LATTE e FORMAGGIO Una fèta d`furmaj

Transcript

LATTE e FORMAGGIO Una fèta d`furmaj
Museo della vita contadina
1 di 4
file:///C:/Users/Lore/Documents/My%20Web%20Sites/vitacontadina_...
LATTE e FORMAGGIO
Manifestazioni
Museo
Pubblicazioni
Dove siamo
Didattica
Una fèta d'furmaj
Tessitura
Introduzione
Latte e formaggio
Baco da seta
Canapa
Grano e pane
Nel territorio di San Pancrazio attorno agli Anni
Venti la produzione del latte e del formaggio
rappresentava un'attività economica di sussistenza
esclusivamente per le famiglie contadine. Per quasi
tutto l'anno si aveva il latte per i bambini e per i
vecchi della casa mentre il formaggio prodotto
andava in parte venduto alle botteghe e ai privati.
Tutti coloro che non erano di famiglia contadina il latte e il
formaggio se lo dovevano comprare.
Il formaggio è stato sempre considerato importante
e ben gradito nell'alimentazione della nostra zona.
Morbido, stagionato o secco era presente spesso
sulle nostre tavole e mangiato in maniere diverse:
quello morbido, e' tumén, o quello morbidissimo,
e' furmaj pas, venivano spalmati sulla piada, la
pié, o sul pane;
quello stagionato, e' bazògn, mangiato assieme alla scalogna, al
pane e ad un bicchiere di vino era spesso la colazione del contadino
e del bracciante agricolo; quello secco, e' sec, veniva invece
grattugiato sulla minestra asciutta al posto della "forma". A quel
tempo il formaggio aveva un gusto così particolare che i buongustai
riuscivano a riconoscere da quale famiglia proveniva il formaggio
che stavano mangiando. Con proprietà medicinale il latte veniva
impiegato per mitigare il mal d'orecchi e la tosse. Ma soprattutto per
i contadini serviva a mitigare il male del secolo: la mancanza di
denaro contante per acquistare ciò che la terra non produceva.
La stalla
Maiale
Granoturco
Non c'era stalla in cui non fosse esposta l'immagine di
S. Antonio Abate, venerato protettore degli animali
domestici. Nelle poste delle stalle per i bovini erano
sistemati, quasi sempre in coppia, i buoi, i bu, le
vacche da lavoro e da riproduzione, al vach, i vitelli,
i vidél, i vitelloni, i vidlôn, le giovenche, al
manzôli, le vacche lattifere, al burèl
Queste ultime si distinguevano dalle altre vacche bianche per il loro
pelame a chiazze o uniforme, marrone, rossiccio o nero. Al burèl
venivano tenute esclusivamente per la produzione di latte. Per un
processo fisiologico naturale alla femmina dei mammiferi si
manifesta dopo il parto la produzione di latte che deve servire alla
nutrizione dei figli. Ciò avviene anche per la vacca a qualsiasi razza
appartenga.
Il vitello
06/11/2009 11.28
Museo della vita contadina
2 di 4
file:///C:/Users/Lore/Documents/My%20Web%20Sites/vitacontadina_...
Al momento della nascita il vitello, è in tutto simile ai genitori salvo
le corna che compariranno col tempo. La madre lo lecca ben bene
per asportare i residui di liquido amniotico, lo asciuga a dovere.
Mentre compie queste operazioni igieniche la madre
prende conoscenza degli odori emanati dal corpo del
piccolo, odori caratteristici che le serviranno per
riconoscerlo fra altri suoi simili. In poco tempo il
traballante neonato si solleva sulle quattro zampe,
aiutato anche dalla madre con leggeri colpi di muso,
e si dirige verso la mammella, l'uvar, della madre
dove individua subito i capezzoli, i tétal, a cui si
attacca con la bocca ad uno ad uno poppando
avidamente il latte.
Nell'eventualità che il latte tardi a fluire, il vitello lo sollecita con
colpi di muso sulla mammella. Il vitello non veniva lasciato libero di
mangiare a tutti i momenti; dopo la poppata veniva legato alla
greppia vicino alla madre, ma in modo da non poter raggiungere
l'ubero;
poi al momento opportuno veniva liberato e lui, senza
l'ausilio di alcuno, si faceva la sua bella poppata tre
volte al giorno. Spesso il contadino "rubava" un po' di
latte al vitello, al mattino presto e alla sera, durante
la mungitura manuale della mucca.
La mungitura
La mungitura era un'operazione non alla portata di
tutti perché richiedeva un'attitudine particolare nel
movimento delle mani. Non doveva provocare
sensazioni dolorose all'animale nella compressione
dei capezzoli.
La mucca sapeva riconoscere chi la mungeva dalla pressione delle
dita e se non era il consueto mungitore rifiutava di "dare" il latte. Il
mungitore, o la mungitrice, seduti su un basso sedile di fianco alla
mucca, verso la parte posteriore del corpo dell'animale, afferrava e
stringeva il capezzolo fra il pollice e l'indice delle mani; poi, a mani
chiuse, alternativamente, faceva schizzare il latte in un recipiente di
ferro, normalmente smaltato.
Il latte veniva versato in una pentola di ferro o in
un secchio, filtrato e poi trasferito in contenitori di
alluminio, j urzôn, che venivano portati, in
bicicletta o altri mezzi, nelle botteghe di alimentari
dove era venduto al minuto.
