encontrar todo tipo de ofertas. Por tal motivo, es primordial que al hacer uso de ella se cuente con criterios éticos y morales bien definidos para evitar comprometer la propia persona y la institución a la que se pertenece. 36 XXV Capítulo General de la Sociedad de San Francisco de Sales, 41 y 48. 23 En sentido general la red es una oportunidad, un instrumento para acercar los jóvenes al Evangelio, a la Iglesia y por supuesto a la Familia Salesiana y viceversa. La red es un recurso para comunicarse en el “patio digital”. Es un lugar estupendo para compartir con los jóvenes y escucharles como amigos. Permite entre otras cosas: la posibilidad de mantener el contacto con personas que por motivos de tiempo, trabajo o distancia geográfica no podemos encontrar; favorece la socialización entre los jóvenes y de estos con los grupos de la Familia Salesiana; genera movimientos masivos de solidaridad ante una situación de crisis; ofrece contenidos, mensajes y procesos de formación humano-cristiano-salesiano. La Familia Salesiana se beneficia del recurso de la red. Le permite entre otras cosas: reforzar el espíritu común que cimienta la misión inspirada en el carisma de Don Bosco; generar proyectos comunes a favor de la misión juvenil, popular y misionera; favorecer el sentido de pertenencia y de corresponsabilidad con la misma Familia Salesiana, la Iglesia y la sociedad en general; establecer itinerarios de formación, evangelización y catequización; promover la misión de Don Bosco en ambientes no cristianos o a confesionales; generar adhesión afectiva y efectiva de personas creyentes y no creyentes a la misión de Don Bosco. a) Redes sociales tarea de la Familia Salesiana Crear redes sociales es un comportamiento constitutivo del ser humano. El hombre siempre ha creado redes de comunicación porque él es comunicación. Pero las redes sociales no solamente han surgido para comunicarse sino para imponerse en la comunicación. Los “nativos digitales”, los jóvenes, se sienten fuertemente atraídos por ellos. Sienten las redes sociales como algo que les pertenece. Se ha de reconocer con toda honestidad que las redes aglutinan todo tipo de personas, pero sobre todo, personas con perfiles psicológicos comunes. Las tecnologías digitales están generando criterios comunicativos y relacionales nuevos que implican por parte del educador cambios de mentalidad en la acción pastoral y en la misión en general. La Familia Salesiana ha de incursionar en estas nuevas formas de agregación, en estos nuevos lugares de socialización que implican a la persona para hacer de los habitantes del mundo digital “buenos cristianos y honrados ciudadanos”. Se ha de reconocer que las tecnologías digitales son una oportunidad pastoral y la Familia Salesiana ha de aprovechar sus beneficios formando para el buen uso. El uso de las tecnologías digitales exige de los educadores, entre otras cosas: formar para el buen uso de las redes sociales; acompañar al destinatario para que sepa cuidar su privacidad e identidad digital; estar atentos a los contenidos: desarrollar el espíritu crítico en los destinatarios y aplicar los filtros necesarios para evitar situaciones lamentables. Las redes sociales involucran mucho, por tal motivo es fundamental alertar sobre los tiempos que consume, la variedad de ofertas tecnológicas que ofrece Internet. Si no se está atentos se pueden generar dependencias que cuestan mucho liberarse de ellas. El uso indiscriminado de las redes sociales puede incidir negativamente en la vida comunitaria de cualquier grupo de la Familia Salesiana arrebatando tiempo importante a la fraternidad y a la comunión, al trabajo y a las responsabilidades en general. 24 Las redes sociales pueden generar el aislamiento de los miembros de la comunidad religiosa o del grupo de consagrados. Es esencial que en los procesos formativos se creen normas de uso de estos dispositivos en espacios y tiempos. En estas instancias donde frecuentan tantos “nativos digitales” hay que desarrollar un nuevo estilo de asistencia salesiana para proteger a los destinatarios de complicaciones lamentables. La Familia Salesiana posee en Don Bosco un modelo de hombre que supo utilizar los medios de comunicación y las tecnologías de su tiempo para favor de la misión entre los jóvenes37. b) Imagen de la Familia Salesiana en la web Hay quienes sostienen que un 90% de los grupos de la Familia Salesiana poseen su página web. Incluso, al interno de los grupos: las inspectorías o provincias, las comunidades tienen también su página web. Se ha de reconocer que no todas las páginas web están actualizadas. Cuando una página web no se actualiza diariamente se presenta estática, es decir, no es atractiva y como consecuencia no es visitada. No se logran los objetivos para los que fue creada. Preocuparse por la buena reputación de la propia página web es importante. La despreocupación por este aspecto puede comprometer la imagen de la Familia Salesiana en la web. Para mantener una página web actualizada no hay que ser expertos basta hacerse ayudar por los nativos digitales que pululan en las casas o centros. Si se pintan las paredes del oratorio, del centro juvenil, de la clínica, de la escuela o de la casa porque se presenta sucias o vieja se ha de pintar o embellecer también la página web y no dejarla paralizada en el tiempo después de la inversión de tiempo y dinero que se hizo para crearla. La web se rige por la ley del más fuerte. La web puede destruir la imagen de cualquier institución o persona. Cuando una web no se va a cuidar es preferible no crearla38. Una página web de la Familia Salesiana ha de reforzar la identidad carismática e institucional. Para reforzar la identidad carismática es esencial que la misión la dimensión juvenil esté presente, con una clara referencia a Don Bosco, a su misión, con un estilo inspirado en el Sistema Preventivo, que valora la fraternidad y en la comunión. Por otra parte la identidad institucional puede tener una cobertura mundial, regional, inspectorial o local. Favorece la posibilidad de link con las realidades del propio grupo y con otros grupos de la Familia Salesiana. Ha de ser clara la identidad cristina y evangelizadora39. Conclusión Concluyo haciendo una constatación alentadora. Los últimos Rectores Mayores a través de su magisterio han ido creando una cultura, una forma mentis de Familia Salesiana: Aguinaldos y Carta de Identidad Carismática. Han dedicado tiempo y energía para acompañar a los Salesianos 37 F. J. Valiente, Redes sociales y asistencia salesiana: Una mirada desde el Sistema Preventivo, Ponencia dictada en el encuentro de los Delegados de Comunicación Social de Europa que tuvo lugar en el Salesianum, Roma, del 9 al 12 de mayo del 2013. 38 M. Diotto, Marketing e pastorale salesiana: importanza, possibilità e rischi. Ponencia dictada en el encuentro de los Delegados de Comunicación Social de Europa que tuvo lugar en el Salesianum, Roma, del 9 al 12 de mayo del 2013. 39 Sistema salesiano de comunicación social. Directrices para la Congregación Salesiana, 2011 2, p. 34. 25 y a los diferentes grupos de la Familia a través de diversas actividades: la Consulta Mundial, de las Jornadas de Espiritualidad y las visitas de animación. El Capitulo General 27 de la Sociedad Salesiana así lo indica: “Ha crecido la conciencia de ser Familia Salesiana, gracias también a la positiva colaboración de las comunidades inspectoriales y locales, a las «jornadas de espiritualidad salesiana», al Aguinaldo anual del Rector Mayor y a la Carta de la identidad carismática. Algunas experiencias de trabajo «conjunto» a favor de los jóvenes nos han hecho crecer como cuerpo unificado y responsable dentro de la Familia Salesiana y hemos madurado en el convencimiento de que somos un único movimiento carismático. Además, la corresponsabilidad en la misión entre Salesianos, otros miembros de la Familia Salesiana, seglares y jóvenes nos ha ayudado a mejorar la calidad de nuestro ministerio, a ampliar sus horizontes y a dilatar el corazón de nuestra misión apostólica”40. Sin lugar a dudas que los grupos de la Familia Salesiana crecen en la conciencia de que “ser familia es la modalidad de actuación de la misión de Don Bosco” hoy en la Iglesia y en la sociedad. 40 Capítulo General XXVII de los Salesianos de Don Bosco. “Testigos de la radicalidad evangélica”. Trabajo y Templanza, Roma, 22 de febrero al 12 de abril de 2014, 19. 26 Acompañamiento de la Familia carismática de don Bosco La Familia Salesiana al igual que toda realidad humana ha de ser amada, acompañada, promovida y protegida. Un Instituto, Congregación religiosa o Asociación de fieles cristianos, es siempre un don del Espíritu a la Iglesia. Esta última está en el deber de velar por la identidad y fidelidad de los carismas que se suscitan en ella porque es el modo que Dios adopta para hablar a su Iglesia y responder a las necesidades de sus hijos. Una de las características de los fundadores es que su proyecto de fundación está muy en contacto con la realidad social de su tiempo, demostrando así una gran capacidad de adaptación a los cambios y a los nuevos retos. Los fundadores al igual que los grandes emprendedores están con las antenas bien puestas para captar posibles “ideas de negocio” o encontrar nichos de actividad novedosos o abordar de manera distinta las actividades que ya otros vienen realizando41. Los fundadores son conscientes de que tienen una misión que cumplir en la vida, que no es su proyecto, sino el proyecto de Dios. Los fundadores son hombres y mujeres con una gran tenacidad y esperanza. Don Bosco es un ejemplo fehaciente de ello. Él era una persona de origen humilde y campesino, que tuvo que hacer grandes sacrificios para poder llevar adelante sus estudios. Desde pequeño demostró ya grandes dotes de liderazgo, con una personalidad muy seductora y fascinante. Tuvo una clara vocación sacerdotal, pero quedó impactado por la grave situación de los jóvenes en la industrial ciudad de Turín. Esto le condujo a la fundación de los Salesianos y de la Familia Salesiana para que estuvieran al servicio de los jóvenes. Las dificultades y los problemas que tuvo que superar fueron enormes y muchos. Los fundadores y fundadoras por lo general comparten su proyecto a un grupo. Son personas que “se distinguen por su capacidad de inspirar a otros, de soñar y convertir sus sueños en realidad, de generar pasión y energía en todo lo que hacen y transmitirla a las personas que les rodean”. Don Bosco no fue diferente, compartió su misión-visión a un grupo de jóvenes oratorianos de Valdocco. La capacidad de arrastre y la convicción, del joven sacerdote turinés, generó en el grupo de fundación de la Sociedad Salesiana niveles altos de confianza y seguridad. Él supo implicarlos en su misión y les retó a lograr objetivos comunes, la misión juvenil, popular y misionera. Guió a los muchachos, fascinó a las gentes de su época, estructuró una obra educativa, religiosa, humana y material a favor de los jóvenes, a quienes dedicó todos sus afanes y desvelos. Con el pasar del tiempo la institución fue ganando en solidez, en valoración social y eclesial. La continuación de su labor educativa quedó asegurada en los seguidores y sucesores. Esta intervención ha sido dividida en seis partes. En un primer momento se enmarca el carisma del fundador, Don Bosco, dentro de una realidad amplia: los fundadores y el carisma de fundación. Él como fundador no solo generó la Sociedad Salesiana, sino una Familia carismática: la Familia Salesiana. Hoy la Familia Salesiana ve en los sucesores de Don Bosco su padre espiritual y centro de unidad. El Rector Mayor tiene la responsabilidad carismática de velar por la fidelidad de la gran Familia de Don Bosco. Con el tiempo se ha visto la necesidad 41 M. A. Millán, Liderazgo y gestión. Lo que podemos aprender de los fundadores, Sal Terrae, Santander 2013, p. 13. 27 de crear órganos de animación, de formación y coordinación a todos los ámbitos: Mundial, regional, Inspectorial y local. 1. Carisma del fundador, carisma de fundar, carisma de fundación, carisma del Instituto Los fundadores logran que se comprometieran en sus proyectos personas dispuestas a los mayores sacrificios, incluso hasta la muerte, y sin ningún tipo de salario o de recompensa material. Será el documento Mutuae relationes quien defina por primera vez el carisma: “El carisma mismo de los Fundadores se revela como una experiencia del Espíritu42, transmitida a los propios discípulos para ser por ellos vivida, custodiada, profundizada y desarrollada constantemente en sintonía con el Cuerpo de Cristo en crecimiento perenne. Por eso la Iglesia defiende y sostiene la índole propia de los diversos Institutos religiosos 43. La idiosincrasia propia lleva además consigo, un estilo particular de santificación y apostolado que va creando una tradición típica cuyos elementos objetivos pueden ser fácilmente individuados. Es necesario por lo mismo que en las actuales circunstancias de evolución cultural y de renovación eclesial, la identidad de cada Instituto sea asegurada de tal manera que pueda evitarse el peligro de la imprecisión con que los religiosos sin tener suficientemente en cuenta el modo de actuar propio de su propia identidad, se insertan en la vida de la Iglesia de manera vaga y ambigua.” De esta definición partirán y harán referencia muchos estudios y documentos posteriores del Magisterio. Qué decir del carisma del fundador44 y carisma de fundación. “Algunos autores distinguen, entre carisma de fundación, don que habilita a una persona para iniciar una nueva fundación; y carisma del fundador, que dice relación al contenido del don inherente a todo fundador para percibir, vivir, y mostrar en la historia, una experiencia particular del misterio de Cristo, según unas concretas características que, después, los identificarán. En realidad el carisma de fundación y el carisma del fundador son dos vertientes de una misma realidad que se exigen mutuamente45”. “El carisma del fundador y de la fundadora, una vez compartido en su camino histórico se convierte en carisma del Instituto. Con este término puede entenderse el desarrollo de la virtualidad genética contenida en el carisma del fundador o de la fundadora46”. 42 Exhortación apostólica Evangelii Nuntiandi de su santidad Pablo VI al episcopado, al clero y a los fieles de toda la Iglesia acerca de la evangelización en el mundo contemporáneo 11. 43 Lumem Gentium, 44; cfr. Christus Dominus: Decreto del Concilio Vaticano II sobre el ministerio de los obispos. 33; 35, 1, 2. 44 Conviene precisar el significado de los conceptos “carisma” y “espíritu” referidos al fundador. La experiencia spiritual del fundador es unitaria. Se han de distinguir los aspectos carismáticos de los espirituales sin contraponerlos. Hay que considerarlos como complementarios. El “carisma” del fundador y de una familia subraya principalmente la acción de Dios, la consagración, la vocación, la misión, la diaconía evangélica, los ministerios, el don del celibato y del matrimonio cristiano; el “espíritu” subraya más bien la adhesión de la persona, su respuesta a tan magnífico don, las actitudes espirituales y los comportamientos operativos. El “carisma” evoca cuanto la persona ha recibido, el don. Decir espirito es evocar directamente cuanto la persona produce o construye (fruto) cooperando activamente con la acción del Espíritu Santo. El “carisma” se relaciona con la dimensión teologal de la fe; el “espirito” se relaciona con lo moral, lo ascético y lo místico. “Carisma” y “espíritu” de Don Bosco son aspectos distintos pero inseparables de una única experiencia. Carisma salesiano y espirito salesiano son distintos pero inseparables como la luz y el calor del sol, como el hidrógeno y el oxígeno del agua. (Cf. M. Midali, La Famiglia Salesiana. Identità carismatica e spirituale, LAS, Roma 2010, pp. 129131. 45 J. Álvarez Gómez, Carisma e Historia, Publicaciones Claretianas, Madrid, 2001, pp. 100-101. 46 F. Ciardi, In ascolto dello Spirito, Città Nuova editrice, Roma, 1996, p. 58. 28 Por otra parte, “el carisma del fundador, es por tanto para nosotros aquel don personal que, estando al origen de la experiencia de la fundación, traza los lineamientos espirituales esenciales que caracterizan la identidad propia del Instituto, su misión en la Iglesia, su peculiar espiritualidad47.” “Si por carisma de los miembros del Instituto se entiende su específica misión o el fin por el cual han ingresado los miembros del Instituto, este carisma puede ser realmente comunicado por el fundador que, con su ejemplo y su vida, arrastra y convence a otros a seguirlo48.” “El carisma del fundador no se mantiene en la historia como se mantiene un patrimonio de ideas, de valores, de experiencias, sólo porque se le puede contrastar con nuevas prospectivas y nuevas emergencias. Se mantiene más bien, como una “gracia viva”, cuya dirección pertenece al Espíritu Santo: comienza con un evento de gracia que involucra al carismático en un ardiente camino para seguir a Cristo y puede permanecer en la historia solamente como gracia que siempre se renueva”49. Pier Giordano Cabra en su libro “Breve corso sulla Vita consacrata” hace un recuento de lo que ha sido la teología del carisma. Para este autor cada Instituto tiene en su base un carisma para el bien de la Iglesia y representa uno de los puntos fuertes de la identidad de cada Instituto. Afirma a continuación que el carisma funda también la misión específica y la propia espiritualidad. Sin embargo para Cabra, existen pocos carismas que aglutinen a todos los carismas, como una gran constelación en donde cada carisma, como una sola estrella, puede reconocerse en una constelación. Sin quitar la importancia a cada carisma específico. Cabra quiere poner en guardia a los Institutos religiosos para no sobrevalorar el propio carisma y poderse enriquecer de todos los carismas, especialmente de los más semejantes. Continuando en esta línea, en su libro “Tempo di prova e di speranza”, Cabra considera que los carismas actualmente, y principalmente en Europa, deben traducirse en una realidad práctica, siguiendo las indicaciones de la Vita consecrata, sobre la fidelidad creativa50. Creemos por tanto que no conviene hacer una diferencia de términos entre carisma del fundador, carisma de fundar, carisma de fundación, carisma del Instituto. Son pasos connaturales para que se diera el carisma. Ha de quedar claro que el carisma es una experiencia del Espíritu que Dios da al Fundador para el bien de la Iglesia, englobando en esta definición todos los pasos que se han dado para dar a luz este don. Los fundadores y fundadoras son un patrimonio de la Iglesia, se deben a ella y sirven a ella. Don Bosco es el fundador de la experiencia carismática que llamamos la Familia Salesiana y se debe a la Iglesia. 2. Don Bosco, “padre”, “fundador” y “patriarca” de una familia carismática A Don Bosco se le han dado los títulos de “padre”, “fundador” y “patriarca”. En la Iglesia se les llama “padre” a quienes han dado origen a diversas formas de vida consagrada. Don Bosco mismo, cuando se dirigía a sus primeros Salesianos, se presentaba como “padre” y prefería ser llamado con tal calificativo. En la antigüedad cristiana se hablaba de fundadores de monasterios. Este concepto tenía un sentido diverso al que se le asigna hoy. Con San Francisco de Asís y Santo Domingo de Guzmán 47 G. Buccellato, Carisma e Rinnovamento, Dehoniane, Bologna, 2002, p. 28. G. Rocca, Il carisma del fondatore, Ancora editrice, Milano, 1998, p. 75. 49 A. Maria Sicari, Gli antichi carisma nella Chiesa, Jaca Book, Milano, 2002, pp. 32 – 33. 50 P. G. Cabra, Breve corso sulla Vita consacrata, Queriniana, Brescia, 2004, pp. 170 – 172. Pier Giordano Cabra, Tempo di prova e di speranza, Ancora, Milano, 2005, pp. 147- 150. 48 29 el vocablo “fundador” adquirió un significado más preciso. Se designó con el nombre de “fundadores” a los cristianos llamados por Dios a dar inicio y a promover un tipo especial de vida espiritual y apostólica en un instituto. A don Bosco se le llama “fundador” porque es el iniciador de la “Sociedad de San Francisco de Sales” y, sucesivamente, del Instituto de las Hijas de María Auxiliadora” y de la “Pía unión de los Cooperadores salesianos”. El “patriarca”, desde un punto de vista historio-teológico, se suele diferenciar del título “fundador”. Se le llama “patriarca” a aquellos hombres de cuyas fundaciones han surgido hijos espirituales que a su vez han dado vida a otros grupos religiosos, de consagrados o agrupaciones laicales51. Se pertenece a pleno título a la Familia carismática del “patriarca” Don Bosco cuando el grupo es aceptado oficialmente por el Rector Mayor de los salesianos y su Consejo. El Rector Mayor, P. Ángel Fernández Artime, hablando de la fidelidad al “patriarca” Don Bosco afirma: “Creo verdaderamente hermanas y hermanos que el futuro del carisma de Don Bosco pasa, en primer lugar, justamente por el único camino posible que ha de ser el de nuestra fidelidad a Don Bosco y al carisma que ha encarnado, porque la fidelidad a Don Bosco es y será fidelidad al Espíritu Santo que lo ha suscitado para el bien de la humanidad y de la Iglesia. Y porque esta fidelidad al Espíritu nos lleva a lo más importante: La centralidad de Cristo Jesús en nuestra vida personal y como Familia Salesiana. Todos nosotros, toda nuestra Familia Salesiana, este gran árbol que tiene el único tronco común por donde circula la savia del carisma de Don Bosco, afirmamos en nuestras Constituciones, Proyectos de Vida, Directorios... (como quiera que llamemos al propio documento constituyente), que Don Bosco es nuestro Padre, el Padre de la Familia Salesiana y un don, desde nosotros para toda la Iglesia y el mundo. Es por eso que la fidelidad a Don Bosco, es decir a su lectura de la vida, de la misión, de la evangelización y salvación de los jóvenes es garantía de futuro del carisma salesiano. Necesitamos por eso mismo seguir conociendo más a Don Bosco, para amarlo más (pues lo que no se conoce no se ama), para poder imitarlo más en lo que es esencial y con toda la novedad y profetismo que hemos de tener en los tiempos nuevos de cada momento histórico, de cada época. Don Bosco es nuestro gran patrimonio, de todos y cada uno de los miembros de nuestra Familia Salesiana (porque previamente es patrimonio de la Iglesia). Y la identidad de toda nuestra Familia y de cada uno de sus grupos (y miembros personales) se hace más fuerte cuanto más fuerte es el reconocimiento de la PATERNIDAD de Don Bosco en todos. No necesitamos como los adolescentes en la propia evolución personal separarnos, distanciarnos del padre para afianzar la propia identidad. Nuestra identidad es mayor, más clara y más sólida cuanto más clara y manifiesta es la paternidad espiritual de Don Bosco para todos y cada uno, cada una”52. La Carta de Identidad de la Familia Salesiana dice que el Padre de los jóvenes es iniciador de una escuela de espiritualidad, que él es el centro de unidad, lo que une a la Familia Salesiana es un parentesco espiritual. “Don Bosco fue el iniciador de una verdadera escuela de espiritualidad apostólica, es punto de referencia para cuantos, respondiendo a un impulso especial del Espíritu, 51 52 M. Midali, La Famiglia Salesiana, pp. 87-89. A. F. Artime, Mensaje conclusivo de las XXXIII Jornadas de Espiritualidad de la Familia Salesiana 2015, “El futuro del carisma en nuestra Familia Salesiana, 18 de enero de 2015. 30 se sienten llamados a compartir, hoy, su misión en los diversos estados de vida y en las diferentes formas de compromiso. Esto significa que la pertenencia a la Familia Salesiana se construye en torno a Él como centro unificador. De hecho, los Fundadores de los grupos surgidos en el siglo XX son todos hijos espirituales de Don Bosco, miembros de su Congregación. Fue constante preocupación suya realizar su amplia misión en nuevos lugares y con nuevas fuerzas apostólicas, en las que han infundido el espíritu de su Padre y Maestro. Lo que une a los diferentes grupos y a sus miembros en una única Familia es una especie de parentesco espiritual en Don Bosco, debido a la presencia del Espíritu, que en la Iglesia une entre sí a los portadores de carismas especiales. Es un parentesco que encuentra expresión en la caridad pastoral propia de Don Bosco. La pasión apostólica fue la energía espiritual que lo impulsó a buscar almas y servir sólo a Dios; una caridad que llena el corazón, mente y proyectos con el intento de expandir y dar estabilidad a su obra. Para eso convocó a su alrededor a varias personas; coordinó y armonizó sus funciones, sus múltiples dones y los diferentes estados de vida y sus ministerios. Don Bosco encontraba la fuente de tanta fuerza en la interioridad constantemente abierta a la relación con Dios. También para nosotros el amor educativo y apostólico requiere una forma concreta y exigente de interioridad”53. La fidelidad al carisma del fundador, Don Bosco, es también fidelidad al Espíritu de Dios. Cada grupo de la Familia Salesiana está llamado a cuidar y vivir la fidelidad al propio fundador, que en otras palabras, es fidelidad a Don Bosco y al Espíritu quien ha suscitado los carismas en la Iglesia para el beneficio de todos. La fidelidad al propio fundador se fortalece conociendo su persona y misión en la Iglesia54. El conocimiento de Don Bosco se debe traducir en compromiso con y para los jóvenes. Como Don Bosco, ¡hoy Dios nos espera en los jóvenes! Por eso debemos ir en su busca y estar con ellos en los lugares, situaciones y fronteras donde ellos nos esperan. Para eso hay que ir a su encuentro, dar siempre el primer paso, caminar a su lado. Consuela ver como la Familia Salesiana se prodiga con los jóvenes más pobres en todo el mundo: chicos de la calle, muchachos marginados, muchachos obreros, muchachos soldados, jóvenes aprendices, huérfanos abandonados, niños explotados. Pero un corazón que ama es siempre un corazón que se interroga. No es suficiente organizar actividades, iniciativas, instituciones para los jóvenes; hay que asegurar nuestra presencia, el contacto y la relación con los jóvenes: se trata de volver a la práctica de la asistencia y redescubrir la «presencia en el patio»55. El secreto del éxito de Don Bosco se debió a que ejerció un liderazgo basado en la cercanía personal y el cariño sincero. El afecto de Don Bosco se manifestaba mediante elementos sencillos, pero que, vistos en su conjunto, formaban un entramado que otorgaba profundidad. Salía a buscar a los chicos a la calle, a sus pueblos, a los talleres donde trabajaban. Pero luego él les sigue “acompañando”. Les vista con frecuencia, se interesa por los nuevos problemas que surgen, les reitera una y otra vez su amistad, les invita a comenzar de nuevo ante los fracasos y mantiene su fidelidad. 53 Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 12. Cfr. P. Chávez, Conociendo e imitando a Don Bosco, hagamos de los jóvenes la misión de nuestra vida, XCIII (2012) 412. pp. 13-30. 55 P. Chávez, Conociendo e imitando a Don Bosco, p. 26. 54 31 3. El Rector Mayor en la Familia Salesiana El Rector Mayor para la Familia Salesiana es el padre que “sopla las brasas”, que motiva a los diferentes grupos de la Familia a sacar lo mejor de sí mismos siendo fieles al propio carisma. Su paternidad se distingue por la cercanía a las personas; por promover las potencialidades de cada grupo para que se genere la creatividad y cada grupo llegue a ser lo mejor que puede ser; por involucrarse en los momentos de fecundidad y de crisis de los grupos; por poner a la persona en el centro de todo y dedicar “calidad tiempo” a ellas. La Carta de Identidad de la Familia declara que en el Rector Mayor todos reconocen un triple ministerio de unidad por ser: sucesor de Don Bosco, Padre común y centro de unidad56. “La pertenencia a la Familia apostólica de Don Bosco la origina la comunión y se nutre de comunión. Es correspondencia al Espíritu que hace tender hacia la unidad dando cuerpo a expresiones concretas, pero también institucionalizadas, capaces de garantizar una relación eficaz y una colaboración operativa. La pertenencia a la Familia Salesiana necesita por eso un centro vital que actualice la referencia a Don Bosco, a la misión común y al mismo espíritu. Ese centro, según el pensamiento de Don Bosco, es el Rector Mayor. En él todos reconocen un triple ministerio de unidad: Sucesor de Don Bosco, Padre común, centro de unidad de toda la Familia. A él le corresponde la tarea institucional de admitir en la Familia Salesiana a los Grupos que lo solicitan, según criterios preestablecidos. En esta misión el Rector Mayor tiene el deber de ofrecer las orientaciones necesarias para asegurar la fecundidad del carisma en cada grupo de la Familia. Con el ejemplo y el magisterio teje la trama de la unidad y asegura, en la variedad de las vocaciones específicas, la fidelidad al espíritu y la coordinación de algunas iniciativas. Ejerce ese ministerio con la paternidad que fue propia de Don Bosco: una actitud que requiere comprensión y bondad, atención al crecimiento de cada uno, guía en la fidelidad carismática, empeño por la fecundidad de la vocación salesiana en todas sus expresiones, como dejó escrito Don Bosco: «Vuestro Rector cuidará de vosotros y de vuestra salvación eterna»”57. El Rector Mayor en su rol de Padre espiritual y centro de unidad de la Familia Salesiana mantiene y cultiva siempre una actitud proactiva y abierta al diálogo. Su actitud permanente es la disponibilidad a todos. Es una persona capaz de agacharse para lavar los pies. Reconoce y valora las características distintivas de cada uno de los grupos de la Familia Salesiana. Para él las personas son lo más importante. Es flexible con las personas y riguroso con los grandes principios, no teme ejercer la profecía, en forma de fidelidad a los valores y al carisma. Motiva la fecundidad de todos los grupos. Se alegra y celebra los logros pastorales, vocacionales y de santidad de todos los grupos. En su quehacer de padre expresa la amabilidad típica salesiana. Y refleja la alegría que nace de un sano equilibrio en la vida. 4. Secretariado para la Familia Salesiana El Rector Mayor en su rol de padre de la grande Familia Salesiana busca que a esta, sobre todo los grupos confiados directamente a los salesianos, se les ofrezca un acompañamiento oportuno 56 57 Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 45. Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 13. 32 y cualificado que ayude a las personas a sacar lo mejor de sí mismos y lleguen a ser santos. Para ello nombra salesianos que le representen en la labor de animación de la Familia Salesiana. Es decir, es un padre que sabe delegar en personas idóneas para tales responsabilidades. El Capítulo General 27 consciente de la importancia de la animación de la Familia Salesiana “instituye un Secretariado central para la Familia Salesiana directamente dependiente del Rector Mayor, de conformidad con el artículo 108 de los Reglamentos, con las siguientes tareas: animar la Congregación en el sector de la Familia Salesiana y asegurar la interacción con los otros sectores de la Congregación a nivel mundial; promover, a norma de artículo 5 de las Constituciones, la comunión de los varios grupos, respetando su especificidad y autonomía; orientar y asistir las inspectorías para que en sus territorios se desarrollen, según los respectivos estatutos, las Asociaciones de los Salesianos Cooperadores, el movimiento de los Exalumnos y la Asociación de Devotos de María Auxiliadora58. a) ¿En qué consiste “el Secretariado para la Familia Salesiana”? Es un órgano de animación, de formación y coordinación instituido por el Capítulo General 27 y dependiente directamente del Rector Mayor, de conformidad con el artículo 108 de los Reglamentos59. b) “Quiénes son los miembros del Secretariado? El Secretariado está constituido por los siguientes miembros: El Delegado del Rector Mayor para el Secretariado para la Familia Salesiana, que es el Secretario central del Secretariado y realiza las tareas descritas en el artículo 6. Los hermanos SDB que tienen tareas de animación en los grupos de la Familia Salesiana en los cuales la Congregación salesiana tiene responsabilidad carismática: Delegado Mundial de los Salesianos Cooperadores; Delegado Mundial de los Exalumnos de Don Bosco; Animador Espiritual de la Asociación de María Auxiliadora; Asistente Central de las Voluntarias de Don Bosco; Asistente Central de los Voluntarios Con Don Bosco Tres miembros de la Consulta de la Familia Salesiana Una FMA elegida por la Madre general60 Dos miembros elegidos por la Consulta. c) Funciones del Secretariado en relación con la Congregación Las funciones principales del Secretariado en referencia a la Congregación son: Capítulo General XXVII (CG27) de los Salesianos de Don Bosco: “Testimonios de la radicalidad evangélica”. Trabajo y templanza, Roma, del 27 de febrero al 12 de abril de 2014, 79. 59 Documento aprobado por el Rector Mayor y Consejo el 29 de enero de 2015. 60 La presencia de una Figlia di Maria Ausiliatrice (FMA) elegida por la Madre general FMA de entre los miembros de la Consulta de la Familia Salesiana está motivada por la colaboración histórica que la Congregación salesiana tiene con el Instituto de las Hijas de María Auxiliadora desde los inicios del carisma de Don Bosco y que hoy se desarrolla en múltiples frentes de la misión en todo el mundo. 58 33 Asegurar a nivel mundial la interacción con los sectores y las regiones de la Congregación;61 “Orientar y asistir las inspectorías para que en sus territorios se desarrollen, según los respectivos estatutos, las Asociaciones de los Salesianos Cooperadores, el movimiento de los Exalumnos, el ADMA”;62 Animar y apoyar las regiones y las conferencias inspectoriales a promover el crecimiento cualitativo y cuantitativo de la Familia Salesiana; Ofrecer a inspectorías, delegados inspectoriales de la Familia Salesiana y a los delegados, animadores espirituales y asistentes inspectoriales de grupos de la Familia Salesiana el acompañamiento para favorecer la formación de los delegados y de los grupos locales. d) Funciones del Secretariado en relación al Rector Mayor y su Consejo Las funciones principales del Secretariado en relación al Rector Mayor y su Consejo general son: Preparar la parte del proyecto del sexenio del Rector Mayor y su Consejo a cerca del Secretariado y entregarla al Rector Mayor y al Consejo para la aprobación. Elaborar el plan de trabajo anual del Secretariado y presentarlo al Rector Mayor; Presentar anualmente el presupuesto económico al Rector Mayor y su Consejo para la aprobación; Estudiar las peticiones de pertenencia a la Familia Salesiana y ofrecer su valoración al Rector Mayor y su Consejo. e) Funciones del Secretariado en relación a la Familia Salesiana Algunas funciones del Secretariado con relación a la Familia Salesiana son los siguientes: Ofrecer al Rector Mayor las orientaciones necesarias para asegurar la fecundidad del carisma en cada grupo de la Familia Salesiana;63 Representar al Rector Mayor en los diversos grupos para garantizar el “crecimiento de cada uno, la guía en la fidelidad carismática, el empeño por la fecundidad de la vocación salesiana en todas sus expresiones”;64 Animar e involucrar los diversos grupos en las actividades mundiales relacionadas con la Familia Salesiana: consulta mundial, jornada de espiritualidad y encuentros regionales; Acompañar los grupos en la toma de conciencia de que la Familia Salesiana debe convertirse en “un vasto movimiento de personas que, en varios modos, trabajan por la salvación de los jóvenes”;65 Reservar una atención específica a los grupos de la Familia Salesiana a los cuales tenemos una particular responsabilidad carismática;66 f) Funciones del Delegado del Rector Mayor para el Secretariado Presentar al Rector Mayor y su Consejo general la parte del proyecto del sexenio a cerca del Secretariado para su aprobación; Informar al Rector Mayor y su Consejo de los proyectos de formación, animación, encuentros y de funcionamiento de la Familia Salesiana; 61 Cfr. CG27, 79. CG27, 79. 63 Cfr. Carta de Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 13. 64 Ibidem, 13. 65 Constituciones de la Sociedad de San Francisco de Sales, 5. 66 Cfr. Carta de Identidad carismática, 38. 62 34 Informar anualmente al Rector Mayor y su Consejo sobre la realización del plan de trabajo del Secretariado y sobre el funcionamiento del mismo Secretariado; Representar al Rector Mayor, cuando lo pida, en eventos congregacionales, eclesiales y civiles donde se requiera la presencia de la Familia Salesiana. Convocar el Secretariado al menos tres veces al año para estudiar, analizar, proyectar y verificar el funcionamiento de la Familia Salesiana; Coordinar y animar junto a los miembros del Secretariado los propios proyectos y actividades; Programar encuentros con los Salesianos en formación inicial, en común acuerdo con el Consejero para la formación, para cultivar en los formandos el sentido de pertenencia a la Familia Salesiana y la responsabilidad carismática en el confronte de ella; Coordinar la consulta mundial de la Familia Salesiana y las jornadas de espiritualidad; Dar a conocer a los grupos individuales los documentos de la Familia Salesiana; Realizar visitas de animación y acompañamiento en las Regiones, en acuerdo; Participar en los encuentros regionales de los Inspectores para motivarles y sensibilizarles en el sentido de pertenencia a la Familia Salesiana; Promover subsidios y publicaciones respecto a la Familia Salesiana; Asumir cualquier otra tarea que el Rector Mayor tenga la intención de asignarle. g) Duración El presente reglamento del Secretariado para la Familia Salesiana tiene validez por tres años; Por lo tanto, es “ad experimentum”. Después de este período habrá una evaluación y una revisión por parte del Rector Mayor y del Consejo General. Es un documento que podría servir de modelo para otras experiencias de secretariado en Dicasterios o Sectores de la Sociedad Salesiana o de cualquier grupo de la Familia Salesiana. 5. La animación de la Familia Salesiana en el ámbito inspectorial y local La Carta de Identidad Carismática de la Familia Salesiana en uno de sus últimos artículos señala que “los Salesianos de Don Bosco, por otra parte, herederos especiales de su riqueza carismática, llevan la responsabilidad de animar al conjunto de la Familia Salesiana. Ellos, en efecto, tienen la «responsabilidad de mantener la unidad de espíritu, estimular el diálogo y la colaboración fraterna para un recíproco enriquecimiento y una mayor fecundidad apostólica». 67 Por eso realizan un servicio que no corresponde a la autoridad de gobierno, sino a la humilde y gozosa entrega de quien promueve un camino de fidelidad al don recibido, favoreciendo su comunicación, su coparticipación y su realización”68. Sin lugar a dudas que la calidad de la de la Familia Salesiana mucho dependerá de la calidad humana de sus miembros. Acompañar un grupo de la Familia Salesiana es un servicio, no es llevar una carga, no la ostentación de un cargo. El servicio de Delegado es una responsabilidad carismática que ha de ser vivida con alegría y desprendimiento. Es una persona que sirve de corazón, le gusta lo que hace y con quién lo hace. Además, en su labor se pone a disposición de todos, acompaña el crecimiento de las personas, aspira a no ser imprescindible. Sirve porque ama. El amor al que nos referimos no es un sentimiento sino un compromiso. Se trata del amor que implica paciencia (mostrar dominio de uno mismo), afabilidad (prestar atención, apreciar, animar), humildad (ser 67 68 Constituciones de los Salesianos de Don Bosco, art. 5c. Carta de Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 45. 35 auténtico sin arrogancia), generosidad (satisfaciendo las necesidades legítimas, no los deseos de los demás), indulgencia (lo que supone no acumular rencor), honradez (libre de engaños)69. El servicio de Delegado exige de quien lo ejerce identidad vocacional y vocación para la comunión. La comunión con los grupos de la Familia Salesiana será más sólida “cuanto más clara sea la identidad vocacional de cada uno y mayores sean la comprensión, el respeto y la valoración de las distintas vocaciones”70. Estamos más que convencidos que “el aprecio y el encuentro entre los diversos carismas y las diversas formas e espiritualidad pueden favorecer la comunión de los dones y la profundización de la propia identidad vocacional”71. a) La animación de la Familia Salesiana, una responsabilidad comunitaria El Capítulo General Especial hablaba de un cambio de mentalidad necesario para afrontar con nuevas perspectivas de futuro el trabajo con la Familia Salesiana. El primer cambio indispensable es que la comunidad se sienta involucrada en la animación y la colaboración con los diversos grupos de la Familia Salesiana que actúan en el mismo territorio. El acompañamiento de la Familia Salesiana no puede ser un trabajo delegado totalmente a una sola persona por la sencilla razón de que están en juego significativos valores carismáticos. Es esencial que la comunidad salesiana se involucre en dicha tarea. La comunidad interviene de muchas maneras: con el interés directo y explícito sobre la vida y las actividades del Grupo; con la estima y la simpatía, expresadas especialmente en momentos de especiales acontecimientos. con la acogida fraterna de las personas que llegan a la comunidad por diversos motivos, como reuniones y encuentros programados por los diversos grupos; con la ayuda moral y material, en cuanto sea posible, en los casos de dificultad, demostrando de esta forma que queremos considerarlos como verdaderos hermanos y hermanas; con la asistencia y la dirección espiritual, como momento típico de formación a la vida salesiana; con el ofrecimiento de espacios y de formas de colaboración corresponsable en el proyecto educativo y pastoral que la comunidad está realizando; con el acompañamiento vocacional de todas las personas para que acojan el don de Dios72. b) El Delegado Inspectorial para la Familia Salesiana Aunque la animación de la Familia Salesiana es un compromiso comunitario, sin embargo para esta delicada e importante tarea de acompañamiento se nombra a un salesiano o una salesiana. 69 J. C. Hunter, La paradoja. Un relato sobre la verdadera esencia del liderazgo, Urano, Barcelona 2017, p. 38. XXIV Capítulo General de la Sociedad de San Francisco de Sales. Salesianos y Seglares: Compartir el espíritu y la misión, CCS, Madrid 1996, 138. 71 La Formación de los Salesianos de don Bosco. Principios y normas. Ratio Fundamentalis Institutionis et Studiorum, CCS, Madrid 2000, 53. 72 J. Vecchi, La Familia Salesiana cumple veinticinco años, en: Actas del Consejo General (ACG) LXXVIII (1997) 358, pp. 30-31. 70 36 Esta persona ha de informar oportunamente al Director y a la Comunidad, al Inspector y a la comunidad Inspectorial. Adriano Bregolin73 ofrece algunas indicaciones útiles para la animación de la FS a nivel inspectorial y local partiendo de la realidad de las distintas Inspectorías. Según él, aunque ésta no es una figura consolidada y típica de todas las Inspectorías, es bueno que cada una de éstas disponga de un Hermano dedicado exclusivamente a la animación de la FS. Las más de las veces (análogamente a como es hoy la organización en el Consejo General) dicha función se confía al Vicario del Inspector. Su tarea será actuar como coordinador de las diversas iniciativas a nivel inspectorial. Mantener contactos, en nombre del Inspector, con los diversos Grupos, y cuidar que el trabajo de los Delegados y Asistentes a nivel inspectorial y local se desarrolle con diligencia y esmero en un continuo robustecimiento de cada Grupo. Continúa indicando Adriano Bregolin: “Cuando en sus Inspectorías no exista todavía esta figura, es oportuno establecer quién debe desempeñar este cargo particular, indicándolo también en los respectivos elencos a nivel general e inspectorial”. c) Los Delegados, los Asistentes [los Consejeros y los Animadores] Algunos grupos de la Familia Salesiana reciben un servicio particular de animación por medio de los Delegados (Salesianos Cooperadores (SSCC) y Exalumnos de don Bosco (Ex-dB), Asistentes eclesiásticos de la Voluntarias De de Don Bosco (VDB) – Voluntarios Con Don Bosco (CDB), Consejeros espirituales de la Asociación de Damas Salesianas (ADS), Animadores espirituales Asociación de Devotos de Maria Auxiliadora (ADMA) nombrados según acuerdos indicados en los textos constitucionales o según acuerdos previstos por Convenciones. En la designación para dicho servicio conviene elegir y proponer a hermanos valiosos, con las dotes y el dinamismo necesario para este trabajo de animación, con energía y juventud. La animación de la Familia Salesiana no debería ser una obediencia para salir del paso, sino más bien un campo de apostolado a través del cual las fuerzas salesianas en el territorio asumen una mayor vitalidad e influyen positivamente en el contexto civil y eclesial. Para hacer todo esto, hacen falta personas con un gran entusiasmo y buenas capacidades. En el Secretariado para la Familia Salesiana se ha visto la necesidad de un camino de formación de los Delegados y de los Asistentes. Por este motivo se ha pensado programar para los próximos años encuentros específicos, a nivel de Región y, donde sea posible, a nivel Inspectorial. Decía J. Vecchi: “Recogeremos los frutos que esperamos de los grupos de la FS, especialmente de los cooperadores, los [Exalumnos de Don Bosco] y VDB, [CDV, DAMAS, ADMA] en proporción a la calidad y a la disponibilidad del tiempo de los hermanos encargados de acompañarlos. La primera preocupación del Inspector y de su Consejo es pues la elección de los hermanos que presten este servicio, típicamente salesiano. Calidad y competencia garantizan la eficacia de su presencia y facilitan las relaciones internas del grupo. Existen, pues, criterios que han de orientar el discernimiento del Inspector y su Consejo para elegirlos” 74. 73 A. Bregolin, Algunas indicaciones para la animación de la Familia Salesiana en el ámbito inspectorial y local, en: ACG LXXXVII (2006) 392, pp. 57-58. 74 J. Vecchi, op. cit., pp. 31-32. 37 d) ¿Quién es el Delegado, el Asistente, el Consejero y el Animador? Son personas con sentido de Iglesia, enamoradas de don Bosco, identificadas con su vocación y misión que representan el superior ordinario de la Congregación Salesiana o del Instituto de la Hijas de María Auxiliadora, acompañan y conservan vivo el deseo de crecimiento de las personas y grupos en el espíritu salesiano, favorecen y cuidan la unidad; preparan al diálogo; favorecen la colaboración fraterna; estimulan el enriquecimiento mutuo y la creatividad apostólica75; promueven la autonomía y la fidelidad al carisma de don Bosco de los grupos de la Familia Salesiana76. Son personas con la capacidad de hacer y gestionar el cambio. Perfil general del Delegado, del Asistente, del Consejero y del Animador A continuación se presenta una lista de características humanas, salesianas y de gestión del acompañante ideal de la Familia Salesiana (Delegado, Asistente, Consejero, Animador, Acompañante). En la medida que nos acercamos a tal ideal, se realizará debidamente el servicio de la animación de los grupos de la Familia Salesiana. Es una persona: con identidad vocacional y carismática, enamorada de la espiritualidad salesiana, deseosa de comunicar la espiritualidad salesiana, que obedece a la autoridades eclesiales y religiosas, preparada para la tarea asignada, con mentalidad proyectual, con capacidad para comunicar, con capacidad de trabajar en equipo, con capacidad para la animación, que valora el aporte de los colaboradores, que escucha poniéndose en los zapatos del otro (con capacidad empática), que comunica con claridad y coherencia, con conocimiento de la realidad social, cultural y eclesial, que sabe trabajar con los laicos y valoriza su vocación y misión, que sabe respetar y gestionar las motivaciones y las emociones, propias y ajenas, que estudia las características del grupo que acompaña, conoce los objetivos espirituales y pastorales que le definen, que se preocupa por la formación de los miembros del grupo que acompaña, que sabe acompañar el crecimiento para la madurez, la autonomía personal y cristiana, que ofrece una asistencia espiritual de calidad, proactiva, que sabe manejar las diferencias y las dificultades de manera positiva (persona resistente y perseverante), que ofrece orientación desde la perspectiva del carisma salesiano a las situaciones que surgen en el diario vivir, dispuesta a ofrecer orientación oportuna en el momento que se le solicita. 75 Cfr. Constituciones y Reglamentos Generales de la Sociedad de San Francisco de Sales, CCS, Madrid 1985, pp. 21 y 22, art. 5. 76 Cfr. J. Vecchi, op. cit., p. 32. 38 e) Superar posibles errores en el servicio de acompañar personas o grupos. No es fácil acompañar. Por ello los buenos acompañantes se distinguen por la disponibilidad para reconsiderar posturas y comportamientos, con el fin de crecer y ser mejores personas para los demás. Evidenciamos a continuación los errores más frecuentes en la dirección: dirección por improvisaciones: cuando se obliga a actuar y a poner parches y remedios fuera de tiempo con unos costes y trastornos frecuentemente elevados; dirección por ensayos: Se van efectuando pruebas y ensayos de acciones hasta lograr resultados positivos; dirección por urgencias: No existen objetivos, ni prioridades, ni planificación, y el único criterio de actuación es la urgencia; dirección por acontecimientos: En este caso no es la urgencia la que determina, sino el acontecimiento producido por un tercero que se presenta en un momento determinado; dirección por anécdotas: Según hayamos leído una noticia en la prensa, u oído un comentario en una tertulia; dirección a través de la improvisación: Se van solucionando los problemas sobre la marcha, a salto de mata, lo que produce una profunda sensación de desorganización, de falta de dirección; dirección por sobresaltos o por problemas: Cuando existe la tendencia a reaccionar ante cualquier problema nuevo como si fuera el más importante. Otros errores no menos importantes: No tener objetivos claros: este es el error más frecuente. Existen directivos “veleta”; no medir o evaluar los trabajos que se realizan: la única manera de saber si se han logrado los objetivos es evaluando; ser más “hacedor” que “director” o animador: Son los directivos “todo terreno”, lo quieren hacer “todo” pensando que lo hacen mejor que nadie. Se les dificulta delegar; escasa orientación hacia los acompañados: Tienden a vivir al margen de los asociados, sólo les interesa el cargo porque da nombre y se sienten importantes; no captan las oportunidades para el grupo que se acompaña, sólo viven para resolver los problemas de día a día. Generalmente no aprovechan las oportunidades; funcionan por autoridad jerárquica: Las formas habituales de relacionarse con sus colaboradores son bajo presión, imponiendo su autoridad; toman decisiones sin la suficiente información: No planifican, tienden a decidir sobre la marcha, en base a la intuición y con grandes niveles de riesgo; escasa sensibilidad hacia los colaboradores: Los colaboradores son para ellos simples medios de producción de los que tratan de sacar el máximo provecho. Tienden a ser distantes, fríos, generalmente no conocen los problemas de éstos; tienden a mostrar poco interés por mejorar: Son conformistas, se sienten satisfechos con lo que poseen, carentes de iniciativas de desarrollo y crecimiento, incapaces de aprender de los errores77. No desarrollan su capacidad de resiliencia78. 77 78 Cfr. J. Urcola, Dirigir personas: fondo y forma, ESIC, Madrid 20085, p. 60-64. Resiliencia significa volver a la normalidad, y es un término derivado del latín (del verbo resilio, resilire: "saltar hacia atrás, rebotar"). La resiliencia es la capacidad de volver al estado natural, especialmente después de alguna situación crítica e inusual. La resiliencia en el ámbito de la psicología, es la capacidad de una persona para hacer frente a sus propios problemas, superar los obstáculos y no ceder a la presión, independientemente de la situación. 39 Las personas necesitamos de buenos referentes, los jóvenes buscan desesperadamente esos modelos. La investigación académica de buenos ejemplos, para demostrar las teorías se encaminará hacia la necesidad del testimonio. San Juan Pablo II ha expresado este concepto con pocas palabras: “El testimonio de vida cristiana es la primera y insustituible forma de la misión” 79. 6. Conclusión Los Capítulos General Especial, General 26 y General 27 de los salesianos insisten en que los hijos de don Bosco hemos de lograr un cambio de mentalidad, para responder a las tareas y a los retos que la misión nos presenta. Esta invitación a cambiar de mentalidad, en otras palabras a convertirnos, ha de estar acompañada por una gran creatividad. Cada carisma en la Iglesia y, por supuesto en la Familia Salesiana, es fruto de la acción creativa del Espíritu Santo en las realidades humanas. Todo acompañante con disposición para el servicio a la Familia Salesiana ha de ser una persona dispuesta a cambiar de mentalidad, a vivir la creatividad y la flexibilidad típica del carisma salesiano. Ha de ser un aliado de los laicos. Un buen número de personas e instituciones quieren y luchan por un cambio de mentalidad, pero no están dispuestas a romper con paradigmas, a desequilibrarse cuestionando sus prácticas, sus creencias, sus formas de hacer las cosas. Hacen siempre lo mismo y esperan resultados diferentes. Como acompañantes de grupos de la Familia Salesiana, hemos de entender que cambiar de mentalidad, implica desconfiar de ciertas costumbres o hábitos para incorporar nuevos sin caer en el prurito de la novedad. Todo cambio de mentalidad implica creatividad, pero la creatividad ha de enfocarse y dirigirse siempre hacia puntos o aspectos bien definidos, para evitar las propuestas dispersas y simplistas. La creatividad ha de enfocarse en los objetivos estratégicos, en los planes pastorales, en los retos carismáticos de la Familia Salesiana y de los grupos que acompañamos. Además, la creatividad ha de enfocarse en los desafíos y problemas más apremiantes que enfrenta la Familia Salesiana o el grupo confiado. La función de educador exige, entre otras cualidades humanas, “prontitud constante a renovarse y adaptarse”80. Todo esto supone también cierta flexibilidad de instrumentos y estructuras. Sostenía el sacerdote y predicador francés, Herni Dominique Lacordaire, que “para dirigir o acompañar se precisa firmeza, pero también mucha flexibilidad y paciencia”. Al igual que una semilla requiere de ciertas condiciones básicas para crecer (tierra, agua, sol), existen ciertas condiciones elementales que hemos de crear en la cultura de la Familia Salesiana para apoyar el florecimiento de la creatividad y la flexibilidad. La creatividad requiere de una mente abierta a las nuevas ideas para nunca matarlas. Una de las razones por las cuáles la creatividad no florece en las instituciones y grupos es porque no tenemos tiempo para salirnos del día a día, para pensar. La creatividad necesita tiempo de distensión para incubar y madurar las grandes ideas. Por lo general, el activismo es enemigo acérrimo de la creatividad. Es la capacidad de un individuo para sobreponerse a períodos de dolor emocional y traumas. Se corresponde aproximadamente con el término "entereza". La teoría dice que la resiliencia es la capacidad del individuo para tomar una decisión cuando se tiene la oportunidad de tomar una actitud correcta, y al mismo tiempo tiene miedo de lo que eso puede causar. Ese sentimiento es cuando la persona muestra que sabe o no hacer frente a una situación sobre presión. 79 Redentoris missio, 42. 80 Gravissimum Educationis, 5. 40 Para llegar a ser un sólido acompañante de cualquier grupo de la Familia Salesiana se requiere, entre otras cosas, una sólida formación que predisponga al cambio y a la creatividad. Que ayude a la persona a emprender un camino de crecimiento a todos los niveles. Don Vecchi era consciente de esta urgencia cuando decía: “Hay que favorecer los encuentros de formación de los delegados, donde se les prepare sobre todo para la función de animadores espirituales”81. Los procesos e itinerarios formativos ayudan a contagiar entusiasmo e implicar a las personas en proyectos comunes. La formación ha de ayudar a la persona en su crecimiento integral: cognitivo, afectivo, volitivo y espiritual. Para la formación siempre hemos de tener tiempo y nunca somos viejos para ello. Decía Madre Teresa de Calcuta que “cuando por los años no puedas correr, trota. Cuando no puedas trotar, camina. Cuando no puedas caminar, usa el bastón… Pero nunca, nunca te detengas”. Considero que el reto es llegar a comprender que “el triunfo no está en vencer siempre, sino en no desanimarse nunca”. El acompañamiento que los salesianos estamos llamados a ofrecer ha de conducir a desarrollar al máximo el carisma del fundador o de la fundadora de cada grupo de la Familia Salesiana. 81 J. Vecchi, op. cit., p. 32. 41 42 Tarea ineludible de la Familia Salesiana: Comunión en la misión y por la misión El tema en cuestión se ha subdividido en seis partes. Se pretende mostrar que la comunión en la misión para la Familia Salesiana no es una cuestión optativa, es un imperativo. La comunión hace fuerte y creíble a la Familia de Don Bosco; la Familia Salesiana está convencida que ha sido querida por Dios para que esté con los jóvenes y para los jóvenes, especialmente los más necesitados; es una Familia cuya exclusividad es la misión juvenil, popular y misionera; en la tarea de comunicar a Jesús y su Palabra, la Familia del Santo de los jóvenes lo hace con la conciencia de ser discípula misionera; una Familia que llega a todos y convence con la amabilidad de Don Bosco. En su quehacer la Familia Salesiana no excluye de ningún modo evaluar intervenciones para verificar procesos, para cambiar y convertirse. En la tarea de la comunión y de la misión se ha de ser creativos, estar dispuestos a evaluar para asegurar un servicio cualificado. Asegurar que las estructuras estén al servicio de las personas. Dice el Papa en la Evangelii Gaudium: "Invito a todos a ser audaces y creativos en esta tarea de repensar los objetivos, las estructuras, el estilo y los métodos evangelizadores de las propias comunidades. Exhorto a todos a aplicar con generosidad y valentía las orientaciones de este documento, sin prohibiciones ni miedos"82. Hemos de reconocer que la “mayoría de nuestras equivocaciones ocurren porque cuando debemos pensar, sentimos; y cuando debemos sentir, pensamos”. 1. La comunión en la misión nos hace creíbles y fuertes La autoridad es un servicio que ha de buscar la unidad y la comunión en la misión. En la vida consagrada la autoridad es ante todo autoridad espiritual, la autoridad está llamada a garantizar a su comunidad el tiempo y la calidad de la oración, la autoridad está llamada a promover la dignidad de la persona, la autoridad está llamada a infundir ánimos y esperanza en las dificultades, la autoridad está llamada a mantener vivo el “sentir cum ecclesia”, la autoridad está llamada a acompañar en el camino de la formación permanente. La autoridad siempre se funda en el servicio y el sacrificio. a) El modelo de unidad y comunión en la misión El Rector Mayor emérito, P. Pascual Chávez, indica que “las tres actitudes indispensables para crecer en comunión son: la amplitud de corazón, la acogida de la diversidad y la voluntad de caminar juntos hacia una meta compartida”83. En un una comunidad, en un grupo o en un equipo, no todos pueden pretender tener la misma fama y prensa, pero todos pueden decir que son campeones. Por otra parte, el Rector Mayor, P. Ángel Fernández Artime, el primer día de las Jornadas de Espiritualidad de este año 2015 ofreció a toda la Familia Salesiana unas buenas noches 82 Exhortación apostólica Evangelli Gaudium del santo padre Francisco a los obispos, a los presbíteros y diáconos, a las personas consagradas y a los fieles laicos sobre el anuncio del Evangelio en el mundo actual, 33. 83 P. Chávez, “La Familia Salesiana ayer y hoy”, en: Actas del Consejo General de la Sociedad salesiana de San Juan Bosco, XC (2009) 403, p. 21-22. 43 sencillas, profundas y salidas de su corazón de padre espiritual de la Familia de Don Bosco que pueden constituirse en el eje conductor del tema que les propongo. Decía el Rector Mayor: “Mis palabras, en esta primera noche, quisieran ser una invitación a lo central y esencial que nos une. Primeramente, la única centralidad y el único importante: El Señor Jesús a quien nos acercamos buscando corrientes de agua viva como dice el Salmo. Es Jesucristo el Señor quien nos une, quien nos convoca por la fuerza del Espíritu de Dios y quien nos quiere en unidad y comunión en torno a Dios Padre. Por eso deseo que estos días sean de una rica y profunda vivencia de fe y de presencia del Señor entre nosotros. Este mismo Señor, es quien nos envía como discípulos-misioneros entre su Pueblo, en su Iglesia. Y en esta Iglesia de la que formamos parte, nosotros, Familia Salesiana, queremos y debemos ser no solamente parte de la Iglesia en salida al encuentro de los que no están entre nosotros, sino una Familia Salesiana que, en todo lo posible, se vea libre o trabaje por liberarse de los peligros y tentaciones que nos anuncia el Papa Francisco, como son un creciente individualismo, una crisis de identidad y caída del fervor84, una pérdida del dinamismo misionero85, y el pragmatismo que desgasta la fe86, así como un pesimismo estéril87. Continua diciendo el Rector Mayor, esta nuestra Familia Salesiana no lo es, por tanto, para contemplarse a sí misma y sentirse, sentirnos, autocomplacidos, sino para confirmarnos y fortalecernos mutuamente en la Fe y responder en todo el mundo, allí donde el Señor nos pone a cada uno, a aquello para lo cual nos ha soñado el Señor viviendo con fidelidad el seguimiento de su Hijo desde el carisma salesiano de Don Bosco. Y en este ser hoy discípulos misioneros desde el lugar donde nos ha plantado el Señor, dos ejes son centrales para no perder nunca nuestro norte. Se trata de un binomio que, en nuestro caso, va muy de la mano: La centralidad de Jesús en nuestras vidas y los jóvenes, entre ellos los más pobres, abandonados y excluidos88. Por otra parte, el Documento de la V Conferencia de Aparecida identifica otro elemento fundamental en la vida del discípulo misionero, la comunión. Dice Aparecida que “la vocación al discipulado misionero es con-vocación a la comunión en su Iglesia. No hay discipulado sin comunión. Ante la tentación, muy presente en la cultura actual, de ser cristianos sin Iglesia y las nuevas búsquedas espirituales individualistas, afirmamos que la fe en Jesucristo nos llegó a través de la comunidad eclesial y ella nos da una familia, la familia universal de Dios en la Iglesia Católica. La fe nos libera del aislamiento del yo, porque nos lleva a la comunión” 89. Además, dice el Santo Padre que "quien quiera vivir con dignidad y plenitud no tiene otro camino más que reconocer al otro y buscar su bien… La vida se acrecienta dándola y se debilita en el aislamiento y la comodidad. Se crece y madura en la medida que nos damos a los otros"90. El discipulado misionero es vocación: llamado e invitación. Se da en un “hoy” pero “en tensión”. No existe el discipulado misionero estático. El discípulo misionero no puede poseerse 84 Evangelli Gaudium, 78. Evangelli Gaudium, 81. 86 Evangelli Gaudium, 83. 87 Evangelli Gaudium, 84. 88 Buenas noches del Rector Mayor, P. Ángel Fernández Artime, en las XXXIII Jornadas de Espiritualidad de la Familia Salesiana, el día 15 de enero de 2015. 89 Aparecida, 156. 90 Evangelli Gaudium, 9 y 10. 85 44 a sí mismo, su inmanencia está en tensión hacia la trascendencia del discipulado y hacia la trascendencia de la misión. No admite la autorreferencialidad: o se refiere a Jesucristo o se refiere al pueblo a quien se debe anunciar. Sujeto que se trasciende. Sujeto proyectado hacia el encuentro: el encuentro con el Maestro (que nos unge discípulos) y el encuentro con los hombres que esperan el anuncio. Por eso, me gusta decir que la posición del discípulo misionero no es una posición de centro sino de periferias: vive tensionado hacia las periferias… incluso las de la eternidad en el encuentro con Jesucristo. En el anuncio evangélico, hablar de “periferias existenciales” descentra, y habitualmente tenemos miedo a salir del centro. El discípulo-misionero es un descentrado: el centro es Jesucristo, que convoca y envía. El discípulo es enviado a las periferias existenciales. b) Ejercicio de la autoridad y misión en los grupos de la Familia Salesiana El Papa Francisco cuando se dirigió a la Unión Internacional de Superioras Generales subrayó aspectos importantes sobre el concepto de la autoridad en la vida religiosa. Partiendo del Evangelio les dijo: “La autoridad es servicio: nunca debemos olvidar que el poder verdadero, en todos los niveles, es el servicio, que tiene su cumbre luminosa en la cruz. Benedicto XVI, con gran sabiduría, ha recordado varias veces a la Iglesia que, si para el hombre a menudo la autoridad es sinónimo de posesión, de dominio, de éxito, para Dios la autoridad es siempre sinónimo de servicio, de humildad, de amor; significa entrar en la lógica de Jesús, que se inclina para lavar los pies de los Apóstoles91 y que dice a sus discípulos: “Sabéis que los jefes de los pueblos los tiranizan […]. No será así entre vosotros –precisamente el lema de vuestra Asamblea: “No será así entre vosotros”–: el que quiera ser grande entre vosotros, que sea vuestro servidor, y el que quiera ser primero entre vosotros, que sea vuestro esclavo”92. Pensemos en el daño que ocasionan al Pueblo de Dios los hombres y las mujeres de Iglesia arribistas, «trepas», que «utilizan» al pueblo, a la Iglesia, a sus hermanos y hermanas –ellos, que deberían servir– como trampolín para sus intereses y ambiciones personales. Estos hacen un gran daño a la Iglesia. Sabed ejercer siempre la autoridad acompañando, comprendiendo, ayudando, amando; abrazando a todos y a todas, y especialmente a las personas que se sienten solas, excluidas, áridas, en las periferias existenciales del corazón humano. Mantengamos la mirada puesta en la cruz: ahí se sitúa toda autoridad en la Iglesia, donde Aquel que es el Señor se convierte en siervo hasta la entrega total de sí”93. El ejercicio de la autoridad es una facultad natural que confiere al que la posee el don de generar el respeto y la fraternidad. La autoridad es pues fuente natural de fuerza moral. Con bondad y amabilidad se adquiere autoridad. Quien ejerce la autoridad está llamado, en primer lugar, a ser un discípulo misionero entre los suyos. Según Don Bosco “el que desee ser amado antes que temido ejerza el poder con mansedumbre”. En la Familia Salesiana el servicio de la autoridad se ha de ejercer siguiendo los criterios del evangelio y de don Bosco: la amabilidad, la humildad y el respeto. El que sirve ha de ser el “primero entre iguales”. 91 Cf. Ángelus del Papa Benedicto XVI, 29-1-12. Mt 20, 25-27. 93 Discurso del Papa Francisco a la Plenaria de la Unión Internacional de Superioras Generales (UISG), 8 mayo de 2013. 92 45 Los miembros de la Familia Salesiana son conscientes de que “la misión de Don Bosco y de su Familia espiritual se inserta en la vocación común cristiana al apostolado”. El Espíritu llama y envía a los diversos Grupos de la Familia Salesiana a desplegar su misión. Cada grupo, de forma original, asume y define el propio compromiso en la Iglesia. La misión carismática encuentra además actuación práctica en el derecho especial de cada grupo de la Familia Salesiana. En algunos grupos de la Familia Salesiana es una autoridad que envía, como por ejemplo: la Sociedad de San Francisco de Sales, el Instituto de las Hijas de María Auxiliadora, los demás Institutos religiosos, En algunos casos, el sujeto que envía es colegial: esto sucede, por ejemplo, en la elección de los miembros del Consejo general por obra de una asamblea capitular. Otros grupos de la Familia Salesiana no tienen una autoridad que les envía, tal es el caso de: las Voluntarias de Don Bosco, los otros Institutos seculares, los Salesianos Cooperadores, las Damas Salesianas, las demás Asociaciones laicales salesianas. Pero cada persona está obligada a seguir fielmente las indicaciones sobre la misión, contenidas en sus Estatutos, que determinan, en base al derecho especial, el ejercicio concreto del apostolado salesiano secular94. La Familia Salesiana es una Familia apostólica. Los Grupos que la componen son todos sujetos responsables de la misión común, aunque en medida y formas diversas.95 Don Bosco al fundar la Sociedad de San Francisco de Sales y el Instituto de las Hijas de María Auxiliadora, los configuró como Congregaciones religiosas, no contemplativas sino “apostólicas”. Algunos Grupos han surgido en los llamados lugares de “misión” con el fin específico de participar en la obra de evangelización ad gentes en la diversidad de los contextos y de las culturas. Entran en esta categoría las: 94 95 Hermanas de la Caridad de Jesús, Hermanas Esclavas del Corazón Inmaculado de María, Hermanas Misioneras de María Auxilio de los Cristianos, Hermanas Catequistas de María Inmaculada Auxiliadora, Hijas de la Realeza de María Inmaculada, Hermanas Anunciadoras del Señor, Hermanas de María Auxiliadora. Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 14. Cf. Actas del Capítulo General Especial de los Salesianos de Don Bosco, 163. 46 Otras asociaciones eclesiales de tipo apostólico, fueron fundadas con el objetivo específico de realizar de modo amplio y capilar y con modalidad secular, la misión de Don Bosco y de los respectivos Fundadores. Entran en esta categoría: la Asociación de los Salesianos Cooperadores, las Damas Salesianas, los Testigos del Resucitado, la Comunidad Cançâo Nova. En la Familia Salesiana hay grupos que también realizan un apostolado salesiano de tipo secular en el contexto de la familia, del mundo del trabajo, de las relaciones sociales y de los compromisos civiles. Entran en esta categoría: los Institutos seculares de las Voluntarias de Don Bosco, las Hijas de la Realeza de María Inmaculada, los Voluntarios Con Don Bosco, los Discípulos. En virtud de su vocación especial, cada persona que pertenece a los distintos grupos es una enviada, llamada por tanto a desplegar la misión común según el papel que se le ha confiado, su capacidad y las posibilidades que le son propias96. Todos los grupos están llamados a vivir y a construir la unidad al interno del propio grupo y con los demás grupos de la Familia Salesiana. La Familia Salesiana ha de evitar por todos los medios “la enfermedad de los círculos cerrados”. Una enfermedad diagnosticada por el Papa Francisco e indicada en el discurso que dirigió a la Curia Romana en ocasión de las felicitaciones navideñas del 2014. Él habló de 15 enfermedades curiales. Cualquier cristiano la puede padecer. Dice el Papa: “la pertenencia al grupito se vuelve más fuerte de la pertenencia al Cuerpo y, en algunas situaciones, a Cristo mismo. También esta enfermedad comienza siempre de buenas intenciones, pero, con el paso del tiempo, esclaviza a los miembros convirtiéndose en un ‘cáncer’ que amenaza la armonía del Cuerpo y causa tanto mal –escándalos- especialmente a nuestros hermanos más pequeños. La autodestrucción o el ‘fuego amigo’ de las comilonas es el peligro más sutil. Es el mal que golpea desde dentro, y como dice Cristo, ‘cada reino dividido en sí mismo va a la ruina’”97. Cuando una organización fecunda como la Familia Salesiana resulta infectada por la enfermedad del “yo” las personas que generan el 20 por ciento de los resultados empiezan a creer que merecen el ochenta por ciento de las recompensas. La única y más importante de las recompensa que Don Bosco asegura a sus hijos espirituales es “pan, trabajo y paraíso”, es decir, la santidad. Y la santidad se alcanza construyendo la misión en la comunión. 96 Carta de la Identidad de la Familia Salesiana de Don Bosco, 15. http://es.radiovaticana.va/news/2014/12/22/papa_francisco_alerta_sobre_las_15_%E2%80%9 Cenfermedades_curiales%E2%80%9D/1115717 ; Lc 11,17. 97 47 El superior o superiora ha de ser un constructor y un motivador de la comunión, del trabajo en equipo, del dialogo y de la sinergia. "El espíritu de equipo es la habilidad para trabajar juntos en vistas a una meta común. La habilidad para encaminar los logros individuales hacia objetivos corporativos. Es el combustible que permite a la gente común alcanzar objetivos pocos comunes". El Padre espiritual de la Familia Salesiana, Don Bosco, fue un hombre de comunión que logró objetivos extraordinarios y poco comunes para su época. Supo desafiar la mentalidad del “así se ha hecho siempre” para dar paso a la novedad y frescura de un carisma revolucionario. El Todopoderoso cuide la Familia salesiana, a sus grupos y sus miembros de la mundanidad. El Papa Francisco lo expresa en estos términos: “¡Dios nos libre de una Iglesia mundana bajo ropajes espirituales o pastorales! Esta mundanidad asfixiante se sana tomándole el gusto al aire puro del Espíritu Santo, que nos libera de estar centrados en nosotros mismos, escondidos en una apariencia religiosa vacía de Dios. ¡No nos dejemos robar el Evangelio!”98. El Rector Mayor, P. Ángel Fernández Artime, en su mensaje final de las Jornadas de Espiritualidad 2015 indicó que el mal uso del poder afecta la fidelidad de sus grupos, la fuerza de la Familia Salesiana está en la comunión y en la fraternidad: “Nuestra fidelidad corre grave riesgo cuando se vive desde el poder y la fuerza, desde el que tiene y porque tiene da o quita, ofrece o niega... Y si este poder y fuerza va unido al recurso del dinero, entonces el riesgo se hace aún mayor. Atención hermanas y hermanos, religiosos, religiosas, consagrados, y laicos de nuestra Familia Salesiana, a esta verdadera y muy peligrosa tentación. Nuestra fuerza consiste en vivir una verdadera comunión y una fraternidad que sea tan evangélica como para ser interpelante, atractiva en sí misma, y nuestra comunión en el servicio, en el seno de cada una de nuestras instituciones o grupos, y en nuestra Familia hablará también por sí misma”99. Lo más hermoso de la misión en comunión es que siempre tienes al otro (el grupo, la comunidad, la persona) a tu lado. c) Comunión y colaboración en la misión La Familia Salesiana posee en Jesús el modelo acabado de comunión y colaboración en la misión. La comunión con Jesús, fuente de la comunión de los cristianos entre sí, es condición indispensable para dar fruto; y la comunión con los demás, don de Cristo y de su Espíritu, es el fruto más hermoso que los sarmientos pueden dar. En este sentido, comunión y misión están inseparablemente unidas, se hallan entrelazadas y se implican mutuamente, de tal forma que "la comunión representa a la vez la fuente y el fruto de la misión: la comunión es misionera y la misión es para la comunión"100. Los documentos Ecclesia in Asia y Ecclesia in Europa recalcan de múltiples formas la importancia de la "comunión para la misión" y la "misión de comunión". Dice Ecclesia in Asia hace un llamado a considerar a todos los miembros de la Iglesia sujetos de la misión de evangelizar a los pueblos. “Con el fin de edificar la "comunión para la misión" y la "misión de comunión", debe reconocerse, desarrollarse y utilizarse de forma eficaz el carisma singular de cada miembro. En particular, es necesario promover una mayor implicación de los laicos y de las personas consagradas en la programación pastoral y en el proceso de toma 98 Evangelii Gaudium, 97. Ángel. F. Artime, Mensaje conclusivo de las XXXIII Jornadas de Espiritualidad de la Familia Salesiana 2015, “El futuro del carisma en nuestra Familia Salesiana, 18 de enero de 2015. 100 Exhortación apostólica postsinodal Christifideles laici, 32. 99 48 de decisiones mediante estructuras de participación, como los consejos pastorales y las asambleas parroquiales”101. Este es un llamado fuerte a involucrar a todos en la misión de la Iglesia. Una invitación a crear la comunión para lograr la misión. Es una invitación a la Familia Salesiana y a sus grupos a aportar el propio carisma para enriquecer el carisma de Don Bosco y de su grande Familia. Por otra parte, el Documento Ecclesia in Europa resalta, entre otras cosas, la necesidad de la colaboración entre las iglesias particulares: “Las Iglesias particulares no pueden estar solas a la hora de afrontar el reto que se les presenta. Se necesita una auténtica colaboración entre todas las Iglesias particulares del Continente, que sea expresión de su comunión esencial; colaboración exigida también por la nueva realidad europea”102. La colaboración entre los grupos de la Familia Salesiana es un llamado eclesial, es una petición de Don Bosco mismo. La colaboración en la misión nos hará fuertes y visibles en la Iglesia y en la sociedad. Como Familia Salesiana estamos implicados en el ejercicio de esa solidaridad a través de los diversos tipos de intervenciones educativas y apostólicas: “La educación, que es la forma más alta de solidaridad, si se la toma, se la comprende y se realiza según los criterios que sugiere la asistencia salesiana. Hoy podríamos definirla como «ética del ser prójimo», es decir: intervenciones personalizadas, relaciones de amistad y de confianza, escucha de las esperanzas más profundas de los jóvenes y de los pobres, búsqueda de respuestas posibles y eficaces, acompañamiento fiel103.” El Papa san Juan Pablo II decía que “La solidaridad no es un sentimiento superficial, es la determinación firme y perseverante de empeñarse por el bien común, es decir, el bien de todos y cada uno para que todos seamos realmente responsables de todos”. El lazo que une a los miembros de nuestra Familia es el de una “comunión misionera”.104 Los diversos grupos, por eso, están llamados a vivir el don de la comunión que procede de Dios, desplegando el servicio evangélico, común y sin embargo diferenciado según los destinatarios específicos, los objeticos peculiares y los diferentes estilos. Don Bosco mostró en toda su acción de educador, pastor y fundador una gran capacidad de intuir las posibilidades y las dotes de cada uno, de corresponsabilizar aún a los más jóvenes entre sus colaboradores, de armonizar en el trabajo apostólico competencias muy diversas, distinguir para cada uno un trabajo adecuado a su índole, a su ingenio, a su formación. Fue siempre consciente de la necesidad de una caridad cooperativa en el servicio educativo y pastoral, convencido de que el Espíritu Santo suscita los carismas en beneficio de toda la Iglesia. La comunión entre los grupos en y para la misión se está mostrando cada vez más indispensable para el compromiso educativo y misionero; en efecto se advierte como urgente la necesidad de 101 Exhortación apostólica postsinodal "Ecclesia in Asia" del santo padre Juan Pablo II a los obispos, a los presbíteros y a los diáconos, a las personas consagradas y a todos los fieles laicos sobre Jesucristo el salvador y su misión de amor y de servicio en Asia: "Para que tengan vida y la tengan en abundancia" (Jn 10, 10), 25. 102 Exhortación apostólica postsinodal Ecclesia in Europa del santo padre Juan Pablo II a los obispos, a los presbíteros y diáconos, a los consagrados y consagradas y a todos los fieles laicos sobre Jesucristo vivo en su iglesia y fuente de esperanza para Europa, 53. 103 Carta de Identidad de la Familia Salesiana, 9. 104 Exhortación apostólica post-sinodal Christifideles laici de su santidad Juan Pablo II sobre vocación y misión de los laicos en la iglesia y en el mundo, a los obispos, a los sacerdotes y diáconos, a los religiosos y religiosas, a todos los fieles laicos, 32. 49 conectar las intervenciones, de proponer diversos modelos de vida cristiana y de garantizar ministerios complementarios. Así, trabajar juntos intensifica la eficacia del testimonio, hace más convincente el anuncio del Evangelio, favorece una caridad apostólica más viva, permite profundizar los rasgos característicos de cada grupo mientras manifiesta y potencia la identidad de la Familia en la comunión y en la misión. Los miembros de la Familia Salesiana no trabajamos juntos por puro capricho, sino para acometer juntos grandes empresa. Por esto, aun respetando la autonomía de cada grupo, hay que custodiar y, si es necesario, inventar formas posibles de colaboración105. Es esencial despojarse de juicios y prejuicios, superar sensibilidades personales para acoger a todos los demás, compartir problemas, perspectivas y expectativas de los jóvenes. Conviene tener siempre presente que “no hay que apagar la luz del otro para que brille la nuestra”. Hemos de tomar conciencia de que nunca es tarde para abandonar los prejuicios: “una mala actitud es como un neumático desinflado. No puedes ir a ningún lado hasta que lo cambies”. El Papa Francisco alerta sobre otra posible enfermedad que puede afectar la comunión en la misión y la misión de la comunión: “La enfermedad de la indiferencia hacia los demás”106. Cuando cada uno sólo piensa en sí mismo y pierde la sinceridad y el calor de las relaciones humanas. Cuando el más experto no pone su conocimiento al servicio de los colegas menos expertos. Cuando se sabe algo se posee para sí mismo en lugar de compartirlo positivamente con los otros. Cuando, por celos o por astucia, se siente alegría viendo al otro caer en lugar de levantarlo y animarlo”. Esta es una enfermedad y tentación que puede afectar a cualquier cristiano y por supuesto a cualquier miembro de la Familia Salesiana. La gestión de proyectos comunes es uno de los medicamentos más eficaces para combatir la enfermedad de la “indiferencia hacia los demás”. El Papa Francisco en el mensaje de la cuaresma del 2015 dice: “La indiferencia hacia el prójimo y hacia Dios es una tentación real también para los cristianos. Hay que globalizar la misericordia, la caridad y la solidaridad. Por eso, necesitamos oír en cada Cuaresma el grito de los profetas que levantan su voz y nos despiertan”. Continúa indicando el Papa: “Para superar la indiferencia y nuestras pretensiones de omnipotencia, quiero pedir a todos que este tiempo de Cuaresma se viva como un camino de formación del corazón, como dijo Benedicto XVI: “El imperativo del amor al prójimo ha sido grabado por el Creador en la naturaleza misma del hombre … La fuerza del cristianismo se extiende mucho más allá de las fronteras de la fe cristiana … La actividad caritativa cristiana ha de ser independiente de partidos e ideologías … El amor es gratuito; no se practica para obtener otros objetivos … Quien ejerce la caridad en nombre de la Iglesia nunca tratará de imponer a los demás la fe de la Iglesia … La mejor defensa de Dios y del hombre consiste precisamente en el amor”107. En fin, el momento de compartir con otros grupos de la Familia Salesiana la gestión de obras y casas ha llegado. Esta es una decisión que habla de que formamos parte de una familia sana. Lo hacemos no porque los religiosos o consagrados hoy seamos menos, sino porque es una condición evangélica del discípulo misionero. “Jesús llamó a los Doce y comenzó a enviarlos 105 Carta de Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 19. http://es.radiovaticana.va/news/2014/12/22/papa_francisco_alerta_sobre_las_15_%E2%80%9 Cenfermedades_curiales%E2%80%9D/1115717 107 Carta encíclica Deus caritas est del sumo pontífice Benedicto XVI a los obispos, a los presbíteros y diáconos, a las personas consagradas y a todos los fieles laicos sobre el amor cristiano, 31. 106 50 de dos en dos, dándoles poder sobre los espíritus inmundos”108. Jesús los manda de dos en dos y les da instrucciones, que el evangelista resume en pocas frases. La primera se refiere al espíritu de desprendimiento: los apóstoles no deben estar apegados al dinero ni a la comodidad. Jesús además advierte a los discípulos de que no recibirán siempre una acogida favorable: a veces serán rechazados; incluso puede que hasta sean perseguidos. Lo mejor que se puede hacer por otro no es sólo compartir con él nuestras riquezas, sino mostrarle las suyas. Por los jóvenes hemos de estar dispuestos a ser lo mejor que podemos ser. 2. Una familia en misión con los jóvenes y para los jóvenes más necesitados La Iglesia ve en la juventud una enorme fuerza renovadora, símbolo de la misma Iglesia. Esto lo hace por vocación y no por táctica, ya que está “llamada a constante renovación de sí misma, o sea, a un incesante rejuvenecimiento”109. El servicio a la juventud realizado con humildad debe hacer cambiar en la Iglesia cualquiera actitud de desconfianza o de incoherencia hacia los jóvenes110. En la Exhortación apostólica Evangelii Gaudium111 el papa Francisco recuerda que “los pobres son los destinatarios privilegiados del Evangelio”, citando a Benedicto XVI, para afirmar “sin vueltas que existe un vínculo inseparable entre nuestra fe y los pobres”. En efecto, prosigue el Papa Francisco, “para la Iglesia la opción por los pobres es una categoría teológica antes que cultural, sociológica, política o filosófica”, que expresa una “forma especial de primacía en el ejercicio de la caridad cristiana, de la cual da testimonio toda la tradición de la Iglesia” 112. Es una opción que “está implícita en la fe cristológica en aquel Dios que se ha hecho pobre por nosotros, enriqueciéndonos de su pobreza”113. La misión de la Familia Salesiana se dirige a los jóvenes y a los adultos, considerados como protagonistas y destinatarios de la educación y situados en sus contextos sociales, culturales, religiosos y eclesiales especiales, con particular referencia a los “lugares de misión”. Para indicar esto se ha hecho de uso corriente la fórmula misión juvenil, popular y misionera, tres dimensiones que se integran mutuamente114. La predilección de Don Bosco por los jóvenes, por cada joven, le llevaba a hacer lo que fuese, a romper “todo molde”, todo estereotipo con tal de llegar a ellos. La predilección por los muchachos llevaba a Don Bosco a entregarse del todo en la búsqueda de su bien, de su crecimiento, desarrollo y bienestar humano y de su salvación eterna. Ese era el horizonte de vida de nuestro padre: ¡ser todo para ellos, hasta el último suspiro! El amor de Don Bosco por estos jóvenes se manifestaba en gestos concretos y oportunos. Se interesaba por toda su vida, enterándose de las necesidades más urgentes e intuyendo las más ocultas. Afirmar que su corazón se entregaba totalmente a los jóvenes significa que toda su persona, inteligencia, corazón, voluntad, fuerza física, todo su ser estaba orientado a hacerles en bien, a promover su crecimiento integral, a desear su salvación eterna. 108 Marcos 6,7. Juan Pablo II, Alocución Juventud 2: AAS 71 p. 218. 110 III Conferencia General del Episcopado Latinoamericano, Puebla, 1178. 111 Evangelii Gaudium, 48. 112 Carta encíclica Sollicitudo Rei Socialis del Santo Padre San Juan Pablo II en el veintésimo aniversario de la Populorum Progressio, 42. 113 El Papa Francisco cita el texto del papa Benedicto XVI en el discurso inaugural de la V Conferencia General del Episcopado latinoamericano en Aparecida, 13 de mayo de 2007. 114 Carta de Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 16. 109 51 Este mismo ardor lo llevó, con criterios similares, y con el mismo espíritu, a buscar una solución a los problemas de las jóvenes, con la cercanía de la Cofundadora María Dominica Mazzarello y el grupo de mujeres jóvenes unidas a ella y dedicadas, en el ámbito parroquial, a la formación cristiana de las chicas. Su corazón pastoral lo animó, de igual manera, a contar con otros colaboradores, hombres y mujeres, “consagrados con votos estables, cooperadores asociados en el compartir los ideales pedagógicos y apostólicos”115. Y en el centro de todo este hacer y de su visión ha estado, como verdadero movilizador de su fuerza personal “el hecho de que Don Bosco realiza su santidad personal mediante el compromiso educativo vivido con celo y corazón apostólico”116, la caridad pastoral. Esa caridad pastoral que para Don Bosco, precisamente por sentirse envuelto en la Trama de Dios significaba que Dios tenía la primacía en su vida, era Él la razón de su vivir, de su hacer, de su ministerio sacerdotal, hasta el punto de abandonarse en Él hasta la temeridad. Este sentirse envuelto en la Trama de Dios significaba, por eso mismo, amar al joven, a todo joven, cualquiera que fuese su estado o situación, para llevarlo a la plenitud de ese ser humano, que se ha manifestado en el Señor Jesús y que se concretaba en la posibilidad de vivir como honrado ciudadano y como buen hijo de Dios. Y esta ha de ser la clave de nuestro ser, vivir y actuar el carisma salesiano. Si llegamos a sentir en las propias entrañas, en lo más profundo de cada una y de cada uno de nosotros, ese fuego, esa pasión educativa que llevaba a Don Bosco a encontrarse con el joven en el tú a tú, creyendo en él, confiando en que en cada uno siempre hay semilla de bondad y de Reino, para ayudarlos a dar lo mejor de sí mismos y acercarlos al encuentro con el Señor Jesús, entonces estaremos haciendo realidad, sin duda, lo más bello de este nuestro carisma salesiano. 3. Una familia al servicio de la misión juvenil, popular y misionera La misión compartida no es una simple idea. Es una fuerza en el corazón de las personas, una fuerza de impresionante poder. El impulso surge del mismo bautismo recibido y de la Palabra aceptada, vivida y anunciada. En el acta de fundación de la Congregación salesiana y sobre todo en el desarrollo histórico de la múltiple obra de Don Bosco, podemos conocer las finalidades de la Familia Salesiana, que poco a poco se iban delineando. “Nosotros estamos llamados a ser apóstoles de los jóvenes, en los ambientes populares, en las zonas más pobres y en las misiones. (…) Mientras estamos en medio de ellos como educadores, como hizo nuestro Padre Don Bosco, los involucramos como nuestros primeros colaboradores, les damos responsabilidades, los ayudamos a asumir iniciativas, los capacitamos para ser apóstoles de sus compañeros. De ese modo nosotros podemos dilatar cada vez más el gran corazón de Don Bosco, al que le habría gustado abarcar y servir a todos los jóvenes del mundo”. En cualquier manual actual de gestión de empresas u organizaciones se empieza resaltando la importancia de la misión y la visión. La claridad de la misión y la visión en la Familia Salesiana la ha transmitido Don Bosco con mucha claridad. 115 116 P. Ruffinatto, Educhiamo con il cuore di Don Bosco, in: “Note di Pastorale Giovanile”, (2007) 6, p. 10. P. Ruffinatto, op. cit. p. 5. 52 La Carta de Identidad Carismática de la Familia Salesiana117 es explícita cuando se refiera a la misión de la Familia Salesiana se dirige a los jóvenes y a los adultos, considerados como protagonistas y destinatarios de la educación y situados en sus contextos sociales, culturales, religiosos y eclesiales especiales, con particular referencia a los «lugares de misión». Para indicar esto se ha hecho de uso corriente la fórmula misión juvenil, popular y misionera, tres dimensiones que se integran mutuamente. No se puede hablar de una misión-visión compartida si no hay seguidores. Los treinta grupos de la Familia Salesiana comparten la misión juvenil, popular y misionera con matizaciones que enriquecen la misión de Don Bosco. Según las precisas intenciones de Don Bosco, los grupos de la Familia fundados por él tienen como destinatarios privilegiados a los jóvenes pobres, abandonados, en peligro o, con lenguaje moderno, la juventud masculina y femenina más necesitada de ayuda por sus situaciones de pobreza económica, de carencia afectiva, cultural o espiritual. Esta opción la comparten de modo explícito otros grupos y la tienen codificada en sus textos constitucionales. En el mundo de los jóvenes, todos los grupos prestan una atención especial a los que revelan signos de vocación apostólica específica, laical, consagrada y sacerdotal. Algunos grupos de la Familia Salesiana que se dirigen preferentemente a: los adolescentes los jóvenes varones la juventud femenina la totalidad de la juventud sin distinción. Son numerosos los grupos de la Familia Salesiana que prestan una atención privilegiada a los jóvenes y a las jóvenes víctimas de formas graves de marginación, abuso y violencia. Iluminado por lo Alto, Don Bosco se interesó también por los adultos, con preferencia por los más humildes y pobres, por las clases populares, el subproletariado urbano, los emigrantes, los marginados, en una palabra, por todos los más necesitados de ayuda material y espiritual. Fieles a la orientación de Don Bosco, los grupos de la Familia Salesiana comparten esta opción preferencial. La Asociación de María Auxiliadora ha incluido en su nuevo Reglamento el apostolado salesiano orientado especialmente a la clase popular. En virtud de un carisma especial, algunos grupos de la Familia Salesiana, extienden su apostolado salesiano a categorías especiales de personas, como por ejemplo: Las Hijas de los Sagrados Corazones a los leprosos, Las Hermanas de la Caridad de Jesús a los ancianos, Las Damas Salesianas a los enfermos. Don Bosco cultivó el ideal misionero y participó de forma concreta en la obra misionera de la Iglesia de su tiempo. Quiso que la Sociedad Salesiana y el Instituto de las Hijas de María Auxiliadora se dedicasen a las «misiones»; y es lo que hicieron las dos Congregaciones religiosas desde sus orígenes, con una extraordinaria expansión que las ha hecho presentes en todos los continentes. La cooperación misionera ha sido también, desde su comienzo, una dimensión esencial de: La Asociación de los Salesianos Cooperadores, Las Hermanas Misioneras de María Auxilio de los Cristianos 117 Carta de Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 16. 53 Las Hermanas Catequistas de María Inmaculada Auxiliadora se dedican de manera prioritaria al trabajo misionero. Las Voluntarias de Don Bosco, Las Hijas de los Sagrados Corazones, Las Salesianas Oblatas del Sagrado Corazón de Jesús, Las Hermanas de la Caridad de Jesús, Los Testigos del Resucitado, Las Damas Salesianas Los Discípulos. Los grupos de la Familia Salesiana se renuevan en la medida que son fieles a su vocación, a su carisma y a la Iglesia. “Toda la renovación de la Iglesia consiste esencialmente en el aumento de la fidelidad a su vocación… Sin vida nueva y auténtico espíritu evangélico, sin « fidelidad de la Iglesia a la propia vocación », cualquier estructura nueva se corrompe en poco tiempo”118. Conviene resaltar la preciosa aportación de la mujer en la misión de la Familia Salesiana en el mundo. Son diversos los Institutos y Congregaciones femeninas de la Familia espiritual de Don Bosco. Ellas se distinguen por ser personas capacitadas en todos los aspectos: intelectuales, afectivos y morales. Mujeres apasionadas por la misión, combativas y que aspiran a lo mejor. 4. Enviados a anunciar el evangelio a los jóvenes como discípulos misioneros Los miembros de la familia Salesiana en virtud de su bautismo, están llamados a ser discípulos y misioneros de Jesucristo. “Esto conlleva seguirlo, vivir en intimidad con él, imitar su ejemplo y dar testimonio”119. El Papa Francisco en la Evangelii Gaudium dice: “la nueva evangelización debe implicar un nuevo protagonismo de cada uno de los bautizados… Todo cristiano es misionero en la medida en que se ha encontrado con el amor de Dios en Cristo Jesús; ya no decimos que somos «discípulos» y «misioneros », sino que somos siempre “discípulos misioneros"120. La Familia Salesiana en su misión evangelizadora de los jóvenes nunca se deja paralizar por el miedo que pudiera generar hoy la sociedad. “La alegría del discípulo no es un sentimiento de bienestar egoísta sino una certeza que brota de la fe, que serena el corazón y capacita para anunciar la buena noticia del amor de Dios. Conocer a Jesús es el mejor regalo que puede recibir cualquier persona; haberlo encontrado nosotros es lo mejor que nos ha ocurrido en la vida, y darlo a conocer con nuestra palabra y obras es nuestro gozo”121. A Don Bosco le movió siempre un principio que todavía hoy es actual: No hay más que uno modo de ser felices: vivir para los demás. Es el tipo de generosidad que mueve al discípulo misionero. Además, ante la posibilidad de salvar a un joven, lo demás no cuenta porque "la juventud es el suplemento vitamínico de la anémica rutina social." La Familia espiritual de Don Bosco es consciente de que “en la generosidad de los misioneros se manifiesta la generosidad de Dios, en la gratuidad de los apóstoles aparece la gratuidad del 118 Evangelii Gaudium, 26. V Conferencia General del Episcopado latinoamericano y del Caribe. Documento conclusivo. Aparecida, 1331 de mayo de 2007, Introducción. 120 Exhortación Apostólica Evangelii Gaudium del Santo Padre Francisco a los obispos, a los presbíteros y diáconos, a las personas consagradas y a los fieles laicos sobre el anuncio del Evangelio en el mundo actual, 120. 121 Aparecida, 29. 119 54 Evangelio”122. Siendo generosos reflejamos el corazón mismo de Dios. La generosidad no consiste en dar mucho, sino en dar a tiempo. Los miembros de la familia de Don Bosco en la labor educativo y evangelizadora de los jóvenes son conscientes de que en la medida que se conoce la realidad se sirve mejor. Decía el Papa Benedicto XVI: “Sólo quien reconoce a Dios, conoce la realidad y puede responder a ella de modo adecuado y realmente humano”123. Los Jóvenes no solos han de ser objeto de evangelización, sino sobre todo, han de ser sujeto de la evangelización. Este es el deseo del Papa Francisco: “¡Qué bueno es que los jóvenes sean «callejeros de la fe», felices de llevar a Jesucristo a cada esquina, a cada plaza, a cada rincón de la tierra!”124. El hombre hoy busca excluir a Dios de su horizonte para ponerse él mismo en el lugar de Dios dando como resultado un individualismo exacerbado, la vida sin sentido, el subjetivismo hedonista. “El individualismo debilita los vínculos comunitarios y pone una radical transformación del tiempo y del espacio, dando un papel primordial a la imaginación”125. Ante el subjetivismo hedonista, Jesús propone entregar la vida para ganarla, porque “quien aprecia su vida terrena, la perderá”126. Ante la exclusión del subjetivismo y del hedonismo, Jesús defiende los derechos de los débiles y la vida digna de todo ser humano. En la medida que al interno de los grupos de la Familia Salesiana y entre ellos, “crece la conciencia de pertenencia a Cristo, en razón de la gratitud y alegría que produce, crece también el ímpetu de comunicar a todos el don de ese encuentro. La misión no se limita a un programa o proyecto, sino que es compartir la experiencia del acontecimiento del encuentro con Cristo, testimoniarlo y anunciarlo de persona a persona, de comunidad a comunidad, y de la Iglesia a todos los confines del mundo”127. En la medida que la Familia Salesiana se acerca más Cristo se distancia de la mundanidad y se acerca a la misión común. La multitud de personas involucradas en la labor educativo-pastoral como discípulos misioneros en la Familia Salesiana escuchamos a cada instante el susurro del Padre espiritual que nos dice al oído: Haz todo el bien que puedas, por todos los medios que puedas, de todas las formas que puedas, en todos los lugares que puedas, todas las veces que puedas, a todas las personas que puedas, todo el tiempo que puedas. La generosidad es la manifestación del amor de Dios a los suyos, es hacer presente a Dios en las situaciones más difíciles y desesperadas. 5. La amabilidad salesiana un estilo que convence Decía don Bosco que "la amabilidad en el hablar, en el obrar y en reprender, lo gana todo y a todos." La amabilidad supera el propio egoísmo, para abrirse a las necesidades del otro. La amabilidad es signo visible y humano del amor de Dios. La amabilidad camina junto con la razón, para evitar que se pueda perder en la simple emoción. “El que sabe que es amado, ama; y el que es amado lo consigue todo, especialmente de los jóvenes”, dice Don Bosco en la carta del 10 de mayo de 1884; y puntualiza: “El que quiere ser amado es menester que demuestre que ama. Jesucristo se hizo pequeño con los pequeños y cargó con nuestras enfermedades…, no 122 Aparecida, 31. Discurso Inaugural de S. S. Benedicto XVI en la V Conferencia General Del Episcopado Latinoamericano. 124 Evangelli Gaudium, 106. 125 Aparecida, 44. 126 Juan 12,25. 127 Aparecida, 145. 123 55 quebró la caña rota ni apagó la mecha humeante. He aquí el maestro de la familiaridad. Él sea vuestro modelo”128. El Papa Francisco al comentar la doceava enfermedad, “la enfermedad de la cara de funeral”, señaló: “las personas bruscas y groseras, quienes consideran que para ser serios es necesario pintar el rostro de melancolía, de severidad y tratar a los demás -sobre todo a los que consideran inferiores- con rigidez, dureza y arrogancia. En realidad, la severidad teatral y el pesimismo estéril son a menudo síntomas de miedo y de inseguridad de sí. El apóstol debe esforzarse para ser una persona cortés, serena, entusiasta y alegre que transmite felicidad en donde se encuentra. Un corazón lleno de Dios es un corazón feliz que irradia y contagia con la alegría a todos los que están alrededor de él: se ve inmediatamente. No perdamos, por lo tanto, el espíritu alegre, lleno de humor e incluso auto-irónicos, que nos convierte en personas amables, también en las situaciones difíciles. Qué bien nos hace una buena dosis de un sano humorismo. Nos hará muy bien rezar frecuentemente la oración de Santo Tomás Moro129: yo la rezo todos los días, me hace bien”130. El Rector Mayor hablando de la amabilidad salesiana y la misión en la homilía que pronunció el 31 de enero del 2015 en la Basílica de María Auxiliadora, se expresó en estos términos: “La carta de Pablo a los Filipenses, recuerda que “vuestra amabilidad sea conocida por todos los hombres. ¡El Señor está cerca!”. Somos hijos de un Padre que ha vivido intensamente esta invitación. Él era verdaderamente un pastor afable, un fiel seguidor de San Francisco de Sales. La afabilidad, la familiaridad, valores tan característico de nuestra presencia, la cortesía, la amabilidad y la bondad, es decir, la típica amabilidad salesiana, no se improvisan. Pero ni siquiera se "aprende" permaneciendo fuera, sin involucrarse, sin descartar que el buen ejemplo ayuda a despertar en el corazón. La afabilidad nace en lo más profundo del corazón: un corazón reconciliado con Dios y con nuestros hermanos y hermanas, un corazón apasionado por Dios y sus hijos, un corazón disponible para el sacrificio, decidido, abierta a la diversidad. Don Bosco no era un genio de la amabilidad. Como ni siquiera lo fue Francisco de Sales. Ambos tuvieron que hacer grandes esfuerzos y un trabajo duro a nivel personal para lograr la genialidad que les ha constituido en grandes hombres llenos de afabilidad con una gran capacidad de cercanía y calidez humana. Su genialidad no la lograron porque eran genios, se convirtieron en genios, porque vivieron con genialidad la llamada a ser discípulos misiones de Jesús Buen Pastor, hombre-Dios, humilde y manso, capaz de amar sin límite y perdonar sin límite hasta el último respiro”131. San Juan Bosco, “Obras fundamentales”, Edición dirigida por Juan Canals Pujols y Antonio Martínez, BAC, Madrid 1979, p. 616. 129 Oración del buen humor de santo Tomás Moro (1477-1535): Dame, Señor, una buena digestión y, naturalmente, dame algo que digerir. Dame la salud del cuerpo y el buen humor necesario para mantenerla. Dame, Señor, un alma santa que guarde el recuerdo de todo lo que es bueno, bello y puro, para que, al ver el pecado, no me asuste, sino que encuentre el medio de arreglar las cosas. Dame un alma que no conozca el aburrimiento ni la murmuración, quejas o lamentos, y no sepa gemir ni suspirar, y haz que no me inquiete, ni de importancia a eso tan embarazoso que llamo "yo". Dame, Señor, el sentido del humor; dame la gracia de saber aceptar las bromas para que pueda sacarle a la vida un poco de alegría y la haga participar también a los demás. 130 http://es.radiovaticana.va/news/2014/12/22/papa_francisco_alerta_sobre_las_15_%E2%80%9 Cenfermedades_curiales%E2%80%9D/1115717 131 Homilía del Rector Mayor, Ángel Fernández Artime, en ocasión de la Fiesta de San Juan Bosco en la Basílica María Auxiliadora, Turín, 31 de enero de 2015. 128 56 Una persona amable es aquella que por su actitud afable, complaciente y afectuosa es digna de ser amada. La amabilidad es siempre un claro indicador de madurez y de grandeza de espíritu, dado su carácter universal, integrador y de cálido acercamiento. Continúa indicando el X Rector Mayor de los salesianos que “quien se haga pequeño como este niño, ése es el mayor en el Reino de los Cielos132. Bien, todos nosotros vemos a Don Bosco como el más grande. Estoy convencido de que era una muy grande, pero si queremos dar a conocer nuestro Padre como el más grande alejándose de cuando la Palabra de Jesús, les concedemos razón a aquellos que nos critican diciendo que somos fanáticos. He dicho muchas veces que no queremos continuar incensando a Don Bosco, ni celebrar este bicentenario de su nacimiento con celebraciones triunfalistas o fuegos artificiales. Si el sentido de ser un grande o un genio, como he dicho antes, significa que él es inalcanzable, equivocamos el camino. Él fue realmente extraordinario, pero como cada uno de nosotros puede llegar a serlo, y cómo muchos, incluso sin un vínculo de pertenencia formal en nuestra Familia. ¡El verdadero y único grande es Dios! Por ello, Jesús nos invita a ser pequeños, sencillos, humildes como los niños, llenos de sueños y de alegría de vivir, dispuestos a decir siempre: Abba, Padre!133. La amabilidad supera el propio egoísmo, para abrirse a las necesidades del otro. La amabilidad es signo visible y humano del amor de Dios. La amabilidad camina junto con la razón, para evitar que se pueda perder en la simple emoción. Sin cariño toda educación resulta estéril. 6. Actitudes y comportamientos que no favorecen el mandato de Jesús, evangelizar134 Familia Salesiana en su delicada misión entre los niños, adolescentes y jóvenes, está llamada a evaluar continuamente las intervenciones, sobre todo, en la dimensión evangelizadora y pastoral. Ayudados por la Evangelii Gaudium del Papa Francisco se nos ofrece la posibilidad de identificar posibles vicios o defectos en nuestro ser discípulos misioneros de los jóvenes que es preciso evitar en la tarea de evangelización. ¿Qué hacer? a) Revisar las actitudes personales El evangelio es un anuncio que ha de transmitirse con las armas del amor y del respeto. El discípulo misionero ha de presentarse como “el primero entre iguales” nunca como propietario del mensaje que comunica. A veces, dice el Papa: “Se anuncia como quien impone una obligación”, “se excluye a alguien”, “nos quedamos tranquilos en espera pasiva en nuestros templos”, “nos quedamos en una pastoral de mera conservación sin pasar a otra decididamente misionera”, “no salimos de nuestra comodidad y no nos atrevemos a llegar a todas las periferias que necesitan la luz del Evangelio”, “no vamos a todos, en todos los lugares, en todas las ocasiones, sin demoras, sin asco y sin miedo”, o “tenemos reacciones quejosas y alarmistas cuando vemos despuntar la 132 Mateo 18,4. Homilía del Rector Mayor, Ángel Fernández Artime, en ocasión de la Fiesta de San Juan Bosco en la Basílica María Auxiliadora, Turín, 31 de enero de 2015. 134 B. Forcano, Nuevo estilo evangelizador del Papa Francisco, en: “América Lantina en movimiento”, febrero (2014) 492. 133 57 cizaña en medio del trigo”, o “nos llenamos de enemigos, en lugar de soñar con que la Palabra sea acogida y manifieste su potencia liberadora”135. b) Evaluar la dimensión pastoral El Santo Padre conoce bien lo que es la pastoral de cada día y por eso estimula a superar hábitos de siempre sin sucumbir al cómodo criterio de que “siempre se ha hecho así”: “En la pastoral debemos ser creativos, audaces, tratando de repensar los objetivos, las estructuras, el estilo y los métodos evangelizadores de las propias comunidades”, “hay que denunciar los defectos frente al espejo del modelo que Cristo nos dejó de sí”, “admitir que la Iglesia vive en permanente reforma de sí por fidelidad a Jesucristo”, “que existen en ella estructuras que pueden llegar a condicionar un dinamismo evangelizador”, “que se deja caer presa de una especie de introversión eclesial”, “que no evita que las parroquias se conviertan en una prolija estructura separada de la gente o en un grupo selecto que se mira a sí mismo”. “Cada Iglesia particular, sujeto primario de la evangelización, no obra bien si no se preocupa de anunciar el evangelio en otros lugares más necesitados o de salir hacia las periferias de su propio territorio o hacia los nuevos ámbitos socioculturales” o “si el obispo no fomenta los mecanismos de participación y otras formas de diálogo con el deseo de escuchar a todos y no sólo a algunos que le acaricien los oídos”. “Yo mismo como Papa fallo si no acepto las sugerencias que vuelvan mi ministerio más fiel al sentido que quiso darle Jesucristo, que lo abre a una situación nueva y que hace que el afecto episcopal colegial tenga aplicaciones concretas como sujetos que son de atribuciones concretas, pues una excesiva centralización, más que ayudar, complica la vida de la Iglesia y su dinámica misionera”136. c) Identificar modos superados de comunicar el mensaje El Sucesor de Pedro invita a corregir y perfeccionar nuestra manera de exponer y anunciar el Evangelio. En nuestro mundo especialmente, hemos de cuidar mucho de no presentar como principal lo que es secundario y atender a lo que es el corazón del Evangelio, que es lo que le otorga sentido y atractivo. Anunciar el Evangelio nos obliga a seleccionar lo esencial en la multitud de doctrinas, destacando entre las más importantes “el núcleo del amor salvífico de Dios en Jesucristo”. Lo más propio de Dios es la misericordia, en la cual resplandece su omnipotencia de modo máximo y, por eso, la ley nueva principal es el amor, que es expresión de la fe. Se trate del dogma o de la moral, no todas las doctrinas tienen el mismo rango. Y esto hace que sepamos enseñar guardando la proporción entre unas y otras verdades: no podemos hablar más de la ley que de la gracia, más de la Iglesia que de Jesucristo, más del Papa que de la palabra de Dios. 135 136 Evangelii Gaudium, 14,15,16,20, 23, 24. Evangelii Gaudium, 34-39. 58 Guardando esta proporción es cuando descubrimos que “la moral cristiana no es una moral estoica, es más que una ascesis, no es una mera filosofía, ni un catálogo de pecados y errores”. En definitiva, todas las virtudes cooperan para que demos una respuesta de amor, porque “sin el amor, el edificio moral de la Iglesia puede convertirse en un castillo de naipes”137. d) Reflexionar sobre cierto puritanismo que ignora los límites humanos Según el Papa, no estamos preparados para anunciar el Evangelio si no percibimos y respetamos los avances de las diversas ciencias y, sobre todo, de la investigación bíblica y teológica. En medio de los cambios culturales de nuestro tiempo, sería absurdo volver al lenguaje y fórmulas del pasado, aferrándonos a una verdad monolítica, sin atender al contexto actual y a las circunstancias propias de nuestra época y de cada sujeto humano, que marcan su ritmo y el grado de su crecimiento. Una actitud abierta le hace alejarse de una rigidez autodefensiva, le lleva a fomentar la comprensión y el discernimiento y la firmeza de no renunciar nunca al bien. La Iglesia, al actuar de esta manera, se mantiene con las puertas abiertas: escucha, acoge, acompaña, no niega los sacramentos por una razón cualquiera. La Iglesia es facilitadora de la gracia, no controladora; puerta abierta, no aduana; su misión es llegar a todos y sobre todo a los pobres que son los destinatarios privilegiados del Evangelio: “El vínculo entre nuestra fe y los pobres es inseparable”138. El Papa Francisco prefiere una Iglesia accidentada, manchada por estar involucrada en el diario vivir del pueblo que enferma por estar encerrada en seguridades humanas: “Prefiero una Iglesia accidentada, herida y manchada por salir a la calle antes que una Iglesia enferma por el encierro y la comodidad de aferrarse a las propias seguridades. No quiero una Iglesia preocupada por ser el centro y que termine clausurada en una maraña de obsesiones y procedimientos. Si algo debe inquietarnos santamente y preocupar nuestra conciencia, es que tantos hermanos nuestros vivan sin la fuerza, la luz y el consuelo de la amistad con Jesucristo, sin una comunidad de fe que los contenga, sin un horizonte de sentido y de vida. “Más que el temer a equivocarnos, espero que nos mueva el temor a encerrarnos en las estructuras que nos dan una falsa contención, en las normas que nos vuelven jueces implacables, en las costumbres donde nos sentimos tranquilos, mientras afuera hay una multitud hambrienta y Jesús nos repite: ‘¡Dadles vosotros de comer!’ (Mc 6,37) ”139. Conclusión La comunión en la misión es una tarea que compete a todo cristiano, pero con mayor fuerza a todos los miembros de la Familia Salesiana. No hay comunidad cristiana, no hay cristiano alguno, que esté libre de la obligación de hacer conocer a Cristo en todo el mundo. Es el testimonio de la comunión en la labor educativo-pastoral que hará creíbles y sólida a la Familia Salesiana. Nuestro objetivo fundamental está, pues, en proponer a todos vivir la existencia humana como la ha vivido Jesús”. 137 Evangelii Gaudium, 34-39. Evangelii Gaudium, 46-49. 139 Evangelii Gaudium, 46-49. 138 59 La comunión vivida en la autonomía invita a ser corresponsables en la misión. La Familia Salesiana movida por la pasión apostólica siente la necesidad de inventar formas nuevas y posibles de colaboración para ampliar el radio de acción. La corresponsabilidad en la misión mueve a la Familia Salesiana al logro de objetivos compartidos, de metas y sueños comunes. El Rector Mayor, P. Ángel Fernández Artime, hablando a la Familia Salesiana al concluir las Jornadas de Espiritualidad de este año decía: “El primer objetivo que todos los grupos están llamados a alcanzar es difundir, con los valores del Evangelio, los rasgos característicos de la identidad carismática y espiritual de la Familia apostólica de Don Bosco. Todos los grupos son responsables, en primera persona, de animar y promover la herencia espiritual recibida”. Continua indicando el Rector Mayor: “Don Bosco es nuestro gran patrimonio, de todos y cada uno de los miembros de nuestra Familia Salesiana (porque previamente es patrimonio de la Iglesia). Y la identidad de toda nuestra familia y de cada uno de sus grupos (y miembros personales) se hace más fuerte cuanto más fuerte es el reconocimiento de la PATERNIDAD de Don Bosco en todos”. Como discípulos misioneros de los jóvenes, el Señor pide a la Familia Salesiana: ser valiente, audaz y creativa. Así lo expresó el Rector Mayor al concluir las Jornadas de Espiritualidad, “el Señor nos invita a todos en nuestra familia salesiana a ser valientes, a no darnos por satisfechos creyendo que la misión presente ha de ser la salvaguarda de lo que otros han construido en el pasado. Nuestra fidelidad al Señor y a los jóvenes hoy nos pide audacia, allá donde sea necesaria”. El Rector Mayor al soñar la Familia Salesiana dice: “creo que lo que se espera de nosotros en el tiempo presente y en años próximos es el crecimiento como familia en un verdadero sentido de comunión, de conocimiento e incluso de búsqueda en el bien de los jóvenes y de la evangelización. Es ir más allá, con más fuerza, de lo que ya tenemos, que es en sí mismo valioso, pero que puede quedarse a veces en un trato respetuoso, con una dosis no pequeña de desconocimiento de los otros miembros de nuestra Familia”. La Iglesia necesita muchos y cualificados evangelizadores que, con nuevo ardor, renovado entusiasmo, fino espíritu eclesial, desbordantes de fe y esperanza, hablen cada vez más de Jesucristo. 60 Don Bosco e gli Exallievi El Antiguo Alumno en la mente de Don Bosco y de Don Rinaldi. Proyección en el momento actual Como nos soñó Don Bosco, “Buenos cristianos y honrados ciudadanos” Il “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco e la legalità “Nel ricordo del fascino di Don Bosco gli Exallievi si ritrovarono, inizialmente, in forma spontanea e filiale dando vita, con le prime espressioni aggregative, ad un Movimento” (Statuto art. 1, b). “Quest’organizzazione associativa, ispirata da Don Filippo Rinaldi e perfezionata nel corso degli anni, si articola attualmente in Unioni o Associazioni Locali, Federazioni Ispettoriali, Federa- zioni Nazionali, Regionali e Gruppi riconosciuti” (Statuto art. 1, c). 61 62 El Antiguo Alumno en la mente de Don Bosco y de Don Rinaldi. Proyección en el momento actual Don Jesús Graciliano González Cuando don Jesús Guerra me propuso venir a este encuentro yo me resistí todo lo que pude, por dos motivos: primero porque yo desde hacía más de 50 no me había vuelto a interesar por los AA y segundo, porque el tema me parecía tan elemental y conocido que poco o nada nuevo se podía decir de él. Don Jesús insistió y acepté. Pero después mi salud me falló en el momento que yo había reservado para estudiar el tema y volví a presentar mis excusas para no venir y de nuevo no me fueron aceptadas, así que aquí me tenéis, sin saber muy bien qué interés puedan tener mis palabras. Introducción 1. Vuelta a los orígenes. El Concilio Vaticano II en el decreto Perfectae Caritatis afirma: “La renovación de la vida religiosa comporta la vuelta continua a las fuentes de toda forma de vida cristiana y a la primitiva inspiración de los Institutos religiosos, y, al mismo tiempo, la adaptación de los mismos a las mudables condiciones de los tiempos140”: volver a los orígenes y adecuación a los tiempos. En la familia salesiana la vuelta a los orígenes se ha traducido en concreto como un “volver a don Bosco”, no para quedarse en él, sino para tomar de él el vigor que se necesita para mantener en vida floreciente la familia salesiana en cada primavera de su variada historia. Lo que se pretende es conocer y descubrir cada vez mejor lo genuino de los comienzos, para distinguirlo de las adherencias que inevitablemente se han ido añadiendo y que con frecuencia han ocultado o desequilibrado la autenticidad del carisma. Todos sabemos que los orígenes del movimiento de los Antiguos Alumnos están en Valdocco y en torno a Don Bosco, en él, por tanto, hay que descubrir la razón y las motivaciones genuinas de su auténtica identidad. I. En el principio era Don Bosco En el VIII Congreso Nacional Italiano de Ex alumnos tenido en Rimini en 1996, el entonces consejero para la Familia Salesiana, don Antonio Martinelli, decía que uno de los quehaceres de la asociación de AA salesianos era dar estructura orgánica a un movimiento de afectos e de reconocimiento. Afectos y reconocimiento ¿a quién? Se preguntaba don Martinelli. En todos los colegios, oratorios o centros salesianos hay muchos salesianos, muchos de ellos muy válidos, muy capaces, muy buenos educadores, algunos extraordinarios e inolvidables, que son los que han formado a millares de antiguos alumnos, pero el protagonista y el sujeto de la historia de los AA sigue siendo siempre el mismo: don Bosco. Se vuelve siempre a él. Él es el verdadero maestro, educador, amigo, consejero de todos los que se han formado en ambiente salesiano. 140 Acta Apostolicae Sedis 58 (1966) 702-7012 63 En el origen del movimiento de los antiguos alumnos estaba don Bosco, su personalidad, su método educativo fundado sobre la razón, la religión y el amor demostrado en cariño afectuoso, tal como era practicado en Oratorio en un clima de familia y confianza. Antes de cualquier asociación, antiguo alumno de Don Bosco era aquel que se había sentido querido, protegido, educado en unos valores que habían formado su mente, su conciencia y su corazón. En el origen estaba Don Bosco, ¿pero quién era Don Bosco? Señalemos algunos rasgos distintivos que tienen que ver con el tema de los AA. 1. Don Bosco era un hombre de corazón paternal que amaba sinceramente a sus alumnos Al hablar de la obra de Don Bosco, don Eugenio Ceria señala una fase previa, de preparación sicológica intuitiva, que consistía en la manera parternal de ser que ejercitó en toda su vida y que fue percibida con claridad por los que se educaron con él. Fue un padre bueno que educaba ejerciendo con clara conciencia su paternidad. Sus alumnos eran para él sus hijos, y como buen padre los amaba y les demostraba en todo su afecto, y ellos lo consideraban como padre, tanto cuando estaban como niños en el Oratorio, como cuando eran ya hombres maduros y vivían fuera de él. Tenemos gran cantidad de testimonios que lo prueban. 2. Educación basada en una relación de afecto mutuo entre educador y educandos Escribe Don Bosco en las Memoria del Oratorio “[... los jóvenes] Felices con aquella mezcla de devoción, juegos y paseos, se encariñaban de tal forma conmigo que no sólo eran obedientísimos a mis órdenes, sino que ansiaban les confiara cualquier encargo que tuvieran que realizar [...] Realmente la obediencia y afecto de mis alumnos rayaba en la locura”141. Efectivamente, sus alumnos y los primeros salesianos lo querían con locura. Todos lo consideraban como su buen padre y algunos hasta lo llamaban su papá.142 Moseñor Gastaldi, cuando todavía era amigo de Don Bosco, escribe en 1849: “ningún padre recibe más caricias de sus hijos, todos lo rodean, todos quieren hablarle, todos besarle la mano” Así le escribía un antiguo alumno suyo “Mi querido Don Bosco: sin duda tendrá razón en quejarse de mí; sí, pero crea que siempre le he querido y le querré. Yo encuentro en usted todo consuelo y admiro sus gestos desde lejos.... Veo en usted quien dirigía mi alma en cualquier circunstancia; quedé confundido, estático, electrizado ante sus razonamientos; fueron fuertes y sentidos: dejó en mí un desconcierto y me dejó fascinado hasta el punto de ver que siempre me ama apasionadamente.... Le mando un beso de corazón y le hago profesión de fe que lo quiero mucho”143. 3. Cordiales relaciones de Don Bosco con sus ex alumnos El cariño de Don Bosco seguía aun después que los alumnos habían terminado su currículo en el Oratorio. Como buen padre seguía queriéndolos aún después de abandonar la casa paterna del Oratorio y se expandían por los diversos lugares de trabajo, los seguía, los acogía con gran alegría cuando venían a verlo, los corregía, si era necesario, y se preocupaba por su bien espiritual, pero también material; les escribía; procuraba encuentros con unos o con otros; los invitaba a las fiestas del oratorio, se interesaba por su familia, por su trabajo, por su vida 141 M.O. p. 40. En una carta de Don Bonetti, uno de los primerísimos salesianos, a don Lemoyne, invitándolo a reincorporarse cuanto antes a Valdocco, le escribía “Queridísimo Don Lemoyne, Don Bosco, nuestro queridísimo papá, ha hecho ya que te preparen el cuarto...”142. Y en un telegrama de 1880 se lee “Viaje fatigoso, pero feliz. Saludos y agradecimiento papá”. 143 M.O, 42. 