Giuseppe Abbati_BIOGRAFIA

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Giuseppe Abbati_BIOGRAFIA
Giuseppe Abbati
Napoli, 1836 – Firenze, 1868
Schola cantorum
1861 – 62
Olio su tela (bozzetto), cm 68x87
Inv. n. 1159
Forlì, Pinacoteca civica, Collezione Pedriali
Fu condotto a Venezia dove, dal 1850 al 1853, frequentò all’Accademia i corsi di Michelangelo
Grigoletti e dove nel 1856 conobbe Telemaco Signorini e Vito D’Ancona in viaggio di studio. Dopo
il ’56, a Napoli, dipingeva interni di chiese con il padre Vincenzo. Nel 1860, reduce dalla campagna
garibaldina, durante la quale aveva perso l’occhio destro, passò a Firenze e fu introdotto da
Serafino De Tivoli nel gruppo dei macchiaioli. Da principio egli si legò in particolare con il D’Ancona
e con il Borrani, più tardi con il Cabianca, ma intimo divenne specialmente del Martelli. L’anno
seguente, alla prima grande Esposizione Nazionale si tenne a Firenze, presentò tre interni, due di
San Miniato e uno di Santa Maria Novella; fu premiato, ma rifiutò il riconoscimento, solidale con un
gruppo di artisti che avevano ritenuta non idonea la composizione della giuria. In questo periodo
l’Abbati, a contatto con le prime ricerche dei Macchiaioli, si dedicò con particolare interesse allo
studio dei bianchi nei chiostri di Santa Croce, allora in corso di restauro, e ravvivò per questo tutto
l’impianto dei suoi quadri sostanzialmente legato alla maniera paterna. Ben presto cominciò a
dipingere all’aperto, recandosi nei mesi estivi a Castiglioncello, ospite del Martelli, dove eseguì le
sue prime opere tipicamente macchiaiole. Dal 1862 lavorò in aperta campagna con Lega, Borrani,
Sernesi, Signorini, formando con questi artisti la cosiddetta scuola di Piagentina, e affermandosi
come una delle maggiori personalità del gruppo macchiaiolo. Negli anni successivi troviamo
l’Abbati espositore alla Promotrice di Torino nel ’63 e nel ’64, a quella di Venezia nel ’65, alla
Società d’incoraggiamento di Firenze e di nuovo a Venezia nel ’66.
Combatté anche nella guerra del ’66. Tornato dalla breve prigionia in Croazia, fissò la sua dimora
a Castelnuovo della Misericordia, presso Castiglioncello. Morso dal suo cane, morì all’ospedale di
Firenze il 21 febbraio 1868.
Figlio di un pittore di interni ed “internista” egli stesso, fu per l’appunto l’Abbati, come apprendiamo
dal Martelli, a richiamar l’attenzione dei giovani pittori toscani sul partito che un artista moderno
poteva trarre da un tale genere di pittura. Un genere tutt’altro che ignoto a Firenze nei decenni
centrali del secolo; anche se la su diffusione in Italia aveva avuto luogo, a quanto sembra,
soprattutto attraverso canali di cultura francese:
Questo nostro dipinto, a tutt’oggi inedito, è un esempio di tale interesse dell’Abbati per la pittura di
interni. Vi si respira un raccolto e intenso intimismo. Assai diversamente da quanto avviene
nell’ultimo periodo dell’Abbati, quando il pittore sembra voler tornare con altri intenti agli impasti
densi e corposi delle sue prime opere fiorentine, qui la pittura è magrissima e l’artista, con poetico
accorgimento d’arte, lascia trasparire sotto il velo del colore la trama della tela. A tale leggerezza di
stesura concorre il fatto che il dipinto della raccolta Pedriali altro non è che il bozzetto preparatorio
di un’opera, identica nella composizione ma più rifinita nei dettagli, già appartenuta alla Raccolta
Emanuele Rosselli di Viareggio e poi andata in vendita a Milano nel 1931 (v. catalogo di vendita
della Raccolta Emanuele Rosselli di Viareggio, Galleria Pesaro, Milano, presentazione di P.
D’Ancona: l’opera, di cm 60x87, è menzionata alla pag. 11 e riprodotta in bianco- nero alla tavola
XLIV).
La corretta descrizione del dipinto già Rosselli data da Renzo Baldaccini valga quindi anche per il
bozzetto Pedriali: “Un’opera impegnativa, sempre assegnabile a questo tempo (1861) è la «Schola
cantorum»; l’artista dipinge un ambiente ecclesiastico, nel quale un gruppo sparso di giovani
chierichetti, in varie pose, sono istruiti al canto da un prelato seduto in una poltrona. A fianco di
questo un altro sacerdote ben nutrito assiste beatamente alla lezione. La naturalezza,
l’espressione dei volti e la disposizione delle figure rendono spigliato e allegro l’insieme, che però
porta al narrativo per gli accentuati e leziosi dettagli…. la sua colorazione di alto tono sempre
prevale e sebbene sia distribuita un po’ troppo uniforme nelle pareti e nel pavimento, già
osserviamo quei tentativi di rapporti bianchi e neri che saranno alla base dei suoi studi successivi
nella ricerca del cromatismo atmosferico” (R. Baldaccini, Giuseppe Abbati, Firenze 1947, pagg. 32,
73 e tav. 44). Ancora del dipinto già Rosselli fa menzione Corrado Maltese, spostandone la data, in
un discutibile tentativo di lettura in chiave sociologica, al 1864: “Nel 1864 viene pubblicato il Sillabo
e la questione romana è più che mai viva: s’intende come gli artisti reagissero a modo loro, con i
loro quadri…. Beppe Abbati dipinge “Schola cantorum” (già raccolta Rosselli)” (C. Maltese, Il
momento unitario della pittura italiana dell’Ottocento, in “Bollettino d’Arte”, 1954, pagg. 51-68). Per
nostra, sulla base dei raffronti stilistici con altre opere, riteniamo più accettabile una datazione sul
1861-62.
Giordano Viroli
da “La Collezione Pedriali nella Pinacoteca civica di Forlì”, Forlì, 1985, pp. 42-43.