Produzione del formaggio
Si tenga presente che se si trattava di mucche da lavoro la quantità
di latte mungibile era poca, al massimo sui 7-10 litri, mentre da una
lattifera la quantità arrivava oltre 25-30 litri giornalieri. Un
esempio: in San Pancrazio una lattifera di proprietà della famiglia
Rava ha prodotto fino a 45 litri di latte in un giorno. Da notare che
non tutto il latte veniva venduto agli esercenti; una modesta
quantità serviva per uso familiare, un'altra parte era usata per fare
formaggio da consumarsi nell'ambito familiare o venduto a domicilio
a clienti abituali che andavano personalmente a ritirarlo. Chi
possedeva qualche capra o pecora mungeva le femmine allattanti
senza danneggiare gli agnelli e usava il latte soprattutto per
06/11/2009 11.28
Museo della vita contadina
3 di 4
file:///C:/Users/Lore/Documents/My%20Web%20Sites/vitacontadina_...
ricavarne formaggio e ricotta.
Il formaggio di produzione domestica era molto
richiesto e le massaie contadine ne producevano di
tre tipi: tenero fresco, e' tumé, semistagionato
(15-30 giorni), e' bazôgn, stagionato (oltre 30
giorni), e' sec. Per fare un formaggio normale
occorrevano circa sei litri di latte.
Il formaggio si ottiene dalla caseina del latte che sotto l'azione di un
enzima coagulante, la chimasi o caglio, l'impresa, si rapprende.
Questo coagulante é presente nello stomaco degli
animali lattanti (vitelli, agnelli, capretti), e'
vintarsêl, ed in alcuni vegetali (es. carciofo
selvatico) dai quali viene estratto sotto forma di
liquido. Il procedimento per trasformare il latte in
formaggio non era molto complicato ma richiedeva
precauzioni e molto tempo.
Il latte, anche se munto da varie ore, andava riscaldato ad una
temperatura di 10-15 gradi. Nel recipiente si versavano alcuni
cucchiai di caglio in proporzione alla quantità di latte, si mescolava e
si copriva il recipiente in attesa che si compisse la coagulazione.
Dopo un paio d'ore, se tutto il latte era rappreso, con il ramaiolo, la
raména, si frantumava il grosso grumo per farne uscire la parte
acquosa, il siero, e' sér, indi si raccoglieva il cagliato, e' lat imprés,
versandolo negli stampi che erano di due tipi:
1) la caciara, la caséra, di legno, a forma di anello, alta una decina
di centimetri e senza fondo, posta su un piatto, utilizzata per il
formaggio fresco e morbido, e' tumé;
2) il casarotto, e' casarôt, contenitore di ceramica
a forma di vaso ad orlo basso col fondo forato per
l'uscita del siero, utilizzato per i formaggi da
consumarsi semistagionati, e' bazôgn, o secchi, e'
sech.
Mentre per i formaggi freshi e morbidi la permanenza del cagliato
nello stampo era limitato a poche ore, per gli altri tipi era richiesto
un lavoro di assistenza più prolungato. Il cagliato veniva ben
spremuto con le mani per farne uscire la maggior quantità possibile
di siero, poi era trasferito nel casarotto dove veniva pressato più e
più volte con le mani incrociate, anche per oltre un'ora, in modo da
rendere compatta la masserella di cagliato. Era questa la cosidetta
covatura, la cuvadura de' furmaj.
Si metteva sul tutto un pizzico di sale e si lasciava
riposare. Dopo dodici ore si toglieva il cagliato dallo
stampo, ormai compatto, e rivoltatolo vi si
cospargeva sopra un pizzico di sale e si poneva
sull'apposita asse appesa al soffitto di una stanza
riservata a questo uso, asciutta ed arieggiata.
Quest'asse aveva due scanalature laterali nelle quali
si raccoglieva il siero residuo che usciva dalla pasta di
formaggio e che scorrendo sgocciolava in due
recipienti appositamente sistemati.
Questo tipo di formaggio, ogni giorno doveva essere
voltato, lavato e ben asciugato. Giunto a maturazione
completa veniva sistemato entro reti di cotone e
appeso alle travi della medesima stanza. Quelle reti,
debitamente ripulite e disinfettate con il bucato erano
le stesse che erano servite per l'allevamento dei bachi
da seta.
Del latte nulla veniva scartato, nemmeno il siero che era utilizzato o
come nutrimento per i maiali o per ricavarne la ricotta: sfruttando
quel minimo di caseina residua dopo la raccolta del cagliato, si
06/11/2009 11.28
Museo della vita contadina
4 di 4
file:///C:/Users/Lore/Documents/My%20Web%20Sites/vitacontadina_...
versava nel siero un po' di sale o di aceto e si faceva bollire il tutto.
La poca caseina presente si raggrumava, veniva raccolta col
ramaiolo o con un colabrodo e consumata direttamente. Per una
buona colazione il formaggio veniva consumato fresco, morbido
spalmato sulla "piada" oppure stagionato con scalogna, pane e un
buon bicchiere di vino rosso. Il tipo secco veniva grattugiato su un
bel piatto di minestra asciutta; Il formaggio era e rimane un ottimo
cibo, sia pure campagnolo, poco aristocratico, ma tanto appetitoso.
Ricerca curata dall'Associazione culturale La Grama
via della Resistenza, 12
48026 San Pancrazio - RA
Tel. 0544 535033
Fotografie realizzate da Carlo Guberti
e dal Gruppo Audiovideo Pro Loco Russi
06/11/2009 11.28