142 64 cristiana, ayudaba, incluso económicamente, a aquellos que se encontraban en dificultad; trataba de encontrase con ellos cuando realizaba sus viajes los encontraba en alguno de sus viajes. 4. El recuerdo agradecido de los antiguos alumnos hacia Don Bosco Los antiguos alumnos volvían con gusto a visitar a don Bosco, hablar o a confesarse con él, asistir a las fiestas que ser organizaban o a pedir ayuda. En 1883 un tal Agustín Semería escribía a don Rua desde la Liguria: “Han pasado ya 17 años desde que yo dejé el Oratorio y no lo he olvidado todavía. ¿Cómo podría olvidarme de tantas atenciones cariñosas que Don Bosco tenía hacia nosotros en los años de nuestra inexperiencia? Acordándome de aquellas muestras de bondad inefable, de aquellas palabras afectuosas con las cuales non animaba en la virtud, de aquella paciencia con la que toleraba nuestros defectos, de aquella solicitud por nuestra educación, me siento enternecido, conmovido, y no puedo contener las lágrimas de mis ojos”144 El canónigo Jacinto Ballesio (1842-1917)145, alumno del Oratorio, apeló a su experiencia salesiana en el elogio fúnebre pronunciado en la iglesia de María Auxiliadora el 8 de marzo de 1888. Con intensa emotividad proyectó la imagen de don Bosco, como la del paterfamilias del Oratorio de Valdocco. Don Bosco había sido “el hombre que piensa, ama, teme y espera, que habla y obra, que fatiga y se sacrifica por los hijos, que el cielo le ha dado”. Su estudio y el gran amor por nosotros, sus hijos, la confianza, la estima, la reverencia, el afecto que él nos inspiraba; la gran autoridad, la opinión de santo, de docto, en que era por nosotros considerado, casi tipo ideal de perfección moral”. “Fue para nosotros ejemplo de verdadera cristiana amabilidad y en su gobierno con nosotros esquivó el formalismo artificial, el rigorismo, que pone un abismo entre quien manda y quien obedece”. “Amante y expansivo él ejercía la autoridad inspirando respeto, confianza y amor”. 5. Gran promotor de asociaciones Otro de los rasgos esenciales de la persona de Don Bosco fue su tendencia a crear grupos, fundar asociaciones para llevar a cabo su trabajo de educador y potenciar la eficacia de sus obras. El Cardenal Alimonda, arzobispo de Turín destacaba entre las cuatro características más importantes de don Bosco la promoción del asociacionismo. El mismo Don Bosco escribe: “En todo tiempo juzgaron necesario los buenos [cristianos] unirse para ayudarse mutuamente a hacer el bien y tener lejos el mal. Así hacían los cristianos de la Iglesia primitiva, los cuales, a la vista de los peligros que cada día les amenazaban, sin perder sus ánimos, unidos con un solo corazón y una sola alma, se animaban mutuamente a permanecer firmes en la fe y dispuestos a superar los incesantes embates que les amenazaban. Este es el aviso que dio el Señor cuando dijo: Las fuerzas débiles, cuando se unen se hacen resistentes; y si una cuerdecilla sola se rompe fácilmente, es mucho más difícil romper tres unidas. Vis unita fortior, funiculus triplex difficile rumpitur146. Así suelen hacer también los hombres del mundo en sus empresas temporales. ¿Y deberán acaso los hijos de la luz ser menos prudentes que los de las tinieblas? No, ciertamente. Nosotros los cristianos debemos unirnos en estos tiempos difíciles y, de común acuerdo, promover el espíritu de oración y de caridad con todos los medios que la religión suministra para quitar o al menos mitigar los males que a cada instante pueden poner en peligro las buenas costumbres, sin las cuales se derrumba la sociedad. 144 CERIA E, Annali, I. 713. G. BALLESIO, Vita intima di D. Bosco nel suo primo oratorio di Torino, Torino, Tip. Salesiana, 1888. 146 “Vis unita fortior (fuerzas unidas se hacen más fuertes)” es un proverbio clásico. “Funiculus triplex difficile rumpitur” (una cuerda de tres hilos no se rompe fácilmente) es dicho bíblico (Ecl 4,12. Vulgata). Atribuyéndolo a “el Señor”, don Bosco aquí quiere indicar “Dios o la Biblia” genéricamente. 145 65 Efectivamente don Bosco ejerció su actividad educativa, espiritual y social promoviendo grupos o asociaciones de amgios, de alumnos, de colaboradores etc.: los compañeros de I Becchi, la sociedad de la Alegría en Chieri, las compañías y asociaciones de chicos en el Oratorio, sociedad de mutuo socorro, conferencias de San Vicente de Paul y, por supuesto, la fundación de las congregaciones salesiana, Hijas de MA, Cooperadores. Celo por la salvación de las almas Entre las notas que definen la compleja personalidad de Don Bosco está sin duda el objetivo fundamental de toda su actividad: salvar las almas “Da mihi animas coetera tolle”. En su aspecto educativo este objetivo se plasmó en el lema de forma buenos cristianos y honrados ciudadanos, influido por las ideas religiosas y sociales de la época, su educación tendía a realizar una síntesis entre educación cristiana y ciudadana. Propugna un estilo de religiosidad sustentado en el cumplimiento de los deberes sociales y civiles del ciudadano. La expresión “buenos cristianos y honrados ciudadanos, formulada en más de 70 variantes, algunas en “versión laica”147 , sirve a Don Bosco para condensar todas las dimensiones del proyecto educativo que desarrollaba en favor de los jóvenes. Proyecto que abarca el cuerpo y el alma, el tiempo y la eternidad, la salvación temporal y la eterna, la pertenencia a pleno derecho a la sociedad civil y a la Iglesia. II. Los Antiguos Alumnos Esto y mucho más era Don Bosco. Demos un paso adelante y vayamos a los antiguos alumnos. Distinto a lo que sucedió con otras asociaciones del Oratorio, Don Bosco no tomó la iniciativa en la formación del grupo de los AA, aunque, como hemos visto, mantuvo con ellos buenas relaciones. El movimiento no fue instituido ni por Don Bosco ni por sus colaboradores como una asociación postescolar, con elementos escogidos, ya maduros, sino que brotó por sí mismo, con la fuerza propia de aquellas cosas cuyo origen y vida derivan de causas naturales y espontáneas. Todos conocemos los hechos. Hagamos algunas consideraciones sobre ellos: 1. Quiénes eran y qué significaba para ellos Don Bosco Conocemos algunos nombres: Carlos Gastini, Felix Reviglio, Juan Turchi, Jacinto Ballesio, Agustín Semería, El prof. Fabre... Todos tienen una característica común: todo lo que tenían y habían conseguido en la vida se lo deben a Don Bosco. Lo expresa sintéticamente uno de ellos, el profesor Fabre: Durante ocho años seguidos fue para mí pan para la boca, escuela para la mente, consejo para las dudas, consuelo en las penas, indulgencia en los fallos, guía segura de mi conciencia, en todo sabio educador, amigo desinteresado, afectuosísimo padre148 . 2. Qué eran en realidad aquellos encuentros anuales de AA Se trataba de un doble encuentro de afectos: por un lado el afecto de don Bosco que quería de corazón y consideraba como hijos suyos a todos los que habían sido alumnos del Oratorio. Por otra parte, el afecto de los Antiguos Alumnos hacia quien los había querido, educado y hecho hombres de provecho. Sin Don Bosco no hubieran podido llegar donde habían llegado y esto producía en ellos un sentimiento de amor y de gratitud. Así lo reconocía en antiguo estatuto de la asociación: Los alumnos se sentían amados por Don Bosco, no como simples discípulos, sino Una educación que sirva para hacer de los jóvenes “buenos ciudadanos y les ayude a ganarse honradamente el pan de la vida” 148 Ceria Annali, I. 712 147 66 como hijos, por lo que nació en ellos, como cosa natural, el pensamiento del volver a la Casa Paterna. Y así continúa renovándose esta vuelta espontánea a las Casas de educación donde se siembra aquel sensus revertendi y se trabaja con el mismo espíritu y método de Don Bosco. El movimiento de AA nació espontáneamente, no fue programado por Don Bosco, fue un movimiento que nació de las bases. Ellas lo sugirieron, ellas lo llevaron adelante, ellas fueron programando los ámbitos de su actuación. No era un grupo instucionalizado, ni dirigido desde arriba y se movía según unas exigencias programadas; no tenía prácticas piadosas, ni reuniones de formación. Lo único que les unía era el afecto agradecido a Don Bosco y su deseo de verlo y oír sus palabras de aliento y de ayuda. 3. No existían condiciones, ni requisitos para formar parte del grupo de AA No había distinciones en el grupo. La división hecha por Don Bosco entre sacerdotes y no sacerdotes, respondía a una simple razón práctica: los sacerdotes no podían acudir al Oratorio ni en los días de fiesta ni en los domingos, porque estaban ocupados en sus ministerios pastorales. Pero unos y otros participaban de la misma realidad: haber sido alumnos de Don Bosco y guardarle eterno agradecimiento. 4. No todos los AA de Don Bosco se adherían al grupo. Parece ser que no todos sus alumnos respondieron positivamente a sus desvelos y cuidados y se habían apartado de él. Incluso sabemos de algunos que le hicieron la guerra y se mostraron contrarios a él. El ser AA no bastaba, lo que contaba era el afecto y el agradecimiento por la educación recibida. 5. Palabras de don Bosco a los ex alumnos reunidos en el Oratorio A lo largo de los años Don Bosco fue desgranado sus recuerdos y su pensamiento acerca de lo que él quería para sus antiguos alumnos. E primer lugar los sentía como pertenecientes a la misma familia, de la que formaban parte salesianos, alumnos y antiguos alumnos: "Yo con el nombre de Salesiano entiendo significar a todos aquellos que aquí en el Oratorio fueron educados con las máximas de este gran santo. Por tanto, para mí todos ustedes son Salesianos"149. En fuerza de esta persuasión él les confiaba la tarea de prolongar en el ejercicio de su paternidad, física o espiritual, la misión educativa y el método preventivo de que ellos mismos habían sido beneficiarios. A los AA laicos les recomendaba no sólo mostrarse siempre y en todas partes "buenos cristianos y hombres probos", y, si eran padres de familia, hacer partícipes a los propios seres queridos de la educación recibida en el Oratorio: "Somos Salesianos, y como tales lo olvidamos todo, perdonamos a todos, haremos todo el bien que podamos y mal a nadie"; por lo tanto, mostrarse "buenos Salesianos, verdaderos hijos de D. Bosco, cuyo deseo más vivo es poblar el Cielo de almas y despoblar el infierno, si me fuera consentido"; "De la educación que habéis recibido de D. Bosco en el Oratorio, haced que participen vuestros seres queridos"150. A ellos les exponía también posibilidades de una específica inserción social. "Algunos -les decía en el encuentro del domingo 23 de julio de 1882han sugerido resucitar en medio de vosotros nuestra antigua Sociedad de mutuo socorro". En las palabras de don Bosco hallamos ya claros los elementos esenciales de lo que quería que fuesen sus antiguos alumnos: fidelidad a los principios que habían aprendido en el Oratorio; 149 150 Discurso del 17 de julio 1884. BS 8 (1884) n. 8 agosto, 115 La gratitudine filiale a lieta mensa colla bontà paterna. BS (1880) n. 9, settembre, 11 67 reproducir en la vida personal, familiar y profesional el sistema educativo en que habían sido educados; trabajar por la salvación de las almas, especialmente de la juventud; mantener viva la dimensión social con la ayuda mutua. 6. De las relaciones individuales a las relaciones en grupo Durante la vida de Don Bosco no hubo una organización oficial de los ex alumnos en uniones y federaciones. El paso de relaciones personales o epistolares a una cierta visibilidad de ellos como grupo se dio en 1870 cuando se reunió por primera vez el grupo que festejó a Don Bosco en fiesta del onomástico que se celebraba anualmente en Valdocco. Nunca ya desaparecería esta presencia masiva de ex alumnos en esa fiesta. En vista del creciente número de participantes fue necesario constituir un comité para que se encargara de organizar y dar vida al encuentro anual con don Bosco. En 1875 se dio un paso adelante en la organización del grupo. Algunos decidieron formar una banda de música, que, por sugerencia de Gastini, dio su primer concierto en honor de don Bosco. La toma de conciencia de grupo se afianzó en 1876, cuando los presentes en la fiesta de aquel año, antes de separarse, quisieron tener un recuerdo por los compañeros difuntos e improvisaron una colecta que se empleó para estipendiar la celebración de una misa de sufragio. Don Bosco quiso que se hiciera al día siguiente un solemne funeral y este acto de fraterna caridad se repitió constantemente en los años sucesivos. En 1878 nació una iniciativa que intentaba estrechar aún más los lazos de solidaridad entre los antiguos alumnos. Don Bosco propuso que se fundara una caja de mutuo socorro para proveer a las necesidades urgentes de aquellos jóvenes que al salir de Oratorio tuvieran necesidad de ayuda o para aquellos que cayeran enfermos. Se hizo un estatuto de esta sociedad de mutuo socorro, que algunos han considerado como un principio de asociación de AA reglamentada. Pronto se comenzó a hablar de una “sociedad de AA”, que contaba con un presiente y un secretario. En 1888, Carlos Gastini, como presidente, y Mateo Alasia, como secretario, dirigieron a los antiguos alumnos del Oratorio una circular para anunciarles la muerte de Don Bosco151. III. La continuidad tras la muerte de Don Bosco. Rectorado de Don Rua El año 1888 fue un año de luto y no se celebró la reunión anual. Pero pronto la intervención de los AA fue de nuevo decisiva para que continuare en años sucesivos la tradición. Los antiguos alumnos se reunieron para ver la forma de continuar reuniéndose el 24 de junio, pero dando al acontecimiento un carácter nuevo. Se estudiaron varias propuestas: levantar un monumento, hacer cada año una conmemoración o una peregrinación a su tumba, tener una velada conmemorativa el 24 de junio, formar una asociación de antiguos alumnos con sede central en Turín etc. Finalmente prevaleció la opinión de continuar haciendo la demostración anual del 24 de junio en torno a la persona de don Rua, con el título de “demostración filial a la memoria de don Juan Bosco”. La idea fue del agrado de todos. Don Rua estuvo de acuerdo: “Estoy contento de que no se pierda el uso de festejar el onomástico de don Bosco. Es mi deseo que su memoria esté siempre impresa en nuestros corazones y estoy contentísimo de que se aproveche cualquier circunstancia que pueda contribuir a hacer más vivo el recuerdo de sus virtudes”152. 151 152 Texto en MB XVIII 814-815 Ceria, Annali II, 23-24 68 Ese año 1889, el primer año sin don Bosco, se colocó una lápida conmemorativa en I Becchi 1. Don Rua y los Antiguos Alumnos Don Rua se implicó fuertemente en favor de estas asociaciones de AA. Así en sus cartas circulares exhorta a los directores a que en todas las casas se promueva la asociación de los AA, para seguir ayúdenlos a mantener los buenos principios recibido en la casa salesiana. Agradeció mucho la acción de los AA en ocasión de los tristes sucesos de Varazze: Las calumnias y las persecuciones de los malos contra sus antiguos superiores y maestros lejos de alejarlos de nosotros, han marcado un consolador despertar del afecto y del reconocimiento y los impulsaron a unirse y a mostrarse cada vez más fieles a las enseñanzas recibidas.153 Para don Rua el fin principal que con estas asociaciones los salesianos continuaran siendo los educadores de sus alumnos adultos, como lo habían sido cuando eran jóvenes. Entre los elementos señalados por don Rua podemos subrayar que, además de su preocupación porque conservaran la práctica cristiana y las enseñanzas recibidas, atendieran a la dimensión social de ayuda mutua y de búsqueda de trabajo; y no deja de indicar el sostén que en momentos de dificultad dan a los salesianos. 2. La expansión Pronto el fenómeno de vuelta espontánea de los antiguos alumnos a las casas salesianas donde habían sido educados se extendió a otros lugares de Italia y de otras partes. Por eso poco a poco se sintió el deseo de asociarse en una organización más compacta. La primera unión local de ex alumnos de la cual se conserva el reglamento fue la de Valdocco, que al parecer fue fundada en 1894. En 1898 esta Unión participó en la inauguración del monumento levantado en el pueblo de Castelnuovo en honor del fundador de los salesianos. Siguieron las asociaciones de Parma, ya bienn regulada mediante un estatuto de 12 puntos154. Siguieron en Italia las asociaciones de Faenza y Milán. En 1899 don Rua en su viaje a España visitó Barcelona donde fue recibido con entusiasmo por los chicos educados en los talleres salesiano, que, animados por don Rua, echaron antes de que él se marchara, los cimientos de una asociación permanente de antiguos alumnos de las Escuelas Salesianas de Sarriá. En 1900, con ocasión de la celebración del 25 aniversario de la primera expedición misionera, tuvo lugar en Buenos Aires 153 Lettere circolari .. 475-476 El fin de la Asociación es el de conservar los vínculos de cristiana hermandad y mutuo buen ejemplo, teniendo vivo entre los socios el recuerdo de la educación recibida en el colegio, y procurar difundir en las propias familias el suave espíritu de Don Bosco; 2. La Asociación está representada por un Comité permanente compuesto por un presidente, un vicepresidente, un tesorero, un secretario y cuatro consejeros; 3. Los cargos se renuevan según la necesidad o la conveniencia, a propuesta del Presidente y del Director o del Prefecto del colegio; 4. La aceptación de nuevos socios compete al Presidente, tras aprobación del Comité permanente y del Director o del Prefecto; 5 A las reuniones asistirán el Director o el Prefecto del colegio y se tendrán tras le invitación del Presidente; 6. Todos los años una amplia representación de la asociación tomará parte en la velada que se suele tener en el colegio con ocasión del onomástico de Director; 7. A ejemplo de los antiguos alumnos de Turín se tendrá anualmente una reunión con comida fraterna; 8. Cada año se presentare el homenaje de agradecida devoción al Sucesor de Don Bosco en la conmemoración del 24 de junio; 9. Cada socio se mantendrá en relación, al menos epistolar con los superiores del colegio; 10. Cada socio entregará una cuota para la adquisición de un recuerdo para poner en la Capilla del colegio de Parma, para los gastos de administración y para formar la bolsa de los AA del colegio de Parma en favor de las misiones salesianas.; 11. La asociación se propone, además, velar constantemente la difusión de las obras y misiones salesianas de Don Bosco; 12. Pueden formar parte de la asociación también los alumnos provenientes de otros institutos salesianos que habiten en Parma o sus alrededores. 154 69 el segundo congreso de los cooperadores salesianos, celebrado los días 19, 20 y 21 de noviembre. El cambio de movimiento espontáneo a movimiento organizado Con la expansión y la creación de asociaciones y federaciones se dio un importante paso adelante en el movimiento de los AA. De ser una asociación espontánea y libre, que partía de las bases, pasó a ser una asociación organizada y dirigida desde arriba. Con ello: Se perdió la espontaneidad en favor de la organización. Se hizo una distinción entre los AA alumnos de hecho y los asociados. Esto ha traído sus dificultades a la hora de definir la identidad y la manera de pertenecía al movimiento de los AA. Se dio un contenido doctrinal más preciso y una finalidad práctica mejor definida. Quedan como puntos de base firmes: La figura de Don Bosco y su sistema educativo y a serie de valores que de este sistema se derivan para la educación básica de los AA, es decir la educación recibida. Rápidamente se dieron pasos decisivos hacia la consolidación de la organización del movimiento. El Círculo “Don Bosco” de Turín A partir de 1901 entra en juego don Felipe Rinaldi, omnipresente en toda clase de iniciativas del Consejo Superior. Por impulso suyo surgió en 1906 un “Círculo Juan Bosco”, compuesto por exalumnos que provenían de diversos institutos. Fue inaugurado el 7 de abril de 1907155. El Círculo contó muy pronto con un buen número de socios, entre ellos ilustres personajes del clero y del laicado. Estaban representadas todas las clases sociales: obreros, empleado, comerciantes, profesores, médicos, sacerdotes, dando un magnífico ejemplo de aquella fraternidad cristiana, que es uno de los frutos más hermosos de la educación salesiana recibida. Los socios eran de diversas clases: efectivos, adheridos, honorarios y correspondientes. Socios efectivos podían ser todos aquellos que habían pasado algún tiempo en los institutos salesianos; socios adheridos, todos aquellos que teniendo principios católicos se obligan a observar el estatuto; socios honorarios todas las personas a las que, por ser beneméritos del Círculo por cualquier motivo, les fuera entregado diploma; socios correspondientes, los exalumnos de los Institutos salesianos existentes fuera de Turín, que por cualquier circunstancia llegaran a Turín, tenían acceso libre a las salas del Círculo y gozaban de todas las ventajas de los socios efectivos, más de otras especificadas en el Estatuto. 155 El cardenal Agustín Richelmy, arzobispo de Turín bendijo el nuevo círculo y su Santidad Pío X envió un afectuoso telegrama con su bendición. El 24 de septiembre el mismo Papa envió un valiosísimo autógrafo, deseando éxito a la solemne peregrinación promovida por el Círculo a la tumba de Don Bosco en Valsalice, a la que acudieron todas las asociaciones obreras católicas de Turín y miles de personas de todas las clases presididas por varios obispos. El Círculo tenía como fin: 1. La conservación de los principios cristianos entre los socios; 2) completar su cultura intelectual y moral en conformidad con las exigencias de los tiempos; 3) ofrecer un lugar seguro de encuentro para una recreación honesta; 4) la mutua ayuda moral y material con todos aquellos medios de los que el Círculo pueda disponer. En efecto: 1) desarrolla una importante sección de cultura, con periódicas conferencias, conversaciones sociales, selecta biblioteca circulante; periódicos ilustrados, revistas etc.; 2 posee: a) una sección dramática, con el fin de ofrecer una honesta diversión a los socios y a las familias entretenimientos artísticos y esencialmente morales; b) una sección musical para alegrar las solemnidades; un secretariado para empleos, correspondencia y representación (gratuito); b) salas de recreo con billares, ajedrez, juegos de sociedad, servicio interno de buffet con precios de favor; 4. Finalmente organiza veladas musicales y fiestas sociales según las circunstancias y los medios de que pueda disponer el Consejo Directivo. 70 El Círculo tenía su sede fuera del Oratorio, en la Vía de la Consolata n. 2 En 1908 dentro del Círculo turinés nació la idea de una Federación tan amplia que fuera capaz de unir todas las asociaciones extendidas por el mundo. La cosa maduró y en 1909 el círculo propuso un Estatuto de Federación internacional. El Estatuto fue aceptado y en breve tiempo reunió un centenar de asociaciones. De ahí era fácil pensar en un congreso internacional. La propuesta fue hecha y encontró inmediatamente ferviente acogida. La idea no nacía de la nada, sino que fue el resultado de un largo proceso de concentración de las asociaciones locales que poco a poco se fue decantando en la idea de una asociación internacional. En 1901 don Rinaldi fue nombrado Prefecto General de la Congregación. Dentro de las tareas de su cargo tenía el cuidado de los AA. Esta encomienda anexa al cargo de Prefecto General duró hasta que siendo don Rinaldi Rector Mayor y don Pedro Ricaldone Prefecto General, tal encomienda pasó a otro miembro de Consejo General. Durante su tiempo de Prefecto encargado de los AA se dio el paso del movimiento espontaneo de los AA a la asociación de los AA, regulada por unos estatutos y dirigida por el Superior General y por los Inspectores y Directores de las casas o de sus delegados y por los dirigentes de las diversas asociaciones. Tres grandes acontecimientos se sucedieron en estos años: 1. El primer gran congreso de AA, tenido en Turín en 1911 2. La realización del monumento a Don Bosco, cuya inauguración estaba prevista para 1915, pero que a causa de la primera guerra mundial tuvo que atrasarse. 3. El segundo congreso internacional de AA y la inauguración del monumento a Don Bosco. De estos tres acontecimientos surgió la organización de la Confederación de AA, con sus estatutos y sus nuevas orientaciones Primer congreso internacional de antiguos alumnos El congreso estaba programado para el año 1910, dentro de los festejos de las bodas de oro sacerdotales de don Rua, pero su muerte en abril de ese año, dejó sin efecto los festejos preparados, entre ellos el congreso internacional de antiguos alumnos, que fue retrasado para septiembre del año siguiente, 1911, ya bajo el rectorado de don Albera. El congreso resultó magnífico y se puede decir que, aunque quien lo presidió fue don Albera, segundo sucesor de don Bosco, el alma inspiradora y directiva del mismo fue don Felipe Rinaldi. Todos lo sabían y así lo reconocía incluso la prensa escrita156. La mayor parte de los congresistas no habían sido alumnos ni de don Bosco, ni del Oratorio, venían de otras partes, pero todos se sentían a gusto en la casa del padre común. El himno del congreso, con letra de don Ruffino y música don Pagella era el que comienza con el verso Cantiam di Don Bosco, fratelli, le glorie (Cantad de don Bosco, hermanos, las glorias), que presidía el frontispicio del teatro donde se tuvieron las cuatro sesiones generales. 1. Desde el principio hasta el fin estuvieron muy presentes los ideales educativos de don Bosco en la formación de la conciencia cristiana y en la solución de la cuestión social. 2. En palabras de don Albera: “el abrazo de la beneficencia y de la gratitud”. La gratitud es la prueba mejor de una educación lograda. Uno de los ponentes lo expresó así “Mientras fuera de 156 Il Momento, 10 de septiembre 1911 71 aquí profesores y directores tienen que soportar manifestaciones brutales de sus alumnos, aquí brota la flor del afecto y de la gratitud”157. 3. Las discusiones e ideas se centraron en tres puntos fundamentales: Unión: Promover encuentros locales, regionales, nacionales, internacionales y demostraciones y homenajes a don Bosco y su obra para difundir el conocimiento de la federación. Espíritu de don Bosco: Tender a la formación de una recta e iluminada conciencia religiosa y civil de la juventud que dependa de cada uno, según su condición o estado: padres, maestros, administradores públicos, sacerdotes etc. Teniendo como base la práctica del sistema de don Bosco fundado en la razón, la religión y la amabilidad y corroborándola con el cotidiano ejemplo en la vida privada y pública. Acción Difundir el Boletín salesiano, hacer conocer las obras de don Bosco, favorecer moral y materialmente los colegios, oratorios e instituciones juveniles salesianas. Se hicieron dos propuestas concretas: pedir que se abriera el proceso de beatificación de dos antiguos alumnos salesiano: Domingo Savio y Ceferino Namuncurá; y pedir la que se incluyera en el calendario de la iglesia la fiesta de María Auxiliadora. Y se decidió que se pusiera una lápida recuerdo del congreso junto a la tumba de don Bosco. IV. Don Albera el Rector Mayor del Monumento a Don Bosco A don Albera, sucesor de don Rua, le tocó el periodo de los dos primeros congresos de los AA y por tanto del proyecto y de la inauguración del monumento a Don Bosco erigido por la Federación de AA ante la basílica de MA. Aprovechó estas circunstancias para hablar del monumento, de la asociación de AA, de las relaciones de los salesianos con los AA. Son dignas de leer todas sus palabras, que se podrían resumirse en tres puntos: Asociación, monumento, salesianos y antiguos alumnos. La asociación de AA: Para él tanto la Federación internacional, como las asociaciones nacionales y locales, son “un organismo potente, destinado a dar unidad y orden a la acción común y a ofrecer de este modo una valiosísima ayuda a los Salesianos para actuar su grandioso programa de regeneración cristiana del mundo. El monumento a Don Bosco: don Albera en repetidas ocasiones escribió a los salesianos sobre este proyecto. El RM puntualiza claramente que la idea ha nacido de los Antiguos Alumnos y que son ellos solos los que la quieren llevar adelante para mostrar así su gratitud a don Bosco por la educación recibida. Hace una bonita referencia a la relación que existe entre salesianos, monumento y AA: Entre el monumento de Don Bosco y los Antiguos Alumnos existe una conexión muy íntima. La idea del monumento y la de la Federación internacional son… dos ideas gemelas, nacidas al mismo tiempo; y el monumento, expresión del afecto agradecido de los ex alumnos, viene a ser también el centro, el estandarte en torno al cual se estrechan en un haz poderoso y compacto sus falanges. Es natural, pues, que el monumento me haga pensar más intensamente en ellos, mirando a los medios mejores para estrecharlos cada vez más entre ellos y con nosotros y haciendo así más activo y eficaz su contribución a la acción salesiana. Ahora bien la recomendación que he querido haceros, mira precisamente a preparar buenos ex alumnos, que sean nuestros más aficionados amigos y celosos cooperadores. He dicho celosos cooperadores, porque no debemos olvidar que los exalumnos de cada una de nuestras 157 Anibal Giordani, en Ceria, Annali, IV 21. 72 casas, hechos ya hombres adultos y conseguida su posición estable en la sociedad, se añaden por ello mismo a la inmensa falange de la Pía Unión de Cooperadores Salesianos. Los salesianos y los Antiguos Alumnos: Don Albera tuvo en mucha consideración a los AA y recomendó a todos los salesianos que cuidasen este sector importante de la actividad educadora de los salesianos: Todos estamos convencidos de la importancia máxima de tener unidos con nosotros y entre ellos, con el vínculo fraterno del afecto y con la ayuda moral y también material a todos aquellos que fueron educados por nosotros; se trata del fruto de nuestros sudores; son parte de nuestra vida, que no debemos permitir que se corrompan y se pierdan. Pero hay que pensar en formar a los futuros AA: Mientras pensamos en los AA no podemos olvidar a aquellos que actualmente gozan de los beneficios de la educación de nuestro buen padre, en los alumnos de nuestras casas. Preparar buenos ex alumnos, que sean nuestros más aficionados amigos y celosos colaboradores. Para ellos es necesario revivir en nosotros el carisma de nuestro fundador: “Leamos, estudiemos con incansable amor su vida, esforcémonos de imitarlo en su celo ardiente y desinteresado por la salvación de las almas, en su amor y en ilimitada devoción a la Iglesia y al Papa, en todas las virtudes de las que nos ha dejado tantos ilustres ejemplos. Tengamos como tesoro precioso sus enseñanzas… Solo si nos formamos en el espíritu de D. Bosco podremos obrar como D. Bosco y obtener en nuestra obra de educadores aquellos frutos maravillosos de regeneración espiritual que obtuvo D. Bosco. Propuestas de los AA a los Salesianos, pidiendo oraciones especiales A raíz del segundo congreso internacional y de la inauguración del monumento (23, mayo 1920), el Comité Federal de los AA en la fecha memorable del aniversario de la muerte de don Rua, dirigió al RM la propuesta de que en todas las casas salesianas se recitara un Ave María por los antiguos alumnos. Don Albera se lo concedió, porque: Pidiendo que los hijos de don Bosco los recordaran en sus oraciones al Señor, los AA querían demostrar cuán fuertemente sienten los lazos que los unen a nosotros. Con la petición que ahora presentan, pretenden darnos a entender que quieren formar con nosotros y con nuestros alumnos todavía una sola familia bajo el manto materno de nuestra celeste Auxiliadora. V. Don Rinaldi, un Fundador [Organizador] en la sombra Cuando uno repasa la historia de la asociación de los Antiguos Alumnos queda sorprendido por dos hechos: primero, la escasa o casi nula presencia personal de Don Rinaldi en los grandes momentos de manifestaciones externas; y en segundo lugar, por la enorme importancia que a él le conceden todos sus biógrafos y todos los que lo trataron de cerca y conocieron su extraordinaria actividad en la organización de la asociación. Dos hechos que parecen contradictorios, pero que no lo son para quien conoce la modestia y la eficacia de un organizador nato, que a la vez huía de cualquier apariencia, gustándole más quedar en segundo lugar y dejar que otros figuraran. Como afirma don Castano: “[don Rinaldi] tenía el temperamento del fundador y las cualidades para llegar a serlo. Abierto a las cosas nuevas, sabía leer en las necesidades de las almas y de la sociedad. De joven parecía incierto y taciturno; de adulto, en cambio, demostró estar hecho para la acción con tempestividad y clarividencia, aun procurando siempre quedar en segundo plano y no apartándose nunca de la más religiosa obediencia”158 . Don Rodolfo Fierro, por su parte, dice de él: “según su método, no ponía en primera línea su 158 Castano, Op. Cit. 133 73 propia persona, sino cuando fuera absolutamente necesario; insinuaba, movía, buscaba y lanzaba a los hombres de inteligencia y acción capaces de comprenderlo y secundarlo, dejándoles la halagadora persuasión de ser los autores de ese movimiento que, por simpático y conveniente, crecía y se imponía. A los lejanos los movía con circulares y relatándoles lo que en el Oratorio y en Italia se hacía. Cuidaba siempre de que el Rector Mayor apareciera honoríficamente”159. El profesor Gribaudi, diputado del parlamento y presidente de los AA, escribió a la muerte de don Rinaldi “Yo tenía el título de Presidente, pero quien lo hacía todo y no quería aparecer era Don Rinaldi”160 . 1. Don Rinaldi gran organizador de las asociaciones de AA Don Rinaldi ha sido el gran organizador de los Antiguos Alumnos. Nombrado director de la casa salesiana de Barcelona-Sarriá en 1889, pasó a ser el primer Inspector de la inspectoría ibérica. En 1901 fue llamado por don Rua a ocupar el cargo de Prefecto General, el segundo cargo en importancia dentro de la Congregación, que entre otros asuntos, tenía a su cargo el movimiento de los AA. Como inspector en España y como Prefecto General en Turín se preocupó con empeño en la formación y organización de las asociaciones en España, en Italia y en el mundo entero. 2. Don Rinaldi y los AA españoles Fue en España donde comenzó a ocuparse de la asociación de AA. En mayo de 1899 hizo Don Rua su visita a las casas salesianas de España. Don Rinaldi, director de Sarriá y recientemente nombrado Inspector de las Casas Salesians de España y Portugal, le preparó la agradable sorpresa de una reunión de antiguos alumnos, la primera que se tenía en España. 3. Los tres programas de trabajo. Estas asociaciones desarrollaban, según sus posibilidades, y de acuerdo con el Reglamento aprobado por los Superiores Mayores, un programa mínimo, un programa medio o un programa, máximo. El programa mínimo se contentaba con el distintivo y la fiesta de la Unión anual. Un día pleno. Misa de Comunión; desayuno; partido de juego, o bien, visita a los talleres, reunión para cambiar impresiones, y una conferencia orientadora; ágape; Bendición y Salve a María Auxiliadora, función de teatro, representado por los mismos Antiguos Alumnos. En esto se distinguió siempre la Asociación de San José, Barcelona, donde había verdaderos artistas. La fiesta de la Unión se celebraba siempre en dondequiera que había asociaciones. El programa medio comportaba: la lista completa de los socios, con sus direcciones y profesiones; carnet; distintivo; junta, local social; bandera; conferencias cuaresmales; biblioteca; fiesta social al Ven. Don Bosco: en este día, el ágape fraterno; teatro; excursiones; socorros mutuos; cajas de ahorro postal; Cooperadores. El programa máximo añadía: banda u orquesta; catequistas para los Oratorios festivos; ejercicios espirituales o conferencias cuaresmales semanales; sección de propaganda (era el tiempo de las luchas por la Buena Prensa); organización profesional; inscripción en el Instituto 159 160 R. Fierro, Op. Cit., 99. R. Fierro, Op. Cit., 102. 74 de Reformas Sociales; casa o local social (lo tuvieron, y bastante bueno, Barcelona, Sevilla, Baracaldo) 5. Don Rinaldi promotor de un laicado católico Una atención particular de Don Rinaldi estuvo dirigida a la promoción del laicado. Tras la publicación de la encíclica Rerum Novarum de León XIII, el mundo católico se había abierto un nuevo espacio para introducir en la vida pública los valores éticos del cristianismo. En este clima de apertura social, Don Rinaldi descubrió el valor del asociacionismo para promover el laicado todavía muy subordinado al clericalismo. Él quería que las asociaciones a las que dio vida no fueran simples grupos píos, sino organizados sobre una base plenamente responsable de las opciones asociativas en las transformaciones sociales del tiempo. Fundó diversas de estas asociaciones, algunas con finalidades religiosas, pero varias con intenciones sociales y apostólicas con la idea de llevar al mundo de los jóvenes una conciencia abierta a la solidaridad social. Para esta promoción del laicado no tenía necesidad de inventar mucho, la bastaba tomar en su mano las dos asociaciones iniciadas por don Bosco: la Unión de Cooperadores y la Asociación de los Antiguos Alumnos. Ambas asociaciones se pueden considerar movimientos laicales sea por su presencia y misión cristiana en el mundo, sea por la responsabilidad de los laicos en la dirección y ejecución de proyectos y programas. 6. Palabras de don Rinaldi sobre los Antiguos Alumnos E unas circulares sea cuando era Prefecto General, sea cuando ya era Rector Mayor habló de los AA, exhortando a los Directores para que en todas las casas formasen y organizasen la asociación de los AA. Recordamos solo una de ellas: en el verano de 1926 se expresaba así ante trescientos directores y veinticinco Inspectores convocados en Valsalice por don Rinaldi “Algunos creen que la organización de los AA es una obra inútil, y por eso la descuidan. Les recordaría que los AA son el fruto de nuestras fatigas. En nuestras casas, nosotros no trabajamos para que nos paguen la pensión y para obtener que los jóvenes sean buenos solo mientras están con nosotros, sino para hacer de ellos buenos cristianos. Por eso esta organización es obra de perseverancia; con ella queremos reclamarlos si se han desviado para que no haya en el mundo nadie, que educado por nosotros, tenga ideas contrarias a las nuestras. Nos hemos sacrificado por ellos y nuestro sacrificio no debe perderse” 161 7. Don Rinaldi y los AA (resumen de Zarbà) Durante muchos años estuvo al frente de los AA, como Prefecto General de la Congregación. Fue el primero que comprendió con la genialidad de la intuición la importancia y el alcance. Él fue quien reguló la Federación y la quiso non reducida a un pequeño núcleo embrionario y limitado, inorgánico y puramente sentimental, sino fuerza viva y operante con fines concretos y metas claras. Fue él el que le imprimió un amplio respiro y un radio de acción a los grupos particulares existentes en las diversas casas, quien reforzó y coordinó en ellos los vínculos de la común educación salesiana e hizo que las unidades particulares separadas se organizasen para que fueran una gran masa homogénea operativa y vital. De este modo si hoy cualquier antiguo alumno está puesto en grado de sentir y vivir la solidaridad y la fraternidad con cualquiera que en cualquier región del mundo ame a Don Bosco, viva su espíritu y siga sus enseñanzas se lo debe a don Rinaldi. Él en efecto impregnó de una característica original el 161 Atti Consiglio Generale, 24 giugno 1926, 518. 75 movimiento de los AA de modo que los pequeños grupos colegiales fueron elevados a federaciones nacionales e internacionales, por eso los antiguos alumnos de cada casa u oratorio no son ya antiguos alumnos de tal o cual casa, sino antiguos alumnos de Don Bosco, directa emanación del pensamiento, del alma, de la vida de Don Bosco mismo. Él quien ha dado a la organización como alma una idea universal. Bajo esta aspecto bien se puede decir que don Rinaldi es el fundador de la Federación Internacional de AA, aunque históricamente se remonte al Padre y fundador último que el Don Bosco. VI. Las lecciones de los orígenes Hay que partir de la premisa de que los tiempos cambian y que no se puede volver sin más a los tiempos de don Bosco. La situación cultural, religiosa y social son muy distintas de lo que eran en la época en que vivió y actuó Don Bosco; y los alumnos de hoy, sobre todo en las naciones más desarrolladas de Europa, están, en general, en condiciones muy distintas a la de los alumnos del Oratorio. Pero hay notas esenciales que no pueden cambiar sin desvirtuar la identidad del movimiento de los AA. A la luz de los orígenes, veamos algunas de esas notas esenciales: 1. La razón de ser de los de AA Los orígenes nos indican que la razón de ser de la asociación de AA es el resultado de la confluencia de dos amores: el amor de un buen padre, Don Bosco, hacia sus hijos, sus alumnos, y el amor de los hijos hacia uno que era para ellos un verdadero padre. Los dos amores se relacionan mutuamente: porque Don Bosco fue un buen padre, sus alumnos le respondieron con el cariño y la gratitud que los buenos hijos sienten hacia su padre. El reconocimiento agradecido está, pues, en la base del ser de los AA. Este motivo de la gratitud persistirá siempre, pero en el contexto educativo de hoy en muchos casos ha cambiado de signo. En tiempos de Don Bosco los alumnos del Oratorio recibían todo en la Casa-Oratorio de Don Bosco: alojamiento, comida, educación, formación humana y espiritual. Los alumnos estaban agradecidos, porque sin Don Bosco no hubieran sido nada y gracias a él habían conseguido ser alguien en la vida. No cabe duda de que ha habido y sigue habiendo en el mundo de hoy situaciones como las que se dieron en Valdocco y ciertamente existen casos semejantes, más o menos aislados, en todas partes, pero lo normal es que en los países desarrollados estas situaciones ya no se repitan. Incuso la educación y la formación humana y profesional no se da ya principalmente en los colegios, o no solo en los colegios, hoy hay otros foros de educación: universidad, calle, grupos, asociaciones, medios de comunicación social etc. y gran parte de los alumnos, no terminan sus estudios y formación en el centro salesiano, sino que siguen estudiando y recibiendo educación en otros centros. En estas circunstancias nos preguntamos ¿Cuáles son los motivos que pueden fundamentar la gratitud de los AA hacia sus educadores del colegio salesiano, donde recibieron educación? Volviendo la vista a la historia de los primeros tiempos, hallamos algunos importantes motivos: la figura de Don Bosco, su sistema educativo, los valores humanos y cristianos de la educación recibida en un ambiente de acogida y trato familiar. Los AA no se reunieron únicamente por un sentimiento afectivo, por un sentimiento nostálgico hacia don Bosco, sino que reconocían, apreciaban y deseaban reafirmar los principios fundamentales de la educación que habían recibido en la Oratorio y que habían marcado indeleblemente su manera de ser y de entender la vida y les habían ayudado a hacerse personas adultas y conscientes, buenos cristianos y honestos ciudadanos. 76 Estaban deseosos de volver a las fuentes, de seguir aprendiendo, de comprender y profundizar más y más en esos principios y hacerlos operativos en la actualidad, inculturando de este modo el espíritu de don Boso, sin traicionarlo, aunque sí adaptándolo a los tiempos, a los lugares y a las situaciones concretas de sus vidas. Y Don Bosco, o quien lo representaba, se lo recordaban con cariño y los animaban y sostenían para que fueran coherentes con la educación recibida. 2. La figura de Don Bosco En la historia de los orígenes de la asociación la figura de Don Bosco está en el centro, aunque esto no excluyera a sus colaboradores. Los protagonistas de los primeros pasos de la asociación eran alumnos directos de Don Bosco; alumnos que él personalmente había aceptado en el Oratorio y había tratado y educado según su sistema personal de trato y de educación. Pero no hay que olvidar que en 1870, Don Bosco ya no era el Don Bosco de los años cincuenta y que su contacto directo con los chicos de la casa de Valdocco era escaso, ocupado como estaba con los problemas de la fundación y asentamiento de la Congregación y de la expansión de su obra en otras partes de Italia y, muy pronto, desde 1875, en el mundo entero. Gran parte, pues, de la labor educativa era llevada a cabo por los colaboradores de Don Bosco, casi todos ellos también AA alumnos del Oratorio y, por tanto, compañeros de los primeros AA que promovieron la asociación. Don Bosco, además de una persona real, era el símbolo de todo un sistema educativo, al cual se él añadía el halo de fama y de santidad que lo envolvía. Tanto era así que no solo los ex alumnos de Valdocco, sino los de las otras casas salesianas, se consideraban antiguos alumnos no de tal o cual colegio, sino de Don Bosco. El movimiento de los AA nació en torno a la persona de Don Bosco y nunca se ha concedido una asociación de AA sin referencia a la figura de Don Bosco. Es el atractivo, la fascinación de la bondad animadora, de su simpatía, de su estilo de vida y de santidad lo que atrae y hace volver a las casas salesianas, que son todas casas de Don Bosco. De hecho, el movimiento de los AA ha estado siempre muy ligado a la exaltación y al recuerdo de Don Bosco, como lo demuestran la activa participación de los AA en las iniciativas de levantar monumentos y hacer homenajes a su persona. Desde la primera placa colocada en la casa nativa en el primer aniversario de la muerte del venerado padre, al gran monumento levantado en la plaza de María Auxiliadora de Turín, y a los numerosos otros monumentos, estatuas, bustos, placas etc. a él erigidos en todo el mundo. 3. La educación recibida: el sistema educativo de Don Bosco En Congreso mundial celebrado para conmemorar el primer centenario de la fundación, en 1970, el entonces Rector Mayor don Luis Ricceri se dirigía a los AA con estas palabras: “Vosotros los Exalumnos de don Bosco os habéis reunido para profundizar en vuestra identidad. Pues bien, yo os sugiero un concepto, un pensamiento que siempre tengo en la mente cuando pienso en los Exalumnos, el que va ligado a la palabra “educación salesiana”. Son la educación, los valores educativos, que ciertamente ahondáis, proclamáis y realizáis en vuestra familia y en vuestro ambiente, los que deben iluminar vuestra relación de Exalumnos con la sociedad contemporánea, con el crecimiento de una nueva cultura”162. Y don Vecchi, señala la educación recibida, acogida, interiorizada, ulteriormente desarrollada y puesta a fructificar en la vida como el carácter distintivo del antiguo alumno salesiano, que ha tenido una experiencia juvenil que lo ha satisfecho íntimamente, incluso con los inevitables incidentes debidos a la edad y a los límites de instituciones y educadores. Ha saboreado la alegría del crecimiento hacia un cada vez mayor conocimiento de la realidad y hacia la madurez personal. 162 Don Ricceri en el congreso 77 Ha probado relaciones humanas inspiradas en el respeto y el amorque en la vida salesiana se concretizan en el espíritu de familia. Ha sido parte activa de un ambiente o comunidad educativa en la cual se ha entrenado en la participación espontánea y en la corresponsabilidad. Ni que decir tiene que la auténtica educación salesiana no es solo de contenido, sino de personas, de ambiente y de métodos, pues va íntimamente ligada, por un lado, a los valores que pretende inculcar, y por otro, a la persona de Don Bosco, a su manera de ser y a aquel sistema de educar, que entiende de un modo muy peculiar la relación educativa entre el educador salesiano, que la imparte. La formulación más simple del contenido de la educación salesiana la hallamos en el sabido lema, formulado en diversos contextos por don Bosco “lograr honestos ciudadanos y buenos cristianos”. Para don Bosco el hombre educado y maduro es el ciudadano que tiene fe, que pone en el centro de su vida el ideal del hombre nuevo modelado en las Bienaventuranzas, animoso testigo de las propias convicciones religiosas. Todo esto viene concebido como una propuesta, un diálogo, una búsqueda, un camino. Comprende, pues, iluminación de la conciencia, experiencia del bien y de la generosidad, el desarrollo del sentido religioso, el conocimiento de Jesús según el nivel que los jóvenes han alcanzado. Con aquellos, como eran los primeros antiguos alumnos del Oratorio, que de la familia y del contexto cultural de la época han recibido un patrimonio cristiano, se recorre el camino catequístico y de iniciación que es parte de la pedagogía de la Iglesia hasta la adquisición de una mentalidad o cultura cristiana. Para los otros, que no tienen una visión cristiana de la vida, es la llamada, la invitación, los experimentos iluminantes, el mostrar la belleza de la experiencia religiosa cristiana, el testimonio de aquellos que viven ya esta experiencia y, en definitiva, la formación ética y la orientación a los valores que el Evangelio ha sembrado o reforzado en la humanidad. Por ello, como ha dicho Juan Pablo II, el sentido de Dios, vértice del método pedagógico de don Bosco, no solo es aplicable a todas las culturas, sino adaptable con fruto también a las religiones no cristianas En cuanto a los otros elementos: ambiente, relaciones personales, método educativo etc., los formuló con claridad el mismo Don Bosco en su tratado sobre el sistema preventivo y lo ejemplarizó de forma magnífica en obra de pedagogía práctica Las memorias del Oratorio. Todo el sistema se centra en tres palabras: razón, religión y amabilidad. La razón y la religión subrayan el humanismo cristiano, el valor de la persona, de la conciencia, de la naturaleza humana, de la cultura, del mundo del trabajo, del vivir social o sea aquel amplio cuadro de valores que es como un bagaje necesario del hombre en su vida de familiar, civil y política y la apertura a lo trascendente163 y se practica en la racionalidad en el trato, en la toma decisiones y en el sereno razonamiento con los educandos. La amabilidad o amor demostrado, revela el espíritu que mueve desde dentro al educador y plasma su estilo educativo: la caridad pastoral traducida en bondad de corazón y de maneras. Hace referencia a la relación con los jóvenes: disponibilidad, simpatía profunda hacia su mundo e interés paterno por su crecimiento, participación en su vida, deseo de su salvación. Todo ello exige un ambiente cálido de amistad y de relaciones humanas, en el que los educadores y los educandos estén asociados en una auténtica experiencia vital. 4. La identidad salesiana de los Antiguos Alumnos ¿Quiénes son, pues, los Antiguos Alumnos a la luz del pensamiento de Don Bosco? Lo ha captado muy acertadamente el antiguo alumno salesiano de Alejandría de Egipto Magdi 163 Juan Pablo II, Juventus Patris, 10. 78 Cristiano Allam: “ser un antiguo alumno de Don Bosco significa haber adquirido aquellos valores no negociables y la certeza de aquellas reglas que son el fundamento de nuestra identidad humana y que representan hoy las bases de una convivencia civil”164 Don Bosco el 17 de julio de 1884 calificó de “salesianos” a los AA: “Con el nombre de salesiano yo entiendo significar a todos aquellos que han sido educados con las máximas de este gran santo [san Francisco de Sales]. Por tanto vosotros sois todos salesianos”165. Esta afirmación hacía eco a otras dirigidas anteriormente en la que exhortaba a sus ex alumnos a demostrarse en todas partes “buenos salesianos”166. Este título evidentemente no representa ningún vínculo jurídico definido, pero en la mente de don Bosco quiere decir que entre el educador salesiano y el alumno se constituye un vínculo vital y familiar. Para don Bosco los alumnos que se educan en casas salesianas forman parte de una familia, son “hijos” y lo siguen siendo cuando abandonan el centro donde han sido educados salesianamente. 5. La asociación de AA, prolongación de la casa salesiana Para que el ex alumno conserve, profundice y actúe los principios cristianos recibidos en la escuela de don Bosco, es necesaria una formación continua. En el tratado sobre el sistema preventivo escrito por don Bosco lleva implícito un elemento de educación permanente, que establece una relación de afectiva educación entre el educador y el alumno o antiguo alumno. Dice Don Bosco el sistema preventivo “aficiona al educando de tal modo que el educador puede siempre hablar con el lenguaje del corazón sea en el tiempo de la educación, sea después de ella. El educador, una vez ganado el corazón de su protegido, podrá ejercitar sobre él un gran poder, avisarlo, aconsejarlo y también corregirlo cuando se encuentre en el empleo, en las oficinas civiles, en el comercio”167 Así lo reconoce y precisa don Ricceri: “Vosotros no sois solo el resultado de nuestro trabajo educativo, el consuelo y casi el coronamiento de nuestras fatigas. Vosotros sois la razón de nuestra vida y nuestro apostolado. Nuestra obra no se agota en la relación con vosotros como alumnos, sino que se desarrolla y alcanza su plenitud solo en la relación con vosotros como exalumnos. [...] Nosotros tenemos necesidad de colaboradores laicos, que imbuidos de nuestro mismo espíritu y enriquecidos con la experiencia de nuestra misma vida y de nuestro trabajo puedan unirse a nosotros en nuestras obras y compartir la responsabilidad” (49). 6. La asociación de AA El movimiento fue un movimiento espontaneo de las base. Nació con una finalidad concreta, la de manifestar a Don Bosco la gratitud por la educación recibida. Don Bosco no hizo nada, o casi nada para crear con ellos una asociación al estilo de las otras asociaciones que había fundado o favorecido. Y no deja de llamar la atención, si tenemos en cuenta la tendencia de don Bosco hacia el asociacionismo. A lo más que llegó fue a proponerles que constituyeran una sociedad de mutuo socorro, como ya existía entre los alumnos y entre otras categorías de ciudadanos. Cabría preguntarse por qué no lo hizo. Se me ocurren dos razones. La primera es que los AA mostraban con su gesto de reunirse en Valdocco para mostrar su gratitud que eran personas adultas que vivían su vida cristiana según las enseñanzas de Don Bosco. Don Bosco llegó a decirles que ser antiguo alumno era signo de ser buen cristiano y les recomendaba viva 164 Cf. Bollettino Salesiano italiano, junio 2012, 8. MB XVII 176-177. 166 MB XIV 511. 167 BOSCO Giovanni, Il sistema preventivo nella educazione della gioventù. Introducción y textos críticos por P. Braido, en RSS, 7 (1985), 292. 165 79 y constantemente que fueran testimonios de fe en los ambientes en que se desarrollaba su actividad: la familia, el trabajo, la parroquia:"Yo tendría ahora muchas cosas que decirles. La principal es que se dediquen a hacer todo el bien posible a la juventud de sus parroquias, de sus ciudades, de sus pueblos, de sus familias. Esto era lo fundamental. Don Bosco los dejaba libres para que cada uno se integrara en aquellas asociaciones que existían en sus ambientes: grupos de vida religiosa, grupos de catequesis en la parroquia, asociaciones obreras en las fábricas y talleres etc. Vosotros erais una pequeña grey, que ha crecido y crecido mucho, pero se multiplicará todavía. Vosotros seréis la luz que resplandece en medio del mundo”. De hecho muchos de aquellos antiguos alumnos eran sacerdotes y como tales ejercían su ministerio en las diócesis correspondientes. En segundo lugar, aquellos que quisieran organizarse dentro de la familia salesiana tenían ya la Pía Unión de Cooperadores a la cual podían inscribirse. No tenemos citas de Don Bosco a este respecto, pero sus sucesores insistirán en este punto. La cita más explícita la tenemos en una circular de don Albera a los salesianos: Ahora bien la recomendación que he querido haceros, mira precisamente a preparar buenos ex alumnos, que sean nuestros más aficionados amigos y celosos cooperadores. He dicho celosos cooperadores, porque no debemos olvidar que los exalumnos de cada una de nuestras casas, hechos ya hombres adultos y conseguida su posición estable en la sociedad, se añaden por ello mismo a la inmensa falange de la Pía Unión de Cooperadores Salesianos, a la cual su Director los habrá debido inscribir a su debido tiempo, haciéndoles llegar regularmente el Boletín Salesiano. De este modo cada ex alumno concurrirá a la progresiva realización de la bendición que don Bosco auguraba a la Pía Unión con las palabras “Llegará tiempo en el cual el nombre de Cooperador Salesiano será sinónimo de buen católico.” Don Rinaldi partía de un presupuesto que iba adquiriendo cada vez más fuerza en la Iglesia: el laicado católico y vio en los AA, como en otros grupos de personas, una ocasión magnífica para hacer de ellos una asociación activa de laicos al servicio de la Iglesia. Para ello se necesitaba unión de todos, cuantos más fueran y con mayor rayo de acción tuvieran, mejor. De ahí la unión de asociaciones locales, las federaciones nacionales, la confederación mundial. 7. Los retos de los salesianos y de los educadores salesianos Los salesianos y los educadores salesianos tienen en primer lugar el gran reto de definir con claridad los valores esenciales que se quien inculcar en la educación salesiana; valores que sean irrenunciables y unitarios. Esto les exige conocer y estudiar bien a don Bosco y ver bien el qué, el cómo y el dónde está su verdadero espíritu. El segundo gran reto es el del conocimiento a fondo y la aplicación segura, inteligente, amorosa y convencida del sistema preventivo, sin titubeos y sin tibiezas. La asociación de AA está profundamente marcada por esta relación educador-alumno, lo cual exige un ambiente cálido de amistad y de relaciones humanas, en el cual los educadores y los educandos estén asociados en una auténtica experiencia vital. Hacer familia y hacer comunidad. Aquí están implicado también a los alumnos, que, como decía Don Bosco no solo deben ser amados, sino percibir que son amados. A ser antiguo alumno se comienza desde el mismo momento en que se ingresa en un colegio salesiano, es decir, que es obra primordial de los maestros y profesores de los colegios, quienes, además de dar a los alumnos la formación integral, deben tener también como esencial punto de mira, que algún día estos llegarán a ser exalumnos, y por lo tanto, tratar de que todo el ambiente colegial sea propicio, en tal forma que los alumnos, al abandonar definitivamente el colegio, lo hagan guardándole el más grande de los cariños. Hace falta que el alumno, al retirarse del colegio, sienta una poderosa atracción hacia el mismo; comprenda el honor que significa haber pasado por las aulas salesianas; entienda que el ser exalumno de Don Bosco es algo muy distinto de ser exalumno de cualquier otro colegio religioso; en cuanto el 80 exalumno forma parte de la Congregación Salesiana. El alumno debe salir del colegio con la predisposición de convertirse en exalumno práctico desde el mismo momento en que abandona definitivamente el colegio. 81 82 Como nos soñó Don Bosco, “Buenos cristianos y honrados ciudadanos” 1. Introducción Hoy vivimos en una sociedad que nos quiere hacer creer que todo es igual, lo verdadero y lo falso, lo bonito y lo feo, que no se tiene que calificar para no traumatizar a los malos estudiantes. Nos quieren hacer creer que la víctima cuenta menos que el delincuente. Que los vándalos son buenos y que la policía es mala. El slogan de moda es “vivir sin obligaciones y gozar sin límites”. Hemos pasado de una sociedad de disciplina, donde existía el conflicto entre normas y trasgresión, entre impulso y prohibición, a una sociedad de la eficiencia, para la que el malestar psíquico no está determinado por un conflicto entre lo permitido y lo prohibido, sino por el sentido de una inadaptación e insuficiencia, sino de una incapacidad y fallo de animar a todo lo que es posible hasta llegar al límite de lo imposible. En nuestra sociedad se olvida el concepto de límite. Y en ausencia del límite, la vivencia del sujeto no puede ser otra cosa que inadaptación, sino ansia y hasta inhibición. Las familias se ensanchan, la escuela no sabe qué hacer, solo el mercado se interesa por llevar a los jóvenes por el camino de la diversión y el consumismo, donde lo que se crea se consume es su propia vida, que no es capaz de proyectarse hacia un futuro capaz de vislumbrar alguna promesa. Y el malestar no es solo del individuo, sino que el individuo solo es la víctima de una falta de prospectivas y de proyectos hasta perder el sentido de la vida y los lazos afectivos168. Hoy muchos, hasta entre los creyentes, no aceptan, sin antes discutir, los mandatos de moral formulados por la Iglesia, sino que quieren reflexionarlos y, en definitiva, decidir por ellos mismos que es lo bueno y lo malo. Y muchos defienden que, de este modo, cada uno se formula su moral como le va bien de forma que la sociedad moderna resulta una “Babel” ética en la que todo está permitido169. La realidad presentada anteriormente es de gran actualidad y ha de ser afrontada con decisión. Al menos así lo expresó San Juan Pablo II en Nápoles, Capodimonte, el 10 noviembre 1990, durante la audiencia de los administradores públicos de la Campania: “No existe quien no vea la urgencia de una grande recuperación de la moralidad personal y social. ¡Sí, es muy urgente recuperar la legalidad!… de una moralidad social restaurada a todos los niveles surgirá un nuevo sentido de responsabilidad en el actuar público, como también una ampliación de los lugares de formación a nivel social y un impulso más motivado para participar de diversas maneras y de voluntariado”170. Existe la tentación de pensar que nuestra realidad social sea más difícil que la vivida por Don Bosco. Creo que cada época tiene sus propios problemas e inconvenientes. Ciertamente, hoy en la sociedad y en la Iglesia, estamos viviendo una situación compleja. Socialmente se quiere vivir como si Dios no existiera, se ha creado una cierta cultura relativista, hedonista, permisivista y consumista. Por otra parte, la Iglesia está viviendo momentos críticos con U. Galimberti, Senza l’amore la profezia è morta. Il prete oggi, Cittadella Editrice, Assisi 2010, pp. 23-25. F. Alberoni, Le basi della morale cristiana sempre nelle nostre giornate, in: “Corriere della Sera”, 6 marzo 2011. http://www.corriere.it/editoriali/alberoni/11_marzo_07/le-basi-della-morale-cristiana-sempre-nellenostre-giornate-francesco-alberoni_9abb49ca-4889-11e0-b2f1-0566c0fae1de.shtml . 170 Giovanni Paolo II, Discorso agli amministratori pubblici della Campania, presso la sede dell’Aeritalia a Capodimonte, Napoli, 10 novembre 1990, in L’Osservatore Romano, 13 novembre 1990. 168 169 83 referencia a la moral y a la ética: abusos sexuales de sacerdotes y religiosos/as, crisis vocacional, la fragilidad vocacional, etc. El medio soberano de recuperación y la clara elección “educacionista” actuada por Don Bosco, es la formación de la conciencia y religiosa del joven. Esta convicción del Santo Turinés se resume en la fórmula: “buen cristiano y honrado ciudadano”. Dice Don Bosco: “la porción de la Sociedad, sobre las que se fundan las esperanzas del presente y del futuro, la porción que más debemos cuidar es, sin duda, la juventud. Esta, si se educa rectamente, tendremos orden y moralidad, al contrario vicio y desorden. La Religión sola es capaz de comenzar a realizar la gran obra de una buena educación”171. Los exalumnos de Don Bosco y los miembros de la Familia Salesiana para responder a la realidad social echamos manos del Sistema Educativo de Don Bosco. Creo que cada acción o proyecto educativo tenga que mirar hacia un proyecto formativo que asegure la moralidad, la legalidad y socialización. Es decir, formar a “buen cristiano y al horrado ciudadano”. Los exalumnos y los jóvenes piden hoy a quienes tienen roles de liderazgo en la Asociación, vivir lo que anuncian, es decir, testimonio, cercanía, sencillez, vivir juntos la experiencia. Don Bosco propuso la formula “buen cristiano y honrado ciudadano” y condujo su vida de acuerdo a los criterios que deben distinguir a un buen ciudadano y un buen cristiano. Don Bosco vivió lo que enseñó. En el desarrollo del tema “como nos soñó Don Bosco, “buenos cristianos y honrados ciudadanos” se analiza la expresión “buen cristiano y honrado ciudadano” desde diferentes puntos de vita: la tradición y Don Bosco. Se concluye con una característica típica del “buen cristiano y honrado ciudadano”, la integridad. 1. El binomio “buen cristiano y honrado ciudadano” tiene una larga tradición. Los cristianos no han sido indiferentes al fenómeno “ciudadano”. Desde los primeros tiempos han subrayado la importancia de la “ciudad terrena”. La salvación que anuncia y vive la comunidad cristiana no es una abstracción extraña al pasar de la historia. Los valores evangélicos se concretizan mediante la responsabilidad por mejorar la tierra y la sociedad. La Carta a Diogneto (180 d.C.) dirigida a un tal Diogneto de Atenas que tenía interés por conocer algunos aspectos relativos a la fe y al modo de vivir de los cristianos. El autor anónimo responde en estos términos: “Los cristianos – se dice – no se distinguen de las demás personas ni por el territorio, ni por la lengua, ni por el modo de vestir. No viven en ciudades propias, no se sirven de unos privilegios particulares, ni llevan un género de vida especial (…). Están diseminados en las ciudades griegas y bárbaras, según les haya tocado en suerte. Se conforman y adaptan a los usos locales en el vestir, en el alimento, en la forma de comportarse; y más aún, en su manera de vivir manifiestan, la maravillosa paradoja, reconocida por todos, de su sociedad espiritual. Cada uno vive en su patria, pero como inmigrantes que tienen el permiso de permanencia. Cumplen con todos sus deberes de ciudadanos, y hasta llevan el peso de la vida social con desprendimiento interior. Cada ciudad extranjera es para ellos su patria, y cada patria es tierra extranjera. Se casan y tienen hijos como todos, pero no abandonan a los recién nacidos. Ponen a disposición la mesa pero no las mujeres. Viven en la carne, pero no según la carne. Viven en la tierra pero son ciudadanos del cielo. Obedecen las leyes establecidas, pero con su modo de vivir van más allá de la ley”172. 171 172 «Avviso» di Esercizi spirituali per giovani (dicembre 1849), BS 4 (1880) n. 12 dicembre, p. 6. A Diogneto V 1-10, in: http://www.ora-et-labora.net/diogneto.html . 84 El texto hace una descripción estupenda de lo que ha de ser un cristiano. Es un programa de vida para quien desee ser identificado como cristiano. Puede constituir un itinerario de formación para cualquier Exalumno de Don Bosco. Por consiguiente aunque lejos cronológicamente y culturalmente del texto que presentamos, Don Bosco parece compartir las mismas preocupaciones del autor anónimo. El cristiano no es un “separado”, un “esotérico”. Es a la vez ciudadano del cielo y de la tierra y, como tal, se toma en serio también a nivel operativo la doble y unitaria vocación. En el Post-Concilio de Trento, el concepto de “educación para la ciudadanía” nace con el Cardenal Silvio Antoniano (1540-1603): subraya la necesidad de formar al “buen cristiano”, y como está asociada a la de “honesto ciudadano”, “a la de hombre virtuoso, y útil para la patria”. Su concepto de buen cristiano es la de un ciudadano activo y responsable en la “ciudad” terrena e celeste. El “buen cristiano” está, por consiguiente, asociado necesariamente al “útil y honesto ciudadano”, al “hombre virtuoso, y útil para la patria”. Según Charles Rollin (Rector de la Universidad de París), el modelo de hombre plenamente educado pasa del ideal “humanístico” del cristiano al de “ciudadano” del mundo y de la “polis”. La formación cultural debe hacer referencia a la doble finalidad: formar al hombre honesto, es decir al hombre inserto en la sociedad, virtuoso, desinteresado, “buen hijo, buen padre, buen jefe, buen amigo, buen ciudadano”; “hombre honesto, hombre honrado, buen ciudadano, buen magistrado”; y todavía más, como corona y perfeccionamiento, formar al hombre religioso, más en concreto, regenerado por Cristo, el cristiano, que todo lo dirige a Dios y todo lo realiza con miras a la felicidad eterna del cielo173. La disputa sobre el cristiano “buen ciudadano” asume un color particular en el curso de la Revolución Francesa y con la proclamación de los principios de igualdad y libertad. Giuntella lo resume en la fórmula “solo el cristiano puede ser buen ciudadano”174. Gregorio Luigi Barnaba Chiaromonti, obispo de Imola y futuro Papa Pio VII, refiriéndose al nuevo “estado democrático” se dirige a los sacerdotes que atienden a las almas de su diócesis rogándoles que “expliquen a los pueblos la auténtica naturaleza de la libertad, y de la igualdad, para animarlos en sus trabajos y deberes, mientras les ayudan a conocer sus derechos. Así tendremos buenos cristianos para el cielo, útiles y generosos ciudadanos para la patria, y para toda nuestra República” (el cristiano perfecto “ciudadano” republicano)175. Idénticos conceptos se encuentran en un opúsculo anónimo: La Religión católica amiga de la democracia. Instrucción de un teólogo al clero e al pueblo romano (1797). “Feliz democracia, donde las costumbres del pueblo se regulan por la majestuoso y divina moral del Evangelio!”. 173 Traité des études, par Rolin. Nouvelle édition, revue, par M. Letronne et accompagnée des remarques de Crévier, t. I. Paris, Librairie de Firmin-Didot 1881, Discours préliminaire, p. 1. Citato da: P. Braido, Buon Cristiano e onesto Cittadino. Una formula dell’“umanesimo educativo” di Don Bosco, in: Ricerche storiche Salesiane, Rivista Semestrale di Storia Religiosa e Civile 24 Anno XIII, No. 1, Gennaio-Giugno 1994, pp. 11 e 12. 174 V.E. Giuntella, La religione amica della Democrazia. I cattolici democratici del Triennio rivoluzionario (17961799, Roma Edizioni Studium 1990, p. 36, citato da: P. Braido, op cit., p. 20. 175 Homilía del ciudadano cardenal Chiaromonti obispo de Imola al pueblo de la diócesis en la República cisalpina en el día de Navidad año MDCCXCVII. Imola, nella stamperia della Nazione, l’anno VI della libertà (1797), citato da: P. Braido, op. cit., p. 21, citato da P. Braido, op. cit., p. 44. 85 El 28 de mayo 1856 a petición del amigo Mons. Annibale Capalti (futuro cardenal) el poeta romano Gioacchino Belli (1791-1863) componía un gracioso diálogo para un ensayo de niños de un asilo infantil romano. Los dos pequeños actores, Leone e Pasquale, lo concluían de esta forma: L. (…) Luz brilló de sentimientos humanos. Don es de vuestro amor… P. Para los pobrecillos. L. Tu nos encomendaste a manos generosas que educan honrados ciudadanos, y lo que es más valioso … P. Buenos cristianos. El obispo Domenico M. Villa (1818-1882) no obstante llevando a la práctica formulas con frecuencia idénticas a las de don Bosco, se distingue en los acentos. El, obispo de Parma (18721882), subraya: que la religión es insustituible fuente de verdadera felicidad, ya sea a nivel individual como social. “Sed religiosos y seréis felices”. La instrucción religiosa es el medio soberano para promover la felicidad individual y social, temporal y eterna: “Sed auténticos cristianos y buenos patriotas y seréis, también, por el ejemplo de virtudes sociales y religiosas, los verdaderos amigos del pueblo”176. De la instrucción y de la educación cristiana es fruto natural ya sea el buen cristiano como el honrado o útil ciudadano. Pone también en evidencia con particular vigor la rigurosa relación de causalidad entre los dos términos, con la absoluta prioridad de la realidad religiosa. “No basta vivir como hombre honrado para ser cristiano, es necesario vivir como cristiano para ser hombre honrado”177. “Amad sí la patria (…) pero católicamente, porque no puede ser buen ciudadano el que antes no es buen Cristiano”178. Otro punto firmo del Villa es el de excluir de la idea de “buen ciudadano” cristiano la connotación de liberal. El católico liberal no es ni buen cristiano ni buen ciudadano. Este dicho, a lo largo de la historia, nos hace comprender que la fórmula “buen cristiano y honrado ciudadano” ha tenido grandes y responsables promotores, ciertamente cada uno con acentuaciones diversas. 2. El binomio “buen cristiano y honrado ciudadano” de don Bosco. En el lenguaje de don Bosco surge, con variantes diversas, la fórmula “buen cristiano y honrado ciudadano”. Es forma habitual durante parte notable de su vida. La expresión aparece con significados diversos, contenidos diferentes, definidos también por el contexto literario e histórico en el que viene puesta en práctica y enunciada. Buscando textos donde la fórmula esté presente, hemos llegado a resaltar la conexión y los contextos en los que se especifican los diversos significados. Resulta la siguiente secuencia de temas179: 1. La “condición juvenil”: la “juventud en peligro” de cuerpo y de alma y “peligrosa” en la sociedad. “Si yo niego un trozo de pan a estos jóvenes en peligro y peligrosos, los expongo a graves riesgos de alma y cuerpo. (…) quien no busca socorrer a un individuo Il vero amico del popolo. Omelia recitata … il 4 dicembre MDCCCLXXVI… Parma, tip. Fiaccadori 1887, p. 20. 177 Homilia recitada (…) a su ingreso como arcipreste vicario foraneo (…) il 25 febbraio 1849 nel duomo di Bassano. Parma, Tip. Fiaccadori 1876, p. 3. 178 Dei particolari intorno alla dedizione religiosa dei parmigiani …, p. 14. 179 P. Braido, op., cit., p. 43. 176 86 de forma particular, y de dar un trozo de pan a jóvenes a los que el hambre pone en peligro de perder la moral y la religión”180. Juventud, educación, sociedad. “Aquí [a Lucca] se promovería una obra de gran utilidad, porque al alejar del peligro, instruir y, educar a los jóvenes en peligro se hace bien a toda la sociedad civil. Si la juventud está bien educada tendremos, con el tiempo, una generación mejor; si no, dentro de poco estará compuesta por hombres desenfrenados y viciosos hacia el robo, la borrachera, al mal hacer”181. a) El cristiano con derecho de ciudadanía en tres ciudades diversas. “La limosna que se da a las obras Salesianas se extiende al alma y al cuerpo, a la sociedad y a la religión, al tiempo y a la eternidad”182. Ciudadano de la ciudad terrena y de la celeste. “Os presento un método de vida breve y fácil, pero suficiente para que podáis ser el consuelo de vuestros padres, el honor de la patria, buenos ciudadanos en la tierra para ser después un día afortunados habitantes del cielo”183 b) Ciudadano de dos ciudades de la tierra diversas, civil y eclesial. “Para no dejar incompleta una empresa, de la que depende un alegre y triste futuro de tantos jovencitos, se hace humilde recurso a los que aman el bien de la religión y de la Sociedad civil”184. Ciudadano de una “ciudad nueva”, en una civilización nueva. “Estas largas y peligrosas excursiones apostólicas le ayudaron siempre a conocer la necesidad de fundar residencias de Sacerdotes en varios sitios, con el fin de poder llegar a los de la selva e instruirles, formar un pueblo cristiano salvar sus almas y sus cuerpos”185. 2. Un proyecto educativo pleno y diferenciado, cristiano y civil. La fórmula “buenos cristianos y honrados ciudadanos” vuelve cuando se habla de proyecto educativo previsto para “jóvenes abandonados”. Educación humana y educación religiosa son sus dos polos. “De vuestra caridad espero el pan y lo necesario para la vida y una buena educación; buena instrucción y educación cristiana y civil a los jóvenes alojados, y a los que esperan ser aceptados en breve, y que, como pobres y abandonados, no tienen otro patrimonio que nuestro buen corazón” 186. “El buen cristiano y honrado ciudadano”. Utilidad social de la religión. La idea de que la religión sea el presidio más seguro de la vida social y política es familiar también para don Bosco. [Alessandro Severo] Persuadido de que la sola religión es el soporte de los imperios, la única que puede formar la felicidad de los pueblos, se puso a ponerlo en práctica él mismo, y a hacerla respetar universalmente (…). Amaba el Cristianismo, oía con mucho gusto hablar del Evangelio”187. 180 Lettera al conte Clemente Solaro della Margherita del 5 gennaio 1885, Epistolario motto (Em) I 212. La formula “abbandonati, pericolanti e pericolosi” ricorre anche nella circolare del 1 ottobre 1856, Em I 304. Pericolosi è sottolineato anche nell’originale di don Bosco. 181 Conferenza ai Cooperatori di Lucca, sabato santo 8 aprile 1882, Bollettino Salesiano (BS) 6 (1882) n. 5, maggio, p. 81, citato da P. Braido, op. cit., 47. 182 L’elemosina è l’occasione che dà luogo a una classificazione analoga di stati dell’uomo presente nella conferenza tenuta a Lucca l’8 aprile 1882. 183 Il Giovane provveduto (1847), Alla gioventù, [p. 5], Opere Edite (OE) II 187. 184 Circolare per l’opera di La Spezia, 11 Ottobre 1880, E III 628. 185 Carta de D. Bosco a los Cooperadores y Cooperadoras, BS 11 (1887) n. 1, gennaio, p. 3. 186 Noticias sobre el oratorio de Maria Inmaculada y conferencia a Cooperadores en Florencia, BS 6 (1882) n. 7. Julio, p. 121. 187 La storia d’Italia …, p. 131, OE VII 131. 87 a) ¿Buen ciudadano “porque” buen cristiano? La fórmula “buen ciudadano porque buen cristiano” no la encontramos literalmente en el lenguaje de Don Bosco. Encontramos expresiones equivalentes, aunque no numerosas: lo cual demuestra, en Don Bosco, la ausencia de “integralismo”, que, sin embargo, hemos podido observar y subrayar fuertemente en el obispo Domenico Villa (“es necesario vivir como cristiano para ser honrado ciudadano”). En pocas palabras: El objetivo [del Oratorio] es reunir a los jóvenes para hacerlos honrados ciudadanos convirtiéndolos en buenos cristianos188. La armonía entre buen cristiano y honrado ciudadano. En la relación de Juan Bonetti sobre el primer encuentro de Don Bosco con el ministro Urbano Rattazzi, en la primavera del 1854, se encuentra una interesante nota: Rattazzi “solía decir que el Gobierno estaba obligado a proteger dichas instituciones [= el Oratorio], porque cooperaba eficazmente a vaciar de inquilinos las prisiones, y “a formar sabios ciudadanos, mientras se conseguían buenos cristianos”189. Dos expresiones están implícitamente presentes en esta observación de un ministro laico y anticlerical, amigo y bienhechor de don Bosco: el ser buen cristiano es compatible con el ser buen ciudadano; el ser buen ciudadano no excluye ser buen cristiano. La originalidad de don Bosco educador está en hacer lo uno y lo otro. La acción benéfica y educativa de don Bosco y la cotidiana demostración de un programa que concilia ambos, que después, en 1884, don Bosco declarará haberle sido asignado por León XIII: “tenéis la misión de demostrar al mundo que se puede ser buen católico y al mismo tiempo bueno y honesto ciudadano”190. a) El cristiano en el mundo. Implica en Don Bosco una idea muy precisa del “buen cristiano”. Persona de “eternidad”, está también muy radicado en el mundo, donde está llamado a realizar su “eterna salvación” con el ejercicio de las buenas obras, el trabajo, la caridad191. b) El buen cristiano y honrado ciudadano en activa colaboración. La fórmula tiene una doble valoración: apologética (defensa) y positiva. En un siglo que ha heredado la crítica iluminista de la religión cristiana como mítica, oscurantista, es obvio que Don Bosco reivindique la propia fe, la dignidad del máximo vehículo de humanización y civilización. Por ello la apología se transforma, en Don Bosco, también con afirmaciones de principio: la religión católica, religión “salvífica”, se refiere a toda la persona; no se refiere solo al alma, no mira solo la ciudad celeste; quiere a la persona “salvada” también en su existencia terrena, comprendida la esencial dimensión social. El buen cristiano puede, debe ser y es también buen ciudadano. No es un “alienado” o todo él solo mirando al cielo y escasamente interesado por los bienes terrenos y solo pendiente de la “salud eterna” o únicamente preocupado de los “derechos” de la Iglesia y del Papa. Es a la vez “buen cristiano y honrado ciudadano”192. c) El buen cristiano latente en el honesto ciudadano. “Los resultados conseguidos hasta ahora son muy satisfactorios; ya que no pocos jovencitos a punto de caer en mala 188 Es cuanto don Bosco hubiera declarado en el 1850 al senador piamontés conde Federico Sclopis en visita al oratorio di Valdocco con una commissione del Senato subalpino, BS 4 (1880) n. 12, dicembre, p. 8. 189 BS 6 (1882) n. 10, ottobre, p. 171. 190 Udienza del 9 maggio 1884, Memorie Biografiche (MB) XVII, p. 100. 191 “Recuerda, oh Cristiano, que eres hombre de eternidad. Cada momento de tu vida es un paso hacia la eternidad” es un motivo intencionalmente recogido en La llave del Paraíso en la mano del católico que practica los deberes del buen cristiano. 192 P. Baido, op. cit., p. 67. 88 vida, gracias a los cuidados que se tuvieron con ellos, ahora recorren los senderos del honesto ciudadano, con gran ventaja `para ellos y para la sociedad civil”193. En contextos más amplios, trabajo, religión y virtud se presentan como medios de salvación para tantos “jóvenes en peligro”, como grande proyecto de regeneración social, fundamentado en la triada “laica” “Trabajo, Instrucción, Humanización”194.Es evidente que el “programa” supone un régimen de “cristiandad”, según el cual la religión es el fundamento de la moral y las dos de un seguro orden social195. El “Buen cristiano y honrado ciudadano” es el programa educativo de Don Bosco, convencido de que la regeneración de la sociedad pasa a través de la experiencia cristiana, que conduce y da calidad al esfuerzo cultural y social. Está persuadido de que los valores humanos son asumidos y purificados por la vida de fe, potenciada por la gracia. Se esfuerza por ellos en la valoración de lo humano en el cristiano, y por promover todo lo que es positivo en la creación para evangelizar a la sociedad. Ve en la vida de Gracia el pleno desvelarse de la dignidad de Hijos de Dios. Y por ello la atención de Don Bosco se dirige exclusivamente a la dimensión sobrenatural. Tiene delante de si jóvenes concretos de los que se cuida buscando alimento, instrucción, trabajo y ayudándoles a insertarse en la sociedad de forma honesta y activa196. A los Exalumnos laicos Don Bosco les recomendaba no sólo mostrarse siempre y en todas partes "buenos cristianos y hombres probos", y, si eran padres de familia, hacer partícipes a los propios seres queridos de la educación recibida en el Oratorio: "Somos Salesianos, y como tales lo olvidamos todo, perdonamos a todos, haremos todo el bien que podamos y mal a nadie"; por lo tanto, mostrarse "buenos Salesianos, verdaderos hijos de D. Bosco, cuyo deseo más vivo es poblar el Cielo de almas y despoblar el infierno, si me fuera consentido"; "De la educación que habéis recibido de Don. Bosco en el Oratorio, haced que participen vuestros seres queridos"197. A ellos les exponía también posibilidades de una específica inserción social. "Algunos -les decía en el encuentro del domingo 23 de julio de 1882- han sugerido resucitar en medio de vosotros nuestra antigua Sociedad de mutuo socorro". En las palabras de Don Bosco hallamos ya claros los elementos esenciales de lo que quería que fuesen sus exalumnos: fidelidad a los principios que habían aprendido en el Oratorio; reproducir en la vida personal, familiar y profesional el sistema educativo en que habían sido educados; trabajar por la salvación de las almas, especialmente de la juventud; mantener viva la dimensión social con la ayuda mutua. El "honrado ciudadano y buen cristiano" tiene contenidos tradicionales y nuevos. Se refiere al deseo de colaborar en el nuevo orden de la sociedad que nacía en aquellos años, insertando en los procesos de cambio los valores permanentes del vivir y del actuar moral. Reconoce, casi empáticamente, el valor del orden nuevo que la sociedad va expresando. Reconoce la riqueza de la cultura nueva que está naciendo y los esfuerzos por dar a la humanidad un bienestar más amplio y más seguro. 193 Circulare para el orfanato de Sampiedarena, enero 1875, Epistolario Ceria (E) II, p. 448. Conferencia a los CCSS en S. Benigno Canavese del 4 junio 1880, BS 4 (1880) n. 7, julio, p. 12. 195 P. Braido, Prevenire non reprimere, p. 237. 196 A. Colombo, La risposta del metodo educativo di don Bosco, Regenerar la Sociedad a partir de los jóvenes. El arte de la relación educativa, 1ª Convention Nazionale sul Sistema preventivo, Roma, 11-12 ottobre 2003, p. 8. 197 La gratitudine filiale a lieta mensa colla bontà paterna. BS (1880) n. 9, settembre, 11. 194 89 Reconoce la fuerza contenida en la religiosidad que se renueva a la luz de los problemas y de las expectativas de la gente, particularmente de las personas más necesitadas. Representa, por tanto, una enunciación sintética del manifiesto educativo de nuestro Padre. La síntesis no hay que buscarla únicamente en la brevedad de la expresión, sino también y principalmente en la capacidad de no dividir todo lo que en la vida diaria está unido. Todos somos, al mismo tiempo, ciudadanos y creyentes. La intuición de Don Bosco era la de indicar la interdependencia de los dos conceptos. La honradez de ciudadano conduce a la fidelidad hacia los valores evangélicos. La vida como buen cristiano es fundamento para la honradez social del ciudadano198. 3. La fórmula “buen cristiano y honrado ciudadano” con las variantes199 bajo la pluma y en boca de Don Bosco. La expresión “buenos cristianos y honrados ciudadanos, formulada en más de 70 variantes, algunas en “versión laica”200, sirve a Don Bosco para condensar todas las dimensiones del proyecto educativo que desarrollaba en favor de los jóvenes. Veamos algunas: a) b) c) d) e) f) g) h) i) j) k) l) Hacerlos honrados ciudadanos y buenos cristianos201; Hacerlos buenos cristianos y honestos artesanos202; Puedan convertirse todos en honrados ciudadanos y buenos cristianos203; Hacerlos a todos buenos cristianos y honrados ciudadanos204; Educar a la juventud para honor del cristiano y los deberes del buen ciudadano205; Se convertirán en buenos cristianos y honrados ciudadanos 206; Hacer aquel poco de bien que puedo a los jovencitos abandonados, dedicándome con todas mis fuerzas para que sean buenos cristianos de cara a la religión y honrados ciudadanos en medio de la sociedad civil207; Preparar buenos cristianos a la Iglesia y honrados ciudadanos para la sociedad civil208; Hacerlos honrados ciudadanos y buenos cristianos es el objetivo que nos proponemos209; Hacerlos buenos cristianos y honrados ciudadanos210; Son (…) útiles ciudadanos y buenos cristianos211; Se transforman en buenos cristianos y honrados ciudadanos 212; 198 Carta de la Misión de la Familia Salesiana, 8. P. Braido, Buon cristiano e onesto cittadino …, pp. 67-69. 200 Una educación que sirva para hacer de los jóvenes “buenos ciudadanos y les ayude a ganarse honradamente el pan de la vida” 201 Circolare, [10] giugno 1857, Em I 326. 202 Catalogo degli oggetti posti in lotteria …, Torino, tip. di G. B. Paravia 1857, p. 3. 203 Circolare, 10 ottobre 1862, Em I 530. 204 Lettera alla contessa G. Uguccioni, 28 marzo 1872, E II 203. 205 Al prefetto di Torino, 3 gennaio 1873, E II 250. 206 Memorie del Oratorio (1991) p. 123. 207 Memorie del Oratorio (1991) p. 200: colloqui di don Bosco con il marchese Michele Cavour. 208 Cooperatori salesiani ossia un modo pratico per giovare al buon costume ed ala civile società. San Pier d’Arena, Tip. e Libr. S. Vincenzo de’ Paoli 1877, p. 4, OE XXVIII 342. 209 A Carlo Vespignani, 11 aprile 1877, E III 166. 210 Ai Cooperatori Salesiani, BS 1 (1877) n. 1, agosto, p. 2. 211 Sistema preventivo (Utilità), 1877, p. 60, OE XXVIII 438 (des citoyens utile set des bons chrétiens, p. 61) e XXIX 107. 212 A E. Carranza, 30 settembre 1877, E III 221. 199 90 m) n) o) p) q) r) s) t) u) v) w) x) y) z) aa) bb) cc) dd) ee) ff) gg) hh) ii) Entrando un joven en este Oratorio debe persuadirse que es un lugar de religión, en el que se desea hacerlos buenos cristianos y honrados ciudadanos213; Entregarlos a la sociedad civil buenos cristianos y buenos ciudadanos214; Educados en las virtudes cristianas y civiles (...) buenos cristianos y honrados ciudadanos 215; Se trata de hacerlos buenos cristianos y honrados ciudadanos216; Vivir siempre como buenos cristianos y sabios ciudadanos217; Esperanza que se transformen en buenos cristianos y honestos y útiles ciudadanos218; Sont maintenant de bons chrétiens et d'honnêtes citoyens219; Yo gozo mucho con saber que vosotros (...) vivís como buenos cristianos y ciudadanos Honrados220; Donde quiera os encontréis mostraos siempre buenos cristianos y hombres honrados 221 ; Objetivo de nuestros colegios es formar buenos cristianos y honrados ciudadanos222; Para ser después entregados a la Sociedad civil buenos cristianos y honrados ciudadanos223; Salen buenos cristianos y estupendos ciudadanos224; Devolverlos a la Sociedad buenos cristianos y honrados ciudadanos225; Educarlos de manera que sean honrados ciudadanos y verdaderos cristianos226; Aprendiendo a vivir como buenos cristianos y sabios ciudadanos227; Habituaros a vivir como buenos cristianos y honrados ciudadanos228; Se transformarán en buenos cristianos y sabios ciudadanos229; Transformándolos en buenos cristianos y útiles ciudadanos 230; Continuad siendo buenos cristianos y sabios ciudadanos 231; Dar a la sociedad civil miembros útiles, a la Iglesia católicos virtuosos, al Cielo afortunado habitantes232; Hacerlos buenos ciudadanos y buenos cristianos233; Devolverlos (...) a la sociedad civil buenos cristianos y honrados ciudadanos234; Harán comprender al mundo como se puede ser a la par (...)cristianos y al mismo tiempo honrados y trabajadores ciudadanos235; Regolamento dell’Oratorio di S. Francesco di Sales per gli esterni (1877), parte II, capo II, p. 30, OE XXIX 60. Promemoria a Leone XIII, marzo 1878, E III 318. 215 Conferenza a Roma, Bollettino Salesiano (BS) 2 (1878) n. 3, marzo, pp. 12-13. 216 Lettera ai Cooperatori, BS 3 (1879) n. 1, gennaio, p. 2. 217 Discorso ai giovani nella festa onomastica, 24 giugno 1879, BS 3 (1879), n. 7, luglio, p. 9. 218 Lettera ai Cooperatori, BS 4 (1880) n. 1, gennaio, p. 3. 219 Conferenza a Marsiglia, 20 febbraio 1880, ms allografo con corr di don Bosco, FdB 1.888 D 2. 220 Discorso a ex-allievi, 24 giugno 1880, BS 4 (1880) n. 9, settembre. p. 10. 221 Ibid. 222 Deliberazioni del secondo Capitolo generale..., 1880, p. 57, OE XXXIII 65. 223 Circolare, gennaio 1881, E IV 23. 224 Conferenza ai Cooperatori di Torino, 20 gennaio 1881, ms allografo, FdB 444 A 6. 225 Lettera ai Cooperatori, BS 5 (1881) n. 5, maggio, p. 1. 226 Conferenza a Firenze, BS 5 (1881) n. 7, luglio, p. 9. 227 Lettera ai Cooperatori, BS 6 (1882) n. 1, gennaio, p. 1. 228 Ibid., p. 4. 229 Conferenza ai Cooperatori a Genova, BS 6 (1882) n. 4. aprile, p. 70. 230 Ibid., p. 73. 231 Discorso a ex-alunni, 24 giugno 1882, BS 6 (1882) n. 7, luglio, p. 123. 232 Lettera ai Cooperatori, BS 7 (1883) n. 1, gennaio, p. 4. 233 Omelia a S. Sulpizio (Parigi), 1 maggio 1883, MB XVI 245. 234 Lettera ai Cooperatori, BS 8 (1884) n. 1, gennaio, p. 2. 235 Discorso a ex-allievi, 13 luglio 1884, BS 8 (1884) n. 8, agosto, p. 113. 213 214 91 Instruirlos y educarlos para ser así buenos cristianos y honrados ciudadanos236; Cuantos buenos hijos, cuantos padres cristianos y honestos, cuantos ciudadanos mejores no podremos dar a las familias, a la Iglesia, a la Sociedad!237; ll) Hacerlos buenos cristianos y honrados ciudadanos 238; mm) Restituirlos a la familia, a la sociedad, a la iglesia buenos hijos, sabios ciudadanos, ejemplares cristianos239. jj) kk) Don Bosco repetía mucho esta fórmula “buenos cristianos y honrados ciudadanos”. Lo demuestra la reseña apenas esbozada. Pero eso no quita nada a la claridad del significado. Responden a la claridad de las elecciones educativas. Aunque usó fórmulas puede responder a exigencias de propaganda y búsqueda de solidaridad (simpatía, ayuda de la opinión pública, ayudas financieras), refleja sobre todo una segura posición de vida y de acción. 4. El “bueno cristiano y honrado ciudadano” se forma en un ambiente adaptado. Sabemos cuán grande era la fascinación que emanaba la persona de Don Bosco y las cualidades educativas de que estaba dotado. Él, sin embargo consideraba fundamental para el crecimiento juvenil el formar un ambiente educativo, tejido humano en el que se entrelazan múltiples relaciones, donde pudieran experimentar el ser personalmente amados, es decir tomados en serio, queridos y valorados, con capacidad de abrirse a los otros y al Otro. Don Bosco es consciente de la importancia de la familia para el sano crecimiento de los chicos y decide reproducir ese estilo en sus ambientes de acogida a los jóvenes. Llamará espíritu de familia al clima que se respire en sus casas. Se caracterizará por la atención a los jóvenes, a sus actitudes, a los valores de los que es portador, haciendo vibrar las cuerdas del corazón con la delicadeza, “la mansedumbre y la caridad”, evitando toda forma de represión y de violencia. Es un ambiente donde se experimenta la armonía entre espontaneidad y disciplina, familiaridad y respeto de las normas, alegría y responsabilidad, libertad y deber. En tal ambiente los jóvenes se encuentran en las mejores condiciones para desarrollar sus capacidades relacionales, expresivas y creativas, el espíritu de solidaridad de preocuparse los unos por los otros. La educación, de hecho, es sobre de expresión y orientación hacia la forma de convivir, vivir juntos, reconociendo y valorando la diversidad. Don Bosco comprendió que esto requiere la aportación diferenciada y coordinada de muchas personas y buscó el consenso hasta entre no creyentes que podían sentirse bien en el estilo social de su obra de evangelización. Regenerar el tejido de la sociedad requería sinergia en el arte de preocuparse de los jóvenes, lo más frágil y débil de la sociedad y, al mismo tiempo, esperanza en un futuro diverso y mejor. Preocuparse mediante su educación y esencialmente, formar personas libres y responsables del bien de la familia humana. Prevenir es mirar lo positivo, hacer palanca en los recursos interiores del chico y en el desarrollo de sus potencialidades; es acompañarle en sus experiencias cotidianas, en su implicación y servicio al bien de sus compañeros y del bien común240. Esto significa que educar en la legalidad implica la creación de un ambiente nacional e internacional y mundial de legalidad. El reclamo formativo y moral dirigido a todas las personas e instituciones comienza por la familia misma. “La auténtica legalidad encuentra sus 236 Circolare ai Cooperatori di Parigi, 29 gennaio 1885, E IV 310. Conferenza ai Cooperatori di Torino, 23 maggio 1885, BS 9 (1885) n. 7, luglio, p. 95. 238 Lettera ai Cooperatori, BS 10 (1886) n. 1, gennaio, p. 3. 239 Lettera ai Cooperatori, BS 11 (1887) n. 1, gennaio, p. 5. 240 A. Colombo, op. cit., p. 3. 237 92 motivaciones radicales en la moralidad de la persona; la primera condición para el desarrollo del sentido de la legalidad es la presencia de un vivo sentido de la ética como dimensión fundamental e irrenunciable de la persona”241. Educar en la legalidad resulta ser, hoy más que nunca, una responsabilidad de todos y un objetivo que no debería faltar en ningún proyecto formativo242. Dígase lo mismo del valor de la integridad. Don Bosco en el ambiente del Oratorio quiso siempre modelar la persona íntegra, la persona responsable. Condujo a sus chicos para que fuesen capaces de comprender que cada derecho implica una responsabilidad; cada oportunidad, una obligación; cada posesión, un deber. La responsabilidad se incrementa en la vida en la misma proporción que se asumen funciones o roles en la familia, en la vida religiosa, en la Familia Salesiana, en la Iglesia o en la sociedad. Un gran número de personas están listas para reclamar sus derechos, pero no para asumir sus responsabilidades. Don Bosco quiso formar siempre hombres fuertes y de carácter. Muchas veces lo que limita a las personas es la falta de carácter. Cuando el carácter de las personas, de los líderes es endeble, también lo son sus patrones morales. A Don Bosco no le interesaba crear murallas en torno a sus casas para evitar que le invadiera el mal, sino que formó el carácter de sus jóvenes para que cada uno supiera asumir posturas definidas ante el mal. Él buscó formar a sus chicos en el valor de la integridad. Sus chavales debían ser personas que no se doblegaran ante la corrupción. 5. El “buen cristiano y honrado ciudadano” de don Bosco es una persona en camino hacia la madurez espiritual, eclesial y social. Desde su venida al mundo, si no desde su concepción, la persona se tiene que confrontar con un alternarse infinito de madurez e inmadurez. El “buen cristiano y honrado ciudadano” de don Bosco es una persona que siente la “competencia” y sabe gestionarla poniéndola al servicio de sí mismo, de la familia, de la Iglesia y de la sociedad. a) Exigencias y signos de la madurez espiritual Tanto en el Antiguo Testamento como en el Nuevo Testamento es continua la invitación al progreso espiritual243. La madurez o perfección cristiana es el desarrollo pleno de todas las potencialidades de la gracia en todos los niveles del organismo sobrenatural. Tiene ya en la fe su propia orientación, su significado y su impulso244, pero se realiza esencialmente en la caridad245. La fe y la esperanza teologales están relacionadas con la caridad, como preparación inmediata para ella; de tal modo que el dominio de la caridad en la vida del hombre no puede llegar a ser perfecto si al mismo tiempo no se hace perfecto el ejercicio de la fe y de la esperanza. Recibidas como gérmenes de vida eterna, estas tres virtudes están destinadas a crecer, a dar vitalidad al cristiano, a lograr su perfección. San Pablo habla de ellas como de fuerzas dinámicas que tienen un papel decisivo en la maduración de la vida espiritual246. Supone que hay un comportamiento cristiano "infantil", y lo opone a la conducta verdaderamente "adulta". Con frecuencia usa las antítesis "niños- 241 Nota Pastorale Educare alla legalità. Commissione ecclesiale Giustizia e pace, EDB, Bologna 1991, p. 7. n. 3. G. Martielli, Moralità legalità socialità. Per una progettualità formativa, Viverein, Roma 2009, pp. 154-155. 243 Jer 6,16; Sal 26,12; 2 Cor 4,16; Heb 3,7; 4,10; 2 Pe 3,18; Ef 4,13ss243; Col 1,10); Col 1,10. 244 Jn 6,29; Ef 3,17. 245 Mt 5,44ss; 1 Cor 13,1 ss; Jn 17,21. 246 1 Tes 1,3; 5,6s. 242 93 adultos" o "imperfectos-perfectos"247. Según san Pablo, "niño" es aquel que está en los comienzos de la vida cristiana, dando sus primeros pasos, todavía indecisos, y balbuciendo las primeras palabras; "adulto" o "perfecto" es el cristiano en el que los gérmenes de vida nueva recibidos en el bautismo se han desarrollado y han alcanzado aquella plenitud que poseían sólo en potencia y cuya personalidad está en constante apertura a nuevas profundizaciones. Una etapa decisiva en la maduración de la personalidad cristiana la constituye el abandono del comportamiento pueril, para empezar a actuar como adultos, es decir, asumiendo las nuevas responsabilidades de la fe y de la gracia248. Algunos signos de “infantilismo" espiritual de las que debe librarse el “buen cristiano” y que están en los escritos del Nuevo Testamento. Se identifican especialmente estas: a) La incapacidad de aceptar el evangelio en su totalidad de contenido y de exigencias249. Es la señal de que se está todavía demasiado atado a las concepciones religiosas naturalistas. Se portan aún como niños los corintios, que "van en busca de la sabiduría" humana en vez de buscar la "sabiduría de Dios", anunciada por "la locura de la predicación”250. b) El dejarse mover por la "carne" y no por el "Espíritu". La oposición entre "hombres carnales" y "hombres espirituales" en san Pablo es paralela a la oposición "niñosadultos"251. Es señal de este infantilismo el dejarse llevar por motivos humanos, por envidias y rencores. c) La falta de toma de conciencia de la posición exacta del creyente ante Dios; uno se cree ya sabio, conocedor de los caminos y de los secretos de Dios; en consecuencia, piensa que no tiene ya nada que aprender, siendo así que los secretos del reino no los "ha revelado la carne ni la sangre" sino Dios252, que se los manifiesta a los humildes253. d) La autosuficiencia y la presunción del que cree demasiado en sus propias fuerzas y no reconoce que todo es don de Dios. El seguidor de Cristo, adulto en la fe, tiene que poseer ciertos aspectos positivos. del espíritu de infancia, que lo hagan capaz de sencillez, de acogida gozosa de la gracia, de ausencia de cálculos, de generosidad, de sinceridad y de inmediatez254. e) El poner la atención en uno mismo más que en Dios; una afectividad centrada en uno mismo, en vez de una afectividad libre para poderse dar al Otro, que "nos ha amado primero"255. f) La concepción de la libertad como libertinaje256, siendo así que hemos de estar en disposición de discernir las cosas y las acciones según los criterios de Cristo, puesto que todo nos pertenece a nosotros y nosotros pertenecemos a Cristo257. 247 1 Cor 2.6; 13,10s; 14,20; Flp 3,15; Col 1,28. Gál 4,1ss; 1 Cor 13,11. 249 1 Cor 3,1ss. 250 1 Cor 1,21s. 251 1 Cor 3,1; 1,10ss. 252 Mt 16,17. 253 Mt 13,11. 254 Mt 19,14; 18,3s; Le 12,32. 255 1 Jn 4, 10. 256 1 Cor 8, 9; 9,4s; 10, 29. 257 1 Cor 3, 23. 248 94 g) Dejarse llevar del afán de los carismas visibles, en vez de aspirar a los dones más altos y comprometerse por ese otro "camino muy superior", que es el de la caridad258. h) La inestabilidad y la volubilidad de una fe no anclada sólidamente en el evangelio259 y que por eso se ve sacudida por ciertas corrientes espirituales que no nacen de la pureza evangélica. Las convicciones sólidas, propias del adulto, son fundamento de la firmeza de la personalidad cristiana y de la comunidad entera. El “buen cristiano” está llamado a trabajar para alcanzar los signos de la madurez espiritual. La superación de los infantilismos es sólo el aspecto negativo del proceso de maduración espiritual. Este no es solamente renuncia a lo imperfecto, sino desarrollo positivo hacia la vitalidad y la expresión más plenas de la gracia. El “buen cristiano de Don Bosco tiene que ver con madurez espiritual. Por ello se ha de expresar a través de signos visibles, tales como: creer en Dios y en su providencia, hacer cada día la voluntad de Dios, vivir la docilidad al Espíritu Santo, abrir su existencia al misterio de Dios, vivir una continua conversión, tener un compromiso con el mundo y con la Iglesia. Los signos de esta madurez espiritual son múltiples. Como no podemos hacer una lista completa, señalaremos los más manifiestos: a) El convencimiento seguro260 o la convicción plena261, que engendra una especie de evidencia de la existencia de Dios y de su providencia262. De este modo el hombre profundiza en sus relaciones con Dios y toma progresivamente conciencia del plan salvífico de Dios que se realiza en él. b) La transformación y renovación de la mente y del corazón, es decir, de la personalidad en su centro más profundo263, que permite un perfecto "discernimiento del bien y del mal”264; más aún, un discernimiento de "cuál es la voluntad de Dios, lo bueno, lo agradable a él, lo perfecto"265. Esta "voluntad de Dios", esta "perfección" no se identifica ya con un código de leyes dado de una vez para siempre. La "perfección" del cristiano se caracteriza por la docilidad y sumisión a una voluntad divina que hay que buscar y discernir y cuyas exigencias no se pueden medir de antemano. c) La docilidad al Espíritu Santo y la iniciativa para discernir lo que más agrada al Señor nos lleva a estar "llenos del conocimiento de su voluntad con toda sabiduría e inteligencia espiritual", y de este modo a "fructificar en toda obra buena y crecer en el conocimiento de Dios"266. Así también nos llevará a una abundante producción de los "frutos del Espíritu" y a un constante "caminar en el Espíritu"267. d) Son cristianos maduros los que tienen la capacidad espiritual de penetrar hasta el fondo en el misterio de Cristo y de aceptarlo268, abriéndose para ello a la edificación de la Iglesia, que es el sacramento de Cristo269. Esto quiere decir capacidad para entrar en 258 1 Cor 12, 31; 13,1ss. Ef 4, 14. 260 Rom 14, 5. 261 1 Tes 1, 5. 262 Rom 4, 21. 263 Rom 12, 2. 264 Heb 5, 14; 1 Cor 14, 20. 265 Rom 12, 2. 266 Col 1,9s. 267 Cf Gál 5,22s. 268 1 Cor 2,6s; Ef 1, 9; Col 1, 27. 269 Ef 2,20ss. 259 95 e) f) g) h) diálogo constructivo con los demás: diálogo con Dios, con los hermanos y con el mundo. En la madurez cristiana, "el hombre entero" se compromete de forma radical y total por Dios y por la salvación del mundo. En efecto, una vida teologal madura hace salir al hombre definitivamente de una visión egocéntrica de la vida; le hace vivir la experiencia de que ya no se pertenece a sí mismo, sino a aquel que lo ha llamado a la salvación y pide su colaboración para la salvación del mundo. La fuerza sobrenatural de la gracia y de las virtudes teologales ordena de forma unitaria el entendimiento y la voluntad hacia un centro de unidad más alto, totalmente nuevo, que es Dios en sí mismo; toda la persona se siente en tensión hacia ese único término que es Dios, suma verdad y sumo bien: "¡Señor mío y Dios mío!"270. Otro signo de la madurez cristiana es la "estabilidad de la conversión" de la mente y del corazón. El compromiso del adulto no es como la promesa de un niño, sujeta a caprichos y veleidades, sino una toma de posición de la que no se vuelve uno atrás. Es un pacto serio con Dios, con el cual queda uno obligado no en virtud de una coacción, sino por una opción realizada en el encuentro del amor salvífico de Dios y de la libre voluntad del hombre que quiere ser salvado. Solamente el que ha llegado a la madurez espiritual es capaz de esa "desmundanización" estable. Que significa renuncia a los cálculos terrenos y alejamiento del mal, así como de aquella "existencia escatológica", igualmente estable, que califica al cristiano como orientado definitivamente hacia Dios en Cristo271. Signo de madurez cristiana es la "integración" de la propia personalidad en Cristo, es decir, el hecho de que la vida entera del cristiano reciba su vertebración mediante las mismas virtudes de Cristo272. La vida teologal, desarrollada en todas sus virtualidades, da unidad dinámica a los pensamientos, afectos, deseos y acciones. El cristiano adulto se ha purificado de aquellas tendencias afectivas que hacen de Cristo más bien una necesidad psicológica que una persona a la que uno se entrega libremente y, en consecuencia, está en disposición de mantener su decisión sean cuales fueren las circunstancias de la vida. El cristiano adulto "está en pie por la fe"273, apartado del mal y orientado a Dios, que lo salva continuamente. Esta es la tensión que "integraba" en Cristo la existencia de san Pablo: "Si al presente vivo en carne, vivo en la fe, en la fe del Hijo de Dios, el cual me amó y se entregó a sí mismo por mí"274. Finalmente, es también un signo de madurez cristiana el "compromiso por la Iglesia y el mundo", es decir, la capacidad de superar los estrechos límites del propio "yo" y de entrar en relación constructiva y creadora con los demás. Esta apertura a los demás la realiza el cristiano en la caridad, en el compromiso eclesial y en el empeño por salvar al mundo. La madurez cristiana no consiste en vivir la gracia de manera abstracta y desencarnada, sino en el encuentro de la vida teologal y del compromiso temporal. En la Iglesia y por la Iglesia, el cristiano adulto vive el compromiso de la santidad y de la comunión de la caridad, sabiendo aceptar incluso los defectos de la propia Iglesia y asumiendo el empeño de trabajar para que la Iglesia se acerque cada vez más a Cristo, su modelo y su cabeza275. El cristiano adulto da expresión a su vida en los actos externos del testimonio, del apostolado, de la vida moral276; no puede tener callado aquello que ha experimentado277; no puede menos 270 Jn 20,28. Mt 8,21. 272 1 Tes 5,23. 273 Rom 11, 20. 274 Gál 2, 20. 275 Flp 1, 27; 1 Tes 1,7s; Ef 4,13ss. 276 Sant 1,22; 1 Tes 1,3. 277 He 4,20. 271 96 de repetir la palabra escuchada278. Y de este modo crece no sólo la vida de cada cristiano, sino también la de la Iglesia como totalidad. La Iglesia entera va tomando cada vez mayor conciencia de las implicaciones del evangelio para la salvación del mundo y va adaptando su misión al desarrollo del mismo. Así, la vida de los individuos y de la Iglesia se expresa como "servicio" o "ministerio", a ejemplo de Jesucristo279. b) Madurez eclesial Al encontrarse con los Obispos de Angola y São Tomé en la última fase de su viaje a África, el Papa Benedicto XVI recordó que "el cristiano de fe adulta y madura no es el que sigue las modas y las últimas novedades, sino el que vive profundamente enraizado en la amistad con Cristo". Existe un sentido de pertenencia a la Iglesia que tiene que ir más allá del grupo, la parroquia, el oratorio, la asociación y el movimiento. Se trata de descubrir la grande pertenencia a la Iglesia Local, comunión de comunidad, y a la Iglesia universal, comunión de Iglesias locales. Don Bosco supo desarrollar en sus muchachos este sentido profundo de pertenencia a la Iglesia y de amor al Papa: supo crear en el oratorio un ambiente que favorecía la elección vocacional como un modo de crecer... madurar, educarse, asumir la responsabilidad de la propia vida con sus propias manos, ser “protagonistas” y no “arrastrados” o “pilotados”. Juan Pablo II decía que “Es necesario promover una cultura vocacional que sepa reconocer y acoger las aspiraciones profundas de la persona que le lleve a descubrir que solo Cristo puede decirte toda la verdad sobre la vida”280. El Rector Mayor, don Pascual Chávez, en las “Jornadas de Espiritualidad de la Familia Salesiana 2011” afirmaba: “Una cultura vocacional tiene que poner a salvo una concepción subjetivista che hace del individuo medida de sí mismo, que entiende la realización personal como defensa y promoción de sí mismo más que como apertura y donación”. El cardenal Stanisław Ryłko hablando del “crecimiento hacia la madurez eclesial”, afirmó: “Muchos se preguntan cómo es posible que en un mundo que rechaza a Dios de modo tan radical, se encuentren todavía tantos hombres y mujeres, adultos y jóvenes, que descubren la alegría y la belleza de ser cristianos y con tanto entusiasmo, eligen a Cristo y a su Evangelio como brújula segura de su existencia. Es verdaderamente grande la variedad y la riqueza de los nuevos carismas que el Espíritu Santo prodiga a la Iglesia de nuestros tiempos, de los cuales nacen tantos Movimientos Eclesiales y nuevas Comunidades, que proponen itinerarios pedagógicos de iniciación cristiana de estupefaciente eficacia, capaz de cambiar la vida de las personas y de despertar en ellas un extraordinario impulso evangelizador. Sorprende su fantasía misionera, la capacidad de encontrar modos y caminos siempre nuevos de testimonio y anuncio del Evangelio”. c) Madurez social Las cuestiones que desafían hoy la responsabilidad humana y la misión cristiana en el ámbito secular son: promover la libertad de la persona, venerar la inviolabilidad del derecho a la vida, preservar la libertad civil (civil) de invocar el nombre del Señor, responsabilizarse por defender la dignidad de la familia, sostener la solidaridad, poner a la persona en el centro de la vida 278 2 Cor 4,13; 2 Tim 4,2. Mc 10,45. 280 Mensaje de Juan Pablo II para la XXX Jornada de Oración por las vocaciones el 8 septiembre 1992, n. 2. 279 97 económico-social281. Don Bosco formaba a sus muchachos para que se insertasen en la sociedad de forma que vivieran los valores que habían aprendido en el oratorio. La madurez social de una persona puede medirse de muchas maneras. Una de ellas, siendo buen ciudadano. Un buen ciudadano no es solo el que denuncia un hecho de corrupción, paga a tiempo los impuestos, ayuda a su vecino, cede el puesto en el bus o vota en las elecciones. Es más, mucho más. Ejercer bien la ciudadanía implica estar informado, compartir esa información, ser ético e incluso rebelde cuando acciones arbitrarias generan indignación, cuida el medio ambiente (ser promotores), respeta de la ley y las normas, aboga por los derechos humanos (buscar la paz, no el conflicto), respeta la vida, rechaza la violencia, cumple con tus obligaciones, mantiene una línea coherente de acción, tratando a los demás del mismo modo que espera que los traten. 6. Perfil del sujeto que resulta del binomio “buen cristiano y honrado ciudadano” que don Bosco quería formar Don Bosco buscaba formar un joven con fisonomía muy precisa: “Buen cristiano” a) b) c) d) e) f) g) h) i) j) k) l) Es capaz de amar a la Iglesia, al Papa y a los obispos; Es valiente en el profesar la fe y defender el credo de la Iglesia; Conserva el “santo temor de Dios”; Es consciente de que todo lo que realiza en el mundo tiene que tener como finalidad la salvación eterna; Está abierto a valorar y vivir los sacramentos, sobretodo la: Eucaristía y la Reconciliación. Ve en la vida de gracia la revelación plena de la dignidad de la vida de los hijos de Dios. Tiene una profunda devoción a la Virgen. Está abierto a la formación humana y cristiana. Es consciente de que la finalidad última de la cultura y de la civilización son la piedad y la moralidad; Es consciente de que la experiencia cristiana, conduce y da calidad a la responsabilidad cultural y social. Trabaja en el mundo con honestidad, caridad y amabilidad; Es capaz de aconsejarse con el confesor para sus elecciones; “Honrados ciudadanos” a) b) c) d) e) f) g) h) i) 281 Se acepta a sí mismo y a los otros. Vive la solidaridad con los otros. Sabe compartir los recursos propios con los miembros del grupo al que pertenece. Vive la alegría como estilo de vida. Hace pronto su elección vocacional con responsabilidad; Ama el trabajo Cultiva y ama la verdad. Se presenta como persona razonable. Estudia para ofrecer a la sociedad un servicio cualificado. Christifideles Laici, 36-44. (Citato da don Pascual Chávez nelle Giornate di Spiritualità 2011). 98 j) k) l) m) n) o) p) q) Posee capacidad para insertarse de forma ordenada y laboriosa en la sociedad; Cuida la honradez y ejemplaridad de vida; Cultiva la integridad de vida; Es un cristiano competente y honrado en el ejercicio de su deber de trabajo; Contribuye al orden y progreso de la sociedad; Respeta las normas establecidas; Posee fuerte sentido de pertenencia a la propia familia; Respeta a sus padres. Don Bosco ha concebido y llevado a la práctica la propia obra educativa para conseguir fines antiguos y nuevos a la par, llevando a los jóvenes a acoger y formar en sí mismos la fidelidad a la perenne novedad cristiana, ya sea por la capacidad de inserción en una sociedad que está cimentada sobre en vínculos del régimen antiguo y se proyecta hacia conquista nuevas. El buen “cristiano y el horrado ciudadano” de Don Bosco le mueve la integridad de costumbres, de vida. 7. Integridad de vida Les propongo considerar brevemente uno de los rasgos morales del “honrado ciudadano”, la integridad de vida. El Papa Pio XI en ocasión de la beatificación de Don Bosco afirmó: “En efecto, que, desde jovencito, acostumbraba reunir a los de su edad para rezar juntos y ensenarles los rudimentos de la doctrina cristiana, en cuanto llegó a ser sacerdote, empezó a enderezar todos sus pensamientos y acciones a la salvación de la juventud más expuesta a los engaños de los malvados; a conquistarse a los muchachos y mantenerlos alejados de los peligros, instruyéndoles en los mandamientos de la ley evangélica y educándoles en la integridad de costumbres; a asociar compañeros para ampliar tan magna obra, y con tal éxito, que proporcionó a la Iglesia una nuevo y abundantísima compañía de soldados de Cristo; a fundar colegios y talleres para instruir a los jóvenes en los estudios y en las artes entre nosotros y en el extranjero”282. Don Bosco buscaba que el “buen cristiano y el honrado ciudadano” fuera una persona que viviera la integridad de costumbres, la integridad de vida y educaba para ello. Una de las características que distinguen a las personas integras es que no tienen nada que esconder ni nada que temer. Son personas con grandes niveles de libertad interior. Una persona responsable, comprometida y dedicada a su misión. Sabe esperar el momento oportuno. Tiene actitud de ganador. Sabe relacionarse. Inspira confianza y crea unidad. Acepta los desafíos. Y es agradecida. Don Bosco se mostraba a los suyos con transparencia, no se dejaba amedrentar por los miedos. Formó a los suyos para que vivieran la libertad de espíritu de los hijos de Dios. Para Don Bosco la integridad no es tanto lo que hacemos sino lo que somos y por supuesto lo que somos determina lo que hacemos. La integridad nace con la persona, es un atributo de ella y está relacionada íntimamente con la bondad, verdad, sencillez, humildad, en fin, con la calidad humana, que son virtualidades innatas, pues el hombre que no es bondadoso no es íntegro, el hombre que es orgulloso no puede ser íntegro, no es íntegro el hombre que no es justo. Sin embargo, creo que la educación, la familia, el medio en el que se desarrolla la persona, el ejemplo de los mayores contribuyen de 282 E. Ceria, Memorias Biográficas de San Juan Bosco, Vol XIX, CCS, Madrid 1989, p. 175. 99 manera determinante en la adquisición de una personalidad íntegra, puesto que el hombre puede decidir desde la niñez ser justo, ser recto, ser honrado. La integridad no brota por generación espontánea. Integridad es rectitud, probidad y honradez; es un don que definitivamente se lo recibe en el hogar y que debe decantarse en la escuela, colegio y universidad que deben impartir una educación en valores. La integridad amalgama el decir, el pensar y el actuar para formar una persona completa, de manera que ninguno de estos aspectos queda fuera de sincronía. La integridad nos une interiormente y forma en nosotros un espíritu de contentamiento. No permitirá a nuestros labios violar el corazón. Si la integridad es nuestro árbitro, seremos congruentes; nuestra conducta reflejará nuestras creencias. La integridad no solamente es el árbitro entre dos deseos. Es el valor fundamental que distingue a una persona feliz de un espíritu dividido283. La persona íntegra jamás puede exigir o aceptar prebendas, obsequios o “favores” de las personas que necesitan de sus servicios. La persona íntegra no puede ser condescendiente con la ociosidad o la falta de ética de sus compañeros de trabajo. La persona íntegra está obligada a denunciar los actos de corrupción que llegue a tener conocimiento, debe hacer lo que la Ley le prohíbe, por más que algún superior la obligue. Cuando se trata de vivir y testimoniar la integridad no hay atajos que valgan. “La persona íntegra está pendiente de alcanzar su plena realización humana en su triple dimensión: ascendente, horizontal y descendente. Busca afanosamente perfeccionar su relación de amor con Dios, con los demás seres humanos y con los animales, con los vegetales y las cosas, mediante la aceptación generosa del proyecto divino y su mandato de amor, de las leyes humanas y de las leyes de la naturaleza”. Este es el “buen cristiano y el honrado ciudadano” de Don Bosco. Estos son los principios y criterios que han de inspirar la actuación del exalumno a nivel social y eclesial. En fin, la integridad es el pegamento que sostiene nuestra manera de vivir como un todo. La integridad es la mejor de las victorias, porque con ella ganan todos. La integridad ha de constituirse en una tarea diaria, constante, permanente de los seres humanos, en primer término en el hogar con la observación de las reglas que rigen la conducta entre cónyuges y entre los hijos y los padres, reglas que deben estar fundamentadas en el amor, obediencia, mutuo respeto, consideración, verdad, honradez. Viktor Candro señala que “la integridad es de carácter total; no puede pensarse que un individuo sea íntegro en unas cosas, entretanto, en otras no, pues dicho valor no admite puntos intermedios para justificarse cuando se debe ser íntegro o no. Tampoco puede confundirse la honestidad con la integridad; en la primera, las personas no toman posesión de lo que no es suyo y demuestran buen cumplimiento de las normas sociales y reglas diversas de comportamiento y relaciones interpersonales. En la integridad la persona hace extensivo su comportamiento ético a todas las situaciones en las que se ve inmerso o participante”284. En conclusión, si no se valora la integridad como aspecto relevante para los individuos, no se puede trabajar eficazmente ni para el bien personal ni para el bien común. La importancia de esta condición constitutiva, que podemos caracterizar como valor central de la persona, se nota aún más a través de los efectos que produce su ausencia. La falta de integridad implica una 283 284 J C. Maxwell, Desarrolle el líder que está en usted, San Pablo, Colombia 2008, pp. 43-53. Candro, Viktor, “Valor de la integridad”. 27 de Noviembre de 2011. http://www.mailxmail.com/cursovalores-morales-adultos/valor-integridad 100 grieta insanable entre lo que se dice y lo que se piensa, entre lo que se considera una conducta adecuada y lo que se termina haciendo, entre lo que es moralmente justo y lo que parece resultar de la presión de las circunstancias. Y así como la integridad es la resultante de una trayectoria coherente en la huella de los valores humanos, un único acto que la traicione es suficiente para anular la red de lazos que logró construir lentamente entre las personas. La pérdida de integridad o, directamente, su ausencia ataca el tejido mismo de la sociedad, socava la confianza, genera reacciones de defensa y alienta represalias. Es evidente que sin ella, cualquier organización carece de solidez. Dice el Estatuto de la Confederación Mundial de Exalumnos de Don Bosco, “sea cristiano o de otras religiones, [el exalumno] está llamado a expresar y desarrollar la semilla de la “educación recibida”, es decir, a realizar la misión con competencia profesional”285. La profesionalidad exige relaciones interpersonales cordiales y serias, es decir, sin dobleces, auténticas; de modo que alineamos la profesionalidad con la integridad, lejos de desórdenes de conducta que apunten a beneficios de personas en perjuicio de la colectividad. Todo esto es quizá discutible: habrá quien piense que se puede ser buen profesional siendo corrupto, si uno hace bien su trabajo. Nosotros preferimos adherirnos a los teóricos que vinculan el ejercicio profesional con el bien común (De George, Den Uyl...)286, lejos de quienes observan la empresa como una especie de máquina para producir beneficios (John Ladd). Aunque haya seguidores para las diferentes teorías, parece oportuno insistir en que el bien común, la conciencia de comunidad y los valores compartidos, incluida la integridad, se postulan cada vez más como medio para procurar larga vida a las organizaciones. Las personas íntegras se preocupan por el bien común y las corruptas se ocupan de su bien particular. Los exalumnos de Don Bosco como “buenos cristianos y honrados ciudadanos” buscan construir el bien común. 8. Conclusión Grande ha sido el trabajo de una multitud de educadores cristianos para formar “buenos cristianos y honrados ciudadanos”. Don Bosco ha nacido y crecido en una cultura teocéntrica, donde Dios era el centro de todo. El ambiente cultural mismo ofrecía posibilidades y riquezas a nivel religioso y cultural. Una cultura marcada por la guerra y envuelta en la industrialización. Tuvo que defender la fe cristiana católica de diversos grupos anticlericales del momento. Tenía fija su propia convicción que se convierte en programa, con la formula “buenos cristianos y honrados ciudadanos” traducida después, en el momento en iniciativa misionaria, en el 1875, en otros significados más extensos, pero de idéntica inspiración, “civilidad y religión”, civilidad y evangelización”, promoción del “bien de la humanidad y religión”, “extender el reino de Jesucristo llevando la religión y la cultura a aquellos pueblos y naciones que ignoran ambas cosas”287. La primera – “buenos cristianos y honrados ciudadanos” – es la más difundida: “buenos ciudadanos y verdaderos cristianos”, “buenos cristianos y sabios ciudadanos”, “buenos cristianos y hombres honrados”288. En cuanto a los contenidos la formula y el enunciado abreviado por un amigo en “manifiesto educativo” de sabor tradicional, pero virtualmente abierto a lo nuevo. Todo ello ya proclamado Estatuto de la Confederación Mundial de los Exalumnos y Exalumnas de don Bosco. Textos aprobados “ad experimentum”, Roma, 24 junio e 2011, art. 3, d. 286 R. T. DeGeorge, Business Ethics, Instock, University of Kansas, 20097. 287 Lettere a don Bodrato, 15 aprile 1880, E III 576-577, e a un benefattore ungherese, 1 novembre 1886, E IV 364. 288 Discurso a los participantes en su fiesta onomástica, 24 junio 1879, BS 3 /1879) n. 7, julio, p. 9. 285 101 en el primer e importante libro de guía religiosa de la vida, El joven instruido: “Os presento un método para vivir, breve y fácil, pero suficiente para que podáis ser el consuelo de vuestros padres, el honor de la patria, buenos ciudadanos en la tierra para ser un día afortunados ciudadanos del cielo”289. Sobre todo, en relación a cuanto se observa a propósito del humanismo pedagógico cristiano de don Bosco, es evidente la bipolaridad que caracteriza todo: por una parte, se afirma la centralidad de la fe religiosa, de lo trascendente, de lo específicamente cristiano; por otra, está presente una valoración de la realidad temporal: ambas sinceramente, intrínsecamente y no solo instrumentalmente apreciadas y utilizadas. Más que la coexistencia igualitaria entre los dos polos, se trata de dos realidades de igual dignidad en el propio orden, pero con la subordinación del polo temporal al trascendente. Don Bosco, en la educación que ofrecía a sus jóvenes, buscaba el crecimiento de toda la persona. No hay duda de que el aspecto fundamental para él era la integridad, legalidad y búsqueda del bien común. Ciertamente no usaba las palabras integridad y legalidad. La fórmula “buenos cristianos y honestos ciudadanos” en las diversas variaciones incluye la integridad, la legalidad y la sociabilidad. “La auténtica legalidad encuentra su motivación radical en la moralidad de la persona, la condición primaria para un desarrollo del sentido de la legalidad es la presencia de un vivo sentido de la ética como dimensión fundamental e irrenunciable de la persona”290. Para don Bosco los jóvenes en peligro eran una amenaza para la sociedad, para la propia familia y para sí mismos. Don Bosco con la formula “buenos cristianos y honrados ciudadanos” quería contrastar la pequeña criminalidad, la criminalidad organiza y las nuevas formas de criminalidad. Quería que cada joven fuera un ciudadano ejemplar. Por ello la profundización de la fórmula “buenos cristianos y honrados ciudadanos” es elemento esencial, no solo para definir en términos rigurosos su visión “humanística - cristiana” de la educación, sino también y de modo particular la dimensión social y política de la misma. Entra en juego la relación entre los valores eternos y temporales, entre religión y las demás formas de la cultura, entre evangelización y humanización, entre “salvación eterna” y presencia en el mundo, entre fe y política, entre pertenencia y fidelidad a la Iglesia y responsabilidad en la sociedad civil y en la comunidad política291. La finalidad expresada por Don Bosco, desde siempre, está vinculada a la propuesta y asunción de valores. Por muchas razones, hoy aparece necesario encontrar un nuevo pernio educativo que, en este preciso momento histórico, parece encontrarse en la noción de ciudadanía. Educarnos para llegar a ser lo que estamos llamados a ser se puede resumir en el ejercicio de los valores de la ciudadanía: ser “buenos cristianos y honrados ciudadanos” expresa fielmente lo que nos hace humanos. Seguramente no podemos detenernos aquí: los procesos de la praxis cristiana con los jóvenes aspiran a la meta del encuentro con Cristo; pero tampoco podemos saltar las etapas previstas sean de la maduración humana que de la experiencia cristiana. La meta primaria y común de cualquier itinerario educativo hoy, no puede ser otra que la ciudadanía cosmopolita y activa, radicada en la justicia; la meta definitiva, sin embargo, está en el hacer posible el salto de este sentido de la vida a la experiencia cristiana de la salvación o sea, el encuentro con Jesucristo y el insertarse activo en la sociedad y la comunidad eclesial292. 289 G. Bosco, Il giovane provveduto, p. 7, OE II 187. Educare alla legalità. Commissione ecclesiale Giustizia e pace, EDB, Bologna 1991, p. 7, n. 3. 291 P. Braido, Buon Cristiano e onesto cittadino … p. 75. 292 J. Moral, Cittadini nella chiesa, cristiani nel mondo, in: “Note di Pastorale Giovanile”, XLV (2011) n. 1, pp. 290 102 El mismo Benedicto XVI ha afirmado que “los fieles cristianos están llamados a llevar adelante con fe, sus deberes de ciudadanos, trabajando para llenar la sociedad de espíritu del Evangelio, buscando poner en práctica actitudes vitales entre ciudadanos de la ciudad del hombre y de la ciudad de Dios”293. Las palabras del Santo Padre subrayan más todavía la intuición educativa de Don Bosco, válida no solo en su tiempo sino también en la realidad actual. Don Bosco estaba claro que sus chicos no le desilusionarían porque la integridad nunca desilusiona. El secreto del “buen cristiano y del honrado ciudadano” no estriba en ser listo, sino en ser congruente. Las personas sinceras no tienen que anunciarlo. Su sinceridad se ve en todo lo que hacen y pronto llega a ser del conocimiento común. 293 39 e 40. Es en síntesis cuanto subraya hoy Benedicto XVI durante la audiencia general dedicada a la figura de San Máximo, obispo de Turín (IV siglo. D.C.), que en sus homilías resaltaba la responsabilidad de los cristianos en el promover un justo orden social basado en la solidaridad con el pobre. 103 104 Il “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco e la legalità 1. Introduzione Oggi viviamo in una società che ci vuole far credere che tutto sia uguale, il vero ed il falso, il bello ed il brutto, che lo studente vale tanto quanto l’insegnante, che non si devono mettere voti per non traumatizzare i cattivi studenti. Ci vogliono far credere che la vittima conta meno del delinquente. Che i vandali sono buoni e che la polizia è cattiva. Lo slogan di moda è “vivere senza obblighi e godere senza limiti”. Siamo, infatti, passati da una società della disciplina, dove c’è il conflitto tra regola e trasgressione, tra pulsione e divieto, ad una società dell’efficienza e della performance spinta, per cui il disagio psichico non è più determinato da un conflitto tra il permesso ed il proibito, ma da un senso di inadeguatezza, di insufficienza, se non addirittura di fallimento nella capacità di spingere a tutto gas il possibile fino al limite dell’impossibile. Nella nostra società è saltato il concetto di limite. E in assenza di un limite, il vissuto soggettivo non può che essere di inadeguatezza, se non di ansia, ed infine di inibizione. Le famiglie si allargano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa dei giovani per condurli sulle vie del divertimento e del consumismo, dove ciò che si consuma è la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa. Il disagio non è del singolo individuo, ma l’individuo è solo la vittima di una diffusa mancanza di prospettive e di progetti, fino alla perdita di senso e di legami affettivi294. Oggi molti, perfino fra i credenti, non accettano senza discutere i comandamenti morali formulati dalla Chiesa, ma vogliono riflettervi e, in definitiva, decidere loro cosa è bene e cosa è male. E molti sostengono che, in questo modo, ciascuno si fa la morale come gli fa comodo col risultato che la società moderna è diventata una babele etica in cui tutto è permesso295. Davanti ad una realtà, come quella che è stata presentata precedentemente, rimane di urgente attualità il richiamo forte che Giovanni Paolo II fece a Napoli Capodimonte il 10 novembre 1990, durante l’udienza agli amministratori pubblici della Campania: “Non c’è chi non veda l’urgenza di un grande recupero di moralità personale e sociale, di legalità. Sì, urge un recupero di legalità! da una restaurata moralità sociale a tutti i livelli deriverà un nuovo senso di responsabilità nell’agire pubblico, come pure un ampliamento dei luoghi di formazione sociale ed un più motivato impulso alle diverse forme di partecipazione e di volontariato”296. Esiste la tentazione di pensare che la nostra realtà sociale sia più difficile di quella vissuta da don Bosco. Io penso che ogni epoca abbia i propri inconvenienti. Certamente, oggi nella società e nella Chiesa, stiamo vivendo una situazione molto complessa. Socialmente si vuole vivere come se Dio non esistesse, si è creata una certa cultura relativista, edonista, permissivista e consumista. D’altra parte la Chiesa sta vivendo momenti critici in riferimento alla morale e all’etica: gli abusi sessuali dei preti e dei religiosi/e, la crisi vocazionale, la fragilità vocazionale, etc. U. Galimberti, Senza l’amore la profezia è morta. Il prete oggi, Cittadella Editrice, Assisi 2010, pp. 23-25. F. Alberoni, Le basi della morale cristiana sempre nelle nostre giornate, in: “Corriere della Sera”, 6 marzo 2011. http://www.corriere.it/editoriali/alberoni/11_marzo_07/le-basi-della-morale-cristiana-sempre-nellenostre-giornate-francesco-alberoni_9abb49ca-4889-11e0-b2f1-0566c0fae1de.shtml . 296 Giovanni Paolo II, Discorso agli amministratori pubblici della Campania, presso la sede dell’Aeritalia a Capodimonte, Napoli, 10 novembre 1990, in L’Osservatore Romano, 13 novembre 1990. 294 295 105 Il mezzo sovrano di bonifica sociale è, secondo la chiara scelta “educazionista” operata da don Bosco, la formazione della coscienza morale e religiosa del giovane. Questa convinzione del Santo Torinese si riassume nella formula: “buon cristiano ed onesto cittadino”. Dice don Bosco: “la porzione dell’umana Società, su cui sono fondate le speranze del presente e dell’avvenire, la porzione degna dei più attenti riguardi è, senza dubbio, la Gioventù. Questa, se rettamente educata, ci sarà ordine e moralità, al contrario, vizio e disordine. La sola Religione è capace di cominciare e compiere la grande opera di una vera educazione”297. Noi Exallievi di Don Bosco ed i membri della Famiglia Salesiana per rispondere alla nostra realtà sociale attingiamo al Sistema Educativo di don Bosco. Penso che ogni azione o progetto educativo debba puntare ad una progettualità formativa che assicuri la moralità, la legalità e la socialità. 2. Il binomio “buon cristiano e onesto cittadino” ha una lunga tradizione. I cristiani non sono stati indifferenti al fenomeno “cittadino”. Fin dai primi tempi hanno sottolineato l’importanza della “città terrena”. La salvezza che annuncia e vive la comunità cristiana non è un’astrazione estranea al divenire storico. I valori evangelici si concretizzano mediante l’impegno per migliorare la terra e la società. La Lettera a Diogneto (180 d.C.) indirizzata a un tale Diogneto d’Atene che era interessato a conoscere alcuni aspetti riguardo alle credenze e al modo di vivere dei cristiani. L’anonimo autore risponde in questi termini: “I cristiani – è detto – non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per il modo di vestire. Non abitano mai città loro proprie, non si servono di un gergo particolare, né conducono uno speciale genere di vita (…). Sono sparpagliati nelle città greche e barbare, secondo che a ciascuno è toccato in sorte. Si conformano alle usanze locali nel vestire, nel cibo, nel modo di comportarsi; e tuttavia, nella loro maniera di vivere, manifestano il meraviglioso paradosso, riconosciuto da tutti, della loro società spirituale. Abitano ciascuno nella loro patria, ma come immigrati che hanno il permesso di soggiorno. Adempiono a tutti i loro doveri di cittadini, eppure portano i pesi della vita sociale con interiore distacco. Ogni terra straniera per loro è patria, ma ogni patria è terra straniera. Si sposano e hanno figli come tutti, ma non abbandonano i neonati. Mettono vicendevolmente a disposizione la mensa, ma non le donne. Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma col loro modo di vivere vanno ben al di là delle leggi”298. Comunque, per quanto lontano cronologicamente e culturalmente dal testo riportato, don Bosco sembra condividere analoghe preoccupazioni. Il cristiano non è un “separato”, un “esoterico”. È insieme cittadino del cielo e della terra e, in quanto tale, prende sul serio anche operativamente la duplice e unitaria vocazione. Nel Post-Concilio di Trento, il concetto di “educazione alla cittadinanza” nasce col Cardinale Silvio Antoniano (1540-1603): egli sottolinea che la necessità di formare il “buon cristiano” è, dunque, associata necessariamente all’utile ed onesto cittadino”, “all’uomo virtuoso, ed utile per la patria”. Il suo cristiano è un cittadino operoso e responsabile nella “città” terrena e celeste. Il “buon cristiano” è, dunque, associato necessariamente all’“utile ed onesto cittadino”, all’“uomo virtuoso, ed utile per la patria”. 297 298 «Avviso» di Esercizi spirituali per giovani (dicembre 1849), BS 4 (1880) n. 12 dicembre, p. 6. A Diogneto V 1-10, in: http://www.ora-et-labora.net/diogneto.html . 106 Secondo Charles Rollin (Rettore dell’Università di Parigi), il modello dell’uomo pienamente educato passa dall’ideale “umanistico” del cristiano “cittadino” del mondo e della “polis”. La formazione culturale deve approdare al duplice fine: formare l’uomo onesto, cioè l’uomo inserito nella società, virtuoso, disinteressato, probo, “buon figlio, buon genitore, buon padrone, buon amico, buon cittadino”; “l’uomo onesto, l’uomo probo, il buon cittadino, il buon magistrato”; e ancor più, a coronamento e perfezionamento, formare l’uomo religioso, più in concreto, rigenerato a Cristo, il cristiano, che tutto indirizza a Dio e tutto opera in vista della felicità imperitura del cielo299. La disputa sul cristiano “buon cittadino” assume una colorazione particolare nel corso della Rivoluzione Francese e con la proclamazione dei principi di uguaglianza e di libertà. Il Giuntella ne riassume i contenuti nella formula “solo il cristiano può essere buon cittadino”300. Gregorio Luigi Barnaba Chiaromonti, vescovo di Imola e futuro Papa Pio VII, in riferimento al nuovo “stato democratico” si rivolge ai preti in cura d’anima della sua diocesi, pregandoli di “spiegare ai popoli la vera natura della libertà, e dell’eguaglianza, onde animarli ai loro doveri, mentre fate loro conoscere i loro diritti. Così avremo de’ buoni cristiani per il cielo, e dei salvi, utili e generosi cittadini per la patria, e per tutta la nostra Repubblica” (il cristiano perfetto “cittadino” repubblicano)301. Identici concetti si trovano in un opuscolo anonimo: La Religione cattolica amica della democrazia. Istruzione d’un teologo al clero ed al popolo romano (1797). “Felice democrazia, dove i costumi del popolo sono regolati sulla maestosa e divina morale del Vangelo!”. Il 28 maggio 1856 su richiesta dell’amico Mons. Annibale Capalti (futuro cardinale) il poeta romano Gioacchino Belli (1791-1863) componeva un grazioso dialogo per un saggio di bambini di un asilo infantile romano. I due piccoli attori, Leone e Pasquale, lo concludevano in questo modo: L. (…) Luce brillò di sentimenti umani. Dono è del vostro amor… P. Pei poverelli. L. Voi ci affidaste a generose mani che ci educano onesti cittadini, e quello che val di più … P. Buoni cristiani. Il vescovo Domenico M. Villa (1818-1882) pur adoperando formule spesso identiche a don Bosco, si distingue nelle accentuazioni. Egli, vescovo di Parma (1872-1882), sottolinea: la religione è l’insostituibile sorgente della vera felicità, sia individuale che sociale. “Siate religiosi e sarete felici”. L’istruzione religiosa è il mezzo sovrano per promuovere la felicità individuale e sociale, temporale ed eterna: “Siate dunque sinceri cristiani e buoni patrioti e sarete, anche per gli esempi delle religiose e sociali virtù, i veri amici del popolo”302. Dell’istruzione e 299 Traité des études, par Rolin. Nouvelle édition, revue, par M. Letronne et accompagnée des remarques de Crévier, t. I. Paris, Librairie de Firmin-Didot 1881, Discours préliminaire, p. 1. Citato da: P. Braido, Buon Cristiano e onesto Cittadino. Una formula dell’“umanesimo educativo” di Don Bosco, in: Ricerche storiche Salesiane, Rivista Semestrale di Storia Religiosa e Civile 24 Anno XIII, No. 1, Gennaio-Giugno 1994, pp. 11 e 12. 300 V.E. Giuntella, La religione amica della Democrazia. I cattolici democratici del Triennio rivoluzionario (17961799, Roma Edizioni Studium 1990, p. 36, citato da: P. Braido, op cit., p. 20. 301 Omelia del cittadino cardinal Chiaromonti vescovo d’Imola al popolo della sua diocesi nella Repubblica cisalpina nel giorno del santissimo Natale l’anno MDCCXCVII. Imola, nella stamperia della Nazione, l’anno VI della libertà (1797), citato da: P. Braido, op. cit., p. 21, citato da P. Braido, op. cit., p. 44. 302 Il vero amico del popolo. Omelia recitata … il 4 dicembre MDCCCLXXVI… Parma, tip. Fiaccadori 1887, p. 20. 107 dell’educazione cristiana è frutto naturale sia il buon cristiano che l’onesto o utile cittadino. Egli mette anche in evidenza con particolare vigore il rigoroso rapporto di causalità tra i due termini, con l’assoluta priorità della realtà religiosa. “Non basta vivere da galantuomo per essere cristiano, ma bisogna vivere da cristiano per essere galantuomo”303. “Amate sì la patria (…) ma cattolicamente, perché non può essere buon cittadino chi prima non è vero Cristiano”304. Un altro punto fermo del Villa è quello di escludere dall’idea del “buon cittadino” cristiano la connotazione liberale. Il Cattolico liberale non è né buon cristiano né buon cittadino. Questa piccola carrellata lungo la storia ci fa capire che la formula “buon cristiano e onesto cittadino” ha avuto grandi ed impegnati promotori, certamente ognuno con delle accentuazioni diverse. 3. Il binomio “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco. Nel linguaggio di don Bosco è ricorrente, con diverse varianti, la formula “buon cristiano e onesto cittadino”. È una forma abituale durante una parte notevole della sua vita. L’espressione appare portatrice di significati diversi, con contenuti differenziati, chiaramente definiti anche dal contesto letterario e storico nel quale viene adoperata ed enunciata. Ricercando i testi, dove la formula è presente, si è arrivati ad individuare le connessioni ed i contesti entro i quali si specificano i diversi significati. Ne risulta la seguente sequenza di temi305: 3. La “condizione giovanile”: la “gioventù pericolante” nel corpo e nell’anima e “pericolosa” nella società. “Se io nego un tozzo di pane a questi giovani pericolanti e pericolosi li espongo a grave rischio dell’anima e del corpo. (…) Qui non trattasi di soccorrere un individuo in particolare, ma di porgere un tozzo di pane a giovani cui la fame pone al più gran pericolo di perdere la moralità e la religione”306. Gioventù, educazione, società. “Qui [a Lucca] sarebbe a promuovere un’opera di grande utilità, perché col ritirare, istruire, educare i giovanetti pericolanti si fa un bene a tutta la civile società. Se la gioventù è bene educata avremo col tempo una generazione migliore; se no, fra poco sarà composta di uomini sfrenati ai vizi, al furto, all’ubriachezza, al mal fare”307. c) Il cristiano con diritto di cittadinanza in tre diverse città. “La elemosina che si elargisce in favore delle opere Salesiane si estende al corpo e all’anima, alla società e alla religione, al tempo e alla eternità”308. Cittadino della città terrena e della città celeste. “Vi presento un metodo di vivere breve e facile, ma sufficiente perché possiate diventare la consolazione dei vostri parenti, l’onore della patria, buoni cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo”309. d) Cittadino di due diverse città in terra, civile ed ecclesiale. “Per non lasciare incompleta una impresa, da cui dipende un lieto o triste avvenire di tanti giovanetti, si Omelia recitata (…) per l’ingresso come arciprete vicario foraneo (…) il 25 febbraio 1849 nel duomo di Bassano. Parma, Tip. Fiaccadori 1876, p. 3. 304 Dei particolari intorno alla dedizione religiosa dei parmigiani …, p. 14. 305 P. Braido, op., cit., p. 43. 306 Lettera al conte Clemente Solaro della Margherita del 5 gennaio 1885, Epistolario motto (Em) I 212. La formula “abbandonati, pericolanti e pericolosi” ricorre anche nella circolare del 1 ottobre 1856, Em I 304. Pericolosi è sottolineato anche nell’originale di don Bosco. 307 Conferenza ai Cooperatori di Lucca, sabato santo 8 aprile 1882, Bollettino Salesiano (BS) 6 (1882) n. 5, maggio, p. 81, citato da P. Braido, op. cit., 47. 308 L’elemosina è l’occasione che dà luogo a una classificazione analoga di stati dell’uomo presente nella conferenza tenuta a Lucca l’8 aprile 1882. 309 Il Giovane provveduto (1847), Alla gioventù, [p. 5], Opere Edite (OE) II 187. 303 108 fa umile ricorso a tutti coloro che amano il bene della religione e della civile Società”310. Cittadino di una “città nuova”, in una nuova civiltà. “Queste lunghe e pericolose escursioni apostoliche fecero sempre meglio conoscere la necessità di fondare residenze di Sacerdoti in più siti, a fine di poter raggiungere i selvaggi, istruirli, incivilirli, formarne un popolo cristiano e salvarli nell’anima e nel corpo”311. 4. Un progetto educativo plenario e differenziato, cristiano e civile. La formula “buoni cristiani e onesti cittadini” ritorna quando si parla del progetto educativo previsto per “i giovani poveri e abbandonati”. Educazione umana e educazione religiosa ne sono i due poli. “Dalla carità vostra aspetto il pane ed il necessario alla vita ed alla buona istruzione ed educazione cristiana e civile ai giovanetti ricoverati, ed a quelli che si sperano di accettare in seguito, e che, poveri ed abbandonati, non hanno altro patrimonio che il vostro buon cuore”312. Il buon cristiano per l’onesto cittadino. Utilità sociale della religione. L’idea che la religione costituisca il presidio più sicuro della vita sociale e politica è familiare anche a don Bosco. [Alessandro Severo] Persuaso che la sola religione è sostegno degli imperi, la sola che possa formare la felicità dei popoli, si mise a praticarla egli stesso, e a farla rispettare universalmente (…). Amava il Cristianesimo, udiva volentieri a parlare del Vangelo”313. b) Buon cittadino “perché” buon cristiano? La formula “buon cittadino perché buon cristiano” non ricorre letteralmente nel linguaggio di don Bosco. Se ne trovano espressioni equivalenti, anche se non numerose: il che dimostra, in don Bosco, l’assenza di quell’“integralismo”, che, invece, si è potuto osservare fortemente sottolineato dal vescovo Domenico Villa (“bisogna vivere da cristiano per essere galantuomo”). In poche parole: Lo scopo [dell’Oratorio] si è di radunare i giovani per farli onesti cittadini col renderli buoni cristiani314. L’armonia di buon cristiano e onesto cittadino. Nella relazione di Giovanni Bonetti sul primo incontro di don Bosco con il ministro Urbano Rattazzi, nella primavera del 1854, si trova un’interessante notazione: Rattazzi “soleva dire che il Governo era obbligato a proteggere cotale istituzione [= l’Oratorio], perché cooperava efficacemente a scemare gli inquilini delle prigioni, e a formare dei savii cittadini, nel mentre che ne faceva dei buoni cristiani”315. Due persuasioni sono implicitamente presenti in questa osservazione di un ministro laico e anticlericale, amico e benefattore di don Bosco: l’essere buon cristiano è compatibile con l’essere buon cittadino; l’essere buon cittadino non esclude l’essere buon cristiano. L’originalità di don Bosco educatore sta nel fare l’uno e l’altro. L’azione benefica ed educativa di don Bosco è la quotidiana dimostrazione di un programma di conciliazione, che poi nel 1884 don Bosco dichiarerà assegnatogli da Leone XIII: “voi avete la missione di far vedere al mondo che si può essere buon cattolico e nello stesso tempo buono e onesto cittadino”316. Circolare per l’opera di La Spezia, 11 Ottobre 1880, E III 628. Lettera di Don Bosco ai Cooperatori e alle Cooperatrici, BS 11 (1887) n. 1, gennaio, p. 3. 312 Notizie sull’oratorio di Maria Immacolata e conferenza dei Cooperatori in Firenze, BS 6 (1882) n. 7. Luglio, p. 121. 313 La storia d’Italia …, p. 131, OE VII 131. 314 È quanto don Bosco avrebbe dichiarato nel 1850 al senatore piemontese conte Federico Sclopis in visita all’oratorio di Valdocco con una commissione del Senato subalpino, BS 4 (1880) n. 12, dicembre, p. 8. 315 BS 6 (1882) n. 10, ottobre, p. 171. 316 Udienza del 9 maggio 1884, Memorie Biografiche (MB) XVII, p. 100. 310 311 109 d) Il cristiano nel mondo. Ciò implica in don Bosco un’idea precisa del “buon cristiano”. Persona di “eternità”, egli è anche ben radicato nel mondo, dove è chiamato a operare la sua “eterna salute” con l’esercizio delle buone opere, il lavoro, la carità317. e) Il buon cristiano e l’onesto cittadino in operosa coabitazione. La formula ha un duplice valore: apologetico (difesa) e positivo. In un secolo che eredita la critica illuministica della religione cristiana come mitica, oscurantista, è ovvio che don Bosco rivendichi alla propria fede la dignità di veicolo massimo di umanizzazione e di civilizzazione. Per questo l’apologia diventa, in don Bosco, anche affermazione di principio: la religione cattolica, religione “salvifica”, si rivolge a tutto l’uomo; non si ferma all’anima, non mira solo alla città celeste; vuole l’uomo “salvo” anche nel corso dell’esistenza terrena, compresa l’essenziale dimensione sociale. Il buon cristiano può, deve essere ed è anche buon cittadino. Non è un “alienato” o perché tutto proteso al cielo o perché scarsamente interessato ai beni terrestri o perché più o meno patologicamente assillato dalla “salute eterna” o perché unicamente preoccupato dei “diritti” della Chiesa e del Papa. Egli è insieme “buon cristiano e onesto cittadino”318. f) Il buon cristiano latente nell’onesto cittadino. “I risultati finora ottenuti furono assai soddisfacenti; giacché non pochi giovanetti in procinto di mettersi per la mala vita, mercé le cure che loro si usano, ora battono il sentiero dell’onesto cittadino con grande vantaggio loro e della civile società”319. In contesti più vasti, lavoro, religione e virtù sono presentati quali mezzi di salvezza per i tanti “giovani pericolanti”, in un grande disegno di rigenerazione sociale, fondato sulla triade “laica” “Lavoro, Istruzione, Umanità”320. È evidente che il “programma” suppone un regime di “cristianità”, secondo cui la religione è il fondamento della morale e ambedue di un rassicurante ordine sociale321. Il “Buon cristiano e onesto cittadino” è il programma educativo di don Bosco, convinto che la rigenerazione della società passa attraverso l’esperienza cristiana, la quale conduce e dà qualità all’impegno culturale e sociale. Egli è persuaso che i valori umani vengano assunti e purificati dalla vita di fede, potenziati dalla grazia. S’impegna perciò a valorizzare l’umano nel cristiano, a promuovere tutto ciò che è positivo nella creazione per evangelizzare la società. Vede nella vita di Grazia lo svelarsi pieno della dignità dei figli di Dio. Mai però l’attenzione di don Bosco è rivolta esclusivamente alla dimensione soprannaturale. Ha davanti a sé giovani concreti dei quali si prende cura provvedendo cibo, istruzione, lavoro e aiutandoli a inserirsi nella società in modo onesto ed attivo322. “Ricordati, o Cristiano, che tu sei uomo di eternità. Ogni momento di tua vita è un passo verso l’eternità” è un motivo intenzionalmente raccolto ne La chiave del Paradiso in mano al cattolico che pratica i doveri di buon cristiano. 318 P. Baido, op. cit., p. 67. 319 Circolare per l’ospizio di Sampiedarena, gennaio 1875, Epistolario ceria (E) II, p. 448. 320 Conferenza ai Cooperatori salesiani a S. Benigno Canavese del 4 giugno 1880, BS 4 (1880) n. 7, luglio, p. 12. 321 P. Braido Prevenire non reprimere. Il sistema educativo di don Bosco, LAS, Roma1999, p. 237. 322 A. Colombo, La risposta del metodo educativo di don Bosco, Rigenerare la Società a partire dai giovani. L’arte della relazione educativa, 1ª Convention Nazionale sul Sistema preventivo, Roma, 11-12 ottobre 2003, p. 8. 317 110 4. La formula “buon cristiano e onesto cittadino” con le varianti323 che ricorrono sotto la penna e nella bocca di don Bosco. Don Bosco è fedele alla formula “buon cristiano e onesto cittadino”, anche se a volte utilizza altre parole, vediamo alcuni esempi: a) b) c) d) e) f) g) h) i) j) k) l) m) n) o) p) q) r) s) t) u) Farli onesti cittadini e buoni cristiani324; Farsi buoni cristiani ed onesti artigiani325; Possano diventar tutti buoni cittadini e buoni cristiani326; Fare tutti buoni cristiani ed onesti cittadini327; Educare la gioventù all’onore del cristiano ed al dovere del buon cittadino328; Divenivano buoni cristiani ed onesti cittadini329; Fare quel po’ di bene che posso ai giovanetti abbandonati, adoperandomi con tutte le forze affinché diventino buoni cristiani in faccia alla religione, onesti cittadini in mezzo alla civile società330; Preparare buoni cristiani alla Chiesa, onesti cittadini alla civile società331; Farne buoni cittadini e buoni cristiani è lo scopo che ci proponiamo332; Farne buoni Cristiani ed onesti cittadini333; Sono (…) utili cittadini e buoni cristiani334; Diventano buoni cristiani, onesti cittadini335; Entrando un giovane in quest'Oratorio deve persuadersi che questo è luogo di religione, in cui si desidera di fare dei buoni cristiani ed onesti cittadini336; Ridonarli alla civile società buoni cristiani e buoni cittadini337; Educati a virtù cristiane e civili (...) farne buoni cristiani ed onesti cittadini338; Si tratta di renderli onesti Cittadini e buoni Cristiani339; Vivere sempre da buoni cristiani e da savii cittadini340; Speranza che essi diventino buoni cristiani, onesti ed utili cittadini341; Sont maintenant de bons chrétiens et d'honnêtes citoyens342; Io godo assai nel sapere che voi (...) vivete da buoni cristiani, da cittadini Onorati343; Dovunque vi troviate mostratevi sempre buoni cristiani e uomini probi344; P. Braido, Buon cristiano e onesto cittadino …, pp. 67-69. Circolare, [10] giugno 1857, Em I 326. 325 Catalogo degli oggetti posti in lotteria …, Torino, tip. di G. B. Paravia 1857, p. 3. 326 Circolare, 10 ottobre 1862, Em I 530. 327 Lettera alla contessa G. Uguccioni, 28 marzo 1872, E II 203. 328 Al prefetto di Torino, 3 gennaio 1873, E II 250. 329 Memorie del Oratorio (1991) p. 123. 330 Memorie del Oratorio (1991) p. 200: colloqui di don Bosco con il marchese Michele Cavour. 331 Cooperatori salesiani ossia un modo pratico per giovare al buon costume ed ala civile società. San Pier d’Arena, Tip. e Libr. S. Vincenzo de’ Paoli 1877, p. 4, OE XXVIII 342. 332 A Carlo Vespignani, 11 aprile 1877, E III 166. 333 Ai Cooperatori Salesiani, BS 1 (1877) n. 1, agosto, p. 2. 334 Sistema preventivo (Utilità), 1877, p. 60, OE XXVIII 438 (des citoyens utile set des bons chrétiens, p. 61) e XXIX 107. 335 A E. Carranza, 30 settembre 1877, E III 221. 336 Regolamento dell’Oratorio di S. Francesco di Sales per gli esterni (1877), parte II, capo II, p. 30, OE XXIX 60. 337 Promemoria a Leone XIII, marzo 1878, E III 318. 338 Conferenza a Roma, BS 2 (1878) n. 3, marzo, pp. 12-13. 339 Lettera ai Cooperatori, BS 3 (1879) n. 1, gennaio, p. 2. 340 Discorso ai giovani nella festa onomastica, 24 giugno 1879, BS 3 (1879), n. 7, luglio, p. 9. 341 Lettera ai Cooperatori, BS 4 (1880) n. 1, gennaio, p. 3. 342 Conferenza a Marsiglia, 20 febbraio 1880, ms allografo con corr di don Bosco, FdB 1.888 D 2. 343 Discorso a ex-allievi, 24 giugno 1880, BS 4 (1880) n. 9, settembre. p. 10. 344 Ibid. 323 324 111 v) Scopo dei nostri collegi è di formare dei buoni cristiani, e degli onesti cittadini345; w) Per essere poi ridonati alla civile Società buoni cristiani, onesti cittadini346; x) Escono buoni Cristiani e bravi cittadini347; y) Ritornarli alla Società buoni cristiani ed onesti cittadini348; z) Educarli in modo da farne buoni cittadini e veri cristiani349; aa) Apprendendo a vivere da buoni cristiani e da savii cittadini350; bb) Ammaestrati a vivere da buoni cristiani e savii cittadini351; cc) Diventano buoni cristiani, savii cittadini352; dd) Rendendoli buoni cristiani ed utili cittadini353; ee) Continuate dunque ad essere buoni cristiani e savii cittadini354; ff) Dare alla civile società dei membri utili, alla Chiesa dei cattolici virtuosi, al Cielo dei fortunati abitatori355; gg) Farne buoni cittadini e buoni cristiani356; hh) Ridonarli (...) alla civile società buoni cristiani, onesti cittadini357; ii) Faran vedere al mondo come si possa (...) essere cristiani e nello stesso tempo onesti e laboriosi cittadini358; jj) Istruirli, educarli e farne così dei buoni cristiani ed onesti cittadini359; kk) Quanti buoni figliuoli, quanti padri cristiani ed onesti, quanti migliori cittadini di più non potremmo dare alle famiglie, alla Chiesa, alla società!360; ll) Rendersi buoni cristiani ed onesti cittadini361; mm) Restituirli alla famiglia, alla società, alla Chiesa buoni figliuoli, savii cittadini, esemplari cristiani362; Don Bosco ripeteva molto questa formula “buon cristiano e onesto cittadino”. Lo dimostra l’intera rassegna appena abbozzata. Ma ciò non toglie nulla alla lucidità dei significati. Essi rispondono alla chiarezza delle scelte educative concrete. Anche se l’uso della formula può rispondere spesso a esigenze di propaganda e ricerca di solidarietà (simpatia, sostegno dell’opinione pubblica, aiuti finanziari), essa rispecchia soprattutto una sicura posizione di vita e di azione. 5. Il “buon cristiano e onesto cittadino” si forma in un ambiente adatto. Sappiamo quanto grande fosse il fascino che emanava la persona di don Bosco e le qualità educative di cui era dotato. Egli però riteneva fondamentale per la crescita dei giovani la 345 Deliberazioni del secondo Capitolo generale..., 1880, p. 57, OE XXXIII 65. Circolare, gennaio 1881, E IV 23. 347 Conferenza ai Cooperatori di Torino, 20 gennaio 1881, ms allografo, FdB 444 A 6. 348 Lettera ai Cooperatori, BS 5 (1881) n. 5, maggio, p. 1. 349 Conferenza a Firenze, BS 5 (1881) n. 7, luglio, p. 9. 350 Lettera ai Cooperatori, BS 6 (1882) n. 1, gennaio, p. 1. 351 Ibid., p. 4. 352 Conferenza ai Cooperatori a Genova, BS 6 (1882) n. 4. Aprile, p. 70. 353 Ibid., p. 73. 354 Discorso a ex-alunni, 24 giugno 1882, BS 6 (1882) n. 7, luglio, p. 123. 355 Lettera ai Cooperatori, BS 7 (1883) n. 1, gennaio, p. 4. 356 Omelia a S. Sulpizio (Parigi), 1 maggio 1883, MB XVI 245. 357 Lettera ai Cooperatori, BS 8 (1884) n. 1, gennaio, p. 2. 358 Discorso a ex-allievi, 13 luglio 1884, BS 8 (1884) n. 8, agosto, p. 113. 359 Circolare ai Cooperatori di Parigi, 29 gennaio 1885, E IV 310. 360 Conferenza ai Cooperatori di Torino, 23 maggio 1885, BS 9 (1885) n. 7, luglio, p. 95. 361 Lettera ai Cooperatori, BS 10 (1886) n. 1, gennaio, p. 3. 362 Lettera ai Cooperatori, BS 11 (1887) n. 1, gennaio, p. 5. 346 112 creazione di un ambiente educativo, tessuto umano in cui si intrecciano molteplici relazioni, dove potessero sperimentare di essere personalmente amati, ossia di essere presi sul serio, stimati nel loro intrinseco valore, nella capacità di aprirsi agli altri e all’Altro. Don Bosco è consapevole dell’importanza della famiglia per la crescita sana dei ragazzi e decide di riprodurne lo stile negli ambienti di accoglienza dei giovani. Chiamerà spirito di famiglia il clima che si respira nelle sue case. Esso è caratterizzato dall’attenzione al giovane, alle sue attitudini, ai valori di cui è portatore, facendo vibrare le corde del cuore con la delicatezza, “la mansuetudine e la carità”, evitando ogni forma di repressione e di violenza. È un ambiente dove si sperimenta l’armonia tra spontaneità e disciplina, familiarità e rispetto delle regole, gioia ed impegno, libertà e dovere. In tale ambiente i giovani sono nelle migliori condizioni per sviluppare le loro capacità relazionali, espressive e creative, lo spirito solidale del prendersi cura gli uni degli altri. L’educazione è, infatti, opera d’espansione e di orientamento verso la forma conviviale del vivere insieme nel riconoscimento e nella valorizzazione delle diversità. Don Bosco comprese che questa missione esigeva l’apporto differenziato e coordinato di molte persone e cercò consenso anche tra i non credenti che potevano ritrovarsi nel volto sociale della sua opera di evangelizzazione. Rigenerare il tessuto della società richiedeva sinergie nell’arte di prendersi cura dei giovani, espressione più debole e fragile della società e, allo stesso tempo, speranza di un futuro diverso e migliore. Prendersi cura mediante l’educazione di essi è essenzialmente prevenire, formare persone libere e responsabili del bene della famiglia umana. Prevenire è puntare sul positivo, far leva sulle risorse interiori del ragazzo e sull’espansione delle sue potenzialità; è accompagnare nell’esperienza quotidiana, nel suo coinvolgimento a servizio del bene dei compagni e del bene comune363. Ciò significa che educare alla legalità implica la creazione di un ambiente nazionale e internazionale di legalità. Il richiamo formativo e morale rivolto a tutte le persone e istituzioni, cominciando dalla famiglia stessa. “L’autentica legalità trova la sua motivazione radicale nella moralità dell’uomo; la condizione primaria per uno sviluppo del senso della legalità è la presenza di un vivo senso dell’etica come dimensione fondamentale e irrinunciabile della persona”364. Educare alla legalità risulta essere, oggi più che mai, un impegno di tutti ed un obiettivo da inserire in ogni progetto formativo365. 6. Il “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco è una persona in cammino verso la maturità spirituale, ecclesiale e sociale. Fin dalla sua venuta al mondo, se non addirittura dal suo concepimento, la persona si trova a doversi confrontare con un alternarsi infinito di fasi d’immaturità e di maturità. Il “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco è una persona che acquisisce delle “competenze” e le sa gestire mettendole al servizio di se stesso, della famiglia, della Chiesa e della società. d) La maturità spirituale Il “buon cristiano e onesto cittadino” di don Bosco coltiva in se stesso le buone abitudini, l’amore di Dio Padre e della conoscenza della sua Parola, interpreta la vita dal punto di vista di 363 A. Colombo, op. cit., p. 3. Nota Pastorale Educare alla legalità. Commissione ecclesiale Giustizia e pace, EDB, Bologna 1991, p. 7. n. 3. 365 G. Martielli, Moralità legalità socialità. Per una progettualità formativa, Viverein, Roma 2009, pp. 154-155. 364 113 Dio, è una persona di convinzione che sa gestire positivamente le proprie “competenze” per il bene comune. La maniera più pratica e più potente per dirigere i credenti, i giovani, verso la maturità spirituale è quella di aiutarli a stabilire abitudini che promuovano la crescita spirituale. Non si può parlare di carattere senza parlare di abitudini. Il carattere è la maniera in cui si agisce abitualmente. Un carattere integro è un requisito di base e propedeutico per tutto il resto (ad esempio: l’onestà). Avere integrità vuol dire essere sempre onesto. Ed essere onesto deve essere un’abitudine. Non ci si deve pensare. Certamente nella crescita spirituale sono moltissime le abitudini che si devono sviluppare. Ci soffermiamo su quelle abitudini fondamentali: l’abitudine di trascorrere il tempo con la Parola di Dio; l’abitudine di pregare; l’abitudine alla generosità; l’abitudine di avere comunione fraterna. Ciò si basa sulle affermazioni di Gesù quando definì il discepolato: un discepolo segue la Parola di Dio366; un discepolo prega e porta frutto367; un discepolo non è posseduto dai suoi averi368; un discepolo esprime amore per gli altri credenti369. La grande sfida di don Bosco fu sempre di far sì che il ragazzo vedesse la vita dalla prospettiva di Dio. Cioè vivere nell’“intendimento”, nella “saggezza”, e nel “discernimento”. Tutto ciò aiuterà il giovane ad evitare la “durezza di cuore”, la “cecità” e l’“ottusità”. Si fa in modo che la persona del giovane possa rispondere ai “perché” della vita. Essa: ci spinge ad amare di più Dio …370; ci aiuta a resistere alle tentazioni. Quando guardiamo a una situazione dal punto di vista di Dio, capiamo che le conseguenze del peccato sono più grandi del piacere temporaneo che esso può dare371; ci aiuta nelle prove. Quando abbiamo la prospettiva di Dio sulla vita, capiamo che “… tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio …”372; “Ci protegge dagli errori… Viviamo in una società che rifiuta la verità assoluta e accetta ogni opinione come ugualmente valida… Il problema non è che la nostra cultura non crede in niente, ma che crede in tutto … La prospettiva è l’antidoto… Il risultato è un credente che rimane stabile…”373. Don Bosco voleva educare una persona con la capacità di convinzione. Lui sapeva molto bene che la convinzione è contagiosa. Le persone acquisiscono le convinzioni stando vicino ad altri che le hanno. Esse includono i valori, gli impegni e le motivazioni. H. Hendricks374 definisce così la convinzione: “Ciò in cui si crede è qualcosa per cui si discute. Una convinzione è qualcosa per cui si muore!”. Le convinzioni determinano la condotta. Inoltre J. Gordon375 afferma che “un uomo senza convinzioni è debole come una porta che si regge su un solo cardine. Una persona senza convinzioni è alla mercé delle circostanze. Se non decide cos’è importante e come vivere, saranno altri a deciderlo per lui”. Nella vita cristiana esistono determinate capacità che bisogna sviluppare per maturare: studiare la Bibbia, servire, testimoniare, relazionarsi, amministrare il proprio tempo, rispettare le norme stabilite, ecc. 366 Gv 8, 31-32. Gv 15, 7-8. 368 Lc 14,33. 369 Gv 13, 34-35. 370 Ef 3, 18. 371 Prov 14, 12. 372 Rm 8,28. 373 Ef 4,14. 374 H. Hendricks, Docente di Teologia presso il Seminario Teologico di Dallas. 375 J. Gordon, Unstruckç Your guide the seven-stage journey out of depression, The Penguin Press, New York, N. y., 2008 (citato da M. Luparia, Liberi per amare, Lateran University, Città del Vaticano 2011, pp. 60-64. 367 114 e) Maturità ecclesiale C'è un senso di appartenenza alla Chiesa che deve andare oltre il gruppo, la parrocchia, l'oratorio, l'associazione e il movimento. Si tratta di riscoprire la grande appartenenza alla Chiesa Locale, comunione di comunità, e alla Chiesa universale, comunione di Chiese locali. Don Bosco ha saputo sviluppare nei suoi ragazzi questo senso profondo di appartenenza alla Chiesa e di amore al Papa: egli ha saputo creare nell’oratorio un ambiente che favoriva la scelta vocazionale come un modo di crescere... maturare, educarsi, assumere la responsabilità della propria vita nella proprie mani, divenire “protagonisti” e non “trainati” o “pilotati”. Giovanni Paolo II diceva che “E' necessario promuovere una cultura vocazionale che sappia riconoscere e accogliere quell'aspirazione profonda dell'uomo che lo porta a scoprire che solo Cristo può dirgli tutta la verità sulla sua vita”376. Il Rettor Maggiore, don Pascual Chávez, nelle “Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana 2011” affermava: “Una cultura vocazionale deve mettere in salvo da una concezione soggettivistica che fa dell'individuo centro e misura di se stesso, che concepisce la realizzazione personale come difesa e promozione di sé piuttosto che come apertura e donazione”. f) Maturità sociale Le questioni che sfidano oggi la responsabilità umana e la missione cristiana sono nell'ambito secolare: promuovere la libertà della persona, venerare l'inviolabile diritto alla vita, preservare la libertà (civile!) di invocare il nome del Signore, impegnarsi per la stabilità e la dignità della famiglia, sostenere la solidarietà, porre l'uomo al centro della vita economico-sociale377. Don Bosco formava i suoi ragazzi per inserirli nella società in modo che vivessero i valori imparati nell’oratorio. 7. Profilo del soggetto che scaturisce dal binomio “buon cristiano e onesto cittadino” che don Bosco voleva formare Don Bosco cercava di formare un giovane con una fisonomia ben precisa: “Buon cristiano” a) b) c) d) e) f) g) h) i) j) 376 377 È capace di amare la Chiesa, il Papa ed i vescovi; È coraggioso nel professare e difendere il credo della Chiesa; Conserva il “santo timore di Dio”; È cosciente che tutto ciò che realizza nel mondo deve essere finalizzato alla salvezza eterna; È pronto a valorizzare e a vivere i sacramenti, soprattutto: l’Eucaristia e la Riconciliazione. Vede nella vita di grazia lo svelamento pieno della dignità dei figli di Dio. Ha una profonda devozione per la Madonna. È aperto alla formazione umana e cristiana. È cosciente che la finalizzazione ultima della cultura e della civiltà sono la pietà e la moralità; È consapevole che l’esperienza cristiana, conduce e dà qualità all’impegno culturale e sociale. Messaggio di Giovanni Paolo II per la XXX Giornata di Preghiera per le vocazioni l’8 settembre 1992, n. 2. Christifideles Laici, 36-44. (Citato da don Pascual Chávez nelle Giornate di Spiritualità 2011). 115 k) Opera nel mondo con onestà, carità e amabilità; l) È capace di farsi consigliare dal confessore per le sue scelte; “Onesto cittadino” a) b) c) d) e) f) g) h) i) j) k) l) m) n) o) p) Accetta se stesso e gli altri. Vive la solidarietà con gli altri. Sa condividere le proprie risorse umane con i membri del gruppo al cui appartiene. Vive la gioia come stile di vita. Pronto a fare la propria scelta vocazionale con responsabilità; Ama il lavoro Coltiva ed ama la verità. Si presenta come una persona ragionevole. Studia per offrire alla società un servizio qualificato. Possiede una capacita di inserimento ordinato e operoso nella società; Cura l’onestà ed esemplarità di vita; È un cristiano competente ed onesto nell’esercizio del suo compito lavorativo; Contribuisce all’ordine ed al progresso della società; Rispetta le norme stabilite. Possiede un forte senso di appartenenza alla propria famiglia, Rispetta i propri genitori. Don Bosco ha concepito ed attuato la propria opera educativa per il raggiungimento di fini antichi e nuovi insieme, portando i giovani ad accogliere e formare in sé sia la fedeltà alla perenne novità cristiana, sia la capacità di inserimento in una società affrancata dai più pesanti vincoli dell’ancien régime e proiettata verso nuove conquiste. 8. Conclusione Grande è stato l’impegno di una moltitudine di educatori cristiani per formare “onesti cittadini e buoni cristiani”. Don Bosco è nato e cresciuto in una cultura teocentrica, dove Dio era il centro di tutto. L’ambiente culturale stesso offriva delle possibilità e delle ricchezze in campo religioso e culturale. Una cultura segnata dalle guerre e travolta dall’industrializzazione. Ha dovuto difendere la fede cristiana cattolica dai diversi gruppi anticattolici del momento. Egli fissa la propria convinzione, che diventa programma, nella reiterata formula “buon cristiano e onesto cittadino”, tradotta poi, nel momento dell’iniziativa missionaria, dal 1875, in altre dal significato più esteso, ma d’identica ispirazione, “civiltà e religione”, “civilizzazione ed evangelizzazione”, promozione del “bene dell’umanità e della religione”, “dilatare il regno di Gesù Cristo portando la religione e la civiltà tra quei popoli e nazioni che l’una e l’altra tuttora ignorano”378. La prima – “buon cristiano e onesto cittadino” – è la più diffusa, con diverse varianti: “buoni cittadini e veri cristiani”, “buoni cristiani e savii cittadini”, “buoni cristiani e uomini probi”379. Quanto ai contenuti la formula è l’enunciazione abbreviata di un unico “manifesto educativo” di sapore tradizionale, ma virtualmente aperto al nuovo. Esso è già proclamato nel primo 378 379 Lettere a don Bodrato, 15 aprile 1880, E III 576-577, e a un benefattore ungherese, 1 novembre 1886, E IV 364. Discorso ai partecipanti alla sua festa onomastica, 24 giugno 1879, BS 3 /1879) n. 7, luglio, p. 9. 116 importante libro di guida religiosa della vita, Il giovane provveduto: “Vi presento un metodo di vivere, breve e facile, ma sufficiente perché possiate diventare la consolazione dei vostri parenti, l’onore della patria, buoni cittadini in terra per essere poi un giorno fortunati abitatori del cielo”380. Anzitutto, in relazione a quanto si è osservato a proposito dell’umanesimo pedagogico cristiano di don Bosco, è subito evidente la bipolarità che ne caratterizza l’insieme: da una parte, è affermata la centralità della fede religiosa, del trascendente, dello specifico cristiano; dall’altra, è presente una schietta valutazione della realtà temporale: entrambe sinceramente, intrinsecamente e non solo strumentalmente apprezzate ed utilizzate. Più che la coesistenza egualitaria tra due poli, si tratta di due realtà di pari dignità nel proprio ordine, ma con la subordinazione del polo temporale a quello trascendentale. Don Bosco nell’educazione che offriva ai suoi giovani, cercava la crescita di tutta la persona. Non c’è alcun dubbio che un aspetto fondamentale per lui era la legalità e la ricerca del bene comune. Certamente lui non usava la parola legalità. La formula “buoni cristiani e onesti cittadini” nelle diverse varianti include la legalità e la socialità. “L’autentica legalità trova la sua motivazione radicale nella moralità dell’uomo, la condizione primaria per uno sviluppo del senso della legalità è la presenza di un vivo senso dell’etica come dimensione fondamentale e irrinunciabile della persona”381. Per don Bosco i giovani pericolanti erano una minaccia per la società, per la propria famiglia e per loro stessi. Don Bosco con la formula “buoni cristiani e onesti cittadini” voleva contrastare la piccola criminalità, la criminalità organizzata e le nuove forme di criminalità. Voleva che ogni giovane fosse un cittadino esemplare. Inoltre, l’approfondimento della formula “buon cristiano ed onesto cittadino” diventa elemento essenziale, non solo per definire in termini rigorosi la sua visione “umanistico - cristiana” dell’educazione, ma anche ed in particolar modo la dimensione sociale e politica della stessa. Entra in gioco il rapporto tra valori eterni e valori temporali, tra la religione e le altre forme di cultura, tra evangelizzazione ed umanizzazione, tra “salvezza eterna” e presenza nel mondo, tra fede e politica, tra appartenenza e fedeltà alla Chiesa e impegno nella società civile e nella comunità politica382. La finalità espressa da don Bosco, da tempo, viene vincolata alla proposta e all’assunzione di valori. Per tanti ragioni, oggi appare necessario trovare un nuovo perno educativo che, in questo preciso momento storico, sembra trovarsi nella nozione di cittadinanza. Educarci per diventare ciò che siamo si può riassumere nell’esercizio dei valori della cittadinanza: essere un buon cittadino o cittadina esprime fedelmente ciò che ci fa umani. Sicuramente non possiamo fermarci qui: i processi della prassi cristiana con i giovani aspirano alla meta dell’incontro con Cristo; ma nemmeno possiamo saltare le tappe previste sia dalla maturazione umana che dall’esperienza cristiana. La meta primaria e comune di qualsiasi itinerario educativo oggi, non può essere altra che la cittadinanza cosmopolita e attiva, radicata nella giustizia; la meta definitiva, invece, si trova nel rendere possibile il salto da questo senso della vita all’esperienza cristiana della salvezza, ossia, all’incontro con Gesù Cristo e all’inserimento attivo nella comunità ecclesiale383. 380 G. Bosco, Il giovane provveduto, p. 7, OE II 187. Educare alla legalità. Commissione ecclesiale Giustizia e pace, EDB, Bologna 1991, p. 7, n. 3. 382 P. Braido, Buon Cristiano e onesto cittadino … p. 75. 383 J. Moral, Cittadini nella chiesa, cristiani nel mondo, in: “Note di Pastorale Giovanile”, XLV (2011) n. 1, pp. 381 117 Lo stesso Benedetto XVI ha affermato che “i fedeli cristiani sono chiamati a portare avanti con fede i loro doveri di cittadini, lavorando per riempire la società dello spirito del Vangelo, cercando di attuare quella relazione vitale tra cittadini della città dell’uomo e della città di Dio”384. Le parole del Santo Padre sottolineano ancora di più l’intuizione educativa di don Bosco, valida non solo ai suoi tempi ma anche nella realtà odierna. 384 39 e 40. È in sintesi quanto richiamato oggi da Benedetto XVI nel corso dell’udienza generale dedicata alla figura di San Massimo, vescovo di Torino (IV sec. D.C.), che nelle sue omelie ribadiva la responsabilità dei cristiani nel promuovere un giusto ordine sociale basato sulla solidarietà con il povero. 118 Lo Statuto della Confederazione mondiale El Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco Delegado, identidad y misión del Ex alumno Presentazione della nuova bozza di Statuto all’Assemblea Confederale Mondiale Il novo Statuto della Confederazione Mondiale. “Nuovo sapore e nuova luce” Una Preghiera-Promessa per consolidare l’identità, la missione e la comunione “Lo Statuto è per l’Associazione Mondiale degli Exallievi di Don Bosco la “magna charta”. È il documento che regola e unisce gli Exallievi di Don Bosco di tutto il mondo attorno a criteri e principi comuni” (Don José Pastor Ramirez). “Il testo ufficiale del presente Statuto è quello redatto in lingua ita- liana e depositato presso la Segreteria Generale Mondiale con le firme del Rettor Maggiore della Società Salesiana, del Presidente Mondiale, del Delegato del Rettor Maggiore per la Famiglia Sa- lesiana, del Segretario Generale e del Delegato Confederale Mondiale” (Statuto art. 41, a). 119 120 El Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco - Delegado, identidad y misión del Ex alumno - 1. Saludos Antes de iniciar mi intervención, quiero agradecer al P. Jesús Guerra la invitación que me hizo para presentar a esta Escuela de Delegados el nuevo Estatuto de la Confederación Mundial de los Ex alumnos de don Bosco, la cual he aceptado con mucho gusto, por considerarla una oportunidad estupenda para crecer junto a vosotros. Gracias al P. Jesús por su trabajo como Delegado Nacional de la Familia Salesiana, de los Salesianos Cooperadores y de los Ex alumnos; por las aportaciones que ofrece a la Confederación Mundial en la formación de los Ex alumnos jóvenes, específicamente en “la Escuela de Líderes”. Un saludo de corazón a todos los Delegados aquí presentes y a los que no pudieron venir por los motivos que fueren. Les confieso que tengo deudas de aprecio y reconocimiento con vosotros por la labor que realizan en la Confederación Nacional Española de Ex alumnos. 2. Introducción El P. Jesús fue muy claro y preciso cuando me solicitó esta ponencia. Por supuesto, que con su claridad me orientó sobre el trabajo a realizar con ustedes aquí: “No se trata simplemente de presentar la estructura del Estatuto, sino de ayudarnos a calar en el espíritu, motivación y finalidad del mismo, poniendo de relieve el compromiso que deben asumir los Delegados salesianos en los diversos ámbitos: local, regional y nacional”. Prácticamente, el P. Jesús ha trazado los objetivos que hemos de lograr en este encuentro, con los cuales me siento altamente identificado: Profundizar en el espíritu y finalidad del Estatuto de la Asociación mundial; Presentar los niveles de compromiso e implicación que el documento pide a los Delegados en el ámbito local, regional, nacional y mundial. Pienso que no sería justo si iniciase mi intervención afrontando directamente el Estatuto, aprobado en la IV Asamblea Mundial Electiva que tuvo lugar en Roma del 29 de septiembre al 2 de octubre de 2010, sin ofrecer una brevísima presentación histórica del documento en cuestión. Además, cuando se considera la identidad y la misión del Ex alumno no se puede dar por descontada la historia de la Institución a la que se pertenece. Según mi humilde parecer, la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco es la entidad con la cual los Ex alumnos han querido proclamar al mundo su profundo agradecimiento385 y 385 El 24 de junio del año 1870, un grupo de Ex alumnos visitó a don Bosco para felicitarle en ocasión de su onomástico. De este primer encuentro no se tiene ningún documento por haber sido futo de la espontaneidad. El año 1871 los Ex alumnos entregaron a don Bosco una carpeta dedicada, con los nombres de unos 45 Ex alumnos, 13 de ellos firmaron. Entre los cuales estaban Carlo Gastini y Reviglio Felice. Tanto la primera como la última versión de la carpeta que los Ex alumnos entregaron a don Bosco en 1887 están fotocopiada en la Revista “Voci Fraterne” y se encuentre en el archivo de los Ex alumnos en Roma (Revista “Voci Fraterne”. Número especial en ocasión del centenario de este gesto de agradecimiento y reconocimiento al padre, 1870- 121 compromiso con la misión educativa del Padre. Los Ex alumnos reconocen que los valores del Sistema Preventivo cambiaron sus vidas y continúan transformándola, todavía hoy, a través de sus hijos, los salesianos y de toda la Familia Salesiana. La admiración, el reconocimiento y las deudas de amor hacia don Bosco y su Familia dieron origen a la Asociación de Ex alumnos. Se ha de reconocer que la Asociación en sus 100 años de existencia ha pasado por momentos de gran florecimiento, de entusiasmo y de dificultades como acontece con todo grupo humano. La Asociación Mundial de Ex alumnos es un monumento de gratitud a Don Bosco que hemos de rejuvenecer, revitalizar y relanzar en todos los rincones del mundo, asegurando en los asociados un profundo compromiso social, eclesial, político y económico. Esta presentación la dividiré en dos grandes partes: la primera, versará sobre la reconstrucción de una breve historia de las distintas versiones que ha tenido el Estatuto de la Confederación Mundial hasta hoy. Ello permitirá que podamos tener una mejor comprensión del espíritu y de la finalidad del Estatuto mismo. En la segunda parte centraré todos los esfuerzos en ayudar a comprender los niveles de implicación que el Estatuto solicita a los Delegados en su servicio de acompañamiento. 3. El Estatuto de la Confederación Mundial de los Ex alumnos de Don Bosco A continuación se presenta una breve historia del Estatuto, con el objetivo de mostrar que el actual documento no ha surgido de la nada, sino que es parte de una larga y fecunda historia. Se resaltarán las decisiones más importantes y significativas para la Asociación en los distintos momentos de su historia. La referencia a la figura del Delegado será frecuente porque es uno de los argumentos centrales que nos ocupan. 3.1. Versiones del Estatuto Confederal Mundial El Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos, en estos 100 años de existencia, ha tenido siete (7) versiones diferentes386. La primera versión se redactó en el año 1909 y fue aprobada en el primer congreso internacional que tuvo lugar en Turín en el 1911. La segunda tuvo lugar en el año 1920. En esta ocasión se inauguró en Turín el monumento a don Bosco. La tercera la formuló el Consejo de dirigentes de Italia, en el mes de septiembre de 1953; posteriormente lo analizaron en el Congreso Mundial de noviembre de 1954; el documento fue aprobado definitivamente en el mes de noviembre de 1955 y promulgado por la Presidencia Confederal con ocasión del Congreso panamericano efectuado en Buenos Aires, Argentina, en agosto de 1956. El texto definitivo de la cuarta versión del Estatuto fue aprobado y promulgado por el Rector Mayor, P. Luis Ricceri, el 24 de mayo de 1966. La quinta versión en el mes de octubre de 1973, fue promulgada por el Rector Mayor y el Presidente Confederal durante el IV Congreso Latino Americano, celebrado en México del 11 al 14 de octubre de 1973. La sexta versión, se promulgó el 31 de enero de 1990. 386 1970. (1970) 51, pp. 16-45). El día del agradecimiento a don Bosco se institucionalizó y todavía hoy se hace a su sucesor, el Rector Mayor. Las siete versiones originales del Estatuto se encuentran en el Archivo de la Confederación Mundial y en el Archivo histórico de la Congregación, Roma. 122 La séptima y última versión del Estatuto fue promulgada por el Rector Mayor, P. Pascual Chávez el día 24 de junio de 2011. 3.2. Aspectos sobresalientes de las diferentes versiones del Estatuto A continuación se presentan algunos de los aspectos más sobresalientes que han aportado los documentos en sus diversas versiones. Se busca, sobre todo, centrar la atención en la figura del Delegado de Ex alumnos. 3.2.1 Estatuto del año 1911. En 1911 nace el primer Estatuto para toda la Federación387. El artículo 1 de este Estatuto refiere que se trata de una “Federación Internacional de las Sociedades, Uniones y Círculos entre los Ex alumnos de los Institutos, Oratorios festivos y Escuelas de religión dirigidos por los Salesianos de Don Bosco”. Además se dio inicio a una verdadera organización de la Asociación. Se introdujo la bandera y la entrega de un carnet a los Ex alumnos, ello le dio el carácter asociativo a la organización. El Rector Mayor, P. Pablo Albera, nombró el primer Presidente Internacional, el Prof. Piero Gribaudi388. Se dio inicio a la revista “Federazione389”. Se creó el himno de los Ex alumnos, “Cantiam di Don Bosco” compuesto por P. G. Ruffino (letras) y P. L. Pagella (música). Se solicitó al Rector Mayor, P. Pablo Albera, el rezo de una Ave María por los Ex alumnos en las oraciones que se hacían en los Institutos Salesianos390. Este documento consta de 16 artículos. 3.2.2. Estatuto del año 1920. El segundo Estatuto es del año 1920. En este mismo año se inauguró el Monumento a Don Bosco. Se asigna a la institución el nombre de “Federación Internacional Ex alumnos de Don Bosco”. El Estatuto fue visiblemente perfeccionado, sobre todo, en lo referente al nombramiento de las personas que debían asumir responsabilidades. El Rector Mayor, P. Pablo Albera, nombró al segundo Presidente Internacional, el Abogado, Felice Masera391. Se creó un Secretariado como órgano ejecutivo, con sede, en la Casa Madre, Turín. Se fundó la Revista “Voci Fraterne” y el distintivo Internacional392. Fue en este Congreso cuando nació la estructura: Unión, Federación Inspectorial, Regional, Federación nacional y Confederación internacional. Al morir en el año 1938, el Presidente, Felice Masera, el Rector Mayor, P. Pedro Revista “Federazione” Bolletino mensile della Federazione Internazionale degli Exallievi di don Bosco, marzo 1913, p. 7-8. 388 Nació en Cùbiano el 27 de junio del 1874. Dedicó su vida la enseñanza, valorado en la escuela Italiana y extranjera por sus múltiples publicaciones. Enseñaba geografía en la Universidad de Turín. Murió en Turín, el día 24 de marzo de 1950 a los 76 años la edad (Revista “Voci Fraterne” XXXI (1950) 9, p. 103). 389 La Revista se encuentra en el archivo de los Ex alumnos en Roma. 390 U. Bastasi, Guida organizzativa del movimento Exallievi di don Bosco, Arti Grafiche Colle don Bosco, Asti 1965, pp. 17-18; Il Congresso Internazionale, in: “Voci Fraterne”, (1970) 51, pp. 63-73. 391 Nació en Moncalieri, Tarín, el 19 de mayo de 1885. Conoció a los salesianos en el Instituto de Fosano, Cuneo, donde frecuentó el Gimnasio pasó luego al Real Colegio de Moncalieri para realizar el Liceo. Fue síndico de Moncalieri. Era hermano de Mons. Andrea Masera, obispo de Biella y de Colle Val d’Elsa. Consagrado obispo con solo 38 años de edad, el 19 agosto 1905 (Revista “Voci Fraterne” VII (1926) 3, p. 48). Vivió los momentos más trágicos de la guerra. Murió el día 6 de abril de 1938, con apenas 53 años de edad. A su funeral acudió una gran multitud: el clero, autoridades, institutos, asociaciones, numerosos Ex alumnos y El Rector Mayor, P. Pedro Ricaldone con todo el Capitulo General. (Revista “Voci Fraterne” XIX (1938) 5, p. 69; “Bollettino Salesiano” LXII (1938) 5, p. 119). 392 U. Bastasi, op. cit. pp. 18-19. 387 123 Ricaldone nombró para que le sustituyera, al Sr. Arturo Poesio393, quien se constituyó en el tercer Presidente Internacional. Este Estatuto tiene solo 10 artículos. 3.2.3. Estatuto del año 1956. Al Congreso asistieron 36 Presidentes de igual número de Federaciones nacionales. El Estatuto se aprobó definitivamente el año 1956 y se introdujo el cambio del nombre de “Federación Internacional” a “Confederación Mundial de los Ex alumnos de Don Bosco”. Quedó establecido que “la Confederación de los Ex alumnos es ajena a la política, a la lucha de clases y a las actividades de índole financiera que en cualquier modo puedan comprometer a la Confederación o a la Obra Salesiana”394. El año 1957 tuvo lugar la celebración del cincuenta aniversario de la Federación Internacional, para tal ocasión se organizó un congreso en Roma que reunió a los dirigentes y a 200 Delegados de todo el mundo. El mismo año se publicó un manual de piedad y de vida cristiana para nutrir la vida espiritual del Ex alumno395. El Estatuto está constituido por 11 títulos, 4 capítulos y 35 artículos. 3.2.4. Estatuto del año 1966 La cuarta versión del Estatuto fue impulsada por los aires de renovación suscitados por el Concilio Vaticano II, el XIX Capitulo General y el Congreso Europeo del año 1965. En el Congreso del año 1966, que vio nacer el Estatuto, se logró la separación definitiva de la Confederación Mundial de la Federación Italiana. Además, en este Congreso se abrieron las puertas de la Asociación a los Ex alumnos no cristianos, convirtiéndose en uno de los primeros organismos ecuménicos de la Iglesia, así quedó plasmado en el Estatuto: “Las Federaciones cuyos miembros son en su mayoría no católicos tienen finalidades adecuadamente adaptadas a las particulares exigencias locales en el espíritu general del presente Estatuto”396. El Estatuto del año 1966 confirma lo declarado en el año 1956 sobre la política y los compromisos de carácter financieros: “La Confederación de Ex alumnos, las Federaciones y los Centros locales son apolíticos y no pueden asumir compromisos de carácter financiero que excedan las necesidades económicas de la gestión ordinaria”397. Este Estatuto consta de cuatro capítulos, 10 títulos y 37 artículos. 3.2.5. Estatuto del año 1973 El Congreso Mundial del 1970 formuló unas instancias que se presentaron al Capitulo General Especial de los Salesianos (CGE n. 750-751). El Estatuto del año 1973 presenta dos novedades que a la vez constituyen dos grandes riquezas del documento: un anexo que facilita la 393 Nació en Rovasenda (Piamonte) el 4 de junio de 1874. Ingresó en el Oratorio de Turín en el año 1885. Vivía todavía don Bosco y legó a conocerle. Ingresó, con otros familiares suyos, en el glorioso grupo de los Bersaglieri. En 1938 fue nombrado director general del Tesoro. Se distinguió por su energía e inteligente capacidad directiva, hasta el fin del Congreso de los Ex alumnos, llevado a cabo en Turín en 1911. Durante muchos años fue Presidente de la floreciente Asociación del Sacro Cuore, de Roma, y Presidente de la Federación Regional del Lacio y Cerdeña. En noviembre de 1955 presidió, también en Turín, la primera reunión de la Presidencia de la Confederación Mundial. En 1963 dejó, debido a su avanzada edad, la Presidencia Confederal. Su puesto fue ocupado por José María Taboada. Falleció en Roma, el día 23 de noviembre de 1965 (“Revista Don Bosco en España” XXI (1965) 248, p. 23). 394 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1956, art. 7, p. 6. 395 L’Exallievo provveduto. Per la sua pietà e vita cristiana, Torino 1957 (En el Archivo de la sede central de los Exalumnos de Roma existe un ejemplar del Manual de piedad y vida cristiana: “L’Exallievo Provveduto”). 396 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1966, art. 7, p. 5. 397 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1966, art. 9, p. 6. 124 interpretación de los artículos398 y un índice analítico399. Además, el documento deja clara la autonomía, la responsabilidad de los dirigentes y el carácter laical de la Organización. Se cambió el modo de elección, la estructura de la Presidencia y la elección del Presidente por parte del Rector Mayor: él escoge para Presidente a uno de los miembros de la Presidencia Confederal, ya elegidos con anterioridad por el Consejo de la Confederación Mundial400. Se crearon las figuras del Secretario y del Tesorero General401; se definieron los cargos de cada miembro de la Presidencia, aumentando su número, con inclusión de seis representantes elegidos por los Grupos de Federaciones Nacionales. La creación de la Comisión de Expertos y de la Comisión Electoral que hacen más ágil el trabajo de la Presidencia y más democráticas las elecciones. Los Delegados Salesianos a todos los niveles asumen más netamente el papel de animadores espirituales, de responsables e intermediarios entre los Ex alumnos y las Comunidades Salesianas402. En el Anexo del Estatuto se refrenda lo dicho en los Estatutos de los años 1956 y 1966, art. 7 y art. 9 respectivamente, en cuanto a la participación en política. Dice expresamente: “Si un Ex alumno ocupa puestos de relieve en partidos políticos, o empleos con responsabilidad en el campo socio-político-militar, no puede ejercer cargos, a ningún nivel, en la Organización de Ex alumnos, especialmente el de Presidente”403. Esta versión del Estatuto consta de 11 capítulos y de 21 artículos. 3.2.6. Estatuto del año 1990 El Estatuto del año 1990 presenta en la introducción una visión histórica de la Asociación de Ex alumnos. Está compuesto de dos partes. La primera: vida y misión del Ex alumno; la segunda: organización y estructuras, funciones y distribución territorial, responsabilidades y atribuciones de los cargos en la Asociación. Tiene dos apéndices: el sistema preventivo en la educación de la juventud404 y el texto del primer Estatuto Internacional405. Es un documento muy bien elaborado y estructurado que posee una gran riqueza de contenido. Dice el Rector Mayor, P. Egidio Viganò: “Este Estatuto, tan esperado y tan escrupulosamente reelaborado, señala el proyecto que os guiará en el camino del futuro”406. Este Estatuto consta de 18 capítulos y 40 artículos. 3.2.7. Estatuto del año 2011 La última versión del Estatuto de la Asociación presenta algunas novedades: se profundiza en la identidad y la misión del Ex alumno407. Estas dos aportaciones se lo debemos al Rector Mayor, P. Pascual Chávez, quien en sus visitas de animación por el mundo salesiano ha insistido mucho en estos dos aspectos y en las buenas noches de la IV Asamblea Mundial Electiva que tuvo lugar del 29 de septiembre al 3 de octubre de 2010. El Estatuto también profundiza en los temas de la finalidad y objetivos de la Asociación de Ex alumnos408. También en esta parte fue decisivo la aportación del Rector Mayor. Se ampliaron las funciones de los organismos: 398 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973, pp. 27-41. Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973, pp. 43-59. 400 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973, art. 14, a. 401 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973, art. 14, d. 402 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973, art. 9, pp. 1-18; Comentario del artículo 9 en el Documento Anexo pp. 32-33. 403 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1966, Anexo, p. 29. 404 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1990, pp. 70-81. 405 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1990, pp. 83-89. 406 E. Viganò, Presentación en: Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1990, p. 5. 407 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 1-2, pp. 14-18. 408 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 3-9, pp. 19-24. 399 125 Asambleas, Presidencia Confederal Mundial, Consejo Ejecutivo Confederal Mundial409. También se ampliaron las responsabilidades del Presidente Confederal Mundial, de los Vicepresidentes Confederales Mundiales, de los Consejeros Regionales, del Delegado Confederal Mundial, del Secretario General Mundial y del Tesorero Confederal Mundial 410. Se creó un “Reglamento para la “IV Asamblea Ordinaria Confederal de los Ex alumnos de don Bosco” que buscaba establecer “las normas del procedimiento y, sobre todo, la extensión de la competencia de la Comisión Electoral y de la Asamblea misma. Busca establecer criterios comunes de acotación en relación con la toma de la palabra, la Comisión Electoral, las votaciones, etc. Se creó también la figura del Coordinador de la Asamblea. “Corresponde al Coordinador de la Asamblea Confederal asumir la dirección, de acuerdo con el Presidente, la coordinación general de los trabajos de la Asamblea Confederal y la alta responsabilidad del funcionamiento de los cargos y servicios técnicos. Es, además, competencia suya dar a conocer a la Asamblea Confederal los órdenes del día, las comunicaciones de la Presidencia y otras eventuales informaciones. Incumbe también al Coordinador y a los secretarios de la Asamblea Confederal Mundial pasar lista a todos los miembros de la Asamblea que tienen derecho a voto”411. El Reglamento de la IV Asamblea Mundial consta de 40 artículos y el Estatuto tiene 14 capítulos y 37 artículos. 3.3. Conclusión A medida que fueron pasando los años el Estatuto se fue cualificando y actualizando de manera que respondiera a las necesidades de los tiempos. En todas las versiones del documento se percibe en los Ex alumnos un gran sentido de pertenencia a la Asociación. Se ve, además, la estrecha relación que existía entre los Rectores Mayores y los Salesianos con la Confederación Mundial de Ex alumnos. Al examinar y analizar las actas de los Congresos y de las Asambleas mundiales, que se tuvieron en estos 100 años de existencia de la Asociación, se lee entre líneas que han sido encuentros de amigos entrañables que buscan honrar y expresar su gratitud al padre por el regalo de una familia, por el don de la educación, y por la suerte de tener un hogar. Y, sobre todo, eran reuniones donde se tomaban decisiones y determinaciones importantes que buscaban: la consolidación, el crecimiento y la incidencia de la Asociación en los ámbitos social y eclesial. Es decir, se decidía con valentía y arrojo en relación al ser (identidad) y al hacer (misión) de la Asociación. Las siete (7) versiones que hoy se tienen del Estatuto de la Confederación Mundial son un ejemplo fehaciente de cuanto se ha dicho anteriormente. Por ejemplo: El Estatuto del año 1911 al referirse al Consejo Directivo dice: “… y el sacerdote elegido por el Rector Mayor de la Pía Sociedad Salesiana, como su representante en el Comité general y en el Consejo directivo”412. El Estatuto del año 20 indica que “los Consejos nacionales están formados por los Presidentes de los Consejos Regionales, por los Inspectores…”413. 409 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 18, pp. 37-39. Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 19-24, pp. 41-47. 411 Reglamento para la IV Asamblea ordinaria Confederal de los Ex alumnos de don Bosco”, Roma 29 de septiembre al 3 de octubre de 2010, art. 12. (Este documento se encuentra en el Archivo de la Confederación Mundial en Roma). 412 Estatuto de la Federación Internacional de las Sociedades, Uniones y de los Círculos de los Ex alumnos de los Institutos, Oratorios festivos y Escuelas de religión dirigidas por los Salesianos de don Bosco del año 1911, art. 6, a, p. 4. 413 Estatuto de la Federación Internacional Ex alumnos de don Bosco del año 1920, art. 6, p. 9. 410 126 El Estatuto de la Confederación Mundial emplea por primera vez el concepto de “Delegado” en el año 1956. Y cuando habla del Delegado solo lo menciona como miembro de la Presidencia Mundial y la Presidencia de los Consejos Nacionales, pero no indica sus funciones414. El Estatuto del año 1966 reduce su referencia al Delegado a lo meramente jurídico: representante del Rector Mayor y de los Ex alumnos ante El Consejo Superior415. El Estatuto del año 1973 define al Delegado como “el amigo y el guía moral de los Ex alumnos; es el animador espiritual de la Asociación, garante y responsable de la fidelidad de esta al espíritu de Don Bosco; …es la unión de la Asociación con la Comunidad Salesiana; busca la unión y la colaboración de los Ex alumnos con la Comunidad Salesiana416. Se señala por primera vez que “El Delegado Confederal es elegido por el Consejo General para la Familia Salesiana. El Delegado Nacional es nombrado por el Inspector. Si en una nación hay varias inspectorías, es elegido por la Conferencia de Inspectores. En uno y otro caso conviene oír el parecer de los dirigentes de la Federación Nacional de Ex alumnos”417. Los Estatutos de los años 1990 y 2011 al considerar la figura del Delegado se centran en su rol de formador y de representación del Rector Mayor418. En el Estatuto del año 1966 se le asignan al Delegado funciones jurídicas: “Representante del Rector Mayor y de los Ex alumnos ante el Consejo Superior”419. En el Anexo del Estatuto del año 1973 se define la figura del Delegado como: “amigo”, “guía moral”, “animador espiritual”, “garante y responsable de la fidelidad de esta al espíritu de Don Bosco”, “unidad entre los Ex alumnos y la Comunidad Salesiana”420. Los Estatutos de los años 1990 y 2011, le asignan al Delegado Mundial funciones jurídicas, formativas, espirituales y carismáticas: “Es el representante del Rector Mayor”, “anima la formación permanente”, “cuida las publicaciones y los materiales para la formación”, “informa al Rector Mayor y su Vicario de la marcha de la Confederación Mundial”, “recibe las orientaciones del Vicario del Rector Mayor como responsable de la Familia Salesiana” y “es miembro de la Comisión Electoral”421. Los Estatutos de los años 1990 y 2011son los únicos en emplear el binomio “identidad – misión”. Ambos documentos dedican el capítulo primero al tema. Los demás Estatutos solo se limitan a emplear palabras como: actividades, responsabilidades, obligación, características, finalidad, etc. 4. Niveles de compromiso e implicación que el Estatuto actual 422 contempla para los Delegados en el ámbito Local, Regional, Nacional y Mundial. En este apartado se presentará la identidad y misión del Ex alumno de don Bosco siempre en relación con la figura del Delegado. Se verán los niveles de implicación del Delegado423 y sobre 414 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1956, art. 12, 13 a, b, p. 7. Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1966, art. 11, p. 7. 416 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973. Anexo, pp. 32-33. 417 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973, art. 14, f, pp. 22. 418 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1990, art. 28, pp. 54-55; Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 22, pp. 44. 419 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1966, art. 11, p. 7. 420 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973. Anexo, pp. 32-33. 421 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 201. 422 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1990, art. 28, b, pp. 54-56; Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 22, p. 44. 423 La figura del Delegado ha sido centro de atención de la Asociación, así lo demuestra la gran cantidad de literatura a él referida, por ejemplo: “Voci Fraterne” XLV (1964) 8. Todo el número está dedicado al Delegado. 415 127 todo, se lo verá como “el amigo” “el guía moral”, “el hombre de la unidad”, “el hombre de las propuestas que suponen un reto”, “el hombre propositivo”, “el hombre que conoce y valora la misión de los laicos”, el hombre que anima a ser “buenos cristianos y honrados ciudadanos”. 4.1. Identidad y misión del Ex alumno El conocimiento de sí mismo y de la institución a la que se pertenece es el factor principal en el descubrimiento de la misión propia. Sea cual fuere la forma que toma la misión, siempre plantará sus raíces en la identidad de cada individuo. En su brillante obra Callings, Gregg Levoy, expresa en estos términos el vínculo existente entre vocación e identidad: “La Vocación (…) refleja nuestras necesidades y nuestros instintos fundamentales, es decir, el “yo quiero” de nuestra alma. Ir contra nuestras llamadas es ir contra nosotros mismo. Es no confiar en nuestra inteligencia más profunda”. Cada individuo o institución posee una identidad única, inmutable y específica; lo mismo ocurre con su misión en el mundo. La tarea de cada persona o institución es única, en el sentido de que solo ella puede realizar esa posibilidad única, la misión puede atraer o asustar simultáneamente. La última versión del Estatuto de la Confederación Mundial, como todas las anteriores versiones, ha sido fruto de un largo, riguroso y minucioso trabajo de consulta a toda la Confederación Mundial que llegó a su culmen con el estudio y aprobación del Documento en la IV Asamblea Mundial y con la promulgación del Rector Mayor el 24 de Junio de 2011. Sin lugar a dudas, las partes del Estatuto que se han trabajado más y que presentan mayores novedades han sido las relacionadas con la identidad y con la misión de los Ex alumnos424, junto a la sección que considera la finalidad y los objetivos de la Asociación425. Se ha de reconocer que el tema de la identidad y la misión de los Ex alumnos ha preocupado a la Confederación Mundial a lo largo de los años. Después de una búsqueda minuciosa en las actas de los Congresos y de las Asambleas, se constata que la identidad y la misión de los Ex alumnos han constituido un caballo de batalla. De todas las actas existentes me detengo a comentar la intervención presentada por Daniel Castro426 en el Congreso Mundial que se efectuó en Roma, del 24 de septiembre al 1 de octubre de 1983 que trató el tema “identidad del Ex alumno adulto y joven”. En la primera parte de su ponencia presenta “una especie de catálogo de las definiciones, opiniones y comentarios que sobre los Ex alumnos y la problemática de su misión y su ubicación dentro de la Congregación se han formulado a través del tiempo, y por medio de diversas personalidades, instituciones, declaraciones de Congresos, Estatutos, etc.”. En la segunda parte, y sobre la base de conceptos vertidos por el Rector Mayor, P. Egidio Viganò, en su carta sobre “La Familia Salesiana427, se señalan y comentan algunas características que a su juicio deben insertarse en la definición de la identidad y la misión del Ex alumno dentro de la Familia Salesiana. En conclusión el tema de la identidad y misión del Ex alumno es antiguo y actual. Tan actual que el Rector Mayor, P. Pascual Chávez, en el Congreso Mundial de Ex alumnos que se realizó La Revista “don Bosco en España” también abunda mucho sobre la figura del Delegado. Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 1-2, pp. 15-18. 425 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 3-9, pp. 19-24. 426 D. Castro, Identidad del Ex alumno adulto y joven, en: Atti e documenti del Congresso Mondiale, Presidenti e Delegati, Federazioni Nazionali, Roma, 24 de septiembre al 1 de octubre de 1983, pp. 67-79. 427 E. Viganò, La familia Salesiana, en: Actas del Consejo superior de la Sociedad Salesiana de San Juan Bosco, LXIII (1982) 304, pp. 3-45. 424 128 en Turín del 26 al 29 de abril de 2012, tuvo una ponencia con el título: “El Ex alumno de don Bosco y su implicación en la Sociedad y en la Iglesia”. El Rector Mayor se centró en la identidad y en la misión del Ex alumno para proyectarlo en el presente y hacia el futuro. 4.1.1. La identidad del Ex alumno El último Estatuto de la Confederación Mundial define a los «Ex alumnos y Ex alumnas de don Bosco» como “aquellos que, por haber frecuentado un oratorio, una escuela o cualquier otra obra salesiana, han recibido en ella una preparación para la vida con grados y modalidades diversos según las culturas, las religiones, la calidad educativa de la obra y la capacidad de recepción del individuo428, según los principios del Sistema Preventivo de Don Bosco429: formar personas desarrollando la originalidad de cada uno”. Según el Estatuto del 2011 existen cuatro tipos de pertenencia de los Ex alumnos y Ex alumnas de don Bosco, que contribuyen a una mejor definición de los grados de identidad: Aquellos para los cuales el haber sido alumno o haber frecuentado un ambiente salesiano es un hecho de vida, una anécdota que no ha marcado sus vidas; Aquellos para los cuales el haber sido alumno o haber frecuentado un ambiente salesiano es una gracia, porque han sido impactados por el encanto y la atracción de don Bosco, profundamente hombre y profundamente santo; lo que conduce al Ex alumno a identificarse en todas partes como Ex alumno de don Bosco; Aquellos para los cuales el haber sido alumno o haber frecuentado un ambiente salesiano es una elección, una misión, la cual acepta con todo lo que ello implica. Se sienten llamados a comunicar los valores recibidos en la educación salesiana: espíritu y método pedagógico de don Bosco; Aquellos para los cuales el haber sido alumno o haber frecuentado un ambiente salesiano es un proyecto de vida, que se traduce en el asociarse para continuar su formación personal, para hacer presente el carisma educativo de don Bosco en la sociedad, y para realizar proyectos concretos en favor de la juventud430. 4.1.2. Delegado e identidad de los Ex alumnos Este apartado pretende sugerir estrategias al Delegado para realizar su labor formativa y a la vez fortalezca su propia identidad y la del Ex alumno. Se busca que los Ex alumnos definan y vivan su identidad en la sociedad, en la Iglesia, dentro de la Asociación y en la Familia Salesiana. 4.1.2.1. Formación e identidad del Ex alumno El fortalecimiento y crecimiento de la identidad de una persona o de una institución está estrechamente relacionada con la formación, con el compromiso social, eclesial (apostolado) y con la espiritualidad. El crecimiento en identidad del Ex alumno cristiano, de otros credos religiosos y aconfesionales, está estrechamente relacionada con la vivencia de los valores típicos de la “educación recibida”. El Ex alumno, sea cristiano, no cristiano o aconfesional está llamado a vivir los valores típicos del Sistema Preventivo de don Bosco: la alegría, la confianza, 428 E. Viganò, Circular del Rector Mayor a los salesianos sobre los Ex alumnos de don Bosco, p. 18. Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1990, art. 1, a, p. 15. 430 J. E. Vecchi, Exallievo di don Bosco verso il 2000, en: VIII Congresso Nazionale exallievi/e di don Bosco. Atti, Rimini, 10-13 ottobre 1996, pp. 67 y 68. El Rector Mayor, don Pascual Chávez, en distintos encuentros con la Familia Salesiana y con los mismos Ex alumnos de don Bosco ha evidenciado estos cuatro tipos de pertenencia de los Ex alumnos; Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 1, b, p. 16. 429 129 la esperanza, la alianza, la razón, la amabilidad y la honradez. La formación cultiva la identidad de manera permanente. Y la formación es un proceso que dura toda la vida. La formación pone en relación identidad y contexto cultural. El Ex alumno está llamado a crecer desde su realidad cultural, es lo que se llama la formación inculturada. Además, la formación promueve el crecimiento en la identidad según los dones personales. 4.1.2.2. Unión Local e identidad del Ex alumno La Unión Local es una asociación de laicos que participan en la misión de la Iglesia y promueven con la palabra, con el testimonio de la vida y con la acción, la animación cristiana del propio ambiente, según las enseñanzas de la Iglesia. La Unión Local, en su organización interna, se inspira en el espíritu de familia propio de la vida salesiana y actúa, en la impostación de su estructura y de su actividad, un cordial acuerdo y una colaboración responsable con la Iglesia local, con la Familia Salesiana y con los salesianos. La Unión Local es el pulmón de la Asociación en el ámbito Inspectorial, Nacional, Regional y Mundial. Es el cenáculo ideal para la formación de los Ex alumnos. El núcleo animador de la Unión es la Presidencia Local, es el grupo más importante que hay que sostener y animar. A los Ex alumnos responsables de la Presidencia Local deben ir los mejores esfuerzos de la Comunidad y del Delegado. Fortalecer el núcleo es asegurar el desarrollo numérico y cualitativo de la Unión. Por ello, el Delegado los sigue personal y singularmente, entablando con ellos contactos continuos hasta convertirse en su consejero espiritual, en su amigo431. La identificación de los Ex alumnos con los valores del Sistema Preventivo constituye una tarea y una responsabilidad permanente de cada asociado, de cada Unión Local y de todo Delegado en el ámbito local, regional, nacional o mundial. La Unión Local a la que pertenece el Ex alumno juega un rol esencial, ya que es donde él se inserta con confianza, entre amigos. Es el lugar desde el cual el Ex alumno colabora con responsabilidad por la Asociación, por la Familia Salesiana y logra involucrarse en la misión salesiana. En la Unión Local se crea una red de auténticas relaciones personales, de conocimiento mutuo, se comparten logros, alegrías y fracasos. Además, se vive e incrementa el espíritu festivo, típico del Carisma Salesiano. La Unión Local puede convertirse en la entidad que contrarresta las relaciones impersonales implementadas por las redes sociales tales como: la Internet, facebook, twitter, chat, email, etc. En la Unión Local se ha de crear un ambiente familiar y educativo. Compete al Delegado favorecer la unión y la colaboración de los Ex alumnos con la comunidad salesiana, con la Iglesia Local y con la Familia Salesiana. 4.1.2.3. Delegado e identidad del Ex alumno Las comunidades y los Delegados no deben olvidar que la Asociación de Ex alumnos no es una realidad homogénea. Tal es la razón por la que hablamos de Movimiento, de Asociación y de Unión de Ex alumnos y de responsables en sus diversos ámbitos. Por consiguiente, tampoco será homogénea la vitalidad de la “educación recibida” ni en el momento de impartirla ni en sus manifestaciones posteriores. Todos serán Ex alumnos, pero no con la misma 431 A. Martinelli, Ex alumnos de don Bosco: Despertar, Consolidar y desarrollar la educación recibida, p. 37. 130 intensidad de opción432. Por otra parte el Estatuto433 afirma que “el Delegado en cualquiera de los ámbitos desempeña su cargo en nombre de su superior. Participa en la programación y coordinación de las actividades formativas del Movimiento. Está presente en los Órganos directivos y ejecutivos de los diversos ámbitos”. La identidad se construye con un Proyecto La encuesta que realizó Metroscopia en España, el año 2009, señala que: “el 54% de los españoles situados entre los 18 y los 34 años dice no tener proyecto alguno por el que sentirse especialmente interesado o ilusionado”434. Esta realidad hace cada vez más urgente y esencial que el Delegado en su trabajo de animación de la Asociación posea un proyecto o un itinerario y forme para la mentalidad proyectual. Además, el Delegado en su labor ha de estar convencido y ha de buscar que los Ex alumnos se convenzan de que para vivir realmente, es necesario que nuestra vida tenga un propósito, una dirección. Una persona sin metas y sin planes es como un barco sin rumbo. Hemos de tomar el volante de nuestra vida. El Proyecto Personal de Vida es una propuesta estupenda. El crecimiento de cualquier persona descansa en tres pilares básicos y fundamentales: la meta, el camino y la motivación. La meta es el objetivo que queremos lograr, el deseo que queremos hacer realidad, el horizonte hacia el que queremos caminar. El camino es el medio a través del que vamos a lograr nuestro objetivo; es el cómo vamos a llegar a la meta. La motivación es el motor para caminar y llegar a la meta. Un Ex alumno sin metas y sin planes es como un barco sin rumbo. Es bien cierto que no existen vientos favorables para aquel que no sabe a dónde quiere ir. Si no sabes a dónde vas, puedes terminar en cualquier sitio. Los Ex alumnos no se pueden permitir vivir sin proyecto, sin horizonte, sin brújula ni norte que guíe sus pasos, como entes inertes y acéfalos o como sacos que se llevan de aquí para allá, como cuerpos sin decisión ni mando propio, que se van al garete, arrastrados por la corriente 435. La santidad hay que programarla. Formación en general El Delegado es el responsable de “cuidar la formación permanente (Cultural, social, espiritual y religiosa) de los socios, recordando que don Bosco quería que los Ex alumnos fueran “buenos cristianos y honrados ciudadanos”. Estimular una sana y profunda preparación sociopolítica de los Ex alumnos –hoy urgente y necesaria- que no se limite solo a la teoría, sino que lleve a comprometerse en el cumplimiento del propio deber político y civil, así como a realizar iniciativas sociales, como por ejemplo, la creación de asociaciones de socorros mutuos, cooperativas436. Para propiciar el crecimiento de la identidad del Ex alumno, el Delegado, en común acuerdo con el equipo de formación Inspectorial, Nacional o Regional establecen itinerarios de formación abiertos y flexibles, que respondan a las edades e intereses de los asociados. Conviene que la formación tenga en cuenta las distintas aéreas de la persona: intelectual, espiritual, laboral, familiar, humana, etc. 432 A. Martinelli, Ex alumnos de don Bosco: Despertar, Consolidar y desarrollar la educación recibida, en Actas del Consejo General, LXXIV (1993) 344, pp. 337 y 338. 433 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 10 b, p. 26. 434 J. L. Barbería, Generación “ni-ni”: ni estudia ni trabaja, en: “El País”, España, 22 de junio de 2009. 435 J. Urcola, Acertar a vivir. Guía para vivir mejor, ESIC, Madrid 2001, pp. 87, 89, 97. 436 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973. Anexo, pp. 31-32. 131 Hay temas que escapan a los conocimientos del Delegado y del Equipo de formación. Sin embargo, ellos deberán hacerse ayudar por personas competentes en dichas temáticas. Formación espiritual El Delegado sabe que toda actividad formativa, pastoral o social ha de estar encaminada a lograr la santidad de la persona, por eso, cuida los Ejercicios Espirituales anuales de los Ex alumnos, sobre todo, de los Directivos. Sabe cultivar en los Ex alumnos la necesidad de celebrar la Eucaristía con la comunidad parroquial. Motiva, donde sea posible, la Eucaristía participada y animada por los Ex alumnos. Ofrece un seguimiento especial a los Ex alumnos jóvenes en su proceso de noviazgo y a los matrimonios, con especial atención a aquellos en dificultad. El Delegado cuando lo crea oportuno puede derivar o referir parejas con dificultad o que han decidido crecer en su relación a personas o grupos que trabajan con parejas y con la familia, como por ejemplo: Movimiento Católico para Novios, Movimiento Encuentro Matrimonial, terapeutas de familia, etc. El Delegado reza e invita a la comunidad salesiana a rezar por los Ex alumnos, por la Unión Local, por el éxito de las actividades programadas. Animación Una forma práctica de animación de los Ex alumnos la indica el XX Capitulo General: “haya en cada casa salesiana un “centro local” de Ex alumnos, con Delegado y sede propia” 437. Es fundamental que el Delegado tenga presente que la “Animación” se contrapone a imposición desde fuera; significa motivación, persuasión, sugerencia. El Delegado con su dinamismo, entusiasmo y optimismo está siempre motivando a todos los Ex alumnos, sobre todo, a los directivos en los distintos ámbitos de animación: Local, Regional, Nacional y Mundial. Mantiene contacto con los Ex alumnos, sobre todo, con aquellos que no están inscritos en la Unión o que se sienten desanimados, a través de las redes sociales como son: email, SMS, Skype, Facebook, Twitter, etc. El Delegado es capaz de ver siempre lo positivo de las cosas y de las personas. En su labor utiliza los elogios y el ánimo para mantener unida a la Presidencia, a los Ex alumnos438. Es decir, recurre al optimismo típico del Sistema Educativo de don Bosco en su labor. No ve el vaso medio vacío, sino medio lleno. El P. Jorge Serié439 decía que: “Con Delegados semejantes las Uniones alcanzarán la edad de oro de su desarrollo; sin ellos, el termómetro de la vitalidad marcará cero440”. “El Delegado debe hacer, hacer que hagan, dejar hacer y dar para que hagan”. “Una Unión Local será lo que quiera su Delegado”. “El Delegado es el amigo, el guía moral de todos los Ex alumnos y el garante del carisma salesiano”441. El Delegado con su labor, con su testimonio y con sus palabras siempre está dispuesto a sostener lo que le dijo John Adams a Thomas Jefferson, ambos ex presidentes de Estados Unidos: “Mientras respire, seré tu amigo”. 437 XX Capítulo General Especial Salesiano, Industrias Graficas, Madrid 1972, no. 757, p. 570. La guía Belbin para triunfar en el trabajo, Belbin Associates, Londres 2008, p. 55. 439 P. Jorge Serié, nació en Baigne-Charente, Francia, el 14 de septiembre de 1881; murió en Piossasco, Turín, el 10 de abril de 1965 a 83 años de edad, 66 de profesión religiosa y 59 de sacerdocio. Fue por 6 años Inspector y por 26 años Consejero del Capítulo Superior. Su familia emigró a Buenos Aires, Argentina, cuando tenía 9 años de edad. Se hizo salesiano, en 1926 fue nombrado Inspector de Buenos Aires. Gran organizador y propulsor de los Ex alumnos de don Bosco. Es un salesiano al cual los Ex alumnos deben mucho por su dedicación y entrega a la Asociación por más de 25 años (P. Renato Ziggiotti, Carta Mortuoria de don Giorgio Serié del 24 de abril de 1965). 440 Los Delegados de Ex alumnos Salesianos, Editorial Don Bosco, México 1969, p. 77. 441 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973. Anexo, p. 6. 438 132 Gobierno El Delegado es consciente de que la Asociación de Ex alumnos es una entidad en su mayoría laica, por ello, en su labor formativo-espiritual: no preside, ya que es un rol del Presidente; no desempeña ningún otro cargo dentro de la Unión, más bien anima y motiva a los Ex alumnos para que desempeñen sus respectivos cargos con competencia; no dispondrá de la tesorería ya que es un rol de los Ex alumnos laicos. En el aspecto económico la misión del Delegado es la de vigilar para que las cuentas se lleven bien y se den los informes económicos en las distintas instancias. En este sentido dice el XX Capítulo General Especial: “Reconozcan los Salesianos, de hecho, a la Asociación de Ex alumnos, las características propias de una Asociación laical, a cuyos dirigentes, como afirma el Estatuto de la Confederación Mundial del año 1970, competen las funciones de gobierno, la organización de las actividades y la responsabilidad de la vida de la Asociación en general”442. El Delegado en su cargo de animación formativa y espiritual, ya sea en el ámbito Local, Nacional, Provincial o Regional, es el responsable de que la labor educativa realizada por el centro de procedencia de los Ex alumnos, no se interrumpa y, además, llegue a feliz término: la santidad. La suerte de una Unión Local está confiada, salvo cuando interesa a la competencia del Delegado, a su Presidencia. Cuando esta ha sido cuidadosamente escogida, renovada metódicamente, respetando el Estatuto, de acuerdo con la propia Asociación, dinámica, entusiasta, el resultado está asegurado. El Delegado con el fin de ir definiendo cada vez mejor la labor del Presidente y de los miembros de la presidencia forma para el liderazgo positivo. Por ello, forma a los Ex alumnos en la conciencia de que un buen directivo debe ser sumamente inteligente y no debe ser demasiado listo. Debe tener carácter y debe ser sensible a los sentimientos de la gente. Debe ser dinámico y paciente. Debe ser un buen comunicador y debe saber escuchar. Debe ser decidido y reflexivo. Hay que elegir líderes eficaces. Un líder más popular pero menos eficaz crea un paraíso de tontos en el que se sacrifican los beneficios a largo plazo en aras de las ganancias a corto plazo. La esencia misma de un directivo es lograr alcanzar las metas establecidas por él mismo o por su organización443. Hace poco tiempo casi todas las instituciones eran dirigidas por un jefe o “patrón”, actualmente, la mayoría de las medianas y grandes empresas y casi todas las Instituciones, son dirigidas por pequeños equipos directivos. El traspaso de la autoridad desde el individuo a un equipo se debe en parte a la coyuntura actual. La concentración del poder tiende a corromper, de modo que es mejor compartirlo. El equipo directivo se ha convertido en la alternativa estable, un medio de dirigir una institución de forma eficaz, siempre y cuando se pueda encontrar la combinación adecuada de personas444. El Presidente coordina el equipo que dirige los pasos de la Asociación en el plano Local, Inspectorial, Nacional, Regional o Mundial. El Delegado y el Presidente en su labor de animación y gobierno han de evitar por todos los medios ejercer multiplicidad de roles o funciones. Cuando un líder ejerce múltiples cargos infantiliza a los miembros del grupo, de la Federación o de la Confederación y no favorece el nacimiento de nuevos líderes. Conviene saber delegar. Incluso no está mal que el Delegado invite a las actividades especiales de la Asociación a salesianos de la propia comunidad para 442 XX Capítulo General Especial Salesiano, no. 757, pp. 569-570. Meredith Belbin, Equipos Directivos: El porqué de su éxito o fracaso, Belbin, Londres 1981, p. 51. 444 R. Meredith Belbin, Equipos Directivos, op. cit., p. viii, ix. 443 133 que ofrezcan su colaboración, de modo que puedan conocer, valorar e implementar la Asociación de Ex alumnos de don Bosco. El Delegado y el Presidente cuando se dirigen a una asamblea de Ex alumnos han de tener bien claro el mensaje que quieren comunicar, a quiénes se dirigen y el objetivo que persiguen con su mensaje. Conviene evitar los discursos largos, genéricos y vacíos. Huyan a la improvisación como el diablo a la cruz. La falta de preparación y la improvisación en la labor formativa y en el servicio de la autoridad, cansa, desespera, desilusiona y mata los grupos. Relación Delegado – Ex alumno El XX Capítulo General Especial445 subraya que la buena relación con los Ex alumnos inicia por conocer el Estatuto de la Confederación Mundial y por supuesto, el Inspectorial o Nacional. El Delegado ha de cuidarse para no dejarse llevar por la tentación de desarrollar actividades que pertenecen a los laicos y que hoy más que nunca conviene dejar a ellos. Los Ex alumnos son laicos adultos y maduros: es necesario respetar su capacidad de autogobierno y dejar a ellos la satisfacción de organizar su propia Asociación. Son personas que habitualmente ejercitan el gobierno de su vida familiar, profesional, cívica, etc. Y no pueden renunciar a sus hábitos de iniciativa, convirtiéndose en sujetos pasivos de la Unión de Ex alumnos. Cuando la Unión se reduce a una serie de reuniones ociosas, sin un verdadero objetivo, o solo como expresión de sentimientos o vivencias convencionales y académicas, se están poniendo las premisas para una vida lánguida y el anuncio de su próximo fin446. El Delegado y la Presidencia tendrán que preguntarse si los problemas se deben a preferencias personales o reflejan deficiencias organizativas de mayor alcance. Tener que vérselas con una mala infraestructura exige un planteamiento distinto a tener que tratar con una persona difícil o con quienes no están trabajando de acuerdo a un nivel suficientemente alto. Señalar a alguien cuando es la organización quien tiene la culpa, solo sirve para obviar el problema y desviar la atención de la verdadera causa447. Relación con otros grupos de la Familia Salesiana El Estatuto del año 2011 cuando habla de la Familia salesiana dice: “La Asociación fomenta la comunión activa con los otros grupos de la Familia Salesiana participando en la creación y en el funcionamiento de estructuras que faciliten, en ella la acogida recíproca, el dialogo, la colaboración en el trabajo y la interacción de los diversos grupos”448. La Asociación de Ex alumnos de don Bosco ha de establecer una especial relación con las Ex alumnas de las Hijas de María Auxiliadora. Así lo señala el Estatuto: “La Asociación estudia y programa acuerdos y actividades con las Ex alumnas y Ex alumnos de las Hijas de María Auxiliadora, por la evidente afinidad de espíritu y de pedagogía que caracteriza a ambas Asociaciones, las cuales comparten un mismo y precioso patrimonio”449. 445 XX Capítulo General Especial Salesiano, no. 757, p. 570. Los Delegados de Ex alumnos Salesianos, Editorial Don Bosco, México 1969, pp. 113-114. 447 La guía Belbin para triunfar en el trabajo, Belbin Associates, Londres 2008, p. 61. 448 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 9, a, p. 23. 449 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 9, b, p. 23. 446 134 El Delegado se asegura que la Asociación esté representada en la Consulta de la Familia Salesiana en el ámbito Local, Nacional, Inspectorial, Regional y Mundial450. Motiva para que en la obra salesiana se cree cada año un grupo de Ex alumnos jóvenes. Visita las casas de formación de los Salesianos para asegurar el rejuvenecimiento de la Asociación de Ex alumnos y de los Delegados. “Empiécese, en las Casas de formación, a preparar a los hermanos, para que comprendan la importancia del movimiento de Ex alumnos y conozcan, con un estudio directo, su organización y su actividad”451. Además, el Delegado, junto a los Directivos de los Ex alumnos, está dispuesto a proponer la Asociación a los jóvenes que están a punto de salir de los centros Educativos, llámense: colegios, oratorios, centros juveniles, para que se inscriban en la Asociación. Conviene crear un buen plan o programa de recibimiento de los nuevos miembros Ex alumnos. Relación con instituciones eclesiásticas y civiles. Don Bosco, en los recuerdos dados a los religiosos salesianos el día 11 de noviembre de 1875 durante la función de despedida en la iglesia de María Auxiliadora antes de emprender viaje a la República Argentina, dijo a sus hijos: “Sed obsequiosos con todas las autoridades civiles, religiosas, municipales y gubernativas”452. El Delegado está llamado a cultivar en los Ex alumnos el respeto por las autoridades religiosas, civiles y militares, ya que es un aspecto fundamental del buen ciudadano. El XX Capitulo General Especial de los Salesianos invita también a los Delegados a cultivar en los Ex alumnos la solidaridad, la colaboración con las autoridades: “Realicen los Salesianos [Delegados] un trabajo de persuasión, a fin de que los dirigentes de la Asociación se abran a la solidaridad y a la colaboración con las demás instituciones eclesiásticas y civiles, locales inspectoriales, nacionales e internacionales, especialmente con las Asociaciones de Ex alumnos de las otras Congregaciones religiosas (OMAEEC), para influir, todas juntas, en los destinos del mundo contemporáneo”453. La Asociación también establece relaciones con ONGs de Europa y de todo el mundo que estén dispuestas a financiar programas de formación para jóvenes. 4.1.3. El Delegado y la misión del Ex alumno La misión del Ex alumno hay que situarla en la misión de los laicos en la Iglesia. Los laicos son la Iglesia. La misión de los laicos es la misión de la Iglesia. La misión del Ex alumno es la de ser un “buen cristiano y un honrado ciudadano” en la Iglesia y en la sociedad (mundo). La misión del Ex alumno laico tiene dos direcciones: frente al mundo y frente a la Iglesia. Cuando sirve a la sociedad está sirviendo a la Iglesia y viceversa. El Ex alumno laico representa a la Iglesia en el mundo; es “persona cristiana en el mundo”. Dice el Decreto Conciliar Apostolicam Actuositatem454 que “los laicos, siguiendo esta misión, ejercitan su apostolado tanto en el mundo como en la Iglesia, lo mismo en el orden espiritual que en el temporal: órdenes que, por más que sean distintos, se compenetran de tal forma en el único designio de Dios, que el mismo Dios tiende a reasumir, en Cristo, todo el mundo en la nueva creación, incoativamente en la tierra, plenamente en el último día. El laico, que es a un 450 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 32, d, p. 62. XX Capítulo General Especial Salesiano, no. 758, p. 570. 452 Recuerdos de San Juan Bosco a los primeros misioneros, en: Constituciones y Reglamentos generales, CCS, Madrid 1985, p. 257. 453 XX Capítulo General Especial Salesiano, no. 758, p. 570. 454 Decreto Conciliar Apostolicam Actuositatem, 5. 451 135 tiempo fiel y ciudadano, debe comportarse siempre en ambos órdenes con una conciencia cristiana”. El Rector Mayor, P. Pascual Chávez, hablando de los Ex alumnos cristianos y de otras confesiones religiosas, señala: “Como cristianos o creyentes pertenecientes a otras religiones los Ex alumnos están llamados a ser «sal de la tierra y luz del mundo, y levadura que fermenta la masa ». Estas son las imágenes usadas por Jesús para definir la naturaleza y misión de los discípulos. La identidad más profunda del Ex alumno no es diversa. Simplemente es necesario «ser» para tener significado y relevancia. De la presencia de auténticos creyentes depende la manifestación de Dios y de su amor en el mundo: “ser testimonios de Cristo hoy manifiesta muy bien el significado de esta misión, que ningún bautizado puede delegar o eludir”455. El Delegado en su labor de acompañamiento de los Ex alumnos: se esfuerza para que sean fieles a su identidad y misión; se entrega para que sean conscientes de que su identidad se fundamenta en: ser hijo de Dios, ser hijo de la Iglesia, ser hijo de don Bosco; forma para que tomen conciencia de que están llamados a testimoniar su identidad en la misión juvenil, siguiendo los criterios y los valores del Sistema Preventivo; forma para que tomen conciencia que la misión es una dimensión determinante de su identidad. El Estatuto sostiene que el Ex alumno expresa su identidad bautismal y salesiana en la labor que realiza: “El Ex alumno cristiano vive seriamente las promesas bautismales y las de la Confirmación distinguiéndose por el carisma de don Bosco”456. Por otra parte, el Decreto Apostolicam Actuositatem457 señala que: “los cristianos seglares obtienen el derecho y la obligación del apostolado por su unión con Cristo Cabeza. Ya que insertos en el bautismo en el Cuerpo Místico de Cristo, robustecidos por la Confirmación en la fortaleza del Espíritu Santo, son destinados al apostolado por el mismo Señor”. Su compromiso con la misión de la Iglesia y con la sociedad le viene de su condición de bautizado. 4.1.3.1. Misión del Ex alumno: El carisma de don Bosco es encarnado por el Ex alumno “con un estilo de vida comprometido apostólicamente” “…orientado a los jóvenes” “…con la alegría que se obtiene del ser discípulo de Cristo”458. El Ex alumno de otras religiones participa en los ideales de don Bosco, comparte los valores educativos culturales, espirituales y sociales de su Sistema… El Ex alumno de otras religiones “difunde estos bienes (Sistema Preventivo) en sus ambientes de vida y de trabajo, y los sustenta también con lo que su religión y su cultura le sugieren”459. Todos los Ex alumnos “…se ocuparán de responder” “…personalmente de las exigencias culturales y formativas que interesan a los jóvenes…”460. 455 P. Chávez, Buona notte alla IV Assemblea Mondiale Elettiva degli Exallievi di Don Bosco, verbale 30 settembre 2010. 456 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 2, b. 457 Decreto Conciliar Apostolicam Actuositatem, 3. 458 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 2, b. 459 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 2, c. 460 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 2011, art. 2, d. 136 Entre los jóvenes El Ex alumno está llamado a “participar como cristiano y como ciudadano en las actividades públicas llevando una renovada exigencia de justicia social, de solidaridad, de desarrollo y de paz”. En todas estas acciones los primeros beneficiados han de ser los jóvenes. “El Ex alumno tendrá que ser solidario con todos aquellos que, en el mundo, trabajan en la lucha por reducir la pobreza, creando con ellos redes de bien”. “El Ex alumno de Don Bosco ha de ofrecer una contribución específica: creer en la juventud, apostar por la educación, promover el Sistema Preventivo, convencido de que la elección de Don Bosco para afrontar los problemas sociales, es la educación, siendo no sólo la más justa, sino también la más eficaz” 461:. En la misión salesiana “Los Ex alumnos están, de por sí, particularmente preparados por la educación recibida, a asumir una responsabilidad de colaborar según la finalidad humana propia del proyecto del salesiano”462. Los Ex alumnos pueden participar de muchas formas en la misión salesiana: formando a las nuevas generaciones de Ex alumnos; involucrándose en el Proyecto Educativo Pastoral Inspectorial y Local; implementando la experiencia del voluntariado social en las nuevas fronteras de la Congregación; involucrándose en servicios sociales de salud, de alfabetización, de evangelización, de catequización, de las comunidades, etc. En la familia El Ex alumno está llamado a: Involucrase en la Pastoral Familiar de las Parroquias y de las Diócesis; “promover y participar en itinerarios de educción para el amor, sobre todo, a los adolescentes y a los jóvenes; promover proyectos educativos para ayudar a los jóvenes a un uso crítico y responsable de los diversos tipos de medios de comunicación; dar seguimiento a las jóvenes parejas de novios ofreciéndoles cursos de formación para novios”463; apoyar las instituciones que dan acompañamiento a las familias y a las parejas en dificultad. En el mundo Sabemos cuánto don Bosco amaba a sus alumnos, pero decía a los Ex alumnos «os amo todavía más, porque me hacéis ver que vuestro corazón es siempre para don Bosco… /… seréis luz que brilla en medio del mundo, y con vuestro ejemplo enseñaréis a otros cómo se debe hacer el bien y rechazar el mal. Estoy seguro que continuaréis siendo el consuelo de don Bosco»464. El Papa Pablo VI se dirigió a los Ex alumnos con estas palabras: “Amad vuestra Asociación, sed fieles, y, sobre todo, procurad con todas vuestras fuerzas irradiar su espíritu a los demás, con un testimonio cristiano, franco, abierto, generoso, que difunda serenidad y alegría, según P. Chávez, “El Ex alumno de don Bosco y su implicación hoy en la Sociedad y en la Iglesia”. Ponencia presentada en el Congreso Mundial de los Ex alumnos de don Bosco, del 26 al 29 de abril de 2012 en Turín. 462 Il progetto di vita dei Salesiani di Don Bosco, pag. 115 463 Capítulo General XXVI de los salesianos de don Bosco, Roma, 23 de Febrero – 12 de abril de 2008, no. 109, p. 110. 464 Memorias Biográficas XVII, 173-174 461 137 las enseñanzas de Don Bosco. El mundo que os rodea necesita urgentemente este testimonio. Os lo pide hoy la Iglesia por la voz autorizada del Concilio Vaticano II”465. Los Ex alumnos están llamados a “hacer entender y triunfar la prioridad del espíritu sobre la materia; la prioridad de las personas por encima de las cosas; la prioridad de la ética sobre la técnica; la prioridad del trabajo sobre el capital; la prioridad de una justa distribución de los bienes; la prioridad del perdón sobre la justicia; la prioridad del bien común sobre intereses personales”466. 4.1.4. El factor confianza en la labor formativa del Delegado Toda relación humana funciona gracias a la confianza, ya sea el matrimonio, una amistad o una interacción social. El Delegado en su labor de animación formativa y espiritual genera confianza en los Ex alumnos. La confianza implica fe. Cuando se confía en los Ex alumnos, se tiene fe en ellos, en su integridad y capacidades, y así se logran los objetivos de la Asociación. Don Bosco creía en los chavales y ellos sabían que podían confiar en don Bosco. En el momento en que existen sospechas sobre las motivaciones de una persona, todo lo que hace queda contaminado. A nivel global estamos viviendo una crisis de confianza. Ya estés en un equipo deportivo, en una oficina o seas miembro de una familia, si no hay confianza mutua, habrá problemas. Valores trascendentes como la confianza y la integridad se traducen literalmente en fortalecimiento de la identidad y de la misión. La elevada confianza es como la levadura en el pan, que eleva todo lo que la rodea. Un buen nivel de confianza mejora sustancialmente la comunicación, la colaboración, la ejecución, la innovación, la estrategia, el compromiso y el crecimiento de la Asociación. Un claro ejemplo es la inestabilidad de la bolsa de valores y de los títulos de Estado es fruto de la falta de confianza del mercado. La confianza depende básicamente de dos cosas: carácter y competencia. El carácter comprende la integridad, las motivaciones, las intenciones con las personas. La competencia comprende las capacidades, las habilidades los resultados y la trayectoria467. Solo un Delegado creíble podrá contribuir al crecimiento de la identidad y la misión del Ex alumno. La confianza es el pronóstico más significativo de la satisfacción de los Ex alumnos dentro de la Asociación. El Delegado se gana la confianza de los Ex alumnos por su amabilidad, cercanía, entrega y transparencia. Las organizaciones ya no se fundamentan en el poder, sino en la confianza. El Delegado sabe que si confía en los Ex alumnos favorece la honestidad de ellos con él; los trata con grandeza para que se muestren grande y con amabilidad para que sean amables. Se lee en la Carta de Roma del 1884: “La familiaridad engendra afecto, y el afecto, confianza” 468. El Delegado está llamado a obtener resultados de un modo que inspire confianza; a ganar honrada y espléndidamente; a aprender, a establecer, aumentar, restablecer y ampliar lo único que afecta enormemente cualquier otro aspecto de nuestra vida: la confianza. 4.1.5. El agradecimiento, primer fruto de la “educación recibida”. La descomposición social que reinaba en Turín en el 1800 incidió con fuerza en los sectores más débiles de la población, sobre todo, en la familia. La inestabilidad y desintegración de la 465 Pablo VI a los Ex alumnos, 23 de septiembre del 1970, citado por el XX Capítulo General Especial Salesiano, Industrias Graficas, Madrid 1972, no. 756, p. 568. 466 P. Chávez, “El Ex alumno de don Bosco y su implicación hoy en la Sociedad y en la Iglesia”. Ponencia presentada en el Congreso Mundial de los Ex alumnos de don Bosco, del 26 al 29 de abril de 2012 en Turín. 467 S. Covey, El factor Confianza. El valor que lo cambia todo, Paidós, Barcelona 2007, pp. 27, 60. 468 Carta de Roma, 10 de mayo de 1884, en: Constituciones y Reglamentos generales, CCS, Madrid 1985, pp. 246, 250. 138 familia a causa de la guerra y del hambre era visible. Don Bosco sentía la urgencia de responder a la realidad social que golpeaba a los niños, a los adolescentes y a los jóvenes. Creó espacios e instituciones para asegurarles “una casa que acoge, una parroquia que evangeliza, una escuela que encamina hacia la vida, y un patio donde encontrarse como amigos y pasarlo bien”469. Para los niños y adolescentes en el Oratorio de Valdocco, don Bosco fue su salvación; ingresaban y hacían del Oratorio su hogar porque se sentían amados, valorados y protegidos. La propuesta educativo-pastoral de don Bosco generó en los chavales del Oratorio grandes sentimientos de gratitud y de reconocimiento hacia él. El Sistema Preventivo de don Bosco, puesto al servicio de chavales de origen, cultura y condición social diversas, crea entre educadores y educandos unos vínculos de estima y de afecto tan fuerte que permanecen para toda la vida; logra unir personas en una armónica comunión de sentimientos de amistad y fraternidad que habilita para la búsqueda del bien común y de la misión salesiana. El salesiano que vive con pasión la misión y se entregue a ella dándose a los más necesitados, como lo hizo don Bosco, despierta en los niños, adolescentes y jóvenes los mismos sentimientos de gratitud que tuvieron los oratorianos de Valdocco en relación con él. Los sentimientos no se enseñan, porque son reacciones automáticas ante eventos o sucesos que nos afectan. Los valores tampoco se enseñan, se testimonian, se viven y cultivan en un ambiente propicio para ello. Los oratorianos de Valdocco experimentaron fuertes sentimientos de gratitud hacia don Bosco porque él se dio a ellos sin medida. El salesiano, el delegado se entrega sin medida y así cultiva en los destinatarios, en los Ex alumnos el sentimiento y el valor de gratitud. Dos ejemplos confirman cuanto se ha expuesto: Carlos Gastini y Felice Reviglio. Al primero, Gastini, lo conoció don Bosco en una barbería y le pidió que le afeitara. Don Bosco se ganó la simpatía del jovencito y lo invitó al Oratorio. Carlos aceptó, mantuvo la palabra y se presentó el domingo siguiente en el Oratorio. Don Bosco lo elogió y lo hizo jugar con los demás chavales. Fue tanta la emoción de Carlos que comenzó a llorar de alegría. Una noche del 1848 don Bosco regresaba a casa desde la ciudad, cuando vio sentados en la acera a dos chavales que lloraban. Se acerca: eran Carlos y la hermanita. Los dos, ya huérfanos de padre, no tenían madre y no tenían para pagar el alquiler de la casa donde vivían. Aquel mismo día Carlos se fue a vivir al Oratorio y la hermana fue a un Instituto en Casale Monferrato. Felice Reviglio era jefe de una banda de jovencitos, escuchó hablar de don Bosco, fue al Oratorio, pero no entró por la puerta sino que saltó la tapia como lo hacía un buen jefe de banda para dar a conocer su poder. La acogida de don Bosco fue tal que el jovencito se conmovió. Desde aquel momento asistía con asiduidad al Oratorio. A causa del descuido, de los conflictos y los maltratos recibidos en la familia se fue a vivir al Oratorio. Tanto Gastini como Reviglio recibieron la vestidura clerical el 2 de febrero de 1851. Reviglio se hizo sacerdote el 6 de junio de 1857. Se constituyó en el primer jovencito del Oratorio de Don Bosco que alcanzaba el sacerdocio. Carlos no continuó sus estudios para el sacerdocio por motivos de salud. Reviglio ejerció el ministerio sacerdotal en la Archidiócesis, fue párroco en la parroquia de San Agustín en Turín, casualmente remplazó al P. Vincenzo Ponsati, que había sido uno de los dos eclesiásticos que intentaron llevar a don Bosco al manicomio470. Ambos fueron dos grandes admiradores y defensores de don Bosco y de la Sociedad Salesiana. Cada año, en ocasión del onomástico de don Bosco el 24 de junio, se reunían para agradecerle sus desvelos por ellos. En 1872, “un periodicucho masón quiso denigrar el honor y la fama de 469 470 Constituciones y Reglamentos generales de los salesianos de don Bosco, CCS, Madrid 1985, art. 40, p. 47. Revista “Voci Fraterne”, Primer centenario de los Ex alumnos de don Bosco 1870-1970, (1970) 51, pp. 7-12. 139 don Bosco. Los Ex alumnos salieron en su defensa con una declaración que le presentaron con cuarenta y cuatro firmas y una ofrenda en prenda de su gratitud y aprecio” 471. Afirma G. Favini472 que cuarenta y cuatro firmas podrían ser indicio de un principio de asociación, de la cual, desafortunadamente, no se tienen otros particulares. Lo que sí podemos afirmar es que con el pasar del tiempo estos encuentros se formalizaron dando origen a lo que hoy es la Asociación de Ex alumnos de Don Bosco. Dice el Rector Mayor, P. Pascual Chávez 473: “… la Asociación de Ex alumnos no fue fundada por Don Bosco ni por Salesianos. Nació por un sentido de gratitud vivida y compartida. El agradecimiento es el primer fruto de una buena educación, porque es “cosa del corazón”. Una respuesta espontánea al corazón de Dios que entrega la vida de su Hijo para salvarnos; al corazón de Don Bosco, que prometió a sus muchachos que hasta el último respiro de su vida sería para ellos”. 4.2. Conclusión El cuidado de la identidad del Ex alumno y el ejercicio de la misión son dos realidades igualmente sagradas para los Ex alumnos. La identidad y la misión se reclaman mutuamente. Cuando se potencia sólo la identidad y se descuida la misión se puede caer fácilmente en el fundamentalismo. Cuando se acentúa la misión en deterioro de la identidad se cae en lo genérico. La consecuencia inmediata sería perderse en la masa. Los Ex alumnos no aportarían a la sociedad y a la Iglesia el elemento típico que le viene dado por la “educación recibida”. El Delegado en su labor de acompañamiento ha de favorecer que los Ex alumnos cristianos vivan con profundidad su condición de bautizados; que los Ex alumnos de otras confesiones religiosas o agnósticos vivan los valores típicos del Sistema Preventivo de don Bosco; que los agnósticos se dejen guiar por ley natural escuchando la voz de la propia conciencia y observando cuanto se espera de un buen ciudadano. Es esencial que la Asociación ofrezca su aportación al mundo, a la sociedad y a la Iglesia. Si no lo hiciera se condena a desaparecer. Las experiencias comunes de solidaridad y de servicio social darán cohesión a la Unión Local, a la Federación Inspectorial, Nacional o Regional. Si invitamos a un Ex alumno a formar parte de una Unión Local ha de ser para hacerle propuestas serias, en el orden de la formación personal (identidad) y de la labor apostólica (misión). En otras palabras, han de ser propuestas que le ayuden a ser un “buen cristiano y un honrado ciudadano”. Los Delegados y los demás miembros de la Presidencia Local, Inspectorial o Nacional han de crear nuevas propuestas para los Ex alumnos. Toda reunión de la Presidencia ha de ser un encuentro para generar y madurar propuestas, para evaluar proyectos para medir crecimiento humano, cristiano y salesiano de los asociados. En una reunión de Presidencia no tienen cabida las superficialidades, las pérdidas de tiempo, han de ser encuentros que tienen siempre como objetivo relanzar y rejuvenecer la Asociación de Ex alumnos de don Bosco en los distintos ámbitos. 471 J. B. Lemoyne, A. Amadei, Memorias Biográficas de san Juan Bosco, Vol. X, CCS, Madrid 1985, pp. 306308. 472 G. Favini, Compendio storico tratto dalle Memorie Biografiche: “don Bosco e gli Exallievi”, en: Guida organizzativa del movimento Exallievi di don Bosco, Istituto Salesiano, Colle Don Bosco (Asti) 1965, p. 232. 473 P. Chávez, “El Ex Alumno de don Bosco y su implicación hoy en la Sociedad y en la Iglesia”. Ponencia del Rector Mayor en la conclusión Centenario de la Confederación de Ex alumnos y Ex alumnas de don Bosco, Turín, 26-29 de abril de 2012. 140 El compromiso social, apostólico o de servicio del Ex alumno se realiza a dos niveles: personal y asociativo. Es esencial que toda Unión Local, Inspectorial, Nacional o Regional posea proyectos comunes. Tales proyectos han de responder a la misión salesiana, como por ejemplo, en el área educativa, evangelizadora y de la promoción humana. Las actividades requieren de recursos económicos y las cuotas no son suficientes para cubrir los gastos de la Asociación y la labor apostólica o pastoral; por ello, se tendrán que programar actividades para recaudar recursos económicos. Algunas Asociaciones han creado fundaciones, programan y realizan actividades con el fin de captar recursos para la formación y para la misión. Algunas federaciones nacionales tienen a su cargo la gestión de centros educativos para niños, adolescentes y jóvenes en dificultad; la gestión de centros de salud, de servicios legales para jóvenes y familias pobres. Otro tema a considerar es el de la emigración, ya que requiere la atención de los Ex alumnos. Se podrían crear centros de orientación para el emigrante; se podría acompañar al emigrante para que regularice su estado migratorio; se podrían ofrecer cursos de idiomas para estos. Los Delegados y los demás miembros de la Presidencia Local están llamados a motivar a los Ex alumnos para que vivan la caridad y la solidaridad cristiana. Sería algo inconcebible que un Ex alumno de una Asociación no estuviera involucrado en un apostolado o en un servicio. Si la formación es un factor importante en la vida de un Ex alumno, el apostolado no lo es menos. En el acompañamiento espiritual el Delegado no puede dejar de abordar con el Ex alumno su compromiso con la Iglesia y con la sociedad. El Delegado ha de motivar al Ex alumno para que en la distribución del tiempo en su proyecto de vida esté indicado el tiempo que dedicará al apostolado y a la Asociación. Entre los objetivos del Congreso Mundial que tuvo lugar en Turín, del 26 al 29 de abril de 2012, estaban: lanzar la Asociación al segundo centenario; rejuvenecer y relanzar la Confederación Mundial de Ex alumnos para crecer en calidad y cantidad. Para lograr estas metas no existe otro camino que potenciar la identidad y la misión de los asociados en las Uniones Locales. El nuevo Estatuto de la Confederación Mundial tiene su historia, será un documento bueno y útil en la medida que ayuda a los Ex alumnos a estar enfocados en la misión y en los objetivos de la Asociación. El nuevo Estatuto está pidiendo al Delegado y a la Presidencia, en su labor de animación y gobierno de la Unión Local, Inspectorial, Nacional o Regional, que estén dispuestos a ir un paso más allá en el servicio, dando siempre al Ex alumno más de lo que espera. Eso significa que tratarán a cada uno de los Ex alumnos como tratarían a su mejor amigo, a alguien por quien iría un paso más allá. Este fue el secreto de don Bosco, él siempre iba un paso más allá de las expectativas de los chavales, de la Iglesia y de la Sociedad. Gracias a que dio un paso más allá pudo llegar a las misiones, a lugares insospechados. Don Bosco estuvo siempre dispuesto a hacer más de lo que le correspondía, con el tiempo la Providencia le pagó con creces, con la santidad. En la labor de animación de la Asociación, el Delegado da más de lo que esperan de él. El Delegado está llamado a ofrecer un servicio excelente. Como don Bosco ha de ir un paso más 141 allá. Si un Ex alumno te solicita que le indiques cómo llegar a algún lugar, nunca se lo digas: acompáñale hasta allí. Trátale como se trata a los reyes. 142 Presentazione della nuova bozza di Statuto all’Assemblea Confederale Mondiale Carissimi Exallievi e Delegati di questa Assemblea, Nell’intervento che faccio a nome della “Commissione dello Statuto”, vorrei fare una breve presentazione della nuova bozza dello Statuto della Confederazione Mondiale degli Exallievi per facilitare il lavoro di studio ed approvazione dello stesso. 1. Percorso effettuato Nel mese di marzo 2015 la Giunta Esecutiva Confederale Mondiale ha nominato la Commissione dello Statuto (Francesco Muceo, Ángel Gudiña, Noel Camilleri, Bernardo Cannelli, Ana Gomes, José Pastor Ramírez). Ogni membro della Commissione ha lavorato da solo e poi ci siamo incontrati dal 19 al 21 giugno insieme ai Presidenti e Delegati dell’Europa: la Commissione ha lavorato la mattinata e il pomeriggio del 19 giugno mettendo in comune il lavoro fatto e il giorno 20 al mattino i Presidenti e i Delegati hanno studiato in gruppi per lingua lo Statuto, alla fine della mattinata ci siamo incontrati per mettere in comune quanto riflettuto nei gruppi. I Presidenti e i Delegati rappresentavano: Spagna, Slovacchia, Francia, Malta, Italia, Slovenia, Croazia. La Commissione si è incontrata il pomeriggio del 21 e ha integrato quanto suggerito dai Presidenti e dai Delegati dell’Europa. La Giunta Esecutiva Confederale Mondiale si è incontrata dal 4 al 5 luglio per proseguire con il lavoro di preparare la bozza dello Statuto che avete tra la documentazione. Come vedete è stato un lavoro accurato, serio e paziente. Il documento che avete in mano è stato diviso in due colonne: a sinistra il testo ad Experimentum del 2010 e alla destra il testo che viene proposto 2015. Le osservazioni sono state evidenziate con il colore rosso in modo che possiate identificare facilmente le correzioni, i suggerimenti o le proposte. In questo documento troverete quattro tipi di interventi, considerazioni o correzioni diversi: a) correzioni grammaticali e concettuali, b) spostamenti di nuovi comma, articoli o capitoli, c) proposte di nuovi comma, articoli o capitoli, d) comma, articoli o capitoli eliminati. 2. Correzioni grammaticali e concettuali Le osservazioni grammaticali e concettuali si possono concentrare come segue: don Bosco = Don Bosco, Exallievi ed Exallieve = Exallievi ed Exallieve, Società Salesiana o Congregazione Salesiana = Società di san Francesco di Sales, Vicario del Rettor Maggiore = Delegato Centrale per la Famiglia Salesiana, ecc. Si è vista la necessità di alleggerire l’uso di concetti che si prestano a confusione. Per esempio, si suggerisce che il concetto “Confederazione” soltanto venga adoperato dalla Confederazione 143 Mondiale degli Exallievi e non dalle singole ispettorie o paesi. Coloro i quali per legge del proprio paese dovessero adoperare il concetto “confederazione” per indicare l’insieme della Federazione, lo facciano liberamente. Nel comma “a” dell’articolo 16 si considera opportuno dire “Vicepresidente Confederale Mondiale Adulto” al posto di “Vicepresidente Confederale Mondiale Vicario. In inglese si adopererà il concetto: “Senior Vice - president” e per gli Exallievi Giovani si adopererà il concetto “GEX Vice - president”. Per le regioni ci saranno sempre due consiglieri: uno adulto e uno GEX. Per l’elezione del Tesoriere e Segretario Confederale Mondiale si è lasciata la scelta aperta in modo che possano esser eletto dall’Assemblea o cooptato dalla Presidenza Confederale Mondiale. In quest’ultima fattispecie (cooptati) non hanno diritto a voto. 3. Spostamenti di comma o articoli I comma “a” e “b” dell’articolo 13, sono stati spostati al Cap. I, “Identità e Missione degli Exallievi di Don Bosco” perché si è considerato il luogo più giusto per questi comma, si è visto che hanno a che vedere con l’identità. Si è ritenuto che erano fuori posto nel Capitolo IV, “Origine e sviluppo”. Il Comma “e” dell’articolo 1, capitolo I: “Identità e Missione degli Exallievi di don Bosco”, diventa comma “a” nello stesso articolo 1. Il comma “d” dell’articolo 13, capitolo IV: “Origini e sviluppo”, è stato spostato al comma “e” dell’articolo 4 e diventa comma “e”. Il comma “b”, dell’articolo 1, rimane nel capitolo I e diventa comma “d”. Inoltre si propone un cambiamento nell’ordine: cominciare con quelli Exallievi che hanno il più alto grado d’appartenenza (un progetto di vita) e finire con i gruppi che hanno un senso d’appartenenza meno forte (una grazia). Si considera opportuno spostare il comma “K” dell’articolo 23: “il Segretario Generale Mondiale”, perché è una funzione propria del Tesoriere Confederale Mondiale e non del Segretario. 4. Proposte di nuovi comma, articoli o capitoli Alla fine della prefazione è stato aggiunto un paragrafo che fa riferimento al Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime: per gli Exallievi è importante raccogliere il pensiero e il contributo espresso, almeno dagli ultimi quattro Rettori Maggiori. Si è considerato opportuno aggiungere un capitolo nuovo (capitolo II) sul tema dell’”appartenenza, impegno e formazione nell’Associazione”. Questo capitolo è composto da 2 articoli: il primo articolo ha 4 commi. Il secondo articolo ha 2 commi. Negli ultimi 6 anni si è constatato una grande debolezza nella formazione e nel senso d’appartenenza degli Exallievi all’Associazione. Dunque, occorre rafforzarlo. Inoltre la formazione viene considerata come qualcosa di basilare e urgente per rafforzare l’appartenenza. Nel testo dello Statuto ad experimentum non esisteva nessun articolo sull’appartenenza e la formazione. 144 Si proporne una “Preghiera - promessa”. Il fatto che gli Exallievi abbiano una preghiera comune in tutto il mondo ci può aiutare a vivere l’unità, la comunione pensando a temi, impegni e traguardi comuni. La preghiera-promessa può essere fatta da ogni Exallievo personalmente e in famiglia; si consiglia anche che venga effettuata all’inizio e alla fine di ogni incontro a livello locale, ispettoriale, regionale e mondiale. Può essere adattata secondo le diverse situazioni, sempre che venga rispettato il contenuto. Ogni Federazione ispettoriale o nazionale la può stampare per farla pervenire a tutti gli Exallievi. Qualora gli Exallievi appartenenti ad altre religioni decidessero di adoperare la Preghiera promessa dell’Exallievo, può essere adattata dalla Federazione in comune accordo con il Delegato Mondiale degli Exallievi e il Delegato Centrale per la Famiglia Salesiana. Si considera opportuno aggiungere al comma “a”, all’articolo 9, capitolo II, un appello agli Exallievi affinché partecipino alla Consulta Mondiale e alle Giornate della Famiglia Salesiana. Si consiglia che il comma “c” dell’articolo 9, capitolo II venga trasformato in un articolo perché è un argomento fondamentale. Si esorta ad aggiungere un comma “c” nell’articolo 9 che faccia riferimento all’importanza che gli Exallievi siano sempre presenti nella Consulta Mondiale della Famiglia Salesiana. Si consiglia di aggiungere un comma “c” nell’articolo 10, antico capitolo III e nuovo capitolo IV, si chiede che il Delegato Mondiale e la Presidenza Mondiale siano responsabili dell’animazione delle realtà degli Exallievi non ancora consolidate. Si propone che il comma “f” del capitolo IV che è stato cancellato sia spostato al capitolo II, al comma “e” dell’articolo 4. Si è modificato il comma “b”: “Federazione Ispettoriale” dell’articolo 14, capitolo V: “Organizzazione e composizione della Confederazione Mondiale” per indicare che “in caso di riorganizzazione dell’’Ispettoria Salesiana saranno i membri di detta Federazione a decidere se mantenere o meno la struttura esistente o adattarla alla nuova realtà della Società Salesiana”. Nel capitolo VI si suggerisce di creare 4 nuovi articoli: Il primo si riferisce al “Coordinatore dell’Asssemblea Confeerale Mondiale” con 5 comma; il secondo riguarda i “Moderatori dell’Assemblea Confederale Mondiale; il terzo è inerente alla “Presidenza dell’Assemblea Confederale Mondiale e il quarto ed ultimo si riferisce alle “Funzioni della Presidenza dell’Assemblea Confederale Mondiale”, con uguale numero di comma. Queste sono figure che hanno ruoli importanti nell’Assemblea Confederale Mondiale e devono essere tenuti in debita considerazione. Inoltre, a volte il Presidente Confederale Mondiale è costretto ad assumere questi ruoli e non conviene: per non sovraccaricarlo di lavori, anche perché a volte lui stesso si propone come candidato alla Presidenza e per parcondicio non conviene. Siamo sicuri che questo gioverà alla buona riuscita dell’Assemblea Confederale Mondiale. Nell’articolo 18, comma “b” si sono aggiunte due funzioni nuove alla Presidenza Confederale Mondiale che riguardano l’elaborazione del Piano Strategico e del Piano Operativo Annuale. 145 Si è aggiunta un’altra funzione alla Presidenza Confederale Mondiale (art. 18 c) che fa riferimento alla nomina del Coordinatore dell’Assemblea Confederale Mondiale. Nel comma “f” dell’articolo 18 si è aggiunto un altro compito alla Giunta Esecutiva Confederale Mondiale. Ad essa compete l’elaborazione della bozza del Piano Operativo Annuale da consegnare alla Presidenza Confederale Mondiale. Si suggerisce un nuovo comma “f” all’articolo 21 “I Consiglieri regionali”: in caso che non possano svolgere il loro lavoro come indicato dallo Statuto, si prevede la possibilità che la Presidenza Confederale Mondiale proceda alla dimissione o di decadenza dalla carica; la stessa Presidenza quindi coopterà una persona che svolga il lavoro di animazione della Regione. Si raccomanda di aggiungere un paragrafo al comma “q” dell’articolo 23: “Il Segretario Generale Mondiale”, capitolo VII, perché può capitare qualche volta che il Segretario sia candidato alla Presidenza. Qualora il Segretario decidesse di essere candidato la Presidenza dovrà nominare un’altra persona nella Commissione Elettorale. Si raccomanda che dopo l’articolo 24, capitolo VII: “Doveri e compiti dei membri della Presidenza Confederale Mondiale” venga creato un articolo che concepisca la carica di Segretario Esecutivo. È basilare che la Confederazione Mondiale venga aggiornata alle nuove esigenze manageriali di qualsiasi organizzazione senza scopo di lucro. Si considera opportuno di aggiungere un nuovo articolo che ha ad oggetto la creazione di un “Auditor interno” (revisore dei conti) dopo l’articolo 24, nel capitolo VII. Questa proposta gioverà ad avere conti giusti e trasparenza nella gestione economica della Confederazione Mondiale. Si consiglia che nel comma “a” dell’articolo 26: “Votazioni nell’Assemblea Generale Mondiale”, capitolo VIII: “Decisioni”, si presentino tre opzioni in modo che l’Assemblea Mondiale scelga la proposta migliore. Nell’Opzione 1 si propone di continuare con la modalità attuale, solo si cambierebbe Ispettoria per Federazione Ispettoriale. Nell’opzione 2 si contempera la rappresentatività, la fraternità limitando il numero massimo dei voti con il fine di lasciare più spazio alle Federazioni con un solo voto. Nell’opzione 3 si propone un criterio esclusivamente di fraternità. Secondo la Commissione dello Statuto la proposta più giusta è la numero 2. Si consiglia un nuovo comma “e” nell’articolo 28: “Candidature”, capitolo IX: “Elezioni della Presidenza Confederale Mondiale” per indicare il minimo e il massimo dell’età del Giovani exallievo (Gex). Si vede opportuno che il comma “a” dell’articolo 29, capitolo IV “Elezioni della Presidenza Confederale Mondiale” venga modificato. Si propone che il titolo del comma sia “Elezione del Presidente Confederale Mondiale, del Segretario Generale Mondiale e Tesoriere Confederale Mondiale”. Inoltre si propone che il Segretario e il Tesoriere venga eletto dall’Assemblea. La terna è determinata dall’esito della votazione dell’Assemblea e non della Presidenza neo eletta. Vista la rilevanza delle funzioni del Segretario e del Tesoriere, si ritiene necessario di avviare una procedura per l’elezione degli stessi da parte dell’Assemblea Confederale Mondiale. 146 Si lascia aperta la possibilità che la Presidenza Confederale possa cooptare il Segretario e il Tesoriere se così lo considera opportuno l’Assemblea Confederale Mondiale. Si suggerisce di cambiare il titolo dell’articolo 33, capitolo XII: “Finanziamento”, come segue: “Modalità di finanziamento della Confederazione Mondiale”. Il nuovo titolo esprime meglio il contenuto dell’articolo. Si raccomanda di aggiungere un nuovo paragrafo al comma “b”, dell’articolo 35, capitolo XIII: “Norme e sanzioni disciplinari”. Il paragrafo ha a che vedere con situazioni disciplinari nei confronti di un membro della Giunta Esecutiva o della Presidenza Confederale Mondiale. 5. Comma, articoli o capitoli eliminati Nell’articolo 3, comma “c” del capitolo II, si suggerisce di togliere la spiegazione ad ogni area: “competenza professionale”, “coscienza morale” e “impegno sociale”. Nel comma “c” 4 dello stesso capitolo II si suggerisce di togliere la parte del comma che fa riferimento alla vita spirituale. Si suggerisce di cancellare il comma “a” dell’articolo 4, capitolo II perché già viene indicato nella missione; si suggerisce anche di cancellare il comma “c” dello stesso articolo 4. Si consiglia di cancellare il comma “c” dell’articolo 8, è una ripetizione del comma “b” dello stesso articolo. Si considera opportuno eliminare il comma “b” dell’articolo 11, capitolo III antico e nuovo capitolo IV, risponde a una spiegazione e non ad un articolo propriamente detto. Il capito IV, “Origine e sviluppo” viene cancellato perché è stato spostato al capitolo I sull’identità. Nel paragrafo finale dell’articolo 15 si è cancellata la prima parte del testo per favorire la creazione di Federazioni di Exallievi. Si suggerisce che il comma “e” dell’articolo16, capitolo V “organizzazione e composizione della Confederazione Mondiale”, venga eliminato perché è un argomento che non fa riferimento a nessun organismo della Confederazione Mondiale. Si consiglia di eliminare il comma “d” dell’articolo 23 “il Segretario Generale Mondiale”, capitolo VII. Si è considerato che il comma “d” è un’abilità e non una funzione. Si consiglia che il comma “r” dell’articolo 23: “Il Segretario Generale Mondiale”, venga eliminato perché è contenuto al comma “a” dello stesso articolo 23. Vi ringrazio per la vostra attenzione e auguro a tutti un buon lavoro di rinnovamento dello Statuto della Confederazione Mondiale degli Exallievi di Don Bosco; auguro a tutti una serena e feconda elezione dei futuri componenti della Presidenza della Confederazione Mondiale e un proficuo pellegrinaggio a Torino la terra dove tutto è nato è da dove tutto è partito: la terra santa della Famiglia Salesiana. 147 148 Il novo Statuto della Confederazione Mondiale. “Nuovo sapore e nuova luce” “Voi siete il sale della terra … e la luce del mondo”474 Introduzione Rispondendo a un desiderio della “V Assemblea Elettiva Statutaria Mondiale”, della Presidenza Confederale e della Giunta Esecutiva Mondiale di far conoscere lo Statuto degli Exallievi, ai Delegati salesiani, alle Federazioni e a tutta la Famiglia Salesiana, si presenta un breve commento allo Statuto in diverse puntate. Con tale iniziativa si cerca unicamente di contribuire, ad approfondire ed a motivare gli associati a studiare, applicare e osservare lo Statuto. Lo Statuto (dal latino statutum, participio passato neutro di statuĕre, 'stabilire') è l’atto normativo fondamentale che disciplina l'organizzazione e il funzionamento di un ente pubblico o privato475. Lo Statuto è per l’Associazione Mondiale degli Exallievi di Don Bosco la “magna charta”. È il documento che regola e unisce gli Exallievi di Don Bosco di tutto il mondo attorno a criteri e principi comuni. Ogni Federazione ha il compito irrinunciabile di tradurre nella propria realtà lo Statuto della Confederazione Mondiale redigendo il proprio statuto o regolamento. Quest’ultimo deve essere approvato dalla Giunta Esecutiva Mondiale con una lettera apposita, prima di essere promulgato dalla Federazione. Il presente Statuto Confederale costituisce la ottava versione in cento anni. In questo primo commento si analizzerà il testo biblico che costituisce la chiave di lettura dello Statuto, innanzitutto del primo capitolo e del primo articolo dello Statuto: “Voi siete il sale della terra … e la luce del mondo”. Si cercherà di far vedere cosa implica e a cosa impegna gli Exallievi la sopraccitata affermazione evangelica. Il Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, nell’introduzione allo Statuto commenta: “avete introdotto un testo biblico che viene a costituire come la chiave di lettura di tutto il testo dello Statuto: ogni Exallievo è chiamato ad essere ‘sale della terra e luce del mondo’”. Il Rettor Maggiore ha intuito molto bene il pensiero della “V Assemblea Elettiva Statutaria” quando ha deciso di adoperare tale testo. Il documento è suddiviso in sei parti. Si presenta un breve cenno dell’origine della scelta del testo biblico; per approfondirlo si parte dalla proprietà e dal significato simbolico del sale e della luce nella vita ordinaria; si fa una spiegazione e applicazione del testo alla realtà concreta degli Exallievi; si ha la convinzione che essere sale e luce è un compito che può coinvolgere non soltanto credenti ma anche non credenti e persone di buona volontà; si sottolinea che l’Exallievo è sale e luce dell’amore, della vita, della verità, della libertà, della solidarietà; e si presentano alcuni elementi pratici a modo di conclusione e finalmente la preghiera della luce. 474 475 Mt 5, 13-14. L. Pegoraro, A. Rinella, Le fonti nel diritto comparato. Giappichelli, Torino, 2000. 149 1. Origine della scelta Tutto è cominciato ad aprile del 2012 con la celebrazione del Centenario del primo Statuto della Confederazione Mondiale a Torino. Il IX successore di don Bosco, don Pascual Chávez, consegnò la luce alle Federazioni e alle Confederazioni degli Exallievi ed Exallieve presenti. Con questo gesto il Successore di Don Bosco ci indicò che siamo chiamati a portare Cristo, a portare don Bosco e il suo Sistema Educativo nelle nostre realtà associative, soprattutto nelle unioni locali, per accendere l’entusiasmo, il senso di appartenenza all’Associazione, alla Famiglia Salesiana e alla Chiesa. Don Chávez nel messaggio indirizzato agli Exallievi, continua a sottolineare: Gesù non solo ci esorta a vivere nella luce, ma addirittura ci chiede di essere luce. È proprio quello che diceva don Bosco ai suoi Exallievi: Voi sarete luce che risplende in mezzo al mondo, e col vostro esempio insegnerete agli altri come si debba fare il bene e detestare e fuggire il male476. La “V Assemblea Elettiva Statutaria” ha deciso, por iniziativa di un Delegato salesiano, di riprendere il testo biblico e introdurlo nello Statuto come chiave interpretativa della missione e visione degli Exallievi nel mondo. Quasi tutte le volte che Gesù vuole comunicare un messaggio importante, ricorre a una parabola o a un paragone, estratto dalla vita di ogni giorno. Una parabola è una provocazione. Gesù provoca gli uditori a usare la propria esperienza personale per capire il messaggio che lui vuole comunicare. 2. Il sale e la luce: proprietà e significato simbolico nella vita ordinaria Le due immagini del sale e della luce utilizzate da Gesù sono complementari e ricche di senso. Nell’antichità, infatti, sale e luce erano ritenuti elementi essenziali della vita umana. Si presentano di seguito le proprietà e il significato del sale e della luce per comprendere meglio le due immagini del vangelo. a) Il sale Proprietà del sale “Voi siete il sale”. Nessuno si accorge del sale, ma se manca tutti se ne accorgono. Non si è mai sentito dire: “che buon sale! ma: “che buona pietanza! Provate però a servirla senza sale … che cosa fa il sale? Dà sapore, conserva i cibi, brucia quello che non è sano (ferite, croste). Togliamo il sale della terra, e non c’è più vita. Togliamo il sale dal mare … “Voi siete il sale della terra”. “Voi siete la luce del mondo”. Significato simbolico del sale Il sale dell'alleanza e della solidarietà. Nell'Antico Oriente esisteva un patto del sale, sinonimo di alleanza inviolabile477. Gli Arabi usano l'espressione: "C'è del sale tra noi" per indicare una profonda solidarietà. 476 477 Memorie Biografiche (MB) XVII, 174. Cfr. Num 18,19. 150 Il sale dell'amore. "Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri"478. Ancor oggi tra gli Arabi sono in vigore queste espressioni: "Vi amo, come amo il sale". Il sale della vita. In oriente si friziona con il sale il bambino appena nato per dargli vigore e vitalità479 e anche per tenere lontani dalla sua esistenza gli spiriti del male. Il sale della sapienza. Anche noi per indicare una persona senza intelligenza diciamo che è "scipita". Mettere il sale dell'intelligenza, della riflessione nelle proprie parole significa diventare persone capaci di consigliare, di sostenere, di confortare e guidare altri480. Il sale della morte. L'acqua salata non disseta, il sale versato sulla ferita, brucia, la distesa di sale del Mar Morto non permette la vita. In Oriente e tra i greci e i Romani quando si voleva considerare morta per sempre una città conquistata e rasa al suolo, si versava sale sulle sue rovine. Il sale della purificazione. Le vittime sacrificali erano cosparse di sale perché fossero rese pure. b) La luce Proprietà della luce La luce illumina, riscalda, fa crescere tutto quanto esiste. Significato simbolico della luce È il primo elemento che Dio desidera creare: "Sia la luce". Dio stesso è luce: "Egli è la luce e in lui non vi sono tenebre"481. La Parola di Dio è luce: "La sua parola è lampada ai nostri passi"482. Gesù stesso si proclama luce vera del mondo venuta per illuminare ogni uomo483. Luce fonte di vita: il mondo immerso in una perenne oscurità morirebbe, così come muore una pianta. 3. “Voi siete” sale e luce Con i due detti che Gesù rivolge ai suoi discepoli vuole chiarire loro il ruolo e la missione che essi hanno nei confronti del mondo. E proprio quello che vuole ribadire Don Bosco oggi agli Exallievi: la missione consiste nell’essere sale e nell’essere luce nel mondo. Voi siete il sale della terra; voi siete la luce del mondo. Così disse Gesù ai suoi discepoli e così ripete anche agli Exallievi, suoi discepoli di oggi. In che senso i discepoli di Gesù sono sale e luce? Devono brillare per intelligenza, cultura, ricchezza, popolarità? No, Gesù parla di un'altra luce. L’Exallievo diventa “sale della terra e luce del mondo” nella misura in cui mette in pratica: "Spezza il suo pane con l'affamato, introduce in casa i miseri, senza tetto, veste chi è nudo... Allora la tua luce sorgerà come l'aurora". 478 Mc 9,50. Cfr. Ez 16,4. 480 Cfr. Col 4,6. 481 1Gv 1,5. 482 Sal 109,105. 483 Gv 1,5; 8,12. 479 151 È interessante che nel testo non viene detto: voi dovete essere, sforzatevi di diventare, ma voi siete già luce. La luce non è un dovere ma il frutto naturale. Cioè siamo sale e luce. Quello che si dovrà fare e lasciare che tale realtà si esprima in tutte le manifestazioni della propria vita. Non si può dimenticare che amore e luce vanno insieme. Non si ha luce se non si è nell'amore: "Chi ama suo fratello, dimora nella luce", ci dice San Giovanni484 e se siamo nella luce questa illumina maggiormente le necessità dei fratelli all’interno dell’Associazione e fuori di Essa. Dall’altra parte l’espressione “voi siete” è un invito forte e pressante a manifestare la propria identità attraverso opere luminose, “così risplenda la vostra luce davanti agli uomini”, e vitale, “voi siete il sale della terra”. Questa affermazione eleva il ruolo degli Exallievi chiamati per “l’educazione ricevuta” a diventare presenza essenziale all’interno della storia umana. A tutt’oggi il termine sale rimanda al valore della retribuzione, il salario appunto, riletta come segno di giustizia e come promozione della dignità. Gli Exallievi sono chiamati a diventare architetti e promotori della giustizia e della dignità umana. C’è però, una condizione indispensabile del sale senza la quale risulta inutile o controproducente: deve scomparire. Se non si amalgama con il cibo, se non si scioglie, viene meno la sua funzione. Fuori metafora risulta invito chiaro per gli Exallievi a contribuire alla manifestazione e alla incarnazione di Cristo nella storia perché lui appaia come salvezza e liberazione. Più il sole sorge, più la nostra luce lascia spazio a Lui, capace di illuminare quanti giacciono nelle tenebre. Più il gusto della fede dà sapore agli eventi della storia, più la nostra presenza nel mondo risulta significativa. Per raggiungere tale traguardo è basilare abbattere l’autoreferenzialità. È sostanziale spogliarsi delle ricchezze mondane e arricchirsi di condivisione, di solidarietà, di comunione e di donazione, di gesti significativi e di presenza feconde. Il sale non esiste per sé, ma per dare sapore al cibo. La luce non esiste per sé, ma per illuminare il cammino. Noi, la nostra Unione locale, la nostra Federazione, non esistiamo per noi stessi, ma per gli altri e per Dio. Gesù fa sapere quale è l’identità, la missione e la ragione d'essere dell’Associazione degli Exallievi di Don Bosco: essere sale! Un allievo che decide liberamente di appartenere all’Associazione occorre che sia consapevole che è chiamato a essere “sale della terra e luce per il mondo”. A lottare contro qualsiasi tipo di paura e mostrare il bene che fa. Per cancellare qualunque sintomo di paura paralizzante emette pubblicamente davanti ai suoi amici e familiari la Preghiera-Promessa dell’Exallievo485. Dunque, essere Exallievo non significa entrare in un club per usufruire di certi diritti, onori o benefici. Non deve essere mai un hobby, un’inclinazione occasionale, il passatempo del giorno dell’incontro dell’Unione locale. È qualcosa di connaturale, qualcosa di tanto logico come la luce che illumina ed il sale che condisce. Come è proprio della luce illuminare, come è naturale che il sale conservi e condisca, Gesù, Don Bosco, l’Associazione, la Famiglia Salesiana, la Chiesa e la Società esigono dall’Exallievo l’impegno perché è stato segnato dall’“educazione ricevuta”. Certamente tale proposta ognuno può accettarla o rifiutarla liberamente. Ma “guai a me, se non evangelizzo”486. È un dovere affidato: sarei sleale e infedele rispetto all’incarico ricevuto, contravverrei a un comando chiaro ed espresso. 484 1Gv 2,10. Statuto della Confederazione Mondiale degli Exallievi ed Exallieve di Don Bosco 2015, art. 5, b. 486 1Cor 9,16. 485 152 L’Exallievo deve al mondo il suo essere luce e sale. Nella vita dell’Exallievo non c’è spazio per i lamenti, per i rammarichi, per desiderare o sognare tempi passati perché è luce e sale. Exallievi, nulla vi accontenti che stia al di sotto dei più alti ideali! Non lasciatevi scoraggiare da coloro che, delusi dalla vita, sono diventati sordi ai desideri più profondi e più autentici del loro cuore. Se conservate grandi desideri, saprete evitare la mediocrità e il conformismo, così diffusi nella nostra società. Perché siete sale e luce. Il Vangelo sia il grande criterio che guidi le scelte e gli orientamenti della vostra vita! Approfondite lo studio della Parola di Dio e lasciate che essa illumini la vostra mente ed il vostro cuore. Traete forza dalla grazia sacramentale della Riconciliazione e dell'Eucarestia487. 4. Essere sale e luce un compito per credenti, non credenti e agnostici Essere sale e luce è un compito non soltanto per i credenti ma anche per i non credenti, gli agnostici e per gli uomini e donne di buona volontà. Quando ogni persona è fedele ai richiami più genuini della propria coscienza, della legge naturale non può esser che sale e luce. Stiamo parlando di valori. Essi costituiscono un ambito che favorisce un dialogo rispettoso e la comunione rispettando le proprie scelte. A questo si riferisce lo Statuto della Confederazione nell’articolo 3, c: “L’Exallievo di altre religioni partecipa agli ideali di Don Bosco, condivide i valori educativi culturali, spirituali e sociali del suo Sistema Educativo e li riconosce come patrimonio comune della famiglia umana. Si fa dispensatore di questi valori nei suoi ambienti di vita e di lavoro, e li sostiene anche con quanto suggerisce la sua religione e cultura”. C'è più che mai bisogno di luce, in un mondo dove sembra che l'uomo stia perdendo sempre più, non solo il lume della fede, ma addirittura quello della ragione; e se c'è una cosa che spaventa sono proprio le tenebre! Essere luce ed essere sale significa essere elementi essenziali per la vita, significa dare significato e speranza, aiutare le persone a rispondere alle grandi domande che tutti ci poniamo: che senso ha la vita? Dove va il mondo? La luminosità del credente e degli uomini e donne di buona volontà si manifesta concretamente in opere di giustizia e di solidarietà; si esplicita nelle scelte fatte a favore della vita, della libertà e della verità; della cura della casa comune, del cosmo. 5. Impegno di essere sale e luce Exallievi siate il sale della terra, siate il sale dell’amore, siate il sale della vita, siate il sale della verità, siate il sale della libertà, siate il sale della solidarietà. Dunque siate: a) Il sale e la luce dell’amore Secondo il Vangelo amare vuol dire osservare i comandamenti. Gesù insiste a dire, “se mi amate osservate i miei comandamenti”. Nell’Antico Testamento l’amore è osservanza della legge. I santi hanno capito bene quanto richiesto dalla Parola di Dio. Sant’Agostino diceva, “ama e fa 487 Messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della XVII giornata mondiale della gioventù, Toronto, 18-28 luglio 2012. 153 ciò che vuoi”488. Dunque una persona che ama non può fare niente di opposto all’amore. Erich Fromm sostiene che “se amate senza suscitare amore, vale a dire, se il vostro amore non produce amore, se attraverso l'espressione di vita di persona amante voi non diventate una persona amata, allora il vostro amore è impotente, è sfortunato”. Per la Famiglia Salesiana, per gli Exallievi l’amore diviene amorevolezza cioè “amore dimostrato”, amore affettivo ed effettivo, attestato dai fatti, percepibile e “percepito”. L’amore è perciò la forma più alta e più nobile di rapporto degli esseri umani tra loro. L’amore dovrà dunque animare ogni settore della vita umana, estendendosi all’ordine nazionale e internazionale. Quando un membro della Famiglia salesiana, un Exallievo vive questo “amore dimostrato” è sale e luce. È proprio questo il modo che Don Bosco ci ha insegnato di “pascere le pecorelle”. b) Il sale e la luce della vita Ogni persona desidera vivere la vita nella sua pienezza. La vita non è mera sussistenza, o qualità di vita puramente materiale; la vita è senso, la vita è sicurezza, la vita è speranza, la vita è anticipo e possesso di quel destino divino ed eterno che solo dà garanzia di scavalcare la morte e raggiungere la pienezza e felicità totale. Per questo san Paolo diceva: Cristo, vita nostra! La fede non è altro dalla vita; la fede è l'unico modo serio e pieno di concepire e realizzare la vita. Ancora una volta va affermato con forza che l'unico umanesimo possibile e ragionevole è quello cristiano. O cristiano, o meno che uomo. Se citassimo tutti i trentasei passi in cui si parla di Gesù “Vita” nel Vangelo giungeremo sempre a dire che è una “Vita donata”, che senza di lui è impossibile avere la Vita, la vita eterna. Quindi la “vita donata” permette agli Exallievi essere sale e luce. c) Il sale e la luce della verità La verità è l'esigenza più profonda dello spirito umano. L'uomo è sempre alla ricerca della verità: verità parziali nella scienza, verità spirituali nella cultura, verità di senso nella religione. Si scopre sempre più come un piccolo punto d'uno schermo più grande, frammento di un mistero. Per questo è alla ricerca di Dio. Finché non lo incontra, l'uomo vive insicuro, angosciato della sua precarietà e della sua fine. Gesù nel vangelo ci aiuta a capire cosa è la verità: “io sono la via, la verità e la vita”489. Gesù dice” Io sono”, quindi rivendica la condizione divina, “La via”, cioè un cammino verso qualcosa e questo cammino è verso “la verità”. Gesù non afferma di avere la verità, Gesù non dice: “Io ho la verità”, ma “Io sono la verità”. E non chiede ai discepoli di avere la verità, ma di essere la verità. Grande è la differenza. Chi ha la verità, per il fatto stesso di possederla, si ritiene in grado di giudicare, e condannare chi non la pensa come lui. Essere nella verità significa essere inseriti nello stesso dinamismo d’amore di Dio che vede il bene dell’uomo come valore assoluto. “Carità e verità. Due virtù indissolubili dell’esistenza cristiana: ‘fare la verità nella carità e vivere la carità nella verità’490. Al punto che la carità senza verità diventa ideologia del buonismo distruttivo e la verità senza carità diventa ‘giudiziarismo’ cieco”491. Essere nella verità significa non separarsi da nessuno, ma essere accanto a tutti in un atteggiamento d’amore che si trasforma in servizio: Amore dimostrato, cioè “Sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene”. 489 Gv 14,6. 490 Cfr Ef 4,15. 491 Papa Francesco, L’acrostico della Misericordia. Messaggio del Papa nella tradizionale udienza per gli auguri natalizi un catalogo di virtù necessarie in Curia e nella Chiesa. In: L’Osservatore Romano, lunedì-martedì, 2122 dicembre 2015, pp. 4-5. 488 154 in sale e luce. “Gli uomini sono tenuti in modo particolare a tendere di continuo alla verità, a rispettarla e ad attestarla responsabilmente”492. La verità di Gesù è sorgente di unità e di libertà. d) Il sale e la luce della libertà La nostra civiltà occidentale ci ha fatto maturare nell’idea della libertà come la capacità di autodeterminazione, che significa che nessuno può decidere di me, che nessuna forza personale o impersonale, nessuna suggestione, nessun fascino, nessuna seduzione mi impediscono di decidere cosa voglio razionalmente fare. Siamo giustamente gelosi di questa prerogativa di autodeterminazione, però in questo concetto di libertà ci sono dei rischi. Gesù offre una risposta al modello di libertà occidentale. La libertà di Gesù è una libertà davanti a Dio, non è la libertà assoluta, il sogno di una libertà che ha di fronte un orizzonte vuoto e che quindi può scatenarsi selvaggiamente. Gesù esercita la sua scelta davanti al Padre e questo fa diventare perfetta la sua libertà. Una libertà davanti a Dio sceglie le cose che Dio sceglie, ossia diventa una libertà piena di responsabilità. Gesù è l’uomo della scelta giusta, della libertà totale. Il diritto all'esercizio della libertà è un'esigenza inseparabile dalla dignità della persona umana”493. e) Il sale e la luce della solidarietà La finalità immediata della dottrina sociale della Chiesa è quella di proporre i principi e i valori che possono sorreggere una società degna dell’uomo. Tra questi principi, quello della solidarietà in qualche misura comprende tutti gli altri: esso costituisce “uno dei principi basilari della concezione cristiana dell’organizzazione sociale e politica”494. Tale principio viene illuminato dal primato della carità “che è il segno distintivo dei discepoli di Cristo”495. Gesù “ci insegna che la legge fondamentale della perfezione umana, e quindi della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento della carità496. Il comportamento della persona è pienamente umano quando nasce dall’amore, manifesta l’amore ed è ordinato all’amore. Questa verità vale anche in ambito sociale: occorre che i cristiani ne siano testimoni profondamente convinti e sappiano mostrare, con la loro vita, come l’amore sia l’unica forza che può guidare alla perfezione personale e sociale e muovere la storia verso il bene. Questo amore può essere chiamato “carità sociale” o “carità politica”497 e deve essere esteso all’intero genere umano498. Solo la carità può cambiare completamente l’uomo499. La solidarietà è uno dei valori costitutivi dell’identità e missione degli Exallievi. Nell’ampio campo della solidarietà sono sale e luce. 6. Conclusione L’Exallievo esprime il suo essere “sale della terra e luce del mondo” quando: a) Associazione si sente orgoglioso di essere Exallievo di Don Bosco; vive l’appartenenza e impegno come associato; 492 Catechismo della Chiesa Cattolica, 2467. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1738. 494 Lettera Enciclica Centesimus Annus, 10: Acta Apostolicae Sedis 83(1991) 905-806. 495 Cfr. Gv 13,35. 496 Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, 38. 497 Acta Apostolicae Sedis 52 (1961) 410). 498 Decreto Apostolicam Actuositatem, 8. 499 Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte 49-51. 493 155 vive l’identità e missione nell’Associazione; partecipa negli incontri dell’Associazione; fa crescere l’Associazione invitando nuovi membri; compie i suoi doveri e compiti come membro dell’Associazione; considera la formazione un’asse basilare nella sua vita; si impegna nell’animazione dell’Associazione. b) Famiglia Salesiana costruisce la comunione nella Famiglia Salesiana e con i suoi gruppi; coltiva buoni rapporti con i salesiani di Don Bosco; partecipa nella Consulta della Famiglia Salesiana; promuove le vocazioni nei gruppi della Famiglia Salesiana e nella Chiesa; si impegna nella comunità educativa pastorale; partecipa e anima progetti educativi, evangelizzatori e sanitari; si preoccupa per gli exallievi senza lavoro e in difficoltà; è un architetto di comunione; possiede un forte senso di appartenenza alla propria famiglia. c) Chiesa è “buon cristiano”; studia, medita e vive la Parola di Dio; studia e applica la dottrina sociale della Chiesa; ama la Chiesa e i suoi pastori; si impegna per la famiglia; fa sua la Preghiera-Promessa dell’Exallievo; coltiva la sua vita interiore; si decide per la vita avendo sempre comportamenti di collaborazione; ha una cura speciale per i più deboli e più bisognosi della società; è un cristiano competente ed onesto nell’esercizio del suo compito lavorativo. d) Società è “onesto cittadino”; valorizza l’educazione ricevuta; vive e difende i valori del Sistema preventivo; svolge la sua missione con competenza professionale, con coscienza morale e impegno sociale; si impegna nella costruzione di un mondo più abitabile; cura la casa comune, la natura; assume la responsabilità della propria vita senza lamentarsi; adopera responsabilmente le reti sociali; è ottimista e pronto ad affrontare la vita con ottimismo; accetta e difende la multiculturalità. opera nel mondo con integrità, onestà, carità e amabilità. Exallievi, le città si costruiscono sui monti; le lampade si mettono sui candelieri. Quindi bisogna farsi conoscere, distinguersi per le cose ben fatte per poter illuminare con la propria 156 testimonianza, con le proprie scelte. “Cari exallievi, fate che la gente, domandando chi siete, possa sentirsi rispondere stupefatta: è un figlio di Don Bosco”500. Preghiera sale e luce Signore Gesù, Amico e Maestro, tu dici a tutti noi, Exallievi di Don Bosco: “Voi siete il sale … voi siete la luce …”. Lo dici di ciascuno di noi che abbiamo limiti, dubbi, fragilità ma che, grazie al dono della tua misericordia, ci rendi più semplici e più sinceri! Tu conosci nel profondo il nostro cuore, sai che abbiamo bisogno della Tua luce, del sapore forte del Tuo Vangelo. 500 Donaci di essere SALE che dà gusto, anche se in piccole dosi, a tutto quello che siamo e facciamo. Donaci di essere LUCE, rendici luminosi per poter donare luce e vincere le tenebre dell’inganno e della divisione. Gesù, Amico e Maestro, guida il cammino degli Exallievi di tutto il mondo con la tua Parola e il tuo Spirito d’amore. Amen. MB VIII, p. 166. 157 158 Una Preghiera-Promessa per consolidare l’identità, la missione e la comunione “Pregare cambia il cuore, diventi ciò che ami” La formula della Preghiera-Promessa costituisce uno strumento che permette a ogni Exallievo ed Exallieva nel mondo di rinnovare ogni giorno la propria identità, la propria missione, la visione e le convinzione che lo spingono, come figlio di Don Bosco, ad agire nella Società e nella Chiesa oggi. Siamo convinti che l’infinita potenza di Dio vuole anche oggi servirsi della povertà, dell’impotenza di ogni Exallievo per manifestarsi agli uomini. Quindi gli Exallievi sono invitati a prestare la voce, le forze e la vita a Dio. Nella misura in cui gli Exallievi si lasciano assorbire dalla fiamma del suo amore, fino a lasciarsi bruciare, come ceri sull’altare, splenderà più pura la sua luce di verità e di salvezza attorno a noi. I. La preghiera nella Chiesa e nella vita dei nostri santi Vorrei iniziare con le parole di Gesù: “Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente”501. Gli exallievi vogliono essere nel mondo come l’acqua che bagna e la luce che illumina e riscalda la terra. Il loro lavoro lo fanno con pazienza, fiducia e persistenza. Sono consapevoli che il seminatore semina ma è Dio con la sua grazia che fa crescere e maturare. Gli Exallievi semplicemente si danno da fare con tutti i mezzi perché questo avvenga. Gesù suggerisce la frequentazione della “camera” (privato), quale luogo sicuro per la preghiera personale dei “figli”. La camera era il locale della casa inaccessibile agli estranei, ripostiglio sotterraneo, rifugio dove si custodisce il tesoro, o, semplicemente la cantina. Quanto indicato precedentemente sta a sottolineare che la preghiera nasce dall’incontro di due libertà, Dio che liberamente e per amore si rivolge all’uomo, l’uomo che liberamente e per amore cerca il volto di Dio. Questa attrazione verso Dio è l’anima della preghiera. Infatti qualcuno ha scritto “l’uomo è, per sua natura, un essere religioso”, sempre avido di una spiritualità e di una fede che gli schiuda l’orizzonte del qui ed ora, verso un non ancora capace di dare pienezza alla sua vita. Il sacerdote André Louf, monaco trappista e grande maestro di spiritualità, sosteneva che “la preghiera più contemplativa e l’azione più impegnata sono praticamente identiche”. Per un laico inquieto come Cesare Pavese la preghiera è nient’altro che “lo sfogo come con un amico”. L’Exallievo Beato Alberto Marvelli ha accolto molto bene lo stile di preghiera di Don Bosco. Diceva il Beato che “non esiste, non può esistere nessun apostolato senza vita interiore, senza preghiera, senza una perseverante tensione verso la santità. Preghiera e azione si fondono nel compimento della volontà di Dio e della comunione con Lui: attraverso la preghiera partecipa all’essere e al progetto di Dio; attraverso l’azione partecipa all’agire di Dio nella storia. “Sapeva armonizzare l’amore di Dio con l’amore del prossimo”. Nella vita di Alberto non ci fu 501 Mt 6, 5. 159 frantumazione o discontinuità, ma unità profonda. “Fra preghiera e vita apostolica intercorre una relazione dialettica, ossia un passaggio necessario dall’una all’altra: la vera vita apostolica porta alla preghiera; la preghiera autentica porta a collaborare all’opera della Redenzione”. Alberto era convinto che l’azione apostolica non fosse sufficiente per sostenere tutta la vita spirituale, che non basta lavorare per il Signore, ma bisognasse dedicare molto tempo alla preghiera502. Per Don Bosco “pregare vuol dire innalzare il proprio cuore a Dio e intrattenersi con lui per mezzo di santi pensieri e devoti sentimenti”503. Egli “visse l’esperienza di una preghiera umile, fiduciosa e apostolica, che congiungeva spontaneamente l’orazione con la vita”504. La preghiera è: incontro, dialogo, rapporto, comunione, intimità, profondità, ascolto, domanda, silenzio, ricerca, desiderio di Dio. La preghiera fa più umano l’essere umano. In altre parole, la preghiera ingentilisce l’io (ricorda che esiste il “Grazie”); tonifica l’io (è una vera e propria forza); dilata l’io (invita ad uscire da sé); lo rende profondo (pregare è indagare sullo stato della propria salute spirituale)505. Pregare cambia il cuore, tu diventi ciò che contempli, ciò che ascolti, ciò che ami, Colui che preghi: è nel contatto con il Padre che la nostra realtà si illumina, e appare in tutta la sua lucentezza e profondità506. La Preghiera è stata un’esperienza voluta, proposta e coltivata da Don Bosco e dalla Confederazione degli Exallievi. Infatti nel 1957 in occasione del centenario della morte di San Domenico Savio (1857-1957) e del Congresso Nazionale Dirigenti Exallievi, tenutosi a Roma nel 70° della Federazione è stato stampato un vademecum tascabile di 373 pagine con una grande varietà di preghiere ad uso degli exallievi. Un modo stupendo per assicurare la crescita spirituale del “buon cristiano e dell’onesto cittadino” di Don Bosco. II. La Preghiera-Promessa degli Exallievi Al lettore potrebbe sorgere la domanda ma perché una Preghiera-Promessa in uno Statuto: la preghiera è il modo più semplice e familiare che ha la Famiglia Salesiana e i suoi gruppi per dare solidità e profondità alla comunione, alla gioia, all’ottimismo e alla missione. Infatti la formula è principalmente un compendio dell’identità e della missione dell’Associazione. La Preghiera-Promessa ha molto a che vedere con quell’invito pressante fatto da Don Bosco ai suoi ragazzi di andare incontro ai compagni, cioè il “mutuo soccorso” che non si limita soltanto all’ambito materiale. 1. Preghiera-Promessa e il “mutuo soccorso” di Don Bosco Don Bosco nell’anno 1878 propone agli antichi allievi una “Società di mutuo soccorso” per far fronte alle difficoltà: “fate che questo vantaggio non si limiti solo a voi, ma si estenda a quei giovani di buona condotta che uscissero dell’Oratorio, od a quei compagni che già voi 502 http://chiesa.rimini.it/albertomarvelli/alberto/preghiera-e-azione/ Cattolico provveduto del 1868. 504 Costituzioni della Società di san Francesco di Sales, art. 86. 505 P. Pellegrino, Quattro pause intelligenti, in: Bollettino Salesiano italiano, CXL (2016) 1, p. 35. 506 E. Ronchi, Pregare cambia il cuore, diventi ciò che ami, in: Giornale “Avvenire”, Anno XLIX n° 41, Giovedì 18 febbraio 2016, p. 21. 503 160 conoscete, ed a tutti voi che siete radunati qui”507. Don Bosco con la proposta del “mutuo soccorso” intendeva dire, tra altre cose: sostegno materiale, appoggio emozionale, assistenza nell’inserimento lavorale, accompagnamento spirituale, ecc. La sua carità pastorale li portava a unire l’amore a Dio e l’amore al prossimo. Ai suoi ragazzi Don Bosco era solito raccomandare esperienze di preghiera alla portata di tutti: Eucaristia e visita al Santissimo Sacramento, Confessione, devozione alla Madonna, giaculatorie frequenti, ecc. Quindi la preghiera nel Sistema educativo di Don Bosco è un asse trasversale fondamentale. La Preghiera-Promessa è un modo per puntualizzare che l’Associazione degli Exallievi è un’entità che presenta caratteristiche diverse a qualsiasi altra aggregazione associativa del suo genere. Se gli Exallievi sono inviati nel mondo a fare presente Dio tramite la “competenza professionale, la coscienza morale e l’impegno sociale”508 non possono prescindere della preghiera personale e comunitaria. 2. Perché una Preghiera-Promessa dell’Exallievo di Don Bosco La preghiera crea comunione con Dio, con le persone e con le istituzioni. L’esperienza della preghiera avvicina all’esperienza dell’incontro profondo con l’altro: si tratta di un incontro che si fa ascolto e desiderio di conoscere l’altro, con le sue specificità, personalità e volontà. La Confederazione Mondiale degli Exallievi si incontra nel grande cenacolo del mondo per sviluppare la comunione fraterna tra noi, con la Famiglia Salesiana e il rapporto filiale con Dio Padre. La preghiera comune degli Exallievi favorisce la crescita nell’identità e nella missione; consolida l’appartenenza e l’impegno con l’Associazione, con la Chiesa e con la società; permette inoltre di avere sempre presente la finalità e gli obiettivi dell’Associazione. Inoltre è la forma più sicura per realizzare “l’avventura dello Spirito in un cammino di interiorità”509. La promessa è una “dichiarazione con cui ci si impegna a compiere un dato atto o a tenere un dato comportamento: mantenere la promessa fatta. Recita il proverbio che ‘ogni promessa è debito’, ogni promessa costituisce un obbligo morale”510. Il promettere è un atto che dipende da noi, il mantenere diventa un dovere verso gli altri. Per la psicologia sociale ogni promessa fatta agli altri ha un significato importantissimo perché il tipo di promessa che facciamo comunica qualcosa di sé. Sosteneva la filosofa, storica e scrittrice tedesca naturalizzata statunitense, Hannah Arendt, che “la promessa è il modo tipicamente umano di mettere ordine nel futuro, rendendolo prevedibile e affidabile nella misura in cui ciò è umanamente possibile”. La promessa facilita nell’Exallievo la consapevolezza del valore dell’appartenenza all’Associazione, dell’identità e della missione indicata da Don Bosco: essere “onesti cittadini e buoni cristiani”. La promessa è un atto libero dell’Exallievo con il quale confessa a sé stesso, a Don Bosco, a Dio e all’Associazione la convinzione che li porta a pensare al futuro per mettere ordine, per renderlo prevedibile e affidabile. “Nel momento in cui un Exallievo decide liberamente di impegnarsi nell’Associazione emette la Preghiera - Promessa”511. È una scelta libera che implica impegno, perseveranza, rinuncia e 507 Memorie Biografiche, XIII, p. 758. Statuto della Confederazione Mondiale degli Exallievi ed Exallieve di Don Bosco, art. 6, c). 509 A. Fernández Artime, Con Gesù, percorriamo insieme l’avventura dello Spirito! Direzione Generale Opere Don Bosco, Roma 2016. p. 9. 510 Dizionario di italiano http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/P/promessa.shtml 511 Statuto della Confederazione Mondiale degli Exallievi, art. 5, a. 508 161 lealtà. L’Exallievo e l’Exallieva sono uomini e donne di speranza proprio per questo mantengono le promesse. Infatti il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, nella presentazione dello Statuto ha sottolineato esplicitamente: “L’impegno e l’appartenenza li avete elevati e direi solennizzati con una ‘Preghiera-Promessa dell’Exallievo di Don Bosco’ che può essere proclamata dagli associati a livello personale, negli incontri e soprattutto farla pubblicamente quando un exallievo decide di vivere la sua appartenenza all’Associazione come “un progetto di vita, come una scelta o come una missione”. 3. Cos’è la Preghiera-Promessa La Preghiera-Promessa è una delle novità del nuovo Statuto della Confederazione Mondiale degli Exallievi, approvato nella “V Assemblea Elettiva Statutaria”, che si è svolta dal 3 al 6 ottobre scorsi. Costituisce il cuore dello Statuto perché introdotta in un capitolo fondamentale, il secondo. È una formula con cui “l’Exallievo di Don Bosco esprime la propria volontà di vivere in profondità la laicità nella società e nella Chiesa ogni giorno e di fare presente Don Bosco ovunque ci si trovi”512. È un compendio dell’identità, della missione, della visione degli Exallievi e dell’Associazione nella società. La Preghiera-Promessa è una sintesi stupenda dello Statuto dell’Associazione. È un annuncio ai quattro venti delle meraviglie operate da Dio per intercessione di Don Bosco in migliaia di persone che costituiscono il frutto maturo e il marchio della pedagogia del Santo dei giovani e del Carisma Salesiano. La formula della Preghiera-Promessa è una dichiarazione pubblica di lealtà dell’Exallievo e dell’Exallieva a Dio, a Don Bosco, all’Associazione e alla Famiglia Salesiana. La formula permette all’associato proclamare la sua identità laicale e la sua missine nella Chiesa e nella società. III. Un invito all’unità nella preghiera, nel ringraziamento, nella richiesta e nella promessa Esiste un sentimento che è costruttivo e indispensabile per la famiglia, i rapporti umani, l’educazione e la vita. Sembra una cosa da niente. È la fibra dell’amore e quasi nessuno ci pensa. La chiamano “gratitudine” e con un sinonimo molto bello “riconoscenza”. Per don Bosco la “riconoscenza” era importantissima, aveva perfino inventato una festa apposita513. “Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono ‘sì’. Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro “amen” per la sua gloria”514. Dio compie le sue promesse con il suo popolo. Una promessa apre un discorso; permette di guardare avanti con fiducia, con entusiasmo, in maniera attiva, aspettandosi la realizzazione di quanto si spera. 512 Statuto della Confederazione Mondiale degli Exallievi ed Exallieve di Don Bosco, Roma, 5 dicembre 2015, art. 5, b. 513 B. Ferrero, La riconoscenza, in: Bollettino Salesiano italiano, CXL (2016) 1, p. 20. 514 2Cr 1,20. 162 1. La preghiera cristiana è rivolta al Padre, per mezzo del Figlio e nello Spirito Santo “DIO PADRE, PER LA MEDIAZIONE DEL TUO FIGLIO GESÙ E PER L’INTERCESSIONE DI SAN GIOVANNI BOSCO, esaudisci le preghiere degli Exallievi ed Exallieve di tutto il mondo”. La preghiera è una conseguenza spontanea della vita di fede. La preghiera cristiana è un grazie detto al Padre, per Cristo, nello Spirito. La preghiera allora può essere descritta come il dialogo della comunità ecclesiale con il Padre per Cristo nello Spirito Santo. Si chiede al Padre per il Figlio nello Spirito515. Infatti la formula della Preghiera-Promessa inizia chiedendo alla Santissima Trinità che esaudisca le suppliche degli exallievi per intercessione di Don Bosco. Questo ci fa capire che tutta la preghiera cristiana deve essere trinitaria, anche quando la sua formulazione non ne mettesse in evidenza questa qualità. Infatti la preghiera necessariamente ci colloca al centro della nostra filiazione divina, dono del Padre, meritata e partecipata a noi dal Cristo, vivificata dallo Spirito. Gli Exallievi affidano alla Santissima Trinità che soddisfi, ascolti e accolga il desiderio di realizzare come laici la missione di Don Bosco ovunque ci si trovino. 2. Il Monumento di ringraziamento a Dio e a Don Bosco “TI RINGRAZIAMO per il tesoro educativo che abbiamo ricevuto, sotto la guida illuminata dei Salesiani, che ha modellato la nostra vita con la Spiritualità Salesiana”. Ringraziare è un grande atto d’amore ed esistono molte forme di ringraziamento. Si avverte la spinta e il desiderio di ringraziare Dio per sé e per gli altri. La gratitudine è un virtù che nasce dalla gioiosa umiltà di sentirsi amati e di lasciarsi amare. Non è merce di scambio e non è “dovere”, ma purissimo, gratuito amore516. Il ringraziamento è un tema che gli Exallievi hanno molto a cuore. Infatti l’Associazione è il monumento vivo di ringraziamento a Dio e a Don Bosco per l’“educazione ricevuta”. La riconoscenza è una ‘virtù’ indispensabile alla persona sana. La gratitudine negli Exallievi è molto più che un’emozione passeggera. È stato detto che la gratitudine è “il sentimento acuto e intenso che sperimentiamo quando sappiamo di essere destinatari dell’azione benefica e disinteressata di un’altra persona”. Ma un sentimento è passeggero e può non lasciare una grande traccia. La gratitudine per gli Exallievi è un’attitudine. Infatti un’attitudine implica il pensiero, l’affetto e l’azione. La gratitudine non è possibile finché non siamo capaci di accettare consapevolmente che abbiamo bisogno degli altri, che la vita è dare e ricevere, che è necessario sopportare la 515 516 J. J. O’Donnell, Il mistero della Trinità. Pontificia Università Gregoriana, Piemme, Roma 1989, p. 146. B. Ferrero, La riconoscenza, in: Bollettino Salesiano italiano, CXL (2016) 1, p. 21-. 163 delusione dei propri limiti. La gratitudine ha come funzione principale rendere possibile che si moltiplichino gli atti di altruismo reciproco. Questo spiega molto bene il desiderio degli Exallievi di costituire un’entità di “mutuo soccorso”. Il dare con altruismo e il ricevere con riconoscenza fanno parte del nostro pieno sviluppo. Chi è riconoscente apprezza in modo superiore alla media ciò che gli altri hanno fatto per aiutarlo a essere quello che ora è 517. Gli Exallievi sono riconoscenti a Don Bosco per l’educazione ricevuta. Don Bosco era convinto che il regalo più bello che si poteva fare a una persona è assicurargli il diritto all’educazione. Era consapevole che educando i giovani si consegnava loro il passaporto per il presente e per il futuro. Era persuaso che l’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo e l’ha consegnata ai suoi ragazzi. Proprio per questo gli Exallievi sono riconoscenti a Don Bosco per aver consegnato loro, tramite i suoi figli, i salesiani, il pane dell’educazione che costituisce il motore dello sviluppo personale. Così come Don Bosco e i suoi figli, i salesiani, quanto educano evangelizzano e quando evangelizzano educano. Gli Exallievi hanno ricevuto anche l’impronta della Spiritualità salesiana. La Spiritualità salesiana è un marchio che identifica coloro che l’hanno ricevuta. La spiritualità salesiana è una spiritualità pasquale della gioia e dell’ottimismo; dell’amicizia e della relazione personale con il Signore Gesù; ecclesiale e mariana; del servizio responsabile518. Grazie è la preghiera felice di chi fa quel che dice. Grazie è la preghiera forte di chi del cuore apre le porte. Grazie è la preghiera grata di chi risponde con la risata. Grazie è la preghiera quotidiana di chi fa una vita buona e sana. Grazie è la preghiera migliore di chi è capace d’amore519. 3. Richiesta fiduciosa Nel Nuovo Testamento si può osservare un vocabolario ricco di sfumature sulla supplica: domandare, implorare, chiedere con insistenza, invocare, impetrare, gridare e perfino “lottare nella preghiera”520. Di seguito si presentano le grazie che gli Exallievi chiedono alla Santissima Trinità per intercessione di San Giovanni Bosco. “DACCI FORZA E CORAGGIO per realizzare il suo messaggio umano cristiano nella Società e nella Chiesa” Il messaggio umano cristiano nella società e nella Chiesa verrà annunciato dagli Exallievi nella misura in cui sono persone inserite nelle diverse realtà sociale, politica ed economica. Gli exallievi si inseriscono nella vita ordinaria per realizzare cose straordinarie. Resta sempre molto eloquente e anche esemplare, per gli Exallievi, un celebre brano della Lettera A Diogneto, in cui i cristiani sono presentati come cittadini dell’impero, cittadini leali, capaci di nutrire e di ricevere simpatia nel loro stare nella società, ma anche capaci di mostrare una differenza, la differenza cristiana appunto: “I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per territorio, né per lingua, né per abiti. Non abitano neppure città proprie, né usano una L. López-Yarto, La gratitudine, molto più che un’emozione, in: “La Civiltà Cattolica”, 164 (2013), pp. 428440. 518 La Pastorale giovanile salesiana. Quadro di Riferimento. Dicastero per la Pastorale Giovanile Salesiana. Direzione Generale Opere Don Bosco, 2014, pp. 94-98. 519 B. Ferrero, Op. Cit., p. 21. 520 Catechismo della Chiesa Cattolica, 2629. 517 164 lingua particolare, … ma testimoniano uno stile di vita mirabile e, a detta di tutti, paradossale … Risiedono nella loro patria ma come stranieri domiciliati; a tutto partecipano come cittadini e a tutto sottostanno come stranieri; ogni terra straniera è patria per loro e ogni patria è terra straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non espongono i loro nati. Mettono in comune la tavola, ma non il letto … Dio ha assegnato loro una missione così importante che essi non possono disertare”521. “SPRONACI a diventare‘onesti cittadini e buoni cristiani’” Don Bosco cercava di formare un giovane con una fisonomia e un profilo ben definito. L’espressione “onesti cittadini e buoni cristiani” costituisce uno stupendo riassunto di quanto lui desiderava. Gli Exallievi chiedono a Dio per l’intercessione di Don Bosco di vivere la propria identità e missione. Per esprimere tale richiesta adoperano il verbo “spronare”, cioè incoraggiaci, spingerci, stimolarci. Don Bosco con la formula “onesti cittadini e buoni cristiani” voleva contrastare la piccola criminalità, la criminalità organizzata e le nuove forme di criminalità. Voleva che ogni giovane fosse un cittadino esemplare. Inoltre, l’approfondimento della formula “onesto cittadino e buon cristiano” diventa elemento essenziale, non solo per definire in termini rigorosi la sua visione “umanistico - cristiana” dell’educazione, ma anche ed in particolar modo la dimensione sociale e politica della stessa. Entra in gioco il rapporto tra valori eterni e valori temporali, tra la religione e le altre forme di cultura, tra evangelizzazione ed umanizzazione, tra “salvezza eterna” e presenza nel mondo, tra fede e politica, tra appartenenza e fedeltà alla Chiesa e impegno nella società civile e nella comunità politica. Don Bosco ha concepito ed attuato la propria opera educativa per il raggiungimento di fini antichi e nuovi insieme, portando i giovani ad accogliere e formare in sé sia la fedeltà alla perenne novità cristiana, sia la capacità di inserimento in una società affrancata dai più pesanti vincoli dell’ancien régime e proiettata verso nuove conquiste. “AIUTACI a vivere la solidarietà e la carità nell’Associazione e fuori di essa” La solidarietà in qualche misura comprende tutti i principi e i valori che propone la dottrina sociale della Chiesa. Tale principio viene illuminato dal primato della carità “che è il segno distintivo dei discepoli di Cristo”522. Gesù “ci insegna che la legge fondamentale della perfezione umana, e quindi della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento della carità523. Il comportamento della persona è pienamente umano quando nasce dall’amore, manifesta l’amore ed è ordinato all’amore. Questa verità vale anche in ambito sociale: occorre che i cristiani e gli exallievi ne siano testimoni profondamente convinti e sappiano mostrare, 521 Didachè Prima lettera di Clemente ai Corinzi- A Diogneto. Città Nuova, Roma 2008. Cfr. Gv 13, 35. 523 Gaudium Spes, 38. 522 165 con la loro vita, come l’amore sia l’unica forza che può guidare alla perfezione personale e sociale e muovere la storia verso il bene524. Afferma Papa Francesco, “solidarietà è una parola che non sempre piace; direi che alcune volte l’abbiamo trasformata in una cattiva parola, non si può dire; ma una parola è molto più di alcuni atti di generosità sporadici; la solidarietà è una parola impegnativa, perché significa contestazione delle ingiustizie che sono frutto “dell’Impero del denaro: i dislocamenti forzati, le emigrazioni dolorose, la tratta di persone, la droga, la guerra, la violenza”525. La solidarietà non è dare, ma agire contro le ingiustizie. Infine San Paolo esprime molto bene cos’è la carità: “La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”526. “ACCRESCI la nostra fede, speranza e carità” Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega quanto gli Exallievi vogliono esprimere quando hanno deciso di introdurre le virtù teologali nella Preghiera-Promessa. “Le virtù umane si radicano nelle virtù teologali, le quali rendono le facoltà dell'uomo idonee alla partecipazione alla natura divina527. Le virtù teologali, infatti, si riferiscono direttamente a Dio. Esse dispongono i cristiani a vivere in relazione con la Santissima Trinità. Hanno come origine, causa ed oggetto Dio Uno e Trino”528. Gli Exallievi desiderano sottoporre la propria vita, l’identità e la missione dell’Associazione sotto l’azione del Dio Uno e Trino. Dunque tutto l’agire dell’exallievo viene modellato dalle virtù teologali e proprio per questo dicono a una voce: “accresci la nostra fede, speranza e carità”. “Le virtù teologali fondano, animano e caratterizzano l'agire morale del cristiano. Esse informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell'anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell'azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell'essere umano. Tre sono le virtù teologali: la fede, la speranza e la carità”529. La vita teologale è possibile concretamente nell’imitazione piena di Gesù Cristo, Rivelatore di Dio Padre, che ci porta al Padre nello Spirito. 4. Promessa “TI PROMETTIAMO di IMPEGNARCI A COMBATTERE l'ingiustizia, la superficialità e l'indifferenza” E. Bianchi, L’impegno dei laici cristiani nella società. Intervento fatto nell’ambito dell’evento “notti Sacre”, dal 25 settembre al 3 ottobre 2010. 525 Il 28 ottobre 2014 Papa Francesco ha incontrato i partecipanti a un incontro internazionale di “movimenti popolari” promosso dal Pontificio Consiglio Iustitia et Pax in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, pronunciando un importante discorso in tema di dottrina sociale. 526 1Cor. 13, 4-8. 527 Cf 2 Pt 1,4; Cf 1 Cor 13,13. 528 Catechismo della Chiesa Cattolica, 1812. 529 Catechismo della Chiesa Cattolica, 1813. 524 166 Nell’espressione “Ti promettiamo” l’impegno e la preghiera si fa promessa. La promessa è un responsabilità assunta liberamente davanti a Dio, alla Chiesa locale, all’Associazione in virtù dell’educazione ricevuta che crea negli Exallievi un legame a Don Bosco e alla sua missione. Nella Preghiera-Promessa l’exallievo dichiara che è pronto a combattere l’ingiustizia, la superficialità e l’indifferenza. Assume con impegno rinnovato la globalizzazione della giustizia, della solidarietà, della fraternità, della comunione e dedicarsi alle cose che realmente contano. Combattere l’ingiustizia, la superficialità e l’indifferenza è un bel traguardo che Papa Francesco ci aiuta a capire. Egli ha detto che l’ingiustizia non può essere, “passata sotto silenzio”. Inoltre ha scritto il card. Martini: “Secondo la Bibbia, la giustizia è più del diritto e della carità: è l’attributo fondamentale di Dio. Giustizia significa impegnarsi per chi è indifeso e salvare vite, lottare contro l’ingiustizia. Significa un impegno attivo e audace perché tutti possano convivere in pace. La giustizia deve vegliare affinché il diritto, così com’è formulato nelle leggi, consenta a tutti gli uomini un’esistenza dignitosa. Gesù ha dato la sua vita per la giustizia”530. Il senso della parola superficialità nella Preghiera-Promessa degli Exallievi lo esprime molto bene anche Papa Francesco quando afferma: la superficialità è “la tendenza a giocherellare con le cose di moda, gli aggeggi e le distrazioni, piuttosto che dedicarsi alle cose che realmente contano. In una cultura che esalta l’effimero e offre numerosi luoghi di evasione e di fuga, ciò presenta un serio problema pastorale”. Inoltre, “per i ministri della Chiesa, questa superficialità può anche manifestarsi nell’essere affascinati dai programmi pastorali e dalle teorie, a scapito dell’incontro diretto e fruttuoso con i nostri fedeli”531. “La nostra società è indifferente e l'indifferenza si effonde in tutti i campi e i settori della nostra collettività, come l'onda che si infrange sugli scogli, e prende con se tutto ciò che incontra sul suo cammino. Oggi si è indifferenti al dolore degli individui, alla sofferenza, a tutto ciò che fa star male, a tutto ciò che viviamo con angoscia. Si è indifferenti alle guerre, alla pace, alla collaborazione fraterna tra i popoli, alla violenza, al sangue. Nella nostra società, gli individui sembrano perdere la loro individualità di uomini, uccisi da quell'indifferenza che colpisce tutto e tutti, che centra ogni settore del popolo, che ferisce la maggior parte degli uomini”532. L’indifferenza così come si percepisce nella società è un’ingiustizia. Il giornalista M. Liut del giornale “Avvenire” raccoglie quanto detto da Papa Francesco sull’indifferenza: l’indifferenza, infatti, oggi ha una “dimensione mondiale”, tanto che per Francesco ormai possiamo parlare di una “globalizzazione dell’indifferenza”. Ciò significa che essere indifferenti agli altri non è più solo un vizio di alcune culture o di alcuni Paesi. “La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto”. La reazione di fronte ai drammi umanitari odierni, infatti, dimostra che “siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!”. L’indifferenza: quanto male fa ai bisognosi l’indifferenza umana! E peggio, l’indifferenza dei cristiani!”. Più peggio ancora, 530 Carlo M. Martini e Georg Sporschill, Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede, Mondadori, Milano 2018. 531 M. Muolo, No al relativismo e superficialità, in: Avvenire del 17 agosto 2014. In occasione del viaggio del Papa Francesco in Corea. 532 Maria de Falco Marotta, Lo scandalo dell’indifferenza, in: “La Gazzetta di Sondrio”, 11 Luglio (2013) XVII: http://www.gazzettadisondrio.it/societa/11072013/scandalo-dellindifferenza#sthash.xisdusc0.dpuf 167 l’indifferenza di un membro della Famiglia Salesiana! Chi impara a mettersi al fianco degli altri, come ha fatto Dio, invece, costruisce una comunità, supera la solitudine e diventa un piccolo seme di speranza “in mezzo al mare dell’indifferenza. “La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani”533. “TI PROMETTIAMO DI DIFENDERE AD OGNI COSTO, con l’impegno sociale, politico ed economico, i valori appresi dal suo insegnamento, in particolar modo: la vita, la libertà e la verità” Educare le coscienze è il compito fondamentale della Chiesa. Di questo compito l’insegnamento della dottrina sociale è parte integrante. Spetta poi ai cristiani, singoli o associati, particolarmente ai fedeli laici, inserirsi intimamente nel tessuto della società civile e “inscrivere la legge divina nella vita della città terrena”534 È doloroso per la Chiesa dover constatare la divaricazione fra la prassi religiosa e l’azione sociale e politica dei credenti. È preoccupante per un paese dover attraversare una crisi di legalità, diffusa nella classe dirigente e nei comportamenti dei cittadini: concussione, corruzione amministrativa, voto di scambio, evasione fiscale, danneggiamento di strutture pubbliche, assenteismo dal lavoro... Solo da un’assidua opera educativa ci si può attendere una solida coerenza dei credenti e un sano costume di tutti i cittadini. Nel cristianesimo l'impegno nel sociale in generale ha una lunga e travolgente tradizione. Le opere di carità, il volontariato, l'attenzione per i poveri, i deboli, gli emarginati sono tutte cose che appartengono alla vita delle comunità cristiane di tutti i tempi. Ma non si può dire lo stesso per l'impegno politico, cioè per l'attenzione all’amministrazione della cosa pubblica, per la valutazione dell’esercizio del potere politico, per la conoscenza delle strutture istituzionali, per la promozione di una partecipazione sempre più cosciente alla vita della città umana. Sono tutte cose che sembravano cadere in una sfera quasi del tutto esterna a quella propria di una comunità ecclesiale. La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune. Dobbiamo convincerci che la carità “è il principio non solo delle micro - relazioni: rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macrorelazioni: rapporti sociali, economici, politici”. Secondo il Papa Francesco, “l’economia, come indica la stessa parola, dovrebbe essere l’arte di raggiungere un’adeguata amministrazione della casa comune, che è il mondo intero. Ogni azione economica di una certa portata, messa in atto in una parte del pianeta, si ripercuote sul tutto; perciò nessun governo può agire al di fuori di una comune responsabilità. Di fatto, diventa sempre più difficile individuare soluzioni a livello locale per le enormi contraddizioni globali, per cui la politica locale si riempie di problemi da risolvere. Se realmente vogliamo raggiungere Papa Francesco, Omelia di Papa Francesco a Lampedusa, l’8 luglio 2013. Testo ripreso da M. Liut, voce: “indifferenza” in: Il vocabolario di Papa Francesco, a cura di A. Carriero. Elledici, Torino 2015. pp. 160-164. 534 Gaudium Spes, 45. 533 168 una sana economia mondiale, c’è bisogno in questa fase storica di un modo più efficiente di interazione che, fatta salva la sovranità delle nazioni, assicuri il benessere economico di tutti i Paesi e non solo di pochi”535. “in particolar modo: la vita, la libertà e la verità” Un punto di partenza è imprescindibile: la vita umana è sempre, in ogni caso, un bene inviolabile e indisponibile, che poggia sulla irriducibile dignità di ogni persona, dignità che non viene meno, quali che siano le contingenze o le menomazioni o le infermità che possono colpire nel corso di un’esistenza. La vita è il dono più grande e prezioso del mondo, è il valore assoluto. Per l’uomo di fede, la vita è dono di Dio. La vita viene dalla libertà benedicente di Dio e, quando raggiunge il culmine nell’uomo, si svela come dono che si gioca nell’ambito della libertà. Solo l’accettazione di essa come dono di cui si deve rinunciare a voler disporre autonomamente, per riconoscerlo con gratitudine e ubbidienza come proveniente dalla libera benevolenza di Dio, fa in modo che la vita possa crescere come vita di qualità. La vita, infatti, in senso assoluto, appartiene solo a Dio. Vi è sempre un di più in Dio che può creare vita perfino nella morte. Non c’è libertà senza verità, perché la prima senza la seconda si nega degenerando in arbitrio, ma è altrettanto vero che non c’è verità senza libertà. E non c’è altro modo di accostarsi alla verità che attraverso la libertà: la verità non può essere imposta, pena lo svuotarsi del suo significato e il suo ridursi da luce che illumina, qual è, a forza fra le forze. È questo, com’è noto, il tema della Leggenda del grande inquisitore di Dostoevskij. Come la verità non è un’aggiunta estrinseca alla libertà, ma la libertà la esige per distinguersi dall’arbitrio, così la libertà non si aggiunge alla verità ma è essenziale alla sua definizione. La tolleranza, più che un valore aggiunto, è una necessità intrinseca all’esercizio di verità. È importante sottolineare che chi assume il sintagma verità-libertà va ben oltre la tolleranza, o piuttosto la tolleranza prende in lui la via del rispetto536. Dal punto di vista biblico la libertà significa considerare l’essere umano nella sua globalità, quindi tenere presente che le dimensioni interiore e sociale, spirituale e materiale, religiosa e politica sono strettamente interconnesse. Ogni momento di separazione tra questi campi della vita umana è visto come una fase patologica dell’esistenza, come un momento in cui il male prevale sul bene537. Il filosofo danese Soren Kierkegaard affermava che “nel cristianesimo la cosa più importante è la persona” e San Tommaso d'Aquino sosteneva che “la persona è ciò che c'è di più nobile e di più perfetto in tutta la natura”. 535 Evangelii Gaudium, 206. G. Riconda, Verità e libertà, in: http://interdependence.eu/joomlaorg/518-verit%C3%A0-e-libert%C3%A02.html 537 E. Borghi, Verità e libertà nel Nuovo Testamento. Linee orientative per l’educazione. In: https://www.academia.edu/7481296/Verit%C3%A0_e_libert%C3%A0_nel_Nuovo_Testamento 536 169 Si assume il fermo impegno di costituirsi in “sale della terra e luce del mondo”. E infine si conclude chiedendo a Don Bosco di vegliare sulla Famiglia Salesiana, sui propri cari e su tutti gli exallievi nel mondo. “TI PROMETTIAMO di ESSERE, “sale della terra e luce del mondo” con una forte incidenza nella società e nella Chiesa. La luce non è un dovere ma il frutto naturale. Cioè siamo sale e luce. Quello che si dovrà fare e lasciare che tale realtà si esprima in tutte le manifestazioni della propria vita. Essere sale e luce e la ricetta sicura per diventare “onesti cittadini e buoni cristiani” e futuri cittadini del cielo. Questo lo può vivere qualsiasi uomo o donna di buona volontà538. TI PREGHIAMO di vegliare sulla Famiglia Salesiana, sui nostri cari e su tutti noi. Amen. La Confederazione Mondiale degli Exallievi ha presso molto a cuore sviluppare negli exallievi di tutto il mondo un forte senso d’appartenenza alla Famiglia Salesiana. Infatti, nel Piano Strategico della Confederazione sempre viene sottolineato un obiettivo da raggiungere in riferimento alla Famiglia Spirituale di Don Bosco. Pregare per la Famigli Salesiana è il primo atto d’appartenenza a Essa. Secondo la Carta di Identità “la Famiglia Salesiana è prima di tutto e sopra tutto una Famiglia Carismatica, vale a dire un dono dello Spirito alla Chiesa in vista d’una missione; le sue radici più vere e profonde si trovano in fatti nel Mistero Trinitario, ossia in quell’amore infinito che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito, sorgente, modello e meta di ogni famiglia umana”539. Nella Preghiera-Promessa gli exallievi concludono chiedendo alla Santissima Trinità di “vegliare” per i propri cari e per loro stessi. Per la Confederazione Mondiale la famiglia e una realtà essenziale da cura, accompagna e promuove. Perché pregare uno per l’alto? La risposta è semplice: per vivere. Sì, per vivere veramente, bisogna pregare. Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall’amore. Prego per l’altro perché riconosco in lui o lei un dono di Dio per me. Come la pianta non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall’amore. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all’amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive veramente, nel tempo e per l’eternità insieme ai suoi. IV. Conclusione Il Delegato e la Presidenza Confederale Mondiale hanno un sogno: che la grande Associazione degli Exallievi, il gruppo più numeroso della Famiglia Salesiana, nel mondo possano Per sviluppare di più questa parte sollecitiamo all’amabile lettore di vedere l’articolo di J. P. Ramírez, “Statuto della Confederazione Mondiale. “Nuovo sapore e nuova luce”. 539 Carta di Identità Carismatica della Famiglia Salesiana di Don Bosco, art. 5. 538 170 proclamare ogni giorno e in ogni incontro dell’Associazione la Preghiera-Promessa in tutte le lingue che loro parlino. Allo fine di esprimere e di costruire la comunione, la fraternità e l’unità tramite una formula che raccoglie gli elementi essenziali della loro identità, missione e valori. È un sogno che ha molto a che vedere con l’impegno dei Presidenti e Delegati salesiani a livello Ispettoriale e locali. Don Bosco, la Confederazione Mondiale, i valori, l’identità e la missione espressa nello Statuto e la Preghiera-Promessa ci uniscono come laici per portare avanti gli ideali dell’Associazione. Parafrasando a John F. Kennedy, non chiederti cosa l’Associazione può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per l’Associazione. Quello che è più importante non è immaginare un mondo migliore ma prendere parte al cambiamento. Il modo migliore per prevedere il futuro è crearlo. Invito a finire proclamando insieme la Preghiera-Promessa. PREGHIERA - PROMESSA dell’Exallievo ed dell’Exallieva di Don Bosco DIO PADRE, PER LA MEDIAZIONE DEL TUO FIGLIO GESU’ E PER L’INTERCESSIONE DI SAN GIOVANNI BOSCO esaudisci le preghiere degli Exallievi ed Exallieve di tutto il mondo. TI RINGRAZIAMO Per il tesoro educativo che abbiamo ricevuto, sotto la guida illuminata dei Salesiani, che ha modellato la nostra vita con la Spiritualità Salesiana. TI CHIEDIAMO CON FIDUCIA - DACCI FORZA E CORAGGIO per realizzare il suo messaggio umano cristiano nella Società e nella Chiesa; - SPRONACI a diventare “onesti cittadini e buoni cristiani”; - AIUTACI a vivere la solidarietà e la carità nell’Associazione e fuori di essa; - ACCRESCI la nostra fede, speranza e carità. TI PROMETTIAMO - di IMPEGNARCI A COMBATTERE l'ingiustizia, la superficialità e l'indifferenza; - di DIFENDERE AD OGNI COSTO, con l’impegno sociale, politico ed economico, 171 i valori appresi dal suo insegnamento, in particolar modo: la vita, la libertà e la verità; - e di ESSERE, “sale della terra e luce del mondo” con una forte incidenza nella società e nella Chiesa. TI PREGHIAMO di vegliare sulla Famiglia Salesiana, sui nostri cari e su tutti noi. Amen. (Statuto 2015, art. 5, b) 172 Presidenti e Delegati degli Exallievi Job description (funzioni) del Delegato Mondiale degli Exallievi di Don Bosco Identità e ruolo del Delegato della Famiglia Salesiana Sfide dei delegati, dei presidenti e degli Exallievi/e di Don Bosco oggi “Il Delegato ad ogni livello svolge il suo incarico a nome del suo superiore. Partecipa alla programmazione e al coordinamento delle attività formative dell’Associazione. È presente, a tutti i livelli, negli organi direttivi ed esecutivi, con il ruolo di consigliare ed accompagnare gli Exallievi, valorizzando e garantendo la leadership dei laici” (Statuto art. 14, e). 173 174 Job description (funzioni) del Delegato Mondiale degli Exallievi di Don Bosco Il Delegato Mondiale degli Exallievi di Don Bosco nel suo servizio di accompagnamento formativo e spirituale dell’Associazione ha diverse funzioni nei confronti: del Rettor Maggiore, degli Exallievi, dei salesiani, del Segretariato per la Famiglia Salesiana, la Confederazione Mondiale, la Presidenza e la Giunta mondiale, le Assemblee mondiali e i congressi regionali e con le Scuole di leader dell’Associazione. 1. Rettor Maggiore a) È il rappresentante del Rettor Maggiore della Società di San Francesco di Sales e l’animatore spirituale della Confederazione Mondiale, in particolare della Presidenza Confederale Mondiale e della Giunta Esecutiva Confederale Mondiale. Attua tale animazione con interventi epistolari, contatti personali e visite in cui studia le diverse situazioni locali di vita e di lavoro540. b) Informa il Rettor Maggiore della Società di San Francesco di Sales e il Delegato del Rettor Maggiore per la Famiglia Salesiana sull’andamento sia della Confederazione Mondiale sia delle diverse Confederazioni e Federazioni Nazionali, Ispettoriali o Regionali541. c) Collabora con il Rettor Maggiore ogni volta che lui lo richieda soprattutto in tematiche o aspetti riguardanti gli Exallievi. 2. Segretariato della Famiglia Salesiana a) È membro di diritto del Segretariato per la Famiglia Salesiana. b) Partecipa a tutti gli incontri ordinari e straordinari convocati dal Delegato del Rettor Maggiore per la Famiglia Salesiana. c) Collabora con il Delegato del Rettor Maggiore per la Famiglia Salesiana nell’organizzazione delle Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana e della Consulta Mondiale della Famiglia Salesiana. d) Informa il Delegato del Rettor Maggiore della Famiglia Salesiana sull’andamento dell’Associazione ogni volta che lui lo richieda. e) Partecipa, quando viene invitato, agli incontri formativi regionali convocati dal Delegato del Rettor Maggiore per la Famiglia Salesiana assicurando la formazione dei delegati degli Exallievi presenti nell’incontro. f) Riceve gli orientamenti dal Delegato del Rettor Maggiore per la Famiglia Salesiana, responsabile della Famiglia Salesiana542. g) Acquisire una visione d’insieme dei gruppi della Famiglia Salesiana che li consenta: promuovere, curare e amare ognuno di essi. h) Presentare agli Exallievi i diversi gruppi della Famiglia Salesiana. 3. Rapporto con i salesiani a) Assicurare che gli Exallievi possano stabilire buoni rapporti con i salesiani e con i 540 Statuto 2015, art. 25. Statuto 2015, art. 25. 542 Statuto 2015, art. 25. 541 175 gruppi della Famiglia Salesiana, specialmente con le Exallieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice. b) Fa conoscere il Piano Strategico dell’Associazione ai salesiani e ai gruppi della Famiglia Salesiana. 4. Confederazione Mondiale d) Anima la formazione permanente degli Exallievi di Don Bosco, con particolare attenzione a quelli giovani. Tutto ciò lo fa insieme ai Consiglieri Regionali nelle loro Regioni e ad altri laici qualificati543. e) Cura pubblicazioni e sussidi per la formazione e l’animazione spirituale e culturale degli Exallievi ed Exallieve, e in particolare dei membri della Presidenza Confederale544. f) È membro di diritto della Commissione elettiva per il rinnovo della Presidenza Confederale Mondiale. g) Assicura che lo Statuto della Confederazione mondiale venga conosciuto e osservato. 5. Presidenza Mondiale e Giunta Esecutiva Mondiale a) È membro di diritto della Presidenza Mondiale e della Giunta Esecutiva Mondiale. b) Partecipa agli incontri della Presidenza e della Giunta curando la formazione umana, cristiana, associativa e spirituale dei suoi membri. Dunque in ogni incontro propone una tematica formativa seguendo le linee stabilite nel Piano Strategico della Confederazione Mondiale. c) Responsabile, insieme ai Regionali, della Formazione dei Delegati e Presidenti nazionali o ispettoriali. d) È chiamato ad essere un elemento di unità, fraternità e comunione all’interno della Presidenza e della Giunta Mondiale. e) È consapevole che l’Associazione degli Exallievi è una entità laicale guidata da laici e che il suo compito non è di governo ma piuttosto di orientamento, accompagnamento nell’ambito formativo e spirituale. 6. Assemblee e Congressi regionali a) È responsabile insieme alla Presidenza e alla Giunta mondiale della progettazione, esecuzione e verifica delle Assemblee mondiali e dei Congressi regionali seguendo quanto indicato nello Statuto. b) Partecipa ai congressi regionali assicurando la comunione, la formazione, la progettazione delle singole ispettorie e della crescita delle Unioni locali. c) Assicurare che i congressi vengano realizzati secondo il protocollo e la tematica stabilita dal Piano Strategico. 7. Scuola di leader a) Insieme ai laici è il responsabile di assicurare il buon andamento, la solidità delle Scuole di leader che ci sono nelle Regioni e di aprirne altre. b) Segue il progetto formulato per ogni Scuola di leader. 543 544 Statuto 2015, art. 25. Statuto 2015, art. 25. 176 Identità e ruolo del Delegato della Famiglia Salesiana « E’ Lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il Corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4, 11-16) I. Introduzione La Società Salesiana è consapevole che, per ottenere i risultati previsti nei processi di animazione e d’accompagnamento dei gruppi della Famiglia Salesiana, è essenziale definire l’identità, le responsabilità, i ruoli e le funzioni di coloro che hanno ricevuto tale servizio, in modo da essere fedeli alla Chiesa e allo spirito di Don Bosco. Con la proposta che intendiamo formulare, si cerca di dare orientamenti e significato al lavoro che realizzano i Delegati. La finalità è quella di facilitare una risposta saggia ai compiti che debbono realizzare: stimolare e accompagnare la crescita quantitativa e qualitativa, morale e spirituale, l’autonomia di tutti coloro che appartengono alla Famiglia Salesiana. I salesiani, primi responsabili dell’animazione della Famiglia Salesiana sono chiamati ad assumere con creatività questo impegno come comunità religiosa. Per iniziare tale compito è fondamentale sapere dove andare e cosa fare come animatori. È il Vangelo di Luca a suggerire cosa fare quando si ha davanti un compito da realizzare: “Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? …Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?” (Lc. 14, 28-31). Per la costruzione del regno di Dio l’uomo deve impegnarsi seriamente e sapientemente, come insegnano le due parabole gemelle della torre e della guerra. La decisione per il regno richiede maturità e serietà, perseveranza e fatica, intelligenza e programmazione. Lavorare con la Famiglia Salesiana implica un ruolo da conoscere e da svolgere, un piano da realizzare e una meta da raggiungere. Inoltre, se prendiamo in esame le lettere pastorali (1, 2 Timoteo e Tito), esse si preoccupano di presentare molto bene i ruoli e le funzioni di quelli che hanno un impegno di guida nella comunità. Queste lettere pastorali sono seguite da motivazioni teologiche formulate mediante brevi frasi cherigmatiche e catechistiche. Nell’ambito di questa motivazione teologica rientra anche la presentazione della figura e del ruolo esemplare di Paolo, l’araldo del vangelo, l’apostolo e il maestro. Si presentano pure raccomandazioni che tracciano il profilo del pastore autentico, le qualità e le attitudini spirituali richieste al pastore, sullo sfondo del ritratto negativo dei falsi maestri. 177 Le tre lettere affrontano, con una discreta originalità e impulso creativo, quello che è un problema di sempre per i cristiani e le comunità: la perseveranza nell’impegno e la coerenza di vita545. Generalmente, quando si definiscono ruoli e funzioni per una particolare responsabilità o ministero, si scommette sulla perseveranza e il rispetto delle persone. Nella tradizione salesiana è familiare la pratica di definire ruoli e funzioni; basti ricordare ad esempio, il Regolamento dell'Oratorio di Valdocco, i “Ricordi ai direttori”. Due documenti più recenti confermano quanto stiamo affermando: “Il Direttore Salesiano. Un ministero per l’animazione e il governo della comunità locale” e gli “Elementi giuridici e prassi amministrativa nel governo dell’Ispettoria”. Quest'ultimo documento raccoglie un insieme di compiti e facoltà particolari dell’Ispettore, che il Codice di diritto canonico gli assegna come Ordinario religioso546. Nel capitolo 10 presenta i “doveri e facoltà particolari dell’Ispettore”. Quando si inizia un lavoro, il sapere cosa si deve fare e dove andare è un metodo sicuro per combattere quella paura che tende a paralizzare e distrugge la creatività. È condivisibile quanto afferma A. Carnegie: “L’unico capitale insostituibile che un’organizzazione possiede sono i suoi membri e il sapere. La produttività di questo capitale dipende dall’efficienza con cui i membri condividono le loro competenze con coloro che possono usarle”. Per don Bosco infatti, la persona e le sue risorse sono fondamentali per portare avanti qualsiasi iniziativa o compito che abbia come traguardo la salvezza delle persone e soprattutto dei giovani. Le pagine di questo strumento formativo non indicano un rimedio di facile e immediata attuazione. Delineano un ideale verso il quale il Delegato deve camminare con la consapevolezza che i cambiamenti a livello personale richiedono tempi lunghi e rispondono a processi che non si possono saltare. La comunione con i gruppi della Famiglia Salesiana sarà tanto più salda “quanto più chiara sarà l’identità vocazionale di ciascuno e quanto maggiori saranno la comprensione, il rispetto e la valorizzazione delle diverse vocazioni”547. Siamo più che convinti che “l’apprezzamento e l’incontro tra i diversi carismi e le diverse forme di spiritualità può favorire la comunione dei doni e l’approfondimento della propria identità vocazionale”548. Lo stile di animazione che dovrà adoperare il Delegato della Famiglia Salesiana è lo stile salesiano. Il che vuol dire che il suo agire come Delegato si dovrà caratterizzare per l’esercizio dell’amorevolezza, della flessibilità e della familiarità. Ciò non esclude affatto la possibilità di fare appropriato uso dei principi e dei criteri di una buona leadership, però rimanendo sempre e comunque padre e amico. 545 Cfr. R. Fabris, Le lettere pastorali, Queriniana, Brescia 1986, pp. 6-18; J. Reuss, Commenti spirituali del nuovo Testamento. Prima lettera a Timoteo, Città Nuova, Roma 1965, p. 46. 546 Elementi giuridici e prassi amministrativa nel governo dell’Ispettoria, Direzione Generale Opere don Bosco, Roma 2004, p. 128. 547 Capitolo Generale 24 dei Salesiani di Don Bosco. Salesiani e laici: comunione e condivisione nello spirito e nella missione di don Bosco, n. 138. 548 La Formazione dei Salesiani di don Bosco. Principi e Norme. Ratio Fundamentalis Institutionis et studiorum, Roma 20003, n. 53. 178 Il Delegato nel suo ministero dovrà essere capace di riconoscere i propri limiti come persona e come accompagnatore di persone. È chiamato a confrontarsi continuamente con i criteri evangelici e con i principi che guidano la gestione delle risorse umane. II. Motivazione: l’animazione della Famiglia Salesiana L’animazione della Famiglia Salesiana implica un impegno di ordine carismatico, quindi il primo garante non può essere una persona, ma è la comunità. Ciò non esclude che a livello Ispettoriale sia nominata una persona che rappresenta l’Ispettore e coordina le iniziative della Famiglia Salesiana. 1. L’animazione della Famiglia Salesiana, un impegno comunitario I Capitoli Generali parlano di cambiamento di mentalità necessario per affrontare con nuove prospettive il lavoro con la Famiglia Salesiana. Il primo cambiamento indispensabile è che la comunità si senta coinvolta nell’animazione e nella collaborazione con i diversi gruppi che operano sullo stesso territorio. Questo non può essere un lavoro delegato totalmente a una sola persona. Sono in gioco significativi valori carismatici. La comunità interviene con: l’interessamento diretto ed esplicito circa la vita e le attività del Gruppo; la stima e la simpatia, espresse specialmente in momenti di particolari ricorrenze; l’accoglienza fraterna alle persone che giungono in comunità per vari motivi, come riunioni ed incontri programmati dai differenti gruppi; il sostegno morale e materiale, per quanto è possibile, nei casi di difficoltà, dimostrando così che vogliamo considerarli come dei veri fratelli e delle vere sorelle; l’assistenza e la direzione spirituale, come momento tipico di formazione alla vita salesiana; l’offerta di spazi e forme di collaborazione corresponsabile nel progetto educativo e pastorale che la comunità sta realizzando; l’accompagnamento vocazionale di tutte le persone perché accolgano il dono di Dio549. 2. Il Delegato Ispettoriale per la Famiglia Salesiana Anche se l’animazione della Famiglia Salesiana è un impegno comunitario, questo delicato e importante compito di accompagnamento è affidato ad un confratello o ad una consorella. Don Adriano Bregolin550 offre alcune indicazioni per l’animazione della Famiglia Salesiana a livello ispettoriale e locale, partendo dalla realtà delle singole Ispettorie. Secondo lui, anche se questa non è una figura consolidata e tipica di tutte le Ispettorie, è bene che ogni Ispettoria o Visitatoria abbia un Confratello particolarmente dedicato all’animazione. Il più delle volte (ad immagine di quello che è oggi l’organizzazione del Consiglio Generale) tale ruolo viene affidato al Vicario dell’Ispettore. Sarà suo compito agire come coordinatore delle varie iniziative a livello ispettoriale; tenere i contatti, a nome dell’Ispettore, coi i vari gruppi e curare che il lavoro dei Delegati e degli Assistenti a livello ispettoriale e locale sia svolto con diligenza e attenzione, in un continuo rafforzamento dei singoli gruppi. 549 J. Vecchi, La Famiglia Salesiana compie venticinque anni, in: Atti Consiglio Generale (ACG) LXXVIII (1997) 358, pp. 28-29. 550 A. Bregolin, Alcune indicazioni per l’animazione della Famiglia Salesiana a livello ispettoriale e locale, in: ACG LXXXVII (2006) 392, pp. 49-50. 179 Continua don Adriano Bregolin: “Qualora nelle vostre Ispettorie questa figura non risulti ancora presente, è opportuno stabilire chi debba svolgere questo particolare incarico, indicandolo anche nei rispettivi elenchi a livello generale ed ispettoriale”. 3. I Delegati, gli Assistenti, [i Consiglieri e gli Animatori] Alcuni Gruppi della Famiglia Salesiana ricevono un servizio particolare di animazione attraverso Delegati (Exallievi/e di don Bosco, Cooperatori), Assistenti ecclesiastici (VDB – CDB), [consiglieri spirituali (ADS), animatori spirituali (ADMA)] nominati secondo accordi inseriti nei testi costituzionali o quelli previsti da Convenzioni. Nella nomina per tale ministero invito a scegliere e proporre Confratelli validi, con doti necessarie per questo compito di animazione, possibilmente non troppo anziani. L’animazione della Famiglia Salesiana non dovrebbe essere un’obbedienza di ripiego, ma bensì un campo di apostolato attraverso il quale sul territorio le forze salesiane assumono una maggior vitalità ed influiscono positivamente sul contesto civile ed ecclesiale. Ecco perché ci vogliono persone con un grande entusiasmo e buone capacità. Per la nomina di questi Confratelli si chiede di seguire, anche nella forma, quanto è previsto dai singoli Statuti o Convenzioni (informazione e dialogo con i responsabili dei vari gruppi). Diceva don J. Vecchi: “Raccoglieremo i frutti che ci attendiamo dai gruppi della Famiglia, in particolare dai Cooperatori, Exallievi e VDB [CDV, DAMAS, ADMA], proporzionalmente alla qualità ed alla disponibilità di tempo dei confratelli incaricati di accompagnarli. La prima preoccupazione dell’Ispettore e del suo Consiglio è dunque la scelta dei confratelli che renderanno questo servizio tipicamente salesiano. Qualità e competenza garantiscono l’efficacia della loro presenza e facilitano i rapporti all’interno dei gruppi. Ci sono dunque dei criteri che devono orientare il discernimento dell’Ispettore e del suo Consiglio nello sceglierli”551. III. Il Delegato, l’Assistente, il Consigliere e l’Animatore Nell’iniziare a svolgere un incarico è basilare sapere cosa ci si attende da noi e come sia possibile svolgere al meglio il compito affidato. In seguito si definiranno tali persone e s’indicheranno alcuni indispensabili lineamenti per gestire nel modo migliore l’impegno di accompagnare i gruppi della Famiglia Salesiana verso il grande traguardo della santità. 1. Chi è il Delegato, l’Assistente, il Consigliere e l’Animatore? Sono persone con senso di Chiesa, innamorate di don Bosco, identificate con la propria vocazione e missione, che rappresentano il superiore ordinario della Congregazione Salesiana o dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, accompagnano e conservano vivo lo sforzo di crescita di persone e gruppi nello spirito salesiano, favoriscono e curano l’unità; predispongono al dialogo; favoriscono la collaborazione fraterna; stimolano l’arricchimento reciproco e la creatività apostolica552; incoraggiano l’autonomia e la fedeltà al carisma di don Bosco dei singoli gruppi della Famiglia Salesiana553. Sono persone con capacità di fare e gestire il cambiamento. 551 J. Vecchi, op. cit., pp. 29-30. Cfr. Costituzioni della Società di san Francesco di Sales, D.D.B., Roma 2003 pp. 19 e 20, art. 5. 553 Cfr. J. Vecchi, op. cit., p. 30. 552 180 2. Profilo generale del Delegato, dell’Assistente, del Consigliere e dell’Animatore Indichiamo alcune caratteristiche umane, salesiane e gestionali dell’accompagnatore ideale della Famiglia Salesiana (Delegato, Assistente, Consigliere, Animatore). Nella misura in cui ci avvicineremo a questo ideale, si risponderà meglio al ruolo di animazione dei gruppi della Famiglia Salesiana. E’ una persona: con senso d’appartenenza al proprio Istituto o congregazione e alla Famiglia Salesiana; innamorata della spiritualità salesiana; desiderosa di comunicare la spiritualità salesiana; che ubbidisce alle autorità ecclesiali e religiose; preparata per il compito assegnato; con equilibrio emozionale; con mentalità progettuale; con capacità comunicativa; con capacità di lavorare in équipe; con capacità per l’animazione; che valorizza la partecipazione dei collaboratori; che ascolta mettendosi in sintonia con l’altro (con capacità empatica); che comunica con chiarezza ed appropriatezza – coerenza; con conoscenza della realtà sociale, culturale ed ecclesiale; che sa lavorare con i laici e valorizza la loro vocazione e la loro missione; che sa rispettare e gestire le motivazione e le emozioni, proprie e altrui; che studia le caratteristiche del gruppo, comprendendone gli obiettivi spirituali e pastorali propri della sua identità; che si preoccupa della formazione dei membri del gruppo che anima; che sa accompagnare la crescita in maturità ed autonomia personale e cristiana; che offre un’assistenza spirituale di qualità; propositiva, che sa gestire le differenze e le difficoltà in modo positivo (persona resiliente); che offre orientamento salesiano di fronte alle novità che emergono dalla vita e dall’azione quotidiana; che, quando è sollecitata per via telefonica, fax, e-mail, risponde tempestivamente. IV. Stile di animazione del Delegato, dell’Assistente, del Consigliere e dell’Animatore Esponiamo ora alcuni suggerimenti da seguire nell’accompagnare i gruppi della Famiglia Salesiana. Rileviamo aspetti che hanno a che vedere col carisma salesiano. Queste proposte ci aiuteranno a vivere la fedeltà alla Chiesa e allo spirito di don Bosco. 1. Vivere l’amorevolezza salesiana nel servizio dell’accompagnamento: intelligenza emozionale. Don Bosco nei ricordi confidenziali ai direttori si esprimeva cosi: “La carità e la pazienza ti accompagnino costantemente nel comandare, nel correggere, e fa in modo che ognuno dai tuoi fatti e dalle tue parole conosca che tu cerchi il bene delle anime”. “Nel comandare si usino 181 sempre modi e parole di carità e di mansuetudine. Le minacce, le ire, tanto meno le violenze, siano sempre lungi dalle tue parole e dalle tue azioni554”. “Procurate di scegliere nelle correzioni il momento favorevole” e “Togliete ogni idea che possa far credere che si operi per passione555”. Pietro Braido sottolinea che “nel lessico italiano, familiare a don Bosco, la parola “amorevolezza” non si identifica con amore, né indica la virtù teologale della carità, appartenente al mondo della rivelazione cristiana. Il termine indica piuttosto un grappolo di piccole virtù relazionali o atteggiamenti o comportamenti tra persone, che si dimostrano in parole, gesti, aiuti, doni, sentimenti di amore, di grazia e di cordiale disponibilità. È affetto, benevolenza, bontà, sollecitudine di padri e madri, anche spirituali, verso i figli”556. “Amorevolezza indica in don Bosco un complesso codice di simboli, segni, comportamenti”. È “il tratto mediante il quale si manifesta la propria simpatia, il proprio affetto, la comprensione e compassione, la compartecipazione alla vita altrui”557. Per accompagnare inseguendo la prospettiva di don Bosco, è basilare avere “la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, motivarsi e gestire adeguatamente i rapporti che sosteniamo con gli altri e con noi stessi”. Detto in altre parole: “È la capacità di controllare e canalizzare gli obiettivi che ci proponiamo”558. L’amorevolezza in don Bosco è espressa in maniera dinamica. Essa assume diverse sfaccettature in rapporto alla varietà delle situazioni di povertà e di abbandono con cui risponde l’esuberanza di qualità umane e divine dell’educatore, nei suoi diversi ruoli: “Padre, fratello, amico”, oltre che benefattore, maestro, sostenitore. Questo fu don Bosco. Il Sistema Preventivo si muove in quest’orizzonte. Effetto interiore della carità, certamente riguardante l’amorevolezza verso i giovani “poveri e abbandonati”, è il sentimento della misericordia. Il Delegato, l’Assistente, il Consigliere, l’Animatore sono chiamati a essere persone di grande misericordia. Inoltre, l’amorevolezza manifesta lo spirito che spinge l’educatore e definisce il suo stile educativo: la carità pastorale tradotta in bontà di cuore e di modi. È radicata nel rapporto con i giovani: disponibilità, profonda simpatia per il loro mondo, l’interesse paterno per la loro crescita, la partecipazione nella loro vita e la ricerca della loro salvezza. L’amorevolezza non è una pedagogia da bambino, è piuttosto un orientamento e un programma per persone adulte; un modo di vedere, di giudicare e di attuare. Tutto il Sistema Educativo di don Bosco si fonda nelle parole di san Paolo: “La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 4-7). 554 J. Canals, Don Bosco. Obras fundamentales, BAC, Madrid 1978, Recuerdos a los directores, pp. 551-556. (Tratto da: P. Braido, Prevenire non reprimere. Il Sistema educativo di Don Bosco, LAS, Roma 1999, p. 344). 555 J. M. Prellezo, Dei castighi da infliggersi, pp. 294-300. (Tratto da: P. Braido, Prevenire non reprimere. Il Sistema educativo di Don Bosco, LAS, Roma 1999, p. 444). 556 P. Braido, op. cit., p. 293. 557 Ibíd., p. 293. 558 J. Urcola, Dirigir personas: fondo y forma, ESIC, Madrid 20085, p. 157. 182 “In conclusione, per vivere l’amorevolezza occorre essere se stessi, attaccati alla realtà sociale, culturale, familiare e comunitaria, con bassi livelli di reattività559”. È conveniente che coltivi e salvaguardi una serie di competenze; la mancanza di esse costituisce infatti, una delle principali cause di fallimento nella animazione e nell’accompagnamento di persone, di gruppi e di istituzioni. Don Bosco, nel proemio al Regolamento dell’Oratorio di san Francesco di Sales, redatto nel 1854, illustra lo scopo del suo progetto: “Quest’Oratorio è messo sotto la protezione di San Francesco di Sales, per indicare che la base sopra la quale la congregazione si appoggia è la carità e la dolcezza, virtù caratteristiche del santo”. San Francesco di Sales nell’introduzione alla Vita Devota, evidenzia come “l’umiltà ci perfeziona con rispetto a Dio e l’amabilità con rispetto al prossimo”. Se l’amabilità è fondamentale nei rapporti umani, la motivazione è anche necessaria per coinvolgere e soprattutto per far fare ad altri. 2. Essere un ottimo gestore di motivazioni Il gestore di motivazioni è una persona che sa equilibrare una serie d’aspetti nell’agire nei confronti degli altri. Attesta Pietro Braido che come educatore, don Bosco coniugava “saggezza e fermezza, idealismo e realismo, calcolo umano e fiducia in Dio, paziente attesa e spinta in avanti, diplomazia e franchezza si accompagnano sempre in equilibrio dinamico560”. Don Bosco in una lettera indirizzata a don Lemoyne, direttore a Lanzo Torinese, suggerisce: “Abbi pazienza, fatti coraggio, aggiusteremo tutto. È un anno di eccezione; il materiale per edificare c’è; bisogna soltanto collocarlo al suo posto […]. Le cose si presentano con le più belle apparenze; di qui ad otto o dieci giorni scrivetemi di nuovo, ed esponetemi le vostre difficoltà; ma ditemi nel tempo stesso il vostro parere intorno al modo di superarle561”. Nel testo si può scoprire come don Bosco agisca con un’alta capacità nell’uso della difficile arte della motivazione: incoraggia ed, al tempo stesso, chiede il contributo della persona nella soluzione del problema. Infatti, motivare non è altro che “muovere una persona a realizzare qualcosa che vogliamo faccia”. In altre parole, “motivazione è la situazione emozionale positiva, che si produce in qualsiasi soggetto, quando esiste uno stimolo o incentivo che soddisfa una necessità e che fa sviluppare una specifica condotta562”. Don Bosco implicitamente genera un clima d’ottimismo, in modo tale da sollecitare lo stesso don Lemoyne a recuperare la motivazione e la possibilità che lo porti ad agire e realizzare il compito da fare. La motivazione può essere positiva o negativa. Quando si adopera la motivazione negativa, dobbiamo tener conto dei seguenti requisiti: che sia poco comune, che sia opportuna ed al momento giusto, che sia personale, cercare che l’interessato sia da solo e infine, che sia proporzionale alla mancanza fatta. Non procedere senza tenere conto dell’amabilità e del rispetto della persona. 559 Cfr. M. Bowen, De la Familia al individuo: Diferenciación del sí mismo en el sistema familiar, Paidos, Madrid 1991, p. 63. 560 P. Braido, op. cit., p. 174. 561 Ibíd., p. 191. 562 J. Urcola, op cit. p. 278. 183 Una persona potrebbe diventare normalmente demotivata o disinteressata quando il proprio atteggiamento o condotta di agire appaiono contrari o indifferenti agli obiettivi stabiliti nel gruppo di appartenenza. Che cosa potrebbe scoraggiare una persona del gruppo che accompagniamo? Si prospetta una risposta a tre livelli. In riferimento alla persona stessa: un sentimento d’ingiustizia, aspettative non raggiunte, problemi nel nucleo familiare, problemi personali, ecc. Riguardo al gruppo di appartenenza: mancanza di obiettivi, assenza di progetto, la routine o monotonia, l’eccesso o il sovraccarico di lavoro e la tensione. Con riferimento al Delegato, Assistente, Consigliere, Animatore, o al responsabile diretto del gruppo: la mancanza nella definizione delle funzioni o compiti dell’equipe, lo stile di leadership, la mancanza di riconoscimento dello sforzo fatto dagli altri, i rimproveri o le critiche dinanzi agli altri, fare delle promesse e non realizzarle, animare senza ascoltare le persone, la parzialità, la mancanza d’appoggio, portare nell’equipe sentimenti di fallimento o sfiducia. Don Bosco nei Regolamenti dell’Oratorio, quando si riferiva ai castighi, affermava: “Le modalità nella correzione siano l’amorevolezza, la ragione e il riserbo: pazienza, carità, e grazia; di norma, non fare correzioni o dare castighi in pubblico, ma in privato, facendo comprendere all’allievo il suo errore “colla ragione e colla religione”; non correggere d’impulso, ma pacatamente, attendendo eventualmente il placarsi della passione; soprattutto, procurare che l’allievo se ne parta “soddisfatto e amico563”. In generale, come si potrebbero motivare meglio le persone o il gruppo? “Fissando obiettivi e sfide appetibili, valorizzando gli obiettivi raggiunti, attraverso una buona comunicazione e un buon rapporto, ricompensando la buona riuscita, favorendo la partecipazione, la fiducia, la crescita integrale e incoraggiando la creatività”564. Dirigere non è altro che motivare le persone in una determinata direzione. Nel momento di motivare, è fondamentale gestire bene l’arte della comunicazione. 3. Essere un ottimo comunicatore Il Sistema Preventivo è l’espressione più ricca della visione di don Bosco sull’educazione, ma anche sulla comunicazione. Don Bosco era un ottimo comunicatore, fu capace di usare molteplici mezzi con l’unico scopo d’arrivare ai giovani. Egli utilizzava tutti gli strumenti ed i linguaggi di comunicazione disponibili al suo tempo per l’educazione: il teatro, le accademie, la musica…565. Le persone comunicano di continuo. La comunicazione è un modo d’espressione e di relazione. Don Bosco possedeva delle abilità comunicative, quali: la capacità d’elaborare adeguatamente idee e piani d’azioni mentali, l’impiego di un vocabolario giusto, saper ascoltare, domandare, fare silenzio, ecc. Il santo torinese nel comunicare il suo progetto ai giovani e ai benefattori lo faceva con convinzione, carisma, forza ed efficacia. Sapeva trasmettere entusiasmo e passione. Grazie a 563 Ibid., p. 344. Cfr. Ibid., pp. 298-306. 565 Sistema Salesiano di Comunicazione Sociale, Roma 2005, p. 7. 564 184 queste due preziose caratteristiche raggiunse il suo scopo: fare innamorare un gruppo di diciotto giovani per iniziare la Società Salesiana. È fondamentale per un accompagnatore, sviluppare una serie di abilità comunicative, quali: avere ben chiari gli obiettivi; esplorare, ascoltare, osservare, identificare le regole della situazione, preparare l’ambiente, percepire il desiderio di comunicare che ha l’interlocutore; non interpretare, piuttosto domandare; appoggiarsi sui fatti e non sulle supposizioni; curare il modo di comunicare; cercare di esseri precisi; confermare se siamo stati capiti; fuggire gli stereotipi, l’etichetta e le generalizzazioni; cercare d’essere consistenti al momento d’esprimere le idee; evitare il sarcasmo, le umiliazioni e i giudizi. Nella comunicazione intervengono tre aspetti sostanziali: verbale (usare un linguaggio giusto), la dizione (pronunziare bene le parole) e visuale (guardare le persone, stabilire un contatto con esse). Nella misura in cui usiamo giustamente questi aspetti, il messaggio arriverà, colpirà e diventeremo persone credibili. Quando si parla con le persone, dobbiamo guardarle in faccia. La vista è un senso dominante che permette di causare impatto. Lo sguardo permette di stabilire un collegamento con l’altro. Perciò, è fondamentale dare sicurezza nei primi secondi, curare i movimenti e il modo di vestire. Utilizzare bene i gesti e il sorriso, contribuisce a comunicare meglio il messaggio. L’obiettivo è colpire positivamente l’interlocutore, affinché non si chiuda e possa accettare come importante, attraente e unica la proposta che si fa. Diventeremo buoni comunicatori nella misura in cui siamo disposti ad ascoltare. Ascoltare è un’abilità che possiamo migliorare ogni giorno. In genere, “la nostra difficoltà ad ascoltare si rispecchia nella nostra difficoltà a ricordare”566. Cioè: non ricordiamo perché non ascoltiamo. Esiste una serie di modi o comportamenti che ostacolano la comunicazione: comandare: può generar rifiuto o sottomissione; minacciare: intimorire. Genera paura o atteggiamenti intimidatori; giudicare: inibisce e scoraggia; eludere: non permette di chiarire o affrontare qualsiasi situazione; minimizzare: implica svalutare la persona, provoca una diminuzione della sua autostima. Lo scopo principale della comunicazione è creare unità, armonia, comunione e comprensione reciproca tra le persone. In una struttura sociale non si può progredire, relazionarsi e diventare se stessi senza un’autentica comunicazione. La qualità di una comunità cristiana non si misura in termini di numero di associazioni, programmi, assemblee e quant’altro, bensì nell’unità e nella cura reciproca all’interno della comunità. La comunicazione di Gesù, sia verbale sia non 566 C. Cruz, Cómo comunicarnos en público, Pirámide, México 2005, pp. 60-68. 185 verbale, era sempre tesa a entrare in relazione con le persone e ad aiutarle a rapportarsi tra di loro e con Dio567. V. La situazione: punti di debolezza e punti di forza Non è facile accompagnare. Nella misura in cui siamo capaci di valutare il nostro agire come accompagnatori, potremo crescere come tali. Siamo chiamati a superare gli errori che si possono verificare nell’accompagnamento delle persone e dei gruppi. Nelle situazioni concrete riscontriamo punti di forza e di debolezza. Punti di forza del Delegato/a: E’ felice di essere delegato/a: questo servizio non deve essere un “peso in più”, ma sorgente di crescita umana e spirituale; Ha cura dell’accompagnamento vocazionale; E’ convinto che tutti i gruppi della Famiglia Salesiana condividono la vocazione e la missione salesiana al seguito di Don Bosco; E’ presente agli incontri dei Consigli locali e ispettoriali: conosce personalmente i responsabili del gruppo; dà un contributo di riflessione; guida e incoraggia nel compimento della loro missione; condivide e sostiene l’animazione spirituale del gruppo; propone cammini di riflessione; accetta di camminare con loro; favorisce la loro autonomia; allarga il campo della preghiera e dell’Eucaristia a tutta la Famiglia salesiana; partecipa ai Ritiri e agli Esercizi spirituali organizzati dal gruppo Rinforza i legami di comunione e missione con gli altri fratelli e sorelle della Famiglia Salesiana; Favorisce il passaggio dal «fare» il salesiano a «essere» salesiano, dal «fare» famiglia a «essere» famiglia Punti di debolezza: evidenziamo gli errori più frequenti nella direzione: Direzione per improvvisazioni: quando veniamo costretti ad agire ed a mettere rattoppi e rimedi fuori tempo, con un alto prezzo psicologico. Direzione per tentativi: si effettuano delle prove d’azioni per raggiungere risultati positivi. Direzione per urgenze: non esistono obiettivi, né priorità, né pianificazione; l’unico criterio di attuazione è l’urgenza. Direzione per avvenimenti: in questo caso non è l’urgenza che determina, piuttosto è l’avvenimento accaduto a una terza persona che si presenta in un momento determinato. Direzione per aneddoti: agire secondo le notizie lette sul giornale o dopo aver udito un commento in una riunione di corridoio. Dirigere alla “giornata”: si affrontano i problemi mentre si va avanti, improvvisando. Si produce nelle persone un senso profondo di disorganizzazione e di assenza di direzione. Direzione per spavento o per problemi: quando esiste la tendenza a reagire davanti a qualunque problema nuovo come se fosse il più importante. 567 J. Srampickal, Il sacerdote e la comunicazione, in “La Civiltà Cattolica” CLXI (2010) 3845, p. 392. 186 Altri errori risultano fondamentali: Non avere obiettivi chiari: questo è uno degli errori più frequenti. Ci sono dirigenti “banderuola” o volubili. Non misurare o valutare i lavori che si fanno: l’unica forma per conoscere il raggiungimento degli obiettivi è quella di valutarli. Essere più “quello che fa tutto” rispetto a “colui che dirige/coordina”: questi sono i dirigenti che “mettono un piede in due staffe”, desiderano fare “tutto” pensando di realizzarlo meglio degli altri. Hanno difficoltà a delegare. Scarsa dedizione al gruppo affidato: di solito vivono un po’ al margine, interessa loro soltanto l’incarico, il titolo, perché in un certo modo conferisce prestigio e quindi dà importanza. Non captare le opportunità in confronto col gruppo accompagnato: vivono soltanto per risolvere i problemi che accadono giorno dopo giorno. Non sfruttano le condizioni favorevoli. Procedere semplicemente come autorità gerarchica: il semplice ordine e comando. La pressione senza controllo e l’imposizione sono le forme abituali di rapporto con i propri collaboratori. Decidere senza avere in mano informazioni adeguate: non hanno tempo per sedersi a pensare e prendere le giuste decisioni. Decidono mentre fanno il cammino in base alle intuizioni: certamente corrono un grosso rischio. Scarsa sensibilità verso i collaboratori. I collaboratori sono per loro semplici mezzi di produzione e cercano di sfruttarli al massimo. Di solito sono persone distanti, fredde e in genere non conoscono i problemi dei collaboratori. Presentano poco interesse per migliorare: in genere sono conformisti, si sentono soddisfatti con quello che possiedono, hanno scarsa iniziativa di sviluppo e di crescita, non imparano dagli errori commessi568. Non sfruttano le capacità di resilienza569. Le persone hanno bisogno di modelli di riferimento da imitare ed è evidente che i giovani sono alla disperata ricerca di tali modelli. La ricerca accademica dei buoni esempi per dimostrare le teorie si indirizza verso la necessità della testimonianza. Giovanni Paolo II ha espresso questo concetto con poche parole: “La testimonianza della vita cristiana è la prima e insostituibile forma della missione”570. Le persone devono notare che siamo affettuosi, solleciti, amanti e promotori della pace, devoti e capaci di perdonare, non soltanto capaci di predicare. Un famoso detto recita: “Ciò che sei risuona così forte che non riesco a sentire cosa dici”. 568 Cfr. J. Urcola, op. cit., pp. 60-64. Resilienza è un termine che può assumere diversi significati a seconda del contesto: In psicologia, la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la capacità di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità. Persone resilienti sono coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti. In ingegneria, la resilienza è la capacità di un materiale di resistere a forze di rottura. In informatica, la resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi alle condizioni d'uso e di resistere all'usura in modo da garantire la disponibilità dei servizi erogati. In ecologia e biologia la resilienza è la capacità di autoripararsi dopo un danno. 570 Redentoris missio, 42. 569 187 VI. Conclusione I Capitoli Generali dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, insistono sul fatto che dobbiamo camminare verso un cambiamento di mentalità, per rispondere ai compiti e alle sfide che la missione ci presenta. Questo invito al cambiamento di mentalità, è soprattutto un appello alla conversione, che deve essere accompagnata da una grande creatività. Ogni carisma nella Chiesa e, naturalmente nella Famiglia Salesiana, è il risultato dell'azione creatrice dello Spirito Santo nelle persone. Gli accompagnatori dei gruppi della Famiglia Salesiana, devono essere persone disposte al cambiamento di mentalità, a vivere la creatività e la flessibilità tipica del Carisma salesiano. Un buon numero di individui e istituzioni lottano per un cambiamento di mentalità, ma non sono disposti a rompere con paradigmi, per timore che le loro procedure e pratiche, le loro credenze, i loro modi di fare siano messi a repentaglio. Dunque, fanno la stessa cosa e si aspettano risultati diversi. Come accompagnatori dei gruppi della Famiglia Salesiana, dobbiamo capire che un cambiamento di mentalità, implica una opportuna sfiducia nei confronti di alcune abitudini e procedure, per acquisire nuove condotte senza cadere nel prurito della novità. Qualsiasi cambiamento di mentalità implica creatività, ma la creatività deve essere sempre indirizzata a raggiungere scopi ben definiti, per evitare la dispersione e le proposte semplicistiche. La creatività dovrà essere concentrata sugli obiettivi strategici, sui piani pastorali, sulle sfide carismatiche della Famiglia Salesiana e ai gruppi che si accompagnano. Inoltre, la creatività deve concentrarsi sulle sfide e problemi più pressanti. “Una tale vocazione esige speciali doti di mente e di cuore, una preparazione molto accurata, una capacità pronta e costante di rinnovamento e di adattamento”571. Tutto questo esige una certa flessibilità degli strumenti e delle strutture. Sosteneva il sacerdote e predicatore francese, Herni Dominique Lacordaire, che “per dirigere o accompagnare occorre fermezza, ma anche una grande flessibilità e pazienza”. Allo stesso modo in cui un seme richiede alcune condizioni fondamentali per la crescita (terra, acqua, sole), si devono dare alcune condizioni imprescindibili per creare e coltivare la cultura della creatività e della flessibilità nella Famiglia Salesiana. Ad esempio: la creatività richiede una mentalità aperta alle nuove idee. Uno dei motivi per cui la creatività non fiorisce nelle istituzioni e nei gruppi è a causa di non disporre del tempo sufficiente per uscire dalla routine per pensare e riflettere con calma. La creatività ha bisogno di tempo di distensione per incubare e maturare le grande idee. Normalmente, l’attivismo è un nemico acerrimo della creatività. Per la formazione si dovrebbe avere sempre tempo e non siamo mai così vecchi da non avere bisogno di essa. Sosteneva Madre Teresa di Calcutta: “Quando gli anni non ti permettono di correre, trotta. Quando non puoi trottare, cammina. Quando non puoi camminare utilizza il bastone … Ma mai, mai fermarsi. Penso che la sfida sia proprio arrivare a comprendere che “il trionfo non consiste nel vincere sempre, ma nel non scoraggiarsi mai”. L’accompagnamento che i Delegati/e sono chiamati a offrire deve portare a sviluppare al massimo il carisma del fondatore o della fondatrice di ogni Gruppo della Famiglia Salesiana. 571 Gravissimum Educationis, 5. 188 Il perenne affidamento a Maria Ausiliatrice, Madre e Maestra, contribuisca a rendere sempre più sentito e concreto il compito di essere segni e portatori dell’amore di Dio in tutti i luoghi dove il messaggio di Don Bosco e la vocazione salesiana si incarnano, per essere lievito di speranza e di amore per i giovani e per gli uomini e le donne del nostro tempo. 189 190 Sfide dei delegati, dei presidenti e degli Exallievi/e di Don Bosco oggi Ogni giorno la vita, la società e i giovani ci presentano delle sfide alle quali siamo costretti a rispondere. Oggi più che mai, si richiedono dirigenti o direttivi con una alta capacità nell’arte di governare per raggiungere le sfide. La missione della Famiglia Salesiana e di ogni gruppo di essa, richiede dei veri dirigenti con una buona capacità come guida. Warren Bennis nel suo articolo: “Come diventare leader”, indica che “i leaders si distinguono degli altri per il loro costante appetito di conoscenza ed esperienze, e, nella misura in cui il loro mondo si ingrandisce e diventa più complesso, le loro risorse di comprensione si moltiplicano e si purificano”. Nel nostro tempo è basilare che ogni intervento inizi con una buona conoscenza della realtà sociale e culturale dominante. Questa risoluzione ci aiuterà a dare risposte giuste e coerenti. È proprio nella realtà sociale e culturale dove possiamo scoprire quello che Dio ci chiede. L’analisi della realtà deve essere fatta, tenendo conto della prospettiva del Vangelo e di Don Bosco. L’incursione nella difficile arte di condurre o accompagnare persone, ci chiede anzi tutto di essere capaci di dirigerci noi stessi. Il Progetto Personale di Vita è uno strumento fondamentale per aiutarci a dirigere noi stessi. Un altro strumento fondamentale a livello istituzionale, è il Piano Strategico. Per noi Exallievi/e sarà il Piano Strategico della associazione e il Piano di Governo di ogni Ispettoria o nazione. L’esecuzione del Piano deve essere accompagnato dalla forza trascinante della amabilità tipica del Sistema Preventivo di Don Bosco. L’appello ad essere evangelizzatori dei giovani richiede a ciascuno di noi, specialisti nel mestiere della motivazione e nel comunicare o trasmettere il messaggio evangelico con la testimonianza. Tanto nell’intervento evangelizzatore, quanto nell’intervento educativo si possono commettere degli errori umani, specialmente, in riferimento alla direzione o accompagnamento dei processi o dei gruppi e nella esecuzione o concretizzazione del progetto. Certo che errare è degli umani, per ciò, dobbiamo riconoscere e superare con umiltà le inesattezze commesse. Rispondendo alle grandi sfide esposte precedentemente, ci introdurremo verso la opportunità di crescere in attualità, incidenza, identità e maturità. 1. Conoscere la realtà sociale, culturale e giovanile Con l’obiettivo d’accostarci alla realtà sociale, culturale e giovanile oggi, presenteremo alcuni dati tratti da una Lettera del Rettore Maggiore, Don Pascual Chávez, dell’anno 2006 (ACG 394 pags. 15-19). Si presenteranno aspetti tali come: la povertà, la mobilità umana, la violenza, le minacce contro la vita, la minacce all’amore possessivo e superficiale, le nuove forme di rapporti, le nuove forme d’impegno, l’esigenza di costruire la propria identità, la manipolazione culturale, la cultura di vita e di morte e per ultimo la secolarizzazione. La situazione di povertà, generata da un sistema neoliberale, obbliga molti giovani alla sopravvivenza. Oltre 200 milioni di giovani, il 18% della gioventù mondiale, vive con meno di 1 dollaro al giorno e circa 515 milioni con meno di 2 dollari. Nel 2002 sono stati stimati 175 milioni di emigranti a livello mondiale, 26 milioni dei quali sono giovani. La mancanza di lavoro, lo sfruttamento ed un sistema educativo precario e selettivo, limitano le loro prospettive di futuro: 88 milioni di giovani sono disoccupati; 130 milioni di ragazzi non hanno alcuna istruzione. 191 Si nota una forte tendenza alla mobilità umana espressa da masse umane che, sospinte dalla povertà, dalla fame e dal sottosviluppo, emigrano verso i paesi della ricchezza e del benessere. Un aspetto di tale fenomeno è l’urbanizzazione o la migrazione interna ai paesi. C’è la perdurante sfida della povertà, della fame, delle malattie e del sottosviluppo, insieme alle sfide che provengono dallo sfruttamento dei bambini e dei minori nei volti tragici dell’emarginazione, del lavoro minorile, del turismo sessuale, della mendicità, dei ragazzi della strada, della delinquenza minorile, dei bambini soldato, della mortalità infantile. Si consolida una visione della società basata sui consumi e si diffonde ovunque una mentalità consumista, sia nei paesi ricchi che in quelli in via di sviluppo. La cultura della violenza è vissuta come reazione al disagio; si notano i fenomeni della droga, del terrorismo, delle guerre, i ragazzi soldato, i genocidi. I livelli di delinquenza sono drammaticamente cresciuti nei paesi in via di sviluppo. La delinquenza giovanile è spesso correlata con l’abuso di alcool e di droghe. In Africa essa è collegata alla fame, alla povertà, alla disoccupazione. Minacce contro la vita e la sua dignità sono costituite da aborto, suicidio, eutanasia, torture, che generano una cultura di morte e la perdita del senso della vita. In un anno praticano l’aborto 5 milioni di ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni. Anche la vita cristiana rischia di non essere valida per i giovani, se non riesce a superare la dicotomia tra fede e vita. Costituisce una minaccia, quella cultura che promuove un amore possessivo e superficiale, che cerca la soddisfazione immediata del piacere, che promuove la commercializzazione del corpo e lo sfruttamento sessuale, le gravidanze precoci di più di 14 milioni di adolescenti, l’instabilità dei rapporti di coppia. L’AIDS provoca infermità gravi e genera paura: almeno il 50% delle nuove infezioni da HIV sono tra i giovani; circa 10 milioni di giovani è affetto da AIDS, di cui 6,2 nell’Africa Sub-Sahariana e 2,2 in Asia. Attualmente sono stimati in circa 15 milioni i ragazzi sotto i 18 anni che sono orfani a causa dell’AIDS; di essi circa 12 milioni vivono nell’Africa Sub-Sahariana e il numero potrebbe salire a 18 milioni nel 2010. La Chiesa trova difficoltà nel presentare una proposta morale significativa per i giovani. Esiste da parte dei giovani una forte domanda di nuovi rapporti di amicizia, di affetto, di compagnia, per superare le carenze affettive che li rendono insicuri, poco fiduciosi in sé e incapaci di stabilire rapporti stabili e profondi. Il bisogno di rapporti significativi tra adulti e giovani necessita ascolto e accoglienza. Soprattutto tra i giovani appaiono nuove forme d’impegno e di partecipazione nel sociale, attraverso reti multiple e aperte di appartenenza, di prossimità, di socialità ristretta e immediata, che si situano tra lo spazio della vita privata e quella pubblica, come le esperienze di volontariato o di servizio civile nelle sue svariate forme e stili, i movimenti no-global, ecologisti, pacifisti, ecc. I giovani sentono il bisogno di costruire la propria identità. Essi possiedono una grande quantità di conoscenze e di esperienze, ma vivono una notevole frammentazione e disorientamento, con scarsi punti di riferimento significativi. Ciò li rende incerti e fragili di fronte alla ricerca della propria identità e alla definizione del proprio futuro. Sentono poi un grande bisogno di felicità: essere felici è il sogno e il progetto più grande che i giovani portano nel cuore. Affermano il diritto alla differenza, che superi la tendenza alla omologazione della società globalizzata e riconosca il valore dell’esperienza vitale al di sopra di ogni ideologia e dottrina. Hanno l’esigenza di essere riconosciuti e di essere protagonisti nella vita sociale, lavorativa e politica. 192 La manipolazione culturale attraverso i mezzi di comunicazione sociale favorisce una cultura superficiale, consumista ed edonista. Sono un ostacolo, quegli atteggiamenti che condizionano fortemente il formarsi dell’identità: il conformismo come adattamento acritico, il pragmatismo preoccupato di ricercare il risultato immediato, la mentalità relativista ed individualista con la quale si ricerca una libertà slegata da ogni valore. La paradossale cultura della vita e della morte entra in confronto con lo sviluppo delle biotecnologie e dell’eugenetica. Esiste uno squilibrio tra lo sviluppo dell’uomo e dei popoli e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. C’è un crescente consolidarsi della cultura dell’individualismo, che origina una visione relativista della realtà e dell’uomo. Da tale visione antropologica deriva una nuova formulazione dei valori umani, basata sul relativismo etico, che il Papa Benedetto XVI non esita a chiamare “dittatura”. Anche una diffusa fragilità psicologica e motivazionale può essere collegata a queste espressioni del pensiero debole. Cresce il problema educativo in riferimento alla trasmissione dei valori, a causa delle continue trasformazioni del costume, dell’influsso delle mode, dei modelli. L’allargarsi poi del fenomeno della secolarizzazione esalta svariate forme di umanesimo senza Dio e relega nel privato tutte le espressioni di fede religiosa. Il pluralismo nei temi della famiglia, della vita, dell’amore, del sesso, un nuovo senso del sacro, la crisi delle istituzioni tradizionali, il facile accesso agli stupefacenti sono sfide provocanti. Si nota il radicarsi del fondamentalismo religioso e la conseguente difficoltà ad un dialogo di reciprocità tra le diverse fedi. Sorgono nuovi movimenti religiosi come risposta ai bisogni di spiritualità e di aggregazione religiosa; tra essi non vanno trascurati il fenomeno delle sette e il cosiddetto movimento “New Age”. Questa è la realtà che dobbiamo affrontare come Famiglia Salesiana e come Exallievi/e di Don Bosco. Ciò significa che dobbiamo prepararci bene. La preparazione migliore sarà ripartire da Don Bosco, conoscere lui, innamorarci di lui e della sua missione. 2. Ritornare a Don Bosco: essere affascinati da lui Ma come non ritornare a Don Bosco se lui si faceva in quattro per gli Exallievi, persino in una occasione dissi: “Non siete più quei ragazzi che io amavo tanto; ma sento che ora vi amo ancora più d’una volta, perché colla vostra presenza mi assicurate che stan saldi nel vostro cuore quei principi di nostra santa religione che io vi ho insegnati e che questi sono la guida della vostra vita. E poi vi amo ancora di più, perché mi fate vedere che il vostro cuore è sempre per Don Bosco (…) che sono tutto vostro nel fare e nel pensare, in ogni mia azione (…) Voi eravate un piccolo gregge: questo è cresciuto, cresciuto molto, ma si moltiplicherà ancora” 572. Continua ribadendo Don Bosco: “Ovunque andiate e siate, rammentatevi sempre che siete i figli di Don Bosco, i figli dell’Oratorio”573. Dall’altra parte, costata Bastasi che: “Gli allievi si sentivano amati da Don Bosco, non come semplici discepoli, ma come figli, per cui, una volta adulti, sorse tra di loro naturale il pensiero di ritornare alla casa paterna. Cosi continua a riprodursi questo ritorno spontaneo alle Case di educazione dove si semina quel sensus revertendi sentito dagli Exallievi e si lavora con lo stesso spirito e metodo di Don Bosco. Il Movimento Exallievi non fu, quindi istituito dagli educatori come associazione post-scolastica con elementi scelti, con finalità associative, ma venne su da sé”, con la vitalità di un Carisma nelle sue origini” 574. 572 MB 17, 173-174. MB, 17, 489. 574 U. Bastasi, Guida organizzativa del Movimento Exallievi de Don Bosco, Torino 1965, pàg. 8 573 193 Ritornare a Don Bosco per un Exallievo/e può significare: a) convertire mentalità e modificare strutture per passare da una mentalità individualista, a uno stile comunitario che coinvolge giovani, famiglie e laici nell’annuncio di Gesù Cristo”575; b) “amarlo, studiarlo, imitarlo, invocarlo e farlo conoscere applicandosi alla conoscenza della sua storia…"576 ed allo Studio della storia della Confederazione degli Exallievi e della Famiglia Salesiana: conoscere lo Statuto della Confederazione a livello mondiale, nazionale e ispettoriale; c) leggere libri o articoli con certa profondità e rigore scientifico sulla persona di Don Bosco e sul Sistema Preventivo; d) assicurare una buona formazione degli associati a livello locale, nazionale e ispettoriale; e) studiare la Carta di Comunione e della missione della Famiglia Salesiana e la Carta di Don Egidio Viganò del 1987 su gli Exallievi/e; f) avere un apostolato, innanzitutto, tra i Giovanni, a partire dalla propria famiglia e dai figli; g) motivare la partecipazione ai sacramenti, soprattutto, l’Eucaristia, la Riconciliazione, l’orazione personale e della famiglia; h) prendere parte a esperienze: corsi, convegni, esercizi spirituali, ecc. che aiutino la persona e le famiglie a centrare la vita in Dio e a rinvigorire il rapporto di coppia e con i figli; i) avere un accompagnatore spirituale e motivare i figli a fare lo stesso; j) elaborare il Progetto Personale di Vita e il Progetto Familiare; k) vivere la solidarietà tra gli Exallievi/e e con i giovani che domandano di essere accompagnati nel loro processo di crescita umana e cristiana. I suggerimenti presentati prima, sono aspetti che aiutano a costruire “un buon cristiano e un onesto cittadino”. In questo senso ribadiva Don Bosco agli Exallievi: “una cosa più di ogni altra vi raccomando, o miei cari figlioli, ed è questa: dovunque vi troviate, mostratevi sempre buoni cristiani e uomini probi… Molti di voi hanno già famiglia. Ebbene, quella educazione che voi avete ricevuta nell’Oratorio da Don Bosco, partecipatela ai vostri cari”577. In conclusione, Don Bosco e il CG26 invitano ad assumersi la responsabilità della propria esistenza, della propria formazione, a programmare la santità, a stabilire traguardi ben definiti, per evitare che ci impongano il piano del mondo: individualismo, edonismo, permissivismo e relativismo. Si può vivere in tanti modi, ma ce ne sono alcuni che non lasciano vivere umanamente e cristianamente. Inoltre, “la permissività e il relativismo sono due dissolventi del comportamento, che fanno sì che la persona permanga alla mercè dei capricci e dei sentimenti del momento578”. 3. Assumere l’evangelizzazione come un’urgenza È chiaro che Don Bosco non adoperò il concetto di evangelizzazione, piuttosto fece uso del termine “religione”. La parola “religione” era per lui un elemento costitutivo assolutamente imprescindibile nella educazione. “In Don Bosco la religione è il motivo e la spinta di tutta la 575 Capitolo Generale (CG) 26 della Società Salesiana, 31. CG 26, 1. 577 MB, 14, 511. 578 E. Rojas, Amigos. Adiós soledad, Diseño Editorial, Madrid 2009, Pág. 248. 576 194 sua opzione pedagogica. Per lui “religione” significò di fatto la fede cattolica; egli educò al Vangelo di Cristo promuovendo e facendo maturare pedagogicamente l’opzione battesimale dei suoi giovani”579. Don Bosco desiderava che i suoi ragazzi condividessero i valori imparati e vissuti nell’Oratorio: “Dovunque andiate e siate, rammentatevi sempre che siete i figli di Don Bosco, i figli dell’Oratorio… Felici voi se non dimenticherete mai quelle verità che io ho cercato di scolpire nei vostri cuori quando eravate giovanetti”580. In più, la Evangelii Nuntiandi segnala, riferendosi ai laici, che “il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza. Più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto più queste realtà, senza nulla perdere né sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio dell'edificazione del Regno di Dio, e quindi della salvezza in Gesù Cristo” (70). Operando in queste realtà accennate dall’Evangelii Nuntiandi, gli Exallievi/e fanno effettiva la volontà di Don Bosco, procedono come i suoi figli e come laici impegnati. Evangelizzare è la missione della Chiesa. Ella annunzia e trasmette il Vangelo, che è “potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede”581. “Evangelizzare significa non soltanto insegnare una dottrina, bensì annunciare il Signore Gesù con parole ed azioni”582. Gli Exallievi/e per l’educazione ricevuta sono chiamati a: a) “…educare ed evangelizzare mentalità, linguaggi, costumi ed istituzioni e …culture583; b) lavorare per la famiglia allo scopo che diventi un’istituzione evangelizzata ed evangelizzatrice; c) studiare e meditare la Parola di Dio per assimilarla e trasmetterla con la testimonianza584; d) formare la famiglia all’incontro con Cristo Parola e Cristo Eucaristia al centro di essa585; e) assicurare che i figli e i giovani abbiano una formazione umana e cristiana solida; f) accompagnare opportunamente i figli e i giovani al momento al momento del fidanzamento, affinché avviino un vero processo di conoscenza e crescita; g) coltivare in famiglia la devozione mariana e ai santi della Famiglia Salesiana; h) costruire all’interno della famiglia rapporti interpersonali cementati dalla amabilità, dal rispetto, dall’ascolto e dal dialogo. 579 E. Viganò, Lettera del Rettore Maggiore Don Egidio Viganò ai salesiani su gli Exallievi di Don Bosco, p. 16. MB, 17, 489. 581 Rm 1, 16. 582 CG 26, 23. 583 CG 26, 25. 584 Cfr. CG 26, 37. 585 Cfr. CG 26, 32. 580 195 L’assimilazione e la pratica di ciò che abbiamo riferito prima, ci aiuterà a realizzare quello che voleva Don Bosco: sigillare con la verità del Vangelo i cuori dei suoi ragazzi. La evangelizzazione è la grande opportunità degli Exallievi/e per vivere la responsabilità della propria vocazione cristiana e rendere operativi i frutti dell’educazione ricevuta nella società, cioè: diventare discepoli e missionari. Una delle grandi sfide dei cristiani laici e di tutta la Chiesa oggi, è essere lievito nel mondo con la forza trasformatrice del Vangelo. Vivere possedendo il Vangelo come punto di riferimento, come carta di navigazione. Il Progetto Personale di Vita è uno strumento che ci aiuta ad avviare la propria vita verso i veri traguardi che portano l’uomo fino alla santità. È l’opportunità di collocarsi bene davanti ai grandi argomenti della vita. Esso ci aiuterà a capire che “ci incontriamo in una società tecnicamente quasi perfetta, ma umanamente neurotica586”. 4. Avere un Progetto Personale di Vita Una persona che non sa proporre a se stessa sfide che portino al cambio, può facilmente finire disorientata, insicura e indefinita. Molte volte le persone non vanno via dai gruppi sociali o religiosi, piuttosto sfuggono da coloro che hanno responsabilità direttive nei loro confronti, perché a volte sono delle persone amorfe, senza ideali, senza mete chiare, senza illusione, senza entusiasmo e senza motivazione. Elaborare il Progetto Personale di Vita significa mettersi in un processo di accoglienza del progetto che Dio ha su ogni persona. In questo modo, il progetto di Dio si trasforma nel mio progetto. Fare il Progetto di Vita è cercare la realizzazione vocazionale, realizzando il piano di Dio nella propria persona, assumendo la responsabilità della propria vita. La vita è dinamica, è sempre in costruzione e Dio ne ha la direzione di essa. Lui stesso attesta: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto”587. Il Progetto di Vita contribuisce all’unificazione dal passato, dal presente e dal futuro della persona in sintonia con la propria opzione fondamentale. Il progetto diventa un mezzo di conversione e di rinnovamento e porta ad una maggiore autenticità e fedeltà alla vocazione588. Una persona sprovvista di meta e priva del piano (Progetto Personale di Vita) è come una nave senza carta nautica. È chiaro che per lui non ci sono venti favorevoli, non sa dove vuole andare. Se non sa dove andare, qualunque sia il cammino che scelga sarà giusto perché lo porterà a qualunque direzione. Quando si assume, con responsabilità, l’arte di dirigere persone è fondamentale avere imparato chi sono io, dove voglio andare e cosa desidero nella vita. Sfortunatamente, dove non c’è progetto, dove non c’è spinta di crescita personale si opera un deterioramento inevitabile. 5. Avere un piano di governo All’associazione degli Exallievi/e occorre camminare verso un progetto condiviso e conosciuto da tutti. Se nell’Associazione non esiste un progetto ben definito, essa potrebbe venire meno. E. Rojas, “Indicators of maturation of the personality”, Spanish Institute, New York, 1998. Conferencia pronunciada en la inauguración del curso académico. 587 Ger 1, 5. 588 Cfr. Carta de C. Francesco a los formadores. “Dicasterio para la formación. El Proyecto Personal de Vida. Para un camino de santidad juvenil”, 4 de febrero de 2003. 586 196 Tale progetto terrà conto dei diversi aspetti da curare, come per esempio: la formazione, la vita cristiana, l’apostolato, la solidarietà, ecc. Costituisce un’abilità di primo ordine, avere obiettivi ben chiari e sapere distinguere il principale dal secondario, l’importante dall’urgente nella attività educativo-pastorale o nella direzione dell’Associazione degli Exallievi. Se non si sa la direzione verso cui andare, nessun vento è favorevole. Il progetto favorirà ad avere ben chiare le funzioni direttive di prevedere/pianificare, organizzare, decidere, coordinare e controllare. Dirigere è, in grande misura, prevedere. La previsione richiede, determinare “in anticipo” il possibile succedersi delle differenti tappe del piano, cosi come lo stabilire gli opportuni indicatori di misura e di progresso. Cosa vuol dire dirigere: è organizzarsi la propria vita e contribuire alla organizzazioni di quella altrui. L’esito dei collaboratori è anche l’esito di chi coordina o dirige. È fondamentale convincersi che quello che non si può misurare, risulta praticamente impossibile controllare. Da ciò, scaturisce l’importanza di stabilire obiettivi chiari e misurabili. Il controllo è una funzione direttiva, non delegabile. L’essenziale in un direttivo di primo livello è pensare e riservare la maggior parte del tempo a determinare quello che bisogna fare, misurare e analizzare i risultati. I direttivi del livello successivo, si dedicano a organizzare il capitale tecnico e umano e all’esecuzione dei progetti. Per l’attuazione nella nostra Associazione deve essere chiaro quello che si desidera raggiungere, mostrare come farlo, tener conto della collaborazione di tutti, motivare e misurare la crescita dei membri. Se non stabiliamo il proprio cammino saranno gli altri a farlo per noi, portandoci al loro cammino. Il progetto dell’Associazione occorre che sia: chiaro, orientato a migliorare, sfidante, stimolante, interessante, coinvolgente e ben scritto. I membri dell’Associazione debbono conoscere e avere in mano il progetto, anche quando c’è un raduno, i soci dovrebbero partire sempre dal Piano Strategico o Piano di lavoro stabilito. È fondamentale stabilire momenti di valutazione per verificare i livelli di crescita e d’esecuzione del progetto. Non c’è sviluppo senza misura. Occorre un “metro” con cui misurare il progresso e valorizzare il livello di riuscita nella attività. Di solito, “le persone non fanno quello che il capo si aspetta da loro, bensì quello che il capo controlla e ricompensa” (W. Alan Randolph). Quello che ha ricompensa si fa. Nel lavoro di svolgimento e di verifica, sono fondamentali i valori della: vicinanza, comprensione, amorevolezza e fiducia. 6. Vivere l’amorevolezza salesiana nel servizio della direzione o dell’autorità: intelligenza emozionale. Don Bosco nei ricordi confidenziali ai direttori si esprimeva cosi: “La carità e la pazienza ti accompagnino costantemente nel comandare, nel correggere, e fa in modo che ognuno dai tuoi fatti e dalle tue parole conosca che tu cerchi il bene delle anime”. “Nel comandare si usino sempre modi e parole di carità e di mansuetudine. Le minacce, le ire, tanto meno le violenze, 197 siano sempre lungi dalle tue parole e dalle tue azioni589”. “Procurate di scegliere nelle correzioni il momento favorevole” e “Togliete ogni idea che possa far credere che si operi per passione590”. Affermava Baltasar Agracian “che realmente per dirigere persone occorre agire con la testa (Ragione)591, ma anche col cuore (Amorevolezza). Era precisamente quello che voleva Don Bosco. D’altra parte, commenta P. Braido che “nel lessico italiano, familiare a don Bosco, la parola amorevolezza non si identifica con amore, né indica la virtù teologale della carità, appartenente al mondo della rivelazione cristiana. Il termine indica piuttosto un grappolo di piccole virtù relazionali od atteggiamenti o comportamenti tra persone, che si dimostrano in parole, gesti, aiuti, doni, sentimenti di amore, di grazia e di cordiale disponibilità. È affetto, benevolenza, benignità, sollecitudine di padri e madri, anche spirituali, verso i figli592. …Amorevolezza indica in don Bosco “un complesso codice di simboli, segni, comportamenti”. È “il tratto mediante il quale si manifesta la propria simpatia, il proprio affetto, la comprensione e compassione, la compartecipazione alla vita altrui593”. Per governare o accompagnare inseguendo la prospettiva di Don Bosco è basilare avere la “capacità di riconoscere i propri sentimenti, i sentimenti degli altri, motivarsi e gestire adeguatamente i rapporti che sosteniamo con gli altri e con noi stessi”. Detto in altre parole: “È la capacità di controllare e canalizzare gli obiettivi che ci proponiamo”594. L’amorevolezza proposta da Don Bosco punta su cinque fattori, tre hanno a che vedere col personale e due col sociale. Quelle competenze personali sono: l’auto conoscenza, l’autocontrollo e l’auto motivazione. Le competenze sociali sono: l’empatia e le abilità sociali. L’“amorevolezza in Don Bosco è espressa sovrabbondantemente. Essa assume diverse sfaccettature in rapporto alla varietà delle situazioni di povertà e di abbandono con cui risponde l’esuberanza di qualità umane e divine dell’educatore nei suoi diversi ruoli: “padre, fratello, amico”, ed inoltre, benefattore, maestro, sostentatore. Questo fu Don Bosco. Il Sistema Preventivo si muove in questo orizzonte. “Effetto” interiore della carità, certamente afferente all’“amorevolezza” verso i giovani “poveri e abbandonati”, è il sentimento della misericordia. Inoltre, l“amorevolezza” manifesta lo spirito che spinge l’educatore e definisce il suo stile educativo: la carità pastorale tradotta in bontà di cuore e di modi. Ha a che vedere col rapporto con i giovani: disponibilità, simpatia profonda per il suo mondo e l’interesse paterno per la sua crescita, la partecipazione nella sua vita e la ricerca della sua salvezza. L’amorevolezza non è una pedagogia da bambino, piuttosto è un orientamento e un programma per persone adulte, una forma di vedere, di giudicare e di attuare. Tutto il Sistema Educativo di Don Bosco si fonda nelle parole di San Paolo: “La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si 589 J. Canals, Don Bosco. Obras fundamentales, BAC, Madrid 1978, Recuerdos a los directores, Págs. 551-556. (Preso da: P. Braido, Prevenire non reprimere. Il Sistema educativo di Don Bosco, LAS, Roma 1999, p. 344). 590 J. M. Prellezo, Dei castighi da infliggersi…, pp. 294-300. (Preso da: P. Braido, Prevenire non reprimere. Il Sistema educativo di Don Bosco, LAS, Roma 1999, p. 444). 591 Las palabras entre paréntesis son mías. 592 P. Braido, Op. Cit., p. 293. 593 Ibíd., p. 293. 594 J. Urcola, Dirigir personas: fondo y forma, ESIC, Madrid 20085, p. 157. 198 adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”595. In conclusione, per vivere l’amorevolezza occorre essere se stessi, attaccati alla realtà sociale, culturale, familiare e comunitaria, con bassi livelli di reattività596”. Una persona nel servizio dell’autorità o come leader è conveniente che coltivi e salvaguardi una serie di competenze; la mancanza di esse costituisce una delle principali cause di fallimento nella animazione e nell’accompagnamento di persone, gruppi e istituzioni. Don Bosco, nel Regolamento dell’Oratorio di San Francesco di Sales progettato nel 1854, presenta nel proemio lo scopo del suo progetto: “Questo Oratorio è messo sotto la protezione di San Francesco di Sales, per indicare che la base sopra la quale la congregazione si appoggia è la carità e la dolcezza, virtù caratteristiche del santo”. Inoltre, nell’introduzione alla Vita Devota, San Francesco di Sales, aggiunge: “L’umiltà ci perfeziona con rispetto a Dio, e l’amabilità con rispetto al prossimo”. Se l’amabilità è fondamentale nei rapporti umani, la motivazione è anche necessaria per coinvolgere e soprattutto per “far fare” ad altri. 7. Essere un ottimo gestore di motivazioni Il gestore di motivazioni è una persona che sa equilibrare una serie d’aspetti nell’agire nei confronti degli altri. Attesta P. Braido che Don Bosco era un educatore che coniugava “saggezza e fermezza, idealismo e realismo, calcolo umano e fiducia in Dio, paziente attesa e spinta in avanti, diplomazia e franchezza si accompagnano sempre in equilibrio dinamico597”. Don Bosco in una lettera indirizzata a Don Lemoyne, direttore a Lanzo Torinese, suggerisce quanto viene detto a continuazione: “Abbi pazienza, fatti coraggio, aggiusteremo tutto. È un anno di eccezione; il materiale per edificare c’è; bisogna soltanto collocarlo al suo posto (…). Le cose si presentano colle più belle apparenze; di qui ad otto o dieci giorni scrivetemi di nuovo, ed esponetemi le vostre difficoltà; ma ditemi nel tempo stesso il vostro parere intorno al modo di superarle598”. Nel testo precedentemente presentato, si può scoprire che Don Bosco agisce con un’alta capacità nell’uso della difficile arte della motivazione: incoraggia e al tempo stesso chiede il contributo della persona nella soluzione del problema. Infatti, motivare non è altro che “muovere a una persona a realizzare qualcosa che vogliamo faccia”. In altre parole, “motivazione è la situazione emozionale positiva, che si produce in qualsiasi soggetto, quando esiste uno stimolo od incentivo che soddisfa una necessita e che fa sviluppare una specifica condotta599”. Don Bosco implicitamente generò un clima d’ottimismo, in modo che fosse lo stesso Don Lemoyne a ricuperare la motivazione e l’ottimismo che conducesse lui ad agire e realizzare il compito da fare. A chi deve motivare un delegato, un presidente o membro del consiglio degli Exallievi/e? A tutti: ad ogni exallievo/a, all’equipe direttiva ed a se stesso. 595 1Cor 13, 4-7. Cfr. M. Bowen, De la Familia al individuo: Diferenciación del sí mismo en el sistema familiar, Paidós, Madrid 1991, p. 63. 597 P. Braido, Op. Cit., p. 174. 598 Ibíd., p. 191. 599 J. Urcola, op cit. p. 278. 596 199 La motivazione può essere positiva o negativa. Quando si adopera la motivazione negativa dobbiamo tener conto dei seguenti requisiti: che sia poco comune, che sia opportuna ed al momento giusto, che sia personale: cercare che l’interessato sia da solo e infine, che sia proporzionale alla mancanza fatta. Cioè, non procedere senza tenere conto della amabilità e del rispetto della persona. Un exallievo/a o un salesiano potrebbe diventare demotivato o disinteressato normalmente quando il sua atteggiamento o condotta è contraria o indifferente agli obiettivi stabiliti nell’Associazione. Cosa potrebbe scoraggiare un exallievo/a o salesiano? Si presenterà una risposta a tre livelli. In riferimento alla persona stessa: un sentimento d’ingiustizia, aspettative non raggiunte, problemi nel nucleo familiare, problemi personali, ecc. In relazione con l’associazione: mancanza di obiettivi, assenza di progetto, la routine o monotonia, l’eccesso o sovrabbondanza di lavoro e la tensione. Riferendosi al presidente o al delegato: mancanza nella definizione delle funzioni o compiti dell’equipe, lo stile di leader, carenza di riconoscimento dello sforzo fatto degli altri, i rimproveri o le critiche dinanzi agli altri, fare delle promesse e non compierle, dirigere senza ascoltare le persone, la parzialità, la mancanza d’appoggio, portare nell’equipe sentimenti di fallimento o sfiducia. Don Bosco nei Ricordi Confidenziali ribadiva ai direttori: “nel correggere si usino sempre modi e parole di carità e mansuetudine. Le minacce, le ire, tanto meno le violenze, siano sempre lungi dalle tue parole e dalle tue azioni600”. Nei Regolamenti dell’Oratorio, in riferimento ai castighi afferma: “Le modalità nella correzione siano l’amorevolezza, la ragione e il riserbo: pazienza, carità, e grazia; di norma, non fare correzioni o dare castighi in pubblico, ma in privato, facendo comprendere all’allievo il suo errore “colla ragione e colla religione”; non correggere d’impulso, ma pacatamente, attendendo eventualmente il placarsi della passione; soprattutto, procurare che l’allievo se ne parta “soddisfatto e amico601”. In generale, come si potrebbero motivare i collaboratori e gli Exallievi/e? Fissando obiettivi e sfide appetibili, valorizzando gli obiettivi raggiunti, attraverso una buona comunicazione e un buon rapporto, ricompensando la buona riuscita, favorendo la partecipazione, la fiducia, la crescita integrale e incoraggiando la creatività”602. Dirigere non è altro che motivare le persone in una determinata direzione. Nel momento di motivare, è fondamentale gestire bene l’arte della comunicazione. 8. Essere un ottimo comunicatore Il Sistema Preventivo è l’espressione più ricca della visione di Don Bosco sull’educazione, ma anche sulla comunicazione. Don Bosco era un ottimo comunicatore, fu capace di usare molteplici mezzi con l’unico scopo d’arrivare ai giovani. Egli utilizzava tutti gli strumenti ed i linguaggi di comunicazione disponibili al suo tempo per l’educazione: il teatro, le accademie, la musica…603. Le persone di continuo comunicano. La comunicazione è un modo d’espressione e di relazione. Don Bosco possedeva delle abilità comunicative, quali: la capacità d’elaborare adeguatamente 600 Citato da: P. Braido, Op. Cit. p. 374. Ibid, p. 344. 602 Cfr. Ibid, pp. 298-306. 603 Sistema Salesiano di Comunicazione Sociale, Roma 2005, p 7. 601 200 idee e piani d’azioni mentali, l’impiego di un vocabolario giusto, sapeva ascoltare, domandare, fare silenzio, ecc. Don Bosco nel comunicare il suo progetto ai giovani ed ai benefattori lo faceva con convinzione, carisma, entusiasmo, forza ed efficacia. Lui sapeva trasmettere entusiasmo e passione. Grazie a queste due abilità raggiunse il suo scopo, fare innamorare un gruppo di 18 giovani per iniziare la Società Salesiana. È fondamentale per un direttivo o per chi svolge il servizio dell’autorità, sviluppare una serie di abilità comunicative, quali: avere ben chiari gli obiettivi; esplorare, ascoltare, osservare, identificare le regole della situazione, preparare l’ambiente, percepire il desiderio di comunicare che ha l’interlocutore; non interpretare, piuttosto domandare; appoggiarsi nei fatti e non nella supposizione; curare il modo di comunicare; cercare di esseri precisi; confermare se siamo stati capiti; fuggire gli stereotipi, l’etichetta e le generalizzazioni; cercare d’essere consistenti al momento d’ esprimere le idee; evitare il sarcasmo, le umiliazioni, i giudizi o valorizzazioni i comandi. Nella comunicazione intervengono tre aspetti sostanziali: verbale (usare un linguaggio giusto), la dizione (pronunziare bene le parole) e visuale (guardare le persone, stabilire con contatto con le persone). Nella misura in cui usiamo giustamente questi aspetti, il messaggio arriverà, colpirà e diventeremo persone cedibili. Quando si parla con le persone dobbiamo guardarle in faccia. La vista è un senso dominante che permette di causare impatto. Lo sguardo permette di stabilire un collegamento con l’altro. Per ciò, è fondamentale progettare sicurezza nei primi secondi, curare i movimenti e il modo di vestire. Utilizzare bene i gesti e il sorriso, contribuisce a comunicare meglio il messaggio. L’obiettivo è colpire positivamente il cervello primario del nostro interlocutore, affinché non si chiuda e possa accettare come importante, attraente e unica la proposta che si fa. Diventeremo buoni comunicatori nella misura in cui siamo disposti ad ascoltare. Ascoltare è una abilità che possiamo migliorare ogni giorno. In genere, “la nostra difficoltà ad ascoltare, si rispecchia nella nostra difficoltà a ricordare”604. Cioè, non ricordiamo perché non ascoltiamo. Esistono una serie di condotta o comportamenti che ostacolano la comunicazione: Comandare: può generar rifiuto o sottomissione. Minacciare: intimorire. Genera paura o atteggiamenti intimidatori. Discutere: chiude i canali di comunicazione. Giudicare: inibisce e scoraggia. Persuadere: può imporre i punti di vista della persona che orienta. Eludere: non permette di chiarire o affrontare qualsiasi situazione. Consigliare: Il consiglio a volte non permette di prendere decisioni libere. Condividere: fa sì che la persona si senta vulnerabile e non si senta capace di risolvere il suo problema. Minimizzare: implica svalutare la persona, provoca una diminuzione della sua autostima. 9. Superare gli errori che si possono verificare nella direzione o dell’accompagnamento delle persone e dell’associazione. Iniziamo dicendo che non è facile dirigere. Nella misura in cui siamo capaci di valutare il nostro agire come dirigenti, ci permetterà di crescere come tali. Di seguito presentiamo gli errori più frequenti nella direzione. La direzione per improvvisazioni: quando ci costringono ad agire e a mettere rattoppi e rimedi fuori tempo, che costa molto. La direzione per tentativi: si effettuano delle prove d’azioni per raggiungere 604 C. Cruz, Cómo comunicarnos en público, Pirámide, México 2005, pp. 60-68. 201 risultati positivi. La direzione per urgenze: non esistono obiettivi, né priorità, né pianificazione, e l’unico criterio di attuazione è l’urgenza. La direzione per avvenimenti: in questo caso non è l’urgenza che determina, ma piuttosto è l’avvenimento accaduto da una terza persona che si presenta in un momento determinato. La direzione per aneddoti: agire secondo le notizie lette sul giornale o dopo aver udito un commento in una riunione di corridoio. Dirigere alla “giornata”: si affrontano i problemi mentre si va avanti, improvvisando. Si produce nelle persone un senso profondo di disorganizzazione e di assenza di direzione. La direzione per spavento o per problemi: quando esiste la tendenza a reagire davanti a qualunque problema nuovo come se fosse il più importante. Altri errori che sono fondamentali. Non avere obiettivi chiari: questo è uno degli errori più frequenti. Ci sono dirigenti “banderuola” o volubili. Non misurare o valutare i lavori che si fanno: l’unica forma di sapere se gli obiettivi si sono raggiunti è valutarli. Essere più “quello che fa tutto” che “direttore”: questi sono i dirigenti che “mettono i piedi in tante staffe”, desiderano fare “tutto” pensando che loro lo fanno meglio degli altri. Fanno fatica a delegare. Scarsa dedizione agli associati: di solito vivono un po’ al margine, interessa loro soltanto “l’incarico”, il titolo, perché in un certo modo da prestigio e quindi da “importanza”. Non captare le opportunità in confronto con l’associazione: vivono soltanto per risolvere i problemi che accadono giorno dopo giorno. Non si sfruttano le condizioni favorevoli. Procedere semplicemente come autorità gerarchica: il semplice ordine e comando. La pressione senza controllo e l’imposizione sono le forme abituali di rapporto con i propri collaboratori. Decidere senza avere in mano l’informazioni adeguate: non hanno tempo per sedersi a pensare per prendere le decisioni giuste. Decidono mentre fanno il cammino in base all’intuizioni, certamente corrono un grosso rischio. Scarsa sensibilità verso i collaboratori. I collaboratori sono per loro semplici mezzi di produzione e cercano di sfruttarli al massimo. Di solito sono persone distanti, fredde e in genere non conoscono i problemi dei collaboratori. Presentano poco interesse per migliorare: in genere sono conformisti, si sentono soddisfatti con quello che possiedono, hanno scarsa iniziativa di sviluppo e di crescita, non imparano dagli errori commessi605. Non sfruttano delle capacità di resilienza. 10. Rispondere all’aspettative che gli Exallievi/e e l’Associazione hanno nei confronti del delegato, del presidente e di tutti quelli che hanno funzioni direttive. Le responsabilità di un ottimo animatore sono molte e variegate. Malgrado ciò, si presenteranno di seguito quelle che si considerano più importanti. Che sia un buon cristiano e un onesto cittadino: che sia capace di celebrare la propria fede nella comunità cristiana, che possieda senso di appartenenza alla Chiesa e che sia un onesto “cittadino”. Che conosca, ami e invochi Don Bosco: che sia un padre e un amico come lo è stato Don Bosco. Che abbia senso di appartenenza alla Famiglia Salesiana: che partecipi e motivi la partecipazione degli Exallievi/e in progetti e attività comuni con la Famiglia Salesiana. Eviti con tutta la forza di vivere come exallievo “orfano”, cioè senza Famiglia Salesiana. Che si preoccupi della formazione degli associati: la formazione umana, cristiana e salesiana è fondamentale. Che diriga con efficacia: che guidi verso obiettivi e traguardi concreti. Delegazione e autonomia: Che lasci “fare”, offrendo la possibilità di una certa “iniziativa” personale nelle sue funzioni. Leader: Che il direttivo sia un vero accompagnante, che sappia esercitare la sua autorità e che lo seghino per la sua autorità formale e morale, la fiducia, l’ascolto e l’amabilità. Competenza: che abbia conoscimenti esatti per capire la problematica dei suoi collaboratori. Stimolo e appoggio: che sia vicino nei momenti difficili. Comunicazione chiara e adeguata: che sia capace di ascoltare, che sia accessibile. Fiducia nei suoi collaboratori: che lo difenda e parli 605 Cfr. J. Urcola, op. cit., pp. 60-64. 202 bene de loro. Onestà, sincerità e esemplarità: che sia capace di vivere quello che comanda fare, che compiano la disciplina e le norme stabilite. Valorizzare la partecipazione dei collaboratori: che riconosca gli sforzi, i lavori e i traguardi raggiunti degli altri. Informazione: che sappia informare sulla situazione dell’Associazione degli Exallievi/e, che coltivi il senso di appartenenza degli associati. Equilibrio emozionale: che i progetti e i piani di lavoro non dipendano dell’instabilità dell’animatore, del coordinatore o del direttore606. L’ho presentato precedentemente, cerca un ideale da raggiungere. Ci vuole camminare verso la nuova forma di essere leader, di vivere, la nuova cittadinanza nell’Associazione e nella Famiglia Salesiana. Conclusione L’appello è al rinnovamento, alla nuova cittadinanza, a essere evangelizzati per evangelizzare, a vivere in continua crescita umana, cristiana e salesiana. La formazione è la grande sfida dell’associazione. Soltanto la formazione permanente rafforzerà l’identità degli associati. La formazione favorirà il passaggio dall’appartenenza sentimentale, all’appartenenza responsabile e impegnata all’associazione ed insieme ad essa anche con la missione salesiana. Nella misura in cui le sfide muovono i singoli Exallievi, l’associazione diventerà ringiovanita e si assicura la crescita in qualità e quantità. Ogni proposta di rinnovamento, ha a che vedere necessariamente con il cambio di mentalità e di atteggiamenti: soltanto così si può ritornare alla missione e visione di Don Bosco, come laici della Famiglia Salesiana e della Chiesa. Delegati, presidenti ed Exallievi tutti: la chiamata è a crescere, a maturare in continuità e a portare sempre più frutto607. Costruire sinergia e agire con la visione, la disciplina e la passione di Don Bosco sono le grandi tappe da raggiungere. 606 607 Cfr. Ibid., pp. 68-69. Christifideles laici, 57. 203 204 Identità degli Exallievi di Don Bosco Identità dell’Exallievo/a di don Bosco: una sfida e un compito Origen, identidad y misión del Exalumno de don Bosco, su compromiso social, político, económico y religioso en América hoy Unión local y Confederación Nacional al servicio de una mayor implicación del Antiguo alumno en la misión juvenil salesiana “Exallievi di Don Bosco sono coloro che, per aver frequentato un oratorio, una scuola o una qualsiasi altra opera salesiana, hanno ricevuto in essa una preparazione per la vita con gradi e modalità differenti secondo le culture, le religioni, la qualità educativa del- l’opera, la capacità di ricezione dei singoli, seguendo i principi del Sistema Preventivo di Don Bosco: formare persone sviluppando l’originalità di ciascuno” (Statuto art. 2, a). 205 206 Identità dell’Exallievo/a di don Bosco: una sfida e un compito La malattia è: “vivere nella routin”, con valori altrui, senza essere stato mai in contatto con la vita che scorre dentro da ognuno, senza avere sentito la complessità della propria esperienza, da dove sgorgano le alternative608. Oggi più che mai siamo chiamati ad essere protagonisti nella società, come cittadini, come cristiani e come salesiani, “facendo della Famiglia Salesiana (FS) un vasto movimento di persone per la salvezza dei giovani”609. Il protagonismo dei gruppi della FS, specialmente degli Exallievi/e, sarà reale nella misura in cui si rafforzano i centri locali, si assuma la formazione come un compito permanente. Soltanto così si rafforzerà l’identità personale ed associativa dell’Exallievo/a, evitando così la minaccia della paralisi e dell’atrofia. Il termine "identità" ha molti significati. Si può parlare d’identità, con riferimento ad una persona (io), ad una istituzione, ad una nazione, ad un continente (noi), ecc. I Gruppi della FS impiegano il concetto di “identità”, ma anche usano altri termini come per esempio: natura, finalità, missione, ecc. Quando si analizza l'identità dei gruppi delle FS si dovrebbe tenere presente una serie di componenti: il nome o appellativo, l'età e il numero dei componenti, l'obiettivo perseguito, la struttura giuridica, i valori vissuti o voluti, le norme positive o morali che la governano, le culture a cui appartengono, ecc. L'identità degli individui e dei gruppi cambia nel tempo. La storia e l’identità dei vari gruppi della FS non è statica, ma dinamica. Qui ci riferiamo all’identità degli Exallievi di don Bosco. Oggi viviamo in una società in continuo cambiamento. La rapidità di tali cambiamenti provoca confusione e dubbio nella persona. Quando non si ha un’identità ben integrata si cade facilmente nel vuoto esistenziale dal quale è molto difficile emergere. Il processo di costruzione dell'identità personale è influenzato da questi cambiamenti. Christopher Lasch parla di "cultura del narcisismo"610, come un disturbo dell’identità arrugginito dal vuoto interiore. Simmel ritiene che la tragedia della modernità sia il culto della persona, che sarebbe stato un successo se non fosse evaporato il legame al comune e alla fiducia nelle istituzioni sociali. Ci si riduce a "folla solitaria", come direbbe Riessman, che si rannicchia nell’epidermide, mentre disperde le anime. La stessa famiglia è colpita da divorzi, separazioni e una diversità di tipi di famiglie (famiglie monoparentali, estensive, ragazze madri, genitori separati, ecc.). Si convive, senza appartenersi. L'individualismo annida in spirito come un sentimento mite che spinge all’isolamento e a ergere frontiere. Vive di diritti, ma non di obblighi. C'è una riluttanza ad entrare nel comune611. L’identità personale non si acquisisce adempiendo semplicemente le aspettative degli altri. Questa strada semplicemente potrebbe condurre ad una falsa identità. Mette in contraddizione 608 E. Gendlin, Neurosis y naturaleza humana en el método experiencial del pensamiento y la terapia; en: C. ALEMANY (ED.), Psicoterapia experiencial y focusing. La aportación de E.T.Gendlin, Desclée de Brouwer, Bilbao 1997, p. 66. 609 Strenna del Rettor Maggiore 2009. 610 C. Lasch, The culture of narcissism, Warner Books, Neu York 1979. 611 J. Uriarte, A. Cordivilla, J. Fernández, Ser sacerdote en la cultura actual, SalTerae, Santander 2010, p. 91. 207 atti, pensieri, emozioni, elimina la passione e abbassa l’autostima. Nella pedagogia della personalizzazione è cruciale la domanda: Sono io stesso o dipendo da ciò che gli altri si aspettano di me? Qui s’intersecano problemi psicologici di dipendenza, e anche l'ideologia del gruppo di appartenenza, quando questo ci insegna ad essere per gli altri. Per affermare l'identità, l’educazione richiede trarre dall’interno della persona il potenziale che portiamo dalla nascita. La strutturazione dell'identità rappresenta un punto centrale della maturazione di una persona. Rappresenta il futuro come uomo libero e responsabile all'interno dei processi di socializzazione e di educazione. Attraverso la propria identità, la persona si "distingue" da chi è diverso da essa, e " si considera" un essere irripetibile nei rapporti che essa stabilisce. L'identità dipende da cosa si scelga di essere: progetto di vita (la vita matrimoniale, la vita consacrata, la vita celibe), professione (medico, casalinga, avvocato, assistente sociale …) Di solito si presentano attraverso le decisioni della carriera o dello stato di vita. In una riunione se ti chiedono chi sei rispondi: sono Mengano o Zutano e lavoro in questo o in quello. Il cammino della personalizzazione insiste sulle differenze tra identità sociale e identità personale. Ciò che è importante non è che posizione ho nella società, in cosa mi riconoscono, ma chi sono io in senso stretto, perché io sono più di quello che faccio612. L’asse portante dell’identità sono i valori che la persona fa propri. Questi valori organizzati in un sistema coerente di significati, determinano il senso della propria vita e il riferimento attraverso il quale gli stimoli che spingono all’azione, interni ed esterni, sono presi, selezionati ed elaborati. Si presentano di seguito, alcuni aspetti che cercano di orientare l’arduo camino che ci condurrà al raggiungimento di una salda identità dell’Exallievi/e di don Bosco. 1. Exallievo “di Don Bosco” e non Exallievo “salesiano”. Senza dubbio Don Bosco è stato riconosciuto dai suoi discepoli come un punto di riferimento etico fondamentale per la loro vita e attività. I rapporti con lui fanno vedere il fascino che la sua persona esercitata su di loro. E' così che nasce la figura di Don Bosco fondatore, padre e patriarca di una numerosa discendenza spirituale apostolica: con i suoi doni di natura e di grazia, egli è divenuto, per divina disposizione il centro fecondo di attrazione e di irradiazione per i collaboratori, che si sentirono chiamati a lavorare con lui nella creazione e realizzazione del suo progetto educativo e apostolico. Don Bosco fondatore possiede alcune caratteristiche che sono uniche di lui e non sono trasferibili a nessun'altra persona: a) l’ispirazione divina o la chiamata dello Spirito per creare una nuova famiglia apostolica; b) il fatto di possedere doni personali straordinari in vista della fondazione e l'espansione della nuova fondazione; c) il dono divino della paternità, sotto la quale lo Spirito attira verso di lui discepoli; d) essere stato il primo a vivere con particolare intensità la forma di vita consacrata creata da lui e considerata in tutti gli elementi costitutivi613. 612 J. Garrido, Evangelización y espiritualidad. El modelo de la personalización, SalTerrare, Santander 2009, pp. 33 y 34. 613 M. Midali, La famiglia salesiana. Identità carismatica e spirituale, LAS, Roma 2010, pp. 106, 117 y 118. 208 È bello e stimolante notare che la denominazione data agli Exallievi delle nostre Case non è quella di Exallievi “salesiani”, bensì quella di Exallievi “di don Bosco”. La considero una scelta che, formulata storicamente per prima volta all’oratorio e continuata poi ovunque nel tempo e nello spazio, è per noi veramente e concretamente programmatica614. Il gruppo degli Exallievi incominciò ad acquisire consistenza quando viveva don Bosco. I suoi inizi risalgono al 1870 in occasione della sua festa: il 24 giugno. Quell’anno si riunirono ufficialmente una dozzina di Antichi Allievi; si diedero come capo il simpatico e generoso Carlo Gastini; s’impegnarono a cercare un maggior numero di aderenti; nominarono poi una commissione per organizzare meglio in seguito quelle annuali manifestazioni di affetto e di gratitudine”. A poco a poco, soprattutto dopo la morte di don Bosco, gli Exallievi si suddivisero in gruppi locali, in unioni e società, fino alla vera organizzazione promossa da Don Filippo Rinaldi. Grazie ai suoi sforzi fu possibile la creazione della prima Federazione internazionale degli Exallievi in 1908615, che adopererà una forma organizzativa stabile col nome di Confederazione Mondiale degli Exalievi nel 1954, in occasione della canonizzazione di san Domenico Savio. Essa vide la presenza di 36 presidenti di Federazioni nazionali616. Nella storia salesiana rimassero famosi i primi due congressi internazionali, svoltisi entrambi a Torino, il primo nel 1911 e il secondo nel 1920. Il Rettor Maggiore don Albera coadiuvato da don Rinaldi diede alla Federazione un orientamento chiaramente apostolico e salesiano. L’obiettivo ultimo del congresso di Torino, a dire di don Rinaldi, era quello di mobilitare i Salesiani a fare un modo che “Cooperatori ed Exallievi formino e costituiscano coi Salesiani un’unica grande Famiglia617. Essendo don Filippo Rinaldi Rettor Maggiore della Società Salesiana, indica che l’Organizzazione degli Exallievi doveva apparire tra le “nuove famiglie” nate grazie a don Bosco nella Santa Chiesa618. Nel 1907 a un confratello inviato in Spagna diceva: “cura molto gli Exallievi: sono la nostra corona; o, se vuoi, sono la nostra stessa ragione di esistere, perché essendo noi una Congregazione educatrice, è chiaro che non educhiamo per il collegio, ma per la vita. Orbene, la vera vita, la vita reale comincia per essi quando lasciano le nostre Case”619. Tra i consigli di don Bosco ai suoi ragazzi ne indichiamo due: “Una cosa più di ogni altra vi raccomando, o miei cari figlioli, ed è questa: dovunque vi troviate, mostratevi sempre buoni cristiani e uomini probi […] Molti di voi hanno già famiglia. Ebbene, quell’educazione che voi avete ricevuta nell’Oratorio da don Bosco, partecipatela ai vostri cari” 620. Don Bosco propone agli Exallievi una “Società di mutuo Soccorso”, per fare fronte alle difficoltà: “Fate che questo vantaggio non si limiti solo a voi, ma si estenda a quei giovani di buona condotta che uscissero dall’Oratorio, o a quei compagni che già voi conoscete, e a tutti voi che siete radunati qui” 621. Don Bosco interessava sottolineare l’importanza della fecondità pratica della “educazione 614 E. Viganò, Gli Exallievi di don Bosco, in: Atti del Consiglio Generale della Società Salesiana di San Giovani Bosco, LXVIII (1987) n. 321, p. 15. 615 E. Ceria, Annali IV 17; A. Amadei, Il Servo di Dio Michele Rua III 507-508. Citado por M. Midali, La Famiglia Salesiana…, p. 207. 616 M. Midali, La Famiglia Salesiana…, p. 215. 617 Atti del Consiglio generale della Società Salesiana di San Giovanni Bosco” 3 (1920), p. 74. Citato da M. Midali, La Famiglia Salesiana…, p. 207. 618 Congregazione per le Cause dei Santi, Positio, Roma 172, p. 28. 619 U. Bastasi, Guida organizzativa del Movimento Exallievi di Don Bosco, Torino 1965, p. 20. 620 Memorias Biográficas 14, p. 511. Citato da E. Viganò, Lettera circolare ai Salesiani su gli Exallievi di don Bosco, in: ACG 321, p. 8. 621 Memorias Biográficas 13, p. 758. Citato da E. Viganò, Lettera circolare, op. cit., p. 9. 209 ricevuta” nell’Oratorio622. Don Bosco in queste due proposte presenta agli Exallievi una stupenda missione: la solidarietà, l’impegno sociale e la testimonianza di vita cristiana. Gli Exallievi sono chiamati non soltanto alla comprensione puntuale centrata in alcuni casi specifici, ma piuttosto, a svelare le strutture sociali che rovinano la persona. In conclusione, “ci troviamo dunque in presenza di un titolo d’appartenenza che fa parte genuinamente del carisma del Fondatore. Per capirne meglio la natura e per chiarine le esigenze operative e organizzative nell’attuale svolta culturale ed ecclesiale, bisognerà rifarsi al Sistema Preventivo” 623. 2. Identità personale dell’Exallievo/a di Don Bosco. L’articolo 5 delle Costituzioni dei salesiani afferma che la ragione dell’appartenenza degli Exallievi/e alla FS è “l’educazione ricevuta”, e aggiunge che tale appartenenza diviene più stretta “quando si impegnano a partecipare alla missione salesiana”. L’educazione ricevuta”, può proiettarsi in vari impegni della vasta missione di Don Bosco: sia in impegni educativi nei multiformi campi della cultura, sia in impegni legati specificamente ai valori del Sistema preventivo”624. L’articolo precedentemente citato utilizza un’altra espressione: “quando si impegnano a partecipare alla missione salesiana nel mondo”, viene ad indicare che, di per sé, gli Exallievi sono particolarmente preparati, appunto per l’educazione ricevuta, ad assumere una responsabilità di collaborazione per le finalità proprie del progetto salesiano”625. Anche per l'”educazione ricevuta” sono chiamati a svolgere un apostolato specifico che può essere nei settori dell'istruzione e dell’evangelizzazione. L'impegno in queste aree pastorali dovrebbe portare ad una scelta consapevole di lavoro nel settore della missione giovanile comune. Un tale impegno può essere assunto a diversi livelli e con diversi gradi d’intensità. Il Capitolo Generale Speciale rivolge un invito che possiamo trovare nell’articolo 39 dei Regolamenti Generali dei Salesiani, afferma: “è auspicabile che all’interno del movimento Exallievi […] quelli che ne abbiano il dono e la volontà si impegnino o come Cooperatori o in gruppi apostolici per una più intima partecipazione allo spirito e all’azione della FS 626”. Diceva don Vecchi che l’Exallievo di don Bosco presenta volti molteplici che sembrano irriducibili ad un unico identikit. Forse ciò è dovuto anche all’”educazione ricevuta” che ha cercato di formare persone sviluppando l’originalità di ciascuno. C’è una pluralità più originale da rilevare. L’Associazione e la Confederazione dichiarano la loro appartenenza ecclesiale, ma ne sono membri, a pieno titolo e diritto, persone di diverse confessioni cristiane, di vario livello per ciò che riguarda l’accoglienza e pratica della fede ed anche di diverse religioni627. A quale codice, che corrisponda ad una identità e non solo ad una appartenenza sociale, possiamo riferirci per indicare un cammino comune a tante diversità? 622 E. Viganò, Lettera circolare, pp. 7, 8 y 9. E. Viganò, Lettera Circolare. p. 13. 624 Il progetto di vita dei salesiani di don Bosco. Guida alla lettura delle Costituzioni salesiane, Direzione Generale Opere don Bosco, Roma 1986, p. 115. 625 Il progetto di vita dei salesiani…, p. 115. 626 Capitolo Generale Speciale, n. 157. 627 J. Vecchi, Exallievo di don Bosco verso il 2000, in: Atti del VIII Congresso Nazionale Exallievi/e di don Bosco, Rimini, 10-13 ottobre 1996, p. 67. 623 210 Allo stato nascente del Movimento quel 24 giugno 1870, si scorgono bene le energie vitali, avvenimenti, sentimenti, intenzioni, possibilità che, ancora oggi, sono caratteristici di ogni exallievo/a: a) un fatto di vita, per cui l’esperienza di essere stato in una opera salesiana viene vista come un semplice aneddoto, che non ha segnato la propria vita; b) una grazia, quella d’essere stati toccati dal fascino di don Bosco, totalmente uomo e autenticamente santo, per cui dappertutto ci si ritiene Exallievi di don Bosco; c) una missione, quella di sentirsi responsabili di comunicare alla società la ricchezza dell’educazione ricevuta e voler che altri possano sfruttare la grazia della educazione salesiana; d) un progetto di vita, che porta al bisogno di aggregarsi in associazione, con senso di istituzione, per promuoverne la crescita, continuare la propria formazione e realizzare progetti a favore della società e della Chiesa628. L’”educazione ricevuta”, l’educazione ulteriormente sviluppata, l’educazione messa a frutto e comunicata! Tale è il carattere distintivo dell’Exallievo/a di don Bosco. Egli ha avuto un’esperienza giovanile che lo ha intimamente soddisfatto, pur con gli inevitabili incidenti dovuti all’età e ai limiti di istituzioni e di educatori. Ha assaporato la gioia della crescita verso una sempre maggiore conoscenza della realtà e verso la maturità personale. Ha fatto esperienza di rapporti umani ispirati al rispetto e all’amore, che nella vita salesiana si concretizzano nello spirito di famiglia. È stato parte attiva di un ambiente o comunità educativa nella quale si è allenato nella partecipazione spontanea e nella corresponsabilità. Si è reso consapevole del dono della fede e ha avuto opportunità di incontrarsi con Cristo attraverso la Parola, i sacramenti, l’impegno629. 3. Identità cristiana e missione dell’Exallievo/a L’Exallievo può essere un laico cristiano o un non-Cristiano, un cristiano630 con l'ordine sacerdotale o religioso. I laici, afferma l’Esortazione Apostolica Christifideles Laici, “essi, debbono avere una sempre più chiara consapevolezza, non soltanto di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa, vale a dire la comunità dei fedeli sulla terra sotto la guida del Capo comune, il Papa, e dei Vescovi in comunione con lui. Essi sono la Chiesa” (9). Gli Exallievi/e non cristiani o di altre confessioni religiose vivranno il loro impegno dimostrandosi coerenti con la loro fede e sempre collegata ai valori umani e culturali dove sono nati. Essi sono anche chiamati a vivere “L'indole secolare è propria e peculiare dei laici” 631. L’Exallievo è chiamato a essere un “credente impegnato”. Il suo impegno si fa visibile in un “nuovo rapporto con la fede”, vale a dire, una rinnovata conversione e una progressiva internalizzazione di atteggiamenti di fede, che conducono alla maturità; un “nuovo rapporto con la cultura”, cioè, è capace di superare la separazione tra valori culturali e esigenze evangelica, tra fede e cultura; “un nuovo modo di appartenenza alla Chiesa”, una partecipazione attiva e adulta, una appartenenza matura alla comunità ecclesiale; “un nuovo J. E. Vecchi, op. cit., p. 67e 68, citato da P. Chávez, Discorso d’insediamento del Presidente Confederale, Francesco Muceo, nella IV Assemblea Mondiale Elettiva 2010, verbale IV Assemblea Mondiale Elettiva degli Exallievi, 2 ottobre 2010. 629 Ibíd., p. 68. 630 En el presente documento nos referiremos más directamente al exalumno laico, sin por ello quitar importancia a los exalumnos sacerdotes u obispos de la Asociación. 631 Lumen Gentium 32. Citato dall’Esortazione Apostolica Christifideles Laici, 15. 628 211 modo di vivere la comunione”, oggi sono richiesti credenti solidali, adulti e comunitari, disposti a vivere la propria fede “con gli altri”, nella comunità cristiana; “un nuovo modo di presenza nel mondo e di coscienza etica”, un credente “incarnato e impegnato” con la morale, con la famiglia e nel lavoro, nella politica, nel tempo libero e nella lotta per la trasformazione della società; un nuovo modo di vivere i rapporti tra le generazioni, evitando un atteggiamento autoritario o rinunciatario, paternalistico, ma piuttosto assumendo l'atteggiamento dell'educatore responsabile, pronto a condividere la fede e il dialogo con i più giovani632. La Christifideles Laici indica nel numero 42 che “per animare cristianamente l'ordine temporale, nel senso detto di servire la persona e la società, i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla «politica», ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune”. Gli Exallievi sono chiamati a trasformare la politica in un'arte che cerca il bene comune, che favorisce la crescita e lo sviluppo di tutti. Vale a dire, l'espressione della carità. Continua sottolineando l’Esortazione che “i fedeli laici partecipano, per la loro parte, al triplice ufficio (sacerdotale, profetico e regale) di Gesù Cristo […] Proprio perché deriva dalla comunione ecclesiale, la partecipazione dei fedeli laici al triplice ufficio di Cristo esige d'essere vissuta e attuata nella comunione e per la crescita della comunione stessa” (14). Di solito l’Exallievo/a di don Bosco che non assume un impegno sociale, ecclesiale o pastorale nella chiesa e nella società cerca di basare la propria identità “exalunnale” nel ricordo rimanendo al livello emozionale. Si dedica semplicemente a ricreare il passato senza alcun impegno progettuale nel presente. L'”educazione ricevuta” in passato non può rimanere un mero ricordo, si deve trasformare in una forza che traina l’Exallievo a incidere nel presente per trasformarlo. E' l’opportunità di rendere presente il patrimonio dei valori educativi vissuti, il Sistema Educativo di Don Bosco, nella società dei consumi. Soprattutto, nel “nuovo continente digitale”, una realtà virtuale che ha bisogno di essere evangelizzata e cristianizzata. L’Exallievo/a cristiano/a e di altre confessioni religiose, è chiamato a esprimere e sviluppare oggi, come un adulto, i frutti dell'”educazione ricevuta”, ovvero, a svolgere la sua missione con: Competenza professionale: per dire una parola autorevole in qualunque campo della vita (la politica, l’economia, l’arte …) bisogna essere competenti, così da diventare autentico lievito nella società; coscienza morale: vale a dire con qualità umane, arricchita da valori che permettano alla persona stessa di sapere discernere e scegliere con responsabilità, ma anche di orientare altri o diventare per loro punto di riferimento; impegno sociale: lavorare non pensando soltanto al successo personale, ma piuttosto al bene comune. Si impegna a costruire un mondo migliore perché questo è possibile e pertanto ne è responsabile. Con riferimento all’impegno sociale, politico ed economico, l’Exallievo dovrà avere presente e difendere ad ogni costo i valori, in particolar modo: 632 J. E. Vecchi, Exallievo di don Bosco verso il 2000, p. 16. 212 La vita: essa è sacra, dalla nascita fino alla morte. Occorre aiutare i giovani a trovare il senso della vita e ad impegnarsi a curare la qualità della vita, specie quella dei più poveri e bisognosi; la libertà: specialmente quando i governi sembrano agire sempre più in modo autarchico, pur apparendo democratici, mettendo a repentaglio la libertà e l’impegno comune di costruire un mondo migliore dove la libertà venga garantita a tutti; la verità: non solo scientifica, ma anche quella affettiva e spirituale, soprattutto quando si assiste al passaggio da un sano pluralismo al relativismo, per sbocciare in fine nel nichilismo, che porta alla perdita di qualsiasi quadro di riferimento e al disfacimento della società633. 4. Identità associativa del/la Exallievo/a All’Exallievo si chiederà un maggiore coinvolgimento nella vita dell’Associazione e negli obiettivi del Movimento. La Chiesa riafferma l’importanza della comunione spirituale e visibile. Nella società assistiamo ad aggregazioni nuove per quanto riguarda modalità e finalità, a una ricerca di rapporti e sinergie. Da soli non si fa niente e dispersi si viene assorbiti. L’Associazione degli Exallievi è un’aggregazione veramente originale: e in questa sua originalità risiede il suo valore e la sua debolezza: cristiana per statuto, ammette a pieno diritto membri di diverse confessioni e di diverse religioni. In essa ci sono gli associati e coloro che sono collegati in un movimento più vasto e meno strutturato. Viene a essere simultaneamente, conforme alle domande dei singoli: un ambiente di formazione nella fede, uno spazio di dialogo religioso, un laboratorio di svariate collaborazioni, un campo aperto di evangelizzazione, una convergenza secondo le disposizioni di ciascuno per obiettivi sia religiosi che secolari. Il rinnovamento della vita personale e il consolidamento associativo dovrebbero portare i singoli exallievi e le loro associazioni a “un rinnovato impegno per la città dell’uomo”634, che la “città dell’uomo” non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione”635. Tale impegno comprende il privato, il sociale, il politico come momenti collegati, attraverso i quali si va creando una cultura: quell’insieme di convincimenti collettivi, costumi, aspirazioni e modelli di comportamento che formano il patrimonio di una comunità. L’exallievo è chiamato ad assumere un impegno serio nell’ambito politico. È una maniera d’interessarsi al ben essere di tutti e di purificare il concetto di politica, affinché diventi un’espressione della carità. L’Exallievo di don Bosco è consapevole del fatto che non soltanto ha diritti all'interno dell'Associazione e della FS, ma anche obblighi. Coloro che agiscono pensando che solo hanno diritti diventano esigenti, pretenziosi, intolleranti, impazienti, e con estrema facilità rompono i legami affettivi con gli altri, rivelando in questo modo la propria immaturità. Diritti e doveri s’integrano gradualmente in ogni attività sociale, politico e religioso dell'uomo. Mentre i diritti esaltano la libertà individuale, i doveri esprimono la dignità della libertà. Per garantire i diritti all'interno dell'Associazione e della FS occorre un accordo preliminare sui doveri nei confronti della stessa Associazione e della FS. Ogni volta che ti trovi davanti a un dovere trasformalo in un'elezione (Io scelgo …, Io decido …, ecc.). 633 P. Chávez, Buonanotte nella IV Assemblea Mondiale Elettiva 2010. Nota pastorale della CEI, Roma 1996 n. 30 (Citado por J. E. Vecchi, Exallievo di don Bosco verso il 2000). 635 Lettera Enciclica Caritas in Veritate del Sommo Pontefice Benedetto XVI ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, ai fedeli laici e a tutti gli uomini di buona volontà, n. 6. 634 213 E' imprescindibile che l’Exallievo abbia la consapevolezza della necessità urgente della formazione umana, cristiana e salesiana e l’assuma col dovuto impegno. L'identità personale e associativa si rafforza con la formazione permanente. E' essenziale che le unioni locali possiedano itinerari di formazione ben definiti. Conviene evitare con tutti i mezzi, la tentazione di ridurre le riunioni degli Exallievi a semplici attività sociali o gastronomiche. L’Associazione di Exallievi don Bosco non è un club sociale. 5. Identità vissuta nella Famiglia Salesiana. Gli Exallievi di don Bosco sono parte del grande FS. Chi è la Famiglia salesiana? J. Vecchi afferma che: “Noi, FS di don Bosco, siamo un insieme di battezzati, riuniti in gruppi distinti e collegati dalla comune risposta allo Spirito del Signore, per vivere nella Chiesa una originale spiritualità e realizzare un progetto apostolico per la salvezza della gioventù pericolante636 [... ] Nella mente e nel cuore di don Bosco dunque la FS è UNA! L’unità originale di questa Famiglia ha la sua radice ultima nella comunanza dello spirito e della missione ed indirizzata a servizio totale della gioventù e del popolo”637. Il fatto di appartenere alla FS, per condividere tra molti le stesse ricchezze spirituali, non sminuisce i valori e l’originalità di ogni singolo Gruppo. La fraternità non spegne, ma rafforza l’identità. Così anche le situazioni concrete delle persone e la loro collocazione ecclesiale vengono confermate, vivificate e arricchite. Con l’energia del suo carisma, don Bosco unifica nell’armonia di un’unica famiglia apostolica il religioso, il laico, lo sposato, il vedovo, il celibe, il prete variamente testimoni dello spirito delle beatitudini. Non toglie a nessuno la sua specifica spiritualità sacerdotale o laicale o religiosa. Il carisma di don Bosco è un’energia superiore e globale che imprime il suo sigillo all’esistenza, assumendo e ordinando, specificandole e irrobustendole, le singole spiritualità638. In altre parole, la realtà associativa salesiana non traccia linee divisorie tra la laicità, il ministero sacerdotale o la consacrazione religiosa. Ci sono salesiani sacerdoti e laici, ci sono cooperatori laici e sacerdoti, ci sono exallievi/e laici religiosi e sacerdoti. Ciascuno vive la sua vocazione e opera nella sua situazione: dà e riceve, ispira, collabora e appoggia. Dalla componente laicale dell’Associazione ci si attende un contributo conforme a quanto sta maturando nella Chiesa. Difatti, l’insieme della Famiglia e del Movimento salesiano ha una forte connotazione laicale, legata alle scelte di campo e allo stile operativo. Laicale è lo spazio in cui si lavora, l’educazione, la promozione e la cultura. Laiche sono le istituzioni, laiche sono la maggior parte delle energie, laici sono i principi di attuazione ed efficienza639. Le sfide che hanno gli Exallievi/e nei confronti della FS sono diverse, soprattutto: operare in comunione, “la comunione è la prima e fondamentale opera apostolica… La dispersione delle forze apostoliche e l’individualismo nel bene riduce la testimonianza evangelica e l’efficacia operativa; lavorare insieme”, “la dispersione delle forze apostoliche e l’individualismo nel bene riduce la testimonianza evangelica e l’efficacia operativa”; formarsi insieme, “imparare a pensare insieme, per non ridurre la realtà al proprio punto di vista, organizzarsi per lavorare J. E. Vecchi, La Familia Salesiana cumple veinticinco años, en: “Actas del Consejo General” LXXVIII (1997) n. 358, p. 18. 637 J. E. Vecchi, La Famiglia Salesiana compie venticinque anni, in: “Atti del Consiglio Generale della Società Salesiana di San Giovanni Bosco” LXXVIII (1997) n. 358, p. 18. 638 Carta della Comunione, 35. 639 J. E. Vecchi, Exallievo di don Bosco verso il 2000, p. 76. 636 214 insieme”640. Assumiamo queste sfide perché siamo coscienti che “la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli”641. Avanti Exallievi/e! Noi siamo il gruppo più numeroso della FS. Questa è un'opportunità che dobbiamo sfruttare per evangelizzare, cristianizzare e umanizzare tutta la società. “Sono certo che continuerete ad essere la consolazione di don Bosco” 642. “Ovunque vi troviate, ricordate che siete figli di don Bosco”643. Il Signore, Maria Ausiliatrice e don Bosco ci assistano nel bel compito di crescere nell’identità personale, associativa e nel senso di appartenenza alla FS, affinché possiamo diventare protagonisti della storia, facendo presente il Vangelo e il carisma salesiano nella realtà sociale e culturale nelle quali siamo inseriti. Per il lavoro di gruppo 1. Identificare 5 caratteristiche dell’identità del/la Exallievo/a di Don Bosco (culturale, cristiana, salesiana). a) ___________________________________________________________________ b) ___________________________________________________________________ c) ___________________________________________________________________ d) ___________________________________________________________________ e) ___________________________________________________________________ 2. Individuare 5 aspetti del profilo dell’Exallievo di Don Bosco (cristiano, salesiano, sociale, politico, economico, etico, ecc.) a) __________________________________________________________________ b) __________________________________________________________________ c) __________________________________________________________________ d) __________________________________________________________________ e) __________________________________________________________________ 3. Individuare 5 campi di lavoro che portano avanti gli Exallievi di Don Bosco nella tua Federazione o Ispettoria (nell’ambito sociale, ecclesiale, politico, economico, salesiano). a) __________________________________________________________________ b) __________________________________________________________________ c) __________________________________________________________________ d) __________________________________________________________________ e) __________________________________________________________________ 4. Indicare 5 campi di lavoro in cui si possono impegnare i GEX dell’Italia: Ecclesiale, sociale, politico, economico, culturale, salesiano. a) __________________________________________________________________ b) __________________________________________________________________ c) __________________________________________________________________ d) __________________________________________________________________ 640 Carta della Missione, 29 y 30 Caritas in Veritate, 19 642 MB 17, p. 174. 643 MB 17, p. 489. 641 215 e) __________________________________________________________________ 5. Specificare 5 strategie che ci aiutino ad arrivare a un maggior numero di GEX in Italia. a) __________________________________________________________________ b) __________________________________________________________________ c) __________________________________________________________________ d) __________________________________________________________________ e) __________________________________________________________________ 216 Origen, identidad y misión del Exalumno de don Bosco, su compromiso social, político, económico y religioso en América hoy 1. Saludos Apreciados P. Inspector, Alberto Lorenzelli, Miembros de la Presidencia Mundial, Delegados salesianos, miembros de la Familia Salesiana, Exalumnos, invitados todos: Les expreso mi alegría por estar hoy aquí en Chile, país de poetas. Gracias al Presidente Sr. Jaime Fuster por la invitación que me hizo, para que compartiera con ustedes este momento de formación en el marco del Congreso Latinoamericano (Congrelat). Les traigo los saludos cordiales y paternos del Rector Mayor, don Pascual Chávez, él nos asegura su afecto, cercanía y oración en este momento importante de la Asociación en toda América. 2. Introducción En mi intervención pretendo lograr básicamente tres objetivos: Motivar a los Exalumnos para que conozcan, profundicen y vivan su origen, identidad y misión como exalumnos en la sociedad; reforzar en el Exalumno la habilidad de mirar en torno a sí mismo para conocer la realidad social brindando su aporte positivo; robustecer el valor de la unidad como aspecto distintivo y fundamental del Exalumno y de la Familia Salesiana en la transformación de la realidad. El documento consta de cuatro partes: la primera considera el origen, la identidad y la misión del Exalumno; la segunda es una invitación a mirar en torno a la realidad que nos circunda con los ojos y la sensibilidad de don Bosco, para identificar las nuevas fronteras, es decir, los rostros sufrientes de América Latina y el Caribe, salir a su encuentro y mitigar el dolor social y familiar a través de acciones concretas típicas de la misión salesiana; construir y vivir la unidad y globalizar la solidaridad en la Unión local, en la Asociación, en la parroquia, en la Comunidad Educativo Pastoral y en la Inspectoría; por último, se presentan algunas buenas prácticas o frutos de la unidad y de la globalización de la solidaridad, con el fin de motivar a los Exalumnos a multiplicar experiencias similares en América. Con esta intervención no se pretende, de ningún modo, agotar los temas tratados, sino más bien, alertar sobre una realidad que afecta al Continente y que requiere de intervención inteligente, respetuosa, eficiente y programada por parte de todos los entes sociales, sobre todo, de los Exalumnos de don Bosco. 3. Origen, identidad y misión del Exalumno Cuando se habla del origen, identidad y misión del Exalumno hay que referirse necesariamente a don Bosco. 217 a) Origen En el VIII Congreso Nacional Italiano de Exalumnos tenido en Rimini en 1996, el entonces consejero para la Familia Salesiana, don Antonio Martinelli, decía que uno de los quehaceres de la asociación de Exalumnos de don Bosco era dar estructura orgánica a un movimiento de afectos e de reconocimiento. Afectos y reconocimiento ¿a quién? Se preguntaba don Martinelli. En todos los colegios, oratorios o centros salesianos hay muchos salesianos, muchos de ellos muy válidos, muy capaces, muy buenos educadores, algunos extraordinarios e inolvidables, que son los que han formado a millares de Exalumno, pero el protagonista y el sujeto de la historia de los Exalumnos sigue siendo siempre el mismo: don Bosco. Se vuelve siempre a él. Él es el verdadero maestro, educador, amigo, consejero de todos los que se han formado en ambiente salesiano. J. G. González644 sostiene que en el origen del movimiento de los Exalumnos estaba don Bosco, su personalidad, su método educativo fundado sobre la razón, la religión y el amor demostrado en cariño afectuoso, tal como era practicado en Oratorio en un clima de familia y confianza. Antes de cualquier asociación, el Exalumno de don Bosco era aquel que se había sentido querido, protegido, educado en unos valores que habían formado su mente, su conciencia y su corazón. El movimiento de los Exalumnos nació en torno a la persona de don Bosco y nunca se ha concebido una asociación de Exalumnos sin referencia a la figura de don Bosco. Es el atractivo, la fascinación de la bondad animadora, de su simpatía, de su estilo de vida y de santidad lo que atrae y hace volver a las casas salesianas, que son todas casas de don Bosco. De hecho, el movimiento de los Exalumnos ha estado siempre muy ligado a la exaltación y al recuerdo de don Bosco, como lo demuestran la activa participación de los Exalumnos de todo el mundo en las iniciativas de levantar monumentos y hacer homenajes a su persona. El cariño de don Bosco seguía aún después de que los alumnos habían terminado su currículo en el Oratorio. Como buen padre seguía queriéndolos aún después de abandonar la casa paterna del Oratorio y se expandían por los diversos lugares de trabajo, los seguía, los acogía con gran alegría cuando venían a verlo, los corregía, si era necesario, y se preocupaba por su bien espiritual, pero también material; les escribía; procuraba encuentros con unos o con otros; los invitaba a las fiestas del oratorio, se interesaba por su familia, por su trabajo, por su vida cristiana, ayudaba, incluso económicamente, a aquellos que se encontraban en dificultad. Distinto a lo que sucedió con otras asociaciones del Oratorio, don Bosco no tomó la iniciativa en la formación del grupo de los Exalumnos, aunque, como hemos visto, mantuvo con ellos buenas relaciones. El movimiento no fue instituido ni por Don Bosco ni por sus colaboradores como una asociación post-escolar, con elementos escogidos, ya maduros, sino que brotó por sí mismo, con la fuerza propia de aquellas cosas cuyo origen y vida derivan de causas naturales y espontáneas. El movimiento de Exalumnos nació espontáneamente, no fue programado por don Bosco, fue un movimiento que nació de las bases. Don E. Viganò consciente, también consciente, de que la Asociación de Exalumnos no fue una creación directa de don Bosco, pero que sí tuvo su nacimiento en torno a la figura del patriarca de la Familia Salesiana, dice: “Es hermoso y consolador ver que la denominación dada a los 644 Jesús Graciliano González, “El Antiguo Alumnos en la mente de don Bosco y de don Rinaldi. Proyección en el momento actual”; presentada por su autor en la “X Escuela para los Consiliarios Antiguos Alumnos” en el Escorial, Madrid el día 26 de julio de 2012. 218 Exalumnos de nuestras casas no es la de “Exalumnos salesianos”, sino la de “Exalumnos de don Bosco”. Me parece una opción que, hecha históricamente por primera vez en el Oratorio de Valdocco y continuada después por doquier en el tiempo y en el espacio, nos resulta verdadera y concretamente programática”645. Lo que reconfirma también que el reconocimiento y amor al Padre que les acogió en un momento determinado en su casa les creó muchas deudas de amor. Durante la vida de don Bosco no hubo una organización oficial de los Exalumnos en uniones y federaciones. b) Identidad Los orígenes del movimiento de los Exalumnos están en Valdocco y en torno a don Bosco, en él, por tanto, hay que descubrir la razón y las motivaciones genuinas de su auténtica identidad. La identidad de los Exalumnos hay que situarla en aquellos encuentros anuales con don Bosco. Se trataba de un doble encuentro de afectos: por un lado el afecto de don Bosco que quería de corazón y consideraba como hijos suyos a todos los que habían sido alumnos del Oratorio. Por otra parte, el afecto de los Exalumnos hacia quien los había querido, educado y hecho hombres de provecho. Sin Don Bosco no hubieran podido llegar donde habían llegado y esto producía en ellos un sentimiento de amor y de gratitud. No existían condiciones, ni requisitos para formar parte del grupo de Exalumnos. No había distinciones en el grupo. La división hecha por don Bosco entre sacerdotes y no sacerdotes, respondía a una simple razón práctica: los sacerdotes no podían acudir al Oratorio ni en los días de fiesta ni en los domingos, porque estaban ocupados en sus ministerios pastorales. Pero unos y otros participaban de la misma realidad: haber sido alumnos de don Bosco y guardarle eterno agradecimiento. Parece ser que no todos sus alumnos respondieron positivamente a sus desvelos y cuidados y se habían apartado de él. Incluso sabemos de algunos que le hicieron la guerra y se mostraron contrarios a él. El ser Exalumno no bastaba, lo que contaba era el afecto y el agradecimiento por la educación recibida. Don Bosco insistía constantemente a sus exalumnos que fueran hombres de bien, solidarios, dispuesto al compromiso social y eclesial. Vivir la solidaridad con los compañeros, sus familiares y los salesianos era un imperativo categórico, ético y moral. Para el Exalumnos la solidaridad no es un opcional ya que forma parte de su misma identidad como Exalumno de don Bosco. Este alto nivel de solidaridad lo vive en la misión de la Iglesia y de la Familia Salesiana. c) Misión A lo largo de los años, don Bosco fue desgranado sus recuerdos y su pensamiento acerca de lo que él quería para sus Exalumnos. En primer lugar los sentía como pertenecientes a la misma familia, de la que formaban parte salesianos, alumnos y Exalumnos: "Yo con el nombre de Salesiano entiendo significar a todos aquellos que aquí en el Oratorio fueron educados con las máximas de este gran santo. Por tanto, para mí todos ustedes son Salesianos"646. Con su gran 645 E. Viganò, Circular del Rector Mayor a los salesianos sobre los Exalumnos de don Bosco, en: ACG 321, p. 12. 646 Discurso del 17 de julio 1884. Boletín Salesiano 8 (1884) n. 8 agosto, 115. 219 fuerza de persuasión él les confiaba la tarea de prolongar en el ejercicio de su paternidad, física o espiritual, la misión educativa y el método preventivo de que ellos mismos habían sido beneficiarios. A los Exalumnos laicos les recomendaba no sólo mostrarse siempre y en todas partes "buenos cristianos y hombres probos", y, si eran padres de familia, hacer partícipes a los propios seres queridos de la educación recibida en el Oratorio: "Somos Salesianos, y como tales lo olvidamos todo, perdonamos a todos, haremos todo el bien que podamos y mal a nadie"; por lo tanto, mostrarse "buenos Salesianos, verdaderos hijos de don Bosco, cuyo deseo más vivo es poblar el Cielo de almas y despoblar el infierno, si me fuera consentido"; "De la educación que han recibido de don Bosco en el Oratorio, hagan que participen sus seres queridos"647. A ellos les exponía también posibilidades de una específica inserción social. "Algunos -les decía en el encuentro del domingo 23 de julio de 1882- han sugerido resucitar en medio de ustedes nuestra antigua Sociedad de mutuo socorro". En las palabras de don Bosco hallamos ya claros los elementos esenciales de lo que quería que fuesen sus Exalumnos: fidelidad a los principios que habían aprendido en el Oratorio; reproducir en la vida personal, familiar y profesional el sistema educativo en que habían sido educados; trabajar por la salvación de las almas, especialmente de la juventud; mantener viva la dimensión social con la ayuda mutua. En 1878 nació una iniciativa que intentaba estrechar aún más los lazos de solidaridad entre los Exalumnos. Don Bosco propuso que se fundara una caja de mutuo socorro para proveer a las necesidades urgentes de aquellos jóvenes que al salir de Oratorio tuvieran necesidad de ayuda o para aquellos que cayeran enfermos. Se hizo un estatuto de esta “sociedad de mutuo socorro”, que algunos han considerado como un principio de asociación de Exalumnos reglamentada. Pronto se comenzó a hablar de una “sociedad de Exalumnos”, que contaba con un presiente y un secretario. El gran corazón de don Bosco para llegar a todos los jóvenes no se detenía ante condición social, política, étnica o religiosa. Afirmaba don Vecchi que el Exalumno de don Bosco presenta múltiples rostros, que no pueden ser reducidos a una única identidad. Ello podría ser el resultado de la “educación recibida”, que ha buscado en todo momento formar personas desarrollando la originalidad de cada uno. Existe una pluralidad más original a subrayar. La Asociación y la Confederación declaran su sentido eclesial, pero sin dejar de reconocer que hay miembros, a pleno título y derecho, de diversas confesiones cristianas, de diversos niveles. Por ello, es fundamental saber acoger a todos sin importar la confesión religiosa648. Los Exalumnos no cristianos o de otras confesiones religiosas vivirán su compromiso siendo coherentes con su fe y siempre apegados a los valores humanos, culturales de donde han nacido y en concordancia con los enarbolados por el Sistema Educativo de don Bosco. También ellos están llamados a vivir “el carácter secular que es propio y peculiar de los laicos”649. 647 La gratitudine filiale a lieta mensa colla bontà paterna. Bollettino Salesiano (1880) n. 9, settembre, 11. J. Vecchi, Exallievo di don Bosco verso il 2000, in: Atti del VIII Congresso Nazionale Exallievi/e di Don Bosco, Rimini, 10-13 ottobre 1996, p. 67. 649 Lumen Gentium 32. Citado por la Exhortación Apostólica Christifideles Laici 15. 648 220 El Rector Mayor, don Pascual Chávez650, dirigiéndose a los Exalumnos durante la celebración del centenario en Turín les dijo: “Como cristianos o creyentes pertenecientes a otras religiones están llamados a ser «sal de la tierra y luz del mundo, y levadura que fermenta la masa ». Están son las imágenes usadas por Jesús para definir la naturaleza y misión de los discípulos. La identidad más profunda del Exalumno no es diversa”. 4. La realidad interpela a los Exalumnos como discípulos y misioneros Continúa diciendo el Rector Mayor: “La responsabilidad del Exalumno es la de participar como cristiano y ciudadano en las actividades públicas llevando una renovada exigencia de justicia social, de solidaridad, de desarrollo, de paz. De la misma manera se tendrá que ser solidario con todos aquellos que, en el mundo, trabajan en la lucha por reducir la pobreza, creando con ellos redes de bien. De forma más particular, como Exalumno de don Bosco hay una contribución específica para aportar: creer en la juventud, apostar por la educación, promover el Sistema Preventivo, convencidos de que la elección de don Bosco para afrontar los problemas sociales, es la educación, es no solo la más justa, sino también la más eficaz”. Los Exalumnos de toda América están llamado a conocer la realidad del Continente, analizarla y dar su aporte para crear una red de bien en el ámbito social, económico, político y cultural. Dice el Documento Conclusivo de la V Conferencia General del Episcopado latinoamericano y del Caribe que “los pueblos de América Latina y El Caribe viven hoy una realidad marcada por grandes cambios que afectan profundamente sus vidas … La novedad de estos cambios, a diferencia de los ocurridos en otras épocas, es que tienen un alcance global que, con diferencias y matices, afectan al mundo entero … Esta nueva escala mundial del fenómeno humano trae consecuencias en todos los ámbitos de la vida social, impactando la cultura, la economía, la política, las ciencias, la educción, el deporte, las artes y también, naturalmente, la religión. … Es frecuente que algunos quieran mirar la realidad unilateralmente, desde la información económica, otros, desde la información política o científica, otros, desde el entretenimiento y el espectáculo. Sin embargo, ninguno de estos criterios parciales logra proponernos un significado coherente para todo lo que existe”651. Para enfrentar esta fragmentación, los Exalumnos están llamados a recomenzar desde Cristo, necesitan hacerse discípulos dóciles del Maestro de Nazaret, necesitan incrementar el celo misionero para llevar al corazón de la cultura de nuestro tiempo aquel sentido unitario y completo de la vida humana que ni la ciencia, ni la política, ni la economía ni los medios de comunicación podrán proporcionarle. a) Socio cultural La cultura latinoamericana es una mezcla de razas, costumbres y religiones que ha ido evolucionando a medida que pasan los años. Los países hispanos de América Latina, tienen mucho en común tanto en las costumbres, religiosas, tradiciones, vestimenta y alimenticia. Pero hay mucha controversia en el leguaje por los modismos, dichos y frases a pesar que todos hablan español como lengua natal. América Latina ha sufrido un cambio drástico en la cultura. Donde cada inmigrante lleva consigo otras culturas, dando lugar a una realidad multicultural. 650 P. Chávez, El Exalumno de Don Bosco y su implicación hoy en la sociedad y en la Iglesia. Ponencia del Rector Mayor en el Centenario de la Confederación de Exalumnos y Exalumnas de don Bosco, Turín, 29 de abril 2012. 651 V Conferencia General del Episcopado Latinoamericano y del Caribe, Aparecida, Brasil, mayo 2007. Documento Conclusivo no. 33-36. 221 El Cardenal Renato R. Martino declaró en Aparecida que “asistimos también a una gran apertura y vivacidad cultural en los Pueblos latinoamericanos y caribeños, sin embargo el secular, y en muchos casos milenario, itinerario histórico que ha dado origen a los rasgos característicos de cada uno de estos pueblos, y a los valores que sustentan sus culturas, se enfrentan hoy a la gran amenaza de la homologación cultural o de la igualación sobre la base de los peores modelos de vida provenientes de Norteamérica o Europa, debido a la fascinación que tales modelos ejercen entre las poblaciones latinoamericanas y caribeñas. Las sociedades de estos pueblos conservan todavía un gran aprecio por la familia tradicional y un gran respeto por la vida –desde su concepción hasta su muerte natural–, sin embargo no están exentas del peligroso influjo de las políticas globales emprendidas contra la familia y la vida”652. El individualismo existente socaba el bien común de los pueblos Latinoamericanos. Así lo confirma Aparecida cuando declara que “vivimos un cambio de época, cuyo nivel más profundo es el cultural. Se desvanece la concepción integral del ser humano su relación con el mundo y con Dios. Surge hoy, con gran esfuerzo, una sobrevaloración de la subjetividad individual. Independientemente de su forma, la libertad y la dignidad de la persona son reconocidas. El individualismo debilita los vínculos comunitarios y propone una radical trasformación del tiempo y del espacio, dando un papel primordial a la imaginación. Se deja de lado la preocupación por el bien común para dar paso a la realización inmediata de los deseos de los individuos, a la creación de nuevos y, muchas veces, arbitrarios derechos individuales, a los problemas de la sexualidad, la familia, las enfermedades y la muerte”653. Se está caminando hacia una homogeneización de las culturas locales: “Se verifica, a nivel masivo, una especie de nueva colonización cultural por la imposición de culturas artificiales, despreciando las culturas locales y tendiendo a imponer una cultura homogeneizada en todos los sectores”654. El Documento de Puebla655 expresa consideraciones y criterios, que a pesar del tiempo transcurrido mantienen su actualidad, que fortalecen la esperanza de América Latina: El hombre latinoamericano posee una tendencia innata para acoger a las personas; para compartir lo que tiene, para la caridad fraterna y el desprendimiento, particularmente entre los pobres; para sentir con el otro la desgracia en las necesidades. Valora mucho los vínculos especiales de la amistad, nacidos del padrinazgo, la familia y los lazos que crea. Nuestro pueblo es joven y donde ha tenido oportunidades para capacitarse y organizarse ha mostrado que puede superarse y obtener sus justas reivindicaciones. El avance económico significativo que ha experimentado el continente demuestra que sería posible desarraigar la extrema pobreza y mejorar la calidad de vida de nuestro pueblo; si esto es posible, es, entonces, una obligación. Aunque en algunas partes la clase media ha sufrido deterioro, se observa cierto crecimiento de la misma. 652 Intervención del Cardenal Renato R. Martino en Aparecida, mayo 2007. Presidente del Consejo Pontificio para la Justicia y la Paz. 653 Aparecida, 44. 654 Aparecida, 46. 655 III Conferencia General del Episcopado Latinoamericano 1979, 17-22 y 63-70. 222 Existen también en América Latina situaciones preocupantes y que requieren la cooperación de todos para cambiarlas. La vigencia de sistemas económicos que no consideran al hombre como centro de la sociedad y no realizan los cambios profundos y necesarios para una sociedad justa. El hecho de la dependencia económica, tecnológica, política y cultural de América Latina: la presencia de conglomerados multinacionales que muchas veces velan sólo por sus propios intereses a costa del bien del país que los acoge; la pérdida de nuestras materias primas comparado con el precio de los productos elaborados que adquirimos. La crisis de valores morales: la corrupción pública y privada, el afán de lucro desmedido, la deshonestidad, la falta de esfuerzo, la carencia de sentido social, de justicia vivida y de solidaridad, la fuga de capitales y "de cerebros"...debilitan e incluso impiden la comunión con Dios y la fraternidad. Los Exalumnos de don Bosco con su capacidad relacional asimilada del Sistema Educativo de don Bosco han de combatir la “cultura que se caracteriza por la autoreferencia del individuo, que conduce a la indiferencia por el otro, a quien no necesita ni del que tampoco se siente responsable”. Combate la inclinación que existe de preferir “vivir día a día, sin programas a largo plazo ni apegos personales, familiares y comunitarios. Las relaciones humanas se consideran objetos de consumo, llevando a relaciones afectivas sin compromiso responsable y definitivo” 656. Los Exalumnos de América están dispuestos a acompañar a los jóvenes que “se conducen por la lógica del individualismo pragmático y narcisista, que suscita en ellos mundos imaginarios especiales de libertad e igualdad”657 para que descubran la rica realidad del otro, de los demás, de la comunidad, del grupo. Acompañar a los jóvenes para que enfrenten el futuro desde la propia experiencia vital y con el estilo de don Bosco es una “bendita” obligación para cualquier Exalumno comprometido. b) Económica En los países de la región se constata, como en la mayor parte de nuestro planeta, un cambio rápido y profundo. Un cambio que no siempre es para bien debido a la falta o a la insuficiencia de instrumentos adecuados que acompañen y gobiernen dicho cambio, orientándolo hacia la construcción de estructuras sociales, económicas y políticas, dignas de la persona humana. Es por ello que en campo económico, a la vez que se constata la existencia de un crecimiento económico y que estas tierras producen riqueza suficiente para todos, se comprueba también que siguen creciendo las desigualdades en el acceso a los bienes de la tierra. No es ningún secreto que en algunos de los países de América Latina se registran los más altos índices de desigualdad del mundo. Por lo tanto, la cuestión del desarrollo de todo el hombre y de todos los hombres de estos países sigue sin resolverse, más aún, en algunas realidades nacionales se ha agravado. Cabe subrayar que la situación de subdesarrollo de muchos y de súper desarrollo de pocos, no es una cuestión sólo económica, sino que tiene causas de orden moral, y por lo tanto representa un desafío pastoral para la Iglesia. 656 657 Aparecida, 46. Aparecida, 51. 223 En este sentido es iluminador lo expuesto por el documento de Aparecida cuando señala que la globalización ha generado inequidades e injusticias: “hay que decir que “en la globalización, la dinámica del mercado absolutiza con facilidad la eficacia y la productividad como valores reguladores de todas las relaciones humanas. Este peculiar carácter hace de la globalización un proceso promotor de inequidades e injusticias múltiples”658. La globalización sigue la dinámica de la concentración de poder y de las riquezas en manos de pocos, no sólo de los recursos físicos y monetarios, sino sobre todo de la información y de los recursos humanos, lo que produce la exclusión de todos aquellos no suficientemente capacitados e informados, aumentando las desigualdades y la pobreza. El Papa Benedicto XVI, al referirse a la economía, dice en la Carta Encíclica “Caritas in Veritate” que “hace tiempo que la economía forma parte del conjunto de los ámbitos en que se manifiestan los efectos perniciosos del pecado”659. Sin lugar a dudas, hoy se requiere de una conversión. Dios no puede cambiar el mundo sin que nosotros cambiemos. Se nos pide ser protagonistas de una historia más dichosa: atrevernos a pensar y actuar fuera del sistema para entrar en la lógica y la dinámica del reino de Dios. Se nos pide una nueva obediencia. Tenemos miedo a perder bienestar, nos parece imposible vivir sin acumular, vemos en peligro nuestra seguridad. Nos resistamos a pensar en un mundo compartido. Hemos de cambiar la trayectoria. La ciencia no tiene conciencia; la economía carece de compasión; los dogmas del capitalismo neoliberal son inhumanos. Acoger el reino de Dios es dar pasos hacia una convivencia mundial más humana660. J. A. Pagola661 sostiene que el Dinero, convertido en ídolo absoluto, es para Jesús el gran enemigo del proyecto humanizador de Dios. De ahí su grito provocativo: “No pueden servir a Dios y al Dinero”662. Dios no puede ser Padre de todos sin reclamar justicia para aquellos que son excluidos de una vida digna. La lógica que impone el capitalismo liberal es inaceptable: empuja a los pueblos a acumular insaciablemente bienestar, pero lo hace, por una parte, generando hambre, pobreza y muerte, y, por otra, deshumanizándonos cada vez más a todos. Este sistema nos ha hecho esclavos del ansia de acumular. Todo es poco para sentirnos satisfechos. Necesitamos más productividad, más consumo, más bienestar, más petróleo, más tecnología, más poder sobre los demás. Los mercados no solo se han convertido en centros de poder cada vez más ajenos al bien común de las comunidades políticas, sino que están destruyendo las instituciones democráticas representativas de los pueblos. Los Gobiernos y Parlamentos promueven leyes y ponen en marcha estrategias sometiéndose a las presiones de los grupos financieros, no respondiendo a las necesidades reales de la sociedad. No se ha de sacrificar la vida y la dignidad de los indefensos a ningún poder político, financiero, económico o religioso. Los humillados por los poderosos son de Dios. Sin lugar a dudas, el sistema financiero es en estos momentos el poder que sacrifica más vidas y causa más sufrimientos, hambre y destrucción humana que cualquier otro poder. 658 Aparecida, 61. Carta Encíclica Caritas in Veritate del sumo Pontífice Benedicto XVI a los Obispos, a los presbíteros y Diáconos, a las personas Consagradas, a todos los fieles laicos, a todos los hombres de buena voluntad, sobre el desarrollo humano integral en la caridad y en la verdad, 34. 660 J. A. Pagola, Jesús y el dinero. Una lectura profética de la crisis, PPC, Madrid 2013, pp. 20 y 21. 661 J. A. Pagola, op. cit., pp. 22, 25, 27. 662 Lc 16,13 y Mt 6,24. Véase J. I. González Faus, Otro mundo es posible… desde Jesús, Salterrae, Santander 2010, pp. 65-107. 659 224 J. A. Pagola expresa con ardor que es fundamental eliminar los paraísos fiscales y la especulación: “es una ilusión pensar que estamos saliendo de la crisis si no se regula la actual dinámica financiera, desvinculada de las necesidades de los pueblos y del bien común de la comunidad humana, si no se acaba con los paraísos fiscales, elemento consustancial de la especulación financiera que domina la economía mundial”663. Ante todo esto lo decisivo es la ayuda práctica y solidaria a quienes sufren. Lo que hacemos a gentes hambrientas, a inmigrantes indefensos, a enfermos desvalidos, a encarcelados olvidados por todos, tiene un valor absoluto, se lo estamos haciendo al mismo Dios, llega hasta el Misterio último de la realidad que los creyentes llamamos Dios664. He aquí un campo de actuación de los Exalumnos de toda América. No se puede ser Exalumnos de don Bosco y vivir siendo indiferentes o ignorando esta realidad. La compasión política no es solo una llamada de Jesús o un imperativo ético. Es una necesidad urgente para salvar hoy al ser humano. La Asociación de Exalumnos en América ha de actuar como centinela, sensible al sufrimiento de los indefensos, para salir instintivamente en su defensa. La Asociación de Exalumnos ha de luchar haciendo uso de todos los medios para erradicar la “globalización de la indiferencia”. Un Exalumno indiferente al sufrimiento, a la pobreza y a la injusticia es un hombre en pecado, es un enemigo de los amigos de Dios, los pobres; es un enemigo de don Bosco y hay que temerle. Don Bosco llama hoy a los Exalumnos de toda América a vivir la crisis junto a las familias, a los hombres y a la juventud más pobres y abandonada. Encontrar nuestro lugar junto a las víctimas de la crisis no es solo dar un donativo de vez en cuando. Significa además conocer de cerca a los que van quedando marginados, establecer con ellos lazos de amistad, apoyarlos en la búsqueda de trabajo o de soluciones a su situación, responder con ayuda material –dinero, artículos de primera necesidad…- a sus necesidades. Significa también organizar la economía familiar pensando, por ejemplo, en mantener a un miembro más, aportando la cantidad correspondiente a Caritas; tomar la decisión de incorporarnos a algún voluntariado o servicio de ayuda a colectivos desprotegidos socialmente o que la Asociación cree una entidad de mutuo soccorso para quienes lo necesiten. Otra manera de ir al encuentro de las víctimas de la crisis económica es reaccionar contra la privatización y el desarrollo del individualismo, que nos puede encerrar en nuestro propio bienestar egoísta, dejando indefensos a los más débiles. Quizás sea el momento de que los Exalumnos comiencen a potenciar el Cooperativismo para ir al encuentro de los pequeños y medianos empresarios. Don Bosco propuso la cooperativa como una salida a las necesidades de las familias, de los alumnos y Exalumnos en necesidad (“caja de mutuo soccorso”). Nos auguramos que la crisis nos pueda ayudar a poner los fundamentos de una convivencia más digna y mejor orientada hacia un futuro más humano. Nos puede enseñar a vivir de manera más solidaria. Más pobres, pero más humanos. Más necesitados, pero más unidos para afrontar los problemas. Más menesterosos, pero más lúcidos y responsables. Con más voluntad de justicia, con más determinación para trabajar por el bien común, con más capacidad de regenerar la política. Los Exalumnos empresarios han de ser conscientes de que “el ser empresario, antes de tener un significado profesional, tiene un significado humano”665. Han de cuidar el trato humano del trabajador, asignar un salario digno y que corresponda al trabajo realizado, afiliar al trabajador 663 J. A. Pagola, op. cit., pp. 31, 69, 70, 77, 78. Mt 25, 31-46. 665 Caritas in Veritate, 41. 664 225 a un sistema seguro de salud y de pensiones confiable, asegurarle las vacaciones al trabajador, estar pendiente de los momentos críticos su familia, respetar el derecho que tiene el trabajador a pertenecer a un sindicato. El Exalumno empresario ha de marcar la diferencia y convertirse en modelo de empresario porque cuida y defiende los derechos del trabajador. Cuida de un modo especial a los jóvenes de su empresa, motivarlos para que estudien y se superen. Reserva siempre becas de estudios para los hijos de sus empleados. Apoya a las instituciones educativas ubicadas en el entorno de su empresa. El Papa Benedicto XVI revela que el capital más importante es la persona: “el primer capital que se ha de salvaguardar y valorar es el hombre, la persona en su dignidad: “Pues el hombre es el autor, el centro y el fin de toda la vida económico-social”666. c) Socio-política En campo político, América Latina y el Caribe han dejado atrás las dictaduras militares, y la mayor parte de sus países han optado por el sistema democrático. Es visible el desarrollo de los ordenamientos institucionales típicos de los sistemas democráticos, sin embargo éstos son todavía frágiles en la mayoría de los países y expuestos constantemente a derivas ideológicas, tanto de corte populista como neoliberal, con una clase dirigente y aparatos estatales de baja credibilidad y altos índices de corrupción. No existe todavía, un liderazgo político sólido capaz de aumentar la confianza de los ciudadanos en las instituciones públicas. La Constitución Pastoral Gaudium et Spes dice que la política está al servicio del bien común de la sociedad, es decir, debe ayudar a garantizar "el conjunto de las condiciones de la vida social que hacen posible a las asociaciones y a cada uno de sus miembros el logro más pleno y más fácil de la propia perfección"667. Por ello, al cuidado y responsabilidad colectiva sobre el bien común le ha llamado también el magisterio "justicia social", en el doble sentido de dar a cada uno lo que le es debido en justicia, como también, velar para que el vínculo de sociabilidad entre las personas sea en sí mismo justo y digno de ellas. El bien común no es, en consecuencia, un producto o agregación de valor, una suerte de sumatoria de bienes privados, o de bienes públicos de "interés general", sino un bien que sólo existe en cuanto compartido y que no puede ser apropiado o distribuido privadamente sin que en ese mismo acto se destruya. Así puede concebirse la enseña del Papa Benedicto XVI cuando afirma que "el orden justo de la sociedad y del Estado es una tarea principal de la política". Y agrega: "La justicia es el objeto y, por tanto, también la medida intrínseca de toda política. La política es más que una simple técnica para determinar los ordenamientos públicos: su origen y su meta están precisamente en la justicia, y ésta es de naturaleza ética"668. Una visión de este tipo hace inmediatamente comprensible también otros dos principios tradicionales de la Doctrina Social de la Iglesia: la solidaridad y la subsidiariedad. Dice el Compendio de la Doctrina Social de la Iglesia que "la solidaridad confiere particular relieve a la intrínseca sociabilidad de la persona humana, a la igualdad de todos en dignidad y derechos, al camino común de los hombres y de los pueblos hacia una unidad cada vez más convencida"669. Y más adelante agrega: "El término solidaridad expresa en síntesis la exigencia de reconocer en el conjunto de los vínculos que unen a los hombres y a los grupos sociales entre 666 Caritas in Veritate, 25. Constitución Pastoral Gaudium et Spes, sobre la Iglesia en el mundo actual, 26. 668 Carta Encíclica Deus Caritas Est del Sumo Pontífice Benedicto XVI a los Obispos, a los Presbíteros y Diáconos, a las personas Consagradas y a todos los fieles laicos sobre el Amor Cristiano, 28 a. 669 Compendio de la Doctrina Social de la Iglesia, 192. 667 226 sí, el espacio ofrecido a la libertad humana para ocuparse del crecimiento común, compartido por todos"670. Un orden justo sólo puede ser solidario en los términos antes descritos. El Estado tiene el derecho de hacer todo lo que reclama el bien común. Prohibir todo lo que prohíbe el bien común y ordenar todo lo que exige el bien común, en la exacta medida en que el bien común lo indica, naturalmente, dentro de los límites de las posibilidades y de las oportunidades, puesto que el bien común de un pueblo es algo concreto e histórico. En tal virtud, dice Teófilo Quico Tabar671, “el papel del Estado es adquirir, conservar y desarrollar bienes y jerarquizarlos convenientemente, sacrificando los inferiores a los más dignos; sacrificando, por ejemplo, aspectos materiales por la justicia social y la paz, o las de algunas actividades secundarias o superfluas por las que tienen que ver con el desarrollo social, la cultura, la educación y la moralización, que al fin y al cabo deben ser las bases que soporten el crecimiento en otros órdenes”672. Al Exalumno de don Bosco como “hombre de la solidaridad” se le presenta el reto de implementar y cuidar la “justicia social” en el Continente Americano. Para ello ha de comenzar a identificar realidades que están en su entorno para transformarla creando estructuras justas. Combatir desde la raíz las estructuras de violencia, “que se manifiesta en robos, asaltos, secuestros, y lo que es más grave, en asesinatos que cada día destruyen más vidas humanas y llenan de dolor a las familias y a la sociedad entera”673. Para combatir la violencia es fundamental identificar sus agentes: “el crimen organizado y el narcotráfico, grupos paramilitares, violencia común sobre todo en la periferia de las grandes ciudades, violencia de grupos juveniles y creciente violencia intrafamiliar”674. También es de fundamental importancia identificar bien sus causas: “la idolatría del dinero, el avance de una ideología individualista y utilitarista, el irrespeto a la dignidad de cada persona, el deterioro del tejido social, la corrupción incluso en las fuerzas del orden, y la falta de políticas públicas de equidad social”675. d) Dimensión religiosa: La Iglesia en América Latina y el Caribe y las sectas El Continente Americano se caracteriza por sus raíces cristianas y por la fe sencilla de las familias. Según datos del Vaticano676, el 42 por ciento de los católicos en el mundo, 501,33 millones de personas, viven en América Latina y Brasil se confirma como el país con mayor número de seguidores del catolicismo, con 163,3 millones, seguido de México con 99,7 millones. Según el Anuario Estadístico de la Iglesia, cuyos últimos datos son de 2010, si se unen los fieles de Estados Unidos y Canadá, el 63,2 por ciento de todos los católicos del mundo, de un total de 1.200 millones de personas, reside en América. 670 Compendio de la Doctrina Social de la Iglesia, 194. Prestigioso dominicano, ha ocupado diferentes cargos administrativos en el gobierno, entre otros: has sido Director General de Aduanas. Es columnista de diferentes diarios de circulación nacional de República Dominicana. 672 T. Q. Tabar, El deber del Estado en función del bien común, en: diario “Hoy” de República Dominicana, 18 de julio de 2013. 673 Aparecida, 78. 674 Aparecida, 78. 675 Aparecida, 78. 676 http://www.listin.com.do/las-mundiales/2013/7/18/284966/El-42-de-los-catolicos-del-mundo-vive-enAmerica-Latina 671 227 En América del Norte (sin México), viven 84.665.000 católicos, en América Central más México 134.649.000; en la zona del Caribe y Antillas, 27.667.000 y en América del Sur, 339.017.000 millones. América Latina cuenta con 1.321 obispos, para un total de 813 circunscripciones eclesiásticas. Las parroquias son 35.531, para un total de 72.134 sacerdotes. Los centros pastorales son 71.000. La distribución en países latinoamericanos es la siguiente: País Brasil México Colombia Argentina Perú Venezuela Ecuador Chile Guatemala República Dominicana Bolivia Haití Cuba Honduras Paraguay Nicaragua El Salvador Costa Rica Puerto Rico Panamá Uruguay Número de Población de habitantes católicos 193,2 millones 163,2 millones 108,4 millones 99,6 millones 45,5 millones 42,9 millones 40,5 millones 37,7 millones 29,4 millones 26,1 millones 28,8 millones 25,3 millones 14,2 millones 13,1 millones 17,09 millones 12,6 millones 14,3 millones 11,5 millones 9,8 millones 8,7 millones 10,4 millones 10,1 millones 11,2 millones 8,1 millones 6,4 millones 5,8 millones 6,2 millones 4,6 millones 3,97 millones 3,5 millones 3,35 millones Circunscripciones eclesiásticas 274 93 76 73 45 39 25 27 15 12 8,9 millones 7,33 millones 6,76 millones 6,5 millones 6,1 millones 5,1 millones 4,9 millones 3,8 millones 3,12 millones 3,1 millones 2,6 millones 18 10 11 9 15 8 9 8 6 8 10 Número parroquias 11.407 6,744 4.174 2.754 1.561 1.343 1.301 948 480 638 624 388 304 223 367 307 454 289 328 197 234 Las sectas fundamentalistas son un problema que a la Iglesia le preocupa. El Documento de Santo Domingo677 se ha expresado con mucha claridad en relación con las sectas fundamentalistas en América Latina y el Caribe. Declara que: Ha habido una grande expansión de sectas; para las sectas solo la fe salva y la Escritura es la única base de la fe; normalmente realizan el proselitismo a través del visiteo casa por casa; obligan a sus adeptos al pago del diezmo y presentan un marcado moralismo: “El problema de las sectas ha adquirido proporciones dramáticas y ha llegado a ser verdaderamente preocupante sobre todo por el creciente proselitismo. Las sectas fundamentalistas son grupos religiosos que insisten en que sólo la fe en Jesucristo salva y que la única base de la fe es la Sagrada Escritura, interpretada de manera personal y 677 IV Conferencia del Episcopado Latinoamericano. Santo Domingo 1992, 39-42. 228 de fundamentalista, por lo tanto con exclusión de la Iglesia, y la insistencia en la proximidad del fin del mundo y del juicio próximo. Se caracterizan por su afán proselitista mediante insistentes visitas domiciliarias, gran difusión de Biblias, revistas y libros; la presencia y ayuda oportunista en momentos críticos de la persona o de la familia y una gran capacidad técnica en el uso de los medios de comunicación social. Cuentan con una poderosa ayuda financiera proveniente del extranjero y del diezmo que obligatoriamente tributan todos los adheridos. Están marcados por un moralismo riguroso, por reuniones de oración con un culto participativo y emotivo, basado en la Biblia, y por su agresividad contra la Iglesia, valiéndose con frecuencia de la calumnia y de la dádiva. Aunque su compromiso con lo temporal es débil, se orientan hacia la participación política encaminada a la toma del poder. La presencia de estas sectas religiosas fundamentalistas en América Latina ha aumentado de manera extraordinaria desde Puebla hasta nuestros días. El Documento indica algunos desafíos pastorales fundamentales: Dar una respuesta pastoral eficaz ante el avance de las sectas, haciendo más presente la acción evangelizadora de la Iglesia en aquellos sectores más vulnerables, como migrantes, poblaciones sin atención sacerdotal y con gran ignorancia religiosa, personas sencillas o con problemas materiales y de familia. Se presentan en el documento diversas líneas pastorales a seguir, entre otras: Que la Iglesia sea cada vez más comunitaria y participativa y con comunidades eclesiales, grupos de familias, círculos bíblicos, movimientos y asociaciones eclesiales, haciendo de la parroquia una comunidad de comunidades. Provocar en los católicos la adhesión personal a Cristo y a la Iglesia por el anuncio del Señor resucitado. Desarrollar una catequesis que instruya debidamente al pueblo, explicando el misterio de la Iglesia, sacramento de salvación y comunión, la mediación de la Virgen María y de los santos y la misión de la jerarquía. Promover una Iglesia ministerial con el aumento de ministros ordenados y la promoción de ministros laicos debidamente formados para impulsar el servicio evangelizador en todos los sectores del Pueblo de Dios”. Hemos de reconocer que hay Exalumnos de don Bosco en América Latina y el Caribe que pertenecen a algunas de estas sectas. El número exacto no se conoce. Los motivos de esta elección pueden ser muchos y variados: la familia opta por pertenecer a estos grupos religiosos y como es normal involucran también a los hijos; débil formación religiosa de las familias y de los niños, adolescentes y jóvenes; la falta de participación de los laicos en las iglesias locales; anti testimonio de los cristianos católicos y de los ministros ordenados; conflictos con la institución religiosa salesiana donde se estudió, etc. La mejor estrategia para prevenir esta huida de católicos a las sectas es implementar las líneas pastorales planteadas por los obispos en Santo Domingo, ya expuestas. Los Exalumnos sumándose a estas iniciativas de testimonio, formación religiosa, etc. pueden contribuir a combatir esta realidad. La fe de los Exalumnos latinoamericanos y caribeños ha de ser encarnada, es decir, con los pies sobre la tierra, como la de don Bosco. Los hijos del Padre de la juventud en el Continente están llamados a vivir una fe contagiosa, de los brazos abiertos para todos; han de experimentar la 229 urgencia de saber conjugar Evangelio y pasión civil para cambiar la sociedad; han de vivir en todos los ámbitos: social, político, económico y religioso una acogida cordial, efectiva y puntual sostenida por un fuerte testimonio creyente. Difícilmente los discursos muevan al cambio de la realidad, a no ser que sean proclamados por profetas, por hombres y mujeres que caminan con los más humildes, con los más pobres, con los desheredados, con los que se han quedado al margen del camino. Los Exalumnos han de “bajar de los balcones” para potenciar la “pastoral del zapato”, del contacto, de la cercanía con la gente, de la familiaridad. La pastoral que toca a la puerta para compartir la buena nueva del Evangelio. 5. Rostros sufrientes que interpelan a los Exalumnos El propósito de esta sección consiste básicamente en que el Exalumno tome conciencia de la realidad que está viviendo un sinnúmero de personas, sobre todo de jóvenes, en Latino América y el Caribe. La clave está en la sensibilidad que ayuda a ir más allá de los límites de la propia familia, de la propia comunidad y de la propia obra salesiana. La miopía pastoral en un hijo de don Bosco no es permitida, es un pecado. Si alguien sufriese de este mal pastoral este Congrelat le ofrecerá los médicos oculistas suficientes para que intervengan debidamente y eliminar tal pecado. Les serán ofrecidos medicamentos modernos y sumamente efectivos para erradicar tan terrible mal. En el Continente Americano se constatan una infinidad de valores humanos, religiosos y culturales, familiares e institucionales. Pero también se ven cantidades considerables de personas que viven en la calle; hombres, mujeres y familias que se ven obligadas a emigrar por motivos diversos; hombres, mujeres y jóvenes detenidos en las cárceles; grupos de delincuencia organizada vinculados al territorio; el incremento de la violencia contra la mujer; la corrupción tanto en las instituciones públicas como privadas. El compromiso del Exalumno al “bajar del balcón” ha de ser siempre "potenciar lo que está bien en la sociedad, corregir lo que está mal y afecta a la persona, al crecimiento y al desarrollo del Continente; hacer lo que nunca se hizo hasta ahora en la Asociación potenciando proyectos de todos tipos en orden a la solidaridad". a) Personas que viven en la calle El término niños de la calle" describe tres grupos diferentes de niñas y niños: Niños que trabajan durante el día en las calles pero que todavía alojan en las casas de sus familias; niños que trabajan durante la semana en las calles y que solamente regresan durante los fines de semana a las viviendas de sus familias, por ejemplo, porque el camino entre el lugar de trabajo y la casa de la familia es demasiado lejos; niños que ya no tienen ningún contacto con sus familias. Trabajan y viven en la calle. Según la United Nations International Children’s Emergency Fund (UNICEF)678, en el mundo hay más de 100 millones de niños de la calle, y esta es una cifra que no cambia desde hace mas de 20 años. Se considera niño de la calle todo aquel menor de 18 años que vive sin hogar y sin la protección y atención de algún familiar. En América Latina y el Caribe, el continente con mayor población en la calle, hay 40 millones. De estos 40 millones de niños y niñas de la calle que viven en América Latina, UNICEF calcula que más de la mitad inhalan pegamento industrial, la única droga que pueden conseguir. Son los clientes de un negocio que mueve mucho dinero: cada mes consumen 77 millones de litros de pegamento. 678 Fondo Internacional de Emergencia de las Naciones Unidas para la Infancia. http://www.dandodatos.com/2011/02/los-ninos-de-la-calle.html 230 La cifra es espantosa, pero todavía lo es más si nos detenemos a pensar cuantos son 20 millones de niños. En España, en total, hay 8 millones de menores (8.290.639 según el censo de 2010); en Francia, 13 millones (13.662.000 en 2008 según la UNICEF). Pues bien, es como si todos los menores de Francia y España, desde recién nacidos hasta adolescentes de 17 años, inhalaran pegamento industrial. Aunque hay variaciones entre países, se ha estimado que el 70% de los niños de la calle son chicos. Aunque siempre la mayor parte de niños y adolescentes en situación de calle son varones, en los últimos tiempos ha habido un aumento de parte del sexo femenino, pero es importante recordar que la calle es un espacio de mucho riesgo. Los niños pueden terminar en la calle por distintas razones, las más típicas son las siguientes679: No tienen elección: Han sido abandonados, son huérfanos o han sido expulsados de sus hogares. Eligen vivir en la calle a raíz del maltratos sufridos en su casa, por negligencia de los padres o porque simplemente su familia no es capaz de cubrir sus necesidades básicas. Eligen vivir en la calle por los ingresos que con sus actividades puedan reportar a sus familias. Si esos hogares y familias, como parte integrante de la sociedad, son incapaces de mantener la vida de ese niño, puede por tanto decirse que las razones últimas del abandono del domicilio paterno son las condiciones sociales, económicas, políticas y medioambientales impuestas por el conjunto de la sociedad en que ese grupo marginal se inscribe. En un informe de 1993, la Organización Mundial de la Salud (OMS) sugería estos factores como causantes del fenómeno: Desintegración del entorno familiar, conflicto armado, pobreza extrema, desastres (naturales o provocados), hambre, abusos físicos y sexuales, explotación infantil, desplazamiento social tras emigración, urbanización y crecimiento descontrolado de suburbios, incultura. Los Exalumnos, junto a las entidades privadas o gubernamentales, ONGs o de la Asociación misma, han de promover proyectos de participación y promoción para los niños de la calle. Llamar la atención de los gobiernos locales y nacionales para que diseñen políticas que favorezcan la atención de estos seres humanos. Los Exalumnos de América con funciones de diputados y senadores están llamados a proponer proyectos de leyes que enfrente el problema y lo resuelvan. Los Exalumnos están llamados a exigir a los gobiernos que incluyan en los presupuestos nacionales partidas económicas para apoyar a las instituciones que trabajan con niños de la calle. Están llamados a trabajar directamente con los niños que hacen vida en la calle. Se pueden unir a los proyectos de este género que ya poseen los grupos de la Familia Salesiana, especialmente los Salesianos. Es don Bosco mismo quien pide a los Exalumnos de América que erradiquen de una vez por todas el flagelo de los niños de la calle. Los Exaumnos preocupados por esta situación se suman a la declaración hecha por los obispos en Aparecida: “Nunca se aceptará como solución a este grave problemática social la violencia e incluso el asesinato de los niños y jóvenes de la calle, como ha sucedido lamentablemente en algunos países del Continente Americano”680. 679 680 http://es.m.wikipedia.org/wiki/Ni%C3%B1os_de_la_calle Aparecida, 410. 231 b) Migrantes681 El Documento “Ecclesia in America” constata que la inmigración es una realidad de América Latina y que es un fenómeno que no se detiene y que la Iglesia busca siempre estar a su lado: “el Continente americano ha conocido en su historia muchos movimientos de inmigración, que llevaron multitud de hombres y mujeres a las diversas regiones con la esperanza de un futuro mejor. El fenómeno continúa también hoy y afecta concretamente a numerosas personas y familias procedentes de Naciones latinoamericanas del Continente, que se han instalado en las regiones del Norte, constituyendo en algunos casos una parte considerable de la población. A menudo llevan consigo un patrimonio cultural y religioso, rico de significativos elementos cristianos. La Iglesia es consciente de los problemas provocados por esta situación y se esfuerza en desarrollar una verdadera atención pastoral entre dichos inmigrados, para favorecer su asentamiento en el territorio y para suscitar, al mismo tiempo, una actitud de acogida por parte de las poblaciones locales, convencida de que la mutua apertura será un enriquecimiento para todos”682. El día 8 de julio del 2013, el Papa Francisco, realizó su primer viaje fuera de Roma a la Isla de Lampedusa683, Italia. Un viaje profético que movió la conciencia de toda la comunidad política mundial, pero sobre todo, Europea. El diario italiano “La Repubblica684” tituló con una expresión sugestiva, y llena de verdad, la homilía del Santo Padre: “Hemos pasado de la cultura del bienestar a la globalización de la indiferencia”. El Papa denuncia que todos y nadie son responsables de las 18,673 víctimas que han sucumbido en el mar Mediterráneo desde el 1988 haya hoy. Declara el Papa: Esta mañana, a la luz de la Palabra de Dios que hemos escuchado, quisiera proponer algunas palabras que, sobre todo, despierten la conciencia de todos, impulsen a reflexionar y a cambiar concretamente ciertas actitudes. “¿Adán, dónde estás?”: es la primera pregunta que Dios dirige al hombre después del pecado. “¿Dónde estás?”. Es un hombre desorientado que ha perdido su lugar en la creación porque cree que puede volverse potente, que puede dominar todo, que puede ser Dios. Y la armonía se rompe, el hombre se equivoca y esto se repite también en la relación con el otro que ya no es el hermano al que hay que amar, sino sencillamente el otro que disturba mi vida, mi bienestar. Y Dios hace la segunda pregunta: “Caín, ¿dónde está tu hermano?”. El sueño de ser poderoso, de ser grande como Dios, es más de ser Dios, lleva a una cadena de equivocaciones que es cadena de muerte, ¡conduce a derramar la sangre del hermano! “¿Dónde está tu hermano?”, la voz de su sangre grita hasta mí, dice Dios. Esta no es una pregunta dirigida a los demás, es una pregunta dirigida a mí, a ti, a cada uno de nosotros. Esos hermanos y hermanas nuestros trataban de salir de situaciones difíciles para encontrar un 681 Migrar es cambiar. El Migrante es el que cambia del lugar habitual de residencia. Un Migrante es Emigrante si sale de su lugar o país hacia otro lugar o país. Un Migrante es Inmigrante en el momento que está entrando a otro país o lugar. Antes de cruzar la frontera eres Emigrante. Tras cruzar la frontera eres Inmigrante. Para tus compatriotas eres Emigrante. Para los ciudadanos del otro país eres Inmigrante. 682 Exhortación apostólica postsinodal Ecclesia in America del Santo Padre Juan Pablo II a los Obispos, a los presbíteros y diáconos, a los consagrados y consagradas y a todos los fieles laicos sobre el encuentro con Jesucristo vivo, camino para la conversión, la comunión y la solidaridad en América, 65. 683 Lampedusa es una isla que tiene poco más o menos 6,000 habitantes, con una extensión de 20 kilómetros cuadrados de superficie. La isla ocupa el punto más al sur de Italia y dista a penas 113 Km. de la costa tunecina y 127 Km. de Sicilia. 684 Jorge Mario Bergoglio, “Noi, passati dalla cultura del benessere alla globalizzazione dell’1indiferenza’, in: La Repubblica. 9 luglio 2013, p. 3. 232 poco de serenidad y de paz; buscaban un lugar mejor para ellos y para sus familias, pero han encontrado la muerte. ¡Cuántas veces aquellos que buscan esto no encuentran comprensión, acogida, solidaridad! ¡Y sus voces suben hasta Dios! “¿Dónde está tu hermano?”. ¿Quién es el responsable de esta sangre? En la literatura española hay una comedia de Lope de Vega que narra cómo los habitantes de la ciudad de Fuente Ovejuna matan al Gobernador porque es un tirano, y lo hacen de modo que no se sepa quién ha realizado la ejecución. Y cuando el juez del rey pregunta: “¿Quién ha asesinado al Gobernador?”, todos responden: “Fuente Ovejuna, Señor”. ¡Todos y nadie! También hoy esta pregunta surge con fuerza: ¿Quién es el responsable de la sangre de estos hermanos y hermanas? ¡Nadie! Todos nosotros respondemos así: no soy yo, yo no tengo nada que ver, serán otros, ciertamente no yo. Pero Dios pregunta a cada uno de nosotros: “¿Dónde está la sangre de tu hermano que grita hasta mí?”. Hoy nadie se siente responsable de esto; hemos perdido el sentido de la responsabilidad fraterna; hemos caído en la actitud hipócrita del sacerdote y del servidor del altar, del que habla Jesús en la parábola del Buen Samaritano: miramos al hermano medio muerto en el borde del camino, quizá pensamos “pobrecito”, y continuamos por nuestro camino, no es tarea nuestra; y con esto nos tranquilizamos y nos sentimos bien. La cultura del bienestar, que nos lleva a pensar en nosotros mismos, nos vuelve insensibles a los gritos de los demás, nos hace vivir en burbujas de jabón, que son bellas, pero no son nada, son la ilusión de lo fútil, de lo provisorio, que lleva a la indiferencia hacia los demás, es más lleva a la globalización de la indiferencia. En este mundo de la globalización hemos caído en la globalización de la indiferencia. ¡Nos hemos habituado al sufrimiento del otro, no nos concierne, no nos interesa, no es un asunto nuestro! Vuelve la figura del Innominado de Manzoni. La globalización de la indiferencia nos hace a todos “innominados”, responsables sin nombre y sin rostro. “¿Adán dónde estás?”, “¿dónde está tu hermano?”, son las dos preguntas que Dios hace al inicio de la historia de la humanidad y que dirige también a todos los hombres de nuestro tiempo, también a nosotros. Pero yo querría que nos hiciéramos una tercera pregunta: “¿Quién de nosotros ha llorado por este hecho y por hechos como éste?”. ¿Quién ha llorado por la muerte de estos hermanos y hermanas? ¿Quién ha llorado por estas personas que estaban en la barca? ¿Por las jóvenes mamás que llevaban a sus niños? ¿Por estos hombres que deseaban algo para sostener a sus propias familias? Somos una sociedad que ha olvidado la experiencia del llorar, del “padecer con”: ¡la globalización de la indiferencia nos ha quitado la capacidad de llorar! “Los mojados” es la frase con que han bautizado, en América Latina y el Caribe, a los inmigrantes ilegales. El cantante guatemalteco Ricardo Arjona tiene una canción que se llama “Intocable … ‘mojado’” que describe poéticamente la dramática realidad por la que pasan los inmigrantes del Continente: “Empacó un par de camisas, un sombrero, su vocación de aventurero, seis consejos, siete fotos, mil recuerdos, empacó sus ganas de quedarse, su condición de transformarse en el hombre que soñó y no ha logrado, dijo adiós con una mueca 233 disfrazada de sonrisa y le suplicó a su Dios crucificado en la repisa el resguardo de los suyos, y perforó la frontera como pudo. El mojado tiene ganas de secarse, el mojado está mojado por las lágrimas que bota la nostalgia; el mojado, el indocumentado, carga el bulto que legal no cargaría ni obligado el suplicio de un papel lo ha convertido en fugitivo, y no es de aquí, porque su nombre no aparece en los archivos, ni es de allá porque se fue”. Con razón aseveró el Papa Benedicto XVI “que la sociedad cada vez más globalizada nos hace más cercanos, pero no más hermanos”685. La atención y el seguimiento de los inmigrantes no es nueva, no es una cuestión de hoy o de ayer, sino que es uno de los aspectos, si no el primero, uno de los más importantes para don Bosco. Para él, la situación de los jóvenes inmigrantes de Turín fue tan impactante que cuando constató los riesgos que corrían, visitándoles en las cárceles, quedó “horrorizado”. No podía aceptar que jóvenes “sanos, fuertes, ingeniosos y despiertos” terminaran en la ruina. La experiencia vivida en Turín condujo a don Bosco a pensar también en la situación que estarían viviendo los hijos de los inmigrantes italianos en Buenos Aires. Precisamente por esto recomendó a sus primeros misioneros que les ayudaran en la educación y el trabajo, ayudarlos para que no perdieran el patrimonio de la fe recibida en sus respectivas familias. Sobre todo, que le asistieran en el proceso de inserción en la nueva realidad cultural686. Los Exalumnos ante el fenómeno de la inmigración en América representan a don Bosco, por ello han de vivir el valor evangélico de la fraternidad, de la solidaridad y de la acogida de los inmigrantes. Los Exalumnos han de convertirse en abogados vigilantes que protegen los inmigrantes, contra todas las restricciones injustas, el derecho natural de cada persona a moverse libremente dentro de su propia nación y de una nación a otra. Los Exalumnos han de respetar y hacer respetar los derechos de los emigrantes y de sus familias, y al respeto de su dignidad humana, también en los casos de inmigraciones ilegales. Los Exalumnos han de cultivar con los inmigrantes una actitud hospitalaria y acogedora, que los aliente a integrarse en la vida social y eclesial, salvaguardando siempre su libertad y su peculiar identidad cultural. “Todo el mundo tiene derecho a vivir una vida normal. Todos somos humanos. El hecho de no tener papeles no significa que no seas un ser humano, ¿no es así?”. Estoy convencido de que América y Europa han perdido dignidad humana por el modo en que tratan a los migrantes irregulares. c) Detenidos en las cárceles La alta estadística de la delincuencia y el crimen en América Latina, conjunta con los grandes cárteles criminales, también el tráfico de drogas y la prostitución y muchos otros casos, son la causa de que las cárceles estén abarrotadas, el terror en esta tierra de nadie, la noticia de una rebelión, incidentes, incendios, asesinatos y conflictos siempre se escuchan en estas cárceles687. Las violaciones de derechos humanos son moneda corriente en las cárceles de América Latina y el Caribe. El hacinamiento de presos, la superpoblación de las cárceles, las deficientes condiciones de reclusión, los altos índices de violencia carcelaria, la tortura y el uso excesivo de la fuerza por parte de los guardias son habituales en las prisiones de todo el continente. En vez de servir como mecanismo para la rehabilitación, las prisiones del continente se convierten 685 Caritas in Veritate, 19. V. Orlando, Attenzione ai migranti e Missione salesiana nelle società multiculturali d’Europa, LAS, Roma2012, p. 1. 687 http://spanish.irib.ir/elsur/analisis/reportajes/item/82118-situaci%C3%B3n-de-las-c%C3%A1rceles-enam%C3%A9rica-latina 686 234 en escuelas de violencia y de delincuencia. Distinguido, Exalumno te invito a descubrir el infierno en el que viven muchos de los presos que cumplen su condena en las cárceles de América Latina. Con el fin de dar una idea de la realidad de violencia en América se presentan a continuación las 10 tasas de homicidios más altas en el mundo (2010 o año anterior más reciente disponible). Homicidios por cada 100.000 habitantes688. Entre los países con mayor tasa de homicidios está en primer lugar Honduras, en segundo lugar El Salvador. El triángulo Norte: Guatemala, Honduras y El Salvador, en el cuarto lugar689. Países Porciento 1. Honduras 2. El Salvador 3. Costa de Marfil 4. Media del Triángulo Norte 5. Jamaica 6. Venezuela 7. Media de Centroamérica 8. Belice 9. Guatemala 10. Islas vírgenes (EUA) 11. Saint Kitts y Nevis 12. Zambia 82% 65% 57% 56% 52% 49% 43% 42% 41% 39% 38% 38% De hecho, el relator de la ONU, el argentino Juan Méndez690, afirmó en su momento que "la situación de las prisiones en toda Latinoamérica es realmente muy mala". Si bien admitió que hay "gradaciones y variaciones", aseguró que "no hay un solo país que puede vanagloriarse de tener un sistema carcelario humano", afirmó Méndez en una rueda de prensa en Ginebra difundida por la agencia española EFE. "En algunos casos el problema es muy severo, como en el caso de Honduras, donde han habido motines de prisioneros, pero también en México o en Brasil han habido motines, e incluso en Argentina, que no ha habido disturbios, pero sí se cometen abusos de prisioneros y existen severas condiciones de vida". Méndez explicó que estas prácticas son heredadas de las dictaduras que regían la región en los años 60, 70 y 80 y, que a pesar del tiempo transcurrido, aún no se han erradicado. "Es muy desalentador que esto ocurra en un periodo de democracia en Latinoamérica". "En parte, los Gobiernos latinoamericanos no quieren torturar a los reos, pero dan muy poca prioridad a las reformas de la Justicia Criminal y a la reforma carcelaria, y la superpoblación es una muestra de la falta de prioridad y falta de inversión". Además, agregó que la situación de deterioro actual "también es una consecuencia del intento de criminalizar todo, lo que provoca que las prisiones estén llenas de gente que no debería estar ahí". Sobre los 206 países y territorios donde hay disponibles datos comparables. El “Triángulo Norte” comprende a Guatemala, Honduras y El Salvador. Fuente: UNODC Homicide Database. 689 Oficina de las Naciones Unidas contra la Droga y el Delito (UNODC). Delincuencia organizada transnacional en Centroamérica y el Caribe. Una Evaluación de las Amenazas, septiembre de 2012, p 16. 690 http://america.infobae.com/notas/45807-La-ONU-denuncio-que-todas-las-carceles-de-America-Latina-soninhumanas 688 235 Tras el incendio de una cárcel hondureña que dejó más de 350 muerto, la Oficina de la Alta Comisionada de Naciones Unidas para los Derechos Humanos denunció un "alarmante patrón de violencia en las prisiones de Latinoamérica" debido al "endémico problema" de superpoblación de las cárceles en la región. Asimismo, denunció que "ningún país en Sudamérica" ha establecido un Mecanismo Nacional de Prevención de la Tortura. Ante esta situación, la Oficina de Derechos Humanos de la ONU solicitó a todos los países latinoamericanos que establecieran grupos imparciales que puedan visitar las cárceles e implementar los estándares internacionales de trato a los prisioneros. Por su parte, el Documento de Aparecida691 señala que en los sectores empobrecidos se han incrementado considerablemente los niveles de violencia, producto de las injusticias y otros males. Esta realidad favorece una mayor criminalidad y, por ende, a que sean muchas las personas que tienen que cumplir penas en recintos penitenciarios inhumanos, como ya se ha señalado, caracterizados por el comercio de armas, drogas, hacinamiento, torturas, ausencias de programas de rehabilitación, crimen organizado que impide un proceso de reeducación y de inserción en la vida productiva de la sociedad. Hoy por hoy, las cárceles son, con frecuencia, lamentablemente, escuela para aprender a delinquir. Se requiere de una mayor agilidad en los procedimientos judiciales, una atención personalizada del personal civil y militar que labora en los recintos penitenciarios, y el reforzamiento de la formación ética y de los valores correspondientes. Los Exalumnos directamente relacionados con la justicia carcelaria y con el derecho tienen la oportunidad y la obligación moral de realizar un trabajo eficiente, para hacer que las cárceles latinoamericanas sean más humanas y dignas del ser humano. En cada país de América Latina y del Caribe deberían constituirse grupos de abogados, trabajadores sociales y médicos exalumnos para trabajar en red a favor de tantos jóvenes desheredados que por no tener una buena orientación y una ayuda legal se ven obligados a pasar años y años en las cárceles por faltas menores. Los Exalumnos pueden también formar parte de las comisiones de pastoral penitenciaria de las parroquias y de las diócesis para que estimulen procesos de reconciliación dentro del recinto penitenciario e incidan en las políticas locales y nacionales, en lo referente a la seguridad ciudadana y la problemática penitenciaria. ¡Cuántas cosas se pueden hacer! d) Grupos de delincuencia organizada vinculados al territorio692 Existen muy pocas partes en el mundo en las que verdaderamente no haya nadie al mando. Los seres humanos son criaturas sociales, y cuando se les deja que actúen por su cuenta, ellos mismos se organizan mediante líneas jerárquicas de manera natural. Incluso en las áreas más desoladas por la guerra, emergen líderes que monopolizan la fuerza y llevan el orden a las vidas de las personas. El grupo de delincuencia organizada territorial clásico es un tipo de sustituto del Estado, que impone el orden en áreas que el Estado ha descuidado o no puede controlar totalmente. En sociedades industrializadas, esto comprende habitualmente un área geográfica, a menudo urbana, usualmente poblada con nuevos inmigrantes u otros de estatus marginal. Los nuevos inmigrantes y otras personas socialmente excluidas carecen de acceso a la seguridad, a la resolución de controversias, a los mercados de trabajo, al crédito y a otros servicios facilitados 691 692 Aparecida, 427-430. Oficina de las Naciones Unidas contra la Droga y el Delito (UNODC). Delincuencia organizada transnacional en Centroamérica y el Caribe. Una Evaluación de las Amenazas, pp. 22-28. 236 a los ciudadanos mejor establecidos. Lo que nosotros llamamos “delincuencia organizada” frecuentemente comienza como un mecanismo que provee muchos de estos servicios. Grupos criminales Guatemaltecos Además de las secciones locales de las organizaciones mexicanas, colombiana, las brigadas en Venezuela, Centroamérica tiene sus propios grupos territoriales. Históricamente han sido más activos en Guatemala donde al menos existen cuatro grupos de delincuencia organizada vinculados al territorio fronterizo, aunque también han crecido en importancia en Honduras desde el golpe de Estado de 2009. Origen Número de miembros Áreas de influencia Organización Relación con otros grupos Actividades Violencia Los Mendozas Tradicional grupo de dominación del territorio que tiene sus raíces en Morales y las áreas fronterizas de Izabal. La familia desarrolló sus intereses empresariales en la década de los años 80, extendiendo su influencia hasta Petén. En la década de los 90, se trasladaron al tráfico de drogas y ahora son una de las organizaciones de tráfico de drogas más poderosas en el país. Desconocido. Se cree que cuenta con cientos de miembros en Guatemala. Guatemala: Petén, Izabal, algunas áreas de la costa caribeña (Livingston, Río Dulce); concentrado en Morales. Organización de tipo familiar, dirigida por los hermanos Mendoza. Anteriores aliados del Cartel del Golfo. Actualmente aliados con el Cartel del Pacífico. Tenían un acuerdo de trabajo con Los Lorenzanas, su estatus no está claro. Enemigos de Los Zetas debido a su antigua alianza con el Golfo. Tráfico de drogas (principalmente cocaína), agricultura, otros negocios (hoteles, gasolineras, construcción), fraude en la contratación. Las tierras agrícolas proporcionan pistas de aterrizaje y áreas de almacenamiento para el tráfico de cocaína. Los Mendozas han sido acusados de secuestro y de asesinar en ocasiones a granjeros locales con la intención de adquirir sus tierras. Al final de los años 90, la compañía estadounidense de exportación de fruta Del Monte, les contrató como agencia de seguridad privada para lidiar con conflictos laborales locales y de adquisiciones de tierras. Están bien equipados y utilizan armas de tipo militar. Los Lorenzanas Origen Número de miembros Áreas de influencia Organización Familia de contrabando tradicional que empezó sus operaciones en la década de los años 90 en el departamento de Zacapa, Guatemala. Menos numerosos que Los Mendozas, constan de alrededor de un centenar de miembros. Guatemala: estados occidentales (partes de Izabal, Zacapa), Petén, área fronteriza con Honduras y Belice. Organización de tipo familiar compuesta por un padre (Waldemar Lorenzana Lima) y sus cuatro hijos, con otros familiares también involucrados en sus negocios. 237 Relación con grupos Actividades Violencia Tras el arresto del patriarca, su hijo Haroldo parece estar a cargo. otros Alianza con Los Zetas. Evolución desde las actividades de contrabando de todo tipo hasta el narcotráfico, en particular el tráfico de cocaína. En Guatemala, se cree que son responsables de 20 a 25 homicidios/año, es decir, menos del 1% de los homicidios registrados en 2011. Muchos de los homicidios de los que son responsables permanecen sin ser registrados ya que frecuentemente esconden los cuerpos en áreas remotas. Los Chamales Origen Iniciaron sus operaciones en la década de los 90 en el departamento de San Marcos en Guatemala, trabajando para el “Cartel de Sinaloa” como transportistas. Número de miembros Desconocido- Se cree que cuentan con un par de cientos de miembros. Áreas de influencia Guatemala: provincia norteña de San Marcos (Malacatán, Tecún Umán), en la frontera con México (localización estratégica, cercana a México y la costa del Pacífico). Organización Organización de tipo familiar, se cree que lleva a cabo reclutamientos entre los rangos policiales y militares. Líderes: Juan Ortiz López (hasta su arresto en marzo de 2011), su hermano Rony, y Mauro Salomón Ramírez. Relación con otros Alianza con el Cartel del Pacífico y la familia Mendoza. grupos Actividades Tráfico de cocaína, producción de adormidera y cannabis, corrupción (a nivel local en las áreas que controlan), lavado de dinero (compañías ficticias). Violencia Se cree que son responsables de aproximadamente 50 homicidios al año en Guatemala. Involucrados en secuestro, extorsión y expropiación de tierras. Redes de tráfico transnacional Las redes de tráfico transnacional pueden ser vistas como un segundo tipo de grupo de delincuencia organizada, sin embargo son “grupos” sólo en el sentido más laxo de la palabra. Como en cualquier negocio, las relaciones con los proveedores, los agentes de transporte y los compradores pueden ser duraderas, pero no son exclusivas. Cada eslabón es libre de formar uniones con otros y no hay fuente común de autoridad o puesta en común de fondos. Cartel de Texis Origen Este grupo obtuvo visibilidad a principios del año 2000. Establecidos históricamente en el municipio de Metapán y Texistepeque, en la región noroeste del El Salvador (departamento de Santa Ana), donde trafican drogas desde Honduras hasta Guatemala a través del El Salvador. 238 Número de miembros Áreas de influencia Organización Relación grupos Actividades Violencia con Desconocido. Establecidos en Metapán, transportan drogas desde Honduras a través de las regiones del noroeste de El Salvador hacia Guatemala, controlando la ruta conocida como “el caminito”. No existe jerarquía vertical. El “cartel” consiste en agentes transportistas presuntamente controlados por sus tres fundadores de alto nivel. otros Trabaja con organizaciones traficantes de Honduras y Guatemala. Enlaces con políticos de alto nivel, autoridades de seguridad, jueces, fiscales. Contrabando de drogas (principalmente cocaína), corrupción, lavado de dinero. Caracterizados por su enfoque comercial del tráfico de cocaína, utilizan el soborno y la corrupción más que la violencia para dirigir sus actividades. Los Perrones Origen Primero aparecen en Santa Rosa de Lima, un municipio de la provincia de La Unión, en el este de El Salvador (cerca de la frontera con Nicaragua) como una compañía de transporte propiedad de Reynerio de Jesús Flores Lazo. Inician sus actividades ilícitas a finales de la década de los 90, involucrados en todo tipo de contrabando (comida, ropas, queso, etc.) desde El Salvador a Honduras y Guatemala. Pronto cambian al tráfico de cocaína y extienden sus actividades a Nicaragua, Honduras y Costa Rica, convirtiéndose en uno de los grupos transportistas más famosos en la región. Número de miembros Pequeña organización, alrededor de 15 miembros clave. Áreas de influencia Dos divisiones geográficas en El Salvador: “Los Perrones orientales”: San Miguel, Usulután, La Unión. “Los Perrones occidentales”: Santa Ana. También están presentes en Honduras, Guatemala, Nicaragua y Costa Rica (mediante compañías de transporte establecidas allí). Organización Todos los miembros originales han sido capturados, incluyendo Reynerio de Jesús Flores Lazo (el histórico líder de la organización) pero algunos afirman que la organización todavía opera en partes del país. La organización estaba compuesta por un líder nacional y por miembros que estaban al cargo de la logística del transporte y de los conductores (en su mayoría conductores de camiones). Relación con otros - Alianzas con organizaciones criminales mexicanas, en particular el grupos Cartel del Pacífico (El Chapo Guzmán contrató a Reynerio Flores para introducir cocaína de contrabando en Guatemala y transportar dinero a Panamá). - Alianzas políticas locales y enlaces con hombres de negocios. - Se cree que ha establecido algunos vínculos con las maras (contratadas como una fuerza adicional en algunas operaciones). Actividades Cualquier tipo de contrabando, tráfico de cocaína. 239 Violencia No se cree que haya generado niveles particulares de violencia, principalmente debido al apoyo recibido de la policía y las autoridades locales. Pandillas callejeras (Maras) Las pandillas callejeras son una variante de los clásicos grupos territoriales de delincuencia organizada. Su característica más diferenciadora es que están compuestas casi en su totalidad por jóvenes (incluyendo en dicha clasificación de “jóvenes” a aquellos veinteañeros e incluso treintañeros en sociedades donde la educación y las oportunidades son limitadas). En la región, normalmente no están clasificados como “grupos de delincuencia organizada” porque su objetivo no es el beneficio económico. Si bien esto es cierto también aplica para muchos grupos territoriales. El delito del que se obtiene una ganancia material no es sino un medio para dominar el territorio. Mara Salvatrucha – MS 13 Origen Número de miembros Signos distintivos Áreas de influencia Organización Creada por inmigrantes salvadoreños que abandonaron el país durante la guerra civil y se establecieron en Los Ángeles en la década de los 80. La pandilla primero surgió como una forma de proteger a la comunidad salvadoreña de las pandillas de otras comunidades étnicas a la que se unieron rápidamente otros inmigrantes centroamericanos. Al final de las guerras civiles en Centroamérica (1996), los EUA comenzaron a deportar a los inmigrantes condenados por ciertas infracciones. En la práctica, estos deportados importaron a las sociedades postconflicto de El Salvador, Guatemala y Honduras la cultura de las pandillas del estilo de Los Ángeles. El Salvador: 12.000 Honduras: 7.000 Guatemala: 5.000 Tatuajes, grafitis, señas de manos, jerga. Las leyes de Mano dura que hicieron de la pertenencia a la pandilla un delito, han forzado a los miembros de la pandilla a abandonar algunos de sus comportamientos distintivos, como tatuarse el rostro. Presentes en áreas urbanas de El Salvador (San Salvador, Santa Ana, Sonsonate, La Libertad, San Miguel), Guatemala (Ciudad de Guatemala, Chimaltenango, San José Pinula, Mixco, Villanueva) y Honduras. Organizados por “clicas” que controlan un pequeño territorio, el “barrio”. A menudo se refiere a los líderes locales como “cabecillas”, “palabreros” o “ranfleros”. “Las Maras permanentes” las forman los miembros con más experiencia dentro de la pandilla, mientras que los “Novatos” y “Simpatizantes” poseen menos experiencia y por lo tanto menos poder. Los miembros encargados de los asesinatos son conocidos como “sicarios” o “gatilleros”. Los nueve líderes de las clicas más poderosas forman la “Comisión” cuyas funciones pueden incluir el derecho a activar “la luz verde” para una sentencia de muerte de un miembro de la mara encontrado culpable de insubordinación. Como resultado de las políticas de “mano dura”, que contribuyeron al encarcelamiento masivo de mareros, miembros encarcelados 240 Relación grupos Actividades Violencia con organizan ahora desde la cárcel las principales operaciones, comunicándose con los cabecillas a través de teléfonos celulares. otros Rivales históricos de la Mara 18. Podrían trabajar para organizaciones traficantes de drogas en una base ad-hoc. Principalmente extorsión (compañías de autobuses, negocios locales, individuos), tráfico de drogas a nivel callejero (cannabis y algo de cocaína), robos y atracos, asesinatos a sueldo. A pesar de que son innegablemente violentos, el porcentaje de los homicidios nacionales atribuibles a la MS-13 varía entre los países, y sigue siendo controvertido. Mara 18 (M-18) A diferencia de la Mara Salvatrucha, la Mara 18 (o la “pandilla de la calle 18”) fue creada por inmigrantes mexicanos en 1959 en el distrito de Pico Unión en Los Ángeles, California. En ese momento, la pandilla fue creada para protegerse de otras pandillas étnicas, e incorporaron otros latinos, incluyendo refugiados centroamericanos. Debido a las políticas de inmigración estadounidenses de la década de los 90, los residentes nacidos en el extranjero con cargos penales fueron deportados a sus países de origen, lo que contribuyó a la difusión de la cultura pandillera en Centroamérica, particularmente en el Triángulo Norte. Número de miembros Guatemala: 14.000-17.000 El Salvador: 8.000-10.000 Honduras: 5.000 Signos distintivos Tatuajes, grafitis, señas de manos, jerga; pero como con la MS-13, las leyes de mano dura han forzado a la M-18 a tener una apariencia menos pública. Áreas de influencia Presentes en áreas urbanas de El Salvador (San Salvador, Santa Ana, Sonsonate, La Libertad, San Miguel), Guatemala (Ciudad de Guatemala, San Marcos, Xela, Antigua etc.), Honduras (Tegucigalpa, San Pedro Sula), México y los EUA. Algunos miembros han sido recientemente arrestados en Panamá y Costa Rica. Organización Como la MS-13, la Mara 18 también está organizada en subdivisiones locales conocidas como clicas que son más o menos independientes unas de otras. También existe una jerarquía interna dentro de la clica: el “ranflero” es el líder, los “llaveros” sus socios más cercanos y los “soldados” obedecen a los “llaveros”. Los “chequeos” son los miembros que se han integrado recientemente. Su supuesta estructura nacional, la “rueda de barrio” reúne a los “ranfleros” de las 15 clicas más poderosas del país. Relación con otros Rivales históricos de la MS-13. grupos Alianzas oportunistas con otros miembros de la M-18 y clicas en otros países. Actividades Extorsión (compañías de autobuses, negocios locales, individuos), tráfico de drogas a nivel callejero (cannabis y algo de cocaína), robo, asesinatos a sueldo. Origen 241 Violencia Si bien son innegablemente violentos, el porcentaje de los homicidios nacionales atribuibles a la M-18 varía entre los países, y sigue siendo controvertido. Todos los grupos de la delincuencia organizada vinculados al territorio en Centroamérica tenían una identidad propia antes de involucrarse en el tráfico de cocaína. Esto se debe a que el tráfico de cocaína no genera grupos territoriales per se- produce transportistas. Si los transportistas pudieran realizar sus negocios sin verse obstaculizados por los grupos territoriales, lo harían, y el impacto del tráfico en los países de tránsito sería entonces mucho menor. Pero al transitar las rutas del tráfico por áreas extensas de tierra, y en particular cruces de fronteras, los traficantes tropiezan con intereses preexistentes. En las fronteras, estos intereses ya controlan el contrabando, tienen experiencia en cruzar clandestinamente y conexiones de alto nivel con oficiales corruptos. Al principio, puede simplemente gravar el comercio, pero pronto lo controlan. Aunque el tránsito por estas áreas eleva los costes del tráfico, probablemente es más seguro transportar la mercancía por éstas que por espacios sin vigilancia. Considerar a estos grupos sólo como operadores del tráfico de cocaína es una postura equivocada. Estos grupos mismos constituyen formas alternativas de gobernanza. La cocaína los volvió mucho más poderosos de lo que hubieran llegado a ser de otro modo, pero debido a que la cocaína no creó estos grupos, eliminar la cocaína no los destruirá. De hecho, eliminar las principales fuentes de ingresos podría provocar más violencia por parte de los grupos si éstas optan por otros delitos de los que se obtiene una ganancia material para reemplazar las ganancias perdidas. Los mecanismos del flujo de cocaína y su relación con estos grupos, es el tema del siguiente capítulo. Los Exalumnos han de impulsar acuerdos nacionales para la seguridad, la justicia y la legalidad. Declarar la guerra al analfabetismo en América Latina y el Caribe. Implementar la justicia social en todas las instituciones privadas y públicas de los países. Establecer estrategias laborales y educativas nacionales que favorezcan la solidez de la estructura familiar. Educar para la legalidad, la transparencia, el respeto de las leyes y del buen ordenamiento social. Los Exalumnos han de cooperar en la búsqueda y el enjuiciamiento de delincuentes. Para estrechar el cerco en torno a los presuntos delincuentes organizados que pudieran haber huido al extranjero, los signatarios del tratado de extradición convendrían en cooperar mediante la prestación de asistencia jurídica mutua, la reunión de pruebas y el intercambio de información pertinente. La asistencia jurídica podría incluir: La realización de registros e incautaciones; La facilitación de originales o copias certificadas de documentos y registros pertinentes, como registros bancarios, financieros, empresariales o comerciales; La admisibilidad de testimonios u otro tipo de asistencia prestada por medio de enlaces por vídeo u otros medios modernos de comunicación; El otorgamiento de salvoconductos a los testigos que prestaran testimonio en un segundo país; El otorgamiento de inmunidad ante el enjuiciamiento o la aplicación de penas reducidas a las personas que cooperaran sustancialmente con las autoridades que investigaran un delito y la concertación de acuerdos con testigos de un país cuyo testimonio se necesitara en otro. Los Exalumnos como hijos del Sistema Preventivo de don Bosco han de prevenir la delincuencia. Una estrategia fundamental para prevenir la delincuencia organizada consiste 242 en mantener a los grupos delictivos alejados de los negocios y los mercados lícitos. En virtud de convenciones hechas e insistir a los gobiernos a que: Estrecharan la cooperación con las autoridades y las entidades privadas, incluida la industria; Promovieran códigos de conducta para las profesiones pertinentes, en particular, los abogados, los notarios públicos, los asesores en materia de impuestos y los contadores; Impidieran que los grupos delictivos organizados manipularan los procedimientos de cumplimiento obligatorio en relación con los contratos públicos, así como los subsidios públicos y las licencias en materia de actividad comercial; En virtud de las convenciones pactadas, los países procurarían impedir que la delincuencia organizada hiciera un uso indebido de las empresas o sociedades mediante: El establecimiento de registros públicos sobre empresas o sociedades, así como sobre las personas que participaran en su establecimiento, gestión y financiación; El empleo de órdenes judiciales u otros medios para impedir que las personas condenadas por actividades delictivas organizadas-durante un período razonable de tiempo-se desempeñaran como directores de empresas o sociedades; El establecimiento de registros nacionales de personas descalificadas como directores de empresas o sociedades. A escala internacional, los países han de impedir que la delincuencia organizada intercambie información sobre las tendencias en la delincuencia transnacional organizada y sobre las mejores prácticas para prevenirla. También participarán en proyectos internacionales orientados a prevenir la delincuencia organizada transnacional. Se pueden implementar otras muchas acciones, como por ejemplo: Crear un proyecto de protocolo contra el contrabando e migrantes, penalizar el contrabando de migrantes, reprimir el contrabando por mar, cooperar para impedir y detectar el contrabando y devolver a los migrantes introducidos de contrabando a sus lugares de origen693. e) Violencia contra la mujer en América Latina y el Caribe694 Dos de cada tres mujeres ha sufrido de violencia en el mundo en algún momento de su vida. En Centroamérica, dos mujeres de cada tres asesinadas, lo han sido por el simple hecho de ser mujeres. Alta incidencia e impunidad son dos de las características que predominan en la violencia contra las mujeres. Como afirma Ban Ki Moon, Secretario General de las Naciones Unidas, los niveles de prevalencia de la violencia contra las mujeres son tan elevados que es uno de los derechos humanos más violentados en el mundo. "Hasta el 70 por ciento de las mujeres sufren violencia física o sexual en algún momento de sus vidas y un porcentaje que se sitúa en una cuarta parte en lo que respecta a las mujeres embarazadas", destacó el Secretario General en su Mensaje del 25 de noviembre de 2012. "Millones de mujeres y niñas de todo el mundo son atacadas, golpeadas, violadas, mutiladas e incluso asesinadas en lo que supone una violación horrorosa de sus derechos humanos". 693 Décimo Congreso de las Naciones Unidas sobre Prevención del delito y tratamiento del delincuente. Publicado por el Departamento de Información Pública de las Naciones Unidas en el 2013. 694 http://www.americalatinagenera.org/es/index.php?option=com_content&view=article&id=2219:la-violenciacontra-la-mujer-en-america-latina-y-el-caribe-en-cifras-%20%20&catid=764:destacamos 243 América Latina y el Caribe no se escapan a esta triste realidad. Un estudio publicado por la Organización Panamericana de la Salud sobre la situación de la violencia contra las mujeres en 12 países de América Latina y el Caribe muestra que entre un 13% en Haití hasta más de la mitad de las mujeres en Bolivia han experimentado violencia física a lo largo de su vida. Según los datos del Banco Mundial, el 69% de las mujeres de 15 países de la región que manifestaron haber sido abusadas físicamente lo fueron por parte de sus parejas. El 47% han sido víctimas de al menos un ataque sexual durante el trascurso de su vida. Datos también elevados se registran en cuanto a violencia sexual. Entre el 5% y el 11% de las mujeres encuestadas por la OPS, reportaron haber sufrido violencia sexual por parte de su pareja intima. Asimismo, entre el 10% y el 27% han padecido de violencia sexual infringida por cualquier perpetrador, inclusive su pareja. Además los informes disponibles muestran que existe una relación directa entre acoso sexual y nivel socioeconómico. La misma encuesta indica que mientras que el 90% de las mujeres entre 22 y 35 años de nivel socioeconómico bajo o intermedio admitieron ser víctimas de acoso la cifra disminuye a 7% en las profesionales y 3% en las mujeres en niveles de dirección o gerencial. En el mundo laboral los datos no son mucho más alentadores. Las encuestas realizadas en países industrializados y en países en desarrollo generalmente señalan que entre el 30% y el 50 % de las mujeres ha sufrido algún tipo de acoso sexual en el lugar de trabajo en alguna etapa de su vida. En la región, el 20% de empleadas chilenas sufrió acoso sexual. En Brasil, un estudio en 12 ciudades mostró que el 52% de las mujeres han sufrido algún tipo de acoso sexual en el trabajo. En el Salvador, el 16% de las trabajadoras domésticas han cambiado de trabajo debido al acoso o abuso sexual. Esta violencia tiene también un claro impacto intergeneracional. Todas las encuestas muestran que la prevalencia de violencia física y/o sexual por parte de la pareja íntima fue más alta entre mujeres que reportaron que su madre o madrastra fue golpeada en comparación con mujeres que reportaron que su madre o madrastra no había sido golpeada. 244 Otra de las grandes lacras en la región es el feminicidio. En Guatemala y El Salvador 675 y 580 mujeres, respectivamente, fueron asesinadas en 2010 por el simple hecho de ser mujeres. En México, se contabilizaron 1,221 homicidios dolosos contra mujeres y niñas en 12 entidades del país entre 2007 y diciembre de 2008. La violencia contras las mujeres en sus múltiples manifestaciones tiene un elevado costo para las personas que la padecen y para la sociedad. Aunque existen pocos estudios al respecto, los costos de la violencia contra las mujeres oscilan entre 1.6 y el 2% del PIB de los países de América Latina y el Caribe, según datos del Banco Interamericano de Desarrollo (BID). Los Exalumnos de Latinoamérica y el Caribe han de ser conscientes de que combatir la violencia contra la mujer no es una opción, es una prioridad. Por ello, se comprometen a conocer, a dar a conocer los derechos de la mujer y a erradicar la violencia contra la mujer. Exponen firmemente que están dispuestos a defender y a declarar que: Toda mujer tiene derecho a una vida libre de violencia, tanto en el ámbito público como en el privado. Toda mujer tiene derecho al reconocimiento, goce, ejercicio y protección de todos los derechos humanos y a las libertades consagradas por los instrumentos regionales e internacionales sobre derechos humanos. Estos derechos comprenden, entre otros: 245 a) b) c) d) e) f) g) h) i) j) el derecho a que se respete su vida; el derecho a que se respete su integridad física, psíquica y moral; el derecho a la libertad y a la seguridad personales; el derecho a no ser sometida a torturas; el derecho a que se respete la dignidad inherente a su persona y que se proteja a su familia; el derecho a igualdad de protección ante la ley y de la ley; el derecho a un recurso sencillo y rápido ante los tribunales competentes, que la ampare contra actos que violen sus derechos; el derecho a libertad de asociación; el derecho a la libertad de profesar la religión y las creencias propias dentro de la ley, y el derecho a tener igualdad de acceso a las funciones públicas de su país y a participar en los asuntos públicos, incluyendo la toma de decisiones695. En la lucha contra la violencia intrafamiliar y de la mujer es fundamental advertir que la violencia doméstica es casi siempre invisible porque es ocultada por la vergüenza. En la lucha contra la violencia contra la mujer hay que combatir sistemas de creencias y mitos culturales. Investigaciones llevadas a cabo por J. Corsi696 en los últimos años, demuestran que, a pesar de los esfuerzos realizados por numerosas organizaciones, tendientes a difundir y promover ideas progresistas acerca de la igualdad entre los géneros, cierto núcleo de premisas, constitutivas de un sistema de creencias más amplio, sigue siendo sostenido por amplios sectores de la población. Entre ellas, las más persistentes, son: que las mujeres son inferiores a los hombres, que el hombre es el jefe del hogar, que el hombre tiene derechos de propiedad sobre la mujer y los hijos que la privacidad del hogar debe ser defendida de las regulaciones externas Un sistema de creencias sostenido en tales premisas, tiene como consecuencia inmediata la noción de que un hombre tiene el derecho y la obligación de imponer medidas disciplinarias para controlar el comportamiento de quienes están a su cargo. Aun cuando se modifiquen las leyes, los comportamientos tienden a seguir siendo regulados por esta normativa cultural que legitima el uso de la fuerza como “método correctivo" y como instrumento de poder dentro de las relaciones privadas. Distintos autores han señalado el valor de los mitos culturales acerca de la violencia hacia la mujer, como elementos perpetuadores del problema. Precisamente una de las características definitorias del mito es su resistencia al cambio; la fuerza del mito reside en que es invulnerable a las pruebas racionales que lo desmienten. En el caso de la violencia doméstica, los mitos cumplen tres funciones principales: Culpabilizan a la mujer (mitos acerca de la provocación, el masoquismo, etc.). Naturalizan la violencia ("el matrimonio es así”, "los celos son el condimento 695 Departamento de Derecho Internacional. Organización de los Estados Americanos, Washington D.C. Convención Interamericana para prevenir, sancionar y erradicar la violencia contra la mujer. Convención de Belem do Para, Brasil, 9 de junio de 1994, art. 3 y 4. 696 J. Corsi, La violencia hacia la mujer en el contexto doméstico, Fundación mujeres, pp. 11 y 12. 246 del amor"). Impiden a la víctima salir de la situación (mitos acerca de la familia, el amor, la abnegación, la maternidad, etc.) Tanto los mitos como los estereotipos culturales, necesitan de un vehículo para encarnarse en pensamientos, actitudes o conductas. Dicho vehículo está representado por las instituciones que, dentro de la comunidad, son verdaderas transmisoras de los mensajes culturales antes apuntados. La mejor contribución de un Exalumno para contribuir la violencia contra la mujer es motivarla a denunciar el hecho y buscar ayuda ante las instituciones que lo pueden hacer, antes de que sea tarde. Igualmente al hombre hay que buscarle ayuda cualificada. En estas cosas los buenos consejos de los amigos, las reuniones de familias, el diálogo con el párroco, etc., no funcionan, hay que acudir a profesionales especializados en el área. Si saben de algún Exalumno que golpea a su esposa, buscarle ayuda profesional es vivir la solidaridad, la fraternidad y la unidad con él y con su familia. Es combatir la cultura de muerte en el Continente Americano. Otro aspecto que los Exalumnos pueden velar para que se cumpla con puntualidad y eficiencia es el de la actuación de la policía y la justicia en el momento oportuno, para que las mujeres sean verdaderamente protegidas. “Ante el brote de los feminicidios con nuevos casos registrados en las últimas horas, el presidente de la Sociedad Dominicana de Psiquiatría ha citado varios factores que inciden en la espantosa epidemia. Uno es, según Vicente Vargas, la respuesta insuficiente o inadecuada de la justicia y la Policía a la violencia contra la mujer. A causa de esa actitud que el psiquiatra atribuye a las autoridades las víctimas no se atreven a terminar una relación ni a denunciar a su agresor”697. f) La corrupción698 Según Transparencia Internacional la corrupción en América Latina se mantiene estancada. Sólo tres países -Chile, Uruguay y Costa Rica- obtienen un "aprobado" en el Índice de Percepción de la Corrupción, presentado por Transparencia Internacional. Argentina, Nicaragua, Paraguay, Ecuador y Venezuela figuran entre los países más corruptos del mundo. El Índice de Percepción de la Corrupción (IPC) que se presenta a continuación corresponde al año 2011. Los 10 países menos corruptos Países de América Latina Los 10 países más corruptos Posición País puntuación Posición País puntuación Posición País puntuación 1. Nueva Zelanda 2. Dinamarca 9.5 16 Barbados 7.8 86 Panamá 3.3 173 Venezuela 1.9 9.4 21 Bahamas 7.3 3. Finlandia 4. Suecia 9.4 9.3 22 Chile 7.2 25 Uruguay 7 91 Trinad Tobago 175 Haití 1.8 3.2 100 Argentina 3 175 Irak 1.8 100 México 3 177 Sudán 1.6 V. Vargas, Diario de República Dominicana, “El Nacional” del 6 de agosto de 2013, sesión página dos. http://www.elnacional.com.do/pagina-dos/2013/8/6/168292/PRIMERA-FILA 698 http://www.buenastareas.com/ensayos/Corrupci%C3%B3n-En-Am%C3%A9rica-Latina-Seg%C3%BAnTransparencia/2300111.html 697 247 5. Singapur 9.2 6. 7. 8. 9. 9 8.9 8.8 8.8 Noruega Países Bajos Australia Suiza 10. Canadá 8.7 25 Santa Lucía 7 100 Surinam 3 177 Turkmenistán 1.6 36 S Vicen Grana 5.8 118 Bolivia 2.8 177 Uzbekistán 1.6 39 Puerto Rico 5.6 120 Ecuador 2.7 180 Afganistán 1.5 Dominica 5.2 120 Guatemala 2.7 180 Myanmar 1.5 50 Costa Rica 4.8 129 Rep. Dom. 2.6 182 Corea del Nor. A 61 Cuba 4.2 129 Honduras 2.6 182 Somalia A 73 Brasil 3.8 134 Guayana 2.5 80 Colombia 3.4 134 Nicaragua 2.5 80 El Salvador 3.4 154 Paraguay 2.2 80 Perú 3.4 172 Venezuela 1.9 86 Jamaica 3.3 175 Haití 1.8 El IPC, que diagnostica la corrupción en 32 países del continente americano, refleja que muchos de los programas que aplican los gobiernos latinoamericanos con el fin de combatir la corrupción han fracasado, según puede leerse en el informe. La propia presidenta de Transparencia Internacional, Huguette Labelle, que destacó los esfuerzos realizados por países como Chile, "la población espera a ver si los gobiernos realmente llevan a la práctica las medidas anti-corrupción que prometen". Chile, considerado junto con Uruguay, el país menos corrupto del continente americano, por detrás de Canadá y Estados Unidos, pero por delante de Eslovenia, Estonia o España, se coloca en el puesto 23 de entre los 180 países que supervisa Transparencia Internacional. Durante los últimos años, el crecimiento económico superior al cinco por ciento en el subcontinente, no ha mermado la desigualdad económica. Hoy don Bosco llama, pide y exige a todos los Exalumnos de América Latina y El Caribe que desenmascaren los patrones sistémicos de la corrupción administrativa. Para ello conviene, “concientizar los países y los pueblos de los “elevados índices de percepción sobre la corrupción, ”identificar las instancias donde “no se ejecutan códigos de ética en el manejo del presupuesto”, de la transparencia “de pantalla” y baja calidad de la rendición de cuentas, señalar los “sistemas políticos infestados por la corrupción (pactos de no agresión entre los partidos)”, hacer ver como se “interfiere con los procedimientos administrativos disciplinarios y/o resarcitorios de cualquier órgano de control que crea impunidad y la fiscalización a la ‘carta’”. Los Exalumnos de América que desempeñan funciones en cargos públicos y privados están llamados a generar criterios, principios y normas que combatan las estructuras de corrupción, como por ejemplo, impulsar la creación de “códigos de ética de la responsabilidad pública”, reforma de las instituciones públicas sin simulaciones, modificaciones al marco legal para establecer sanciones penales más severas. Es decir, establecer acciones anticorrupción de la sociedad civil: denuncias y quejas anónimas, usuarios simulados, testigos sociales; acuerdo político entre autoridades civiles y organizaciones de la sociedad civil para enfrentar la impunidad y transparentar la administración pública699. 699 V. Barrios Dávalos, “Transparencia, corrupción y rendición de cuentas”. Una visión desde México. Presentado en el Comité Inter gremial de Antioquia. Primer Congreso Internacional de buen gobierno. Transparencia y seguridad, 29 de junio de 2011. 248 J. Githongo 700, sostiene que “los gobiernos pueden mostrar un verdadero compromiso para terminar con la corrupción. Lo pueden realizar siguiendo siete factores esenciales: se necesita liderazgo, cambios legislativos e institucionales, involucramiento y presión de los medios de comunicación y la sociedad civil, cooperación internacional, una estrategia política para manejar la justicia transicional (¿cómo juzgar los actos de corrupción del pasado?, esto puede paralizar al gobierno), y el sector privado, que casi siempre se ha dejado fuera. A partir de la crisis financiera, esto ha comenzado a cambiar. El sector privado está finalmente interesado en abordar el tema de corrupción. Vemos más gerentes despedidos, renunciantes y enjuiciados que en ninguna otra época”. Los Exalumnos pueden apoyar estos siete factores propuesto por J. Githongo para terminar con la corrupción en América y otros. La unidad de los pueblos y de sus instituciones es uno de los recursos más potentes para combatir la desigualdad y el mal social que golpea a América Latina y El Caribe. 6. Llamados a vivir la unidad La misión salesiana solo puede realizarse desde la unidad, la familiaridad y la fraternidad. El primer testimonio o fruto de la ‘educación recibida’ que los Exalumnos están llamados a ofrecer a la sociedad y al mundo es el de la unidad. La ‘educación recibida’ les ofrece un sinnúmero de aspectos que les ayudan a converger en la unidad de pensamiento y de acción a favor de la misión y sobre todo para asumir con responsabilidad la misión de la unidad. Si los Exalumnos a nivel Inspectorial o Local no viven el valor de la unidad difícilmente podrán realizar la misión de don Bosco entre los jóvenes. De hecho, donde existen comunidades educativas divididas los frutos carecen de resistencia, se marchitan, no se posee credibilidad social ni eclesial y se cae en la esterilidad vocacional. La solidaridad divorciada de la unidad puede conducir al egoísmo y fomentar comportamientos narcisistas. La Presidencia Local de Exalumnos es la primera responsable de favorecer la edificación de la unidad. El Delegado salesiano es responsable de velar por la unidad al interno de la Presidencia, en la Unión Local y con las demás uniones locales de la Inspectoría, de la Federación o de la Confederación. Para enfrentar la realidad juvenil y social de Latinoamérica y del Caribe es fundamental la unidad de intenciones, de fuerzas, de visiones, de proyectos y de estructuras. a) Lugares de comunión A continuación se presentan tres espacios fundamentales para construir la unidad y que pueden favorecer una mejor lectura de la realidad social, política, económica y religiosa actual: la Comunidad educativo-pastoral, la Unión local y la Parroquia. Estas tres instancias evitarán que los Exalumnos, en su compromiso a favor de la juventud, se conviertan en franco tiradores pastorales. 700 John Githongo, keniano, ha vivido en carne propia los riesgos de actuar contra la corrupción. Ha sido economista, periodista, activista de Transparencia Internacional, funcionario del gobierno, profesor en Oxford y denunciante de casos de corrupción que le costaron el exilio y amenazas a su vida. Entrevista realizada por el “Listín Diario” de República Dominicana, publicada el día 18 de julio de 2013. 249 Comunidad educativo-pastoral El Capítulo General XXIV dice que “estar con san Juan Bosco quiere decir estar con los jóvenes y ofrecer lo que somos: corazón, mente, voluntad; amistad, competencia profesional y presencia; simpatía, servicio, donación de uno mismo”701. Continúa señalando el Capítulo General XXIV que “la unidad de la Familia Salesiana crece por la comprensión de la misión común a partir de la vocación específica de cada uno”702. Es responsabilidad de la comunidad salesiana y del salesiano acompañar al seglar para que sea “un elemento activo de la unión entre la obra salesiana y la zona”703. La unidad de la Comunidad educativo-pastoral de la obra salesiana asegura la misión salesiana. El Exalumno de don Bosco se inserta en la Comunidad educativo-pastoral y desde ella realiza la misión salesiana. La vivencia del valor de la unidad en la Comunidad educativo-pastoral contribuirá a ir al encuentro de la juventud. Unión local Las Asociaciones locales de Exalumnos de Don Bosco se denominan “Uniones”. Fue don Felipe Rinaldi quien quiso que se denominase así. Decía él, que el término mismo contiene el programa querido por don Bosco para los Exalumnos: “Mantenerse unidos”. La unión hace la fuerza también en el bien704. La primera tarea de la Unión Local es alimentar y nutrir la unidad. La unidad en la Unión Local es también una de las tareas de servicio de la Presidencia Local. La Unión Local es una asociación de laicos que participan en la misión de la Iglesia y promueven con la palabra, con el testimonio de la vida y con la acción, la animación cristiana del propio ambiente, según las enseñanzas de la Iglesia. La Unión705 Local es el pulmón de la Asociación en el ámbito Inspectorial, Nacional, Regional y Mundial. Es el cenáculo ideal para la formación de los Exalumnos. Es la entidad que produce e inyecta el entusiasmo y la pasión necesaria para que cada Exalumno dé su aporte a la vida de la Federación o Confederación. En la Unión Local se ha de crear un ambiente familiar y educativo. Compete al Delegado salesiano favorecer la unión y la corresponsabilidad de los Exalumnos con la comunidad salesiana, con la Familia Salesiana y con la Iglesia Local. La Unión Local favorece el crecimiento de la identidad, ayuda a orientar la misión desde la realidad social en la que se vive. La Unión Local, pues, ha de convertirse en un laboratorio de ideas y de proyectos operativos, de formación permanente y de recualificación para una acción social siempre adecuada a las cambiantes situaciones. La Unión Local es el lugar donde se genera la globalización de solidaridad y de la fraternidad. Exalumnos Latinoamericanos, “la Unión Local a la que pertenecen juega un rol esencial, ya que es el grupo donde se insertan con confianza, entre amigos. Es el lugar desde el cual el 701 XXIV Capítulo General de la Sociedad de San Francisco de Sales. Salesianos y Seglares. Compartir el espíritu y la misión de don Bosco, CCS, Madrid 1996, 149. 702 XXIV Capítulo General, 48. 703 XXIV Capítulo General, 166. 704 Guida Organizzativa del movimento Exallievi di Don Bosco, Colle Don Bosco, Torino 1965, p. 65. 705 J. P. Ramírez, Unión local y Confederación Nacional al servicio de una mayor implicación del Antiguo Alumno en la misión juvenil salesiana. Ponencia presentada en el encuentro del Consejo Nacional Anual de los Antiguos Alumnos en Montilla, España del 1-2 de junio de 2013. 250 Exalumno vive la corresponsabilidad con la Asociación, con la Familia Salesiana y logra involucrarse en la misión salesiana. En la Unión Local se crea una red de auténticas relaciones personales, de conocimiento mutuo, se comparten logros, alegrías y fracasos. Además, se vive e incrementa el espíritu festivo, típico del Carisma Salesiano”706. a) La Presidencia Local promotora de la unidad. Las bases de la futura Unión local tienen sus inicios desde el mismo momento que se ingresa a la casa salesiana. El agradecimiento de los Exalumnos será directamente proporcional al trato del que fueron objeto cuando eran alumnos. El núcleo animador de la Unión es la Presidencia Local. La Unión es el grupo más importante que hay que sostener y animar. A los Exalumnos responsables de la Presidencia Local deben ir los mejores esfuerzos de la Comunidad salesiana y del Delegado salesiano. Fortalecer el núcleo es asegurar el desarrollo cuantitativo y cualitativo de la Unión. Por ello, el Delegado los sigue personal y singularmente, entablando con ellos contactos continuos hasta convertirse en su consejero espiritual y en su amigo707. El XX Capítulo General Especial Salesiano al responder a lo que piensan los Exalumnos hace un llamado a la comunidad salesiana para que se comprometa a seguir a los Exalumnos acogiéndoles cordialmente y apoyando las iniciativa de la Asociación: “Toda la Comunidad como tal –Director, Delegado y hermanos-, está responsablemente interesada en relación con todos los exalumnos, asociados o no; les hace participar, acogiéndoles cordialmente, en la vida de la familia salesiana, donde han de encontrar, en todo salesiano, al antiguo maestro, amigo y educador; les brinda toda la ayuda posible para la vida y las iniciativas de la Asociación, y abre, a los más comprometidos, un campo de trabajo apostólico más amplio”708. Continúa indicando el XX Capítulo General Especial que los salesianos estamos llamados a dar a conocer a los alumnos, a los oratorianos y a los jóvenes de los Centros Juveniles la Asociación de Exalumnos: “Es deber de todo salesiano hacer que los alumnos conozcan previamente el movimiento de los exalumnos: esto facilitará su incorporación a la Asociación, a fin de continuar, en la vida, los compromisos espirituales y apostólicos para los que debe prepararles toda nuestra educación709. En fin, la identificación de los Exalumnos con los valores del Sistema Preventivo constituye una tarea y una responsabilidad permanente de cada asociado, de cada Unión Local y de todo Delegado en el ámbito local, regional, nacional o mundial. Dada la importancia de la Unión Local, es fundamental una buena animación de la misma. En la Unión conviene fomentar la pluralidad de ideas pero con un horizonte definido. La Presidencia de la Unión ha de ser consciente de que ella es la responsable de continuar la formación humana, cristiana y salesiana que se inició en la casa salesiana cuando se era alumno. Y sobre todo, motivar continuamente a sus miembros para que cumplan con su responsabilidad laical en la Iglesia y en la sociedad. 706 J. P. Ramírez, Unión local y Confederación Nacional al servicio de una mayor implicación del Antiguo Alumno en la misión juvenil salesiana. Ponencia presentada en el encuentro del Consejo Nacional Anual de los Antiguos Alumnos en Montilla, España del 1-2 de junio de 2013. 707 A. Martinelli, Ex alumnos de don Bosco: Despertar, Consolidar y desarrollar la educación recibida, p. 37. 708 XX Capítulo General Especial salesiano (CGS), Industrias Gráficas España, Madrid 1972, no. 755, a. 709 Capítulo General Especial, 755, c. 251 El Exalumno no es una persona que permanece anclado en el pasado, solo recordando viejos tiempos, no es una persona que se pasa el tiempo construyendo castillos en el aire; es una persona práctica, que a la hora de enfrentar la realidad se sienta a pensar, a proyectar, es decir, se conduce siguiendo planes, proyectos, misión y visión bien definida. Es lo que contribuirá a unificar fuerzas para que todos caminen buscando la consecución de las mismas metas y de los mismos objetivos. Los hijos de don Bosco en su labor han de estar dispuestos a cultivar alianzas y a honrar compromisos. Parroquia Antonio Domènech, consejero general para la pastoral juvenil, ofrece elementos iluminadores de la Parroquia salesiana como centro de unidad, como promotora de la unidad y del dialogo. La parroquia ha de ser reflejo de la Iglesia comunión, una parroquia que acoge y favorece la acogida de los que están alejados y que busca el desarrollo de las personas, una parroquia con un proyecto común. “La parroquia debe ser pensada y debe actuar según el modelo de Iglesia presentado por el Concilio Vaticano II, una Iglesia comunión de vocaciones y carismas al servicio de la misión de evangelización y de transformación del mundo según Cristo. Pero hoy la parroquia, como expresión visible de la Iglesia comunión en un territorio geográfico concreto, se encuentra en profunda transformación. Y debe afrontar algunos grandes desafíos: De una parroquia vivida como lugar de servicios religiosos a una parroquia lugar de acogida gratuita de las personas y de experiencia significativa del Evangelio. En ella se deben cultivar las relaciones humanas, favorecer un tejido de relaciones y de grupos donde las personas se sientan acogidas, reconocidas y estimuladas; se debe, entre otras cosas, dar prioridad a la atención de los pobres, al testimonio legible y significativo del Evangelio, con momentos fuertes de experiencia de vida evangélica. De una parroquia preocupada sobre todo de los fieles que la frecuentan a una parroquia comunidad misionera, que sabe acompañar y sostener a los creyentes débiles y desorientados, que ayuda a los que se están alejando, que es capaz de dialogar con los diversos tipos de no creyentes... Una comunidad que pone en el centro el desarrollo integral de la persona humana y de la sociedad, capaz de diferenciar las ofertas religiosas y de fe. De una parroquia clerical, en la que los seglares se limitan a colaborar, a una parroquia comunidad corresponsable en la acción evangelizadora, con pluralidad de servicios y de niveles de inserción, todos en recíproca relación y conexión alrededor de un proyecto pastoral común y compartido y con una dinámica de colaboración y de fe. De una parroquia autosuficiente y autorreferencial a una parroquia abierta a la reciprocidad con las otras parroquias en la Iglesia local, inserta en el territorio, con relaciones de colaboración con las instituciones al servicio del desarrollo humano y religioso”710. Es este el tipo de parroquia que el Exalumno laico está llamado a favorecer y a construir. Tales aspectos los puede implementar en cualquier parroquia y de ese modo este modo aporta a la nueva realidad los valores de la “educación recibida” en la casa salesiana. 710 A. Domenech, Identidad de la parroquia confiada a los salesianos, Actas del Consejo General de la Sociedad Salesiana de san Juan Bosco (ACG), LXXXVIII (2007) 396, p. 57. 252 b) La solidaridad fruto de la comunión La conciencia de la comunión con Jesucristo y con los hermanos, que es, a su vez, fruto de la conversión, lleva a servir al prójimo en todas sus necesidades, tanto materiales como espirituales, para que en cada hombre resplandezca el rostro de Cristo. Por eso, “la solidaridad es fruto de la comunión que se funda en el misterio de Dios uno y trino, y en el Hijo de Dios encarnado y muerto por todos. Se expresa en el amor del cristiano que busca el bien de los otros, especialmente de los más necesitados”711. Es lo que impedirá que la solidaridad se convierta en un ejercicio individualista o narcisista. De aquí deriva para las Iglesias particulares del Continente americano el deber de la recíproca solidaridad y de compartir sus dones espirituales y los bienes materiales con que Dios las ha bendecido, favoreciendo la disponibilidad de las personas para trabajar donde sea necesario. Partiendo del Evangelio se ha de promover una cultura de la solidaridad que incentive oportunas iniciativas de ayuda a los pobres y a los marginados, de modo especial a los refugiados, los cuales se ven forzados a dejar sus pueblos y tierras para huir de la violencia. La Iglesia en América ha de alentar también a los organismos internacionales del Continente con el fin de establecer un orden económico en el que no domine sólo el criterio del lucro, sino también el de la búsqueda del bien común nacional e internacional, la distribución equitativa de los bienes y la promoción integral de los pueblos712. La misión en unidad y la unidad en la misión implica aceptarnos unos a otros a pesar de nuestras diferencias. “El paradigma moderno, sugería que la alternativa era entre diversidad sin unidad o unidad sin diversidad; el paradigma posmoderno se manifiesta como una unidad que preserva la diversidad y una diversidad que se esfuerza para lograr la unidad. Las divergencias no son motivo de remordimiento sino parte del esfuerzo dentro de la Iglesia por llegar a ser lo que Dios quiere que sea… En medio de toda la diversidad, sin embargo, hay un eje: Cristo Jesús… escuchar la palabra de Dios y escucharnos los unos a los otros van juntos; sólo podemos tener lo primero si estamos igualmente preparados para tener lo segundo”713. Cristo es la verdadera señal de unidad y desde su principio, el Señor nos ha desafiado al trabajo en equipo. José Miguel Bonino nos recuerda que “la misión puede ser el principio material de nuestra unidad”. La cooperación en la tarea práctica de la misión es el primer paso hacia una unidad más profunda. Para que exista la cooperación se necesita haber cumplido con un nivel de confianza que es muy difícil de edificar cuando alguien se muestra autosuficiente. La belleza de la encarnación es que Jesucristo siendo por naturaleza Dios se “rebajó” voluntariamente para estar entre nosotros. 7. Buenas prácticas de comunión y solidaridad de los Exalumnos en América y en el mundo. Los Exalumnos de don Bosco alrededor del mundo realizan muchas y encomiables labores sociales y educativas a favor de poblaciones necesitadas. A continuación se ofrecen sólo tres modelos en igual número de ámbitos: la enseñanza, el deporte y la salud. El propósito es motivar a los Exalumnos de América Latina y el Caribe a responder, en la medida de sus posibilidades, 711 Propositio, 67. Cf. ibíd. 713 D. J. Bosch, Misión en transformación: Cambios De Paradigma en la teología de la misión, Grand Rapids, Mich., Libros Desafío, 2000, pp. 566-567. 712 253 a la misión salesiana insertándose en el proyecto educativo pastoral de las Inspectorías y de la Iglesia local. La educación, la salud y el deporte son modos salesiano de formar la totalidad de la persona y de prevenir la delincuencia, la corrupción, la violencia intrafamiliar, los grupos armados y los niños de la calle. a) Centro de Formación Profesional “Bartolomé Ambrosio” en Guatemala El Centro de Formación Profesional "Bartolomé Ambrosio" tiene capacidad para 500 estudiantes. Los niños de la calle pueden frecuentar cursos de operadores y reparación de computadoras, electricidad residencial, soldadura industrial, carpintería, mecánica de torno y fresadora. La inserción de estos jovencitos, a menudo excluidos y en desventajados en el mercado laboral, es una prioridad para los Exalumnos de Centroamérica. Para hacer frente a los gastos económicos ordinarios de este proyecto y de otros, han creado la "Fundación Beato Alberto Marvelli", todo para beneficiar de los más necesitados. Además, cada año organizan actividades especiales, tales como: rifas y kermeses para obtener los recursos necesarios para el Centro. b) Proyecto de solidaridad sanitario y educativo en Calcuta, India. Los Exalumnos de Calcuta han desarrollado proyectos interesantes de solidaridad en el ámbito educativo y de salud. En el Colegio de San Juan Bosco está funcionando una escuela nocturna, con una asistencia de alrededor de 250 estudiantes. El servicio más significativo lo constituye la alfabetización de niñas que vienen a trabajar a la ciudad y no tienen la oportunidad de estudiar en la escuela formal, porque se ven obligadas a trabajar durante el día. Además, Han abierto un dispensario médico para socorrer a las familias que tienen serias dificultades económicas. Dos veces al mes, el sábado, realizan pruebas clínicas para el diagnóstico de la osteoporosis, problemas cardíacos, problemas de la vista con la entrega de los respectivos lentes. Cada año cerca de 2.600 personas se benefician de este proyecto. El plan de la solidaridad lo lleva a cabo un grupo de veinticinco profesores y médicos Exalumnos que ofrecen sus servicios de forma gratuita para ayudar a los más desfavorecidos. El grupo de profesionales funciona bajo las orientaciones del Presidente y del Delegado local del Colegio San Juan Bosco de Calcuta. c) Plataforma deportiva salesiana, Málaga. Los Exalumnos de la Casa Salesiana de Málaga en tan solo cuatro años han creado y consolidado una plataforma deportiva compuesta por una variedad de equipos: 3 de Fútbol, siete de baloncesto (Senior y Junior masculinos) y uno femenino junior, dos de voleibol. Se busca abrir estos equipos a todos los jóvenes, teniendo preferencia por aquellos que podrían incurrir en situación de desarraigo familiar y/o exclusión social, situaciones muy frecuentes en el barrio malagueño y su entorno. El proyecto forma parte del Proyecto Educativo Pastoral de la Casa Salesiana. Los Exalumnos son los responsables de todo lo relacionado con la logística, la estructura organizativa, los entrenamientos, la propaganda, la animación y del sostenimiento económico. La experiencia acumulada en estos años ha favorecido la solidez del proyecto, el crecimiento institucional y el reconocimiento social de la labor que se realiza. Se ha creado un club deportivo, llegando a convertirse en referentes del deporte municipal joven. En los últimos tres años han logrado metas importantes: 254 Ser un vehículo ideal para la promoción de la persona. Dar impulso a valores positivos. Atraer a todo tipo de participantes especialmente jóvenes. Abrir la experiencia al público en general y no sólo a nuestros asociados. Unir la Asociación de Exalumnos con el entorno social, iniciando, de esta forma, contactos con otros colectivos sociales. Mantener unida y floreciente la Asociación de Exalumnos de Málaga. Ofrecer una alternativa positiva. Fomentar la participación e involucrar a los familiares de los destinatarios. Tener especial atención a los más desfavorecidos. Transmitir a través del deporte los valores evangélicos y salesianos. El impacto social de la Plataforma Deportiva es visible. El proyecto involucra a unos 180 jóvenes con sus respectivas familias. Además, se ha creado un modelo educativo a través del deporte que atrae y gusta a los niños, adolescentes y jóvenes. Los Exalumnos malagueños se han comprometido en la consolidación de una iniciativa que está aportando mucho bien a la Asociación manteniéndoles unidos y sólidos. Además, han descubierto en el deporte una herramienta de trabajo muy útil en el mundo juvenil y con una gran capacidad de convocatoria714. 8. Conclusión Sin lugar a dudas, América Latina y el Caribe poseen riquezas naturales, culturales y religiosas extraordinarias. El patrimonio de América Latina ha de ser defendido, mantenido y promovido por los latinoamericanos y caribeños. Los Exalumnos de don Bosco por la “educación recibida” están llamados a aportar los valores del Sistema Preventivo en todos los rincones del Continente. A un Exalumno no le está permitido, ni como laico ni como miembro de la Familia Salesiana, a permanecer con los brazos cruzados u ociosos. Ello constituiría un deshonor para toda la Asociación de Exalumnos. El primer aporte de un Exalumno de don Bosco a este gran Continente es un hombre y una mujer con identidad latinoamericana y caribeña, un Exalumno que conoce y valora su origen, que vive su identidad con miembro de la Familia Salesiana y que realiza su misión como discípulo y misionero. En segundo lugar, el Exalumno es una persona que no es miope, sino que sabe ver, juzgar y actuar para dar respuestas educativas y evangelizadoras en los ámbitos socioculturales, económicos, sociopolíticos y religiosos en país de origen. Al mirar entorno, con la sensibilidad de don Bosco: descubre rostros sufrientes que están solicitando a gritos al Padre de la juventud su intervención. Como don Bosco confía en sus hijos los Exalumnos les entrega a los latinoamericanos y caribeños que sufren para transformen su tristeza en gozo y su desesperanza en esperanza. Un Exalumno vive los valores del Sistema Preventivo cuando es sensible y respeta a las personas, cuando es un ciudadano ético y moral, cuando sus comportamientos se circunscriben a lo estipulado por la legalidad. Por ser hijos de don Bosco los Exalumnos poseen una especial sensibilidad por las personas que viven en la calle, por los niños, los adolescentes y los jóvenes; 714 Las informaciones fueron ofrecidas por el Sr. Diego Aragón Yuste, ex Presidente de la Asociación de Antiguos Alumnos de Málaga. 255 poseen una sensibilidad particular por los migrantes: los sienten sus hermanos y su responsabilidad, nunca dan lugar a la indiferencia; la realidad de los encarcelados junto con la de los emigrantes en la ciudad de Turín, golpearon a tal punto la sensibilidad de don Bosco que le condujeron a definir su misión en la Iglesia y en la sociedad; don Bosco se propuso ser un Padre para los jóvenes para evitar que fueran víctima de la delincuencia organizada; la sociedad, la Iglesia, la Familia Salesiana y don Bosco están pidiendo a los Exalumnos erradicar la violencia contra la mujer en el mundo, pero sobre todo en América Latina y el Caribe; por último, luchar contra el cáncer de la corrupción que ya ha hecho metástasis en el tejido social, político, económico y religioso de América. En tercer lugar, la unidad. La unidad es prerrequisito de la misión. El apóstol Pablo propone una medida drástica ante cualquier brote de división en la iglesia "al hombre que cause divisiones, después de una y otra amonestación deséchalo”715. Los Exalumnos no podrán realizar su misión en la sociedad como discípulos y apóstoles si no se unen entre ellos, con los grupos de la Familia Salesiana, con la Iglesia local y universal. Pero el valor de la unidad se crea cuando se es humilde. El dimisionario Papa Benedicto XVI dirigiéndose a los Párrocos de Roma les dijo: “La ausencia de humildad destruye la unidad; la humildad es una virtud fundamental de la unidad y solo así crece la unidad del Cuerpo de Cristo”716. El Congrelat no puede concluir sin que cada delegación de los diferentes países presentes aquí sin que se realice un primer borrador de los proyectos que se podrían realizar para erradicar las estructuras del mal en América Latina y el Caribe. Don Bosco no fue un teórico de la educación o de la evangelización, fue un hombre práctico. Que enfrentó la realidad con proyectos y estructuras específicas de las que nosotros mismos somos sus frutos. En la última parte del documento se han presentado algunas buenas prácticas con el fin de decirles: los Exalumnos en el mundo están trabajando, pero pueden y deben multiplicar en los cinco Continente, sobre todo, en el Continente Americano. La propuesta consiste en que cada Inspectoría, Federación o Confederación de Exalumnos implementen algún proyecto específico que responda a las necesidades del Continente y que esté en concordancia con la misión de don Bosco. En la elección de los proyectos ha de orientar el criterio de que la vía más segura para evitar y erradicar la pobreza es la educación. Los proyectos serán presentados, ya funcionando, como regalo concreto al Padre de los jóvenes en el Bicentenario de su nacimiento. Es importante que se nombre un coordinador de todas estas iniciativas. Luego el coordinador las presentará a la Confederación Mundial, haciendo una descripción de ellas, para darlas a conocer a toda la Asociación de Exalumnos. 715 Tito 3,10. Encuentro del Santo Padre, Benedicto XVI con los Párrocos y sacerdotes de la diócesis de Roma, jueves 10 de marzo de 2011. http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2011/march/documents/hf_benxvi_spe_20110310_parroci-roma_sp.html 716 256 La evaluación, a largo plazo, de este Congrelat la haremos en el 2015 cuando tengamos los frutos en las manos. Cuando el coordinador envíe la lista de proyectos en funcionamiento en los respectivos países. En el mundo de la globalización, desafortunadamente, hemos caído en la globalización de la indiferencia. ¡Nos hemos habituado al sufrimiento del otro, a la desdicha del otro, porque no nos concierne, no nos interesa, no es un asunto nuestro! Los Exalumnos estamos dispuestos a combatir estos comportamientos. ¿Quién ha llorado por los niños que han muerto en las calles de América, por las personas indocumentadas asesinados en las fronteras, por las mujeres golpeadas y asesinadas, por los encarcelados que pasan años en las cárceles por infracciones menores? Quien ha llorado por los niños involucrados en los grupos armados, en los grupos de delincuencia? Los Exalumnos sensibles al dolor de los que sufren nos comprometemos a universalizar la solidaridad, la fraternidad y la unidad. Apreciados amigos, ¡la suerte está echada! ¡Manos a la obra! ¡Vamos a soñar y a hacer realidad los sueños! El Señor, María Auxiliadora, San Juan Bosco, los Beatos Alberto Marbelli y Felipe Rinaldi nos acompañarán en el logro de este gran reto. 257 258 Unión local y Confederación Nacional al servicio de una mayor implicación del Antiguo alumno en la misión juvenil salesiana Antes de iniciar mi intervención, quiero agradecer al P. Luis Fernando Álvarez, Delegado Nacional de la Familia Salesiana, Consiliario de los Antiguos Alumnos y de los Salesianos Cooperadores de España, la invitación que me hizo para que compartiera con vosotros mi visión sobre este tema. He aceptado con mucho gusto, por considerarla una oportunidad estupenda para crecer junto a vosotros. Un saludo de corazón a todos los Presidentes, Consiliarios salesianos y miembros de los Consejos regionales y de los Consejos locales aquí presentes y a los que no pudieron venir por los motivos que fueren. Os confieso que tengo deudas de aprecio y reconocimiento con vosotros por la labor que realizáis en la Confederación Nacional Española de Antiguos Alumnos. 1. Premisas Inicio la reflexión con una serie de premisas717 que pueden favorecer una mayor comprensión el tema que nos ocupa: “Unión local y Confederación Nacional al servicio de una mayor implicación del Antiguo Alumno en la misión juvenil salesiana”. Nos detendremos a considerar básicamente cuatro premisas: quién es el protagonista y sujeto de la historia de los Antiguos Alumnos, cuál es el significado que podrían tener aquellos encuentros anuales de Exalumnos del Oratorio de Valdocco en torno a don Bosco, cuáles eran los motivos que alimentaban aquellos sentimientos de gratitud hacia don Bosco, y finalmente cuáles son los retos que se les plantean hoy a los educadores, ya sean salesianos o seglares para asegurar la existencia de Uniones Locales de Antiguos Alumnos sólidas y florecientes. a) ¿Quién es el protagonista y el sujeto de la historia de los Antiguos Alumnos? En todos los colegios, oratorios o centros salesianos hay muchos salesianos, muchos de ellos muy válidos, muy capaces, muy buenos educadores, algunos extraordinarios e inolvidables, que son los que han formado a millares de Antiguos Alumnos, pero el protagonista y el sujeto de la historia de los Antiguos Alumnos sigue siendo siempre el mismo: don Bosco. Se vuelve siempre a él. Él es el verdadero maestro, educador, amigo, consejero de todos los que se han formado en ambiente salesiano. En el origen del movimiento de los Antiguos Alumnos estaba don Bosco, su personalidad, su método educativo fundado sobre la razón, la religión y el amor demostrado en cariño afectuoso, tal como era practicado en Oratorio en un clima de familia y confianza. Antes de cualquier asociación, Antiguo Alumno de Don Bosco era aquel que se había sentido querido, protegido, educado en unos valores que habían formado su mente, su conciencia y su corazón. Don Egidio Viganò718 expresa en estos términos: “los antiguos alumnos nacieron, podríamos decir, por autogeneración, gracias a la educación recibida de don Bosco y de sus primeros Estas premisas están tomadas de la ponencia de Jesús Graciliano González, “El Antiguo Alumnos en la mente de don Bosco y de don Rinaldi. Proyección en el momento actual”; presentada por su autor en la “X Escuela para los Consiliarios Antiguos Alumnos” en el Escorial, Madrid el día 26 de julio de 2012. 718 E. Viganò, Circular del Rector Mayor a los salesianos sobre los Exalumnos de don Bosco, en: ACG 321, p. 12. 717 259 colaboradores. Una educación que produjo lazos de vida y que quiso expresarse siempre mediante el único nombre de quien la había inspirado y desarrollado con donación de corazón y genio pedagógico, y que había concentrado todas sus dotes y dones extraordinarios en trasmitirla a los suyos”. b) ¿Qué eran aquellos encuentros anuales de los Antiguos Alumnos? Aquellos encuentros anuales de los Antiguos Alumnos se trataban de un doble movimiento de afectos: por un lado el afecto de don Bosco que quería de corazón y consideraba como hijos suyos a todos los que habían sido alumnos del Oratorio. Por otra parte, el afecto de los Antiguos Alumnos hacia quien los había querido, educado y hecho hombres de provecho. Sin Don Bosco no hubieran podido llegar donde habían llegado y esto producía en ellos un sentimiento de amor y de gratitud. Además, dice E. Viganò719, la atmósfera de convivencia, alegría, promoción y amistad respirada por jóvenes de procedencia cultural y condiciones sociales diversas, tiene en sí mismo la fuerza de crear entre educadores y alumnos una especie de parentesco espiritual con lazos de mutuo aprecio, de afecto y de ideales de vida que se prolongan en el tiempo. Por ello, cuando fueron adultos, brotó espontáneamente entre ellos el deseo de volver a la casa paterna. Y sigue produciéndose este volver espontáneo a las casas de educación hacia la que siembre está la “necesidad de volver” porque se trabaja con el mismo espíritu y método de don Bosco. c) ¿Cuáles son los motivos que fundamentan la gratitud de los AA hacia sus educadores? Volviendo la vista a la historia de los primeros tiempos, hallamos algunos importantes motivos: la figura de Don Bosco, su sistema educativo, los valores humanos y cristianos de la educación recibida en un ambiente de acogida y trato familiar. Los Antiguos Alumnos no se reunieron únicamente por un sentimiento afectivo, por un sentimiento nostálgico hacia don Bosco, sino que reconocían, apreciaban y deseaban reafirmar los principios fundamentales de la educación que habían recibido en la Oratorio y que habían marcado indeleblemente su manera de ser y de entender la vida y les habían ayudado a hacerse personas adultas y conscientes, buenos cristianos y honrados ciudadanos. A. Martinelli dirigiéndose a los participantes del VIII Congreso Nacional de Exalunos y Exalumnas de don Bosco en Rimini, se expresó en estos términos: “Los Antiguos Alumnos nacieron y sobreviven por la “educación recibida”. Entonces, ¿qué es la “educación recibida”? Es la convicción: de estar conectado con don Bosco; de revivir, en pequeño tal vez pero real, el espíritu de don Bosco; de expresar la personal disponibilidad a participar con los salesianos de don Bosco en el Proyecto Educativo Pastoral a favor de la juventud pobre y necesitada; de ofrecer los valores de la propia laicidad a favor de la misión salesiana; de disfrutar cuando se comparten los grandes valores humanos y cristianos aprendidos del Sistema Educativo de don Bosco; para decirlo con una palabra, de pertenecer a alguien. La “educación recibida” es la pertenencia a don Bosco y a la Familia de don Bosco”720. 719 720 E. Viganò, Circular del Rector Mayor a los salesianos sobre los Exalumnos de don Bosco, p. 6. A. Martinelli, Rinnovarsi per rinnovare, en: Atti del VIII Congresso Nazionale Exallievi/e di don Bosco, Rimini, 10/13 ottobre 1996, p. 38. 260 d) ¿Cuáles son los retos de los salesianos y de los educadores salesianos en relación con los Antiguos Alumnos? Los salesianos y los educadores salesianos tienen en primer lugar el gran reto de definir con claridad los valores esenciales que se quien inculcar en la educación salesiana; valores que sean irrenunciables y unitarios. Esto les exige conocer y estudiar bien a don Bosco y ver bien el qué, el cómo y el dónde está su verdadero espíritu. El segundo gran reto es el del conocimiento a fondo y la aplicación segura, inteligente, amorosa y convencida del sistema preventivo, sin titubeos y sin tibiezas. La Asociación de Antiguos Alumnos está profundamente marcada por esta relación educador-alumno, lo cual exige un ambiente cálido de amistad y de relaciones humanas, en el cual los educadores y los educandos estén asociados en una auténtica experiencia vital. Hacer familia y hacer comunidad. Aquí están implicado también a los alumnos, que, como decía Don Bosco no solo deben ser amados, sino percibir que son amados. A ser Antiguo Alumno se comienza desde el mismo momento en que se ingresa en un colegio salesiano, es decir, que es obra primordial de los maestros y profesores de los colegios, quienes, además de dar a los alumnos la formación integral, deben tener también como esencial punto de mira, que algún día estos llegarán a ser Exalumnos, y por lo tanto, tratar de que todo el ambiente colegial, oratoriano y juvenil sea propicio, en tal forma que los alumnos, al abandonar definitivamente el colegio, lo hagan guardándole el más grande de los cariños. Hace falta que el alumno, al retirarse del colegio, sienta una poderosa atracción hacia el mismo; comprenda el honor que significa haber pasado por las aulas salesianas; entienda que el ser Exalumno de Don Bosco es algo muy distinto de ser exalumno de cualquier otro colegio religioso; en cuanto el exalumno forma parte de la Congregación Salesiana. El alumno ha de salir de la Casa salesiana con la predisposición de convertirse en exalumno práctico desde el mismo momento en que abandona definitivamente la Obra. De esta predisposición depende el futuro de la Unión Local de Antiguos Alumnos. 2. La Unión Local: ¿qué es, quiénes la animan y cuál es su razón de ser? Forman el grupo de Antiguos Alumnos todos los que, haciendo frecuentado durante un tiempo conveniente una obra salesiana (comunidad, escuela, colegio, residencia, oratorio, centro juvenil…) han asimilado una educación-formación según los principios de don Bosco, y se adhieren a la correspondiente Asociación o se sienten representados por ella. Está indicado en el Estatuto de la Confederación Mundial que “la inscripción en ella [la Confederación Nacional] se realiza a través de las Asociaciones Locales y exige que el Exalumno-Exalumna comparta los fines y los objetivos según el Estatuto y los Reglamentos nacionales correspondientes”721. Es importante la referencia a la Asociación, pues según el XXI Capítulo General: “Se pertenece a la Familia Salesiana, no individualmente…, sino a través de grupos”722. a) ¿Por qué se llama Unión Local? Las Asociaciones locales de los Antiguos Alumnos de Don Bosco se denominan “Uniones”. Fue don Felipe Rinaldi quien quiso que se denominase así. Decía él, que el término mismo Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos y Ex alumnas de don Bosco. Textos aprobados “ad experimentum”, Roma, 24 de junio 2011, art. 13, c. 722 XXI Capitulo General de la Sociedad Salesiana. Documentos Capitulares. Comercial Malvar, Madrid 1978, no. 516 721 261 contiene el programa querido por don Bosco para los Antiguos Alumnos: “Mantenerse unidos”. La unión hace la fuerza también en el bien723. La primera tarea de la Unión Local es alimentar y nutrir la unidad. La unidad en la Unión Local es también una de las tareas de servicio de la Presidencia Local. La Unión Local es una asociación de laicos que participan en la misión de la Iglesia y promueven con la palabra, con el testimonio de la vida y con la acción, la animación cristiana del propio ambiente, según las enseñanzas de la Iglesia. La Unión Local es el pulmón de la Asociación en el ámbito Inspectorial, Nacional, Regional y Mundial. Es el cenáculo ideal para la formación de los Ex alumnos. Es la entidad que produce e inyecta el entusiasmo y la pasión necesaria para que cada Antiguo Alumno de su aporte a la vida de la Federación o Confederación. En la Unión Local se ha de crear un ambiente familiar y educativo. Compete al Consiliario favorecer la unión y la corresponsabilidad de los Ex alumnos con la comunidad salesiana, con la Familia Salesiana y con la Iglesia Local. b) ¿Quiénes animan la Unión Local? Las bases de la futura Unión local tienen sus inicios desde el mismo momento que se ingresa a la casa salesiana. El agradecimiento de los Antiguos Alumnos será directamente proporcional al trato del que fueron objeto cuando eran alumnos. El núcleo animador de la Unión es la Presidencia Local. La Unión es el grupo más importante que hay que sostener y animar. A los Antiguos Alumnos responsables de la Presidencia Local deben ir los mejores esfuerzos de la Comunidad salesiana y del Consiliario salesiano. Fortalecer el núcleo es asegurar el desarrollo cualitativo y cualitativo de la Unión. Por ello, el Consiliario los sigue personal y singularmente, entablando con ellos contactos continuos hasta convertirse en su consejero espiritual y en su amigo724. El XX Capítulo General Especial Salesiano al responder a lo que piensan los Exalumnos hace un llamado a la comunidad salesiana para que se comprometa a seguir a los Antiguos Alumnos acogiéndoles cordialmente y apoyando las iniciativa de la Asociación: “Toda la Comunidad como tal –Director, Delegado y hermanos-, está responsablemente interesada en relación con todos los exalumnos, asociados o no; les hace participar, acogiéndoles cordialmente, en la vida de la familia salesiana, donde han de encontrar, en todo salesiano, al antiguo maestro, amigo y educador; les brinda toda la ayuda posible para la vida y las iniciativas de la Asociación, y abre, a los más comprometidos, un campo de trabajo apostólico más amplio”725. Continúa indicando el XX Capítulo General Especial que los salesianos estamos llamados a dar a conocer a los alumnos, a los oratorianos y a los jóvenes de los Centros Juveniles la Asociación de Antiguos Alumnos: “Es deber de todo salesiano hacer que los alumnos conozcan previamente el movimiento de los exalumnos: esto facilitará su incorporación a la Asociación, a fin de continuar, en la vida, los compromisos espirituales y apostólicos para los que debe prepararles toda nuestra educación726. 723 Guida Organizzativa del movimento Exallievi di Don Bosco, Colle Don Bosco, Torino 1965, p. 65. A. Martinelli, Ex alumnos de don Bosco: Despertar, Consolidar y desarrollar la educación recibida, p. 37. 725 XX Capitulo General Especial salesiano (CGS), Industrias Gráficas España, Madrid 1972, no. 755, a. 726 CGS, no. 755, c. 724 262 En fin, la identificación de los Antiguos Alumnos con los valores del Sistema Preventivo constituye una tarea y una responsabilidad permanente de cada asociado, de cada Unión Local y de todo Consiliario en el ámbito local, regional, nacional o mundial. Dada la importancia de la Unión Local, es fundamental una buena animación de la misma. En la Unión conviene fomentar la pluralidad pero con un horizonte. La Presidencia de la Unión ha de ser consciente de que ella es la responsable de continuar la formación humana, cristiana y salesiana que se inició en la casa salesiana cuando se era alumno. Y sobre todo, motivar continuamente a sus miembros para que cumplan con su responsabilidad laical en la Iglesia y en la sociedad. c) ¿Cómo animar la Unión Local? En la animación de una Unión Local es fundamental la unidad, la participación y la responsabilidad; es esencial poseer objetivos y normas comunes y claras; identificar con claridad el conjunto de valores y creencias que les mueve; que todos los miembros conozcan su identidad propia y que posean una fuerte cohesión. Los miembros de la Unión han de constituir un equipo. El hecho de ser un equipo les permite compartir su identidad, metas y objetivos comunes, éxitos y fracasos, cooperar y colaborar, establecer tareas específicas para cada miembro, tomar decisiones colectivas y desempeñar diferentes funciones de acuerdo con sus conocimientos y características personales. Por ello, en la Unión se ha de evitar por todos los medios el individualismo; se ha favorecer un alto grado de compromiso y sobre todo, se han de tomar decisiones por consenso y no por imposiciones. Hay que estar remitiendo siempre a don Bosco, al Sistema Preventivo y a sus valores. La capacidad para animar la Unión como ámbito pedagógico y terapéutico no necesita expertos, sino testigos. No se trata tanto de saber argumentar de manera exacta sino de saber conmover, en clave de vida. Hay que llegar al corazón de la persona para desarrollar los dinamismos de implicación dentro de la Unión Local. En una ocasión Shakespeare dijo: "El mundo es un escenario, los hombres y mujeres son simplemente actores." Si se utiliza la misma metáfora, puede decirse que los miembros de una Unión Local son actores, cada uno desempeña un papel particular y especial. El Presidente y la Presidencia han de estar en la capacidad de motivar a los miembros de la Unión a ser, a hacer, a creer y a actuar; han de tener una visión clara de lo que quieren y buscan: han de tener los pies en la tierra pero con la cabeza en el cielo; han de saber motivar a los componentes de la Unión; han de saber gestionar bien las propias emociones y las de los demás: lo más importante no es convivir sino comprender a los otros; han de promover siempre el desarrollo de la Unión; han de despertar la confianza y la credibilidad en los miembros de la Unión; han de saber asumir riesgos: “Si buscas resultados distintos, no hagas siempre lo mismo” (A. Einstein). Si desean algo nuevo, tendrán que hacer algo diferente a la monotonía; han de trabajar en equipo: El todo es más que la suma de sus partes. Recordar siempre el significado de la expresión Unión Local; se ha de cultivar al interno de la Unión el sentido del humor con el fin de crear una atmósfera cálida, agradable y familiar. Hoy se requiere un nuevo modelo de gestión de las Uniones Locales. De igual modo, es fundamental “no aferrarse al cargo” con la excusa de que no hay nadie que pueda sustituir. Un buen líder prepara personas para que le sustituyan en su debido momento. La renovación del liderazgo rejuvenece las Uniones Locales. La inamovilidad de los líderes esclerotiza y condena a la muerte a los grupos humanos. Es conveniente ceñirse estrictamente 263 a lo estipulado por el Estatuto. En el caso de España son uno o dos mandatos de cuatro años de servicio consecutivos: “El Presidente… permanece en el cargo cuatro años, y sólo puede ser reelegido hasta completar un período máximo de ocho años consecutivos”727. Cuando esta determinación se cumple, se favorece la regeneración y la revitalización de las Uniones Locales. Los líderes han de luchar para que las Uniones lleguen a ser lugares donde se favorece la cordialidad y el espíritu de familia y un centro de encuentro y de vida. La Unión ha de ser un lugar donde se crece espiritual y humanamente, un centro formativo y de radiación apostólico. Implementar la conciencia de que crecemos en la medida que ayudamos a crecer a los demás. A quienes se niegan a arriesgarse y crecer, los devora la propia vida728. Quienes ofrecen el servicio de la animación y gobierno de la Unión han de hacerlo con firmeza y flexibilidad, con tacto y perspicacia729. En definitiva, han de ser personas que ayuden a la Unión a tener proyectos y objetivos bien definidos; personas que entienden que el objetivo no es reunirse, sino dar vida a un proyecto querido por don Bosco en beneficio de la misión juvenil; personas conscientes de que para animar hoy una Unión se ha de estar preparados para afrontar travesías difíciles, con vientos a favor y en contra, mareas en calma y embravecidas. En la Unión Local, el Antiguo Alumno tiene asegurada la formación, el acompañamiento espiritual y una propuesta educativo-pastoral y social. d) Principal aporte a la Unión Local La formación cultiva la identidad de manera permanente. La formación pone en relación identidad y contexto cultural. El Antiguo Alumno está llamado a crecer desde su realidad cultural, es lo que se llama la formación inculturada. Además, la formación promueve el crecimiento de la identidad según los dones personales. Resulta casi imprescindible la formación continua a lo largo de la vida, para adaptarse a las nuevas demandas que presentan las realidades sociales y eclesiales de Europa. Esta necesidad de actualización constante hace que la formación se entienda como un proceso a lo largo de toda la vida. La formación debe ser permanente porque no todas las competencias que se necesitarán en el ejercicio profesional para la transmisión de los valores de la “educación recibida” pueden proporcionarse de golpe en la formación inicial. Las nuevas realidades sociales y eclesiales requieren de respuestas nuevas y creativas que hemos de ir elaborando. El XX Capítulo General Especial presenta a los salesianos la formación de los Antiguos Alumnos como un deber a cumplir: “Nosotros tenemos el deber de continuar la acción de don Bosco, el cual animó, sostuvo e impulsó la organización de los exalumnos. Consideró la formación de los jóvenes no como un apostolado final, sino como una preparación para la vida”730. Los salesianos hemos de tener presente el principio de “primero, lo primero” y lo primero es la formación y el acompañamiento espiritual de los Antiguos Alumnos. Es muy importante no caer en la trampa de las urgencias. Con frecuencia desplazamos actividades que estamos realizando, por algo que nos llega con urgencia. La cuestión no es si el asunto es urgente, sino si es importante. La formación es importante, es cuestión de vida o muerte. 727 Estatuto de la Confederación Nacional Española de Antiguos Alumnos de Don Bosco de 2003, art. 21, a. J. Luis Urcola, Acertar a vivir. Guía para vivir mejor, ESIC, Madrid 2001, pp. 175 y 85. 729 R. Meredith Belbin, Roles de equipo en el trabajo, Belbin, London 1993, p. 96. 730 CGS, 752, c. 728 264 Saber programar y hacer funcionar iniciativas de formación permanente ayudará a robustecer la calidad de las Uniones y de las Federaciones Regionales731 para su participación en la misión juvenil salesiana. La formación permanente genera las Uniones y las Federaciones. La formación ayuda a comprender la razón de ser de la Unión local. La vida de un grupo se asegura en la medida que éste desarrolla una misión específica en la comunidad, en la sociedad. La Unión local no vive para sí misma, ello constituiría su fin. Porque el narcisismo institucional constituye una sentencia de muerte, conduce a socavar los vínculos relacionales con otras instituciones que favorecen el crecimiento y el desarrollo. e) ¿Para qué la Unión Local? La Unión Local, pues, ha de convertirse en un laboratorio de ideas y de proyectos operativos, de formación permanente y de recualificación para una acción social siempre adecuada a las cambiantes situaciones. Cada Antiguo Alumno es comparable a una pequeña corriente de agua. Solo es muy poco significativo. Incluso, algunas veces su energía y su fuerza podrían correr el riesgo de esfumarse en el inmenso torbellino social. Actualmente la Asociación de Antiguos Alumnos hace ingentes esfuerzos para congregar las minúsculas corrientes de agua y organizar las Uniones. Estas últimas habrán de convertirse en arroyos de aguas frescas y saltarinas que dan vida a las Federaciones Regionales, a las Confederaciones y a la Asociación Mundial. Así se convertirá en una fuerza que, sabiamente utilizada, sea productora de luz, de calor, de fuerza: será la luz de la fe, el calor de la misión juvenil, la fuerza del ideal de don Bosco que se impone, arrastra y vence. Los Antiguos Alumnos de don Bosco son el fruto de la “amorevolezza” de un sistema educativo que trasforma al alumno en “buen cristiano y honrado ciudadano”. Para don Felipe Rinaldi el Antiguo Alumno ejemplar era aquel que, educado salesianamente, llevaba a todas partes los métodos salesianos de vida y de educación, incluso en los ambientes más adversos 732. Don Rinaldi valorizaba mucho el aporte del Antiguo Alumno a la Misión educativa de los Salesianos. Cuenta el Prof. Pedro Gribaudi733 refiriéndose a don Rinaldi: “Me hacía hablar a los alumnos del último curso de las Escuelas de iniciación al trabajo, del Oratorio festivo y a los estudiantes de otros colegios de Turín. Si le preguntaba qué cosa debía decir, me respondía: “diga lo que crea oportuno, lo importante es que lo haga como “joven laico”. Sus palabras surten un mayor efecto que las nuestras, los jóvenes nos escuchan todos los días, y son pronunciadas por sacerdotes”734. La Unión Local a la que pertenece el Antiguo Alumno juega un rol esencial, ya que es donde él se inserta con confianza, entre amigos. Es el lugar desde el cual el Antiguo Alumno vive la corresponsabilidad con la Asociación, con la Familia Salesiana y logra involucrarse en la misión salesiana. En la Unión Local se crea una red de auténticas relaciones personales, de 731 Las Inspectorías de los Salesianos de don Bosco no tienen necesariamente que coincidir con las Federaciones “inspectoriales” de los Antiguos Alumnos. 732 A. Fantozzi, Un uomo di fede don Filippo Rinaldi, Roma 1990, pp. 103 y 107. 733 El Prof. Pedro Gribaudi fue el primer Presidente de la “Federación Internacional de Exalumnos de Don Bosco”. Fue un estupendo colaborador de don Felipe Rinaldi en la fundación y organización de la Federación Internacional y en la construcción del Monumento a Don Bosco. A la habilidad personal unía su grande pasión y entusiasmo que le permitió enfrentar con serenidad muchas situaciones difíciles. A él se debe también buena parte del mérito del éxito del Monumento y del concurso de innumerables exalumnos para su realización (Il Congresso Internazionale, in: “Vocifraterne”, anno 51° ottobre-novembre 1970, p. 65). 734 Positio Super Virtutibus Taurinensis Canonizationis Servi dei Philippi Rinaldi, Tipografia Guerra, Roma 1985, p. 561. 265 conocimiento mutuo, se comparten logros, alegrías y fracasos. Además, se vive e incrementa el espíritu festivo, típico del Carisma Salesiano. La Unión Local puede convertirse en la entidad que contrarresta las relaciones impersonales implementadas por las redes sociales tales como: la Internet, Facebook, twitter, chat, email. Pero también, hemos de ser conscientes y resaltar la importancia de estas redes en la Sociedad de hoy. Cuando se utilizan tales redes hemos de ser testimonio coherente de vida cristiana y salesiana. Las redes sociales dentro de nuestras Asociaciones locales no remplazan, el cara a cara y el contacto personal con el Antiguo Alumno. Del florecimiento de las Uniones Locales dependen las Federaciones y la Confederaciones de Antiguos Alumnos. En la Unión Local se juega su futuro la Confederación Nacional y Mundial. Lo que se siembra se recoge: es la ley de la cosecha. Los frutos nacionales y mundiales estarán estrechamente relacionados con lo que hayamos sembrado. No es posible obtener grandes cosechas con escasa siembra, sino que los resultados serán directamente proporcionales a nuestro esfuerzo; o sea, a nuestra siembra. El Rector Mayor en la presentación de la Presentación del Estatuto de la Confederación Mundial indica con claridad la importancia de la Unión local para la Asociación: “el dinamismo de la Asociación de Exalumnos se juega ante todo en las Uniones locales. Ellas son el ámbito natural para la integración, formación y compromiso de los miembros de la Asociación. Por ello es absolutamente necesario que las Uniones locales se fortalezcan numérica y cualitativamente”. El Rector Mayor E. Viganò735 advierte que la vida de la Asociación procede de la base, o sea, de las Uniones o centros locales, donde las personas se conocen y tienen una visión más concreta y homogénea dela educción recibida y, por tanto, pueden determinar prácticamente en qué consiste, para cada centro o unión, la participación estrecha en la misión salesiana en el propio territorio o situación religiosa, cultural y social. En este sentido, nadie se maravilla de que la situación de los exalumnos varíe de un lugar a otro. Tender a estructurar demasiado en niveles más altos puede no ser beneficioso. La animación más influyente y apropiada depende en primer lugar de la vitalidad de los grupos locales. Es ahí, sobre todo, donde hay que apuntar como estrategia de encuentro y de formación permanente. Los asociados perciben y sienten mejor la vida de las uniones locales. Ciertamente, una organización adecuada en el ámbito regional, nacional y mundial es no sólo útil, sino necesaria; sin embargo, hay que orientarla a servir, animar, sugerir, estimular y apoyar (a veces también suplir) las iniciativas propias de las Uniones locales, de modo que sepan hacer fructificar de manera concreta la “educación recibida” y complementen aquella parte de la misión que una sola Unión Local no puede alcanzar. 3. La Unión Local y la Confederación nacional al servicio de la misión juvenil Las Uniones locales han de estar dispuestas a involucrarse en los Proyectos Educativos Pastorales de las Casas Salesianas, de la Inspectoría y de la Iglesia particular para evitar por todos los medios la “pastoral de francos tiradores”. El amor a don Bosco ha de impulsar al Antiguo Alumnos a amar la misión que él amó y entregó toda su vida: “a la juventud pobre, abandonada y en peligro”736. 735 736 E. Viganò, Circular del Rector Mayor a los salesianos sobre los Exalumnos de don Bosco, en: ACG 321, p. 28. Constituciones y Reglamentos Generales de los Salesianos de Don Bosco, CCS, Madrid 1985, art. 26. 266 Hoy, tras el Vaticano II, una participación mayor en la misión salesiana puede iluminarse también por las orientaciones ecuménicas737, por la apertura al diálogo con las religiones no cristianas738 y por actividades de servicio al hombre, involucrando a no creyentes de buena voluntad739. 3.1. Origen de la misión del Antiguo Alumno Los Antiguos Alumnos están llamados a asumir el compromiso de la misión juvenil, popular y misionera por ser: miembros de la Iglesia, hijos de don Bosco y miembros de la Familia Salesiana. a) Compromiso de los Antiguos Alumnos laicos en la Iglesia Los Antiguos Alumnos laicos “por estar incorporados a Cristo mediante el bautismo, constituidos en Pueblo de Dios y hechos partícipes a su manera de la función sacerdotal, profética y real de Jesucristo, ejercen, por su parte, la misión de todo el pueblo cristiano en la Iglesia y en el mundo”740. La Iglesia llama a los Antiguos Alumnos laicos a asumir su responsabilidad: las “nuevas situaciones, tanto eclesiales como sociales, económicas, políticas y culturales, reclaman hoy, con fuerza muy particular, la acción de los fieles laicos. Si el no comprometerse ha sido siempre algo inaceptable, el tiempo presente lo hace aún más culpable. A nadie le es lícito permanecer ocioso”741. En la Asociación de Antiguos Alumnos “el concepto de laicidad es extensivo también a los Ex alumnos y a las Ex alumnas de otras culturas y religiones”742. Lo que significa que los Antiguos Alumnos de otras culturas y religiones al igual que los cristianos están llamados involucrarse en las cuestiones sociales, políticas, económicas y culturales porque forma parte de su misión. b) Compromiso de los Antiguos Alumnos con don Bosco Las Constituciones de la Sociedad de San Francisco de Sales dicen: “los Antiguos Alumnos forman parte de ella [Familia Salesiana] por la educación recibida. Su pertenencia es mayor cuando se comprometen a participar de la misión salesiana en el mundo”743. La “educación recibida” lleva consigo un conjunto de valores humanos y cristianos que influyen en la personalidad del Antiguo Alumno y entran en los objetivos de la acción educativa salesiana. La educación recibida puede proyectarse en diversos compromisos de la vasta misión juvenil de don Bosco, en quehaceres de educación, en los multiformes campos de la cultura, y en compromisos vinculados específicamente a los valores del sistema preventivo744. El Rector Mayor, P. Pascual Chávez, en la Presentación del Estatuto de la Confederación Mundial hace ver la importancia de que la ‘educación recibida’ pase del recuerdo al compromiso: “La ‘educación recibida’ en el pasado no puede ser sólo un recuerdo, sino que tiene que convertirse en una fuerza que impulse al Antiguo Alumno a incidir en el mundo para transformarlo y 737 Cf. Unitatis redintegratio. Cf. Nostra Aetate. 739 Cf. Istituzione del Segretariato per i non credenti nella curia romana. 740 Cf. Constitución Dogmática Lumen Gentium de su Santidad Pablo VI. Sobre la iglesia, no. 31; Exhortación Apostólica Post-Sinodal Christifideles Laici de su Santidad Juan Pablo II. Sobre vocación y misión de los laicos en la Iglesia y en el mundo, 31. 741 Exhortación Apostólica Post-Sinodal Christifideles Laici de su Santidad Juan Pablo II. Sobre vocación y misión de los laicos en la Iglesia y en el mundo, 3. 742 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos y Ex alumnas de don Bosco, art. 12, b. 743 Constituciones y Reglamentos generales de los salesianos de Don Bosco, CCS, Madrid 1985, art. 5. 744 El proyecto de vida de los Salesianos de don Bosco. Guía de lectura de las Constituciones salesianas, CCS, Madrid 1987, p. 139. 738 267 hacerlo más humano”. “Su pertenencia es mayor cuando se comprometen a participar de la misión salesiana en el mundo”, significa que de por sí, los Antiguos Alumnos tienen una preparación especial, por la educación recibida, para vivir la corresponsabilidad dentro del Proyecto Educativo Pastoral Salesiano. c) Compromiso de los Antiguos Alumnos como miembros de la Familia Salesiana La misión juvenil del Antiguo Alumno de don Bosco hay que enmarcarla dentro de la misión de la gran Familia Salesiana. La Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, declara: “la Familia Salesiana es una Familia Apostólica. “Los Grupos que la componen son todos sujetos responsables de misión común, aunque en medida y formas diversas... En virtud de su vocación especial, cada persona que pertenece a los distintos Grupos es una enviada, llamada por tanto a desplegar la misión común según el papel que se le ha confiado, su capacidad y las posibilidades que le son propias”745. Los Antiguos Alumnos ejercerán su misión partiendo de su laicidad. Continúa señalando la Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco “que la misión de la Familia Salesiana se dirige a los jóvenes y a los adultos, considerados como protagonistas y destinatarios de la educción y situados en sus contextos sociales, culturales, y religiosos y eclesiales especiales, con particular referencia a los ‘lugares de misión’. Para indicar esto se ha hecho de uso corriente la formula misión juvenil, popular y misionera, tres dimensiones que se integran mutuamente”746. El Antiguo Alumno cuando se implica in la misión juvenil ve al joven no solo como “destinatarios, sino también como aliado”. 3.2. La misión juvenil, popular y misionera de los Antiguos Alumnos a) Los Antiguos Alumnos y la misión de la Iglesia El misterio de comunión y de misión que se manifiesta plenamente en la Iglesia universal se hace presente para los fieles -con todos sus elementos esenciales- a través de la Iglesia particular o local747. La Iglesia particular viene a ser el espacio histórico en el que se expresan las diversas vocaciones y realizan su servicio apostólico. Los movimientos y asociaciones eclesiales, surgidos para el servicio del Pueblo de Dios, están llamados a insertarse orgánica y dinámicamente en la vida de las Iglesias particulares, articulándose en la pastoral de conjunto desde su propia identidad. La vitalidad que están demostrando debe llevarlos a colaborar en diversos ámbitos y proyectos pastorales de la Iglesia particular, fortaleciendo la comunión y la proyección evangelizadora. Todos los fieles en la Iglesia particular “deben estar unidos a su Obispo, como la Iglesia a Cristo y como Jesucristo al Padre, para que todo se integre en la unidad y crezca para gloria de Dios”748. Los movimientos y asociaciones, al explicitar en su vida y acción cotidiana, y en su proyección evangelizadora, su atención a las orientaciones del Pastor de la Iglesia particular en la que han sido convocados por el Espíritu a servir, dan muestras inequívocas de eclesialidad y de fidelidad 745 Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, Imprenta Vaticana, Roma 2012, 15. Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 16. 747 Congregación para la Doctrina de la Fe, Carta a los Obispos de la Iglesia Católica sobre algunos aspectos de la Iglesia considerada como comunión. Communionis notio, 28 de mayo de 1992, 7ss. 748 Lumen Gentium, 27. 746 268 al designio divino. “El apostolado de los laicos, individual o asociado, debe insertarse, de modo ordenado, en el apostolado de toda la Iglesia; más aún, es elemento esencial del apostolado cristiano la unión con aquellos que el Espíritu Santo puso para regir la Iglesia de Dios”749 La inserción de los movimientos eclesiales en la Iglesia particular se hace a través de las instancias pastorales ordinarias. La primera y principal de ellas es la parroquia. El Antiguo Alumno está dispuesto a involucrarse y participar con serenidad y respeto en la labor pastoral parroquial aportando los valores propios de la “educación recibida”. b) Comunión y corresponsabilidad de los Antiguos Alumnos en la misión de Familia Salesiana La Familia Salesiana en su labor educativa y evangelizadora centra todos sus esfuerzos en “formar buenos cristianos y honrados ciudadanos, es decir, busca la promoción humana, educativa y evangelizadora de las personas. Trabajando juntos se hace recobra fuerza y credibilidad el mensaje que comunicamos. Los francos tiradores no tienen espacio en misión educativo-pastoral de la Familia Salesiana. La Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco refiriéndose al servicio del Evangelio señala que “formar buenos cristianos y honrados ciudadanos es una proyecto expresado muchas veces por don Bosco para indicar todo aquello que los jóvenes necesitan para vivir con plenitud su existencia humana y cristiana: vestido, alimento, alojamiento, trabajo, estudio y tiempo libre; alegría, amistad; fe activa, gracia de Dios, camino de santificación; participación, dinamismo, inserción social y eclesial. La experiencia educativa le sugirió un proyecto y un estilo de intervención especial, condensados por él mismo en el Sistema preventivo, que se apoya totalmente en la razón, la religión, y el cariño”750. La Carta de Identidad Carismática indica que “fundamentalmente, son tres los ámbitos en los que la Familia Salesiana actúa su multiforme servicio evangélico: la promoción humana, la educación, la evangelización”751. En el servicio de la misión juvenil es fundamental “la comunión entre los Grupos en y para la misión se está mostrando cada vez más indispensable para el compromiso educativo y misionero; en efecto se advierte como urgente la necesidad de conectar las intervenciones, de promover diversos modelos de vida cristiana y de garantizar ministerios complementarios. Así, trabajar juntos intensifica la eficacia del testimonio, hace más convincente el anuncio del Evangelio, favorece una caridad apostólica más viva, permite profundizar los rasgos característicos de cada Grupo mientras manifiesta y potencia la identidad de la Familia en la comunión y en la misión”. El Antiguo Alumno viviendo la comunión con los grupos de la Familia Salesiana crece en identidad y sentido de familia. 749 Decreto sobre el Apostolado de los Laicos. Apostolicam Atuositantem, 23 Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 17. 751 Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 17. 750 269 c) La corresponsabilidad de los Antiguos Alumnos con el Proyecto Educativo Pastoral Salesiano en España El Rector Mayor cuando presenta el Estatuto de la Confederación Mundial afirma: “Don Bosco os llama, una vez más, a ser "buenos cristianos y honrados ciudadanos"; a promover la dignidad humana y la identidad de la familia; a la práctica de la solidaridad en la Asociación y fuera de ella, especialmente a favor de los jóvenes más desfavorecidos; a estar en contacto con los jóvenes que terminan su proceso educativo en las casas salesianas con el fin de invitarles a participar activamente en la Asociación, que les hará sentirse siempre más "alumnos de don Bosco" y les ofrecerá la oportunidad de una formación continua y una agregación concreta para su compromiso social”. Los Antiguos Alumnos están llamados a: ir al encuentro de los jóvenes, de sus culturas y de sus historias; hacerse presente entre los jóvenes a través de un particular compromiso en la acogida, la escucha, el estudio, la reflexión y la interpretación que permiten conocer mejor sus situaciones; testimoniar la Buena Noticia a los jóvenes con la propia vida; formar parte de los procesos de formación para jóvenes; favorecer la espiritualidad juvenil salesiana: la amistad, la cultura, la solidaridad, la celebración de la fe, la vida comunitaria, el servicio, la catequesis, la alegría; llevar la buena noticia a aquellos ambientes no cristianos, multi-religiosos y multiculturales. En esos ambientes ha de presentarse una propuesta enraizada en los valores del evangelio, con procesos que respetan a las personas, su cultura y su religión; ofrecer una particular atención a la familia, sobre todo en su relación con la pastoral juvenil; ofrecer un espacio de acogida y escucha a las familias, a promover la formación de los padres y el acompañamiento a las jóvenes parejas; comprender que la pastoral juvenil salesiana es una experiencia comunitaria, que la Unión Local ha de convertirse en un centro que motiva y envía a cada Antiguo Alumno a formar parte de la Comunidad Educativo Pastoral; comprender que servir a los jóvenes, significa entrar en una pedagogía de procesos formativos que refuercen una mentalidad y una actitud pastoral a la luz del carisma salesiano. promover una mentalidad y praxis de gestión en red que garantice una mejor coordinación de los recursos humanos, institucionales, pedagógicos y financieros disponibles752. 3.3.Las buenas prácticas de los Antiguos Alumnos en la misión juvenil, popular y misionera hoy. Después de efectuar algunos contactos con las Uniones Locales de Antiguos Alumnos en España he podido identificar tres experiencias de buenas prácticas que os quiero presentar: la “Plataforma Deportiva salesiana de Málaga” y el “Centro de atención y Compensación Socioeducativa” (CACE) de Puertollano. También los Antiguos Alumnos de Astudillo y de 752 Estas propuestas fueron tomadas del documento final de la Consulta Mundial de Pastoral Juvenil que tuvo lugar del 5 al 8 de febrero, en Roma. La Consulta contó con la participación de los Delegados nacionales y regionales, de los Consejeros para las Misiones y la Comunicación social; el animador del encuentro fue Fabio Attard, Consejero para la Pastoral Juvenil. Al final, los participantes formularon un mensaje en el que se recuerdan algunos elementos fundamentales de la pastoral juvenil salesiana de donde he tomado estos aspectos. 270 Montilla realizan una linda labor en la animación litúrgica y de la religiosidad popular: el “Coro de Astudillo” y la “Escuela de costaleros de Don Bosco de Montilla”. a) Plataforma deportiva salesiana, Málaga. Los Antiguos Alumnos de la Casa Salesiana de Málaga en tan solo cuatro años han creado y consolidado una plataforma deportiva compuesta por una variedad equipos: 3 de Fútbol, siete de baloncesto (Senior y Junior masculinos) y uno femenino junior, dos de voleibol. Se busca abrir estos equipos a todos los jóvenes, teniendo preferencia por aquellos que podrían incurrir en situación de desarraigo familiar y/o exclusión social, situaciones muy frecuentes en el barrio malagueño y su entorno. El proyecto forma parte del Proyecto Educativo Pastoral de la Casa Salesiana. Los Antiguos Alumnos son los responsables de todo lo relacionado con la logística, la estructura organizativa, los entrenamientos, la propaganda, la animación y del sostenimiento económico. La experiencia acumulada en estos años ha favorecido la solidez del proyecto, el crecimiento institucional y el reconocimiento social de la labor que se realiza. Se ha creado en un club deportivo, llegando a convertirse en referentes del deporte municipal joven. En los últimos tres años han logrado metas importantes: Ser un vehículo ideal para la promoción de la persona. Dar impulso a valores positivos. Atraer a todo tipo de participantes especialmente jóvenes. Abrir la experiencia al público en general y no sólo a nuestros asociados. Unir la Asociación de Antiguos Alumnos con el entorno social, iniciando, de esta forma, contactos con otros colectivos sociales. Mantener unida y floreciente la Asociación de Antiguos Alumnos de Málaga. Ofrecer una alternativa positiva. Fomentar la participación e involucrar a los familiares de los destinatarios. Tener especial atención a los más desfavorecidos. Transmitir a través del deporte los valores evangélicos y salesianos. El impacto social de la Plataforma Deportiva es visible. El proyecto involucra a unos 180 jóvenes y con sus respectivas familias. Además, se ha creado un modelo educativo a través del deporte que atrae y gusta a los niños, adolescentes y jóvenes. Los Antiguos Alumnos malagueños se han comprometido en la consolidación de una iniciativa que está aportando mucho bien a la Asociación manteniéndoles unidos y sólidos. Además, han descubierto en el deporte una herramienta de trabajo muy útil en el mundo juvenil y con una gran capacidad de convocatoria753. b) Centro de atención y compensación socioeducativa (CACE), Puertollano El proyecto CACE beneficia alrededor de 40 chicos y chicas. Los Antiguos Alumnos y Alumnas implicados desde hace 5 años. Los Antiguos Alumnos se responsabilizan de la captación de recursos económicos y participan como voluntarios. Actualmente se cuenta con 6 753 Las informaciones fueron ofrecidas por el Sr. Diego Aragón Yuste, ex Presidente de la Asociación de Antiguos Alumnos de Málaga. 271 voluntarios que colaboran con el Proyecto 2 horas semanales. Los voluntarios ayudan a los chicos con el apoyo educativo, técnicas de estudio, y forman parte su evaluación. El CACE ofrece un servicio cualificado de Educación en el tiempo libre y actividades culturales para la inserción social del joven como persona madura. Además brinda los medios para integrar a la infancia en situaciones de marginación, en una sociedad democrática, promoviendo el trabajo en equipo, la coeducación y las relaciones interpersonales. Por último ayuda a los Centros Educativos a la promoción integral de los niños/as. Mantiene relaciones con otras Entidades para producir un intercambio de inquietudes y de experiencias, y conseguir objetivos comunes. La intervención se hace en diferentes áreas: familiar; Datos personales, relaciones, intereses y expectativas, conducta en casa y en la escuela. escolar; refuerzo escolar, técnicas de estudio, seguimiento, autoevaluación. de ocio y tiempo libre; actividades lúdicas, participación e integración en el grupo, deportes alternativos. transversal de salud; actividades relacionadas con la cultura y el deporte, alimentación, consecuencia al consumo de sustancias perjudiciales, fomentar el sentido crítico. tutorial; acogida y diagnóstico, elaboración de programa individual, entrevista con el menor, elaboración de contrato pedagógico, reunión semanal, autoevaluación. Los destinatarios llegan al CACE por medio de los Orientadores de los distintos Centros Escolares de la zona, Comisiones de Absentismo, Centros de Servicios Sociales de zona, Centro de Atención a la Familia y Adolescencia, entre otros. Los destinatarios son preadolescentes y adolescentes entre 6 a 12 años, que cursan la Educación Primaria. Son destinatarios que presentan un perfil específico: problemas de adaptación al sistema escolar: Su rendimiento académico no es acorde con sus potenciales, no obtiene positivas certificaciones académicas, posee desfase curricular; no consigue habilidades escolares básicas; falta de hábito de estudio o desinterés; absentismo y abandono, hiperactividad no favorecedora de normas y límites, ausencia de expectativas en la vida y baja autoestima, sin habilidades sociales, no logran un estado de equilibrio afectivo, indicador de una adecuada salud mental. En el ámbito familiar se percibe: una desatención de aspectos afectivos, que imposibilitan el desarrollo personal; que pasan mucho tiempo solos en casa; espacio reducido en la vivienda y la consiguiente falta de intimidad; bajos ingresos económicos; de origen extranjero, con dificultades en el idioma; actitudes contradictorias con respecto a ciertos consumos y conductas adictivas. El Proyecto CACE se lleva a cabo de lunes a jueves de 16:00 a 20:00 horas. Las entrevistas con los padres y la coordinación del mismo se realizarán de lunes a viernes de 16:00 a 16:30 horas. 272 El trabajo con los chicos está ubicado de 16:30 a 20:00 horas. Dedicando la primera hora a la realización de tareas y la segunda al repaso se actividades excepto los miércoles y jueves que se desarrollarán talleres. Los viernes se realizarán informes y revisión. Y de manera quincenal se lleva cabo el taller de lectura en la escuela de padres. Las actividades que se realizan con los chicos son: Taller de apoyo al estudio. Taller de técnicas de estudio. Actividades lúdicas. Actividades de resolución de conflictos. Acompañamiento personal. Desarrollo de autoestima y autoconcepto. Taller de animación y fomento a la lectura. Acción tutorial. Reuniones de evaluación. Elaboración de materiales. Reuniones de programación de actividades y formaciones Escuelas de Padres. Bajo nivel cultural. En el ámbito social se persigue dar apoyo ante la: Dificultad en entablar relaciones sanas y duraderas. Relación con grupos de iguales de alto riesgo. Facilidad para tener un contacto temprano con el mundo de las drogas Un aspecto a destacar de este proyecto CACE: es una apuesta de la “Federación de Centros Juveniles Valdocco”, en la que participan los salesianos de la Inspectoría de Madrid, por lo que es un buen ejemplo de cooperación entre Antiguos Alumnos y Pastoral Juvenil Salesiana. c) Coro de Astudillo y la Escuela de costaleros de Don Bosco de Montilla Los Antiguos Alumnos de Astudillo han formado un coro/rondalla que anima la liturgia dominical. Además, ofrece recitales en pueblos cercanos. Todos los domingos presentan películas a los oratorianos. Los Antiguos Alumnos de Montilla tienen una cuadrilla de 40 jóvenes costaleros con diez años de existencia. De este grupo han nacido muchos de los costaleros de la ciudad. Se busca promocionar la cultura cofrade y cristiana entre los jóvenes. La actividad recobra su máximo esplendor en torno a la fiesta de Corpus Christi. El logro de los tres últimos años ha sido tener el propio paso, echo a la medida de los jóvenes. Lo que les ha permitido mayor protagonismo y libertad de actuación. Los Antiguos Alumnos de Montilla han formado el equipo de mando de la cuadrilla de costaleros, meta fundamental para el buen funcionamiento de la actividad. La próxima meta es terminar la talla del paso y seguir realizando la actividad el día de Corpus Christi con la alegría y entusiasmo típico de los hijos de don Bosco754. 754 Los datos fueron ofrecidos por Javier Marqués, Presidente Regional Joven de Sevilla y José Ángel Valle. 273 4. Conclusión El amor profesado por los Antiguos Alumnos a don Bosco y la respuesta paterna del santo, ha hecho posible el nacimiento de la Asociación de Antiguos Alumnos. El amor manifestado a través de la cercanía, la comprensión, la escucha, la solidaridad, la amistad y el espíritu de familia ha generado un profundo sentido de agradecimiento a quien supo responder con la propuesta adecuada y en el momento adecuado: “una casa que acoge, [una] parroquia que evangeliza, [una] escuela que encamina hacia la vida, y [un] patio donde encontrarse como amigos y pasarla bien”755. El Antiguo Alumno para ser fiel a su identidad, ha de estar continuamente remitiéndose a don Bosco, es decir, volver a don Bosco para conocerlo, amarlo, imitarlo e invocarlo. Sin lugar a dudas que la Asociación de Antiguos Alumnos debe mucho a los Rectores Mayores que se han sucedido en el devenir de los años y a los Delegados nombrados por estos, pero sobre todo, al genio organizativo y visionario del Beato Felipe Rinaldi. La organización actual de la Asociación se debe a él. El amor, afecto y dedicación del Beato Rinaldi por los laicos y sobre todo por los Antiguos Alumnos ha de ser reproducido por cada uno de los salesianos y de los Antiguos Alumnos. Los mejores esfuerzos de los salesianos y de los Antiguos Alumnos han de dirigirse a potenciar la Unión local. Es allí donde el Antiguo Alumno crece en identidad, asegura su formación, se le motiva a vivir su vocación laical comprometida apostólica, social y eclesialmente. La Unión Local crece y se fortalece en la medida que se confronta con la realidad social y eclesial. En la medida que toma conciencia de que está llamada a dar vida a la Federación o a la Confederación Nacional o Inspectorial y a la Confederación Mundial dando cumplimiento a cuanto establece el Estatuto en los diversos niveles. Pero también, la Unión Local está llamada a dar cumplimiento a la exhortación hecha a los Antiguos Alumnos por el mismo don Bosco: “Mantenerse unidos y ayudarse, preocupándose no sólo de reforzar la organización y el funcionamiento de la Asociación, sino también de la ayuda mutua personal en las necesidades y, sobre todo, de un contacto benéfico con antiguos compañeros que se han alejado por mil motivos diferentes”756. El título de la “educación recibida” no es algo superficial que se superpone artificialmente como el dorado de un metal. Se trata de una realidad vital de gratitud, de comunión de propósitos a la luz del proyecto educativo vivido, con nuevas experiencias de vida, de trabajo, de estudio y de perspectivas personales y sociales. La naturaleza y la actividad de la Asociación se vinculan íntimamente a este título de pertenencia. Debe saber percibir su amplitud de horizontes sin confundirse ni con la Asociación de Salesianos Cooperadores ni con cualquier asociación autónoma, tergiversando su identidad. El Estatuto de la Confederación Mundial establece con claridad cuál es la finalidad y los objetivos de la Asociación. La Unión Local está llamada tener presente en sus ejecutorias tales compromisos. 755 756 Constituciones de los Salesianos de don Bosco, art. 40. E. Viganò, Circular del Rector Mayor a los salesianos sobre los Exalumnos de don Bosco, p. 30. 274 Los miembros de la Unión Local están llamada a: vivir el compromiso social, político y económico; defender los valores de la vida, la libertad y la verdad; vivir un estilo de vida apostólicamente comprometido; expresar y desarrollar la semilla de la “educción recibida”, es decir, a realizar su misión con competencia profesional, con conciencia moral, con compromiso social757. La promoción de la educación tanto para los miembros de la Unión Local, como para los jóvenes en general ha de constituirse en un objetivo central. Sobre todo, hay que “estar presentes como expertos en las esferas en que se desarrollan las políticas educativas de la juventud”758. Significa que la implicación del Antiguo Alumno en la misión juvenil salesiana es una cuestión de imperativo categórico que tiene sus raíces en la “educación recibida”. La celebración del Bicentenario del nacimiento de don Bosco en el 2015 podría convertirse en una estupenda ocasión para impulsar nuevos proyectos en la misión juvenil salesiana. Si en alguna ocasión los salesianos en su proceso de reajuste de casas le ofrecieran la administración y dirección de una obra, no tengan reparo en aceptarla como Federación o Confederación. Las buenas prácticas de la “Plataforma Deportiva salesiana de Málaga” y del “Centro de atención y Compensación Socioeducativa” (CACE) de Puertollano han de multiplicarse en toda España. La Plataforma Deportiva ofrece el recurso del deporte como medio para educar, desarrollar y disciplinar la persona. El CACE es una propuesta más amplia que tiene presente la familia, la escuela, el tiempo libre, la salud, la inserción y el acompañamiento del adolescente. La amplitud de acción pastoral a favor de los jóvenes es grande, por ejemplo: Se podrían incrementar proyectos precisos y duraderos al servicio de los jóvenes más necesitados. Implicar a los jóvenes en dificultad para que sean protagonistas de su desarrollo y se comprometan en el ámbito socio-político para combatir el asistencialismo. Establecer un trabajo de red para combatir la injusticia y sus causas. Invertir energías, recursos humanos y económicos a favor de la familia. Educar para un uso responsable de los media. Ir al encuentro de los emigrantes. En fin, hay que calentar el corazón de los Antiguos Alumnos y de las Uniones Locales y llenarlos de la pasión de don Bosco para inyectar alegría y encanto a sus miembros. Hay que ayudar a profundizar las motivaciones y a reforzar las convicciones. 757 758 Cfr. Estatuto de la Confederación Mundial de los Exalumnos y Exalumnas de don Bosco. Textos aprobados “ad experimentum”, 24 de junio de 2011, art. 3. Estatuto de la Confederación Mundial, art. 4, d. 275 276 Missione degli Exallievi Come avvicinare l’Associazione degli Ex Allievi di Don Bosco agli associati: proposte per un nuovo tempo Compromiso social, político, económico y religioso del Antiguo Alumno de don Bosco: una misión Identity and social, political, economic and religious commitment of the Past Pupils of Don Bosco in Asia and Oceania Los Exalumnos/as de Don Bosco a la luz del Capitulo General (CG) 26 “L’Exallievo cristiano vive seriamente le promesse del Battesimo e della Cresima caratterizzandole con l’originale carisma di Don Bosco. Tale carisma si concretizza in uno stile di vita apostolicamente impegnato fondato su ragione, religione e amorevolezza, orientato ai giovani e coerente con la Gioia che consegue dall’essere discepolo di Cristo” (Statuto art. 3, a). “L’Exallievo di altre religioni partecipa agli ideali di Don Bosco, condivide i valori educativi culturali, spirituali e sociali del suo Sistema Educativo e li riconosce come patrimonio comune della famiglia umana. Si fa dispensatore di questi valori nei suoi ambienti di vita e di lavoro, e li sostiene anche con quanto suggerisce la sua religione e cultura” (Statuto art. 2, c) 277 278 Come avvicinare l’Associazione degli Ex Allievi di Don Bosco agli associati: proposte per un nuovo tempo Introduzione Il ‘come’ è sempre stato un passaggio fondamentale in ogni processo, ma non sempre è facile realizzarlo. Le ragioni sono diverse, tra cui: la difficoltà di una formula o una proposta che possa rispondere ai molteplici contesti culturali e sociali di una stessa regione, di uno stesso paese e tra gli stessi continenti; esige livelli maggiori di riflessione e confronto; non sempre le persone sono disponibili ai cambi di paradigmi, ad abbandonare le situazioni di sicurezza per affrontare l’incertezza dell’inaspettato, ad intraprendere nuovi cammini e assumere nuove visioni. L’essere umano sempre si è comportato ‘ritualmente’, fino al punto che non risulterà esagerato affermare che il rito è un elemento costitutivo dell’esistenza umana. Alle persone risulta più comodo seguire riti e formule per semplificare la vita. I riti favoriscono la precisione, la sicurezza e il confort ma non sempre assicurano la novità e la freschezza di proposte attraenti nelle organizzazioni. Questo è ancor più certo quando ci riferiamo ad istituzioni o gruppi con strutture organizzative molto consolidate nel tempo. Le attuazioni rituali dei membri di una associazione potrebbero rendere pesante la sua struttura generando l’abbandono di un numero significativo dei suoi membri. La conseguenza logica del “comportamento disertore” è proprio l’indebolimento numerico delle istituzioni e dei gruppi. I riti istituzionali sono necessari nella misura in cui servono all’uomo per gestire la propria vita, le relazioni con gli altri, incluso quella con l’Assoluto stesso. L’inflessibilità dei riti istituzionali fa perdere la creatività e la novità che danno vita alla vita. La chiave risiede nel saper coniugare il rito e la flessibilità senza cadere nella superficialità. L’essere umano è dinamismo e l’inflessibilità dei riti non deve compromettere questo dinamismo all’apertura, ai cambi e ai nuovi tempi. Indubbiamente la sfida è grande. C’è bisogno di strutture flessibili, organizzazioni attrattive, missione chiara, ma soprattutto di una leadership che analizza se stessa e fa delle scelte precise per assicurare una nuova primavera alle Associazioni degli Ex Alunni di Don Bosco. La situazione attuale richiede nuove competenze, nuove risorse e nuovi processi per rendere più dinamica la Associazione degli Ex Allievi. Penso che la dinamica di rinnovamento dell’Associazione degli Ex Allievi debba iniziare dai propri leader. Un’istituzione, un’associazione o un’impresa non può crescere fino a quando non crescono i propri leader. Un’istituzione, un’associazione non può aumentare la sua significatività, la sua incidenza nella società e nella Chiesa come tale, ma i suoi membri lo possono fare! Le risorse umane sono il capitale più importante e valido di ogni istituzione. I sistemi diventano obsoleti. Gli edifici si deteriorano. I macchinari si guastano... ma le persone possono crescere, 279 svilupparsi ed arrivare ad essere più efficienti se hanno come riferimento un leader che capisca il loro potenziale valore. Se aspiriamo a rafforzare, ringiovanire e rilanciare l’Associazione degli Ex Allievi bisogna investire nella formazione di leaders affinché possano comprendere la realtà delle persone e delle istituzioni. La forza di qualsiasi organizzazione o associazione è il risultato della forza diretta dei propri leaders. Leaders deboli sono sinonimo di organizzazioni deboli. Leaders brillanti fanno organizzazioni brillanti. Tutto cresce o decade come conseguenza della leadership. Saranno i buoni leaders coloro che renderanno attrattiva l’associazione e l’avvicineranno agli associati. La struttura potrà aiutare la crescita, ma non darla. Le grandi organizzazioni potranno avere leaders brillanti e leaders non buoni. La struttura può essere la differenza tra una buona e scadente associazione. Ma, senza ombra di dubbio, la differenza tra una buona e una brillante associazione è la leadership759. Un leader brillante crea un gruppo brillante, persone con capacità uguali o maggiori alle sue. La questione del leader e del suo gruppo non sarà presa in considerazione in questa relazione per mancanza di tempo e spazio. È un tema sul quale, per la sua importanza, bisognerebbe soffermarsi ed affrontare in profondità. La più grande gioia del leader è quella di preparare il miglior gruppo di leaders. Il presente lavoro è suddiviso in tre grandi parti. La prima presenta in modo generale l’identità e la missione dell’Associazione. Nella seconda si afferma che avvicinare e coinvolgere persone all’Associazione è un compito dei suoi leaders. Nella terza, offre strategie per avvicinare i leaders dell’Associazione ai suoi membri. I. Associazione degli Ex Allievi: gratitudine e senso di appartenenza Avvicinare l’Associazione degli Ex Allievi agli associati richiede, tra altre cose, che i suoi leaders la conoscano bene e la facciano conoscere, ma soprattutto, comprendano che è una associazione che unisce i suoi membri con legami molto speciali ed esprime la gratitudine per ‘l’educazione ricevuta’. In generale, le associazioni offrono ai loro associati beni o servizi materiali o spirituali. Nel caso dell’Associazione degli Ex Allievi tutto dipende dal valore della riconoscenza. Se nella casa salesiana non si è educato a questo valore e gli allievi non hanno visto nella ‘educazione ricevuta’ un dono di Don Bosco per loro, difficilmente maturerà il valore della gratitudine in loro. Il fatto che i genitori paghino mensilmente o annualmente la retta di iscrizione dei figli fa pensare all’educazione come un servizio che si compra e finisce. Tutto dipende dalla relazione che stabiliscono gli educatori con gli allievi. Se si è riusciti a creare una relazione vicina, amichevole, familiare e paterna con la famiglia e con l’educando, quest’ultimo sentirà la casa salesiana come la sua casa e maturerà tali relazioni. Se invece nella relazione educandoeducatore si continua il cammino della burocrazia, delle relazioni fredde, distanti ed indifferenti, sarà difficile poi coinvolgere l’alunno nell’Associazione. Il risultato sarà uno o due dei quattro tipi di appartenenza all’Associazione che saranno presentati in seguito. 759 J. C. Maxwell, Desarrolle los líderes que están alrededor de usted. Como ayudar a otros a alcanzar su máximo potencial, San Pablo, Colombia 2008, pp. 6-14. 280 1. L’Associazione degli Ex Allievi di Don Bosco Il movimento degli Ex Allievi nacque spontaneamente, non fu programmato da Don Bosco, fu un movimento che nacque dalla base. Da loro sorse, loro lo portarono avanti, loro programmarono gli ambiti per la sua realizzazione. Non era un gruppo istituzionalizzato, né diretto dall’alto e non si muoveva secondo alcune esigenze programmate; non aveva pratiche pie, ne riunioni di formazione. L’unico elemento che li univa era l’affetto riconoscente verso Don Bosco, il loro desiderio di vederlo e di ascoltare le sue parole incoraggianti e di aiuto. Come effetto di questa persuasione lui affidava loro il compito di essere portatori della sua paternità, fisica o spirituale, la missione educativa e il metodo preventivo del quale loro stessi avevano beneficiato. Agli Ex Allievi laici raccomandava non solo di mostrarsi sempre e in ogni luogo “buoni cristiani e uomini d’onore”, ma se erano padri di famiglia, condividere con i propri figli l’educazione ricevuta all’Oratorio: “Siamo salesiani, e come tali dimentichiamo tutto, perdoniamo tutti, faremo tutto il bene che possiamo e male a nessuno”; mostrarsi “buoni Salesiani, veri figli di Don Bosco, il cui desiderio più grande è riempire il Cielo di anime e svuotare l’inferno, se mi fosse concesso”; “dall’educazione che avete ricevuto da Don Bosco e nell’oratorio, fate in modo che partecipino i vostri cari”760. A loro presentava anche le possibilità di uno specifico inserimento sociale. “Alcuni – disse loro durante l’incontro della domenica 23 luglio del 1882 – hanno suggerito di far rinascere in mezzo a voi la nostra antica Società del Mutuo soccorso”. Nelle parole di don Bosco troviamo già chiari gli elementi essenziali di come voleva fossero gli ex-allievi: fedeltà ai principi che avevano imparato all’Oratorio; riprodurre nella vita personale, familiare e professionale il sistema preventivo con cui erano stati educati; lavorare per la salvezza delle anime, specialmente della gioventù; mantenere viva la dimensione sociale con il mutuo aiuto. L’ Associazione degli Ex-Allievi di Don Bosco è il monumento di ringraziamento al Padre per “l’educazione ricevuta”. La fedeltà a Don Bosco rimarrà dimostrata nella misura in cui si vivranno e trasmetteranno i valori ricevuti e si farà propria la missione salesiana. La gratitudine dell’Ex Allievo non è una semplice emozione passeggera. 2. La ragione di essere degli Ex Allievi Le origini ci indicano che la ragione di essere parte dell’Associazione degli Ex Allievi è il risultato della convergenza di due amori: l’amore di un buon padre, Don Bosco, verso i suoi figli, i suoi alunni e l’amore dei figli verso colui che era per loro un vero padre. I due amori si relazionano reciprocamente: perché Don Bosco fu un buon padre, i suoi alunni gli risposero con l’affetto e la gratitudine è l’autentico bene che i buoni figli sentono verso il loro padre. La gratitudine riconoscente si trova alla base dell’essere degli Ex Allievi. Questo motivo di gratitudine rimarrà sempre, anche se nel contesto educativo di oggi, in molti casi. Ha cambiato modalità. Ai tempi di Don Bosco gli allievi dell’Oratorio ricevevano tutto nella Casa-Oratorio di Don Bosco: vitto, alloggio, educazione, formazione umana e spirituale. Gli allievi erano riconoscenti perché senza Don Bosco non sarebbero stati nulla e grazie a lui erano riusciti ad essere qualcuno nella vita. 760 La gratitudine filiale a lieta mensa colla bontà paterna. Bollettino Salesiano italiano (1880) 9, settembre, 11. 281 Allora quali motivi si trovano alla base della gratitudine degli Ex Allievi verso gli educatori della Casa salesiana in cui hanno ricevuto educazione e formazione? Ripensando i primi tempi, troviamo alcuni motivi importanti: la figura di Don Bosco, il suo Sistema educativo e i valori umani e cristiani “dell’educazione ricevuta” in un ambiente accogliente e familiare. Gli Ex allievi non si aggregarono solo per un sentimento affettivo, per un sentimento nostalgico verso Don Bosco, ma riconobbero, apprezzarono e desiderarono riaffermare i principi fondamentali dell’educazione che avevano ricevuto nell’Oratorio e che avevano segnato profondamente la loro forma di essere e di capire la vita e li avevano aiutati a diventare adulti e coscienti, “buoni cristiani e onesti cittadini”. 3. La gratitudine degli Ex allievi coinvolge il pensiero, l’affetto e l’azione. Don Bosco offrì ai suoi ragazzi “una casa che accoglieva, una parrocchia che evangelizzava, una scuola che preparava alla vita e un cortile in cui incontrarsi come amici e stare bene”761. In altre parole, il santo torinese offrì un tipo di educazione che formava e trasformava tutta la persona dell’allievo. Questo dono risvegliò nei ragazzi un grande e profondo senso di gratitudine verso di lui. Gli Ex Allievi in questo movimento di gratitudine verso Don Bosco, si sentirono mossi da tre aspetti fondamentali: il pensiero, l’affetto e l’azione. Ovvero, tutta la loro personalità era rivolta verso colui che aveva voluto bene, educato e fatto di loro uomini di bene. Senza Don Bosco non sarebbero potuti arrivare dove arrivarono e questo fece nascere in loro atteggiamenti di riconoscenza e profondo amore. Di conseguenza, siccome gli Ex Allievi non sono persone smemorate, sono in grado di attribuire onore tanti anni dopo la sua morte a colui che li aiutò ad essere persone di bene: “buoni cristiani ed onesti cittadini”. Oltre a questo, i ragazzi si rendono conto che il dono a loro offerto da Don Bosco è accompagnato dal disinteresse e dall’altruismo. Don Bosco è la persona che pensa, ama, teme e aspetta; parla, agisce e si sacrifica per i figli che il cielo gli ha dato. L’Associazione degli Ex Allievi è il monumento vivente di ringraziamento dei figli al Padre, che ha donato tutta la sua persona e la sua vita per loro. Questo monumento sarà sempre più vivo nella misura che gli Ex Allievi si impegneranno nella società, nella Chiesa e nella Famiglia Salesiana a portare avanti la missione educativa di Don Bosco. La gratitudine degli Ex Allievi a Don Bosco deve tradursi in un lavoro rinnovato e carico di impegno dentro la realtà umana nell’ambito sociale, politico, economico ed ecclesiale. È la modalità con cui il pensiero, l’affetto e le azioni possono convertirsi in una realtà visibile di riconoscenza. La gratitudine non sarà così solo un sentimento effimero che lascia qualche traccia, ma una decisione che si converte in progetto e missione di vita. 4. Gratitudine e modi di appartenenza all’Associazione I quattro tipi di appartenenza degli Ex Allievi di Don Bosco definiti dallo Statuto all’art. 1b, sono direttamente relazionati alla gratitudine. I primi due tipi: “un fatto di vita” e “una grazia”: questi rimangono a livello di sentimenti, di ricordi e non richiedono una responsabilità reale nella missione di Don Bosco. Gli altri due sono: “una scelta, una missione” e “un progetto di vita” e fanno riferimento ad una realtà più profonda, di responsabilità che coinvolge il pensiero, l’affetto e l’azione. Riguardano le attitudini. Questi Ex Allievi bisogna seguirli e formarli come 761 Constituciones de la Sociedad de San Francisco de Sales, art. 40. 282 conviene, gli altri si seguono, si vuole loro bene e si accompagnano nella misura in cui lo consentano. La gratitudine è un valore che conviene coltivare durante il processo educativo perché è parte essenziale dei valori del Sistema Preventivo di Don Bosco. Il suo Sistema educativo presenta la gratitudine come un valore da coltivare e vivere in relazione agli altri, soprattutto con Dio. J. G. González762 sottolinea che i motivi che sono alla base della gratitudine degli Ex Allievi verso i loro educatori nella casa salesiana, nella quale hanno ricevuto educazione, possono essere sempre espressi, proprio guardando la storia degli inizi, ai tempi di Don Bosco, in cui troviamo alcune ragioni importanti e sempre attuali: “la figura di Don Bosco, il suo sistema educativo, i valori umani e cristiani dell’educazione ricevuta in un ambiente accogliente e familiare. Gli Ex Allievi non si riunivano solamente per un sentimento affettivo, per un sentimento nostalgico verso Don Bosco, ma riconoscevano, apprezzavano e desideravano riaffermare i principi fondamentali dell’educazione che avevano ricevuto nell’Oratorio e che avevano segnato in profondità il loro modo di essere e di comprendere la vita e li aveva aiutati a diventare persone adulte e coscienti, “buoni cristiani e onesti cittadini”. Questi momenti di incontro servivano loro come un ulteriore momento di ricarica. Dobbiamo certo riconoscere anche che la gratitudine che si vive e si sperimenta come regalo dell’educazione ricevuta, è molto diversa da una persona all’altra. Esistono elementi esterni alla persona che possono influenzare la solidità della gratitudine mentre si è alunni o si rimane della Casa Salesiana, come per esempio se l’alunno è stato obbligato dalla famiglia a frequentare un centro educativo salesiano. E` necessario capire che essere Ex Allievi inizia nel preciso momento in cui si entra nella Casa Salesiana, ed il compito principale degli educatori dei centri educativi salesiani è quello di lavorare già in questa direzione facendo sì che l’ambiente sia sempre favorevole e trasmetta quei valori che poi saranno alla base di una formazione completa, di modo che quando il giovane avrà completato il suo percorso formativo si porterà dentro sempre come atteggiamento profondo, un grande affetto verso i salesiani, verso i professori, assistenti, catechiste , missionari e missionarie. È necessario che l’allievo, dopo aver lasciato il centro salesiano, senta una forte attrazione per questo, comprenda l’onore di aver frequentato l’aula, l’oratorio, la chiesa, i cortili salesiani; capisca che essere Ex Allievo di Don Bosco è molto diverso che essere ex allievo di qualsiasi altro centro educativo religioso, giacché l’Ex Allievo di Don Bosco si converte in membro della Famiglia Salesiana. Il giovane deve lasciare il centro educativo con la predisposizione a diventare un Ex Allievo attivo e convinto dallo stesso momento in cui lascia definitivamente l’opera salesiana. Così la gratitudine sarà la miglior prova di una educazione ben ottenuta. Dicevano gli Ex Allievi di Valdocco riferendosi a Don Bosco: “fu per noi esempio di vera amabilità cristiana e nel suo governo con noi evitò il formalismo artificiale, il rigorismo, che crea grande distanza tra chi comanda e chi obbedisce”. “Amante ed espansivo lui esercitava 762 Jesús Graciliano González, “El Antiguo Alumnos en la mente de don Bosco y de don Rinaldi. Proyección en el momento actual”; ponencia presentada por el autor en la “X Escuela para los Delegados de los Exalumnos”, Escorial, Madrid, 26 julio 2012. 283 l’autorità ispirando rispetto, confidenza ed amore”. Sono gli aspetti che assicurano e formano la persona riconoscente per l’educazione ricevuta. Tutto questo indica che abbiamo il bisogno di curare – fin da piccoli –nella famiglia, la scuola, nei vari ambiti sociali, il germe del “fiore della gratitudine”, estirpando l’indifferenza, l’arroganza, l’ingratitudine e togliendo la pietra della durezza del cuore. È così che si avvicina l’Associazione degli Ex Allievi, diventando leaders come lo fu don Bosco. Gli Ex Allievi associati in tutto questo, quale ruolo hanno? Quale ruolo voleva Don Bosco per gli Ex Allievi? Sicuramente non la nostalgia e il semplice ricordo sterile. Piuttosto la chiamata specifica nella Famiglia Salesiana, nella Chiesa e nella Società. E’ questa la testimonianza attiva e responsabile. La gratitudine dà senso al nostro passato, porta pace al presente e crea una visione per il domani. II. Avvicinare e coinvolgere persone ad una istituzione è compito dei loro leaders Quando la crescita delle persone si ferma, anche la sua capacità di guidare si ferma. Non possiamo essere un modello di ciò che non possediamo. Ciò che assicura la crescita delle persone è la formazione. L'Associazione deve trovare e formare i suoi leader. Formare è emergere il meglio dalle persone. I grandi leaders conoscono i desideri di coloro che guidano. Inoltre, ai seguaci non importa quanto sanno i loro leader, ma quanto si preoccupano per i loro bisogni, sogni e desideri. 1. Cerchi il leader nell'interiore dell'individuo Non c'è futuro in nessun lavoro. Il futuro è in chi fa il lavoro. Ci vuole un leader con la capacità di vedere il futuro leader all'interno della persona. A Michelangelo, gli è stato chiesto al riguardo del suo capolavoro David, ha detto che la scultura era sempre stato all'interno della pietra. Lui semplicemente aveva rimosso i pezzi avanzati. I leaders devono avere la stessa visione, quando osservano potenziali nuovi possibili leaders. Alcune della caratteristiche che si devono cercare in un leader: a) Positività: Possibilità di visualizzare e lavorare con persone e situazioni in modo positivo. b) Disponibilità a servire: Buona disposizione di sottoporsi, di fare le cose insieme e seguire il leader. c) Crescita Potenziale: Voglia di crescita e di sviluppo; capacità di continuare a crescere nella misura in cui come il lavoro si estende. d) Costanza: Determinazione per concludere completamente e con decisione ciò che si avvia. e) Fedeltà: Disponibilità per mettere il leader e l'organizzazione sopra i desideri personali. f) Capacità: Determinazione di darsi da fare quando aumentano i problemi. g) Integrità: veracità e fortezza di carattere, sia nel modo di parlare, come di essere e di fare. h) Visione di insieme: La capacità di visualizzare l'organizzazione e tutti i suoi bisogni. i) Disciplina: La buona volontà di attuare ciò che viene richiesto, anche se non è di buon umore. j) Gratitudine: Atteggiamento di gratitudine che diventa stile di vita. . Alla ricerca di queste caratteristiche in una persona, il leader dovrebbe emulare i cercatori d’oro: hanno un occhio su potenziali miniere d'oro. Ogni montagna è un'opportunità di ricchezza. 284 Quando trovano tracce del minerale, suppongono di aver trovato una vena e iniziano a scavare763. Va riconosciuto che la persona più difficile da condurre è il leader stesso. Concentrarci su noi stessi per analizzare il proprio comportamento e cambiare, non è sempre facile, ma è essenziale. Chi non sa guidare se stesso non può guidare gli altri. Il Vangelo così dichiara: "Quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso764". 2. La persona più difficile da dirigere sei te stesso La sfida più difficile che ha dovuto affrontare nel ruolo di leader è “Dirigere se stesso!”. È fondamentale che il leader conosca se stesso. Questo viene nominato leadership personale perché richiede decisioni. La natura umana sembra implicare la capacità di giudicare tutti, tranne noi stessi. Cioè, non vediamo noi stessi come vediamo gli altri. Per questo motivo “la prima persone da esaminare siamo noi stessi”. Quando un leader no vede a se stesso realisticamente, non capirà mai quali sono i suoi punto deboli. E Se non sei in grado di vederli, non potrai dirigere efficacemente te stesso. La maggior parte elle persone usa due parametri completamente diversi per giudicare se stessi e gli altri. Noi tendiamo a giudicare gli altri in base alle loro azioni. È assolutamente normale. Peccato che giudichiamo noi stessi in base alle nostre intenzioni. a) Strategie per dirigere se stessi La verità è che per avere successo in qualunque iniziativa, dobbiamo imparare a cavarcela da soli. Ciò vale per i leader come per chiunque altro. Di seguito si propongono alcune regole che favoriranno la persona a dirigere se stessa. Inoltre la persona sarà in grado di guidare altri e allo stesso tempo avvicinare gli associati all’Associazione degli Exallivi di Don Bosco. Imparate a seguire Il vescovo, statunitensi della Diocesi di Rochester, Fulton Sheen (1895-1979) ha detto: “la civiltà è sempre in pericolo quando si dà il diritto di comandare a colore che non hanno mai imparato a obbedire”. Solo un leader che è stato capace di “seguire” è in grado di dirigere adeguatamente gli altri. La leadership efficace richiede la comprensione del mondo in cui vivono i sottoposti. Si può entrare in sintonia con i collaboratori perché sei stato nei loro panni. Sai che cosa significa dover sottostare a qualcun altro, e quindi capire meglio come andrebbe esercitata l’autorità. I leader che invece non sono mai stati bravi a “seguire” o che non si sono mai dovuti sottomettere all’autorità altrui tendono a essere altezzosi, irrealistici, rigidi, disumani e dispotici. Se queste parole descrivono il tuo stile di leadership, sei chiamato a fare un esame di coscienza. I leader arroganti non sono quasi mai efficaci nel lungo termine. Si alienano le simpatie di collaboratori, colleghi e capi. Imparare a sottostare alla leadership di un’altra persona, e 763 764 J. C. Maxwell, Desarrolle los líderes que están alrededor de usted, pp. 21-22. Mt 15, 14; Lc 6, 39. 285 diventerai leader più umile e più efficace. Gesù parlando ai dodici sul servizio disse loro: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti” 765. L'umiltà fa conoscere all'uomo se stesso e Dio. Essere umile vuol dire rendersi conto che non sei più importanti dagli altri. L’umiltà è agire secondo le proprie conoscenze, senza attirare l’attenzione. È dare quello che si deve dare, ma non per impressionare, ma per il semplice fatto di dare. Sviluppare l’autodisciplina Si racconta che un giorno Federico il Grande di Prussia, mentre passeggiava nei dintorni di Berlino, abbia incontrato un uomo molto anziano che avanzava in direzione opposta. “Chi sei tu? gli domandò il sovrano. “Sono un re”, rispose il vecchio. “Un re! rise Federico. “E su chi mai regneresti?”. “Su me stesso”, fu l’orgogliosa risposta. Ognuno di noi è il “re” della propria vita. Governiamo le nostre azioni e le nostre decisioni. Per prendere costantemente buone decisioni, per compiere ogni volta le giuste azioni, e per astenersi da quelle sbagliate, occorrono carattere e autodisciplina. Lo scrittore inglese John Foster766 nel suo saggio Decision of Character, scrive: “Un uomo senza carattere non appartiene mai a se stesso. Appartiene a chiunque possa farlo suo prigioniero”. Se siamo sciocchi, vogliamo conquistare il mondo. Se siamo saggi, vogliamo conquistare noi stessi. La conquista di noi stessi ha inizio quando facciamo ciò che dovremmo fare, ci piaccia o no. Siate pazienti I leader tendono a essere impazienti. Guardano avanti, pensano al futuro, e vogliono fare progressi. E questo può essere un bene. Stare un passo avanti fa di te un leader. Ma può anche essere un male. Stare cinquanta passi avanti potrebbe fare di voi un martire. Nella vita poche cose importanti si conquistano in fretta. Non esiste la grandezza istantanea o la maturità immediata. Siamo abituati ai fiocchi d’avena solubili, brodo istantaneo, circolato istantaneo, al caffè istantaneo, ai popcorn riscaldati nel microonde. Ma la leadership non si acquisisce da un giorno all’altro. I leader precotti non hanno capacità di resistenza. La leadership non è un prodotto preconfezionato. Ci vuole tempo, ma il risultato finale vale bene l’attesa. I leader dell’Associazione degli Exallievi devono essere consapevoli che il proposito di dirigere, di accompagnare non è tagliare per primi il traguardo. È tagliare il traguardo insieme ai propri collaboratori. È per questo che devono rallentare deliberatamente il passo, restare costantemente in sintonia con loro, coinvolgerli nella realizzarne la visione, e tenerli sempre motivati, in cammino. La lettera agli Ebrei parlando della promessa fatta ad Abramo dice: “Così Abramo, con la sua costanza, ottenne ciò che gli era stato promesso”767, Luca invita alla sua comunità a sperare con costanza, con perseveranza: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” 768. Soltanto coloro che hanno la pazienza necessaria saranno in grado di fare alla perfezione il banale, saranno in grado di acquisire l’abitudine di eseguire il difficile facilmente. 765 Mc, 9, 35. J. Foster, Decision of Character, Kessinger Publishing, Whitefish, MT, 2007. 767 Eb, 6,15. 768 Lc, 21,19. 766 286 Responsabilizzarsi (fare il rendiconto) Coloro che si sanno autogestire bene conoscono un segreto: non possono fidarsi di se stessi. I bravi leader sanno che il potere può essere seducente, e conoscono la propria fallibilità. Essere un leader e negare questa verità significa mettersi in pericolo. I leader che hanno avuto problemi nel corso degli anni con la etica hanno una cosa in comune Pensavano di essere al di sopra di una simile eventualità. Pensavano che erano incapaci di rovinare la propria vita e quella degli altri. La mancanza di responsabilità (rendere conto) nella nostra vita privata causerà certamente problemi nella nostra vita pubblica. È ogni volta più vero quanto dice il proverbio cinese: “Quando vedi un uomo buono, cerca di emularlo; quando vedi un uomo cattivo, esamina il tuo cuore”. Molti pensano che responsabilità significhi essere disposti a spiegare le proprie azioni. Credo che rendere conto con efficace comincia molto prima di agire. Inizia con il farsi consigliare dagli altri. La disponibilità a cercare e accettare consigli è un ottimo indice di responsabilizzazione, di rendere conto. Quasi tutte le azioni sbagliate derivano da una tardiva responsabilizzazione o un tardivo rendere conto alle persone. Le persone corrette sono uno scudo protettore contro il fallimento. In fine, Autogestirsi bene significa porsi su un livello di responsabilizzazione più elevato rispetto agli altri. Perché non sei responsabile solo delle tue azioni, ma anche di quelle dei tuoi collaboratori. La leadership è un incarico di fiducia, non un diritto. Per questo dobbiamo “emendarci”! prima degli altri. Dobbiamo sempre cercare di fare ciò che è giusto, indipendentemente dalla posizione che occupiamo e dal potere che abbiamo. Rendere conto è un indicatore di maturità spirituale. Quando Harry Truman salì alla presidenza dopo la morte di Franklin Roosevelt, Sam Rayburn769 gli diede un consiglio paterno: “D’ora in poi avrai intorno tantissime persone. Tenteranno di erigere un muro intorno a te e di isolarti da tutte le idee che non siano le loro. Ti diranno che sei un grande uomo. Ma tu e io sappiamo che non lo sei”. È un’esperienza dolorosa quando si chiede a un leader di rendere conto (responsabilizzarsi) quando ha commesso delle azioni sbagliate. Probabilmente perderà il posto. Ha già perso il rispetto. Se si fosse gestito efficacemente, l’intervento del consiglio non sarebbe stato necessario. Quando il leader non si auto esamina, i collaboratori non lo rispettano. L’ex presidente di IBM, Thomas J. Watson, ha detto: “nulla dimostra in modo così definitivo la capacità di un uomo di dirigere gli altri, quanto ciò che egli fa giorno dopo giorno per dirigere se stesso. Come è vero! Il più piccolo gruppo di persone che troverete mai a dirigere sei tu stesso, ma è quello più importante. Se lo fai bene, conquisterai il diritto a dirigere un numero di persone molto più grande”. Insomma, stiamo parlando di autenticità. Oggi non è così facile essere se stesso e, a volte, di “tanto vivere come non siamo, finiamo di essere ciò che viviamo”. 769 Influente leader del partito democratico che per ben diciassette anni rivestì la carica dei Speaker della Camera dei Rappresentati. 287 b) Esercizi per aiutare alla persona più difficile da dirigere, te stesso Con quanta chiarezza vedi te stesso? Esamina la tua performance dell’anno scorso. Elenca tutti gli obiettivi e i traguardi principali e accanto a ciascuno scrivi “raggiunto” o “non raggiunto”. Chiedi qualcuno che ti conosce e rispetta, e dirgli che stai valutando un candidato per una posizione vacante nell’Associazione mostrargli quell’elenco. Chiedigli che cosa ne pensa, in base ai successi e agli insuccessi di quel “candidato”. Quanto coincide la sua valutazione con la tua? In quali aspetti devi crescere? Autodisciplina, “capacità di seguire”, o pazienza. Quale nuovo compito o quale nuova attività puoi intraprendere per sviluppare quella capacità? Identifica e scrivi una meta da raggiungere: un anno, o posticipare la compera di qualcosa che hai deciso di avere. Programmare un corso di formazione permanente. Fare un’esperienza di volontariato. Che atteggiamenti hai nei confronti dei consigli? Ad ognuna delle seguenti affermazioni corrisponde un punteggio, coincidente con il numero che viene indicato dopo ogni affermazione. Non vuoi consigli (1). Non sei contrario a ricevere consigli (2). Accetti volentieri consigli (3). Ricerchi attivamente consigli (4). Segui spesso i consigli che ti vengono dati (5). Fai la media dei punti. Se è inferiore a 4, devi migliorare in questo aspetto. Cominci a coinvolgere altre persone nel processo di raccolta delle informazioni che precede le decisioni. Se sei sposato comincia dal coniuge. Uno degli obiettivi importanti che i leader nel suo agire devono coltivate è sempre quello di essere persone con "Autoritas", cioè con l'autorità morale e questo si ottiene con l'integrità di vita. La "potestas" del leader gli viene conferita dall’esercizio delle funzioni della carica per cui è stato nominato. 3. La leadership tra interesse personale e interesse di gruppo Nell’antica Roma si distingueva tra “autoritas” e “potestas”. L'"auctoritas" era una forma di legittimazione sociale che procedeva dal sapere, dalla validità, dalla capacità morale di emettere opinioni qualificate che venivano valorizzate per la comunità. Anche se giuridicamente non avevano forza legale vincolante, ma la forza morale era innegabile. 288 La "potestas" al contrario, faceva riferimento alla capacità legale di prendere decisioni; alla carica, alla leadership formale, per capirci. L’ideale è che “auctoritas” e “potestas” siano due caratteristiche della leadership. Ma nella quotidianità costatiamo che si presentano come due forme diverse di leadership. La leadership basata nella “potestas”: Ciò che è rilevante per questo stile di leadership è l’incarico, la leadership formale e il principio di gerarchia. I leader che esercitano questo tipo di leadership basano la loro legittimità sui suoi poteri coercitivi, o nel concedere benefici e privilegi. Ciò che conta in questo modello è la differenza, la distanza tra il leader ed i suoi seguaci in virtù del principio di gerarchia. I principali svantaggi di questo stile di leadership sono, tra gli altri: il più importante è la posizione, completata o terminata quella, scompare ogni capacità del leader di avere influenza sui seguaci. ha una bassa capacità di motivare i membri del team, al di là dell’obbligato compimento delle funzioni legali che esercita quale leader in virtù del mandato formale. L'ultima preoccupazione e obiettivo di questo tipo di leadership è quello di esercitare il potere per il potere stesso, il perseguimento del proprio interesse al di sopra degli interessi del gruppo. La leadership basata sull’“auctoritas”: In questo modello non prevale ormai la leadership formale, ma piuttosto la leadership morale, non la posizione, ma le qualità della persona, le abilità e gli atteggiamenti del leader: Il principio di separazione tra competenze e delega si trova sopra il principio di gerarchia, che ha un’importanza secondaria e che viene utilizzato come ultima risorsa. Nello stesso senso, quello che prevale nel vincolo tra il leader e i membri del suo gruppo non è ciò che li separa, ma i valori etici, morali e motivazionali condivisi. Per questo stile di leadership ciò che conta è il raggiungimento degli interessi di gruppo che sono al di sopra degli interessi del leader. In definitiva, la leadership si capisce come vocazione al servizio della comunità, dell’organizzazione, di tutti i membri del gruppo. La massima espressione di questo tipo di leadership è il sacrificio del leader per il bene di tutti e il raggiungimento del progetto o degli obiettivi che hanno a che vedere con l'interesse generale. Questo stile di leadership supera i limiti del modello precedente perché: Come l'influenza e la capacità della leadership e dal leader non dipende dalla carica, ma dai valori specifici della sua persona, dai suoi meriti, anche se lascia l'esercizio di una carica, la capacità di continuare a influenzare i membri del gruppo può continuare ad esistere. I valori che vengono condivisi con un leader per un progetto determinato, sulla premessa che l'esecuzione di tale progetto è corretto o giusto, fa che la motivazione dei membri del gruppo sia molto più alta rispetto al modello precedente, a tal punto che i singoli membri del gruppo sono pronti a donare di sé più di quello che inizialmente gli era richiesto per un mero obbligo d’indole legale o di natura formale770. Un leader con “autoritas”, in genere, possiede un potenziale importante per trascinare e coinvolgere altri a prendere parte nel proprio gruppo o associazione. 770 R. Domingo, El binomio “auctoritas-potestas” en http://dadun.unav.edu/bitstream/10171/12935/1/PD_37_06.pdf 289 el derecho romano y moderno, 4. Come coinvolgere le persone nella partecipazione? Alla ricerca del suo stato di felicità, l'uomo ha bisogno di stabilire relazioni con gli altri esseri umani, per soddisfare i loro bisogni sociali, esercitare le loro capacità di comunicazione e sviluppare una parte importante del suo cervello responsabile per l'elaborazione delle emozioni. La capacità della vita in relazione con gli altri, collaborando con chi ci circonda, ci ha permesso e ci permette oggi, crescere, sentire, imparare, l'amore. I leader dell'Associazione devono essere uomini e donne con una buona capacità di stabilire legami con le persone al fine di arrivare all'identificazione con l'istituzione, per favorire la partecipazione. Quando i livelli di partecipazione nell’Associazione non sono sufficientemente coinvolgenti, le persone abbandonano. Di solito le persone non rifiutano l'istituzione, ma i suoi leader. a) Livelli di partecipazione La chiave di tutto è nella interazione, nella capacità di stabilire legami con le persone. Dobbiamo riconoscere che coinvolgono persone nell’Associazione sempre è stato un compito complesso. L'interazione può avvenire nei seguenti livelli: da persona a persona [livello individuale]. Tra l'individuo e il gruppo [leadership] e tra i gruppi771. Per l'interazione sociale si intende la "reciproca influenza che le azioni degli individui e dei gruppi esercitano l'uno sull'altro". Le caratteristiche principali di interazione sono: Esistenza di due o più persone, esternalizzazione di atti che siano espressivi, comprensibili, dall'altro, che il comportamento dell'altro sia preso in considerazione e notato, che il soggetto capisca le aspettative degli altri e la loro azione è una risposta [positiva, negativa o evasiva] ad esse. La scala di partecipazione che proponiamo di seguito è stata ideata da Roger Hart772, professore di psicologia ambientale presso l'Università di New York. La scala ci può aiutare a determinare le caratteristiche, i livelli o gradi di partecipazione che esiste nell'Associazione degli Exallievi in questo momento. Ci può aiutare a determinare il modo in cui stiamo promuovendo veri processi partecipativi, o talvolta generiamo quello che generiamo è solo una partecipazione di carattere simbolica. Ecco le caratteristiche di ciascuno dei livelli della scala di partecipazione773: Scalino 1: Manipolazione (Manipulation) Chiamo il primo gradino della scala Manipolazione. A volte gli studenti sfilano con cartelloni di protesta senza neppure essere stati adeguatamente informati dei motivi della protesta Manipolazione è quando i giovani sono consultati, ma poi non c’è nessun riscontro al parere da loro espresso. Molti concorsi di ‘idee, temi, disegni sono di questo tipo. I giovani sono chiamati anche in una manifestazione conclusiva del concorso, ma poi nulla sanno di come si tiene conto delle loro proposte. 771 G. García Álvarez, Interacción social y animación juvenil, Popular, Madrid 1990. http://www.formacionsve.es/salida/documentos/17.pdf 773 R. Hart, La partecipazione dei bambini: dalla partecipazione apparente all’acquisizione di una vera consapevolezza. Pubblicato da International Child Developement Centre dell’UNICEF. http://leucopetra.maestridistrada.net/cittadinanza/scala_partecipazione.html 772 290 Scalino 2: Decorazione (Decoration) Il secondo gradino della scala si riferisce a quelle occasioni piuttosto frequenti in cui ai giovani viene proposta la partecipazione ad un evento ma hanno scarsissima conoscenza di ciò che avviene e nessun diritto di parola nell’organizzazione dell’evento. In molte trasmissioni televisive e anche in eventi politici, la presenza dei giovani è esplicitamente decorativa: servono per ‘abbellire’ i progetti degli adulti e non per sé. Scalino 3: Partecipazione simbolica (Tokenism) Potrebbe essere il modo di definire le occasioni in cui i giovani partecipano ad eventi politici. Gli organizzatori scelgono con cura dei bei giovani, che si presentano bene, li fanno sedere al tavolo dei relatori senza che ci sia alcuna preventiva consultazione dei loro pari, che si suppone essi rappresentino. Non si dà alcuna spiegazione ai presenti o ai giovani stessi dei criteri in base ai quali é avvenuta la selezione e non è chiaro di quali giovani essi rappresentino il punto di vista. Questo non significa che i giovani non possano essere seriamente e genuinamente coinvolti. Se questi avvenimenti sono organizzati in modo partecipativo e i giovani riescono a prendere confidenza con i mezzi di comunicazione si può anche trattare di esperienze valide. Scalino 4: Investiti del ruolo e informati (Assigned but informed) E’ la prima categoria di vera partecipazione. Affinché un progetto possa essere valutato come partecipativo deve avere molti requisiti: I giovani comprendono le finalità del progetto. Essi sono a conoscenza delle persone che hanno deciso di coinvolgerli e del perché lo hanno fatto. Essi hanno un ruolo significativo e non decorativo. Essi si impegnano volontariamente sul progetto DOPO averlo conosciuto e capito. L’esempio più facile da fare è proprio quello di una conferenza perché si tratta di solito di un contesto in cui il coinvolgimento dei giovani è decorativo o manipolativo o di facciata. In alcune conferenze abbiamo coinvolto i giovani allievi di corsi di formazione, perché si parlava di loro e dei loro problemi poteva essere una occasione per farsi veder e per dire a tutti i presenti che la loro partecipazione non era solo quella di utenti, ma anche di potenziali lavoratori e collaboratori. I comportamenti dei giovani in quella occasione fu di grande responsabilità e correttezza e molto diverso da quello tenuto prima e dopo la conferenza: significa che erano stati sufficientemente investiti e motivati. Scalino 5: Consultati e informati (Consulted and informed) Descrive quelle situazioni nelle quali i giovani diventano i consulenti degli adulti in un modo che è molto dignitoso. Il progetto è elaborato e gestito dagli adulti ma i giovani capiscono il processo e le loro opinioni vengono considerate molto seriamente. Un esempio può essere quello di un corso per grafici pubblicitari che elabora il materiale pubblicitario relativo al progetto in corso e lo propone quale strumento di reclutamento futuro del progetto che in effetti è stato deciso dalla scuola e non da loro. 291 Scalino 6: Condivisione operativa (Adult initiaded, shared decision with children) Questo sesto livello indica una vera forma di partecipazione perché sebbene i progetti siano ancora iniziati dagli adulti, le decisioni sono prese con la condivisione dei giovani. Molti progetti comunitari non sono destinati ad un uso specifico da parte di una determinata fascia di età, ma sono destinati ad essere utilizzati da tutti. Ne consegue che, inevitabilmente, é il gruppo più potente (dai 25 ai 60 anni in molte nazioni industrializzate) a dominare il processo di partecipazione. In questi casi è importante trovare modalità di comunicazione e di partecipazione che favoriscano la part5ecipazione piena di queste categorie. Per esempio i corsi genitori che venivano promossi a fine degli anni 80 non prevedevano alcuna forma di aiuto a questi stessi: ne conseguiva che le condizioni della partecipazione negavano lo scopo per cui la partecipazione era richiesta. Quando si sono incominciate a organizzare forme di intrattenimento dei bambini, parallele allo svolgimento delle attività formative, la partecipazione ha fatto un balzo in avanti quantitativo e qualitativo: il modo stesso del s corso insegna un approccio diverso ai servizi. Scalino 7: Progettazione in proprio da parte dei destinatari (Child initiated and directed) Noi tutti possiamo pensare a dozzine di esempi di progetti concepiti e realizzati dai giovani quando agiscono liberamente. Quando le condizioni lo permettono i giovani ed anche i bambini possono lavorare in grandi gruppi e in modo cooperativo. E’ più difficile, comunque, trovare esempi di simili attività libere al servizio di altri; la partecipazione di giovani a progetti di comunità di solito è una risposta a progetti pensati da adulti e gli adulti non sono attenti a rispondere alle iniziative proprie dei giovani e assai raramente si pongono il problema di incoraggiare simili iniziative. Se gli adulti lasciano i bambini o i giovani completamente soli a disegnare o dipingere un murale o la loro camera della ricreazione o una struttura si tratta di attività veramente progettate dai giovani, ma anche in questo caso è molto difficile che gli adulti non giochino un ruolo direttivo. Scalino 8: Progettazione in proprio e condivisione operativa (Child initiaded, shared decision with adults) Di solito esempi del livello più alto di partecipazione si trovano solo con i ragazzi più grandi: progetti pensati e gestiti dai giovani nei quali vengono coinvolti gli adulti. Un esempio tipico può essere proprio quello dell’educazione sessuale. Molte giovani donne coinvolte nelle attività formative e nei progetti di recupero educativo, restano incinte e lasciano le attività. Generalmente la cosa viene percepita e giudicata come ‘incidente’ e si moltiplicano le iniziative per mettere queste giovani donne in condizione di evitare gravidanze indesiderate. In realtà si tratta spesso di gravidanze fortemente desiderate e quindi di un progetto di vita che diverge da quello degli educatori. In questo caso se vogliamo rispettare il progetto della giovane donna dobbiamo accettare che l‘esperto che essa deve consultare non è quello che le consente di evitare la gravidanza, ma quello che la aiuta a portarla a termine e ad accogliere adeguatamente il nuovo nato. Possiamo poi certamente sviluppare riflessioni e fornire indicazioni che aiutano lo sviluppo di una genitorialità responsabile, ma in primo luogo dobbiamo accettare le scelte compiute. Si tratta di un esempi certamente abbastanza atipico di ‘progetto’ giovanile tuttavia serve a sottolineare che il rispetto per il pensiero e la 292 gestione dei giovani non è affatto pacifico o esente da disagio per gli adulti responsabili che hanno fatto scelte di vita diverse da quelle operate dai giovani. Converrebbe fare l'esercizio e determinare il livello di partecipazione degli Exallievi nell’Associazione sia a livello locale, Ispettoriale, regionale o nazionale. Quando le persone scelgono di partecipare ad una associazione o un gruppo sociale hanno dei motivi ben definiti, che cercano i benefici dalla persona stessa o delle istituzioni. b) Perché le persone accettano appartenere ad un gruppo o associazione? Secondo il politico ed economista, George Pratt Shultz774, una persona accetta di essere parte di un gruppo o associazione perché sente il bisogno di appartenere a qualcuno ed essere amato. Bisogno Principio Relazioni Inclusione Necessità di sentirsi in contatto con gli altri, accettato, pienamente integrato, apprezzato a chi si unisce. L'espressione 774 George Pratt Shultz è un economista americano, statista, e uomo d'affari. Ha servito come Segretario del Lavoro degli Stati Uniti d'America 1969-1970, come il direttore dell'Ufficio di Gestione e Bilancio 1970-1972, come il segretario del Tesoro 1972-1974, e come il Segretario di Stato dal 1982 al 1989. Prima di entrare in politica, è stato professore di economia al MIT e l'Università di Chicago, che serve come Rettore dell'Università di Chicago Graduate School of Business dal 1962 al 1969. 293 del desiderio che prova di ogni membro Qui è dentro, qui è fuori di un gruppo di possedere uno "status" Appartenenza positivo e permanente e non sentirsi emarginati in nessun momento. Controllo Qui è su, qui è giù Potere E 'il bisogno di sentirsi pienamente responsabile di ciò che costituisce il gruppo; le sue strutture, le sue attività, la sua crescita. Affetto Ogni membro vuole la prova che lui conta per il gruppo, che è rispettato e stimato per la loro competenza e, soprattutto, per essere accettato come una persona non solo per quello che fa, ma soprattutto per quello che è. Amore Qui è vicino, qui è lontano Sono necessarie almeno tre condizioni per assicurare la partecipazione: voler partecipare, saper partecipare e poter partecipare. Questi sono gli "ingredienti" necessari per assicurare una partecipazione idonea: la motivazione (volere), la formazione (sapere) e l’organizzazione dei messi (potere) possono essere estrapolate da un fronte sociale macro come è la comunità in generale a livello micro come è un'associazione, costituendosi come schema di lavoro valido progetto d’animazione associativa. La dimensione associativa è una caratteristica fondamentale dell’educazione-evangelizzazione salesiana. La dimensione associazione promuove la crescita nel senso di appartenenza, lo spirito di famiglia e l'affetto per gli altri. c) Empowerment i membri dell’Associazione degli Exllievi Per garantire una buona partecipazione è essenziale che i membri dell'Associazione si sentono responsabilizzati. L'empowerment è un processo sociale multidimensionale di carattere sociale dove la leadership, la comunicazione e i gruppi auto-diretti sostituiscono la struttura piramidale meccanicistica per una struttura più orizzontale, in cui la partecipazione di tutti e di ciascuno degli individui all'interno di un sistema viene assicurata. Si cerca di promuovere la ricchezza e potenzialità del capitale umano che poi si rifletterà non solo nell'individuo, ma anche nella comunità in cui lavora775. L’empowerment è una strategia essenziale per generare e consolidare i processi di emancipazione, di sviluppo e di crescita personale e collettiva. "L'empowerment è un processo che contribuisce con le persone e con le organizzazioni in modo che possono essere, fare e decidere per se stessi." 775 K. Blanchard, J. Carlos, A. Randolph, Empowerment: 3 Claves para lograr que el proceso de facultar a los empleados funcione en su empresa, Norma S.A, Bogotá 1997. 294 "L'empowerment è un processo politico e materiale che aumenta il potere del singolo individuo e del gruppo, la sua forza e la sua capacità di agire per se stessi"776. La chiave per la partecipazione e l'empowerment dei giovani e degli adulti è l’accesso: Ai giovani li si deve assicurare la parità di accesso alle opportunità, alle risorse e ai servizi di informativi. La chiave o il segreto per la partecipazione e l’empowerment della gioventù e degli adulti è nell’equità: Ad ognuno si deve riconoscere il diritto di partecipare. Il coinvolgimento degli associati nella pianificazione, attuazione, monitoraggio e verifica delle politiche, programmi e servizi relativi alla gioventù li rende più rilevante, efficienti ed efficaci come gruppo target – i giovani! Quando le persone non si sentono empowerment, accolte, motivate, accompagnate, accettate e valorizzate, se ne vanno. Cioè, quando le persone stanno nei primi tre livelli della scala di Roger Hart: manipolazione, decorazione e partecipazione simbolica. I leader dell'Associazione devono accompagnare gli associati a fare il cammino fino a percorrere i passi dal 4 al 8. Quando non si fa questo lavoro gli associati se ne sentono scoraggiati ad appartenere all’Associazione degli Exallievi, e così come vengono se ne vanno. d) “Alcuni portano felicità dovunque vadano. Alcuni portano felicità tutte le volte che se ne vanno” Ho chiesto a membri delle unioni locale o delle Associazioni le ragioni per le quali se ne vanno, la risposta è sempre stupefacente conflitto con altre persone. A volte con sorpresa sento qualche uno che dice. “Non ti critico perché te ne vuoi andare. Se non fossi il delegato, andrei via con te! Per essere altrettanto sincero, a volte le persone che se ne andavano erano davvero problematiche. Alcuni non riescono ad andare d’accordo con nessun altro. Quando se ne vanno, si portano via anche il problema. Oscar Wilde l’ha espresso molto bene: “Alcuni portano felicità dovunque vadano. Alcuni portano felicità tutte le volte che se ne vanno”. In genere, gli Exallievi se ne vanno dell’Associazione per quattro motivi: le sottovalutano, i leader sono inaffidabili, i leader sono incompetenti, i leader sono insicuri. Più avanti verranno spiegati questi motivi. Queste sono le stesse ragioni per cui la gente lascia l’azienda, vale a dire dai luoghi di lavoro. Si potrebbe dire che le persone lasciano il lavoro o l’azienda, ma in realtà lascino quasi sempre i loro capi. L’”azienda”, l’”Associazione” o il “gruppo” in quanto tale non fa loro nulla di male. Son le persone che creano i problemi. A volte è colpa dei colleghi, dei membri dell’Associazione ma spesso coloro che inducono la gente alle dimissioni sono proprio i loro capi diretti. 776 Agencia Suiza para la Cooperación y el desarrollo (COSUDE), 2004. 295 Le persone lasciano le persone che le sottovalutano777 Mi ricordo quando ho lavorato con coppie di fidanzati e matrimoni nel mio paese, di continuo ripetevo loro, "Ditegli ogni giorno qualcosa di gradevole, di bello al vostro partner". Tutti noi vogliamo sentirci dire qualcosa di carino. Tutti noi vogliamo essere apprezzati. Peccato che tanti non ricevano feedback positivi e appezzamenti nell’associazione. Spesso è esattamente il contrario: si sentono sottovalutati. I loro capi fanno i superiori e li trattano con indifferenza, o peggio, con disprezzo. E un atteggiamento di questo genere è il principio del disastro per qualunque relazione, anche una relazione lavorativa o associativa. A volte si poteva prevedere inconfondibilmente il successo di un matrimonio sulla base dell’interazione personale tra i due futuri sposi. Che cosa gli faceva prevedere che un matrimonio era destinato al disastro? Il disprezzo. È impossibile creare valore per una persona che sottovalutiamo! Se non rispettiamo una persona, non possiamo trattarla con rispetto, perché non possiamo agire costantemente in un modo che non è coerente con le nostre convinzioni. Ho osservato che quando i leader sottovalutano i collaboratori, iniziano anche a manipolarli. Cominciano a trattarli come oggetti e non più come persone. Non è mai un comportamento appropriato per un leader. Quale è il cammino giusto, la soluzione? Trovare il valore nelle persone e esprimerli loro il nostro apprezzamento. È essenziale elogiare le persone per il loro contributo; scoprire un valore in loro e esprimerglielo. Le persone lasciano le persone che sono inaffidabili In un’opportunità il direttore generale e responsabile della leadership di Countrywide Financial Corporation, Michael Wilston, affermò: “I leader efficaci fanno in modo che i collaboratori si sentano forti e capaci. In tutte le principali ricerche sulle pratiche dei leader efficaci, la fiducia nel leader risulta essenziale se si desidera che i collaboratori lo seguano nel tempo. I collaboratori devono considerare il leader affidabile, credibile e degno di fiducia. Una delle modalità con cui si crea fiducia –nel leader o in qualunque altra persona – è la coerenza del comportamento. La fiducia si crea anche quando c’è congruenza tra parole e azioni”. Veramente, stare, condividere o portare avanti un progetto, qualsiasi sia, con una persona nella quale non ti fidi è un’esperienza orribile. I cinque modi più rapidi con cui i leader perdono la fiducia dei collaboratori sono: o o o o o Mostrare incoerenza tra ciò che dicono e ciò che fanno. Anteporre l’interesse personale all’interesse comune. Tenere le informazioni nel cassetto. Mentire o dire mezze verità. Mostrare un atteggiamento di chiusura mentale. Quando i leader perdono la fiducia dei collaboratori, si crea un fenomeno che ricorda da vicino la rottura di uno specchio. Colpite uno specchio con una pietra e questo va in frantumi. E se anche si possono raccogliere tutti i pezzi e rincollarli insieme, lo specchio mostrerà sempre 777 S. M. R. Covey, El factor confianza. El valor que lo cambia todo, Paidós, España 2007. 296 delle crepe. Più grave è il danno, più distorta è l’immagine. Quando è venuta meno la fiducia, diventa molto difficile riparare il danno che si è determinato in una relazione. La fiducia si costruisce con lo sforzo di anni e si perde in un attimo. Esistono modi e strategie per costruire un clima di fiducia: o o o o o Mantenere l’integrità. Comunicare apertamente la propria visione e i propri valori. Mostrare rispetto per i collaboratori. Anteporre gli obiettivi comuni all’interesse personale. Fare la cosa giusta indipendentemente dal rischio personale che si corre Le persone lasciano le persone che sono incompetenti Una delle lamentele che sento più frequentemente per il mondo è che il Presidente, il Delegato o la Presidenza locale o ispettoriale dell’Associazione sono incompetenti. Tutti vogliono sapere che il loro capo è in grado di fare il lavoro, quale che sia la loro occupazione: operaio di fabbrica, venditore, manager intermedio, atleta o membro dell’Associazione. Lo Statuto della Confederazione mondiale indica che una forma di sviluppare il seme dell’”educazione ricevuta” è la competenza professionale778. Quando i leader sono incompetenti, diventano una fonte di distrazione per i collaboratori e per gli associati. Ne sprecano le energie. Impediscono loro di concentrarsi su ciò che importante. Li costringono a spostare l’attenzione dalla visione e dai valori dell’Associazione al comportamento del leader. Se coloro che lavorano per un leader incompetente hanno un livello elevato di competenza, continueranno a preoccuparsi dei pasticci che il leader può causare. Se non hanno competenza o esperienza, non sapranno che cosa fare. In un modo o nell’altro la crescita dell’Associazione declina, il morale ne risente, e uno slancio positivo diventa impossibile. Un leader incompetente non può dirigere a lungo persone competenti. “Le persone seguono naturalmente leader più forti di loro”. Le persone lasciano le persone che sono insicure Se un leader apprezza i collaboratori, ha integrità e manifesta competenza, i collaboratori, gli associati saranno ben felici di seguirlo, non è così? No: anche se i leader dell’Associazione possiedono queste tre qualità, c’è ancora una caratteristica che può allontanare da loro i collaboratori: l’insicurezza. Alcuni leader insicuri sono facilmente identificabili. Il loro desiderio di potere, di status e di apprezzamento si traduce in aperte manifestazioni di paura, sospetto, diffidenza o gelosia. Ma a volte si manifesta in modo più subdolo. I leader eccezionali fanno due cose: sviluppano altri leader e si fanno da parte. I leader insicuri non lo farebbero mai. Anzi, cercano di rendersi indispensabili. Non vogliono sviluppare i collaboratori in modo da consentire loro di realizzare appieno il proprio potenziale e di avere più successo. Non vogliono che riescano ad avere successo senza il loro aiuto. E tutte le volte che un collaboratore diventa troppo bravo, si sentono minacciati. 778 Statuto della Confederazione mondiale degli Exallievi ed Exallieve di Don Bosco. Testi approvati “ad experimentum”, Roma, 24 giugno 2011, art. 3c1. 297 Gli Exallievi nelle federazioni a confederazioni vogliono lavorare per capi che le stimolano, che non ne spengono gli entusiasmi. Vogliono leader che le facciano crescere e le aiutino a volare, anziché inchiodarle a terra. Vogliono mentori che le aiutino a sviluppare appieno il proprio potenziale e ad avere successo. e) Suggerimenti per trattenere gli associati Ance se siete bravi leader, di tanto in tanto perderete alcuni collaboratori o associati. È nella natura della leadership. Ma si possono fare delle cose per diventare il tipo di leader che i collaboratori vogliono seguire. Vi presento alcuni suggerimenti per mettere in atto davanti alla realtà che le persone lasciano le persone e non le associazioni: Mi assumo la responsabilità della relazione che intrattengo con gli altri Quando una relazione prende una piega sfavorevole, mi attivo per cercare di migliorarla. Quando le persone mi lasciano, faccio un colloquio di uscita. Lo scopo del colloquio è scoprire se stanno andandosene per causa mia. In questo caso, mi scuso e cerco di comportami meglio con loro. Attribuisco un valore elevato a coloro che lavorano con me. È meraviglioso quando le persone credono nel loro leader. È ancora a più meraviglioso quando il leader crede nelle persone. Metto la credibilità in cima alla classifica delle mie qualità di leadership. Non sarà sempre competente: ci sono dei momenti in cui qualunque leader si trova di fronte a una situazione che non è in grado di gestire. Ma posso sempre essere affidabile. Mi rendo conto che il mio atteggiamento positivo crea un ambiente sicuro per i collaboratori. Perciò adotterò il pensiero positivo, mi comporterò correttamente nei confronti degli associati e dei collaboratori e seguirò la regola aurea (ovvero l’insegnamento evangelico “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”779). Mantengo la disponibilità ad apprendere e coltivo la mi passione per la crescita personale. Continuerò a imparare, così potrò continuare a dirigere. Se continuerò a crescere, non sarò mai un “freno” che limita il potenziale dei miei collaboratori, degli associati. Una delle cose peggiori che possono capitare a un’organizzazione è perdere i migliori collaboratori o associati. In questo caso non date la colpa all’associazione. Date la colpa ai leader. Non scordatevi mai che le persone lasciano le persone, e non le federazioni, le confederazioni o le associazioni. Se volete trattenere i collaboratori più validi e aiutare la vostra 779 Cf. Mt 7,12. 298 federazione, confederazione o associazione a realizzare la sua missione, diventate più bravi nel ruolo di leader780. f) Esercizi pratici per diventare migliori Gli associati si possono fidare di te? Sei il tipo di leader di cui gli associati possono fidarsi, in tutte le circostanze o in tutte le condizioni? Rispondi a ognuna di queste domande: o C’è incongruenza tra ciò che dico e ciò che faccio? o Antepongo l’interesse personale all’interesse comune dell’equipe? o Nascondo le informazioni agli associati? o Mento, o dico mezze verità? o Mi capita di avere un atteggiamento di chiusura mentale? Se hai risposto affermativamente a una o più di queste domande, hai un problema di credibilità nei confronti degli associati. Cominci a porre rimedio alla situazione facendo le seguenti cose: o o o o o Mantieni l’integrità attraverso la coerenza tra parole e azioni. Comunica apertamente la tua visione e i tuoi valori. Mostra rispetto per gli associati. Concentrati sugli obiettivi comuni, anziché sull’interessi personali. Fai la cosa giusta anche a costo di correre dei rischi personali. Acquisire credibilità non si ottiene da un giorno all’altro. Ma se metti costantemente in pratica queste cinque regole, con il tempo gli associati cominceranno a fidarsi di te. III. Avvicinare i leader dell’Associazione degli Ex-Allievi ai giovani e agli adulti Nell’Associazione degli Ex-Allievi la media dell’età è sempre più alta. In quasi tutte le Federazioni e le Confederazioni del mondo si sente il bisogno di attirare i giovani verso l'Associazione. Ancora non siamo pervenuti alla formula giusta. Presentiamo qui di seguito alcune idee e suggerimenti che potrebbero aiutare ad affrontare il problema del reclutamento dei giovani per l'Associazione. 1. Difficoltà ad attrarre gente alle associazioni L'associazionismo è la forma di partecipazione che implica l'istituzionalizzazione formale della organizzazione di un gruppo che si associa liberamente per rispondere, attraverso un’azione collettiva, ad un bisogno. Implica un impegno, una stabilità nel lavoro realizzato, un sistema organizzativo e una definizione degli obiettivi. La ricerca organizzata dal Municipio di Vitoria-Gasteiz, Vitoria-Gasteizko Udala nel settembre 2011 indica che: nel periodo 1996-2000, le categorie associative che hanno registrato una maggiore crescita sono state i movimenti politici e socio-economici, con un incremento del 33% e le associazioni dedicate alla cultura generale, con il 29%. Nello stesso periodo si è registrato un lieve calo nelle associazioni giovanili, con un decremento del 3%. 780 J. C. Maxwell, Liderazgo, principios de oro. Las lecciones que he aprendido de una vida de liderazgo, Grupo Nivel Uno, inc., Estados Unidos de América 2007, pp. 13-21. 299 Nel periodo 2005- 2009, la tendenza è stata segnata dalla nascita delle associazioni beneficoassistenziali, con un incremento del 25%, e delle associazioni di tipo culturale in generale, di carattere politico e socio-economico. Secondo il parere delle associazioni giovani si verifica un aumento di difficoltà a trovare membri per l'associazione, e quelle che incontrano più difficoltà sono alcune organizzazioni di carattere politico. E' sempre stato difficile trovare persone. La più grande difficoltà è spesso il ricambio negli organismi di responsabilità delle organizzazioni, in particolare da parte dei giovani. Le difficoltà di ingresso di nuove persone nelle associazioni possono essere di diversi tipi. Uno dei problemi può sorgere dal fatto che l'associazione non "esce" a cercare nuove persone, o almeno non lo fa in modo continuo. Praticamente la metà delle associazioni non ha realizzano attività sistematiche di promozione. Anche la sua immagine pubblica spesso non ha canali sociali per far conoscere le proprie attività. Secondo i dati dello studio sopra citato, "Il movimento associativo da diverse prospettive", si evidenzia la scarsa importanza che viene data alla pubblicità formale all'interno del movimento associativo che opera principalmente attraverso le reti informali, i social networks, in definitiva, il "passaparola". La maggior parte non hanno una strategia e obiettivi chiari per ottenere notorietà sociale che possono portare ad ottenere nuove adesioni alle associazioni. È importante sottolineare che tra alcuni giovani è stata rilevata l'esistenza di alcuni stereotipi sociali che collegano le campagne con la mera ricerca del sostegno economico. Tra le associazioni si percepisce una scarsa efficacia delle attività pubblicitarie, che può essere dovuta a molteplici fattori; tuttavia, le associazioni non stabiliscono nuove strategie strutturate di approccio della popolazione. In genere sono iniziative specifiche. 2. I giovani e la partecipazione I dati di partecipazione associativa delle generazioni più giovani, con più di 16 anni, differiscono poco dal resto delle altre generazioni; si segnalano anche maggiori tassi di associazionismo tra le persone giovani che tra le persone oltre i 65 anni. I più alte percentuali di associazionismo sono tra i 30 e i 64 anni781. In alcuni casi i giovani sono consapevoli del fatto che le tematiche o la forma di organizzazione delle loro associazioni non è inizialmente attraente per loro, e questo fa sì che ci possano essere aggregazioni o approcci puntuali, ma poi non c'è una permanenza stabile. E' tra le associazioni con meno presenza di giovani che si ha una visione più negativa. 781 Analisi della partecipazione giovanile a Vitoria-Gasteiz del Municipio di Vitoria-Gazteiz, Vitoria-Gasteizko Udala, settembre 2011. 300 3. Sei livelli per assicurare la partecipazione a) Ai giovani si assegnino ruoli specifici e si informino affinché siano coinvolti; b) I giovani si consultino e si informino sul come si utilizzerà il loro contributo; c) Gli adulti favoriscano la partecipazione giovanile e condividano la presa di decisioni; d) I giovani inizino e portino avanti progetti; e) I giovani inizino e condividano le prese di decisioni con gli adulti; f) Giovani e adulti avviino progetti con la presa di decisioni in comune782. 4. Primi passi per la partecipazione a) Garantire il sostegno dell'Associazione e l'impegno per la partecipazione dei giovani; b) Una volta che si ha chiaro quali sono gli obiettivi iniziali, coinvolgere i giovani nella pianificazione delle attività a cui partecipano; c) Chiarire con i giovani e gli adulti i seguenti punti: o le loro ragioni per coinvolgere i giovani o i loro obiettivi a breve e lungo termine o i limiti iniziali e i primi passi; d) Assicurarsi che ci siano opportunità perché gli adulti possano discutere la loro visione sulla partecipazione dei giovani e il loro ruolo nel processo; e) Creare opportunità perché i giovani e gli adulti lavorino insieme. 5. Suggerimenti per una efficace partecipazione giovanile a) Pianificare la partecipazione giovanile tenendo conto dei periodi di tempo favorevoli per i giovani (trimestri scolastici, stagioni sportive, ecc.); b) All’inizio provare con progetti o attività di breve durata; c) aspettarsi una fluttuazione e rotazione dei membri; d) Dirigere la partecipazione giovanile verso i punti di forza e gli interessi dei giovani; e) Accettare i diversi stili di lavoro dei giovani: le riunioni possono essere meno formali e includere una discussione più aperta; f) Evitare di stabilire un modello di partecipazione che isoli i giovani dagli adulti o nominare uno o due giovani in un comitato o una giunta di adulti senza che abbiano alcuna preparazione o senza poter contare su un appoggio continuo o stabilire una giunta di giovani senza collegamenti chiari con chi deve prendere le decisioni. 6. Requisiti perché un progetto sia realmente partecipativo a) I giovani comprendono le intenzioni del progetto; b) I giovani sanno chi ha preso le decisioni per la loro partecipazione e perché; c) I giovani hanno un ruolo significativo (e non uno “decorativo”); 782 Adattato dalla Scala della Partecipazione di Robert Ladder, Children’s Participation from Tokenism to Citizenship (Partecipazione dei bambini: intorno alla partecipazione simbolica alla cittadinanza); UNICEF, Centro Internazionale per lo Sviluppi del Bambino, Firenze, Italia, 1992. 301 d) I giovani si offrono per partecipare come volontari nel progetto dopo che hanno chiaro il progetto783. 7. Costruzione con partecipazioni di idee e azioni a) La necessità di sviluppare modelli di partecipazione giovanile che offrano associazioni e prese di decisioni congiunte tra giovani e adulti; b) L’importanza che gli adulti e i giovani sviluppino capacità per lavorare insieme; c) La sfida di sviluppare modelli di partecipazione giovanili efficaci che tengano conto delle sfide della vita affrontate dai giovani, e evitare la loro partecipazione alle stesse condizioni degli adulti; d) La necessità di iniziare presto e fornire opportunità ai bambini di partecipare alle decisioni che li riguardano, in modo che essi sviluppino competenze e assumano sempre più responsabilità nelle scelte; e) La sfida di produrre un sistema di supporto per i giovani che li aiuti a prepararsi per partecipare alle decisioni che li riguardano, e dare loro il sostegno per il rinnovo continuo di leadership giovanile. I passi e le azioni presentate per alleanze (partecipazioni di idee e azioni) tra i giovani e gli adulti si basano sul consenso raggiunto attraverso discussioni tra giovani e adulti, è il risultato di un processo di consultazione che incorpora le conoscenze, le competenze, i ruoli e le responsabilità sia dei giovane che degli adulti. A continuazione alcuni elementi efficaci: a) b) c) d) e) f) g) h) i) j) Stabilire mete chiare; Condividere il potere nella presa di decisioni; Raggiungere l’impegno dei più alti livelli; Essere chiari sulle funzioni e le responsabilità; Essere selettivi nella conquista e nel coinvolgimento; Offrire formazione; Avere coscienza dei differenti stili di comunicazione; Valorizzare la partecipazione; Prevedere spazio per la crescita; Ricordare che i giovani hanno altri interessi. 8. Suggerimenti per lavorare con i giovani a) b) c) d) e) f) g) h) i) j) 783 Essere aperto ed evitare di giudicare; Utilizzare l’esperienza; Assicurarsi che i giovani partecipino in modo significativo; Essere onesto riguardo le loro aspettative; Adattarsi agli orari dei giovani; Trattare i giovani come persone-soggetto; Fare il lavoro divertente; Evitare di intimidire i giovani; Evitare pregiudizi verso tutti i giovani; I giovani hanno diritto di dire “No”. Hart, R.A. Children’s Participation from Tokenism to Citizenship (Participación de los Niños del Formulismo a la Ciudadanía). UNICEF, Centro Internacional para el Desarrollo del Niño, Florencia, Italia, 1992, pp. 34, 35, 44. 302 9. Suggerimenti per lavorare con gli adulti a) b) c) d) e) f) g) h) La maggior parte di loro ha buone intenzioni; Un atteggiamento critico non significa che siano arroganti; È possibile che gli adulti non abbiano presenti le abilità dei giovani; Gli adulti frequentemente si sentono responsabili del successo o dell’insuccesso del progetto. È possibile che gli adulti siano tanto insicuri come i giovani e possano nascondere questo più facilmente; Attrae gli adulti quando si usa un linguaggio accondiscendente; Non temere di chiedere chiarimenti; Non aver paura a dire “No” per altri impegni. 10. Comunità educative e la Famiglia Salesiana La Famiglia Salesiana ha nella Comunità Educativo-Pastorale una piattaforma di promozione ineguagliabile. Si constata che tuttavia i piani educativi pastorali nelle diverse dimensioni della missione salesiana non sempre contemplano nelle loro politiche e strategie la conoscenza e la promozione della Famiglia Salesiana. Presentare per conoscere e proporre l’ampiezza della vocazione salesiana con le specificazioni tipiche espresse nei suoi 30 gruppi, è una priorità. Si valorizza il lavoro svolto dai delegati salesiani, dai presidenti e dai rispettivi consigli con gli Ex-Allievi. Dalla comunità salesiana si attende un appoggio più visibile. Dice l'articolo 39 del Regolamento generale della Società Salesiana: "La comunità mantenga relazioni amichevoli con gli Ex-allievi, e presti particolare attenzione ai più giovani. Interessatevi di loro, e promuovete occasioni di incontro, di formazione e di collaborazione". Gli Ex-Allievi si riuniscano e formino l'Associazione perché sentano i legami di gratitudine, e credano che, insieme con i Salesiani, possono aggiornare la formazione ricevuta e renderla feconda. La prima modalità di preoccuparsi dell'Associazione è la formazione continua degli associati; un'altra importante attività della Associazione è lavorare per realizzare l'invito rivolto agli Ex-Allievi dallo stesso Don Bosco: "Restare uniti e aiutarsi, preoccupandosi non solo di rafforzare l'organizzazione e il funzionamento dell'Associazione, ma anche di offrirsi un aiuto personale reciproco nei bisogni e, soprattutto, di realizzare un contatto utile con gli antichi compagni che si sono allontanati per mille motivi diversi." In tal senso, l’articolo 5 delle Costituzioni indicano che il compito dei salesiani, “per volontà del Fondatore”, è che abbiano particolare responsabilità di "mantenere l’unità dello spirito e stimolare il dialogo e la collaborazione fraterna per un reciproco arricchimento e una maggiore fecondità apostolica” 784. Don E. Viganò si dirige in questi termini ai salesiani: “Lavoriamo, allora, perché si formino Ex Allievi autentici; promuoviamo una educazione che garantisca la loro futura appartenenza alla Famiglia Salesiana”785. Continua indicando don Viganò: “L’ispettore, in particolare, consideri importante la designazione di un delegato ispettoriale preparato e idoneo; pianifichi riunioni di direttori in cui si individuano chiaramente le responsabilità di animazione e azione corrispondenti alle loro 784 785 E. Viganò, Circolare del Rettor Maggiore ai salesiani sugli Exallievi di don Bosco, pp. 12-37. E. Viganò, Circolare del Rettor Maggiore ai salesiani sugli Exallievi di don Bosco, p. 36. 303 comunità, e sappiano nominare, se necessario, i delegati locali per interpretare ed eseguire questo lavoro di ogni comunità”786. IV. Proposte conclusive 1. Scegliere leaders idonei La crescita e lo sviluppo dei componenti e dell'Associazione degli Ex-Allievi deve essere l'obiettivo più alto dei suoi leader. Solo gli uomini e le donne appassionate sono in grado di convincere e trascinare gli altri per una causa degna e importante, come quella degli Ex-Allievi, di essere "buoni cristiani e onesti cittadini". Mai scegliere leaders che creano conflitti o negativi; sordi o autoreferenziali; cacciatori di onori o opportunisti che non lavorano per l'associazione, ma per fare curriculum. Scegliete persone idonee. Non è possibile formare una squadra forte con le persone deboli. Non è abbastanza essere Ex-Allievo o avere buona volontà per dirigere una Associazione, è necessario essere preparati per questo. Se non si è preparati si commettono errori irreparabili, si provoca la defezione dei membri dell'associazione e non si possono attirare nuovi membri. L'elezione del direttivo o consiglio dell'Associazione è un momento molto importante che dovrebbe prepararsi adeguatamente. Conviene assicurare la continuità di progetti importanti dell'Associazione. A questo proposito, vi invito a tenere presente il seguente motto: "Continuare ciò che è buono, correggere ciò che è sbagliato, fare ciò che mai è stato fatto"787. 2. La riunione, un “mezzo” necessario Le riunioni sono un mezzo necessario per stabilire i collegamenti, formare, giungere ad accordi, progettare e valutare. La riunione è lo strumento più utile e prezioso del lavoro in équipe e nello stesso tempo il più pericoloso. La mancanza di preparazione prima della riunione da parte del responsabile della stessa o dei partecipanti è una delle cause per cui queste non riescono e diventano generatrici di scoraggiamento. L'inefficacia delle riunioni è dovuta, tra le altre cose: alla mancanza di un obiettivo concreto, alla dispersione o all'assenza di un ordine del giorno, alla mancanza di interesse sul tema da trattare, alla suscettibilità tra i partecipanti, alla mancanza di partecipazione, alla mancanza di capacità in chi dirige la riunione, ai partecipanti che parlano troppo, alla convocazione della riunione in un'ora inadeguata, alle riunioni troppo lunghe, alle contrapposizioni eccessive, alle interruzioni esterne, alla non sufficiente comprensione o conoscenza dell’argomento, alla mancanza di accordi e di conclusioni al termine della riunione, alla presa di decisioni confuse e contraddittorie788. È anche importante far notare che "ci muove ciò che ci unisce". Un incontro che non genera unità non ha raggiunto tutti i suoi obiettivi. 786 E. Viganò, Circolare del Rettor Maggiore ai salesiani sugli Exallievi di don Bosco, p. 37. Slogan politico del Lic. Danilo Medina per la sua campagna come candidato presidenziale per il Partito della Liberación Dominicana (PLD) della Repubblica domenicana per il periodo 2012-2016. 788 J. L. Urcola Tellería, Dirigir personas: fondo y formas, ESIC, Madrid 20085, pp. 229-232. 787 304 3. L’ordine del giorno Il primo aspetto organizzativo è, in accordo con gli obiettivi stabiliti, elaborare con anticipo un ordine del giorno in cui siano previsti, oltre il giorno, l’ora della celebrazione e il luogo in cui si realizza, i temi o gli aspetti che saranno trattati nella riunione. L’ordine del giorno può indicare il dinamismo, lo sviluppo e le sfide di un’associazione o di un gruppo. Un buon ordine del giorno deve riflettere lo sforzo continuo per crescere, per rispondere ai bisogni del gruppo e di ciò che gli sta intorno e soprattutto la sua proiezione e impegno a livello sociale ed ecclesiale. Un ordine del giorno deve prevedere punti come: lettura e approvazione del verbale precedente, relazione delle attività, bilancio economico, informazione delle varie voci, ecc. Però soprattutto, deve considerare temi che generino la crescita, il cambiamento dell’Associazione: coinvolgimento di nuovi membri, attività motivanti di formazione e ricreazione, introduzione di progetti che coinvolgano tutti i membri dell’Associazione, conoscenza dell’Associazione attraverso i social networks e i mezzi tradizionali di comunicazione, invio agli associati della sintesi del verbale perché siano informati del lavoro che sta facendo il consiglio dell’Associazione e per alimentare il senso di appartenenza. Ogni ordine del giorno deve essere provocatore, sfidante, propositivo e dare speranza ai componenti del direttivo. Quando si conclude una riunione i componenti dell’équipe devono uscire motivati, pieni di speranza, desiderosi di continuare a lottare e ad impegnarsi per l’Associazione. Il contenuto dell’ordine del giorno può esprimere, tra le altre cose: lo stato d’animo del direttivo o della presidenza dell’Associazione; la creatività e il livello di impegno del consiglio; la qualità e la proiezione della vita del gruppo o dell’Associazione degli Ex Allievi. 4. Temi controversi, ma importanti Il tema economico nell'ordine del giorno è importante perché assicura che l'Associazione rispetta i propri obblighi economici a livello locale, regionale, nazionale e mondiale. Conviene creare canali per raccogliere risorse finanziarie. Ma il problema economico non può polarizzare un ordine del giorno, a meno che non si stia discutendo un progetto importante o si stia risolvendo una crisi economica che non può essere rinviata. Quando tutto si vede dal punto di vista economico non si cresce. Il denaro è un mezzo, una risorsa, non un fine. Conosco Associazioni di Ex Allievi che hanno trasformato le questioni economiche solo fine a se stesso e stanno attraversando un periodo difficile: si sono generate divisioni, defezioni, inimicizie, ecc. Il denaro non può governare, ma deve servire. Dobbiamo combattere l'idolatria del denaro789. I medi e grandi investimenti effettuati dall'Associazione devono essere approvati dai soci. Inoltre, devono essere sotto regolamentazione legale. Dobbiamo creare progetti interessanti per gli associati e che rispondano alla missione di un laico e un Ex Allievo. Consentire agli associati di dare suggerimenti o osservazioni al progetto perché lo assumano come qualcosa di proprio. 789 Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium del Santo padre Francesco ai vescovi, ai presbiteri e diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici sull’annuncio del Vangelo nel mondo di oggi, 52-58. 305 5. Crescere qualitativamente e quantitativamente Le persone sono al primo posto. C'è una piccola ma importante differenza tra la manipolazione e la motivazione: manipolazione è muoverci insieme a mio beneficio; la motivazione è muoverci insieme per il reciproco vantaggio. Incoraggiare tutti, guidare alcuni. Accompagnare le persone in modo da godere il fatto di appartenere all'Associazione perché stanno realizzando il progetto di Don Bosco. Stabilire un piano di coinvolgimento di membri per l'associazione. I consiglieri devono sempre porsi le seguenti domande: quanti nuovi associati abbiamo coinvolto? Come stiamo seguendo i giovani perché facciano parte dell'associazione? Quando si convoca un Ex Allievo per appartenere alla Associazione è per fargli una proposta seria, importante e attraente. Sarebbe assurdo e poco serio chiamare persone senza avere una buona proposta. Quando la proposta non convince, non è attraente o è superficiale, gli invitati non torneranno alla riunione seguente. Le proposte di progetto: lezioni di appoggio per sostenere gli studenti con difficoltà di apprendimento; società sportive; attenzione agli immigrati: orientamento per l'inserimento nella nuova cultura, regolarizzazione della migrazione, sicurezza sociale, ricerca di un lavoro; animazione di oratori e centri giovanili, catechesi nelle parrocchie, ecc. E' urgente che l'Associazione offra ai propri leader e associati un buon programma di formazione. Il piano di formazione deve essere sviluppato e concordato da parte di coloro che lo devono vivere. 6. La motivazione, una difficile arte Dirigere non è altro che motivare le persone in una determinata direzione. Motivare è “muovere” una persona a realizzare qualcosa che desideriamo faccia 790. I leader dell’Associazione devono essere dei buoni motivatori. Cosa motiva gli associati? Dare un contributo significativo. La gente ha bisogno di rendersi conto del valore di ciò che fa. La motivazione non viene dalla sola attività, ma dal desiderio di raggiungere il risultato finale. Partecipare al raggiungimento della meta. Le persone sostengono ciò in cui credono. Ricevere il riconoscimento. La gente non vuole passare inosservata. Vuole credito per le realizzazioni personali e apprezzamento per il loro contributo. Dare riconoscimento è un altro modo di dire grazie. La realizzazione personale è incoraggiante, ma lo è molto di più quando qualcuno si accorge della realizzazione e le dà valore. Avere aspettative chiare. Nasce la motivazione nell’Associazione quando gli obiettivi, le aspettative e le responsabilità si comprendono bene. 7. Promuovere l’Associazione Presentarsi nei social networks per presentare l’identità, la missione, i progetti e le attività dell’Associazione. Bisogna dedicare tempo, denaro e persone per far conoscere l’Associazione negli ambiti sociali ed ecclesiali. Senza dimenticare quanto possano essere utili i rapporti personali anche se telefonicamente o per lettera! Smettiamola di lamentarci! 790 J. L. Urcola Tellería, Dirigir personas: fondo y forma, pp. 273 y 277. 306 L’Ex-allievo di Don Bosco e l’impegno oggi nella Società e nella Chiesa791 Cari fratelli e sorelle! mi rallegro di essere con voi oggi, in questa città di Torino, così significativa per tutti noi: Valdocco infatti è la culla del carisma e della missione salesiana. Non ci poteva essere posto migliore per vivere con voi questa celebrazione del Centenario della Confederazione degli Exallievi ed Exallieve di don Bosco. Porgo a tutti e a ciascuno il più cordiale saluto nel Signore. Ringrazio il Presidente della Associazione, Dott. Francesco Muceo, per le gentili parole di accoglienza che mi ha rivolto a nome di voi tutti. Ringrazio la Presidenza Mondiale dell’Associazione e tutti quanti hanno lavorato per la realizzazione questo congresso. Questo Centenario è – dovrebbe essere – una nuova tappa della storia dell’Associazione. Da una parte è una occasione privilegiata per contemplare con ammirazione e riconoscenza il passato, per le meraviglie che il Signore ha operato in ciascuno degli Exallievi di Don Bosco, nei gruppi locali, nelle Federazioni nazionali, nella Confederazione Mondiale. Dall’altra parte esso rappresenta un invito ad affrontare con lucidità e coraggio il presente, tanto entusiasmante e stimolante, con le grandi sfide economiche, sociali, politiche, culturali e anche religiose. Il Centenario della Confederazione è, infine, l’opportunità per sognare con sguardo lungimirante e convinto il futuro dell’Associazione. Non è indifferente il fatto che abbiate scelto Torino, e più specificamente Valdocco, come sede della celebrazione. Questo ritorno alle origini non può essere una semplice espressione di nostalgia, ma l’impegno a ritrovare l’originalità ed identità dell’Associazione, e la sua missione, il ruolo che essa è chiamata a giocare nella trasformazione del mondo, nella costruzione del Regno di Dio, nella vita della Chiesa. Difatti il titolo che avete scelto per il mio tema: “L’Exallievo di Don Bosco e l’impegno oggi nella Società e nella Chiesa” è un chiaro riferimento alla identità e alla missione dell’Associazione. Questo doppio e inscindibile aspetto è tanto più importante oggi, nel momento in cui la Famiglia Salesiana ha definito la sua realtà attraverso la Carta d’Identità. In questo documento, pur garantendo una rispettosa autonomia di tutti Gruppi, ci vengono ricordati gli elementi che ci accomunano, ad incominciare dal carisma “originante” di Don Bosco fondatore e dalla sua radice trinitaria ed ecclesiale, dall’umanesimo salesiano, dalla specifica missione giovanile, popolare, educativa e dalla sua spiritualità del quotidiano. Per tutto ciò è importante che l’Associazione degli Ex-allievi ed Ex-allieve di Don Bosco rifletta sulla sua identità e missione oggi. 1. Identità Vorrei cominciare ricordando che le Associazioni di Exallievi e di Exallieve non furono fondate da Don Bosco né dai Salesiani. Esse sono nate da un senso di gratitudine vissuta e condivisa. La riconoscenza è il primo frutto di una buona educazione, perché essa continua ad essere “cosa 791 Intervento del Rettor Maggiore, Don Pascual Chávez, in occasione del Centenario della Confederazione degli Ex-allievi ed Ex-allieve di Don Bosco, Torino, 29 aprile 2012. 307 del cuore”. Una risposta spontanea al cuore di Dio che non ha risparmiato neppure il proprio Figlio per salvarci; al cuore di Don Bosco, che promise ai suoi ragazzi che sino l’ultimo respiro della sua vita sarebbe stato per loro. Per definire bene il codice dell’identità dell’Associazione giova dunque evocare il momento di nascita del Movimento Exallievi: quel 24 giugno 1870, giorno della festa di don Bosco, quando una dozzina di Exallievi si diedero appuntamento all’oratorio da essi considerato una seconda famiglia. E dopo aver commentato con Don Bosco il loro passato e il loro presente si impegnarono a coinvolgere il maggior numero possibile di loro amici in questa manifestazione di affetto e in questa esperienza di ricarica spirituale. Dal punto di vista pratico, nominarono una commissione per una migliore organizzazione del loro movimento. Gli Exallievi e le Exallieve appartengono alla Famiglia Salesiana in virtù dell’educazione ricevuta, vale a dire, che essi considerano positiva l’educazione salesiana e continuano a sentirla valida in tutta la loro vita. Veri exallievi sono coloro che sono riusciti ad essere “gli onesti cittadini e i buoni cristiani” che voleva Don Bosco. E’ naturale perciò che gli Exallievi e le Exallieve si debbano convertire nei primi apostoli di questa educazione in tutte le sue dimensioni, impegnandosi per la salvaguarda del creato, per la difesa della vita e della famiglia, per la promozione e l’educazione dei giovani, per la tutela dei diritti umani e della pace, aperti al dialogo interculturale e interreligioso. a) Exallievi/e di Don Bosco sono coloro che, per aver frequentato un oratorio, una scuola o una qualsiasi altra opera salesiana, hanno ricevuto in essa una preparazione per la vita secondo i principi del Sistema Preventivo di Don Bosco792. b) L’Exallievo di Don Bosco presenta volti molteplici che sembrano irriducibili ad un unico identikit. In parte ciò è dovuto anche all’educazione ricevuta che ha cercato di formare persone sviluppando l’originalità di ciascuno. c) L’Associazione e la Confederazione dichiarano la loro appartenenza ecclesiale, ma ne sono membri, a pieno titolo e diritto, persone di diverse confessioni cristiane, di vario livello per ciò che riguarda l’accoglienza e pratica della fede, e anche appartenenti ad altri religioni. d) Gli Exallievi si uniscono e costituiscono l’Associazione perché sentono dei legami di riconoscenza e pensano che insieme con i Salesiani possono vivere secondo l’ “educazione ricevuta”, aggiornarla e farla fruttificare. e) Parlare oggi di “educazione ricevuta”793 per indicare il titolo d’appartenenza degli Exallievi di Don Bosco alla Famiglia Salesiana, significa rievocare il vissuto carismatico delle origini e considerarne il prolungamento e lo sviluppo omogeneo di questi ormai più che cento anni. Ci troviamo dunque in presenza di un titolo d’appartenenza che fa parte genuinamente del carisma del Fondatore. Per capirne meglio la natura e per chiarirne le esigenze operative ed organizzative nell’attuale svolta culturale ed ecclesiale, bisognerà rifarsi al Sistema Preventivo794. 792 Articolo 1, b dello Statuto promulgato il 31 Gennaio 1990. Articolo 5 delle Costituzioni della Società di san Francesco di Sales. 794 E. Viganò, Lettera del Rettor Maggiore ai salesiani su gli Exallievi di Don Bosco, in: ACG 321, p. 13. 793 308 f) L’assimilazione dei valori avrà gradi e modalità differenti secondo le culture, le religioni, la qualità educativa dell’opera, la capacità di recezione dei singoli 795. g) Si possono identificare, di fatto, quattro tipi di appartenenza degli Exallievi di don Bosco, che possono contribuire a definire differenti livelli di identità. Infatti quanti sono stati studenti o hanno frequentato un ambiente salesiano, possono vivere questa esperienza come: un fatto di vita, per cui l’esperienza di essere stato in una opera salesiana viene vista come un semplice aneddoto, che non ha segnato particolarmente la propria vita; una grazia: quella d’essere stati toccati dal fascino di Don Bosco, totalmente uomo e autenticamente santo, per cui dappertutto ci si ritiene exallievi di Don Bosco; una missione: quella di sentirsi responsabili di comunicare alla società la ricchezza dell’educazione ricevuta e voler che altri possano sfruttare della grazia della educazione salesiana; un progetto di vita, che porta al bisogno di aggregarsi in associazione, con senso di istituzione, per promuoverne la crescita, continuare la propria formazione, e realizzare progetti a favore della società e della Chiesa796. 2. Missione Prima di entrare nello specifico della missione affidata all’Associazione degli Exallievi ed Exallieve di Don Bosco, sento il bisogno di richiamare la vostra attenzione al tempo liturgico che stiamo vivendo, che è quello della Pasqua del Signore Gesù, Risuscitato dai morti e divenuto nuovo Adamo, vale a dire, iniziatore della nuova umanità. La risurrezione infatti, pur essendo un’affermazione di fede dei cristiani, anzi l’affermazione prima, l’affermazione per eccellenza, dalla quale scaturisce il credo che professiamo, la liturgia che celebriamo, la vita che testimoniamo, la spiritualità che viviamo, vale a dire tutta la nostra esistenza cristiana fondata nel Battesimo, ha un bellissimo ed impegnativo significato antropologico, perché ci parla della “novità” cristiana chiamata a trasformare il mondo. Qui sta la nostra gioia pasquale. La nostra vocazione e il nostro compito di cristiani consistono nel cooperare perché giunga a compimento effettivo (nella realtà quotidiana della nostra vita) ciò che lo Spirito Santo ha intrapreso in noi col Battesimo: siamo chiamati infatti a divenire donne e uomini nuovi, per poter essere veri testimoni del Risorto e in tal modo portatori della gioia e della speranza cristiana nel mondo, in concreto, in quella comunità umana nella quale ci troviamo a vivere. Più in concreto, in virtù dell’educazione ricevuta, e come ramo della Famiglia Salesiana, l’Associazione degli Exallievi di Don Bosco: partecipa alla missione educativa della Congregazione e negli ambienti in cui opera si inserisce con lo stile laicale salesiano che la caratterizza; si impegna per la promozione umana, per la costruzione della pace e della giustizia; 795 796 E. Viganò, op. cit., p. 18. J. E. Vecchi, Exallievo di Don Bosco, pp. 67 e 68; P. Chávez, Discorso d’insediamento del Presidente Confederale, Francesco Muceo, nella IV Assemblea Mondiale Elettiva 2010, verbale IV Assemblea Mondiale Elettiva degli Exallievi, 2 ottobre 2010. 309 promuove il rispetto dei diritti umani e la solidarietà, la tolleranza e il dialogo interculturale; si pone come movimento di opinione nel dialogo con la realtà socioculturale valorizzando i processi della comunicazione sociale; cura la integrazione, la formazione e l’impegno apostolico dei centri locali, elemento base delle Federazioni; collabora con altre agenzie di bene e lavora in rete con gli organismi civili ed ecclesiali; cura i rapporti con le associazioni laicali e con tutta la Famiglia Salesiana. In effetti: a) L’Exallievo/a cristiano vive seriamente i vincoli battesimali e della Cresima, accentuando la tipica spiritualità di Don Bosco espressa in uno stile di vita apostolicamente impegnato derivante dall’essere discepolo del Cristo. A questo scopo: Promuoverà le attività a servizio dell’uomo coinvolgendo quanti, nobilmente orientati e animati da buona volontà, operano per la crescita globale della persona umana e il rispetto della famiglia; Curerà un’aggiornata sensibilità ecumenica tra i cristiani e l’apertura al dialogo con le atre religioni. b) L’Exallievo/a di altre religioni partecipa degli ideali di Don Bosco, condivide i valori educativi culturali, spirituali e sociali del suo sistema e li riconosce come patrimonio comune della famiglia umana. Si fa dispensatore di questi beni nei suoi ambienti di vita e di lavoro, e li sostiene anche con quanto suggerisce la sua religione e cultura797. c) L’Associazione degli Exallievi/e partecipa nella missione di Don Bosco e della Famiglia Salesiana in diversi modi: valorizzando e curando la famiglia, assumendo con impegno l’educazione della gioventù, “promovendo i valori inerenti alla persona umana e il rispetto della dignità dell’uomo”, incrementando la comunione attiva con tutta la Famiglia Salesiana, curando gli allievi al termine del curricolo formativo798, curando la “formazione permanente” degli associati. d) Inoltre, l’Exallievo/a di Don Bosco, cristiano o di altra religione, è chiamato ad esprimere e sviluppare oggi, da adulto, i semi della “educazione ricevuta”, cioè a svolgere la missione con: Competenza professionale: per poter dire una parola autorevole in qualunque campo della vita (la politica, l’economia, l’arte…) bisogna essere competenti, sì da diventare un autentico lievito nella società. 797 798 Articolo 2 dello Statuto promulgato il 31 Gennaio 1990. E. Viganò, op. cit., pp. 29-35. 310 Coscienza morale: vale a dire con una qualità umana, arricchita da valori che permettano la persona stessa di saper discernere e scegliere con responsabilità, ma anche orientare altri nelle loro scelte o, comunque, diventare punto di riferimento per altre persone. Impegno sociale: non pensando soltanto al successo personale, ma piuttosto al bene comune. Sarà dunque impegnato/a a costruire un mondo migliore: questo è un compito possibile e, soprattutto, è responsabilità nostra. e) Nell’impegno sociale, politico ed economico bisogna avere molto a cuore e difendere ad ogni costo i valori, soprattutto: la vita: che è sacra, dalla nascita fino alla morte. Occorre oggi inoltre aiutare specialmente i giovani a trovare il senso della vita ed impegnarci a curare la qualità della vita, specie quella dei più poveri e bisognosi. la libertà: specialmente oggi, nel momento in cui i governi sembrano agire sempre più in modo monarchico pur apparendo democratici, mettendo a repentaglio la libertà e l’impegno la responsabilità comune di costruire un mondo migliore, dove la libertà venga garantita a tutti; la verità: non solo quella scientifica, ma anche quella affettiva e spirituale, soprattutto ora quando che si assiste al passaggio da un sano pluralismo al relativismo, per sbocciare finalmente ad un nichilismo, che porta alla perdita di qualsiasi quadro di riferimento e al disfacimento della società.799 Se tutta l’educazione salesiana è orientata a formare onesti cittadini e buoni cristiani, questo vuol dire che in questo binomio si trova l’identità e la missione degli Exallievi di Don Bosco. Come cristiani o credenti appartenenti ad altre religioni siete chiamati a essere «sale della terra e luce del mondo, e lievito che fermenta la massa». Queste sono le immagini adoperate da Gesù per definire la natura e la missione dei discepoli. L’identità più profonda dell’Exallievo non è diversa. Semplicemente bisogna «essere» per avere significato e rilevanza. Dalla presenza di veri credenti dipende la manifestazione di Dio e del suo amore nel mondo: «essere testimoni di Cristo oggi esprime bene il significato di questa missione, che nessun battezzato può delegare o eludere»800. Ma se il sale perde il suo sapore, o se si mette la luce sotto il moggio, o se il lievito non ha forza per fermentare, tutte queste cose non servono a nulla. Hanno perso la ragione del loro essere e l’umanità rimane privata dei segni di Dio. Questa identità ci viene data quindi dalla nostra fede in Gesù e dal suo Vangelo, che ci rendono anzitutto testimoni attendibili. «La vostra vocazione e missione porterà frutto a condizione che, nel vostro agire, sappiate sempre ritornare a Cristo, ripartire da Cristo, mantenere fisso lo sguardo sul volto di Cristo».801 799 P. Chávez, Buona notte alla IV Assemblea Mondiale Elettiva degli Exallievi di Don Bosco, verbale 30 settembre 2010. 800 Ivi, p. 6. 801 Ivi, p. 6. 311 Come cittadini siete chiamati a essere veri cittadini di questo mondo per collaborare alla sua umanizzazione. Voi sapete bene quante persone di buona volontà, anche non credenti, sono impegnati fino in fondo nella difesa degli ecosistemi, dei diritti umani, nella lotta contro la malattia, la povertà, ecc. L’impegno dell’Exallievo è quello di partecipare da cristiani e cittadini alle attività pubbliche portando una rinnovata esigenza di giustizia sociale, di solidarietà, di sviluppo, di pace. Ugualmente si dovrà essere solidali con tutti coloro che, nel mondo, sono impegnati nella lotta per la riduzione della povertà, creando con loro reti di bene. Più in particolare, come Exallievi di Don Bosco c’è un contributo specifico da dare: credere nella gioventù, scommettere sulla educazione, promuovere il Sistema Preventivo, convinti che la scelta di Don Bosco per affrontare i problemi sociali, quella dell’educazione, è non solo la più giusta, ma anche la più efficace. Cari Exallievi, viviamo tempi esaltanti e sfidanti. Non è questo un tempo per la nostalgia o per l’irresponsabilità, non possiamo ridurci ad essere dei consumatori o dagli spettatori della storia. Abbiamo davanti un mare aperto: la propria famiglia, il campo di lavoro e della comunicazione, le attività sociali e politiche, la gioventù, la stessa Famiglia Salesiana, il mondo. Voi siete responsabili di portare nella società i valori cristiani ed educativi salesiani. «Gli Exallievi sono, di per sé, particolarmente preparati, appunto per l’educazione ricevuta, ad assumere una responsabilità di collaborazione secondo le finalità proprie del progetto salesiano»802. Sappiamo quanto don Bosco amasse i suoi allievi, ma diceva agli exallievi «vi amo ancora di più, perché mi fate vedere che il vostro cuore è sempre per don Bosco… /… voi sarete luce che risplende in mezzo al mondo, e col vostro esempio insegnerete agli altri come si debba fare il bene e detestare e fuggire il male. Sono certo che voi continuerete ad essere la consolazione di don Bosco»803. Il vostro Congresso coincide felicemente e provvidenzialmente con la celebrazione del 50° anniversario del Concilio Vaticano II, un evento straordinario, a ragione considerato come una nuova Pentecoste. Sotto l’influsso del soffio dello Spirito Santo, la Chiesa ha preso coscienza che doveva riconciliarsi con il mondo, riconoscere l’autonomia delle realtà terrene, diventare solidale con l’uomo nella sua storia, entrare in dialogo con la cultura, optare per le libertà e i diritti delle persone e dei popoli, definire meglio la sua identità e missione, diventare serva dell’uomo e incarnarsi nel mondo. La Chiesa e gli Exallievi in essa sono dunque chiamati a cogliere questa grande opportunità, e anzitutto ad esserne consapevoli. Il nostro atteggiamento non dovrà mai essere, pertanto, quello di un rinunciatario ripiegamento su noi stessi: occorre invece mantenere vivo e se possibile incrementare il nostro dinamismo, occorre aprirsi con fiducia a nuovi rapporti, non trascurare alcuna delle energie che possono contribuire alla crescita culturale e morale dell’Italia e degli altri paesi in cui vi trovate a vivere. Tocca a noi infatti dare risposte positive e convincenti alle attese e agli interrogativi della nostra gente: se sapremo farlo, la Associazione renderà un grande servizio non solo alle nazioni da cui provenite e dove svolgete la vostra missione, ma anche a tutto il mondo. Se è vero che oggi, ovunque, è presente l’insidia del secolarismo, è altrettanto universale la necessità di esprimere e testimoniare una fede vissuta in rapporto alle sfide del nostro tempo. 802 803 Il progetto di vita dei Salesiani di Don Bosco, pag. 115. MB XVII, 173-174. 312 A modo di conclusione Ecco, cari Exallievi ed Exallieve, il compito della vostra Confederazione Mondiale, chiamata ad offrire il proprio contributo in questo momento della storia del mondo, anzitutto vivendo ed attuando l’educazione che avete ricevuto. L’educazione salesiana è un’educazione che aiuta a divenire seme nel mondo e che ci insegna ad impostare “gli affari del mondo” sotto la luce del Vangelo. La nostra presenza salesiana, nelle sue variate forme, è chiamata, in quest’ora storica, a far capire e far trionfare la priorità dello spirito sulla materia; la priorità delle persone sulle cose; la priorità dell'etica sulla tecnica; la priorità del lavoro sul capitale; la priorità di una giusta distribuzione dei beni; la priorità del perdono sulla giustizia; la priorità del bene comune sugli interessi personali. Cari amici, vi ringrazio di quello che siete e di quello che rappresentate. La vostra responsabile appartenenza alla Famiglia Salesiana e la vostra vita sono il migliore monumento al sistema educativo di don Bosco. Grazie e coraggio! La Società e la Chiesa in tutto il mondo hanno bisogno di voi come «onesti cittadini e buoni cristiani». Maria Ausiliatrice e don Bosco vi benedicano e vi rendano instancabili apostoli dei giovani, animati dalla passione del «Da Mihi Animas…» 313 314 Compromiso social, político, económico y religioso del Antiguo Alumno de don Bosco: una misión “Un día don Cafasso804 me llamó y dijo: -ya ha terminado el período de sus estudios; es necesario que vaya a trabajar. ¿A qué os sentís más inclinado?... -Mi inclinación apunta a ocuparme de la juventud. –Vaya, pues, a pasar unas semanas de vacaciones. Al volver, le indicaré su destino. …Días después el teólogo Borel805 le dice: Será director del pequeño hospital de santa Filomena; trabajará también en la Obra del Refugio. Mientras tanto, Dios le pondrá delante lo que deberá hacer por la juventud”. Hablamos largamente varias veces sobre las normas que seguir para ayudarnos mutuamente a la hora de visitar las cárceles y cumplir con las obligaciones que se nos habían confiado”806. He querido iniciar mi intervención con el diálogo que sostuviera don Bosco con don Giuseppe Cafasso, concluidos sus estudios en el Convitto ecclesiastico, porque fue una conversación iluminadora, un proceso de discernimiento de calidad que invitaba al novel presbítero, don Bosco, a definir su misión sacerdotal dentro de la Iglesia turinesa. En el coloquio sostenido se crea una secuencia estupenda de expresiones, consideraciones y provocaciones que pueden ser útiles a los Antiguos Alumnos: “…ha terminado el período de sus estudios…”, “…vaya a trabajar”. “¿A qué os sentís más inclinado?...”, “…Juventud…”, “…tómese unas semanas de vacaciones…”, “…Dios le pondrá delante lo que deberá hacer por la juventud”…, “…visitar las cárceles…”. Sin lugar a dudas, don Cafasso se había convertido en el instrumento escogido por Dios que ayudaría a don Bosco a definir su identidad y su misión específica como sacerdote. Pedro Braido 807 afirma, refiriéndose a don Bosco, que "La vivacidad de la inteligencia, más práctica que teórica, la sensibilidad por los problemas propios de la condición humana, la sólida adhesión a lo concreto, real y operable, lo mantienen en constante apertura 'a las necesidades de los tiempos'. Por lo tanto se manifestará como hombre bien anclado en la tradición pero, al mismo tiempo, nuevo e innovador, sorprendentemente libre". Su vida sacerdotal y su acción educativa, sus múltiples relaciones y su profunda espiritualidad, todo, estaba orientado al servicio de los jóvenes. "No dio un paso, no pronunció palabra, ni acometió empresa que no tuviera por objeto la salvación de la juventud", dirá su primer sucesor, don Miguel Rua. Es la opción de vida de este sacerdote, 804 Don Cafasso era el brazo derecho de Guala. Con una virtud a toda prueba, su prodigiosa calma, su perspicacia y prudencia logró que desapareciera la aspereza que aún quedaba entre algunos de los probabilioristas (es una doctrina de teología y filosofía moral cristiana, basada en la idea de que es justificado realizar una acción, aún en contra de la opinión general o el consenso social, si es que hay una posibilidad, aunque sea pequeña, de que sus resultados posteriores sean buenos, optando así por la libertad. Este concepto se desarrolló en medio del ambiente escolástico español de la llamada Escuela de Salamanca, entre fines del siglo XVI y fines del siglo XVII, siendo defendido principalmente por teólogos jesuitas, que lo propagaron por toda Europa y América.) contra los seguidores de san Alfonso (Juan Bosco, Memorias del Oratorio de San Francisco de Sales de 1815 a 1855, CCS, Madrid 2003, p. 87). 805 Desde el primer momento descubrí en el teólogo Borel a un santo sacerdote, un modelo digno de admiración e imitación. En cuanto disponía de una oportunidad para entretenerme con él, recibía siempre lecciones de celo sacerdotal, consejos provechosos y estímulos hacia el bien” (Juan Bosco, Memorias del Oratorio, Op. Cit., p. 87). 806 MO, pp. 95-97. 807 P. Braido, Don Bosco, sacerdote de los jóvenes en el siglo de las libertades, Didascalia 2009, p. 21. 315 hijo de su tiempo, que se profesará incondicional del Papa y al mismo tiempo ciudadano con afecto hacia el Gobierno y hombre de orden en un Estado claramente laico; libre en su opción vocacional de "sacerdote de los jóvenes" con actividades y obras diversas y autónomas; libre en su obrar quiere y da vida a la Sociedad Salesiana formada por ciudadanos libres ante el Estado y al mismo tiempo sujeta a la autoridad del Papa. Movido por convicciones espirituales, educativas y pastorales hechas síntesis en su sistema preventivo: razón, religión y amor. Se preocupa por la salvación integral de aquellos que la Providencia le confiaba. La clave de comprensión de los Antiguos Alumnos ha de buscarse en la figura de don Bosco. Los Antiguos Alumnos son el fruto fehaciente de su Sistema Educativo, sus encuentros anuales en torno a la persona de don Bosco sacerdote era el signo más fidedigno de su agradecimiento por la “educación recibida”. En consecuencia, la identidad de los Antiguos Alumnos tiene sus raíces en el sentirse agradecidos e ir al padre y amigo para estar con él, apoyarle afectiva y efectivamente en su labor educativa y evangelizadora. Jesús Graciliano González en la ponencia que ofreció en la “X Escuela de Delegados de Antiguos Alumnos808”, expresó: El movimiento de los Antiguos Alumnos nació en torno a la persona de Don Bosco y nunca se ha concebido una asociación de Antiguos Alumnos sin referencia a la figura de Don Bosco. Es el atractivo, la fascinación de la bondad animadora, de su simpatía, de su estilo de vida y de santidad lo que atrae y hace volver a las casas salesianas, que son todas casas de Don Bosco. De hecho, el movimiento de los Antiguos Alumnos ha estado siempre muy ligado a la exaltación y al recuerdo de Don Bosco, como lo demuestran la activa participación de los Antiguos Alumnos en las iniciativas de levantar monumentos y hacer homenajes a su persona. Por ello, hablar de “Antiguos Alumnos Salesianos” sería una traición a la identidad misma de los Antiguos Alumnos de don Bosco. Ellos se reunían entorno a don Bosco no entorno a los salesianos. Entonces, ¿quiénes son los Antiguos Alumnos de don Bosco? 1. Identidad de los Antiguos Alumnos Continúa expresado Jesús Graciliano González809 que “el Antiguo Alumno de don Bosco era aquel que se había sentido querido, protegido, educado en unos valores que habían formado su mente, su conciencia y su corazón. Se trataba de un doble encuentro de afectos: por un lado el afecto de don Bosco que quería de corazón y consideraba como hijos suyos a todos los que habían sido alumnos del Oratorio. Por otra parte, el afecto de los Antiguos Alumnos hacia quien los había querido, educado y hecho hombres de provecho. Sin don Bosco no hubieran podido llegar donde habían llegado y esto producía en ellos un sentimiento de amor y de gratitud. El estudio de la persona, la pedagogía y la espiritualidad de don Bosco para un Antiguo Alumno es fundamental ya que es en su persona que cada miembro de la Asociación se encuentra con los orígenes, refuerza su identidad y encuentra la fuerza y la pasión para dedicarse a la misión salesiana. Jesús Graciliano González, “El Antiguo Alumno en la mente de don Bosco y de don Rinaldi. Proyección en el momento actual”. Ponencia presentada en la “X Escuela de Delegados de Antiguos Alumnos, Escorial, Madrid, 26 de julio de 2012, p. 17 del documento. 809 Jesús Graciliano González, “El Antiguo Alumno en la mente de don Bosco y de don Rinaldi. Op. Cit., pp. 2 y 3 del documento. 808 316 El movimiento de Antiguos Alumnos no fue instituido por Don Bosco ni por sus colaboradores como una asociación post-escolar, con elementos escogidos, ya maduros, sino que brotó por sí mismo, con la fuerza propia de aquellas cosas cuyo origen y vida derivan de causas naturales y espontáneas. El movimiento de Antiguos Alumnos nació espontáneamente, no fue programado por don Bosco, fue un movimiento que nació de las bases”. Entonces ¿quién es el Antiguo alumno? El Estatuto810 de la Confederación Mundial de los Exalumnos en su artículo primero define a los “Exalumnos y Exalumnas de don Bosco” son aquellos que, por haber frecuentado un oratorio, una escuela o cualquier otra obra salesiana, han recibido en ella una preparación para la vida con grados y modalidades diversos según las culturas, las religiones, la calidad educativa de la obra y la capacidad de recepción del individuo811, según los principios del Sistema Preventivo de Don Bosco: formar personas desarrollando la originalidad de cada uno. A ser Antiguo Alumno se comienza desde el mismo momento en que se ingresa en un colegio salesiano, en el oratorio centro juvenil, etc. Hace falta que el alumno, al retirarse de la casa salesiana, sienta una poderosa atracción hacia ella misma; comprenda el honor que significa haber pasado por las aulas y los patios salesianos; entienda que el ser ex alumno de Don Bosco es algo muy distinto de ser ex alumno de cualquier otro colegio religioso; en cuanto el ex alumno forma parte de la Familia Salesiana. El joven debe salir de la casa salesiana con la predisposición de convertirse en ex alumno práctico desde el mismo momento en que abandona definitivamente el obra812. 2. La misión del Antiguo Alumno de don Bosco hoy Para comprender la misión del Antiguo Alumno de don Bosco es esencial tomar conciencia que formáis parte de la gran Familia Salesiana. Dice la Carta de la Identidad de la Familia Salesiana: “La Familia Salesiana es una Familia apostólica. Los Grupos que la componen son todos sujetos responsables de misión común, aunque en medida y formas diversas. … En virtud de su vocación especial, cada persona que pertenece a los distintos Grupos es una enviada, llamada por tanto a desplegar la misión común según el papel que se le ha confiado, su capacidad y las posibilidades que le son propias”813. Y “la misión de la Familia Salesiana se dirige a los jóvenes y a los adultos, considerados como protagonistas y destinatarios de la educación y situados en sus contextos sociales, culturales, religiosos y eclesiales especiales, con particular referencia a los lugares de misión”814. El compromiso en la misión de don Bosco para un Antiguo Alumno es un imperativo que le viene por la “educación recibida”. El amor a don Bosco impulsa a los Antiguos Alumnos a amar lo que él amó: los jóvenes más pobres y en situaciones de riesgo. El Artículo 2 del Estatuto de la Confederación Mundial de Antiguos Alumnos señala que la misión del Exalumno tiene sus raíces en los sacramentos del Bautismo (les hace hijos de Dios) y de la Confirmación (les invita a sumir con responsabilidad la misión de la Iglesia), además se indica que la misión se realiza desde el carisma de don Bosco. “El Exalumno-Exalumna cristiano vive seriamente las promesas bautismales y las de la Confirmación distinguiéndose por el original carisma de don Bosco. Dicho carisma se encarna en un estilo de vida Estatuto de la Confederación Mundial de los Exalumnos y Exalumnas de don Bosco. Textos aprobados “ad experimentum”, Roma, 24 de junio de 2011. 811 E. Viganò, Animación de los Exalumnos de don Bosco hoy, en Actas del Consejo General LXVIII (1987) n. 321, p. 18. 812 Jesús Graciliano González, Op. Cit., p. 21. 813 Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, art. 15. 814 Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, art. 16. 810 317 comprometido apostólicamente y fundado en la razón, en la religión y en la amabilidad, orientado a los jóvenes, coherente con la alegría que se sigue del ser discípulo de Cristo”. Significa que cuando un Antiguo Alumno decide vivir en la indiferencia, en la frialdad, indiferente a la misión salesiana, de don Bosco y de la Iglesia, no está respondiendo a su compromiso como bautizado, como miembro de la Familia Salesiana y como miembro de la Asociación. Este imperativo en la misión juvenil no se circunscribe solamente a los Antiguos Alumnos cristianos, sino que también se ensancha a los de otras confesiones religiosas o aconfesionales. La Asociación de Exalumnos en su preocupación por llegar a todos, acoge a pleno título miembros de otras confesiones religiosas. Estos están llamado a vivir los ideales humanos y educativos - culturales de don Bosco. “El Exalumno-Exalumna de otras religiones participa en los ideales de don Bosco, comparte los valores educativos culturales, espirituales y sociales de su Sistema y los reconoce como patrimonio común natural y universal de la familia humana. Difunde estos bienes en sus ambientes de vida y de trabajo, y los sustenta también con lo que su religión y su cultura le sugieren”815. La Asociación ha de emplear todas sus energías para motivar a los Antiguos Alumnos para que defiendan por todos los medios el compromiso social, político y económico del Exalumno y Exalumnas, en especial de los valores: la vida, la libertad y la verdad816. Los ámbitos anteriormente citados competen a todas las personas de buena voluntad, no se circunscriben a los católicos. La misión educativa de don Bosco no excluye a nadie, basta que sean jóvenes para que se constituyen en centro de atención de la misión salesiana. Además, según el Estatuto de la Confederación Mundial “el concepto de laicidad es extensivo también a los Exalumnos y a las Exalumnas de otras culturas y religiones”817. Sostiene Jesús Graciliano González818 que “don Bosco confía a los Antiguos Alumnos la tarea de prolongar en el ejercicio de su paternidad, física o espiritual, la misión educativa y el método preventivo de que ellos mismos habían sido beneficiarios. A los Antiguos Alumnos laicos les recomendaba no sólo mostrarse siempre y en todas partes "buenos cristianos y hombres probos", y, si eran padres de familia, hacer partícipes a los propios seres queridos de la educación recibida en el Oratorio: "Somos Salesianos, y como tales lo olvidamos todo, perdonamos a todos, haremos todo el bien que podamos y mal a nadie"; por lo tanto, mostrarse "buenos Salesianos, verdaderos hijos de D. Bosco, cuyo deseo más vivo es poblar el Cielo de almas y despoblar el infierno, si me fuera consentido"; "De la educación que habéis recibido de don Bosco en el Oratorio, haced que participen vuestros seres queridos"819. A ellos les exponía también posibilidades de una específica inserción social. "Algunos -les decía en el encuentro del domingo 23 de julio de 1882- han sugerido resucitar en medio de vosotros nuestra antigua Sociedad de mutuo socorro". 3. El compromiso social, político, económico y religioso de los Antiguos Alumnos. El Antiguo Alumno de don Bosco hace suya las propuestas que la Iglesia hace a los laicos en el ámbito social, político, económico y religioso. 815 Artículo 2 del Estatuto promulgado el día 31 de enero del 1990. Estatuto de la Confederación Mundial de los Exalumnos y Exalumnas de don Bosco. Textos aprobados “ad experimentum”, Roma, 24 de junio de 2011, art. 3. 817 Estatuto de la Confederación Mundial de los Exalumnos y Exalumnas de don Bosco. Textos aprobados “ad experimentum”, Roma, 24 de junio de 2011, art. 12, b. 818 Jesús Graciliano González, OP. Cit. 819 La gratitudine filiale a lieta mensa colla bontà paterna. BS (1880) n. 9, settembre, 11. 816 318 El compromiso social de los fieles laicos comprende todos los ámbitos de la vida en la comunidad. La Iglesia en sus enseñanzas, principalmente las contenidas en su doctrina social nos indica que hay que cuidar siempre la defensa de la centralidad de la persona humana: todas las estructuras sociales, económicas y políticas deben estar al servicio del hombre y no viceversa. Este compromiso de los fieles cristianos laicos brota de su identidad, y la fuente de esta identidad es su ser discípulos de Cristo por el bautismo820. Su apostolado es un derecho y un deber que deriva de su misma unión con Cristo. Es el mismo Señor el que los destina a realizar su misión en el mundo821 . El Beato Juan Pablo II subrayó en repetidas ocasiones este compromiso, las siguientes palabras dirigidas particularmente a los laicos lo atestiguan: “Nuevas situaciones, tanto eclesiales como sociales, económicas, políticas y culturales, reclaman hoy, con fuerza muy particular, la acción de los fieles laicos. Si él no comprometerse ha sido siempre algo inaceptable, el tiempo presente lo hace aún más culpable. A nadie le es lícito permanecer ocioso”822. Hoy, por la situación que vivimos, es particularmente urgente actuar coherentemente con la fe que profesamos e influir positivamente en la vida social. Los Antiguos Alumnos tomando conciencia de su compromiso social político, económico y religioso en la sociedad, y actuando en consecuencia, hacen presente su amor a don Bosco y a su misión; asumiendo con pasión y diligencia cuanto la Iglesia propone a los laicos en su magisterio expresan el amor que don Bosco profesaba al Papa. a) Social: familia, inmigración La tarea de reconstruir el tejido social, de renovar la sociedad y contribuir al progreso social, inicia con la renovación de las personas, es decir, de los Antiguos Alumnos. De una renovación interior que si es auténtica conducirá necesariamente al compromiso por cambiar las estructuras sociales y las opiniones culturales que son contrarias a la dignidad humana. Es decir, comporta un compromiso en tres niveles: el crecimiento interior, la institución de estructuras que faciliten el desarrollo integral de las personas y la supresión de las “estructuras de pecado”, y, finalmente la promoción de una cultura que acoja la verdad plena del ser humano, es decir, que contemple a todo el hombre y a todos los hombres. Es muy importante tomar conciencia de la necesidad de vivir de acuerdo a los valores, y para el Antiguo Alumno de lograr una síntesis entre fe y vida. El Papa Pablo VI decía en 1971 unas palabras que resultan muy actuales: “Que cada cual se examine para ver lo que ha hecho hasta aquí y lo que debe hacer todavía. No basta recordar principios generales, manifestar propósitos, condenar las injusticias graves, proferir denuncias con cierta audacia profética; todo ello no tendrá peso real si no va acompañado en cada hombre por una toma de conciencia más viva de su propia responsabilidad y de una acción efectiva. Resulta demasiado fácil echar sobre los demás la responsabilidad de las presentes injusticias, si al mismo tiempo no nos damos cuenta 820 Cf. Constitución Dogmática Lumen Gentium de su Santidad Pablo VI. Sobre la iglesia, no. 3; Exhortación Apostólica Post-Sinodal Christifideles Laici de su Santidad Juan Pablo II. Sobre vocación y misión de los laicos en la Iglesia y en el mundo, 31. 821 Constitución Dogmática Lumen Gentium, 2. 822 Exhortación Apostólica Post-Sinodal Christifideles Laici, 3. 319 de que todos somos también responsables, y que, por tanto, la conversión personal es la primera exigencia”823. El camino es que cada Antiguo Alumno se plantee cuestionamientos iguales o similares a los que propuso don Cafasso a don Bosco para descubrir lo que Dios le pide en este momento y en estas circunstancias: “…ha terminado el período de sus estudios…”, “…vaya a trabajar”. “¿A qué os sentís más inclinado?...”, “…Juventud…”, “…tómese unas semanas de vacaciones…”, “…Dios le pondrá delante lo que deberá hacer por la juventud”…, “…visitar las cárceles…”. Se de muchos Antiguos Alumnos que se han planteado con seriedad su misión en la Iglesia y en la sociedad y han hecho opciones ejemplares. La Confederación Española de Antiguos Alumnos está llamada a discernir la voluntad de Dios. Por ello, sus líderes han de ser conscientes de que el crecimiento y desarrollo de los Antiguos Alumnos en España está en sus manos; es su responsabilidad animar, motivar y gobernar la Asociación asegurando la implicación de todos los asociados en temas tan fundamentales como la política, la economía, la ética, la familia, la emigración y la evangelización. Para alcanzar estas metas es esencial contar con una buena planificación y proyectos con objetivos bien definidos que se evalúan en el tiempo para verificar su cumplimiento. En el ámbito social os invito a considerar dos temas fundamentales: la familia y el fenómeno migratorio. Nos centramos en ellos porque para don Bosco eran esenciales. El ámbito de la familia El Capítulo General 26 de los salesianos al referirse a la familia señala que “una particular atención hay que reservar para la situación actual de la familia, que es el sujeto originario de la educación y el primer lugar de evangelización. Toda la Iglesia ha tomado conciencia de las graves dificultades en las que ésta se encuentra y advierte la necesidad de ofrecer ayudas extraordinarias para su formación, su desarrollo y el ejercicio responsable de su misión educativa. Por esto, también nosotros estamos llamados a hacer de modo que la pastoral juvenil esté cada vez más abierta a la pastoral familiar”824. La Familia Salesiana está llamada a renovar sus esfuerzos por la familia ofreciendo experiencias de formación que le ayuden a afrontar sus dificultades y siga siendo como iglesia doméstica “sujeto originario de la educación y el primer lugar de evangelización”. La familia es la clave para el futuro de toda sociedad, de todo país, de la humanidad825. La familia plurisecularmente entendida como la comunidad que nace de la íntima comunión de vida y de amor conyugal fundada sobre el matrimonio entre un hombre y una mujer 826, y que posee una específica y original dimensión social, en cuanto lugar primario de relaciones interpersonales, primera y vital célula de la sociedad827. Es evidente que gran parte de las situaciones sociales difíciles por las que estamos atravesando, las realidades dolorosas que nos aquejan hoy y que contradicen la vocación inscrita en el 823 Carta Apostólica Octogesima Adveniens del Sumo Pontífice Papa Pablo VI en ocasión de los 30 años de la Rerum Novarum, 48. 824 Capítulo General XXVI de los Salesianos de Don Bosco. “Da Mihi Animas, Cetera Tolle”, Roma, 23 de febrero – 12 de abril de 2008, 99. 825 Cf. Exhortación apostólica Familiaris Consortio de su Santidad Juan Pablo II al Episcopado, al Clero y a los Fieles de toda la Iglesia sobre la Misión de la Familia Cristiana en el Mundo Actual, 86. 826 Cf. Constitución pastoral Gaudium et Spes. Sobre la Iglesia en el mundo actual, 48. 827 Cf. Decreto Apostolicam Actuositatem. Sobre el Apostolado de los Laicos, 11. 320 corazón de todos los seres humanos a la vida plena, a la fraternidad y a la solidaridad, se combaten primordialmente en el seno de las familias. La familia es el primer agente de socialización, la primera escuela que enseña a vivir. Es allí donde primero se asimilan y viven los principios y valores humanos y éticos que guían los pasos de una sociedad. Es la primera e insustituible escuela donde se aprende a amar, a respetar la vida –la propia y la de los demás–, a construir, a crear relaciones fraternas y solidarias, Pienso que no es simplista afirmar que para tener equilibrio social y vigor cultural, es necesario, afirma el jesuita Hervé Carrier, cuidar “la salud moral de las familias... La familia, además de ser la célula que da su crecimiento físico a la sociedad, es también el hogar donde se arraiga y se desarrolla toda cultura viva. Es en su seno donde el niño descubre su identidad cultural, donde aprende la lengua materna, principal vehículo de la cultura, y donde se familiariza con las reglas elementales de la sociabilidad y de la fraternidad. Estas funciones no han perdido nada su importancia –sino todo lo contrario– en la sociedad pluralista y multicultural de nuestros días”. Si queremos tener en nuestra sociedad cuotas más altas de humanización y de justicia, entonces es importante cuidar la salud moral de la familia, porque es en la familia donde el individuo capta la importancia de estos valores y la necesidad de reproducir en la sociedad lo que ha descubierto en su propia familia. Existe una fuerte relación «entre ética de la vida y ética social, [la Iglesia es] consciente de que “no puede tener bases sólidas, una sociedad que — mientras afirma valores como la dignidad de la persona, la justicia y la paz— se contradice radicalmente aceptando y tolerando las más variadas formas de menosprecio y violación de la vida humana, sobre todo si es débil y marginada”»828. Adolescentes embarazadas La prevención del embarazo de adolescentes es una tarea que requiere de implementación de programas en educación afectivo sexual por parte de la Iglesia, del Estado y de la sociedad en general. Esta es un área de trabajo en el cual los Antiguos Alumnos pueden involucrarse para contribuir en la disminución de esta problemática social. Según el Ministerio de Sanidad y Consumo Español, el 12% de las jóvenes con edades entre 14 y 15 años, han mantenido relaciones sexuales alguna vez, lo que significa 160.000 en números absolutos, previéndose que alcanzarán 400.000. Deben tenerse en cuenta, además de los nacimientos de madres adolescentes y el porcentaje de adolescentes sexualmente activas, los más de 6.000 abortos ocurridos en mujeres entre los 14 y 19 años por lo que, el supuesto descenso de la tasa de embarazadas adolescentes, no lo fue tanto. En España, a partir de los años ´80, se ha registrado un incremento en el uso de contraceptivos y preservativos comercializándose, en 1993, unos 40 millones de preservativos, equivalente a la media más alta de los países de la Comunidad Europea (3,5 preservativos por habitante). Actualmente no se dispone de datos precisos sobre el número de adolescentes que abortan. Sólo 2/3 de los embarazos de adolescentes llegan al nacimiento de un hijo; de los nacidos, un 4% son dados en adopción y un 50% permanecen en hogar de madre soltera. De igual forma, un 828 Carta Encíclica Caritas in Veritate del Sumo Pontífice Benedicto XVI a los Obispos, a los presbíteros y Diáconos, a las personas consagradas, a todos los fieles laicos y a todos los hombres de buena voluntad. Librería Vaticana 2009, 15. 321 8% de las adolescentes embarazadas abortan y un 33% permanece soltera durante el embarazo829. Estos números son solo el fruto de los hechos. “La educación sexual y la información que se le da al adolescente en 830España es exigua. Los jóvenes no están suficientemente informados y aun hay que hacer un extenso trabajo para promover la información y la formación”831. La constatación de esta realidad ha de impulsar a la Iglesia, a la Familia Salesiana y a los Antiguos Alumnos a responder desde los planes educativo-pastorales que ya se tienen en las Diócesis y en las Inspectorías o con iniciativas específicas. En el ámbito de la inmigración Sostienen los obispos Españoles que “la emigración en sí misma no es un mal, es un fenómeno humano complejo y tan antiguo como la misma humanidad. Tiene serias repercusiones en las personas, en las familias y en la sociedad. Unas positivas: como la mejora de las condiciones económicas del emigrante, de su familia y de su país de origen; la elevación, en muchos casos, del nivel cultural y profesional; la apertura a nuevos horizontes y a relaciones humanas más ricas, etc. Otras negativas: como el desarraigo, el riesgo de ruptura familiar, la pérdida de la salud, el aislamiento, la soledad, la marginación, la explotación… y una mezcla de amor a la patria, que se sigue considerando como propia, y de odio a la misma por no haber proporcionado al que tiene que emigrar las condiciones mínimas para seguir viviendo en su tierra”832. La sensibilidad misionera de don Bosco tuvo sus inicios durante el trienio de estudios en el Convitto, en Turín (1841-1844), estando en contacto tanto con Giuseppe Cafasso, como también con los padres Oblatos de María Virgen. En el 1864 don Bosco pudo encontrarse con Daniel Comboni y mantener la relación con él a través de cartas. En el 1870 varios padres conciliares aprovecharon para pedirle a don Bosco que enviara los salesianos a California, África, Asia y Australia833. La preocupación de don Bosco por los emigrantes tuvo sus inicios con la primera expedición misionera a Argentina. Él se dirigió a los misioneros salesianos en estos términos: “os recomiendo, además, con insistencia particular la dolorosa situación de muchas familias italianas, que viven diseminadas por aquellas ciudades y pueblos y hasta en medio de los campos. Están lejos de las escuelas y de las iglesias, y ni los padres ni los hijos, poco conocedores de la lengua y las costumbres de aquellas tierras, van a participar en las prácticas religiosas, y, cuando van, salen sin entender nada. Por eso me escriben que encontraréis un gran número de muchachos y de adultos que viven en la más deplorable ignorancia de la lectura, la escritura y de todo principio religioso. Id, buscad a estos hermanos nuestros, a los que la miseria o la aventura llevó a tierras lejanas, e industriaos para hacerles conocer cuán grande es la 829 830 http://med.unne.edu.ar/revista/revista107/emb_adolescencia.html . María R. Sahuquillo Reyes Rincón, ¿Anticonceptivos en el instituto? Funciona, en: “El País”, domingo 4 de noviembre de 2012, sesión Vida & arte, p. 34. 832 La Iglesia en España y los inmigrantes. Reflexión teológico-pastoral y Orientaciones prácticas para una pastoral de migraciones en España a la luz de la Instrucción Pontificia Erga migrantes caritas Christi. Madrid, 22 de noviembre de 2007. 833 F. Motto, Bosco (don) Giovanni e la Missione dei Salesiani per i migranti, en: Diccionario Socio-Pastoral bajo la dirección de Graziano Battistella, San Paolo, Milano 2010, p. 61. 322 misericordia de Dios, que os manda para bien de sus almas, para ayudarles a conocer y seguir el camino seguro de su eterna salvación”834. En el ámbito migratorio extra europeo, sobre todo de italianos, los salesianos dieron, al menos hasta la Segunda guerra mundial, su aporte en dos sentidos: religioso, preocupados por la condición moral y espiritual de los emigrantes y de su inserción en la Iglesia local; sociocultural, convencidos de que la pérdida de la cultura implicaría la pérdida de la fe heredada835. La situación de los emigrantes latinoamericanos, africanos, asiáticos, etc. en Europa no es de ningún modo mejor a la descrita por don Bosco en América. Los países del Sur de Europa, y entre ellos particularmente España, han experimentado en los últimos años una radical transformación en su posición en el sistema internacional de migraciones. Estos países exportaron mano de obra durante la mayor parte del siglo XX hasta la crisis del petróleo de 1973 que la emigración empezó a remitir y se convirtieron gradualmente en receptores de inmigración. En España, esta tendencia se inició en los años 80, se aceleró de modo considerable desde la segunda mitad de los años 90. Durante el año 2004 España fue el segundo país del mundo por volumen de inmigrantes recibidos, justo detrás de Estados Unidos. En 2009, de los 46,6 millones de empadronados en España, 5.6 millones de personas son extranjeras, lo que representa el 12% del total de inscritos. En honor a la verdad, hemos de reconocer que en la Comunidad Europea uno de los países que ofrecen mejores atenciones a los inmigrantes es España. También es cierto, que la crisis económica por la que pasa Europa y por supuesto España les ha obligado a crear leyes que no permiten a los inmigrantes beneficiarse de una serie de ayudas que antes se ofrecían, sobre todo en las áreas sanitaria y laboral. Por ejemplo, “el gobierno español ha retirado el derecho de la tarjeta sanitaria a los extranjeros sin papeles y la destrucción de empleos tampoco favorece en nada la acogida de más personas, ni siquiera de las que lo pretenden en condiciones legales. Pero los inmigrantes sin documentos no van a desparecer simplemente porque España y otros países del sur de Europa sean un poco menos ricos”836. Durante el período de inmigración moderada (1975-1985 y 1985-1995) el crecimiento de la población inmigrante estaba protagonizado por población africana, seguida de lejos por población asiática y latinoamericana. Sin embargo, el período reciente de gran incremento de la población inmigrante ha sido protagonizado por la afluencia de población procedente de Europa del Este y América Latina. Pero también la crisis económica ha devuelto a España, aunque de forma limitada, su antigua condición de país de emigración. Hoy miles de españoles intentan salir hacia Alemania y otros pises de la Unión Europea. Es, decir el paro empuja a los europeos hacia el norte, mientras el flujo de africanos sigue desde el sur. En el momento actual de una sociedad en transformación hacia modelos multiétnicos y multiculturales, la pastoral de migraciones, como misión, debe afrontar la inculturación como un reto necesario. Para ello es imprescindible el diálogo, en el que han de implicarse no sólo los expertos, sino todo el Pueblo de Dios, como pide Juan Pablo II837. Continúan afirmando los obispos Españoles838 que “el fenómeno migratorio sitúa hoy a nuestras Iglesias locales, parroquias, comunidades y fieles ante el reto, nada fácil, de hacer el camino 834 E. Ceria, Memorias Biográficas del beato don Bosco, Vol. XI, CCS, Madrid 1985, p. 328. F. Motto, Bosco (don) Giovanni e la Missione dei Salesiani per i migranti, OP. Cit., pp. 66 y 67. 836 Éxodos sin fin”, en: “El País”, domingo 4 de noviembre de 2012, sesión opinión, p. 30. 837 Cf. Juan Pablo II, Carta encíclica Redemptoris Missio (7-XII-1990), no. 54. 838 La Iglesia en España y los inmigrantes. Reflexión teológico-pastoral y Orientaciones prácticas para una pastoral 835 323 desde una Iglesia monocultural a una Iglesia pluricultural, universal, católica, considerada no sólo en su conjunto global, sino también en cada Iglesia local, en la misma realidad parroquial y en el corazón de cada fiel. Es evidente que la Iglesia, en el trato y atención a los inmigrantes, debe actuar desde los principios de su Doctrina Social en todo lo que se refiere a la condición del trabajador y practicar en su relación laboral con inmigrantes la justicia en las relaciones laborales. A los que los contratan y a la Administración pública exigirá la consideración debida a los inmigrantes y a sus familias y el cumplimiento de la justicia. Se impone la persecución, denuncia y lucha contra las mafias y los traficantes de seres humanos. Aunque la persecución de este tipo de delincuencia no es competencia de la Iglesia, esta puede colaborar a erradicarla, socorriendo a las víctimas, denunciando los abusos y contribuyendo a crear condiciones más justas y dignas que hagan más difícil y hasta imposible estas actividades delictivas con víctimas humanas. Especial consideración merece también en este apartado la situación de los reclusos extranjeros. Aunque la legislación y su aplicación no plantean un trato discriminatorio con respecto a la población reclusa autóctona, de hecho, como es fácilmente comprensible, viven en desventaja y generalmente, cumplida la condena o antes, son expulsados del país. En este campo, la Iglesia, además de ejercer su función de Buen samaritano estableciendo los servicios adecuados para “humanizar” la condena, velará para que los reclusos extranjeros sean tratados siempre como reclama su dignidad de personas y hará cuanto esté en su mano para evitar posibles abusos. La Iglesia debe dar ejemplo en su trato y consideración con los inmigrantes. Sobre todo en los primeros momentos, y en algunas situaciones de modo continuado, es necesario prestar a estas personas los servicios elementales que cubran sus primeras necesidades y que garanticen la salvaguarda de la dignidad de todo ser humano y de sus derechos fundamentales, independientemente de la situación legal en que se encuentren. Es el servicio de la acogida o de la hospitalidad cristiana. Hemos de prestarles la misma atención que si fuera el mismo Señor peregrino o extranjero que se identifica con ellos y espera ser acogido por quienes creen en él. En un segundo momento es necesario acompañar a los inmigrantes y a sus familias en el proceso de una pacífica y fraternal convivencia. Es un proceso recíproco, de doble dirección, de dar y de recibir por ambas partes en un rico intercambio de dones, respetando siempre la identidad del otro. A los laicos toca, a los Antiguos Alumnos de don Bosco, más que a la Jerarquía de la Iglesia, hacerse presente y actuar, desde su profesión y por su compromiso cristiano, en el ámbito político, sindical, jurídico, educativo, sanitario, social, de los medios de comunicación, etc., para manifestar una palabra de autoridad y una acción acorde con las exigencias del Evangelio839. 839 de migraciones en España a la luz de la Instrucción Pontificia Erga migrantes caritas Christi. Madrid, 22 de noviembre de 2007. Cf. Pontificio Consejo para la Pastoral de los Emigrantes e Itinerantes, Instrucción Erga migrantes caritas Christi (3-V-2004), IV Parte, Ordenamiento jurídico-pastoral, I, 2-3. 324 Referente al fenómeno migratorio los Antiguos Alumnos tienen un campo amplísimo de intervención. Como por ejemplo poniendo al servicio de los inmigrantes la preparación profesional: médica, jurídica, educativa, laboral, etc. b) Político El Rector Mayor, P. Pascual Chávez, en el Congreso de Antiguos Alumnos que tuvo lugar en Turín del 26 al 29 de abril de 2012, se dirigió a los presentes en estos términos: “la responsabilidad del Exalumno es la de participar como cristiano y ciudadano en las actividades públicas llevando una renovada exigencia de justicia social, de solidaridad, de desarrollo, de paz. De la misma manera se tendrá que ser solidario con todos aquellos que, en el mundo, trabajan en la lucha por reducir la pobreza, creando con ellos redes de bien. De forma más particular, como Exalumno de Don Bosco hay una contribución específica para aportar: creer en la juventud, apostar por la educación, promover el Sistema Preventivo, convencidos de que la elección de Don Bosco para afrontar los problemas sociales, es la educación, es no solo la más justa, sino también la más eficaz”. El Estatuto de la Confederación Mundial del año 1973 invita a “estimular una sana y profunda preparación sociopolítica de los Ex alumnos –hoy urgente y necesaria- que no se limite solo a la teoría, sino que lleve a comprometerse en el cumplimiento del propio deber político y civil, así como a realizar iniciativas sociales, como por ejemplo, la creación de asociaciones de socorros mutuos, cooperativas840. Comprometerse en el ámbito de la política, significa esforzarse por construir una sociedad; pero ¿cuál es la sociedad que se quiere construir? La política es el arte de realizar el bien común; pero, ¿en qué consiste ese bien común? Definir ambos conceptos es la tarea de la ética que debe generar igualmente esa creativa simetría de los fines y de los medios. Para la doctrina social de la Iglesia, en pocas palabras, el bien común es “el conjunto de condiciones de la vida social que hacen posible a las asociaciones y a cada uno de sus miembros el logro más pleno y más fácil de la propia perfección”841. La política tiene sentido y razón de ser cuando sirve al bien común, “Por tanto, el cristiano que actúa en política -y quiere hacerlo "como cristiano"- ha de trabajar desinteresadamente, no buscando la propia utilidad, ni la de su propio grupo o partido, sino el bien de todos y de cada uno y, por lo tanto, y en primer lugar, el de los más desfavorecidos de la sociedad»842. El cristiano, el Antiguo Alumno, está llamado a profesar públicamente su fe y a promover el bien común en conformidad con la ley natural y la moral cristiana. Con todo, conviene advertir que “[l]a promoción en conciencia del bien común de la sociedad política no tiene nada qué ver con la confesionalidad» o la intolerancia religiosa. Para la doctrina moral católica, la laicidad, entendida como autonomía de la esfera civil y política de la esfera religiosa y eclesiástica – nunca de la esfera moral-, es un valor adquirido y reconocido por la Iglesia, y pertenece al patrimonio de civilización alcanzado.”843. 840 Estatuto de la Confederación Mundial de Ex alumnos de don Bosco del año 1973. Anexo, pp. 31-32. Constitución pastoral Gaudium et Spes. Sobre la Iglesia en el mundo actual, no. 26. 842 Jubileo de los gobernantes, parlamentarios y políticos. Discurso del Santo Padre Juan Pablo II, Sábado 4 de noviembre de 2000. 843 Congregación para la Doctrina de la Fe, Nota doctrina sobre algunas cuestiones relativas al compromiso y a la conducta de los católicos en la vida política. 6 841 325 El llamado de la Iglesia a los laicos para asumir su compromiso, no debe indicar afiliaciones concretas, sino que debe respetar el legítimo pluralismo de opciones asumidas en conciencia como fruto del discernimiento. Como maestra de moral señala que la cosa pública debe guiarse por la justicia: “El orden justo de la sociedad y del Estado es una tarea principal de la política. Un Estado que no se rigiera según la justicia se reduciría a una gran banda de ladrones... la justicia es el objeto y, por tanto, también la medida intrínseca de toda política”844. La política no es sólo parte constitutiva y elemento decisivo de la vida de las personas y de un país, para el cristiano, para el Antiguo Alumno, es también el ámbito más elevado para ejercer la atención y el servicio a los hermanos, es decir, para vivir la caridad. Para que la política y los políticos sirvan verdaderamente al bien común, es necesario considerar la dimensión ética de la política, no como una dimensión facultativa u opcional, sino constitutiva, de la cual depende no sólo la calidad de la vida de las personas, de las familias, de las instituciones y del Estado, sino más radicalmente, su supervivencia. Desatender la dimensión ética conduce inevitablemente hacia la deshumanización de la vida y de las instituciones públicas, transformando la vida política en una jungla donde impera la ley del más fuerte. La Iglesia con su doctrina social no dicta leyes a los poderes públicos, ni se declara políticamente a favor de una parte o de otra, su intención es más bien salvar la persona del hombre, renovar la sociedad humana845 . Habría mucho más que reflexionar sobre el compromiso de los cristianos y de los Antiguos Alumnos en la política y en otros ámbitos, sin embargo, he querido presentar sólo algunas reflexiones que ojalá puedan serviros para vuestro discernimiento personal. c) Económico En el ámbito de la economía es necesario considerar que las decisiones económicas, en cuanto decisiones libres, no son ajenas o están separadas de una valoración ética. La doctrina social de la Iglesia con sus “principios de reflexión, normas de juicio y directrices de acción” 846 son también un punto de referencia ético para la actividad económica. Reafirman, en primer lugar, que la economía debe estar al servicio del hombre, no el hombre al servicio de la economía. De todo el hombre y de todos los hombres. El criterio fundamental de toda institución es el servicio que presta a todos, especialmente a los más pobres847. La doctrina social de la Iglesia acepta el principio de la propiedad privada, pero recuerda el principio del destino universal de los bienes, así como la hipoteca social que grava toda propiedad, incluso la intelectual. Igualmente las enseñanzas sociales de la Iglesia «aun reconociendo al mercado la función de instrumento insustituible de regulación dentro del sistema económico, pone en evidencia la necesidad de sujetarlo a finalidades morales que 844 Carta Encíclica Deus Caritas Est del Sumo Pontífice Benedicto XVI a los Obispos, a los Presbíteros y Diáconos, a las Personas Consagradas y a todos los fieles laicos sobre el amor Cristiano, no. 28. 845 Constitución pastoral Gaudium et Spes. Sobre la Iglesia en el mundo actual, no. 3. 846 Carta Apostólica Octogesima Adveniens, 4. 847 “Justicia económica para todos”. Carta Pastoral sobre la Enseñanza Social Católica y la Economía de los Estados Unidos. Después de la reunión general de la Conferencia Nacional Católica de Obispos en noviembre de 1980, un comité de trabajo fue nombrado para redactar una carta pastoral sobre la economía de los Estados Unidos. La primera copia de esta carta fue presentada a los obispos en noviembre de 1984 y otras redacciones fueron presentadas y debatidas en noviembre de 1985 y en junio de 1986. La aprobación final del texto por parte de todos los obispos vino durante la asamblea plenaria en Washington, D.C. en noviembre de 1986. 326 aseguren y, al mismo tiempo, circunscriban adecuadamente el espacio de su autonomía. La idea que se pueda confiar sólo al mercado el suministro de todas las categorías de bienes no puede compartirse, porque se basa en una visión reductiva de la persona y de la sociedad. Ante el riesgo concreto de una “idolatría” del mercado, la doctrina social de la Iglesia subraya sus límites, fácilmente perceptibles en su comprobada incapacidad de satisfacer importantes exigencias humanas, que requieren bienes que, “por su naturaleza, no son ni pueden ser simples mercancías”, bienes no negociables según la regla del «intercambio de equivalentes» y la lógica del contrato, típicas del mercado»848. Cayendo en esta idolatra del mercado se lesiona la dignidad de la persona, porque sólo tienen voz los que tienen recursos, los que pueden comprar y vender. Todo se convierte en mercancía. Juan Pablo II comprendió que el gran reto actual es la antropología que surge del mercado. En realidad, “[a] través de las opciones de producción y de consumo se pone de manifiesto una determinada cultura, como concepción global de la vida”849. El mercado va generando una imagen del hombre según sus exigencias. Hoy día es el consumidor y productor. El valor del hombre y la mujer se mide según su capacidad de producción y consumo. De esta manera se promueve una cultura materialista y hedonista en la cual los hombres que, por su fuerza, capacidades o fortuna-, continúan dentro del sistema, se cierran a la trascendencia y, por tanto, se vuelven insolidarios con los más débiles. Se llega fácilmente al hedonismo y el hedonismo conduce necesariamente al exitismo y el exitismo conduce a la corrupción del poder. El Antiguo Alumno de don Bosco en la gestión de la empresa y de la economía en general ha de tener presente cuanto señala el Papa Benedicto XVI en la Encíclica Caritas in Veritate: “El primer capital que se ha de salvaguardar y valorar es el hombre, la persona en su integridad: “Pues el hombre es el autor, el centro y el fin de toda la vida económico-social”850. Es fundamental entender que “el sector económico no es ni éticamente neutro ni inhumano o antisocial por naturaleza. Es una actividad del hombre y, precisamente porque es humana, debe ser articulada e institucionalizada éticamente”851. Prosigue diciendo el Papa que “la gestión de la empresa no puede tener en cuenta únicamente el interés de sus propietarios, sino también el de todos los otros sujetos que contribuyen a la vida de la empresa: trabajadores, clientes, proveedores de los diversos elementos de producción, la comunidad de referencia852. Además…La economía tiene necesidad de la ética para su correcto funcionamiento; no de una ética cualquiera, sino de una ética amiga de la persona. La economía en todas sus ramas es un sector de la actividad humana”853. Juan Pablo II advertía que “invertir tiene siempre un significado moral, además de económico”854. d) Religioso Considero oportuno iniciar este apartado con una serie de datos estadísticos sobre la religiosidad del pueblo Español para sensibilizar y ayudar a comprender la magnitud de la situación. Ante 848 Compendio de la Doctrina social de la Iglesia, 349. Carta Encíclica Centesimus annus del Sumo Pontífice Juan Pablo II a sus hermanos en el Episcopado, al Clero, a las Familias Religiosas, a los Fieles de la Iglesia Católica y a todos los hombres de buena voluntad en el Centenario de la Rerum novarum, 36. 850 Carta Encíclica Caritas in Veritate, 25. 851 Carta Encíclica Caritas in Veritate, 36. 852 Carta Encíclica Caritas in Veritate, 40. 853 Carta Encíclica Caritas in Veritate, 45. 854 Carta Encíclica Centesimus annus, 36. 849 327 tal realidad la Familia Salesiana y todos sus grupos, específicamente los Antiguos Alumnos han de tomar postura y aportar su parte. La mayor parte de la población de España (un 73,2%) se declara católica, aunque el porcentaje de practicantes es muy inferior (13,7%)855. Así mismo, el 22,2% de la población no se reconoce en ninguna religión (definiéndose como ateos o no creyentes). Existen también minorías islámicas, protestantes y ortodoxas, cuyo número se ha incrementado recientemente debido a la inmigración (suman alrededor del 2,3% de la población), así como otros grupos, como judíos, budistas o mormones, entre otros. Sin embargo, la población española es actualmente poco practicante en su conjunto: según los resultados de una encuesta realizada por el Centro de Investigaciones Sociológicas (CIS) en abril del año 2010, el 57,1% de los autodefinidos como creyentes de alguna religión dice que nunca o casi nunca asiste a misa o a otros oficios religiosos, el 16,4% dice que asiste varias veces al año, el 13,7% dice acudir a oficios religiosos casi todos los domingos y días festivos, mientras que un 0,9% expresó que asiste varias veces por semana856. Por otro lado, un estudio de la Universidad Progresista de Estudio de Cataluña (UPEC), reveló que el 76% de la población se define como católico, mientras que el 19%, no católico. Según este mismo estudio, el 36% se define como practicante, el 37% como no practicante, y el 19.9% como agnóstico o ateo. Así mismo, otro estudio reciente857 de la empresa gallega Obradoiro de Socioloxia, realizado entre septiembre y diciembre de 2008, muestra las siguientes cifras sobre la situación de la religión en España: católicos practicantes 29,2%, católicos no practicantes 51,3%, no creyentes 8,9%, ateos 7,6%, creyentes de otras religiones 2,1%. Algunos datos sobre la Iglesia Española858 confirman las estadísticas anteriormente presentadas: En España existen 22.686 parroquias. Las atienden 18.633 sacerdotes. Los religiosos (casi el 20% monjas) suman 61.106. Fuerte crisis de vocaciones. El año pasado se ordenaron 162 sacerdotes. En los 79 seminarios hay una media de 15,5 alumnos El 63,5% de los bebés se bautizan y se estima que en torno al 60% de los niños hacen la comunión. El 71% de los alumnos acuden a clase de religión católica. Hace cinco años eran casi el 80%. "Las causas de la secularización son variadas y complejas", analiza el sacerdote Jesús de las Heras Muela859. "En parte, la sociedad se ha olvidado del más allá, de la trascendencia. Con el desarrollo económico, ha sustituido los bienes espirituales por los materiales y se ha apartado de la fe". A eso se añade "la ausencia generalizada de Dios en la sociedad que presentan el mundo mediático y el de la cultura". 855 Público (10 de mayo de 2010). «El número de católicos disminuye un 1,5% en un ano» (en español). Consultado el 10 de mayo de 2010. 856 Abril de 2010, pregunta 37. En el banco de datos del CIS se entran estadísticas mensuales desde 2005 sobre religión. 857 http://lapizarradeyuri.blogspot.it/2009/10/el-estado-de-la-religion-en-espana.html 858 “España es menos católica”, en: “El País”, 7 de agosto de 2011. 859 Sacerdote diocesano, periodista, escritor, ensayista. Es director de la Revista Ecclesia. Fue el coordinador de comunicación de la V Visita Apostólica a España del Papa Juan Pablo II (mayo 2003), razón por la cual el Rey de España le condecoró con la Encomienda de la Gran Cruz de Isabel la Católica. 328 La secularización es buena, como planteó el Concilio Vaticano II, pero la laicidad se ha teñido de anticlericalismo y no se puede relegar la religión a la sacristía, porque es una faceta importante de la persona. Considero que la “nueva evangelización” constituye una respuesta a esta urgencia que hoy vivimos en el orden religioso en España y en todo el Mundo. En el trabajo evangelizador es fundamental tener presente la personalización de las experiencias y de los procesos formativos. La Iglesia ha concluido la XIII Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos, ha emanado y entregado al Santo Padre Benedicto XVI un documento conteniendo 58 proposiciones. Se está en espera de la Exhortación pos Sinodal de su Santidad que habrá de ser leída, estudiada, analizada y aplicada por todos los miembros de la Iglesia. Señala el documento, anteriormente citado, en la proposición número 2 que hay que “conducir a los hombres y las mujeres de nuestro tiempo hacia Jesús, al encuentro con Él, es una urgencia que aparece en todas las regiones, tanto las de antigua como las de reciente evangelización. En todos los lugares se siente la necesidad de reavivar una fe que corre el riesgo de apagarse en contextos culturales que obstaculizan su enraizamiento personal, su presencia social, la claridad de sus contenidos y sus frutos coherentes”. Los cambios sociales, culturales, económicos, políticos y religiosos nos llaman, sin embargo, a algo nuevo: a vivir de un modo renovado nuestra experiencia comunitaria de fe y el anuncio, mediante una evangelización “nueva en su ardor, en sus métodos, en sus expresiones”860 como dijo Juan Pablo II. Una evangelización dirigida, como nos ha recordado Benedicto XVI, “principalmente a las personas que, habiendo recibido el bautismo, se han alejado de la Iglesia viven sin referencia alguna a la vida cristiana [...], para favorecer en estas personas un nuevo encuentro con el Señor, el único que llena de significado profundo y de paz nuestra existencia; para favorecer el redescubrimiento de la fe, fuente de gracia que lleva consigo alegría y esperanza para la vida personal, familiar y social”861. Continúa indicando el documento que “hemos de constituir comunidades acogedoras, en las cuales todos los marginados se encuentren como en su casa, con experiencias concretas de comunión que, con la fuerza ardiente del amor, -“Mirad como se aman”862 – atraigan la mirada desencantada de la humanidad contemporánea”863. “Algunos preguntarán cómo llevar a cabo todo esto. No se trata de inventar nuevas estrategias, casi como si el Evangelio fuera un producto para poner en el mercado de las religiones sino descubrir los modos mediante los cuales, ante el encuentro con Jesús, las personas se han acercado a Él y por Él se han sentido llamadas y adaptarlos a las condiciones de nuestro tiempo”864. “Queremos resaltar que la nueva evangelización se refiere, en primer lugar, a nosotros mismos. En estos días, muchos obispos nos han recordado que, para poder evangelizar el mundo, la Iglesia debe, ante todo, ponerse a la escucha de la Palabra. La invitación a evangelizar se traduce en una llamada a la conversión”865. Es decir, cada Antiguo Alumno está llamado a asumir una 860 Juan Pablo II, Discurso a la XIX Asamblea del CELAM, Port-au-Prince, 9 marzo 1983, n. 3. Benedicto XVI, Homilía en la celebración eucarística para la solemne inauguración de la XIII Asamblea general ordinaria del Sínodo de los Obispos, Roma 7 octubre 2012. 862 Tertuliano, Apologético, 39, 7. 863 Documento de la XIII Asamblea general ordinaria del Sínodo de los Obispos, 3. 864 Documento de la XIII Asamblea general ordinaria del Sínodo de los Obispos, 4. 865 Documento de la XIII Asamblea general ordinaria del Sínodo de los Obispos, 5. 861 329 actitud de apertura e iniciar este proceso de evangelización de conversión. En esta tarea es fundamental el testimonio personal. “La nueva evangelización tiene un campo particularmente arduo pero al mismo tiempo apasionante en el mundo de los jóvenes, como muestran no pocas experiencias, desde las más multitudinarias como las Jornadas Mundiales de la Juventud, a aquellas más escondidas pero no menos importantes, como las numerosas y diversas experiencias de espiritualidad, servicio y misión. A los jóvenes les reconocemos un rol activo en la obra de la evangelización, sobre todo en su ambientes”866. He aquí un trabajo muy específico de la Familia Salesiana y por supuesto de todos los Antiguos Alumnos, los jóvenes. Don Bosco hablando en una ocasión a los Antiguos Alumnos, dijo: “una cosa os recomiendo sobre todo, mis queridos hijos, y es esta: donde quiera que os encontréis, mostraos siempre buenos cristianos y honrados ciudadanos…”867. En la medida que el Antiguo Alumno haga suya esta recomendación de don Bosco de ser “buenos cristianos y honrados ciudadanos” en esa misma medida quedará asegurado el testimonio de vida que pide el documento de la XIII Asamblea general ordinaria del Sínodo de los Obispos sobre la nueva evangelización. 4. Conclusión A la Asociación de Antiguos Alumnos en el mundo y por supuesto en España se le presentan grandes e importantes retos. El primero de tales retos es crecer en identidad y para ello es fundamental asegurar una buena formación de los asociados y un conocimiento profundo de la persona, pedagogía y espiritualidad de don Bosco. Han de poseer un conocimiento y manejo profundo de la Doctrina Social de la Iglesia para asegurar que su compromiso social, político y económico siempre esté apegado a los criterios de su magisterio. Por ello la Doctrina Social de la Iglesia ha de incluirse en sus procesos formativos. Al realizar la misión, los Antiguos Alumnos, lo hacen estando en comunión con los grupos de la Familia Salesiana. La “Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana” al referirse a la comunión y colaboración en la misión señala: “la comunión entre los Grupos en y para la misión se está mostrando cada vez más indispensable para el compromiso educativo y misionero; en efecto se advierte como urgente la necesidad de conectar las intervenciones, de proponer diversos modelos de vida cristiana y de garantizar ministerios complementaros. Trabajar juntos intensifica la eficacia del testimonio, hace más convincente el anuncio del Evangelio, favorece una caridad apostólica más viva, permite profundizar los rasgos característicos de cada Grupo mientras manifiesta y potencia la identidad de la Familia en la comunión y en la misión”868. Aprovecho este escenario para retar a los Antiguos Alumnos de toda España a continuar consolidando la unidad entre vosotros, a ser una gran familia que enfrenta el presente y el futuro con decisión, que establecen proyectos comunes como Confederación Nacional y regionales. En la ejecución de tales proyectos os recuerdo que tengáis un cuidado especial por los jóvenes pobres, los excluidos, la familia, por los inmigrantes que luchan por sobre vivir en la geografía 866 Documento de la XIII Asamblea general ordinaria del Sínodo de los Obispos, 9. E. Ceria, Memorias Biográficas del beato don Bosco, Vol. XI, CCS, Madrid 1985, p. 433. 868 Carta de la Identidad Carismática de la Familia Salesiana de Don Bosco, 31 de enero de 2012, art. 19. 867 330 española y que proceden de las más variadas latitudes. No olvidéis vivir el valor de la solidaridad con los Antiguos Alumnos de otros continentes. Hoy más que nunca hace falta que los Antiguos Alumnos os comprometáis en el cumplimiento de la justicia, la lucha contra la mafia y los traficantes de seres humanos, la realidad que viven los reclusos extranjeros en las cárceles europeas, la orientación y ubicación de los inmigrantes para lograr una mejor integración en la nueva realidad. Hoy se ha querido dar la primacía a la economía, se ha pretendido crear “una civilización de la economía”869, olvidando otros muchos aspectos importantes de la vida de una persona, de un estado de un país. “La actividad económica no puede resolver todos los problemas sociales ampliando sin más la lógica mercantil. Debe estar ordenada a la consecución del bien común, que es responsabilidad sobre todo de la comunidad política”870. Además, “la articulación de la autoridad política en el ámbito local, nacional o internacional, es uno de los cauces privilegiados para poder orientar la globalización económica. Y también el modo de evitar que ésta mine de hecho los fundamentos de la democracia”871. En vista de la preparación al bicentenario del nacimiento de don Bosco en el 2015 la Confederación Española de Antiguos Alumnos ha de crear proyectos retadores en el orden de la solidaridad, de la emigración, de la familia, de la evangelización y de la formación. Os recuerdo que el compromiso social, político, económico y apostólico en la Iglesia es algo inherente a la identidad cristiana del laico, que es inseparable de las exigencias de la “educación recibida” en la casa salesiana. El Papa Benedicto XVI en su mensaje en ocasión de la Jornada Mundial del emigrante y refugiado 2013 señaló que “con respecto a los emigrantes y refugiados, la Iglesia y las diversas realidades que en ella se inspiran están llamadas a evitar el riesgo del mero asistencialismo, para favorecer la auténtica integración, en una sociedad donde todos y cada uno sean miembros activos y responsables del bienestar del otro, asegurando con generosidad aportaciones originales, con pleno derecho de ciudadanía y de participación en los mismos derechos y deberes. …El camino de la integración incluye derechos y deberes, atención y cuidado a los emigrantes para que tengan una vida digna, pero también atención por parte de los emigrantes hacia los valores que ofrece la sociedad en la que se insertan”872. Concluyo recordándoos algunas palabras de don Bosco a los Antiguos Alumnos: “donde quiera que estén recordaos que sois hijos de don Bosco”. “Haced finalmente que la gente, al veros sin respeto humano, fieles a las leyes de Dios y de la Iglesia, y preguntando quienes sois, pueda oír maravillada: ¡Ese es un hijo de don Bosco!”873. 869 Carta Encíclica Caritas in Veritate, 37. Carta Encíclica Caritas in Veritate, 36. 871 Carta Encíclica Caritas in Veritate, 341. 872 Mensaje del Santo Padre Benedicto XVI para la Jornada Mundial del Emigrante y del refugiado 2013, Ciudad del Vaticano, 12 de octubre de 2012. 873 J. B. Lemoyne, Memorias Biográficas del venerable don Bosco, Vol. VIII, CCS, Madrid 1984, p. 151. 870 331 332 Identity and social, political, economic and religious commitment of the Past Pupils of Don Bosco in Asia and Oceania Dear Past Pupils of Asia and Oceania, I am happy to be here among you. Thank you for the invitation and for the possibility you have given me of addressing some words to you. I bring you all the warm greetings of our Rector Major, Fr Pascual Chávez. He is very much for us and is praying for us all. I am happy that there are representatives of other Salesian Family Groups here with their Past Pupils as well. This is a wonderful sign of the unity of our great Salesian Family that has Don Bosco as its unique spiritual father. 1. Introduction In my address I limit myself to presenting some features of the identity and mission of the Past Pupils of Don Bosco. I will also offer some other topics in the social, political, economic and religious areas we find these in Asia and Oceania and which could see the involvement of Past Pupils successfully bringing their own contribution. For this I have made particular use of the document known as Ecclesia in Asia and the Statutes of the World Confederation. The key to understanding the Past Pupils is found in the very person of Don Bosco himself. The association of Past Pupils is the result of his Educational System and the annual gatherings around Don Bosco were the clearest sign of appreciation for the "education received". As a consequence, the identity of the Past Pupils finds its roots in gratitude, in wanting to go to their father and friend to be with him, and in supporting him affectionate and effectively in his educational and evangelising mission. J. G. González in his report presented at the “Tenth School for Past Pupil Delegates in 874” Spain, said: The movement of the Past Pupils was born around Don Bosco and was never created as an Association without reference to Don Bosco's person. It is the fascination of his stirring kindness, his sympathy, his style of life and holiness that made him attractive and brought past pupils back to Don Bosco's house. In reality, the Past Pupils Movement was always strictly tied to appreciation for and memory of Don Bosco, as their active involvement in the initiative of building a monument to Don Bosco demonstrates, a gift they offered on his behalf. Therefore, to speak just of "Salesian Past Pupils" would be a betrayal of the identity of the Past Pupils of Don Bosco. The Past Pupils used to come together around Don Bosco not around the Salesians. So, who are these Past Pupils of Don Bosco? 2. Identity and mission of the Past Pupils In what follows I present some important considerations on the identity and mission of the Past Pupils of Don Bosco. Jesús Graciliano González, “L’Exallievo nella mente di don Bosco e don Rinaldi. Proiezione nel momento attuale”. This report was given at the “10th School for Past Pupil Delegates, Escorial, Madrid, 26 July 2012, p. 17 of the document. 874 333 a) Identity Fr J G. González continues, saying875 that the “Past Pupil of Don Bosco was one who felt loved, protected, educated in values that had shaped his mind, conscience and heart”. We are speaking of a double movement of affection: on the one hand the affection that Don Bosco profoundly bore for his boys since he considered all those who had been pupils at the Oratory as his own. Also, the affection his past pupils had for him who had loved them, educated them and made them into people who acted for good. So, without Don Bosco they would not have been able to get to where they had got to and this generated in them a deep feeling of love and gratitude. So, study of the pedagogy, of the person and spirituality of Don Bosco for a Past Pupil is essential inasmuch as it is in him that each member of the Association discovers his or her origins, strengthens his or her identity and finds the strength and passion to dedicate him or herslef to the Salesian mission. The Past Pupils Movement was not set up by Don Bosco nor by his co-workers, as a postSchool Association, with specially chosen pupils who were necessarily the best and most mature. It was a movement that sprang from the power of those things whose origin and life come from natural and spontaneous causes. The Past Pupils Movement came about spontaneously, and was not imposed by Don Bosco, instead it was a movement that arose from amongst the boys at the Oratory themselves, from the bottom up. So, who is the Past Pupil? The Statutes876 of the World Confederation of Past Pupils in the first article defines him or her in these terms: the Past Pupils “are those who, having attended an oratory, school or any other Salesian work, received a preparation for life there in different ways and modes according to culture, religion, the educational quality of the work, the ability of individuals to take it in877, following the principles of Don Bosco's Preventive System878: forming people and developing each one's originality”. One begins to be a past pupil when one enters Salesian school, an oratory or a youth cente. It is necessary for the student when he or she leaves the Salesian house, to feel a strong attraction for it, and for all that it has left the person with; understanding what an honour it means to have been a part of the classes, playgrounds and sports fields; understanding that to be a Past Pupil of Don Bosco is very different from being a past pupil of any other religious or educational institute, in as much as the Past Pupil, to be such, becomes part of the Salesian Family. Young people should leave a Salesian house already ready to a really become Past Pupils at the same time that they finish their educational process in a Salesian work879. At this point I make an appeal especially to the Past Pupils themselves and then to the Salesian Delegates: It is essential that the Past Pupil have the awareness of the urgent need for human, Christian and Salesian formation and take it up with due commitment. Personal and associative identity is strengthened through continuing formation. It is essential for Local Unions to have well-defined formation processes. All efforts should be made to avoid the temptation to reduce Jesús Graciliano González, “L’Exallievo nella mente di don Bosco y di don Rinaldi. Op. Cit., pp. 2 and 3. Statutes of the World Confederation of Past Pupils of Don Bosco. Approved texts “ad experimentum”, Rome, 24 June2011. 877 E. Viganò, Gli Exallievi di don Bosco, in: “Atti del Consiglio Generale” LXVIII (1987) 321, p. 18. 878 Article 1, b of the Statutes promulgated on 31 January 1990. 879 Jesús Graciliano González, Op. cit., p. 21 of the document. 875 876 334 Past Pupil meetings to simply social occasions or meals. The Past Pupils of Don Bosco Association is not a social club. b) The mission To understand the mission of the Past Pupil of Don Bosco it is essential to be aware of the fact that the Association forms part of the great Salesian Family. In this regard the “Charter of identity of the Salesian Family says explicitly: “the Salesian Family is an apostolic Family. The Groups which make it up are all responsible subjects of the common mission although to a different extent and in different ways… In virtue of his or her particular vocation, the individual person belonging to a specific Group is someone who is sent, called therefore to carry out a common mission according to the role entrusted to them, their capacities and the possibilities that they have”880. And “the mission of the Salesian Family is addressed to the young and to adults, considered as the subjects and beneficiaries of education and located in their particular social, cultural and religious and ecclesial contexts, with particular reference to the 'places of mission'881”. For the Past Pupil involvement in Don Bosco's mission is an imperative stemming from its roots in the "education received".. Love for Don Bosco urges Past Pupils to love what he loved: young people who are poor and at risk. Article 2 of the Statutes of the World Confederation says that the mission of the Past Pupils is rooted in the sacraments of Baptism (making them children of God) and Confirmation (sent to become a responsible part of the Church's mission),and also it is indicated that the mission comes from the charism of Don Bosco. "The Christian Past Pupil seriously lives the promises of his/her Baptism and Confirmation characterising them with the original charisma of Don Bosco. This charisma is achieved in an apostolically committed life style based on Reason, Religion and Loving-Kindness, targeted at Youth and in keeping with the Joy that ensues from being a disciple of Christ”. This means that when a Past Pupil decides to live in coldness and with indifference the Salesian mission of Don Bosco and the Church's mission, he or she is not responding to the commitment as a baptized member or member of the Salesian Family and of the Association . This imperative in the youthful mission is not limited only to Christian Past Pupils, but is broadened out to other religious confessions or other beliefs. The Past Pupils Association in its desire to involve everyone, welcomes fully members of other religious confessions. These are called to live the human and educational ideals - cultural ideals of Don Bosco. “The Past Pupil of other religions also participates in ideals of Don Bosco, share in the educational, cultural, spiritual and social values of his system cherishing them as a common patrimony the human family. They become dispensers of these gifts in their spheres of life and work, and will confirm them as their religious beliefs and culture prompt”882 . The Association should put all its energy into motivating all its members to live out their social, political, economic commitment, inviting everyone to express values in life883, freedom and truth. In fact these preceding areas indicated are for all people of good will, and are not limited to Catholics alone. The educational mission of Don Bosco does not exclude anyone, since it is enough that they be young to set up a centre 880 The Charter of Identity of the Salesian Family of Don Bosco, art. 15. The Charter of Identity of the Salesian Family of Don Bosco, art. 16. 882 Statutes promulgated on 31 January 1990 art 2. 883 Statutes of the World Confederation of Past Pupils of Don Bosco. Texts approved “ad experimentum”, Rome, 24 June 2011, art. 3. 881 335 of attention for the Salesian mission. Also, according to the Statutes of the World Confederation “the concept of laicity is also extended to Past Pupils of other cultures and religions” 884. J. G. González885 maintains that "Don Bosco entrusts the Past Pupils with the task of extending the exercise of his fatherliness, physical or spiritual, his educational mission and his preventive approach which they themselves benefited from. To the lay Past Pupils he did not only recommend that they be always and everywhere "good Christians and upright citizens", but that they be fathers of families, and get involved in ensuring that their children in the kind of education received at the Oratory. 3. Social, political, economic and religious engagement by Past Pupils The Past Pupil of Don Bosco called to be a "good Christian", adopts the guidelines of the Church offered to lay people in the social, political, economic and religious field. Social engagement by lay faithful includes all areas of the life of the community. The Church through its teachings, in particular those contained in its social teaching, tells us that we should always look to the defense and centrality of the human being: all social, political, economic and religious structures should be at the service of mankind and not vice versa. this involvement of the lay faithful comes from their identity. The source of this identity is rooted in their being disciples of Christ through Baptism.886. Doing apostolate is a right and duty for them that comes from the fact that they are children of the Son of God. It is the same Lord that sends Past Pupils to carry out their mission in the world887. Blessed John Paul II constantly emphasized this involvement; the following words testify to it, which he addressed to lay people: “A new state of affairs today both in the Church and in social, economic, political and cultural life, calls with a particular urgency for the action of the lay faithful. If lack of commitment is always unacceptable, the present time renders it even more so. It is not permissible for anyone to remain idle” 888. Today, because of the circumstances in which we live, it is particularly urgent to act consistently with the faith we profess and to positively influence social life. When Asian Past Pupils become aware of their social, political, economic and religious commitment in their own circumstances and act as a consequence, they show their love for Don Bosco and his mission; by passionately and practically engaging in what the Church asks of the laity in its Teaching, they express the love that Don Bosco professed for the Pope. a) Social engagement In the Apostolic exhortation Ecclesia in Asia “The Synod Fathers insisted that the Church's mission of love and service in Asia is conditioned by two factors: on the one hand, her selfunderstanding as a community of disciples of Jesus Christ gathered around her Pastors, and on 884 885 886 887 888 Statutes of the World Confederation of Past Pupils of Don Bosco. Texts approved “ad experimentum”, Rome, 24 June 2011, art. 12, b. Jesús Graciliano González, Op. cit. Cf. Constitución Dogmática Lumen Gentium de su Santidad Pablo VI. Sobre la iglesia, no. 3; Exhortación Apostólica Post-Sinodal Christifideles Laici de su Santidad Juan Pablo II. Sobre vocación y misión de los laicos en la Iglesia y en el mundo, 31. Constitución Dogmática Lumen Gentium, 2. Exhortación Apostólica Post-Sinodal Christifideles Laici, 3. 336 the other hand, the social, political, religious, cultural and economic realities of Asia.” 889. The Past Pupil of Don Bosco is called to love and understand this Church and respond to the social, political, economic, cultural and religious realities in Asia. Also, the leaders of the Confederation of Past Pupils in Asia and Oceania should be aware that the growth and development of the Association in each of the countries is in their hands and depends very much in common projects of an educational, social, cultural kind that the Association carries out; that the Past Pupils of Asia and Oceania are called to place themselves at the centre of everything and defend their rights. It is your responsibility, then, to motivate Local Unions, Federations and national or Provincial Confederations to be involved in fighting poverty, exploitation of people, illiteracy and corruption; to be involved in politics, to encourage financial solidarity and religious dialogue. Ecclesia in Asia makes an appeal to combat everything that puts at risk the life and rights of individuals. It is a case of a clear invitation for Past Pupils to keep always in mind the behaviours of the "upright citizen and good Christian" of Don Bosco. Urbanism and migration The Past Pupils of Don Bosco are called to be where people discuss and take decisions on such important questions as urban development and migration to pass on the values of the "education they have received". In this regard Ecclesia in Asia can guide us well since it “spoke of the rapid changes taking place within Asian societies and of the positive and negative aspects of these changes. Among them are the phenomenon of urbanization and the emergence of huge urban conglomerations, often with large depressed areas where organized crime, terrorism, prostitution, and the exploitation of the weaker sectors of society thrive. Migration too is a major social phenomenon, exposing millions of people to situations which are difficult economically, culturally and morally. People migrate within Asia and from Asia to other continents for many reasons, among them poverty, war and ethnic conflicts, the denial of their human rights and fundamental freedoms. The establishment of giant industrial complexes is another cause of internal and external migration, with accompanying destructive effects on family life and values. Mention was also made of the construction of nuclear power plants with an eye to cost and efficiency but with little regard for the safety of people and the integrity of the environment”890. We know very well that the “pastoral care of migrants and tourists is difficult and complex especially in Asia, where adequate structures for these are lacking. Pastoral planning at all levels needs to take these situations into account. In this context we should not forget the migrants from Catholic Eastern Churches who need pastoral care according to their own ecclesiastical traditions”891. All these matters require Asian Past Pupils to be creative citizens and set up projects at national or local level that can deal with situations courageously and with strength. Timidity or tardiness in acting on behalf of people, especially the young, are not allowed for the Past Pupil of Don Bosco. 889 890 891 Post-Synodal Apostolic Exhortation Ecclesia in Asia of the holy Father John Paul II, to the bishops, priests and deacons, men and women in the consecrated life and all the lay faithful, Pauline Publications 2006, 5. Ecclesia in Asia, 7. Ecclesia in Asia, 7. 337 Poverty and exploitation of people The "upright citizen and good Christian always defends the rights of the weakest, the suffering, the poor. “It is a sin against the dignity of persons and their fundamental rights to reduce them by violence to their productive value or to a source of profit”892. The Church must recognize in the poor and suffering the very image of its Founder and live as He lived poor amongst the poor and who gave his life for his friends. Whoever is a friend of the poor is a friend of Christ and a friend of the Church. The “upright citizens and good Christians” are friends of God's friends, the poor. Past Pupils are aware of the levels of poverty in Asia. Ecclesia in Asia in reference to the poor, states: “The persistent reality of poverty and the exploitation of people are matters of the most urgent concern. In Asia there are millions of oppressed people who for centuries have been kept economically, culturally and politically on the margins of society. Reflecting upon the situation of women in Asian societies, the Synod Fathers noted that "though the awakening of women's consciousness to their dignity and rights is one of the most significant signs of the times, the poverty and exploitation of women remains a serious problem throughout Asia”893. According to the Rector Major the Past Pupils “should be in empathy with everyone who, in the world, is involved in the struggle to reduce poverty, creating networks of good with them. and even more particularly, as Past Pupils of Don Bosco there is a specific contribution to give: believing in youth, placing our bets on education, fostering the Preventive System, convinced that Don Bosco's choice for tackling social problems, education, is not only the most just, but also the most effective one”894. Prostitution Past Pupils can get involved in avoiding degradation of children, women and accept what we find in Ecclesia in Asia in this regard: “Tourism also warrants special attention. Though a legitimate industry with its own cultural and educational values, tourism has in some cases a devastating influence upon the moral and physical landscape of many Asian countries, manifested in the degradation of young women and even children through prostitution”895. The most shameful aspect of sexual tourism is tied to child prostitution. There are more than 2 million children below the age of 15 forced into prostitution, especially in the far east and in south east Asia in particular. According to approximate estimates by the United Nations, there are 1 million victims of sexual trafficking, with 400 thousand of these in Asia alone, most of them females, but males too and by far they are between 10 and 14 years of age. The horror of data collected by ECPAT (End Child Prostitution, Abuse and Trafficking) confirms the indescribable scene that takes place every day in the chief tourist places in Thailand, Myanmar, Laos, Cambodia, establishing the age for early sexual relationships at 12 years 3 months for girls and 12 years 6 months for boys. Less than teenagers, these slaves of the third millennium are forced by their exploiters to have 892 Catechism of the Catholic Church, 2414. Ecclesia in Asia, 7. 894 P. Chávez, L’Ex-allievo di Don Bosco e l’impegno oggi nella Società e nella Chiesa, Torino, 29 aprile 2012, p. 7. 895 Ecclesia in Asia, 7. 893 338 from 10 to 20 sexual encounters a day and if they refuse, or worse, try to escape, the violent punishment that are subjected to is not even something we can contemplate896. Where this situation exists, a son or daughter of Don Bosco cannot sleep until respect is established and the weakest are respected in their basic rights. There are Church institutions in parts of Europe, America and Asia that act against child prostitution. The International Volunteer Movement for Development (VIS) offers Distance support (SAD). This program is not addressed to any child in particular, but to a community of young people where they are all given common accompaniment VIS's intervention is not then just for a single beneficiary, since the poor and marginalised child is never an isolated case and cannot be helped unless in the context where he or she is living, but becomes part of a broader plan that tries to tackle the roots of poverty. Through SAD they offer help with food, school, health, family support, work opportunities - for street kids, orphans, refugees, child labourers, ex child soldiers, children and women who are victims of abuse, young mothers, drug-dependant children and many others, most of whom are taken into centres run by the Salesians of Don Bosco in various countries: Albania, Angola, Bolivia, Brazil, Burundi, Ecuador, Ethiopia, Madagascar, Palestine, Pakistan, Haiti, Dominican. Republic. The Congo, Sri Lanka, Sudan. Child labour One of the fundamental rights of children is the right to play and be protected. When a child is forced to work, he or she is condemned to missing out on a fundamental stage of life, development: play. Child labour prevents them from developing physically, intellectually, morally, spiritually and socially. Unfortunately120 millions of children between 5 and 14 are forced to work prematurely around the world, not only in developing countries, but also in wealthy ones. Reduced to real slavery they work for hours on end and in circumstances that are bad for their health, on coffee or cocoa plantations, or sugar cane or tobacco, or in mines, sweatshops, making toys, shoes, matches or fireworks. A child is forced to work because of poverty. Many factories want child workers because they cost less than adults. Children don't argue, are more obedient and can either defend themselves nor rebel. Many families survive because of these earnings, poor as they are, of their children. Don Bosco walked the streets of Turin to discover the bosses who were exploiting the children in their factories, and denounced them and forced them to offer proper treatment and give a chance to the boys to study. If Past Pupils are Don Bosco's sons and daughters they can do no less in Asia. “Muchachos y Muchachas con Don Bosco”, in the Dominican Republic, in is currently supporting 3,500 youngsters who have been able to leave work as washer boys or shoeshine boys and focus on their education, personal religious and professional. 896 http://www.kreathink.it/il-blog-di-kreathink-new/2012/01/turismo-sessuale-e-prostituzione-minorile-loscandalo-asiatico/ 339 Child soldiers A child soldier is someone under 18 who is part of any armed group be it regular or irregular and of any kind - fighters, cooks, messenger boys, and whoever accompanies them, other than members of their own family897. A child has a right not to be exploited or used for things that have nothing to do with him or her, and put him at risk. Another terrible phenomenon is that of child soldiers. There are half a million of them, around the world. They are sent ahead, so if the area is mined they are blown up and adult soldiers are spared. Anti-personnel mines are responsible for 15,000 victims a year, a fifth of them children. Girl soldiers are treated as a form of supply, temporary 'wives' for the troops and undergo violence of all kinds. The Colombian guerillas call them “little bees” because they succeed in “pricking” (shooting) before their opponent realizes he is under fire898. A child in this situation does not have even half the rights in a country where s/he would have his/her citizenship/nationality. Becoming a child soldier is an unacceptable monstrosity that only a sick mind can understand. Past Pupils are called to use every legal means to fight against this mental sickness that so mistreats children. female illiteracy The Apostolic Letter Mulieris Dignitate by Blessed John Paul II in reference to women says: “the dignity of women is measured by the order of love, which is essentially the order of justice and charity…. Woman represents a particular value by the fact that she is a human person, and, at the same time, this particular person, by the fact of her femininity”899. Also Ecclesia in Asia indicates aspects pertaining to the dignity of women: “Female illiteracy is much higher than that of males; and female children are more likely to be aborted or even killed after birth. There are also millions of indigenous or tribal people throughout Asia living in social, cultural and political isolation from the dominant population.21It was reassuring to hear the Bishops at the Synod mention that in some cases these matters are receiving greater attention at the national, regional and international levels, and that the Church is actively seeking to address this serious situation”900. Besides female illiteracy we should also point out violence against women. Violence against women is on the increase in the world and taking up a place that is typical of ideological human activity. Treat one this way to convince many others. Treat one this way to terrify a hundred, a thousand. This is their profound technique!. 897 http://www.unicef.it/doc/224/bambini-soldato.htm http://www.fuocovivo.org/SOCIETA/sfruttamento_minorile.htm 899 Apostolic Letter Mulieris Dignitatem by John Paul II on the dignity and vocation of Woman for the Marian Year, 29. 900 Ecclesia in Asia, 7. 898 340 A Past Pupil of Don Bosco cannot coexist with these situations without questioning himself and being aware of the situation in a way that women, children and families be respected for their basic rights. Anything Past Pupils can do to multiply schools, formation centres and the struggle against violence done to women in Asia will be helping this Continent to develop. Salesian communities in Cambodia opened, on 7th of November 2012, a fourth centre for young women from poor communities: “Banteay Srei – Piet de Visser House”. Its name describes the value of the work (Banteay Srei, from a national monument, meaning “Women's strength”) and also bears the name of the Dutch benefactor who allowed it to be built. Social corruption Ecclesia in Asia invites us to be aware of corruption at every level: “While appreciating the progress which many Asian countries are making under their different forms of government, the Synod Fathers also drew attention to the widespread corruption existing at various levels of both government and society. Too often, people seem helpless to defend themselves against corrupt politicians, judiciary officials, administrators and bureaucrats. However, there is a growing awareness throughout Asia of people's capacity to change unjust structures. There are new demands for greater social justice, for more participation in government and economic life, for equal opportunities in education and for a just share in the resources of the nation. People are becoming increasingly conscious of their human dignity and rights and more determined to safeguard them. Long dormant ethnic, social and cultural minority groups are seeking ways to become agents of their own social advancement. The Spirit of God helps and sustains people's efforts to transform society so that the human yearning for a more abundant life may be satisfied as God wills ”901. My dear Past Pupils, if we can do nothing about corruption, at least let us not be corrupt people and Don Bosco will be happy and proud of you. b) Politics Political involvement for Past Pupils is obligatory. It is a right where you live that you can bring the values to bear from the education received. “In Asia today the political panorama is highly complex, displaying an array of ideologies ranging from democratic forms of government to theocratic ones. Military dictatorships and atheistic ideologies are very much present. Some countries recognize an official state religion that allows little or no religious freedom to minorities and the followers of other religions. Other States, though not explicitly theocratic, reduce minorities to second-class citizens with little safeguard for their fundamental human rights. In some places Christians are not allowed to practice their faith freely and proclaim Jesus Christ to others”902. For Past Pupils it becomes an important goal to be part of party politics to fight corruption and create a moral, ethical mindset in politics. c) Economy The reading of “reflection upon the economic and social realities of Asia would be incomplete if recognition were not also given to the extensive economic growth of many Asian societies in 901 902 Ecclesia in Asia, 8. Ecclesia in Asia, 8. 341 recent decades: a new generation of skilled workers, scientists and technicians is growing daily and their great number augurs well for Asia's development. Still, not all is stable and solid in this progress, as has been made evident by the most recent and far-reaching financial crisis suffered by a number of Asian countries. The future of Asia lies in cooperation, within Asia and with the nations of other continents, but building always on what Asian peoples themselves do with a view to their own development”903. I know there are small, medium and big business men amongst Past Pupils in Asia. This is the time for you to cooperate in development, always keeping in mind Caritas in Veritate by Pope Benedict XVI: “the first capital to safeguard and look after is man, the individual, in his integrity … man is the author, centre and end of all socio-economic existence” “economy in fact needs an ethic for correct functioning; not just any ethic, but an ethic which is personfriendly”904. Besides Caritas in Veritate offers Past Pupils interesting points on how to act in reference to business, workers, clients, suppliers: “business management cannot just take account of the proprietor's needs only, but should be involved with all categories of people who contribute to the life of the business: workers, clients, suppliers of the various elements of production, the community of reference”905. Past Pupils know that “a system that sacrifices the basic rights of individuals and groups to the collective organisation of production is contrary to human dignity”906. d) Religion We are proud of the fact that “The people of Asia take pride in their religious and cultural values, such as love of silence and contemplation, simplicity, harmony, detachment, nonviolence, the spirit of hard work, discipline, frugal living, the thirst for learning and philosophical enquiry. They hold dear the values of respect for life, compassion for all beings, closeness to nature, filial piety towards parents, elders and ancestors, and a highly developed sense of community”907. We need to be aware that “A survey of the Catholic communities in Asia shows a splendid variety by reason of their origin and historical development, and the diverse spiritual and liturgical traditions of the various Rites. Yet all are united in proclaiming the Good News of Jesus Christ, through Christian witness, works of charity and human solidarity. While some particular Churches carry out their mission in peace and freedom, others find themselves in situations of violence and conflict, or feel threatened by other groups, for religious or other reasons. In the vastly diversified cultural world of Asia, the Church faces multiple philosophical, theological and pastoral challenges. Her task is made more difficult by the fact of her being a minority, with the only exception the Philippines and East Timor, where Catholics are in the majority”908. 903 Ecclesia in Asia, 7. Lettera Enciclica Caritas in Veritate del Sommo Pontefice Benedetto XVI ai Vescovi, ai Presbiteri e ai Diaconi, alle persone Consacrate, ai Fedeli Laici e a tutti gli uomini di buona volontà sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità, no. 25 e 45. 905 Caritas in Veritate, 40. 906 Catechism of the Catholic Church, 2424. 907 Ecclesia in Asia, 6. 908 Ecclesia in Asia, 9. 904 342 Besides “the Church in Asia finds herself among peoples who display an intense yearning for God. The Church knows that this yearning can only be fully satisfied by Jesus Christ, the Good News of God for all the nations”909. “at the same time there are Churches living in very difficult circumstances and experiencing very severe trials in practicing their faith”910. It is necessary to understand that “evangelization today is a reality that is both rich and dynamic. It has various aspects and elements: witness, dialogue, proclamation, catechesis, conversion, baptism, insertion into the ecclesial community, the implantation of the Church, inculturation and integral human promotion. Some of these elements proceed together, while some others are successive steps or phases of the entire process of evangelization”911. Only “new evangelisation, as an invitation to conversion, grace and wisdom, is the only genuine hope for a better world and a brighter future”912. Fr Pascual Chávez, Rector Major told Past Pupils at the World Congress for the Centenary of the Association: “as Christians, or believers belonging to other religions you are called to be salt of the earth and light for the world, and the yeast that ferments the mass”913. e) Solidarity The Rector Major says that “The commitment of the Past Pupil is to participate as a citizen and Christian in the public arena bringing a renewed demand for social justice, solidarity, development, peace”914. According to Ecclesia in Asia today we need the courage to prelaunch a new solidarity. “The imbalances entrenched in the increasing gap between those who benefit from the world's growing capacity to produce wealth and those who are left at the margin of progress call for a radical change of both mentality and structures in favour of the human person. The great moral challenge facing nations and the international community in relation to development is to have the courage of a new solidarity, capable of taking imaginative and effective steps to overcome both dehumanizing underdevelopment and the "over development" which tends to reduce the person to an economic unit in an ever more oppressive consumer network”915. “Christian leaders in the Church and society, and especially lay men and women with responsibilities in public life, need to be well formed in this teaching so that they can inspire and vivify civil society and its structures with the leaven of the Gospel”916. “The poor of Asia and of the world will always find their best reason for hope in the Gospel command to love one another as Christ has loved us917; and the Church in Asia cannot but strive earnestly to fulfill that command towards the poor, in word and indeed”918. “Solidarity with the poor becomes more credible if Christians themselves live simply, following the example of Jesus. Simplicity of life, deep faith and unfeigned love for all, especially the poor and the outcast, are luminous signs of the Gospel in action”919. “In her love for the poor of Asia, the 909 Ecclesia in Asia, 9. Ecclesia in Asia, 9. 911 Ecclesia in Asia, 23. 912 Ecclesia in Asia, 29. 913 Fr Chávez, Op. Cit., p. 6. 914 P. Chávez, Op. Cit., p. 7. 915 Ecclesia in Asia, 32. 916 Ecclesia in Asia, 32. 917 Cf. Jn 13, 34. 918 Ecclesia in Asia, 34. 919 Ecclesia in Asia, 34. 910 343 Church concerns herself especially with migrants, with indigenous and tribal peoples, with women and with children, since they are often the victims of the worst forms of exploitation. In addition, untold numbers of people suffer discrimination because of their culture, colour, race, caste, economic status, or because of their way of thinking”920. “No one can remain indifferent to the suffering of the countless children in Asia who fall victim to intolerable exploitation and violence, not just as the result of the evil perpetrated by individuals but often as a direct consequence of corrupt social structures”921. For the Past Pupil of Don Bosco solidarity is a fact of culture, a view of the world and not only tied to resources. It is much more than resources. Solidarity is a value passed on through the education received and a request by Don Bosco himself to Past Pupils. In fact, Don Bosco proposed a “Society of mutual help” to face up to the problems: “see that this advantage is not only limited to yourselves but extend it to boys of good conduct who leave the Oratory, or to friends you already know, and everyone gathered here”922. Carlo Gastini, head of the Past Pupils, set about this organization immediately using a statute already drawn up years before by Don Bosco for an identical institution for young workers923. Conclusion By way of conclusion I would like to present some aspects Already found in the Statutes of the World Confederation but which need to be put into action in the various countries where there is the “education received” in a Salesian house. In social, political, economic and religious engagement values need to be very much at heart and defended, especially: life: which is sacred from birth till death. Today we need to help young people especially to find the meaning of life and get involved in looking after their quality of life, especially for the poor and needy. freedom: especially today when governments seem to act more monarchically while seeming to be democratic, putting freedom at risk, our involvement, common responsibility in building a better world is needed, where everyone's freedom is guaranteed; truth: not just scientific but affective and spiritual, especially now when we are passing from a healthy pluralism to relativism, which ends up in nihilism leading to a loss of any frame of reference and the dissolution of society.924 The Past Pupil of Don Bosco, Christian or non-christian, is called to express and develop today, as an adult, the seeds of the “education received”, that is to develop the mission with: Professional competence: to be able to say an authoritative word in any area of life (politics, economy, art …) we need to be competent, so we become an authentic leaven in society. Moral conscience: meaning its human quality, enriched by values that allow the individual to discern and choose responsibly, but also guide others in their choices or at least become a point of reference for them. 920 Ecclesia in Asia, 34. Ecclesia in Asia, 34. 922 MB, XIII, p. 758. 923 MBe, Vol. XIII, p. 759. 924 Fr Chávez, Good Night to the IV Elective World Assembly of the Past Pupils of Don Bosco, minutes 30 September 2010. 921 344 Social engagement: not only thinking of personal success but the common good. Involved in building a better world: this is possible, and is especially our responsibility925. Past Pupils are called to: Contribute to building a more just society by getting involved in cultural, moral, spiritual and religious processes that propose solutions to problems regarding youth and ordinary people. Being experts in areas where educational policies and youth policies are made926. Promoting and testifying to value and dignity of the family, based on the sacrament of marriage, fostering its principle of indissolubility, sacredness of life, equality of rights and duties between spouses, Christian education or education in other faiths, preventive pedagogy, respect for the capacity, natural inclination aspirations of children927. Dear Past Pupils of Asia and Oceania, Don Bosco's spirit and mission will be alive in these circumstances to the extent that you keep alive your involvement in society, politics, economy and religion. You are the torches lit to illuminate Asia and Oceania. May these words of Don Bosco touch your hearts and minds: “I am certain you will continue to be Don Bosco's consolation” 928. “Wherever you find yourselves, remember that you are Don Bosco's children”929. May the Lord, the Help of Christians and Don Bosco bless your commitment as lay people in the Salesian Family, Church and society. Statutes of the World Confederation of Past Pupils of Don Bosco. Testi approvati “ad experimentum”, Roma 24 giugno 2011, art. 3. 926 Statutes of the World Confederation of Past Pupil, art. 4. 927 Statutes of the World Confederation of Past Pupil, art. 5. 928 Biographical Memoirs 17, p. 174. 929 Biographical Memoirs 17, p. 489. 925 345 346 Los Exalumnos/as de Don Bosco a la luz del Capitulo General (CG) 26 Inicio esta presentación confesando que no se me había ocurrido abordar el CG26 desde la perspectiva de los Exalumnos y Exalumnas de Don Bosco. La provocación me llegó del buen amigo, P. José Rodríguez Pacheco, inspector de León, España. Reflexionando sobre la propuesta del P. Pacheco, me he dado cuenta que el CG 26 presenta temas que pueden interpelar y retar a cualquier miembro de la Familia Salesiana que lo tome en sus manos, ofreciendo una lectura provechosa. El documento presenta temas de mucha actualidad tanto en el ámbito eclesial como salesiano. Ante todo, hemos de reconocer que es un documento mandatario para los salesianos de Don Bosco, pero que puede iluminar a otros grupos de la Familia Salesiana, como por ejemplo a los exalumnos/as. El documento mismo señala que los salesianos en “la acción evangelizadora transmitimos la pasión apostólica también a los seglares, a las familias y sobre todo a los jóvenes”930. Significa que los salesianos no solamente estamos llamados, sino que debemos transmitir las líneas operativas del documento a los laicos y consagrados de la FS. De hecho, el CG26 señala como sujetos del documento: al salesiano, a la comunidad, a la Inspectoría, a la Región y Rector Mayor y Consejo. Pero además, designa otros sujetos: “Entra en juego enseguida la implicación y el protagonismo de jóvenes, de seglares y familias, por tanto, de la comunidad educativo pastoral. Como tampoco es pensable vivir y actuar sin la Familia Salesiana y sin la relación con el territorio y la Iglesia local”931. A continuación presento algunos aspectos que según mi humilde parecer podrían contribuir al crecimiento de los miembros de la Confederación Mundial de Exalumnos y Exalumnas de Don Bosco. Sobre todo, en lo referente a la identidad, a la necesidad de conocer, imitar y dar a conocer a Don Bosco; asumir el apostolado laical, la reevangelización con la pasión apostólica de Don Bosco y el crecimiento espiritual como un elemento fundamental de todo fiel cristiano. El Rector Mayor, Don Pascual Chávez, en el discurso conclusivo del CG26 ofrece tres claves de lectura del documento. Estas claves de lectura también las propongo a ustedes Exalumnos/as como herramientas útiles para lograr intervenciones precisas entre los exalumnos/as en el mundo, en la sociedad de hoy, entre los jóvenes y en la familia. Son propuestas que motivan el cambio de las personas; lo constataremos aquí mismo en este encuentro y sobre todo, tendremos la posibilidad de vivirlo y aplicarlo al volver a casa: con la pareja, con los hijos y en el ambiente laboral. La primera clave de lectura: “Calentar el corazón no significa otra cosa que transformarse en fuego, tener los pulmones llenos de Espíritu Santo”932. Para ello es necesario continuar trabajando la espiritualidad cristiana y salesiana, fortalecer los centros locales y asumir la misión de los exalumnos/as, que no es más que la tarea de los laicos en el mundo. La segunda clave de lectura es “la labor misionera o la urgencia de evangelizar”, hoy todo el mundo ha vuelto a ser tierra de misión. Ello requiere de parte nuestra obediencia a Jesús, creer en la función transformadora del Evangelio y la predilección por los jóvenes. La tercera clave de lectura son las “nuevas fronteras”. Las nuevas fronteras para los exalumnos/as son los 930 CG26, Presentación, pág. 13. Presentación, p. 19. 932 Discurso en la clausura del CG26, p. 197. 931 347 lugares donde están los jóvenes, los exalumnos/as mismos, las familias, etc. (Cfr. págs. 197205). Si la pertenencia de los Exlumnos/as a la Familia Salesiana les “viene por la educación recibida”, todo cuanto pueda renovar, fortalecer y rejuvenecer a los salesianos de Don Bosco, de alguna manera también repercutirá en los sujetos-frutos de la educación salesiana, los Exalumnos/as. Ellos son frutos de la vitalidad de un carisma. I. El CG26 un fruto del Espíritu Tengo la firme convicción de que el CG26 desde su planificación ha sido un fruto del Espíritu Santo. Así lo ha señalado el mismo Rector Mayor en diversos momentos: En la carta de convocatoria del CG26 decía: “mirar este acontecimiento como un nuevo Pentecostés en la vida de la congregación933”. En el discurso de apertura también pedía vivir el Capitulo como “acontecimiento Pentecostal934”. En el discurso de clausura él retoma el tema de la experiencia capitular como una vivencia profunda del Espíritu: “En efecto, precisamente así hemos querido vivir el Capítulo bajo la guía del Espíritu Santo, para que fuese Él quien nos ayudara a comprender mejor, actualizar y hacer fecundo el carisma de nuestro Fundador y Padre. Durante estos días, hemos experimentado la acción del Espíritu, que inflamaba nuestro corazón para hacernos testimonios elocuentes y valientes del Señor Jesús, para llevar a los jóvenes la buena noticia de su resurrección y proponerles la experiencia gozosa del encuentro con Él 935”. Un regalo tan precioso como el CG26 no puede quedar encerrado en la comunidad salesiana o en la inspectora, ha de darlo a conocer a fin que enriquecer a otros. Los Exalumnos/as como queridos hijos de Don Bosco y de los salesianos podrían beneficiarse con las consideraciones y líneas del CG26. II. El amor a Don Bosco ha de conducir a cada Exalumno/a a: 1. Volver a Don Bosco Cómo no volver a Don Bosco si Él se desvivía por los Exalumnos, incluso en una ocasión llegó a decir: “Ya no sois los muchachos que yo tanto quise; pero siento que ahora os quiero más que entonces, porque con vuestra presencia me aseguráis que están firmes en vuestro corazón los principios de nuestra santa religión, que os enseñé y son la guía de vuestra vida. También os quiero más porque me hacéis ver que vuestro corazón está siempre con Don Bosco (…) pues yo os digo que soy totalmente vuestro en las obras y en los pensamientos, en todas mis acciones (…). Erais una grey pequeña; pero ha crecido, ha crecido mucho, y seguirá multiplicándose”936. Continua diciendo Don Bosco: “Dondequiera que vayáis y estéis, recordad siempre que sois hijos de Don Bosco, hijos del oratorio”937. Por otra parte, constata Bastasi que: “Los alumnos se sentían queridos por Don Bosco, no como simples discípulos, sino como hijos. Por ello, cuando fueron adultos, brotó espontáneamente entre ellos el deseo de volver a la casa paterna. Y sigue produciéndose este volver espontáneo a las casas de educación donde se siembra esta “necesidad de volver” experimentada por los 933 P. Chávez, Da mihi animas, cetera tolle, en ACG n. 394, Roma 24 de junio de 2006, p. 4. P. Chávez “Discurso del Rector Mayor Don Pascual Chávez Villanueva en la apertura del CG26”, en ACG n. 401, Roma 11 de 2008, p. 152. 935 , Discurso del Rector Mayor Don Pascual Chávez Villanueva en la clausura del CG26, en ACG n, 401, Roma 11 de mayo de 2008, p. 184. 936 MB 17, 173-174. 937 MB, 17, 489. 934 348 antiguos alumnos y se trabaja con el mismo espíritu y método de Don Bosco. El movimiento de antiguos alumnos, pues, no fue creado por los educadores como Asociación postescolar mediante elementos selectos, con finalidades educativas, sino que surgió por sí mismo” 938, por la vitalidad de un carisma en sus orígenes. Volver a Don Bosco para un Exalumno/a ha de significar: l) convertir mentalidades y estructuras para pasar de “una mentalidad individualista, a un estilo comunitario que implica a los jóvenes, familias y seglares en el anuncio de Jesucristo” (CG26, 31). m) “amarlo, estudiarlo, imitarlo, invocarlo y hacerlo conocer, aplicándose al conocimiento de su historia” (CG26, 1) y al estudio de la historia de la Confederación de Exalumnos y de la Familia Salesiana. Conocer los Estatutos de la Confederación a nivel mundial, Nacional e Inspectorial. n) leer libros o artículos con cierta profundidad y rigor científico sobre la persona de Don Bosco y su Sistema Educativo; o) asegurar una buena formación de los asociados a nivel local, nacional e Inspectorial; p) estudiar la Carta de la Comunión, de la Misión de la Familia Salesiana y la Carta de Don Egidio Viganò del 1987 sobre los exalumnos; q) tener un apostolado, sobre todo, entre los jóvenes, comenzando por la propia familia y los propios hijos; r) asegurar la participación a los sacramentos, sobre todo, la Eucaristía y la Reconciliación. s) cultivar la oración diaria de toda la familia y personal de sus miembros; t) participar de experiencias (cursos, talleres, retiros, etc.) que ayuden a fortalecer la relación con la pareja y con los hijos; u) participar anualmente en alguna experiencia de retiro que ayude a centrar la vida de la familia en Dios; v) elegir un acompañante espiritual y motivar a los hijos para que lo hagan también; w) elaborar el proyecto personal de vida y el proyecto familiar; x) combatir la mentalidad de que los Exalumnos/as sólo se reúne para hacer fiesta, también para formarse, estudiar y profundizar en la persona y pedagogía de Don Bosco. y) vivir la solidaridad entre los exalumnos/as y con los jóvenes que requieran ayuda para crecer humana y cristianamente. Las acciones anteriormente presentadas corresponden a las que ha de realizar “un buen cristiano y un honesto ciudadano”. En este sentido le decía Don Bosco a los exalumnos: “Lo que más os recomiendo, queridos hijos, es que donde estéis seáis siempre buenos cristianos y hombres cabales (…) Muchos de vosotros ya tenéis familia. Pues bien, haced participes de la educación recibida de Don Bosco en el oratorio a vuestros seres queridos” (MB, 14, 511). En conclusión, Don Bosco y el CG26 están invitando a asumir la responsabilidad de la propia existencia, a programar la santidad, a establecer metas bien definidas, para evitar que se nos imponga el plan del mundo: individualismo, hedonismo, permisivismo y relativismo. Soy consciente de que se puede vivir de muchos modos, pero hay modos que no dejan vivir. Además, “la permisividad y el relativismo son dos disolventes de la conducta, que hacen que el ser humano quede a merced de los caprichos y de los sentimientos del momento”939. 938 939 U. Bastasi, Guida organizzativa del Movimento Exallievi de Don Bosco, Torino 1965, pàg. 8 E. Rojas, Amigos. Adiós soledad, Diseño Editorial, Madrid 2009, Pág.248. 349 2. La urgencia de evangelizar Es claro que Don Bosco no utilizó el concepto evangelización, empleó el término “religión”. Esta palabra constituía para Él un elemento integrante absolutamente imprescindible en la educación. En Don Bosco la religión es el motivo y el motor de toda su opción pedagógica. Para él “religión” significó de hecho la fe católica; educó en el Evangelio de Cristo promoviendo y haciendo madurar pedagógicamente la opción bautismal de sus jóvenes”940. Don Bosco quería que sus muchachos aportaran los valores aprendidos y vividos en el oratorio, por ello les dijo en una ocasión: “Donde quiera que vayáis y estéis, recordad siempre que sois hijos de Don Bosco, hijos del oratorio (…) Dichos vosotros, si no olvidáis nunca las verdades que procuré grabar en vuestro corazón cuando erais pequeños”941. Por otra parte, la Evangelii Nuntiandi señala que “el campo propio de su actividad evangelizadora es el dilatado y complejo mundo de la política, de la realidad social, de la economía; así como también de la cultura, de las ciencias y de las artes, de la vida internacional, de los órganos de comunicación social; y también de otras realidades particularmente abiertas a la evangelización, como el amor, la familia, la educación de los niños y de los adolescentes, el trabajo profesional, el sufrimiento. Cuantos más laicos haya compenetrados con el espíritu evangélico, responsables de estas realidades y explícitamente comprometidos en ellas, competentes en su promoción y conscientes de tener que desarrollar toda su capacidad cristiana, a menudo ocultada y sofocada, tanto más se encontrarán estas realidades al servicio del Reino de Dios -y por tanto de la salvación en Jesucristo-, sin perder ni sacrificar nada de su coeficiente humano, sino manifestando una dimensión trascendente a menudo desconocida” (Evangelii Nuntiandi, 70). Trabajando en esos espacios señalados por la Evangelii Nuntiandi, de acuerdo a las posibilidades, los Exalumnos/as hacen realidad la voluntad de Don Bosco, actúan como sus hijos y como laicos comprometidos. Evangelizar es la misión de la Iglesia. Ella anuncia y transmite el Evangelio, que es “potencia de Dios para la salvación de todo el que cree”942. Evangelizar significa no sólo enseñar una doctrina, sino anunciar al Señor Jesús con palabras y acciones943. Los Exalumnos por la educación recibida están llamados a: i) educar y evangelizar mentalidades, lenguajes, costumbres, instituciones y culturas944; j) trabajar por la familia para que sea una institución evangelizada y evangelizadora. k) estudiar y meditar la Palabra de Dios para asimilarla y transmitirla con el testimonio945; l) buscar fortalecer la familia poniendo el encuentro con Cristo Palabra y Cristo Eucaristía en el centro de ella946; m) asegurar también que los hijos y los jóvenes tengan una formación humana y cristiana sólida; n) acompañar debidamente los hijos y los jóvenes cuando eligen pareja para que tengan un verdadero proceso de conocimiento y crecimiento en el noviazgo; 940 E. Viganò, Carta Circular a los salesianos sobre los exalumnas de Don Bosco, Pág. 16-17. MB, 17, 489. 942 Rm, 16. 943 Cfr. CG26, 23. 944 Cfr. CG26, 25. 945 Cfr. CG26, 37. 946 Cfr. CG26, 32. 941 350 o) cultivar en familia la devoción mariana y a los santos de la Familia Salesiana; p) construir al interno del seno familiar relaciones interpersonales cimentadas en la amabilidad, el respeto, la escucha y el diálogo. Las acciones presentadas son formas de poner en práctica las verdades grabadas por Don Bosco en el corazón de sus muchachos. La evangelización es la gran oportunidad de los exalumnos/as para vivir responsablemente la vocación cristiana y para actuar los frutos de la educación recibida en la sociedad. Es la oportunidad para saber situarse adecuadamente ante los grandes ejes de la vida: Dios, la familia, uno mismo y las cosas. Ello nos ayudará a no perder de vista que “nos encontramos en una sociedad técnicamente casi perfecta, pero humanamente neurótica”947. 3. La necesidad de convocar Señalaba Don Viganò que “Don Bosco, pues, ofrecía a sus jóvenes la posibilidad de hacer fructificar la educación recibida o en el grupo comprometido de los antiguos alumnos, o en la Pía Unión de cooperadores, o en la vida sacerdotal y religiosa, o en su congregación Salesiana. Lo que interesa subrayar es la importancia que daba a la fecundidad práctica de la educación recibida en el oratorio948”. Por otra parte, la Carta de la Comunión de la Familia Salesiana señala que: “todos los grupos colaboran en la vitalidad de toda la Familia Salesiana, sobre todo, en lo relacionado con: la pastoral vocacional, la formación de sus miembros, la búsqueda pastoral, para responder adecuadamente a los problemas de la educación y reevangelización de los jóvenes y del pueblo, la difusión del espíritu de Don Bosco…”949. El CG26 pide que se tenga “un empeño particular en suscitar entre los jóvenes la pasión apostólica. Como Don Bosco estamos llamados a estimular a los jóvenes a ser apóstoles de sus compañeros, a asumir diversas formas de servicio eclesial y social, a comprometerse en proyectos misioneros. Para favorecer una opción vocacional de compromiso apostólico, se deberá proponer a dichos jóvenes una vida espiritual más intensa y un acompañamiento personal sistemático”950. Los exalumnos/as están llamados a: a) convertir mentalidades y modificar estructuras: pasando de considerarnos protagonistas de la animación vocacional, a reconocernos humildemente como mediadores del obrar de Dios, pasando de una propuesta ocasional y genérica, a un proyecto esmerado y bien cuidado que pueda crear una cultura vocacional951; b) formar familias capaces de un auténtico testimonio; c) ser seglares comprometidos en todos los niveles de la Iglesia y de la sociedad, ello contribuirá a suscitar vocaciones a la vida sacerdotal y consagrada salesiana. d) hacer la propuesta vocacional explícita a los jóvenes952; E. Rojas, “Indicators of maturation of the personality”, Spanish Institute, New York, 1998. Conferencia pronunciada en la inauguración del curso académico. 948 E